riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancellati.
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Re: riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancella
Pensioni: Damiano, si’ a flessibilita’, risorse ci sono
Pubblicato il 14 aprile 2015
(ANSA) – ROMA, 14 APR –
“Boeri e Poletti, in piu’ occasioni, si sono pronunciati favorevolmente sull’introduzione di un criterio di flessibilita’ nel sistema pensionistico.
Noi siamo d’accordo”.
Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera.
“Come al solito – prosegue Damiano – dovremo fare i conti con il problema delle risorse perche’ ogni intervento correttivo costa.
A questo proposito vorremmo pero’ fare una richiesta al Governo e all’Inps:
quella di fare i conti sui risparmi totalizzati con la parziale e totale cancellazione della indicizzazione delle pensioni avvenuta in questi anni;
sullo scostamento tra risparmi previsti e realizzati tra il 2012 ed il 2020
(pare che il rapporto sia di uno a quattro);
sui risparmi che si realizzeranno con la riforma Fornero nel quarantennio 2020-2060:
su quest’ultimo dato posso portare la testimonianza di una certificazione della Ragioneria in Commissione Lavoro nella scorsa legislatura che ha confermato una cifra superiore ai 300 miliardi di risparmio”.
“Da questa montagna di risorse si puo’ ricavare quello che serve per correggere le piu’ macroscopiche ingiustizie del sistema pensionistico senza metterne in discussione l’impianto e senza allarmare l’Europa?”,
conclude Damiano.(ANSA).
http://www.cesaredamiano.org/2015/04/14 ... /#comments
Pubblicato il 14 aprile 2015
(ANSA) – ROMA, 14 APR –
“Boeri e Poletti, in piu’ occasioni, si sono pronunciati favorevolmente sull’introduzione di un criterio di flessibilita’ nel sistema pensionistico.
Noi siamo d’accordo”.
Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera.
“Come al solito – prosegue Damiano – dovremo fare i conti con il problema delle risorse perche’ ogni intervento correttivo costa.
A questo proposito vorremmo pero’ fare una richiesta al Governo e all’Inps:
quella di fare i conti sui risparmi totalizzati con la parziale e totale cancellazione della indicizzazione delle pensioni avvenuta in questi anni;
sullo scostamento tra risparmi previsti e realizzati tra il 2012 ed il 2020
(pare che il rapporto sia di uno a quattro);
sui risparmi che si realizzeranno con la riforma Fornero nel quarantennio 2020-2060:
su quest’ultimo dato posso portare la testimonianza di una certificazione della Ragioneria in Commissione Lavoro nella scorsa legislatura che ha confermato una cifra superiore ai 300 miliardi di risparmio”.
“Da questa montagna di risorse si puo’ ricavare quello che serve per correggere le piu’ macroscopiche ingiustizie del sistema pensionistico senza metterne in discussione l’impianto e senza allarmare l’Europa?”,
conclude Damiano.(ANSA).
http://www.cesaredamiano.org/2015/04/14 ... /#comments
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Re: riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancella
le proposte di Damiano, che pone l'età minima a 62 anni, non tengono nel dovuto conto i lavoratori precoci.Maucat ha scritto:L'intervista si chiude con la definizione delle due proposte di riforma pensioni targate Damiano:
il ddl 857 sulla Quota 97 (62 anni di età e 35 di contributi) con penalizzazione all'8% e il ddl 2945 sulla Quota 100 (63 anni di età e 37 di contributi) senza penalizzazione.
Mi sembra già una buona base da cui partire per cercare di porre un rimedio all'obbrobrio della legge Fornero.
un lavoratore che ha iniziato a 15-16 anni -e di solito si tratta di lavori di fatica-quando è a 62 anni ha già lavorato e versato contributi per 46-47 anni.
mi sembrano un po' troppi....
metto di seguito un commento trovato sul blog collegato all'articolo di Repubblica che sintetizza perfettamente il mio pensiero:
"Vogliamo subito, come in tutti gli altri Paesi civili, una flessibilità in uscita su base volontaria, anche se con delle penalizzazioni, a partire dai 60 anni d’età e 35 di contributi abbinata ad un’uscita senza penalizzazioni con 41 anni di contributi, a qualsiasi età anagrafica.
accettiamo anche gli stessi diritti degli inglesi:
a 55 anni ci restituite TUTTI i nostri contributi previdenziali in un’unica soluzione"
p.s.
un caro saluto.
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Re: riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancella
Damiano va a farfalle
serve il reddito minimo garantito per tutti una pensione con il sistema retributivo per tutti tranne casi particolari ove e preferibile il contributivo
in pensione 100 percento senza penalizzazioni a 35 anni di contributi
basta con le statistiche della media dei polli in italia si muore anche a 60anni
o a 65 anni.
e se si campa a 90 anni con dei problemi di salute non e un motivo per pagare dopo la pensione.
per far questo basta uscire dalla euro e non essere cacciatori di farfalle come damiano.
serve il reddito minimo garantito per tutti una pensione con il sistema retributivo per tutti tranne casi particolari ove e preferibile il contributivo
in pensione 100 percento senza penalizzazioni a 35 anni di contributi
basta con le statistiche della media dei polli in italia si muore anche a 60anni
o a 65 anni.
e se si campa a 90 anni con dei problemi di salute non e un motivo per pagare dopo la pensione.
per far questo basta uscire dalla euro e non essere cacciatori di farfalle come damiano.
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Re: riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancella
Fornero, un mix indigesto
Le due riforme fatte dal ministro, quella sul lavoro e quella delle pensioni, non sono compatibili tra loro. E alla fine hanno prodotto un grande pasticcio.
Per i lavoratori, ma anche per le imprese.
Ecco perché.
È molto difficile riformare il mercato del lavoro e le pensioni nel mezzo di una pesante recessione che segue a ruota una recessione ancora più dura. Bisogna dare atto a questo governo di averci provato. Con alterne fortune. La riforma delle pensioni ha raggiunto in gran parte i propri obiettivi: garantisce la sostenibilità della spesa previdenziale, migliorandone al contempo l'equità intergenerazionale. Poteva mettere fine al tormentone pensioni: dopo le grandi riforme del 1992 e del 1996, gli italiani avevano assistito con non poche angosce ad altri cinque micro-interventi di manutenzione del sistema nel 1997, 2004, 2007, 2010 e infine nell'estate 2011. Si sperava che quest'ultimo aggiustamento sarebbe stato quello conclusivo.
Purtroppo la cosiddetta riforma Fornero non sarà l'ultima della serie perché è stata poco attenta alla domanda di lavoro e così nuovi interventi saranno richiesti per affrontare il nodo degli esodati ed esodandi. La riforma non ha neanche posto rimedio alla barbarie dei ricongiungimenti onerosi e ha affrontato in modo brutale il problema dell'indicizzazione delle pensioni. Così, invece di trovare coerenza, di inseririsi in un disegno unitario con la riforma del mercato del lavoro, la rende ancora più pesante per i lavoratori e per le imprese. Il mix diventa alquanto indigesto.
Le imprese si sentono private di flessibilità in entrata proprio mentre si vedono preclusa la strada dei prepensionamenti. E i lavoratori verso la fine della carriera lavorativa vedono allontanarsi la data in cui riceveranno la loro pensione e al contempo vengono a sapere che, nel caso in cui perdessero il posto di lavoro, potranno godere di sostegni pubblici al loro reddito per un periodo più breve. È per questo che le due riforme sono molto più impopolari di quanto avrebbero potuto essere. Per fortuna si è ancora in tempo a renderle maggiormente coerenti tra di loro. Ma bisogna agire in fretta.
DUE RIFORME POCO COMPATIBILI
La riforma delle pensioni ha esteso il metodo contributivo, quello che stabilisce l'ammontare della pensione in base ai contributi versati, a tutti i lavoratori. Il metodo contributivo verrà applicato a chi non vi era già soggetto solo a partire dai trattamenti maturati dal primo gennaio 2012 in poi. La riforma ha poi innalzato, a partire dal primo gennaio 2012, l'età minima di pensionamento nel settore pubblico a 66 anni, e a 62 anni, che arriveranno a 66 nel 2018, per le lavoratrici del settore privato. Infine ha trasformato le cosiddette pensioni di anzianità (quelle che permettevano di percepire una pensione piena prima di avere raggiunto l'età minima di pensionamento) in pensioni "anticipate", permettendo l'accesso però solo agli uomini con più di 42 anni di anzianità contributiva e alle donne con più di 41 anni, quindi una platea molto più ristretta di quella prevista dal sistema (a quote) precedente.
Infine ha sospeso per due anni l'aggiustamento all'inflazione delle pensioni superiori a 1.400 euro al mese. L'innalzamento brusco dell'età di pensionamento ha aperto la questione dei cosiddetti lavoratori esodati ed esondandi. I primi sono coloro che prima del 31 dicembre 2011 avevano accettato un piano di ristrutturazione dell'impresa nella certezza di ricevere la pensione al massimo entro due anni e si sono di colpo ritrovati senza salario e senza pensione. I secondi sono i lavoratori coinvolti in esuberi ma ancora occupati (ad esempio in Cassa Integrazione) alla data della riforma e che vedono ora allontanarsi la data in cui potranno accedere alla pensione avendo per giunta la prospettiva di ricevere trattamenti di mobilità al termine della Cassa integrazione per un periodo più breve. Un altro terreno su cui la riforma delle pensioni è in contraddizione con la riforma del mercato del lavoro è quello dei cosiddetti ricongiungimenti onerosi. Il governo non ha ritenuto di poter rimuovere le penalità introdotte da Giulio Tremonti nel 2010 per chi intende totalizzare ai fini del computo della pensione i contributi versati nell'ambito di carriere lavorative discontinue. Si finisce così paradossalmente per colpire proprio i lavoratori che hanno raccolto l'invito, cui si ispira la riforma del mercato del lavoro, a non perseguire il posto fisso, ma ad accettare una certa mobilità e flessibilità nel lavoro.
La riforma del lavoro è stata, sulla carta, molto ambiziosa, affrontando tutti i principali problemi, dall'entrata nel mercato del lavoro alla cosiddetta flessibilità in uscita, dal riordino degli ammortizzatori sociali al dualismo fra lavoratori precari e lavoratori assunti con i contratti a tempo indeterminato. Purtroppo questa ampiezza è andata a scapito della profondità. Molte misure sono inefficaci o addirittura controproducenti. La riforma dei licenziamenti aumenta ulteriormente la discrezionalità dei giudici, come sembra trapelare dalla giurisprudenza sulla nuova legge. Non c'è un allargamento, se non marginale, della platea di lavoratori coperti dagli ammortizzatori sociali e la durata massima delle indennità di mobilità viene ridotta. Chi è rimasto senza lavoro con più di 60 anni si sente così preso tra due fuochi: una pensione che si allontana e sussidi di disoccupazione che si accorciano con scarse prospettive di trovare lavoro.
La riforma fa lievitare i costi dell'assunzione dei lavoratori temporanei senza però creare un vero e proprio canale di ingresso alternativo al mercato del lavoro. Punta tutto sul contratto di apprendistato già esistente, ampliandone il potenziale raggio di applicazione. È un contratto che offre poche protezioni durante il periodo formativo, perché può essere interrotto al termine del periodo di apprendistato senza alcun indennizzo e ha vincoli di età che escludono molti lavoratori precari. Dopo la riforma, il contratto di apprendistato non sembra essere affatto decollato nonostante i generosi incentivi fiscali introdotti dalla normativa, tant'è che si pensa addirittura di cambiargli nome. Saranno i dati a dirci a breve quanto la riforma abbia cambiato l'andamento dell'occupazione e della disoccupazione e la loro composizione per età. È significativo il fatto che tutti oggi ne prendano le distanze. E che lo stesso governo di Mario Monti, nel giorno in cui ha chiesto la fiducia sulla riforma, si sia impegnato a cambiarla. In effetti la circolare emessa dal ministro Fornero sui contratti a termine poche settimane fa è tutt'altro che una semplice interpretazione del provvedimento: è già una riforma della riforma.
I POSSIBILI CORRETTIVI
Nel caso della riforma delle pensioni non c'era bisogno di attuare un innalzamento così brusco dell'età minima di pensionamento. Sarebbe bastato rideterminare gli importi pensionistici applicando riduzioni attuariali, pari a circa il 2-3 per cento in meno per ogni anno di pensionamento precedente al raggiungimento della nuova età richiesta. Al tempo stesso, si poteva chiedere ai datori di lavoro di versare i contributi sociali per questi lavoratori fino a quando avessero maturato il diritto a una pensione piena. Al di là del caso degli esodati, la riforma non tiene conto delle grandi differenze nei livelli di produttività e nei programmi di vita dei lavoratori anziani. Alcuni svolgono mansioni in cui sono altamente produttivi e motivati, altri magari, anche per ragioni famigliari, preferiscono ritirarsi dalla vita attiva pur sapendo che così facendo percepiranno una pensione più bassa.
Un sistema pensionistico sostenibile può permettere scelte diverse sull'età di pensionamento, posto che chi va in pensione prima (ricevendo un assegno per un periodo più lungo) deve incassare somme più basse. La riforma Fornero invece ha costretto anche quei lavoratori che avrebbero accettato una decurtazione della propria pensione pur di uscire prima a posticipare il pensionamento. Specie in un momento così difficile per il nostro mercato del lavoro sarebbe stato meglio garantire maggiore flessibilità nei piani di pensionamento. Bisognava anche abolire i ricongiungimenti onerosi, permettendo ai lavoratori di totalizzare i contributi versati una volta raggiunti i requisiti per la pensione di vecchiaia. La riforma del lavoro avrebbe dovuto creare un vero canale di ingresso nel mercato occupazionale, modulando i costi di licenziamento in modo tale da renderli gradualmente crescenti con l'anzianità aziendale. Così si sarebbe potuto anche evitare di toccare il regime dei licenziamenti proprio nel mezzo di una recessione.
05 dicembre 2012
di Tito Boeri
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... to-1.48803
Le due riforme fatte dal ministro, quella sul lavoro e quella delle pensioni, non sono compatibili tra loro. E alla fine hanno prodotto un grande pasticcio.
Per i lavoratori, ma anche per le imprese.
Ecco perché.
È molto difficile riformare il mercato del lavoro e le pensioni nel mezzo di una pesante recessione che segue a ruota una recessione ancora più dura. Bisogna dare atto a questo governo di averci provato. Con alterne fortune. La riforma delle pensioni ha raggiunto in gran parte i propri obiettivi: garantisce la sostenibilità della spesa previdenziale, migliorandone al contempo l'equità intergenerazionale. Poteva mettere fine al tormentone pensioni: dopo le grandi riforme del 1992 e del 1996, gli italiani avevano assistito con non poche angosce ad altri cinque micro-interventi di manutenzione del sistema nel 1997, 2004, 2007, 2010 e infine nell'estate 2011. Si sperava che quest'ultimo aggiustamento sarebbe stato quello conclusivo.
Purtroppo la cosiddetta riforma Fornero non sarà l'ultima della serie perché è stata poco attenta alla domanda di lavoro e così nuovi interventi saranno richiesti per affrontare il nodo degli esodati ed esodandi. La riforma non ha neanche posto rimedio alla barbarie dei ricongiungimenti onerosi e ha affrontato in modo brutale il problema dell'indicizzazione delle pensioni. Così, invece di trovare coerenza, di inseririsi in un disegno unitario con la riforma del mercato del lavoro, la rende ancora più pesante per i lavoratori e per le imprese. Il mix diventa alquanto indigesto.
Le imprese si sentono private di flessibilità in entrata proprio mentre si vedono preclusa la strada dei prepensionamenti. E i lavoratori verso la fine della carriera lavorativa vedono allontanarsi la data in cui riceveranno la loro pensione e al contempo vengono a sapere che, nel caso in cui perdessero il posto di lavoro, potranno godere di sostegni pubblici al loro reddito per un periodo più breve. È per questo che le due riforme sono molto più impopolari di quanto avrebbero potuto essere. Per fortuna si è ancora in tempo a renderle maggiormente coerenti tra di loro. Ma bisogna agire in fretta.
DUE RIFORME POCO COMPATIBILI
La riforma delle pensioni ha esteso il metodo contributivo, quello che stabilisce l'ammontare della pensione in base ai contributi versati, a tutti i lavoratori. Il metodo contributivo verrà applicato a chi non vi era già soggetto solo a partire dai trattamenti maturati dal primo gennaio 2012 in poi. La riforma ha poi innalzato, a partire dal primo gennaio 2012, l'età minima di pensionamento nel settore pubblico a 66 anni, e a 62 anni, che arriveranno a 66 nel 2018, per le lavoratrici del settore privato. Infine ha trasformato le cosiddette pensioni di anzianità (quelle che permettevano di percepire una pensione piena prima di avere raggiunto l'età minima di pensionamento) in pensioni "anticipate", permettendo l'accesso però solo agli uomini con più di 42 anni di anzianità contributiva e alle donne con più di 41 anni, quindi una platea molto più ristretta di quella prevista dal sistema (a quote) precedente.
Infine ha sospeso per due anni l'aggiustamento all'inflazione delle pensioni superiori a 1.400 euro al mese. L'innalzamento brusco dell'età di pensionamento ha aperto la questione dei cosiddetti lavoratori esodati ed esondandi. I primi sono coloro che prima del 31 dicembre 2011 avevano accettato un piano di ristrutturazione dell'impresa nella certezza di ricevere la pensione al massimo entro due anni e si sono di colpo ritrovati senza salario e senza pensione. I secondi sono i lavoratori coinvolti in esuberi ma ancora occupati (ad esempio in Cassa Integrazione) alla data della riforma e che vedono ora allontanarsi la data in cui potranno accedere alla pensione avendo per giunta la prospettiva di ricevere trattamenti di mobilità al termine della Cassa integrazione per un periodo più breve. Un altro terreno su cui la riforma delle pensioni è in contraddizione con la riforma del mercato del lavoro è quello dei cosiddetti ricongiungimenti onerosi. Il governo non ha ritenuto di poter rimuovere le penalità introdotte da Giulio Tremonti nel 2010 per chi intende totalizzare ai fini del computo della pensione i contributi versati nell'ambito di carriere lavorative discontinue. Si finisce così paradossalmente per colpire proprio i lavoratori che hanno raccolto l'invito, cui si ispira la riforma del mercato del lavoro, a non perseguire il posto fisso, ma ad accettare una certa mobilità e flessibilità nel lavoro.
La riforma del lavoro è stata, sulla carta, molto ambiziosa, affrontando tutti i principali problemi, dall'entrata nel mercato del lavoro alla cosiddetta flessibilità in uscita, dal riordino degli ammortizzatori sociali al dualismo fra lavoratori precari e lavoratori assunti con i contratti a tempo indeterminato. Purtroppo questa ampiezza è andata a scapito della profondità. Molte misure sono inefficaci o addirittura controproducenti. La riforma dei licenziamenti aumenta ulteriormente la discrezionalità dei giudici, come sembra trapelare dalla giurisprudenza sulla nuova legge. Non c'è un allargamento, se non marginale, della platea di lavoratori coperti dagli ammortizzatori sociali e la durata massima delle indennità di mobilità viene ridotta. Chi è rimasto senza lavoro con più di 60 anni si sente così preso tra due fuochi: una pensione che si allontana e sussidi di disoccupazione che si accorciano con scarse prospettive di trovare lavoro.
La riforma fa lievitare i costi dell'assunzione dei lavoratori temporanei senza però creare un vero e proprio canale di ingresso alternativo al mercato del lavoro. Punta tutto sul contratto di apprendistato già esistente, ampliandone il potenziale raggio di applicazione. È un contratto che offre poche protezioni durante il periodo formativo, perché può essere interrotto al termine del periodo di apprendistato senza alcun indennizzo e ha vincoli di età che escludono molti lavoratori precari. Dopo la riforma, il contratto di apprendistato non sembra essere affatto decollato nonostante i generosi incentivi fiscali introdotti dalla normativa, tant'è che si pensa addirittura di cambiargli nome. Saranno i dati a dirci a breve quanto la riforma abbia cambiato l'andamento dell'occupazione e della disoccupazione e la loro composizione per età. È significativo il fatto che tutti oggi ne prendano le distanze. E che lo stesso governo di Mario Monti, nel giorno in cui ha chiesto la fiducia sulla riforma, si sia impegnato a cambiarla. In effetti la circolare emessa dal ministro Fornero sui contratti a termine poche settimane fa è tutt'altro che una semplice interpretazione del provvedimento: è già una riforma della riforma.
I POSSIBILI CORRETTIVI
Nel caso della riforma delle pensioni non c'era bisogno di attuare un innalzamento così brusco dell'età minima di pensionamento. Sarebbe bastato rideterminare gli importi pensionistici applicando riduzioni attuariali, pari a circa il 2-3 per cento in meno per ogni anno di pensionamento precedente al raggiungimento della nuova età richiesta. Al tempo stesso, si poteva chiedere ai datori di lavoro di versare i contributi sociali per questi lavoratori fino a quando avessero maturato il diritto a una pensione piena. Al di là del caso degli esodati, la riforma non tiene conto delle grandi differenze nei livelli di produttività e nei programmi di vita dei lavoratori anziani. Alcuni svolgono mansioni in cui sono altamente produttivi e motivati, altri magari, anche per ragioni famigliari, preferiscono ritirarsi dalla vita attiva pur sapendo che così facendo percepiranno una pensione più bassa.
Un sistema pensionistico sostenibile può permettere scelte diverse sull'età di pensionamento, posto che chi va in pensione prima (ricevendo un assegno per un periodo più lungo) deve incassare somme più basse. La riforma Fornero invece ha costretto anche quei lavoratori che avrebbero accettato una decurtazione della propria pensione pur di uscire prima a posticipare il pensionamento. Specie in un momento così difficile per il nostro mercato del lavoro sarebbe stato meglio garantire maggiore flessibilità nei piani di pensionamento. Bisognava anche abolire i ricongiungimenti onerosi, permettendo ai lavoratori di totalizzare i contributi versati una volta raggiunti i requisiti per la pensione di vecchiaia. La riforma del lavoro avrebbe dovuto creare un vero canale di ingresso nel mercato occupazionale, modulando i costi di licenziamento in modo tale da renderli gradualmente crescenti con l'anzianità aziendale. Così si sarebbe potuto anche evitare di toccare il regime dei licenziamenti proprio nel mezzo di una recessione.
05 dicembre 2012
di Tito Boeri
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... to-1.48803
Ultima modifica di shiloh il 15/04/2015, 11:49, modificato 2 volte in totale.
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Re: riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancella
shiloh ha scritto:Fornero, un mix indigesto
Le due riforme fatte dal ministro, quella sul lavoro e quella delle pensioni, non sono compatibili tra loro. E alla fine hanno prodotto un grande pasticcio.
Per i lavoratori, ma anche per le imprese.
Ecco perché.
di Tito Boeri
05 dicembre 2012
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... to-1.48803
attenzione alla data...
adesso vediamo se il presidente dell'inps Boeri,
farà quello che diceva il professor Boeri contro la Fornero...
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Re: riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancella
Riforma pensioni 2015 vs programma Renzi:
PD e Salvini alleati,
ddl alla Camera in vista del dibattito.
Non accenna ad arrestarsi il dibattito in tema di riforma pensioni 2015 e previdenza.
Le ultime news aggiornate ad oggi 15-04 si concentrano in modo particolare sul programma stilato dal Pd di Renzi che alla fine della scorsa settimana ha presentato uno specifico ddl proponendo l'entrata in vigore della cosiddetta Quota 41.
Grande attesa c'è poi attorno alla ripresa dei meeting in Commissione Lavoro dove oggi pomeriggio, a partire dalle ore 14,30, si discuteranno i due ddl contenenti Quota 100 'partoriti' da Cesare Damiano (presidente della stessa Commissione) e dalla Lega Nord, il tutto con l'auspicio che si possa arrivare ad un'opzione condivisa nel più breve tempo possibile.
A sorprendere e non poco è proprio l'atteggiamento tenuto dal leader del Carroccio, Matteo Salvini, che pur di allontanare lo spettro della Legge Fornero dal paese si è dichiarato disposto a votare il provvedimento presentato dal Pd di Renzi.
Una scelta questa che si svestirebbe dei consueti colori politici assumendo i panni (che dovrebbero in realtà essere abituali) di una via imboccata per alimentare il bene comune.
Se Salvini appare piuttosto determinato Renzi continua invece nel suo reiterato silenzio.
Come accennato in apertura le ultime news su riforma pensioni 2015 e previdenza aggiornate ad oggi 15 aprile ruotano in particolare attorno alle strategie politiche che si vanno annidando attorno all'iter di discussione dei ddl fermi in Commissione Lavoro.
Il Pd di Matteo Renzi ha presentato una nuova proposta contenente la Quota 41 (che prevede l'uscita dall'impiego una volta raggiunti i 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica di riferimento) e il leader della Lega Nord Matteo Salvini si è detto disposto a sostenerla:
'Se non viene discussa subito una legge per superare la riforma Fornero facciamo un casino dell'accidenti, blocchiamo i lavori di Camera e Senato - ha dichiarato lo stesso Salvini - Oggi (ieri, ndr.) è il millesimo giorno dall'entrata in vigore dell'infame legge Fornero.
Siamo pronti a votare anche una proposta del Partito democratico per superarla'.
Deciso come al solito, Salvini ha anche sottolineato come il governo Renzi dovrebbe impiegare il tesoretto ricavato a margine del DEF per le 'vittime della stessa Legge Fornero', in particolare disoccupati ed esodati.
Le ultime notizie su riforma pensioni 2015 e riassetto del sistema previdenza aggiornate ad oggi 15-04 non possono infine non tornare al programma stilato dal Pd ma non da Renzi, che continua ad assumere un inspiegabile atteggiamento.
Nonostante il suo partito risulti in prima linea (oltre al 'nuovo ddl' è in fase discussione anche il provvedimento Damiano, altro membro Pd) il Premier continua infatti ad ignorare la materia pensionistica.
Non una dichiarazione, non un commento, nulla che possa suggerire quale sia la strada che intende imboccare in vista della riformulazione del mercato del lavoro in uscita.
Un processo questo che si compirà comunque, con o senza l'intervento dell'ex sindaco di Firenze che rischia di essere clamorosamente bypassato dal Parlamento.
http://it.blastingnews.com/lavoro/2015/ ... 49403.html
PD e Salvini alleati,
ddl alla Camera in vista del dibattito.
Non accenna ad arrestarsi il dibattito in tema di riforma pensioni 2015 e previdenza.
Le ultime news aggiornate ad oggi 15-04 si concentrano in modo particolare sul programma stilato dal Pd di Renzi che alla fine della scorsa settimana ha presentato uno specifico ddl proponendo l'entrata in vigore della cosiddetta Quota 41.
Grande attesa c'è poi attorno alla ripresa dei meeting in Commissione Lavoro dove oggi pomeriggio, a partire dalle ore 14,30, si discuteranno i due ddl contenenti Quota 100 'partoriti' da Cesare Damiano (presidente della stessa Commissione) e dalla Lega Nord, il tutto con l'auspicio che si possa arrivare ad un'opzione condivisa nel più breve tempo possibile.
A sorprendere e non poco è proprio l'atteggiamento tenuto dal leader del Carroccio, Matteo Salvini, che pur di allontanare lo spettro della Legge Fornero dal paese si è dichiarato disposto a votare il provvedimento presentato dal Pd di Renzi.
Una scelta questa che si svestirebbe dei consueti colori politici assumendo i panni (che dovrebbero in realtà essere abituali) di una via imboccata per alimentare il bene comune.
Se Salvini appare piuttosto determinato Renzi continua invece nel suo reiterato silenzio.
Come accennato in apertura le ultime news su riforma pensioni 2015 e previdenza aggiornate ad oggi 15 aprile ruotano in particolare attorno alle strategie politiche che si vanno annidando attorno all'iter di discussione dei ddl fermi in Commissione Lavoro.
Il Pd di Matteo Renzi ha presentato una nuova proposta contenente la Quota 41 (che prevede l'uscita dall'impiego una volta raggiunti i 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica di riferimento) e il leader della Lega Nord Matteo Salvini si è detto disposto a sostenerla:
'Se non viene discussa subito una legge per superare la riforma Fornero facciamo un casino dell'accidenti, blocchiamo i lavori di Camera e Senato - ha dichiarato lo stesso Salvini - Oggi (ieri, ndr.) è il millesimo giorno dall'entrata in vigore dell'infame legge Fornero.
Siamo pronti a votare anche una proposta del Partito democratico per superarla'.
Deciso come al solito, Salvini ha anche sottolineato come il governo Renzi dovrebbe impiegare il tesoretto ricavato a margine del DEF per le 'vittime della stessa Legge Fornero', in particolare disoccupati ed esodati.
Le ultime notizie su riforma pensioni 2015 e riassetto del sistema previdenza aggiornate ad oggi 15-04 non possono infine non tornare al programma stilato dal Pd ma non da Renzi, che continua ad assumere un inspiegabile atteggiamento.
Nonostante il suo partito risulti in prima linea (oltre al 'nuovo ddl' è in fase discussione anche il provvedimento Damiano, altro membro Pd) il Premier continua infatti ad ignorare la materia pensionistica.
Non una dichiarazione, non un commento, nulla che possa suggerire quale sia la strada che intende imboccare in vista della riformulazione del mercato del lavoro in uscita.
Un processo questo che si compirà comunque, con o senza l'intervento dell'ex sindaco di Firenze che rischia di essere clamorosamente bypassato dal Parlamento.
http://it.blastingnews.com/lavoro/2015/ ... 49403.html
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Re: riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancella
Penso che questo improvviso “risveglio” sull’argomento da parte del PD sia solo fumo elettorale in vista delle regionali.
Spero che stavolta gli italiani non ci caschino…anche se, in base ai sondaggi, non ci credo molto.
Purtroppo i sondaggi ci dicono anche che il PD ha il suo zoccolo elettorale più consistente tra i milioni di pensionati da considerare “baby” rispetto ai lavoratori di oggi.
Elettori fedeli ai quali garantisce l'intoccabilità del pagamento di una pensione molto superiore ai contributi versati in cambio del loro voto…naturalmente usando i soldi di quelli a cui il PD,
votando la porcata Fornero,
ha allungato la vita lavorativa di 5-6-7-anni e di quelli che ,
pur rimasti senza lavoro in età avanzata ed avendo già magari versato 30 anni di contributi,
la pensione non la vedranno fino a 67 anni.
Spero che stavolta gli italiani non ci caschino…anche se, in base ai sondaggi, non ci credo molto.
Purtroppo i sondaggi ci dicono anche che il PD ha il suo zoccolo elettorale più consistente tra i milioni di pensionati da considerare “baby” rispetto ai lavoratori di oggi.
Elettori fedeli ai quali garantisce l'intoccabilità del pagamento di una pensione molto superiore ai contributi versati in cambio del loro voto…naturalmente usando i soldi di quelli a cui il PD,
votando la porcata Fornero,
ha allungato la vita lavorativa di 5-6-7-anni e di quelli che ,
pur rimasti senza lavoro in età avanzata ed avendo già magari versato 30 anni di contributi,
la pensione non la vedranno fino a 67 anni.
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Re: riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancella
http://www.ilgiornale.it/news/interni/t ... i-all.html
Il trucco degli stranieriScroccano la pensioneper i parenti all’estero
Una legge prevede l’assegno sociale per gli over 65: Allo straniero basta fare richiesta per il ricongiungimento familiare
Roma - Il Pdl e la Lega denunciano il fenomeno da tempo. Ma da alcuni mesi sono i blitz delle Fiamme Gialle ad accendere i riflettori sui tanti casi di truffe ai danni dell’Inps da parte degli immigrati che ottengono l’erogazione dell’assegno sociale per congiunti «over 65», in realtà residenti all’estero.
L’ultimo caso si è verificato a Terni. Ma il fenomeno dei «furbetti del ricongiungimento familiare » è stato registrato e denunciato a più riprese in regioni come l’Emilia, la Toscana, il Veneto, il Friuli e non solo. Nei giorni scorsi anche il governo Monti si è soffermato sulla questione rispondendo a una interrogazione firmata mesi fa dai deputati Marco Zacchera (ora sindaco di Verbania) e Stefano Stefani. Il sottosegretario al Lavoro, Maria Cecilia Guerra,ha ammesso l’esistenza del problema e si è impegnata, di concerto con l’Inps,a far salire il livello dei controlli rispetto alle tante anomalie che stanno emergendo.
Di certo, in tempi di ristrettezze, il vitalizio elargito ai parenti degli immigrati inizia a pesare sulle casse del nostro ente previdenziale.Per l’anno 2012 l’assegno sociale è pari a un importo annuo di 5.577 euro, pari a 13 mensilità da 429 euro. Tale importo costituisce sia l’entità dell’assegno spettante, sia il limite di reddito oltre il quale non si ha più diritto a percepirlo. La platea dei possibili beneficiari si estende a tutti gli immigrati che hanno compiuto i 65 anni e non hanno redditi oppure sono sotto la soglia dei 5.577 euro. Il problema è che gli extracomunitari con carta di soggiorno in regola, residenti in Italia da dieci anni, possono presentare domanda di ricongiungimento familiare e fare arrivare in Italia genitori o parenti anziani, facendo così scattare un effetto moltiplicatore.
Tutto deriva dalla legge 388 del 2000 (inserita nella Finanziaria 2001 dell’allora governo Amato)che ha riconosciuto l’assegno sociale anche ai cittadini stranieri. Il governo di centrodestra, nel 2009 è riuscito a restringere la possibilità di richiedere il ricongiungimento ai residenti in Italia «legalmente e continuativamente» da almeno dieci anni. Ma al di là dell’opportunità di una norma che consente di attingere alla cassaforte della nostra previdenza a chi non ha mai versato un euro di contributi nel nostro Paese, il problema sta anche nel buco nero dei ricongiungimenti fittizi.
I casi di stranieri anziani che, attirati dal miraggio del guadagno facile, si trasferiscono e poi una volta avuto l’assegno sociale tornano in patria quando invece dovrebbero avere in Italia la «residenza abituale», sono frequenti. La Guardia di Finanza solo nel 2011 ha individuato 270 fattispecie di questo tipo. Le Fiamme Gialle spiegano che smascherare la truffa non è semplice: «Bisogna fare controlli approfonditi verificando se una residenza è fittizia, controllare i vari visti sui passaporti, verificare le utenze e incrociare i dati, con poteri di polizia che magari altri enti dello Stato non hanno».
La scorsa settimana,l’ufficio immigrazione della questura di Terni ha individuato il caso di una cittadina indiana di 76 anni, assente dall’Italia da mesi che continuava a percepire l’assegno. Lo stesso faceva una coppia di albanesi, 72 anni lui, 67 lei. Questi casi sono stati segnalati all’Inps per la sospensione o revoca dell’assegno sociale. Il fenomeno è, comunque, in aumento su tutto il territorio nazionale e si teme che possa assumere i contorni da assalto alla diligenza, visto che il censimento Istat appena pubblicato ha indicato come i residenti regolari siano triplicati negli ultimi dieci anni, toccando quota 3 milioni e 700mila con rimesse verso l’estero che ammontano ormai 7,4 miliardi di euro l’anno (ma si stima che una cifra quasi equivalente percorra vie ufficiose).
Basta fare un giro sul web per trovare testimonianza del tam- tam in corso su questo tema. Vari siti dedicati agli stranieri spiegano le procedure e offrono consigli per accedere al beneficio. Senza contare che il fenomeno dei «vitalizi facili» non investe solo gli stranieri ma anche quegli italiani che, pur avendo vissuto 10 anni in Italia, magari nei primi anni di vita, si sono poi trasferiti all’estero per oltre 50 anni e attraverso residenze fittizie in Italia riescono a percepire l’assegno sociale. Fattispecie anomale su cui si stanno attivando i gruppi del Pdl in varie regioni, cercando di sensibilizzare l’esecutivo. Il Pdl emiliano, ad esempio,propone di«prevedere l’obbligo di ritirare personalmente l’assegno sociale alle Poste, firmando un apposito registro». Il tutto accompagnato da controlli accurati nei Paesi d’origine al fine di accertare la situazione finanziaria, contributiva, bancaria e pensionistica degli ultra 65enni richiedenti la pensione sociale in Italia. Verifiche indispensabili per pizzicare i furbetti del vitalizio e impedire che gli abusi ai danni del nostro welfare state si diffondano a macchia d’olio.
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Anche questa cosa dovrebbe essere rivista.
Ciao
Paolo11
Il trucco degli stranieriScroccano la pensioneper i parenti all’estero
Una legge prevede l’assegno sociale per gli over 65: Allo straniero basta fare richiesta per il ricongiungimento familiare
Roma - Il Pdl e la Lega denunciano il fenomeno da tempo. Ma da alcuni mesi sono i blitz delle Fiamme Gialle ad accendere i riflettori sui tanti casi di truffe ai danni dell’Inps da parte degli immigrati che ottengono l’erogazione dell’assegno sociale per congiunti «over 65», in realtà residenti all’estero.
L’ultimo caso si è verificato a Terni. Ma il fenomeno dei «furbetti del ricongiungimento familiare » è stato registrato e denunciato a più riprese in regioni come l’Emilia, la Toscana, il Veneto, il Friuli e non solo. Nei giorni scorsi anche il governo Monti si è soffermato sulla questione rispondendo a una interrogazione firmata mesi fa dai deputati Marco Zacchera (ora sindaco di Verbania) e Stefano Stefani. Il sottosegretario al Lavoro, Maria Cecilia Guerra,ha ammesso l’esistenza del problema e si è impegnata, di concerto con l’Inps,a far salire il livello dei controlli rispetto alle tante anomalie che stanno emergendo.
Di certo, in tempi di ristrettezze, il vitalizio elargito ai parenti degli immigrati inizia a pesare sulle casse del nostro ente previdenziale.Per l’anno 2012 l’assegno sociale è pari a un importo annuo di 5.577 euro, pari a 13 mensilità da 429 euro. Tale importo costituisce sia l’entità dell’assegno spettante, sia il limite di reddito oltre il quale non si ha più diritto a percepirlo. La platea dei possibili beneficiari si estende a tutti gli immigrati che hanno compiuto i 65 anni e non hanno redditi oppure sono sotto la soglia dei 5.577 euro. Il problema è che gli extracomunitari con carta di soggiorno in regola, residenti in Italia da dieci anni, possono presentare domanda di ricongiungimento familiare e fare arrivare in Italia genitori o parenti anziani, facendo così scattare un effetto moltiplicatore.
Tutto deriva dalla legge 388 del 2000 (inserita nella Finanziaria 2001 dell’allora governo Amato)che ha riconosciuto l’assegno sociale anche ai cittadini stranieri. Il governo di centrodestra, nel 2009 è riuscito a restringere la possibilità di richiedere il ricongiungimento ai residenti in Italia «legalmente e continuativamente» da almeno dieci anni. Ma al di là dell’opportunità di una norma che consente di attingere alla cassaforte della nostra previdenza a chi non ha mai versato un euro di contributi nel nostro Paese, il problema sta anche nel buco nero dei ricongiungimenti fittizi.
I casi di stranieri anziani che, attirati dal miraggio del guadagno facile, si trasferiscono e poi una volta avuto l’assegno sociale tornano in patria quando invece dovrebbero avere in Italia la «residenza abituale», sono frequenti. La Guardia di Finanza solo nel 2011 ha individuato 270 fattispecie di questo tipo. Le Fiamme Gialle spiegano che smascherare la truffa non è semplice: «Bisogna fare controlli approfonditi verificando se una residenza è fittizia, controllare i vari visti sui passaporti, verificare le utenze e incrociare i dati, con poteri di polizia che magari altri enti dello Stato non hanno».
La scorsa settimana,l’ufficio immigrazione della questura di Terni ha individuato il caso di una cittadina indiana di 76 anni, assente dall’Italia da mesi che continuava a percepire l’assegno. Lo stesso faceva una coppia di albanesi, 72 anni lui, 67 lei. Questi casi sono stati segnalati all’Inps per la sospensione o revoca dell’assegno sociale. Il fenomeno è, comunque, in aumento su tutto il territorio nazionale e si teme che possa assumere i contorni da assalto alla diligenza, visto che il censimento Istat appena pubblicato ha indicato come i residenti regolari siano triplicati negli ultimi dieci anni, toccando quota 3 milioni e 700mila con rimesse verso l’estero che ammontano ormai 7,4 miliardi di euro l’anno (ma si stima che una cifra quasi equivalente percorra vie ufficiose).
Basta fare un giro sul web per trovare testimonianza del tam- tam in corso su questo tema. Vari siti dedicati agli stranieri spiegano le procedure e offrono consigli per accedere al beneficio. Senza contare che il fenomeno dei «vitalizi facili» non investe solo gli stranieri ma anche quegli italiani che, pur avendo vissuto 10 anni in Italia, magari nei primi anni di vita, si sono poi trasferiti all’estero per oltre 50 anni e attraverso residenze fittizie in Italia riescono a percepire l’assegno sociale. Fattispecie anomale su cui si stanno attivando i gruppi del Pdl in varie regioni, cercando di sensibilizzare l’esecutivo. Il Pdl emiliano, ad esempio,propone di«prevedere l’obbligo di ritirare personalmente l’assegno sociale alle Poste, firmando un apposito registro». Il tutto accompagnato da controlli accurati nei Paesi d’origine al fine di accertare la situazione finanziaria, contributiva, bancaria e pensionistica degli ultra 65enni richiedenti la pensione sociale in Italia. Verifiche indispensabili per pizzicare i furbetti del vitalizio e impedire che gli abusi ai danni del nostro welfare state si diffondano a macchia d’olio.
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Anche questa cosa dovrebbe essere rivista.
Ciao
Paolo11
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Re: riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancella
Dal rapporto sul sistema previdenziale italiano di Itinerari previdenziali emerge che 8,55 milioni di persone ricevono trattamenti assistenziali non coperti da contributi.
L’esborso per le casse pubbliche è di 90 miliardi, a fronte di una spesa pensionistica complessiva di 214,5.
Il disavanzo di gestione nell’anno dell’indagine (2013) è stato di 25,36 miliardi soprattutto a causa dell’ex Inpdap e della gestione ex Ferrovie dello Stato.
L’esborso per le casse pubbliche è di 90 miliardi, a fronte di una spesa pensionistica complessiva di 214,5.
Il disavanzo di gestione nell’anno dell’indagine (2013) è stato di 25,36 miliardi soprattutto a causa dell’ex Inpdap e della gestione ex Ferrovie dello Stato.
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Re: riforma Pensioni Fornero-Si lotta per i diritti cancella
Ho sempre detto che bisogna gestire Pensioni e Assistenza sociale in due enti separati.
1Si occupa di pensioni di chi ha lavorato.
2La seconda assisteza sociale ecc.....con un contributo di tutti i cittadini in base al loro reddito chi piu ha piu paga.
Ciao
Paolo11
1Si occupa di pensioni di chi ha lavorato.
2La seconda assisteza sociale ecc.....con un contributo di tutti i cittadini in base al loro reddito chi piu ha piu paga.
Ciao
Paolo11
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