"Casa comune della sinistra e dei democratici"
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Re: "Casa comune della sinistra e dei democratici"
Il votare è quasi inevitabile al ballottaggio, perchè altrimenti la pigliamo in saccoccia:
1- se ti trovi PD e FI non ci vai e stai a casa ... tanto chiunque vince la prendi
2- se ti trovi PD e M5S piangi e ci vai per metterla in ... a R
3- se ti trovi FI e M5S piangi e ci vai per metterla in ... a B
4- Se trovi Syriza contro tutti ci vai per far vincere chi non c'è e non ci sarà mai: Tsipras!
sto dicendo stronzate .... forse!
1- se ti trovi PD e FI non ci vai e stai a casa ... tanto chiunque vince la prendi
2- se ti trovi PD e M5S piangi e ci vai per metterla in ... a R
3- se ti trovi FI e M5S piangi e ci vai per metterla in ... a B
4- Se trovi Syriza contro tutti ci vai per far vincere chi non c'è e non ci sarà mai: Tsipras!
sto dicendo stronzate .... forse!
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: "Casa comune della sinistra e dei democratici"
Che devo fare caro Jo aprire l'ombrello anche in casa ed aspettarmi un'acquazzone?????
Da dove arrivi? Ti sentiremo in futuro???
Da dove arrivi? Ti sentiremo in futuro???
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Re: "Casa comune della sinistra e dei democratici"
Joblack ha scritto:Il votare è quasi inevitabile al ballottaggio, perchè altrimenti la pigliamo in saccoccia:
1- se ti trovi PD e FI non ci vai e stai a casa ... tanto chiunque vince la prendi
2- se ti trovi PD e M5S piangi e ci vai per metterla in ... a R
3- se ti trovi FI e M5S piangi e ci vai per metterla in ... a B
4- Se trovi Syriza contro tutti ci vai per far vincere chi non c'è e non ci sarà mai: Tsipras!
sto dicendo stronzate .... forse!
In via teorica si dovrebbe votare nel 2018.
Ma Pittibimo racconta solo balle.
Se Mattarella firma, per evitare il referendum andrà al voto subito.
Oramai siamo condannati. Dovevamo pensarci prima.
In questo momento al Tg7 hanno dato i sondaggi della settimana.
Il Pd sale al 34,8%. (+ 0,6)
Il M5S sale al 23,1 %
Io che da un pò ho deciso di non votare per non essere complice come sono stato nel passato votando Pd, devo scegliere.
Devo morire fascista sotto Benito Renzi oppure andare al caos con i pentastellati?????
Fascista MAI. Voterò per il caos dei Pentastellati.
Per quanto riguarda la sinistra, " Aspetta e spera che quell'ora si avvicina"
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Re: "Casa comune della sinistra e dei democratici"
Otto e mezzo
Marchetta con la Boschi.
Bella,.....ma una bambocciona stupidella, ma soprattutto bugiarda come il suo duce.
Erano meglio le oche del Campidoglio..............
Marchetta con la Boschi.
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Erano meglio le oche del Campidoglio..............
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Re: "Casa comune della sinistra e dei democratici"
camillobenso ha scritto:
Non ho alternative se al ballottaggio dovessero confrontarsi M5S e PD.Fascista MAI. Voterò per il caos dei Pentastellati.
Non votare va contro il mio essere e non l'ho mai fatto che mi resterebbe se non il caos dei pentastellati con tutti i pro e i contro.
Perlomeno alcuni hanno idee chiare e sembrano onesti. Certo, non e' cosa da poco rifarsi a questi casinisti ma almeno penso siano piu sinceri, con tutti i loro error ifatti e che faranno ancora, rispetto a questi rottamatori del ca..o.
Cmq non ho ancora deciso. Quando arrivera' il momento farlo la mia scelta moooolto ponderata.
un salutone
ps: Chi l'avrebbe mai pensato di arrivare a queste conclusioni?
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: "Casa comune della sinistra e dei democratici"
chiedo a qualche compagno del forum di designare le tute ufficiali di questo forum con la scritta coazione sociale.
qui c e un antipasto
se c e la diretta in internet chiedo di meterla nel forum in evidenza fissa
http://www.libera.tv/videos/6960/coaliz ... istra.html
qui c e un antipasto
se c e la diretta in internet chiedo di meterla nel forum in evidenza fissa
http://www.libera.tv/videos/6960/coaliz ... istra.html
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Re: "Casa comune della sinistra e dei democratici"
Qualcuno sa che fine hanno fatto i vari Rodotà, Landini, ecc.?
Emigrati all'estero?
Dispersi nel "collettivo"?
Sentivo che adesso R vuole cambiare nome al PD...
Che umiliazione per gli ex DS, ragazzi.
Farsi superare a sinistra da Civati.
Eppure li paghiamo, e tanto, proprio per fare politica...
soloo42001
Emigrati all'estero?
Dispersi nel "collettivo"?
Sentivo che adesso R vuole cambiare nome al PD...
Che umiliazione per gli ex DS, ragazzi.
Farsi superare a sinistra da Civati.
Eppure li paghiamo, e tanto, proprio per fare politica...
soloo42001
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Re: "Casa comune della sinistra e dei democratici"
soloo42001 ha scritto:Qualcuno sa che fine hanno fatto i vari Rodotà, Landini, ecc.?
Emigrati all'estero?
Dispersi nel "collettivo"?
Sentivo che adesso R vuole cambiare nome al PD...
Che umiliazione per gli ex DS, ragazzi.
Farsi superare a sinistra da Civati.
Eppure li paghiamo, e tanto, proprio per fare politica...
soloo42001
Tengono tutti famiglia.
La maggior parte a casa hanno moglie e SUOCERA che li minaccia.
Non tornare a casa se cambi partito. Della coerenza dell'appartenenza alla sinistra non te ne deve fregare assolutamente niente.
Ricordati che devi mantenere il posto che ti consente di portare a casa
18mila euro al mese.
QUESTO E' QUELLO CHE CONTA. GLI IDEALI TE LI PUOI INFILARE DOVE DICIAMO NOI.
Firmato, moglie e suocera.
Per non parlare poi di chi ha contratto un mutuo.
Vogliamo scherzare???????
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Re: "Casa comune della sinistra e dei democratici"
da La Stampa
Civati: “Fuori dal Pd lo spazio è sconfinato”
In cerca di nuove strade dopo l’addio: «Anche la Cgil è interessata. Guai a una sinistra velleitaria»
fabio martini
È l’uomo del giorno, il suo smartphone è tutto un lampeggiare di lucette e di suoni, Pippo Civati li silenzia e sorride compiaciuto: «Fuori dal Pd c’è un sacco di roba, uno spazio sconfinato, che aumenta ogni giorno e quando leggeranno i sondaggi veri, scopriranno che in Liguria, per fare un esempio, la Paita non la vota più nessuno, cresce l’area di sinistra e Toti rischia di vincere. Soprattutto per la debolezza della candidata del Pd...». Certo, in Liguria l’area alla sinistra del Pd si gioca la partita più importante, ma Civati lo sa: il mondo non finisce a Genova e la missione che lo aspetta è complicatissima. Come conferma anche l’ostentata indifferenza con la quale il suo addio al Pd è stato seguito da Matteo Renzi.
Neppure un sms?
«No, nulla. Non mi ha chiamato, credo che abbia buttato via il mio numero. E l’ultima che l’ho visto è stato in Tv».
E la prima volta tra voi due, un tempo amici, se la ricorda?
«Ci vedemmo ad un convegno di innovatori a Piombino, ma la “scintilla” scoccò al telefono. Era l’agosto 2010. Mi disse: ho appena lanciato la rottamazione, ho tirato giù un muro, domani mi uccidono tutti, ho bisogno di metterla in positivo. Tu organizzi begli eventi, perché non diciamo assieme cosa direbbe in positivo la nuova generazione, la nostra?».
Le piacque?
«La sfida era allettante, mandare via quelli di prima non era sbagliato. La prima incomprensione clamorosa è nata quando lui andò ad Arcore, senza dirmi nulla. Tra l’altro io abito lì vicino, passava quasi da casa mia. Facemmo assieme la prima Leopolda, litigammo e per tre anni seguì il silenzio, poi un giorno una telefonata...».
Per dirle?
«Mi disse: vediamoci in gran segreto a Firenze».
Per fare un accordo?
«Macché, stavamo per sfidarci alle Primarie del 2013! Nessuno ne ha mai saputo nulla. Dopo tre anni di sberle, si creò un clima alla Salvatores. E anche se lui ha un talento da imbonitore, fu un incontro piacevole. E infatti non c’è una questione personale contro di lui. Una grossa divergenza politica».
Gli spagnoli individuano il carisma dei leader in un mix di “cabeza, corazon y cojones”. In Renzi, per lei, come sono distribuiti?
«Cabeza al primo posto. Poi cojones. Al terzo posto corazon, direi».
Ma ora tocca a lei costruire un’area alla sinistra del Pd: nascerà il partito della Cgil?
«Fino a qualche mese fa Susanna Camusso diceva: un partitino non ha senso. Giorni fa ha detto: non voto più Pd. Significa che c’è un’apertura di credito, una curiosità. Noi dovremo dimostrare di non essere velleitari perché se viene fuori una cosa minoritaria, io non ci sto, smetto di far politica. Non sono mai stato considerato affidabile dai sindacati, perché penso debbano cambiare, dopodiché sono diventato un loro paladino perché Renzi dice che non servono a niente»
Camusso e Landini, due ricette diverse anche per la nuova “Cosa” di sinistra: difendere i diritti acquisiti, alla maniera della Cgil; ovvero, un’area politica che difenda gli operai, ma anche le partite Iva e i precari...
«Quando Landini dice partite Iva e metalmeccanici ha capito, io sono d’accordo e aggiungo: lavoro, eguaglianza, che è concorrenza leale, premio per chi lo merita e non meritocrazia. E un valore che metterei al primo posto per questa nuova area politica: una sinistra che si batta per una maggiore umanità. Contro il cinismo, l’incorenza tattica, un racconto sincero della realtà».
L’area alla sinistra del Pd è affollata di leader e di potenziali leader un po’ narcisisti, lei compreso: non è un bel viatico...
«Guai se prevalessero i particolarismi o la sinistra parolaia. Dobbiamo incalzare il Pd con progetti realizzabili. Sul reddito minimo: parole alte ma anche dimostrare come si può fare.
Per ora nel Pd non sembrano seguirla. Come è andata con i senatori “sinistrorsi”?
«Mi hanno detto: non chiederci di uscire, per ora non si muove nulla. Ma tutti si rendono conto che nell’opinione pubblica sta accadendo qualcosa di molto importante. Come sarà dimostrato dai voti al Pd».
Lei ora dice che Renzi è un uomo di destra: sarà rassicurante per i suoi aficionados, ma non le pare fuorviante?
«Lui picchia soltanto a sinistra e quasi mai a destra, qualcosa vorrà dire. Ma se tu abitui la gente a pensare a destra, poi c’è qualcuno più a destra di te che vince le elezioni».
Bersani non molla ma soffre? Le ha parlato?
«Lui mi ha chiamato. Credo che Bersani si renda conto che la ditta se la sono comprata le multinazionali. E si rende conto che la sua gente è in crisi».
Civati: “Fuori dal Pd lo spazio è sconfinato”
In cerca di nuove strade dopo l’addio: «Anche la Cgil è interessata. Guai a una sinistra velleitaria»
fabio martini
È l’uomo del giorno, il suo smartphone è tutto un lampeggiare di lucette e di suoni, Pippo Civati li silenzia e sorride compiaciuto: «Fuori dal Pd c’è un sacco di roba, uno spazio sconfinato, che aumenta ogni giorno e quando leggeranno i sondaggi veri, scopriranno che in Liguria, per fare un esempio, la Paita non la vota più nessuno, cresce l’area di sinistra e Toti rischia di vincere. Soprattutto per la debolezza della candidata del Pd...». Certo, in Liguria l’area alla sinistra del Pd si gioca la partita più importante, ma Civati lo sa: il mondo non finisce a Genova e la missione che lo aspetta è complicatissima. Come conferma anche l’ostentata indifferenza con la quale il suo addio al Pd è stato seguito da Matteo Renzi.
Neppure un sms?
«No, nulla. Non mi ha chiamato, credo che abbia buttato via il mio numero. E l’ultima che l’ho visto è stato in Tv».
E la prima volta tra voi due, un tempo amici, se la ricorda?
«Ci vedemmo ad un convegno di innovatori a Piombino, ma la “scintilla” scoccò al telefono. Era l’agosto 2010. Mi disse: ho appena lanciato la rottamazione, ho tirato giù un muro, domani mi uccidono tutti, ho bisogno di metterla in positivo. Tu organizzi begli eventi, perché non diciamo assieme cosa direbbe in positivo la nuova generazione, la nostra?».
Le piacque?
«La sfida era allettante, mandare via quelli di prima non era sbagliato. La prima incomprensione clamorosa è nata quando lui andò ad Arcore, senza dirmi nulla. Tra l’altro io abito lì vicino, passava quasi da casa mia. Facemmo assieme la prima Leopolda, litigammo e per tre anni seguì il silenzio, poi un giorno una telefonata...».
Per dirle?
«Mi disse: vediamoci in gran segreto a Firenze».
Per fare un accordo?
«Macché, stavamo per sfidarci alle Primarie del 2013! Nessuno ne ha mai saputo nulla. Dopo tre anni di sberle, si creò un clima alla Salvatores. E anche se lui ha un talento da imbonitore, fu un incontro piacevole. E infatti non c’è una questione personale contro di lui. Una grossa divergenza politica».
Gli spagnoli individuano il carisma dei leader in un mix di “cabeza, corazon y cojones”. In Renzi, per lei, come sono distribuiti?
«Cabeza al primo posto. Poi cojones. Al terzo posto corazon, direi».
Ma ora tocca a lei costruire un’area alla sinistra del Pd: nascerà il partito della Cgil?
«Fino a qualche mese fa Susanna Camusso diceva: un partitino non ha senso. Giorni fa ha detto: non voto più Pd. Significa che c’è un’apertura di credito, una curiosità. Noi dovremo dimostrare di non essere velleitari perché se viene fuori una cosa minoritaria, io non ci sto, smetto di far politica. Non sono mai stato considerato affidabile dai sindacati, perché penso debbano cambiare, dopodiché sono diventato un loro paladino perché Renzi dice che non servono a niente»
Camusso e Landini, due ricette diverse anche per la nuova “Cosa” di sinistra: difendere i diritti acquisiti, alla maniera della Cgil; ovvero, un’area politica che difenda gli operai, ma anche le partite Iva e i precari...
«Quando Landini dice partite Iva e metalmeccanici ha capito, io sono d’accordo e aggiungo: lavoro, eguaglianza, che è concorrenza leale, premio per chi lo merita e non meritocrazia. E un valore che metterei al primo posto per questa nuova area politica: una sinistra che si batta per una maggiore umanità. Contro il cinismo, l’incorenza tattica, un racconto sincero della realtà».
L’area alla sinistra del Pd è affollata di leader e di potenziali leader un po’ narcisisti, lei compreso: non è un bel viatico...
«Guai se prevalessero i particolarismi o la sinistra parolaia. Dobbiamo incalzare il Pd con progetti realizzabili. Sul reddito minimo: parole alte ma anche dimostrare come si può fare.
Per ora nel Pd non sembrano seguirla. Come è andata con i senatori “sinistrorsi”?
«Mi hanno detto: non chiederci di uscire, per ora non si muove nulla. Ma tutti si rendono conto che nell’opinione pubblica sta accadendo qualcosa di molto importante. Come sarà dimostrato dai voti al Pd».
Lei ora dice che Renzi è un uomo di destra: sarà rassicurante per i suoi aficionados, ma non le pare fuorviante?
«Lui picchia soltanto a sinistra e quasi mai a destra, qualcosa vorrà dire. Ma se tu abitui la gente a pensare a destra, poi c’è qualcuno più a destra di te che vince le elezioni».
Bersani non molla ma soffre? Le ha parlato?
«Lui mi ha chiamato. Credo che Bersani si renda conto che la ditta se la sono comprata le multinazionali. E si rende conto che la sua gente è in crisi».
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Re: "Casa comune della sinistra e dei democratici"
http://www.lastampa.it/2015/05/08/blogs ... agina.html
tra l'altro :
Lettera a Civati
Esiste uno spazio politico per un'operazione di Civati? Esiste, oltre il luogo comune (secondo me trito) su di lui, la possibilità che ne diventi il leader?
E' abbastanza chiaro ai miei occhi che la questione dell'uscita dal Pd di quello che era stato uno dei fondatori (si potrebbe senza esagerare dire: il cofondatore) della prima Leopolda va oltre la sua persona. E va anche oltre le belle parole che gli ha indirizzato Michele Serra ieri, parlando di sé: esistono tantissime persone che amavano Luigi Pintor ma non hanno mai smesso di votare per Berlinguer perché tutto sommato - al netto di tutte le cose che non andavano nel Pci - preferivano il tepore di una maggioranza (per quanto, simmetricamente al detto di Indro Montanelli, turandosi il naso da sinistra) al rischio di una minoranza impotente. Alché Civati gli ha potuto rispondere felicemente che in fondo quello era Berlinguer - era relativamente facile turarsi il naso (anzi, non c'era affatto da turarselo) - non il Pd odierno. Chi amava Pintor viveva, come stile, convinzioni radicate, valori, in un mondo che non era alieno e altro rispetto allo stile-Berlinguer. Pur avendo rotto col Pci (anzi: essendo stato radiato, dal Pci).
Qui però vorrei uscire da questo bel dialogo intergenerazionale, perché ci svia; e parlare a Giuseppe (non lo chiamo Pippo perché mi sembra irrispettoso, non lo conosco così bene da permettermelo e, a dispetto di tantissimi altri commentatori, lo considero potenzialmente anche un leader, o meglio, non vedo nulla che gli precluda geneticamente questa posizione) stando rigorosamente all'interno del presente. Non parlerò, insomma, di Berlinguer, che sommamente stimai anche da ragazzino, anche se probabilmente non avrei votato per lui (feci però in tempo a votare Pci alle ultime amministrative in cui si presentò il simbolo); non parlerò del manifesto, giornale e mondo che ho conosciuto abbastanza, avendo la fortuna di esser ricevuto e poter parlare da giovane con una delle sue fondatrici. Parlerò di oggi.
Esiste lo spazio politico per una sinistra in Italia, nel 2015? La domanda - ecco la sorpresa - secondo me non è posta in modo correttissimo, anzi è quasi una domanda-tranello, e vorrei suggerire a Giuseppe perché. Chi la pone così, si prefigge criteri oculistico-metrici per misurarla, sommando capre, cavoli, vari animali, di solito più o meno improbabili, che affollano il campo politico "di sinistra", e poi sottoponendo a sondaggi - spesso aleatori, se non fallimentari - il verdetto. Di solito quel verdetto, quando è benevolo, può arrivare a stimare un dieci per cento, ma è un computo che non ha nessun senso, e anzi, è il dieci per cento che si ottiene sommando il nulla. Ci credo: sarebbe come chiedere: volete per il vostro tè i biscotti che la sorella di vostra nonna conserva nel cassetto da un anno? La risposta è contenuta nella domanda capziosa.
Ecco: non bisognerebbe assolutamente fare, e partire da domande, così. Non sarà sommando Sel, Landini, meno che mai pezzi di Rifondazione, o di associazionismo sparso, o di ex del M5S, che si potrà costruire qualcosa di sensato. Così si costruisce al massimo un gruppo parlamentare reducistico. Non sarà neanche appoggiandosi alle strutture o a quel che resta della mentalità-Cgil (per quanto io la rispetti, e non la irrida minimamente, pur essendone lontano per tante ragioni). Non sarà saldandosi ai tanti gloriosi leader del passato fatti fuori politicamente da Matteo Renzi.
La sinistra che esiste in Italia è appunto quella che dovrebbe - ma, secondo certi punti di vista, doveva - rappresentare Matteo Renzi, pur cattolico e desideroso di parlare a tutti. Non qualcosa di "più a sinistra di Renzi", semplicemente qualcosa "di nuova sinistra": parlo di politiche sociali e cose come il reddito di cittadinanza, ma non solo; di innovazione rispettando però le regole, di riforme senza forzature, di cambiamenti della Costituzione fatti seguendo procedure e spirito della Costituzione, in definitiva di coerenza tra le promesse e gli atti. E di capacità di parlare all'elettorato, non ai pezzi sparsi delle piccole sinistre residuali. Se c'è qualcosa che in questi venti anni - nelle alternanze tra i tredici di Silvio Berlusconi e gli altri, non lo addebito affatto integralmente a Renzi - è andato perduto, è proprio il fatto che "sinistra" significasse, innanzitutto, una forma di diversità: attenzione, non di "superiorità antropologica", nessuna superiorità. Diciamo un'adeguatezza tra le parole e le azioni, una sobrietà, una certa idea dello stato, la rettitudine nella cosa pubblica, la lontananza dagli affari, e l'idea - quella sì rivoluzionaria (Renzi avrebbe detto "rottamatoria") - che quel che si dice si fa, che la politica è fatta di compromessi se ne vale la pena, ma non è costitutivamente la pratica costante del compromesso al ribasso. Non è imbarcare tutto per vincere. Si vince giocando bene; come predicava Sacchi (uno che ha vinto eccome), non alla Mourinho (già m'immagino che ora mi scriveranno su twitter i tifosi dell'Inter).
tra l'altro :
Lettera a Civati
Esiste uno spazio politico per un'operazione di Civati? Esiste, oltre il luogo comune (secondo me trito) su di lui, la possibilità che ne diventi il leader?
E' abbastanza chiaro ai miei occhi che la questione dell'uscita dal Pd di quello che era stato uno dei fondatori (si potrebbe senza esagerare dire: il cofondatore) della prima Leopolda va oltre la sua persona. E va anche oltre le belle parole che gli ha indirizzato Michele Serra ieri, parlando di sé: esistono tantissime persone che amavano Luigi Pintor ma non hanno mai smesso di votare per Berlinguer perché tutto sommato - al netto di tutte le cose che non andavano nel Pci - preferivano il tepore di una maggioranza (per quanto, simmetricamente al detto di Indro Montanelli, turandosi il naso da sinistra) al rischio di una minoranza impotente. Alché Civati gli ha potuto rispondere felicemente che in fondo quello era Berlinguer - era relativamente facile turarsi il naso (anzi, non c'era affatto da turarselo) - non il Pd odierno. Chi amava Pintor viveva, come stile, convinzioni radicate, valori, in un mondo che non era alieno e altro rispetto allo stile-Berlinguer. Pur avendo rotto col Pci (anzi: essendo stato radiato, dal Pci).
Qui però vorrei uscire da questo bel dialogo intergenerazionale, perché ci svia; e parlare a Giuseppe (non lo chiamo Pippo perché mi sembra irrispettoso, non lo conosco così bene da permettermelo e, a dispetto di tantissimi altri commentatori, lo considero potenzialmente anche un leader, o meglio, non vedo nulla che gli precluda geneticamente questa posizione) stando rigorosamente all'interno del presente. Non parlerò, insomma, di Berlinguer, che sommamente stimai anche da ragazzino, anche se probabilmente non avrei votato per lui (feci però in tempo a votare Pci alle ultime amministrative in cui si presentò il simbolo); non parlerò del manifesto, giornale e mondo che ho conosciuto abbastanza, avendo la fortuna di esser ricevuto e poter parlare da giovane con una delle sue fondatrici. Parlerò di oggi.
Esiste lo spazio politico per una sinistra in Italia, nel 2015? La domanda - ecco la sorpresa - secondo me non è posta in modo correttissimo, anzi è quasi una domanda-tranello, e vorrei suggerire a Giuseppe perché. Chi la pone così, si prefigge criteri oculistico-metrici per misurarla, sommando capre, cavoli, vari animali, di solito più o meno improbabili, che affollano il campo politico "di sinistra", e poi sottoponendo a sondaggi - spesso aleatori, se non fallimentari - il verdetto. Di solito quel verdetto, quando è benevolo, può arrivare a stimare un dieci per cento, ma è un computo che non ha nessun senso, e anzi, è il dieci per cento che si ottiene sommando il nulla. Ci credo: sarebbe come chiedere: volete per il vostro tè i biscotti che la sorella di vostra nonna conserva nel cassetto da un anno? La risposta è contenuta nella domanda capziosa.
Ecco: non bisognerebbe assolutamente fare, e partire da domande, così. Non sarà sommando Sel, Landini, meno che mai pezzi di Rifondazione, o di associazionismo sparso, o di ex del M5S, che si potrà costruire qualcosa di sensato. Così si costruisce al massimo un gruppo parlamentare reducistico. Non sarà neanche appoggiandosi alle strutture o a quel che resta della mentalità-Cgil (per quanto io la rispetti, e non la irrida minimamente, pur essendone lontano per tante ragioni). Non sarà saldandosi ai tanti gloriosi leader del passato fatti fuori politicamente da Matteo Renzi.
La sinistra che esiste in Italia è appunto quella che dovrebbe - ma, secondo certi punti di vista, doveva - rappresentare Matteo Renzi, pur cattolico e desideroso di parlare a tutti. Non qualcosa di "più a sinistra di Renzi", semplicemente qualcosa "di nuova sinistra": parlo di politiche sociali e cose come il reddito di cittadinanza, ma non solo; di innovazione rispettando però le regole, di riforme senza forzature, di cambiamenti della Costituzione fatti seguendo procedure e spirito della Costituzione, in definitiva di coerenza tra le promesse e gli atti. E di capacità di parlare all'elettorato, non ai pezzi sparsi delle piccole sinistre residuali. Se c'è qualcosa che in questi venti anni - nelle alternanze tra i tredici di Silvio Berlusconi e gli altri, non lo addebito affatto integralmente a Renzi - è andato perduto, è proprio il fatto che "sinistra" significasse, innanzitutto, una forma di diversità: attenzione, non di "superiorità antropologica", nessuna superiorità. Diciamo un'adeguatezza tra le parole e le azioni, una sobrietà, una certa idea dello stato, la rettitudine nella cosa pubblica, la lontananza dagli affari, e l'idea - quella sì rivoluzionaria (Renzi avrebbe detto "rottamatoria") - che quel che si dice si fa, che la politica è fatta di compromessi se ne vale la pena, ma non è costitutivamente la pratica costante del compromesso al ribasso. Non è imbarcare tutto per vincere. Si vince giocando bene; come predicava Sacchi (uno che ha vinto eccome), non alla Mourinho (già m'immagino che ora mi scriveranno su twitter i tifosi dell'Inter).
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