ARMIAMOCI E PARTITE-LA GUERRA LAMPO
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ARMIAMOCI E PARTITE-LA GUERRA LAMPO
La guerra lampo dei fratelli Renzi
(Marco Travaglio)
16/05/2015 di triskel182
Nessuno ha il coraggio di dire “guerra”: ma è questo che stiamo per fare in Libia. L’ennesima guerra.
Difficile camuffarla da “missione umanitaria”, o da “esportazione della democrazia”, o da “soccorso dei civili” – le supercazzole escogitate per le guerre degli ultimi vent’anni, tutte con esiti catastrofici.
Quindi se ne sta cercando un’altra sufficientemente ambigua, per nascondere l’orrore e fregare la gente dei paesi coinvolti.
O meglio, dell’unico paese che ha già fatto sapere con certezza che parteciperà: l’Italia.
Quanto agli altri, si parla di Gran Bretagna, Francia, Spagna, Malta (mai più senza), ma è tutto da vedere.
Così come un altro trascurabile dettaglio: contro chi la facciamo, questa guerra?
Contro la Libia del governo islamico di Tripoli, che nessuno riconosce?
Contro la Libia del governo in esilio di Tobruk?
Contro qualche tribù sfusa?
O contro l’Isis, che in Libia non schiera truppe regolari sul campo, ma solo miliziani libici autoarruolati in franchising e nascosti ciascuno in casa propria?
Si vedrà, le nostre volpi del deserto – Renzi, Mogherini, Pinotti e persino Alfano, trust di cervelli mica da ridere – ci faranno sapere. Forse.
Intanto la Mogherini è andata all’Onu, molto celebrata dai giornali italiani manco fosse il generale Rommel, e ha chiesto un mandato per destroy: affondare i barconi degli scafisti che traghettano i profughi da un capo all’altro del Mediterraneo.
Russi e americani, eccezionalmente compatti di fronte a tanta insipienza, le hanno riso in faccia.
Destroy se lo levi dalla testa: la Libia è uno Stato sovrano, anche se momentaneamente dotata di una mezza dozzina di governi, e difficilmente consentirebbe atti di guerra senza reagire.
Allora la Mogherini ha spiegato che vuole “destroy the business model”, il modello operativo dei trafficanti.
Altre risate rabelaisiane: se non è zuppa è pan bagnato.
Ora si cerca un compromesso sul verbo dispose: genericamente “eliminare” non si sa bene cosa, dove e come.
I russi ricordano che nel 2011 la Nato ebbe il mandato di aiutare i civili libici e poi lo usò per rovesciare Gheddafi, con il bel risultato che sappiamo.
C’è poi un’altra questioncella: Tobruk non vuole che l’Onu chieda il permesso a Tripoli, altrimenti riconoscerebbe un governo illegittimo; ma senza l’ok di Tripoli non si può fare nulla, a meno di entrare in guerra con la Libia, cioè di autorizzare una missione di terra, con migliaia di uomini e costi miliardari, molto superiori a quelli dell’accoglienza dei profughi.
L’ipotesi è radicalmente esclusa da Russia, Usa e paesi del Golfo Persico.
L’ultima trovata è mandare nei porti gli incursori dell’Esercito e della Marina per sforacchiare i barconi degli scafisti, che le nostre volpi del deserto continuano a chiamare “nuovi schiavisti”, incuranti del fatto che gli schiavisti costringevano gli africani a lasciare i loro paesi per imbarcarsi a forza verso l’Europa o le Americhe, mentre gli scafisti trasportano africani e asiatici che vogliono a tutti i costi emigrare in Europa.
Dunque, per quanto spregevole, il loro mestiere risponde a una precisa domanda di mercato che, finché esisteranno guerre e carestie che mettono in fuga le popolazioni, qualcuno dovrà soddisfare.
Per ogni barcone bucato o distrutto, ne verranno costruiti altri dieci, magari ancor meno sicuri e dunque vieppiù pericolosi.
C’è poi un problemuccio pratico che nessuno dei nostri strateghi ha ancora considerato.
Fermo restando che, prima di distruggere un barcone, bisogna sincerarsi che sia vuoto per evitare di fare stragi ancor più devastanti di quelle che si dice di voler prevenire, come si fa ad accertare con satelliti e droni di ricognizione che un barcone che dall’alto sembra vuoto non è pieno di migranti nascosti nella stiva?
E come si fa a distinguere un barcone di migranti da uno di pescatori, visto che spesso gli scafisti sono pescatori che arrotondano il magro stipendio e usano, per pescare e per trasportare, gli stessi natanti?
Resta poi da spiegare come si possa impedire a un profugo in fuga da un paese in guerra, dunque con diritto d’asilo, di imbarcarsi per un Paese che lo conceda secondo tutte le leggi internazionali.
Ma questi, com’è noto, sono i sofismi dei soliti gufi che vogliono impedire al Caro Premier di tirare diritto per il Bene della Nazione, anzi dell’Umanità.
Basterà qualche minuscolo accorgimento per sistemare tutto.
In luogo degli sgradevoli destroy e dispose, l’Italia potrebbe suggerire all’Onu di usare il verbo riddle: letteralmente “bucherellare”, ma anche “indovinello” e “parlare per enigmi”.
Il modello è quello del trattato italo-etiopico siglato nel 1889 a Uccialli dal nostro ambasciatore col negus Menelik, che diceva cose opposte nelle versioni in lingua italiana e in lingua amarica: nella prima l’Etiopia diventava un protettorato italiano e la politica estera del Negus la decideva il nostro governo; nella seconda, Menelik poteva fare di testa sua quando pareva a lui.
Una furbata che consentiva a entrambi i governi di presentarsi come vincitori agli occhi dei rispettivi popoli.
Poi – sfumato l’effetto annuncio – fra Roma e Addis Abeba riesplose la guerra.
Ma i nostri strateghi sembrano ispirarsi anche al film La guerra lampo dei fratelli Marx, con Groucho protagonista nei panni del capo del governo di Freedonia, Rufus T. Firefly, un dittatorello pazzo, arrogante e anarchico che, dopo aver imposto una serie di leggi demenziali, fa scoppiare un conflitto con la vicina Sylvania.
Celebre e attualissima la battuta: “Può essere che Chicolini parli come un idiota e abbia una faccia da idiota. Ma non lasciatevi ingannare: è veramente un idiota”.
Da Il Fatto Quotidiano delle 16/05/2015.
(Marco Travaglio)
16/05/2015 di triskel182
Nessuno ha il coraggio di dire “guerra”: ma è questo che stiamo per fare in Libia. L’ennesima guerra.
Difficile camuffarla da “missione umanitaria”, o da “esportazione della democrazia”, o da “soccorso dei civili” – le supercazzole escogitate per le guerre degli ultimi vent’anni, tutte con esiti catastrofici.
Quindi se ne sta cercando un’altra sufficientemente ambigua, per nascondere l’orrore e fregare la gente dei paesi coinvolti.
O meglio, dell’unico paese che ha già fatto sapere con certezza che parteciperà: l’Italia.
Quanto agli altri, si parla di Gran Bretagna, Francia, Spagna, Malta (mai più senza), ma è tutto da vedere.
Così come un altro trascurabile dettaglio: contro chi la facciamo, questa guerra?
Contro la Libia del governo islamico di Tripoli, che nessuno riconosce?
Contro la Libia del governo in esilio di Tobruk?
Contro qualche tribù sfusa?
O contro l’Isis, che in Libia non schiera truppe regolari sul campo, ma solo miliziani libici autoarruolati in franchising e nascosti ciascuno in casa propria?
Si vedrà, le nostre volpi del deserto – Renzi, Mogherini, Pinotti e persino Alfano, trust di cervelli mica da ridere – ci faranno sapere. Forse.
Intanto la Mogherini è andata all’Onu, molto celebrata dai giornali italiani manco fosse il generale Rommel, e ha chiesto un mandato per destroy: affondare i barconi degli scafisti che traghettano i profughi da un capo all’altro del Mediterraneo.
Russi e americani, eccezionalmente compatti di fronte a tanta insipienza, le hanno riso in faccia.
Destroy se lo levi dalla testa: la Libia è uno Stato sovrano, anche se momentaneamente dotata di una mezza dozzina di governi, e difficilmente consentirebbe atti di guerra senza reagire.
Allora la Mogherini ha spiegato che vuole “destroy the business model”, il modello operativo dei trafficanti.
Altre risate rabelaisiane: se non è zuppa è pan bagnato.
Ora si cerca un compromesso sul verbo dispose: genericamente “eliminare” non si sa bene cosa, dove e come.
I russi ricordano che nel 2011 la Nato ebbe il mandato di aiutare i civili libici e poi lo usò per rovesciare Gheddafi, con il bel risultato che sappiamo.
C’è poi un’altra questioncella: Tobruk non vuole che l’Onu chieda il permesso a Tripoli, altrimenti riconoscerebbe un governo illegittimo; ma senza l’ok di Tripoli non si può fare nulla, a meno di entrare in guerra con la Libia, cioè di autorizzare una missione di terra, con migliaia di uomini e costi miliardari, molto superiori a quelli dell’accoglienza dei profughi.
L’ipotesi è radicalmente esclusa da Russia, Usa e paesi del Golfo Persico.
L’ultima trovata è mandare nei porti gli incursori dell’Esercito e della Marina per sforacchiare i barconi degli scafisti, che le nostre volpi del deserto continuano a chiamare “nuovi schiavisti”, incuranti del fatto che gli schiavisti costringevano gli africani a lasciare i loro paesi per imbarcarsi a forza verso l’Europa o le Americhe, mentre gli scafisti trasportano africani e asiatici che vogliono a tutti i costi emigrare in Europa.
Dunque, per quanto spregevole, il loro mestiere risponde a una precisa domanda di mercato che, finché esisteranno guerre e carestie che mettono in fuga le popolazioni, qualcuno dovrà soddisfare.
Per ogni barcone bucato o distrutto, ne verranno costruiti altri dieci, magari ancor meno sicuri e dunque vieppiù pericolosi.
C’è poi un problemuccio pratico che nessuno dei nostri strateghi ha ancora considerato.
Fermo restando che, prima di distruggere un barcone, bisogna sincerarsi che sia vuoto per evitare di fare stragi ancor più devastanti di quelle che si dice di voler prevenire, come si fa ad accertare con satelliti e droni di ricognizione che un barcone che dall’alto sembra vuoto non è pieno di migranti nascosti nella stiva?
E come si fa a distinguere un barcone di migranti da uno di pescatori, visto che spesso gli scafisti sono pescatori che arrotondano il magro stipendio e usano, per pescare e per trasportare, gli stessi natanti?
Resta poi da spiegare come si possa impedire a un profugo in fuga da un paese in guerra, dunque con diritto d’asilo, di imbarcarsi per un Paese che lo conceda secondo tutte le leggi internazionali.
Ma questi, com’è noto, sono i sofismi dei soliti gufi che vogliono impedire al Caro Premier di tirare diritto per il Bene della Nazione, anzi dell’Umanità.
Basterà qualche minuscolo accorgimento per sistemare tutto.
In luogo degli sgradevoli destroy e dispose, l’Italia potrebbe suggerire all’Onu di usare il verbo riddle: letteralmente “bucherellare”, ma anche “indovinello” e “parlare per enigmi”.
Il modello è quello del trattato italo-etiopico siglato nel 1889 a Uccialli dal nostro ambasciatore col negus Menelik, che diceva cose opposte nelle versioni in lingua italiana e in lingua amarica: nella prima l’Etiopia diventava un protettorato italiano e la politica estera del Negus la decideva il nostro governo; nella seconda, Menelik poteva fare di testa sua quando pareva a lui.
Una furbata che consentiva a entrambi i governi di presentarsi come vincitori agli occhi dei rispettivi popoli.
Poi – sfumato l’effetto annuncio – fra Roma e Addis Abeba riesplose la guerra.
Ma i nostri strateghi sembrano ispirarsi anche al film La guerra lampo dei fratelli Marx, con Groucho protagonista nei panni del capo del governo di Freedonia, Rufus T. Firefly, un dittatorello pazzo, arrogante e anarchico che, dopo aver imposto una serie di leggi demenziali, fa scoppiare un conflitto con la vicina Sylvania.
Celebre e attualissima la battuta: “Può essere che Chicolini parli come un idiota e abbia una faccia da idiota. Ma non lasciatevi ingannare: è veramente un idiota”.
Da Il Fatto Quotidiano delle 16/05/2015.
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Re: ARMIAMOCI E PARTITE-LA GUERRA LAMPO
Soldati italiani anche in Egitto e Tunisia
Il ministro degli Esteri cerca di convincerci che il piano dell'Unione Europea per combattere il traffico d'uomini sulle coste libiche non sarà un'operazione militare, ma soltanto un'allegra e pacifica caccia ai barconi
Gian Micalessin - Dom, 17/05/2015 - 14:11
Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni potrebbe più proficuamente glissare.
Invece cerca di convincerci che il piano dell'Unione Europea per combattere il traffico d'uomini sulle coste libiche non sarà un'operazione militare, ma soltanto un'allegra e pacifica caccia ai barconi.
Per rassicurarci spiega al Corriere della Sera che la missione non prevede l'impiego di truppe di terra, ma solo un certosino lavoro d'intelligence per «individuare i trafficanti, le operazioni navali di sequestro e confisca in mare dei mezzi una volta salvati i migranti e incursioni mirate sulle coste».
Il piano presentato al Consiglio di Sicurezza non sarebbe, insomma, molto diverso dal capitolo militare della missione Mare Nostrum adottata a suo tempo dall'Italia senza chiedere alcun permesso all'Onu.
Anche la parte militare di quella missione prevedeva interventi per stanare i trafficanti di uomini e la possibilità di sbarchi di incursori sulle coste libiche per sequestrare i barconi.
Non a caso il 9 novembre 2013 la nave Aliseo aprì il fuoco contro una «nave madre» utilizzata dai trafficanti di uomini arrestando 16 scafisti e sequestrando l'imbarcazione.
Un'operazione messa a segno utilizzando un semplice decreto di sequestro emesso dalla procura di Catania.
Il problema stavolta è però ben più ampio.
I piani circolati all'interno del Comitato Militare dell'Unione Europea e approdati all'Onu prevedono operazioni molto più vaste e complesse di quanto non ci racconti Gentiloni.
Secondo fonti del Giornale a Bruxelles la missione richiederà un impiego costante di forze speciali e convenzionali sia sulle coste libiche, sia nei porti di Tunisia ed Egitto dove i trafficanti di uomini acquistano, registrano e tengono al sicuro i barconi.
Tra le «forze speciali» e quelle convenzionali pronte ad entrar in azione in caso di via libera dell'Onu vi sono i distaccamenti di «incursori» italiani del Comsubin e le squadre di marò del San Marco già a bordo della squadra navale spostata davanti alla Libia ai primi di marzo.
Squadra affiancata ora dalla nave da sbarco inglese Hms Bulwark con a bordo le unità dello «Special Boat Service» e dei Royal Marines.
Spetterà a queste unità italiane e inglesi penetrare insenature e porti utilizzati dai trafficanti di uomini per far saltare o «prelevare» le loro imbarcazioni.
Squadre specializzate nell'acquisizione obiettivi verranno utilizzate anche nella fase d'intelligence perché i droni, gli aerei senza pilota, non sono in grado - nonostante le sofisticate apparecchiature elettroniche - di garantire un'osservazione sufficientemente «discriminante» degli obbiettivi.
I piani Ue, messi a punto sulla falsariga dell'operazione anti pirateria Atalanta organizzata sulle coste della Somalia, prevedono dunque già inizialmente azioni molto più aggressive di quelle delineate da Gentiloni. Il peggio potrebbe però arrivare in una seconda fase.
Le incursioni contro i trafficanti di uomini, rischiano di degenerare in scontri con le entità politiche e militari che li appoggiano.
Proprio quest'eventualità rende essenziale la legittimità internazionale garantita da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
Uno scontro tra le unità incaricate di distruggere i barconi e le milizie della coalizione islamista che controlla le coste libiche dalla Tunisia sino a Misurata può facilmente accendere un vero e proprio conflitto armato.
Il mandato Onu sarebbe a quel punto essenziale per permettere un'immediata escalation militare e garantire il proseguimento delle operazioni.
Un'eventualità del genere non è - ovviamente - neppure ipotizzata all'interno degli scenari delineati da Gentiloni.
Il ministro degli Esteri, reduce da un incontro a Mosca in cui ha tentato di convincere il suo omologo russo della bontà dei piani europei, deve innanzitutto non allarmare la Russia.
Beffata nel 2011 quando la Nato usò la sua astensione per far cadere Gheddafi, tradita nel 2014 quando l'Europa l'ha combattuta con le sanzioni, Mosca è già tentata dall'opporre un secco niet al piano Ue.
Non avrebbe più esitazioni a farlo se Gentiloni raccontasse la verità.
Ovvero che quell'intervento rischia di trasformarsi in una vera guerra.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 29380.html
Il ministro degli Esteri cerca di convincerci che il piano dell'Unione Europea per combattere il traffico d'uomini sulle coste libiche non sarà un'operazione militare, ma soltanto un'allegra e pacifica caccia ai barconi
Gian Micalessin - Dom, 17/05/2015 - 14:11
Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni potrebbe più proficuamente glissare.
Invece cerca di convincerci che il piano dell'Unione Europea per combattere il traffico d'uomini sulle coste libiche non sarà un'operazione militare, ma soltanto un'allegra e pacifica caccia ai barconi.
Per rassicurarci spiega al Corriere della Sera che la missione non prevede l'impiego di truppe di terra, ma solo un certosino lavoro d'intelligence per «individuare i trafficanti, le operazioni navali di sequestro e confisca in mare dei mezzi una volta salvati i migranti e incursioni mirate sulle coste».
Il piano presentato al Consiglio di Sicurezza non sarebbe, insomma, molto diverso dal capitolo militare della missione Mare Nostrum adottata a suo tempo dall'Italia senza chiedere alcun permesso all'Onu.
Anche la parte militare di quella missione prevedeva interventi per stanare i trafficanti di uomini e la possibilità di sbarchi di incursori sulle coste libiche per sequestrare i barconi.
Non a caso il 9 novembre 2013 la nave Aliseo aprì il fuoco contro una «nave madre» utilizzata dai trafficanti di uomini arrestando 16 scafisti e sequestrando l'imbarcazione.
Un'operazione messa a segno utilizzando un semplice decreto di sequestro emesso dalla procura di Catania.
Il problema stavolta è però ben più ampio.
I piani circolati all'interno del Comitato Militare dell'Unione Europea e approdati all'Onu prevedono operazioni molto più vaste e complesse di quanto non ci racconti Gentiloni.
Secondo fonti del Giornale a Bruxelles la missione richiederà un impiego costante di forze speciali e convenzionali sia sulle coste libiche, sia nei porti di Tunisia ed Egitto dove i trafficanti di uomini acquistano, registrano e tengono al sicuro i barconi.
Tra le «forze speciali» e quelle convenzionali pronte ad entrar in azione in caso di via libera dell'Onu vi sono i distaccamenti di «incursori» italiani del Comsubin e le squadre di marò del San Marco già a bordo della squadra navale spostata davanti alla Libia ai primi di marzo.
Squadra affiancata ora dalla nave da sbarco inglese Hms Bulwark con a bordo le unità dello «Special Boat Service» e dei Royal Marines.
Spetterà a queste unità italiane e inglesi penetrare insenature e porti utilizzati dai trafficanti di uomini per far saltare o «prelevare» le loro imbarcazioni.
Squadre specializzate nell'acquisizione obiettivi verranno utilizzate anche nella fase d'intelligence perché i droni, gli aerei senza pilota, non sono in grado - nonostante le sofisticate apparecchiature elettroniche - di garantire un'osservazione sufficientemente «discriminante» degli obbiettivi.
I piani Ue, messi a punto sulla falsariga dell'operazione anti pirateria Atalanta organizzata sulle coste della Somalia, prevedono dunque già inizialmente azioni molto più aggressive di quelle delineate da Gentiloni. Il peggio potrebbe però arrivare in una seconda fase.
Le incursioni contro i trafficanti di uomini, rischiano di degenerare in scontri con le entità politiche e militari che li appoggiano.
Proprio quest'eventualità rende essenziale la legittimità internazionale garantita da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
Uno scontro tra le unità incaricate di distruggere i barconi e le milizie della coalizione islamista che controlla le coste libiche dalla Tunisia sino a Misurata può facilmente accendere un vero e proprio conflitto armato.
Il mandato Onu sarebbe a quel punto essenziale per permettere un'immediata escalation militare e garantire il proseguimento delle operazioni.
Un'eventualità del genere non è - ovviamente - neppure ipotizzata all'interno degli scenari delineati da Gentiloni.
Il ministro degli Esteri, reduce da un incontro a Mosca in cui ha tentato di convincere il suo omologo russo della bontà dei piani europei, deve innanzitutto non allarmare la Russia.
Beffata nel 2011 quando la Nato usò la sua astensione per far cadere Gheddafi, tradita nel 2014 quando l'Europa l'ha combattuta con le sanzioni, Mosca è già tentata dall'opporre un secco niet al piano Ue.
Non avrebbe più esitazioni a farlo se Gentiloni raccontasse la verità.
Ovvero che quell'intervento rischia di trasformarsi in una vera guerra.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 29380.html
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Re: ARMIAMOCI E PARTITE-LA GUERRA LAMPO
Ma di Alfano ci si può fidare?????
"Accordo tra Isis e scafisti
per nascondere i terroristi"
Alfano: "Non abbiamo traccia"
Nico Di Giuseppe
Il consigliere governativo libico Abdul Basit Haroun alla Bbc: "L’Isis permette agli scafisti di operare in cambio di metà dei loro guadagni".
"I terroristi dell'Isis nascosti sui barconi dei migranti"
Il consigliere governativo libico Abdul Basit Haroun alla Bbc: "L’Isis permette agli scafisti di operare in cambio di metà dei loro guadagni". Sostieni il reportage
Nico Di Giuseppe - Dom, 17/05/2015 - 17:24
"I combattenti dell'Isis viaggiano sui barconi che attraversano il Mediterraneo". L'ennesimo allarme libico.
Il consigliere governativo libico Abdul Basit Haroun alla Bbc ha avvertito sul pericolo di infiltrazioni dei miliziani del Califfato.
Secondo il consigliere, che ha parlato con scafisti in zone del Nord Africa controllate dall’Isis, i trafficanti di uomini nascondo i miliziani tra i migranti.
Haroun ha inoltre indicato che i jihadisti stanno pianificando ulteriori attacchi in Europa. Quanto ai miliziani inviati in Europa sui barconi, secondo Haroun, l’Isis permette agli scafisti di operare in cambio di metà dei loro guadagni. L’Isis usa "i barconi per la sua gente che vuole mandare in Europa poiché la polizia europea non sa chi è dell’Isis e chi è un normale rifugiato", ha detto il consigliere durante un’intervista alla Bbc Radio 5. I miliziani, ha proseguito, occupano posti separati dagli altri migranti sui barconi, non temono la traversata e sono convinti aderenti dell’Isis.
"Fin qui non abbiamo traccia di presenze di terroristi sui barconi. Questo non significa che abbiamo abbassato la tensione e l’attenzione, che rimangono altissime su questo argomento, su questa problematica hanno indagato peraltro anche varie procure e non hanno trovato fin qui riscontri per cui noi speriamo che abbiano ragione le procure e che abbiano ragione i nostri, che hanno fatto tutte le valutazioni sul campo per dire che fin qui non c’è traccia.
Ma comunque questo ci porta ad essere egualmente attenti nella consapevolezza che non c’è un Paese a rischio zero e che dobbiamo stare veramente con un’allerta sempre alta", ha dichiarato il ministro dell'Interno, Angelino Alfano.
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/i-t ... 29411.html
"Accordo tra Isis e scafisti
per nascondere i terroristi"
Alfano: "Non abbiamo traccia"
Nico Di Giuseppe
Il consigliere governativo libico Abdul Basit Haroun alla Bbc: "L’Isis permette agli scafisti di operare in cambio di metà dei loro guadagni".
"I terroristi dell'Isis nascosti sui barconi dei migranti"
Il consigliere governativo libico Abdul Basit Haroun alla Bbc: "L’Isis permette agli scafisti di operare in cambio di metà dei loro guadagni". Sostieni il reportage
Nico Di Giuseppe - Dom, 17/05/2015 - 17:24
"I combattenti dell'Isis viaggiano sui barconi che attraversano il Mediterraneo". L'ennesimo allarme libico.
Il consigliere governativo libico Abdul Basit Haroun alla Bbc ha avvertito sul pericolo di infiltrazioni dei miliziani del Califfato.
Secondo il consigliere, che ha parlato con scafisti in zone del Nord Africa controllate dall’Isis, i trafficanti di uomini nascondo i miliziani tra i migranti.
Haroun ha inoltre indicato che i jihadisti stanno pianificando ulteriori attacchi in Europa. Quanto ai miliziani inviati in Europa sui barconi, secondo Haroun, l’Isis permette agli scafisti di operare in cambio di metà dei loro guadagni. L’Isis usa "i barconi per la sua gente che vuole mandare in Europa poiché la polizia europea non sa chi è dell’Isis e chi è un normale rifugiato", ha detto il consigliere durante un’intervista alla Bbc Radio 5. I miliziani, ha proseguito, occupano posti separati dagli altri migranti sui barconi, non temono la traversata e sono convinti aderenti dell’Isis.
"Fin qui non abbiamo traccia di presenze di terroristi sui barconi. Questo non significa che abbiamo abbassato la tensione e l’attenzione, che rimangono altissime su questo argomento, su questa problematica hanno indagato peraltro anche varie procure e non hanno trovato fin qui riscontri per cui noi speriamo che abbiano ragione le procure e che abbiano ragione i nostri, che hanno fatto tutte le valutazioni sul campo per dire che fin qui non c’è traccia.
Ma comunque questo ci porta ad essere egualmente attenti nella consapevolezza che non c’è un Paese a rischio zero e che dobbiamo stare veramente con un’allerta sempre alta", ha dichiarato il ministro dell'Interno, Angelino Alfano.
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/i-t ... 29411.html
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