E X P O 2015
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Re: E X P O 2015
Il Papa dà il benservito: "Non farò visita a Expo"
Già Matterella aveva fatto sapere che non sarà presente alla giornata di inaugurazione
Sergio Rame - Mar, 07/04/2015 - 16:02
L’Expo non dovrebbe vedere una visita diretta di papa Francesco.
A renderlo noto il presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo, Gianantonio Borgonovo, che ha riportato come più probabile un intervento indiretto del Pontefice.
Dopo la scelta del capo dello Stato Sergio Mattarella di non partecipare alla giornata di inaugurazione di Expo 2015, anche dal Vaticano arriva il benservito. "Non penso che il Santo padre verrà a Expo - ha detto monsignor Borgonovo - ma questo non vuol dire che non sarà presente". Il presidente della Veneranda ha, tuttavia, chiarito che il Santo Padre "si può fare presente in tanti modi" ipotizzando videomessaggi o l’invio di "mediatori".
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 13864.html
Già Matterella aveva fatto sapere che non sarà presente alla giornata di inaugurazione
Sergio Rame - Mar, 07/04/2015 - 16:02
L’Expo non dovrebbe vedere una visita diretta di papa Francesco.
A renderlo noto il presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo, Gianantonio Borgonovo, che ha riportato come più probabile un intervento indiretto del Pontefice.
Dopo la scelta del capo dello Stato Sergio Mattarella di non partecipare alla giornata di inaugurazione di Expo 2015, anche dal Vaticano arriva il benservito. "Non penso che il Santo padre verrà a Expo - ha detto monsignor Borgonovo - ma questo non vuol dire che non sarà presente". Il presidente della Veneranda ha, tuttavia, chiarito che il Santo Padre "si può fare presente in tanti modi" ipotizzando videomessaggi o l’invio di "mediatori".
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 13864.html
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Re: E X P O 2015
NELL'ERA DI DI BUFALA BILL II
EXPO, DALLA CINA SENZA FURORE LA BALLA DEL MILIONE DI TICKET
(Gianni Barbacetto e Marco Maroni)
07/04/2015 di triskel182
L’ANNUNCIO DI SALA, MA AL MINISTERO RISULTANO SOLO 13 MILA VISTI DA PECHINO.
Milano – Quasi 9 milioni di biglietti venduti, 5,5 milioni all’estero e ben 1 milione in Cina. Per il commissario Giuseppe Sala si tratta di un record, mai un’esposizione universale aveva raggiunto dati di prevendita così alti prima dell’apertura. Le previsioni di afflusso di turisti raccontano però un’altra storia. Secondo i dati del ministero degli Affari esteri, tra gennaio e marzo 2015 la rete dei consolati e delle ambasciate italiane all’estero ha trattato 346.056 pratiche di visto, il 16,8 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il dato cinese è in effetti in aumento: 87.839 visti nei primi tre mesi dell’anno rispetto ai 74.237 rilasciati nello stesso periodo dell’anno precedente: sono 13.602 visti in più. È un dato che va preso con qualche cautela poiché, come spiegano al ministero, il visto si può richiedere al massimo con tre mesi di anticipo rispetto alla partenza (solo da febbraio inoltrato quindi si possono ipotizzare le prime richieste legate all’Expo). Il volume di visti sembra comunque smentire la ressa all’acquisto di biglietti per l’esposizione. Per credere che un milione di cinesi sia corso a comprare i biglietti prima ancora di aver ottenuto il visto ci vuole insomma una buona dose d’ottimismo. La realtà è che i numeri sbandierati da Expo si riferiscono per lo più a biglietti piazzati a tour operator e broker, i quali devono poi cercare di rivenderli al pubblico. Che al momento non sembra entusiasta.
Del resto, nonostante i 50 e passa milioni spesi finora in comunicazione, l’Italia non ha brillato nella comunicazione dell’esposizione verso il Paese asiatico. Nessuna indicazione in lingua: il portale internet in mandarino lanciato nel 2010 è “in manutenzione” da più di un anno; il sito realizzato dal ministero per i Beni culturali e il turismo, dall’agghiacciante nome “verybello”, è solo in italiano e inglese; senza nemmeno un ideogramma è pure il portale principale dell’Ente nazionale per la promozione turistica, “italia.it ”.
UNA CONFERMA dello scarso entusiasmo che ha raccolto finora in Cina l’evento che dovrebbe mostrare il meglio dell’Italia è l’analisi fatta da Wonderful Expo, il sito turistico ufficiale di Expo 2015 (in collaborazione con un’agenzia di comunicazione digitale con sede in Cina), su più di 330 mila conversazioni sui social media e altre fonti utili per capire il grado di conoscenza e interesse del pubblico online cinese verso Expo 2015 e le connesse destinazioni turistiche. Ne verrebbe fuori che l’interesse è assai scarso, l’Italia è dietro alla Francia, che genera 1,4 volte più prenotazioni e oltre 2 volte più interesse e, come meta gastronomica, addirittura anche dietro all’Australia, che la supera di 1,9 volte per le prenotazioni , grazie all’immagine della cucina australiana sostenuta da una recente campagna globale costata 40 milioni di dollari australiani. Del resto, che al di là dei proclami la ressa per Expo 2015 non ci fosse l’avevano già constato gli albergatori. “Noi siamo ottimisti, ma la situazione degli alberghi è tale che sembra che Expo non ci sia”, ha detto il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, a margine di un convegno di
Confcommercio il 28 marzo scorso.
Expo dovrebbe ripagare gran parte dei costi di gestione dell’esposizione con i ricavi dalla vendita dei 24 milioni di biglietti ipotizzati dal management. I costi di gestione previsti sono di 800 mila euro: è chiaro che se i biglietti venduti saranno molti meno, questo sancirebbe l’Expoflop, oltre che un aggravio di spesa per chi paga le tasse.
Da Il Fatto Quotidiano del 07/04/2015.
EXPO, DALLA CINA SENZA FURORE LA BALLA DEL MILIONE DI TICKET
(Gianni Barbacetto e Marco Maroni)
07/04/2015 di triskel182
L’ANNUNCIO DI SALA, MA AL MINISTERO RISULTANO SOLO 13 MILA VISTI DA PECHINO.
Milano – Quasi 9 milioni di biglietti venduti, 5,5 milioni all’estero e ben 1 milione in Cina. Per il commissario Giuseppe Sala si tratta di un record, mai un’esposizione universale aveva raggiunto dati di prevendita così alti prima dell’apertura. Le previsioni di afflusso di turisti raccontano però un’altra storia. Secondo i dati del ministero degli Affari esteri, tra gennaio e marzo 2015 la rete dei consolati e delle ambasciate italiane all’estero ha trattato 346.056 pratiche di visto, il 16,8 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il dato cinese è in effetti in aumento: 87.839 visti nei primi tre mesi dell’anno rispetto ai 74.237 rilasciati nello stesso periodo dell’anno precedente: sono 13.602 visti in più. È un dato che va preso con qualche cautela poiché, come spiegano al ministero, il visto si può richiedere al massimo con tre mesi di anticipo rispetto alla partenza (solo da febbraio inoltrato quindi si possono ipotizzare le prime richieste legate all’Expo). Il volume di visti sembra comunque smentire la ressa all’acquisto di biglietti per l’esposizione. Per credere che un milione di cinesi sia corso a comprare i biglietti prima ancora di aver ottenuto il visto ci vuole insomma una buona dose d’ottimismo. La realtà è che i numeri sbandierati da Expo si riferiscono per lo più a biglietti piazzati a tour operator e broker, i quali devono poi cercare di rivenderli al pubblico. Che al momento non sembra entusiasta.
Del resto, nonostante i 50 e passa milioni spesi finora in comunicazione, l’Italia non ha brillato nella comunicazione dell’esposizione verso il Paese asiatico. Nessuna indicazione in lingua: il portale internet in mandarino lanciato nel 2010 è “in manutenzione” da più di un anno; il sito realizzato dal ministero per i Beni culturali e il turismo, dall’agghiacciante nome “verybello”, è solo in italiano e inglese; senza nemmeno un ideogramma è pure il portale principale dell’Ente nazionale per la promozione turistica, “italia.it ”.
UNA CONFERMA dello scarso entusiasmo che ha raccolto finora in Cina l’evento che dovrebbe mostrare il meglio dell’Italia è l’analisi fatta da Wonderful Expo, il sito turistico ufficiale di Expo 2015 (in collaborazione con un’agenzia di comunicazione digitale con sede in Cina), su più di 330 mila conversazioni sui social media e altre fonti utili per capire il grado di conoscenza e interesse del pubblico online cinese verso Expo 2015 e le connesse destinazioni turistiche. Ne verrebbe fuori che l’interesse è assai scarso, l’Italia è dietro alla Francia, che genera 1,4 volte più prenotazioni e oltre 2 volte più interesse e, come meta gastronomica, addirittura anche dietro all’Australia, che la supera di 1,9 volte per le prenotazioni , grazie all’immagine della cucina australiana sostenuta da una recente campagna globale costata 40 milioni di dollari australiani. Del resto, che al di là dei proclami la ressa per Expo 2015 non ci fosse l’avevano già constato gli albergatori. “Noi siamo ottimisti, ma la situazione degli alberghi è tale che sembra che Expo non ci sia”, ha detto il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, a margine di un convegno di
Confcommercio il 28 marzo scorso.
Expo dovrebbe ripagare gran parte dei costi di gestione dell’esposizione con i ricavi dalla vendita dei 24 milioni di biglietti ipotizzati dal management. I costi di gestione previsti sono di 800 mila euro: è chiaro che se i biglietti venduti saranno molti meno, questo sancirebbe l’Expoflop, oltre che un aggravio di spesa per chi paga le tasse.
Da Il Fatto Quotidiano del 07/04/2015.
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Re: E X P O 2015
Expo, Cantone: “Chiarimenti su Eataly. Perché a Farinetti 95% ricavi ristoranti?”
Lobby
Ecco la delibera dell'Autorità nazionale anticorruzione: dieci i punti caldi, a partire dalla scelta dell'azienda senza gara d'appalto e senza "una preventiva ricerca di mercato". Dubbi anche sulla ripartizione dei ricavi, stimati in 40 milioni di euro, di cui il 5% resterà alla società pubblica che organizza l'evento
di Davide Vecchi | 9 aprile 2015
Articolo + video
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04 ... i/1575259/
Lobby
Ecco la delibera dell'Autorità nazionale anticorruzione: dieci i punti caldi, a partire dalla scelta dell'azienda senza gara d'appalto e senza "una preventiva ricerca di mercato". Dubbi anche sulla ripartizione dei ricavi, stimati in 40 milioni di euro, di cui il 5% resterà alla società pubblica che organizza l'evento
di Davide Vecchi | 9 aprile 2015
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Re: E X P O 2015
Expo 2015, tre opere su quattro ancora incomplete e senza collaudi
A tredici giorni dall'apertura gli organizzatori ammettono: "Solo il 25% dei lavori è ultimato e non tutto sarà finito". Tre le incognite per l'apertura: le incompiute, la sicurezza, il dopo Expo. "Ma il 1 maggio l'inaugurazione è garantita". Intanto Mattarella diserterà la "prima"
di Gianni Barbacetto e Marco Maroni | 18 aprile 2015 COMMENTI
Meno 13. Mancano solo 13 giorni e poi i cancelli si apriranno per la manifestazione più celebrata, attesa, contrastata e discussa degli ultimi anni in Italia. “Expo 2015 sarà certamente inaugurata il primo maggio”, assicura Piero Galli, il direttore generale della divisione sales and entertainment. “Il tema del rinvio dell’inaugurazione non si pone proprio. Abbiamo già mandato gli inviti ai capi di Stato e alle istituzioni”. Già doverlo ribadire segnala però che “il tema del rinvio” è tutt’altro che campato per aria, visti i ritardi accumulati e le opere ancora non terminate. Certo, i cancelli dovranno essere aperti la mattina del 1 maggio. Expo, Milano e l’Italia non possono permettersi una figuraccia planetaria. Ma intanto il capo di Stato del Paese ospitante non ci sarà: Sergio Mattarella verrà a Milano il 25 aprile, per celebrare la Resistenza, e si terrà invece fuori dalle incertezze dell’esposizione universale. L’apertura, infatti, si farà, ma con tre incognite: le incompiute, la sicurezza, il dopo Expo.
Il cantiere eterno: perfino i giornali cinesi parlano di ritardi. Non tutto sarà finito
Tutto pronto, dice il commissario Expo Giuseppe Sala.
Ma l’expottimismo strategico dei vertici cozza perfino con i dati pubblicati sul sito ufficiale Openexpo. L’ultimo aggiornamento, del 10 aprile, dice che è finito solo il 25 per cento dei lavori di responsabilità di Expo (dunque tutto meno i padiglioni stranieri). Su 20 aree, sono ultimate solo quattro. E alcune aree, tra cui proprio Palazzo Italia e gli edifici del Cardo, sede delle eccellenze made in Italy, hanno ritardi ormai irrecuperabili per il 1 maggio. Saranno aperti, ma solo parzialmente.
Un brutto colpo lo hanno avuto anche gli industriali dell’associazione “Sistema Brescia per Expo”. Hanno “salvato” loro l’Albero della vita, il simbolo dell’esposizione che stava per essere archiviato per i costi troppo alti, per l’opaca gestione degli appalti e per l’arresto del responsabile dei lavori Antonio Acerbo. Il loro consorzio “Orgoglio Brescia” ha realizzato l’opera in poco più di tre mesi e mettendoci 3 milioni di euro, meno della metà del costo previsto. Però ora Expo ha comunicato che il 7 maggio non potranno celebrare la prima delle sei giornate dedicate a Brescia: perché gli spazi di Palazzo Italia non saranno pronti. Se ne riparla il 4 giugno. “Non c’è alcuna intenzione di rivalsa economica per il danno”, ha reagito il direttore di “Sistema Brescia”, Piero Costa, “a meno di ulteriori rinvii”. Che le cose nel cantiere non siano messe bene, del resto, lo hanno capito anche i cinesi (1 milione i visitatori attesi dalla Cina, anche se i visti richiesti tra gennaio e marzo erano solo 13 mila in più dell’anno scorso). Sentite che cosa scriveva quattro giorni fa il China Daily, quotidiano cinese in lingua inglese: “A meno di tre settimane dall’apertura dell’Expo Milano, il 1 maggio, il sito dell’evento è ancora una massa di camion che solleva polvere e di lavoratori con l’elmetto in corsa per finire le costruzioni tra ritardi, corruzioni e costi fuori controllo”.
Sicurezza: 1.200 militari, agenti e carabinieri Ma non c’è tempo per fare i test
Forse non si arriverà ai 29 milioni di ingressi promessi, ma comunque le persone che nei prossimi sei mesi entreranno nel sito Expo, tra visitatori e personale, saranno milioni. Questo pone due problemi nel campo della sicurezza. Il primo è connesso ai controlli e alla vigilanza. Dopo i morti al Palazzo di giustizia di Milano, ha fatto impressione sapere che l’azienda chi vigila sugli ingressi degli uffici giudiziari, la AllSystem, è la stessa che controlla gli accessi a Expo. Chi ha sparato a Milano era però entrato dall’unico accesso non controllato dalla AllSystem (che peraltro ha ottenuto un incarico che vale più di 2,3 milioni di euro con il metodo della “procedura ristretta semplificata”, che permetterebbe invece affidamenti per cifre non superiori al milione e mezzo: ma questa è un’altra storia). Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha comunque promesso che servizi segreti, polizia e carabinieri veglieranno su Expo, anzi hanno già cominciato a farlo, affiancati anche da 1.200 militari impegnati a Milano nell’operazione “Strade sicure”. E l’altroieri il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, presieduto dal prefetto Francesco Paolo Tronca, ha “disposto un’intensificazione massima degli interventi di prevenzione generale e di controllo del territorio”. Il secondo problema che attiene alla sicurezza di visitatori e lavoratori di Expo si chiama collaudi. L’esposizione è una grande macchina fatta di edifici stabili, edifici temporanei, strade, passerelle, tendoni, ristoranti, chioschi… Come ogni opera, pubblica e privata, dopo la fine dei lavori e prima di essere utilizzata deve essere collaudata. Con collaudi statici per gli edifici e per gli impianti, piuttosto complessi poiché ogni padiglione avrà elettricità, acqua calda e fredda, gas, scarichi, cucine. E perché ci sarà un grande afflusso di pubblico. Per i collaudi sarebbero necessario almeno un paio di mesi. Non ci sono. Anche perché molte opere non sono ancora finite. La soluzione trovata: l’autocertificazione, ogni oste dirà che il suo vino è buono. E poi incrociamo le dita, e niente gufi: speriamo che tutto funzioni e che Mercurio , il dio dai piedi alati del commercio e delle esposizioni, protegga Expo da incidenti e incendi.
Il dopo: nessuno, per ora, s’è fatto avanti per sviluppare l’area (deve sborsare 314 milioni)
È l’incognita più aperta: che cosa succederà dell’Expo dopo Expo? Chi vigilerà, nei mesi successivi all’esposizione, perché l’area non si trasformi in una landa desolata tipo “Fuga da New York”, occupata da senzatetto e disperati? Tra 13 giorni l’esposizione aprirà, ma ancora non si sa che cosa succederà dopo che i padiglioni saranno smontati. Con un problemino: non si è fatto avanti nessuno disposto a pagare i 314 milioni di euro necessari per assicurarsi la possibilità di “sviluppare” l’area (cioè costruirci su). La gara, nel novembre 2014, è andata deserta. Così non si sa chi pagherà a Comune di Milano e Regione Lombardia i 160 milioni (più oneri e interessi) messi sul piatto per comprare un’area privata: è il peccato originale di Expo, il primo realizzato su terreni non pubblici. Le banche che hanno prestato i soldi – Intesa, Popolare di Sondrio, Veneto Banca, Credito Bergamasco, Bpm e Imi – avrebbero voluto già cominciare a incassare le restituzioni del debito. Invece rischiano di restare con l’area sul groppone, a meno di provocare il fallimento di Comune e Regione. Il rettore della Statale di Milano, Gianluca Vago, vorrebbe farci la nuova Città Studi per le facoltà scientifiche: costo previsto 400 milioni. Gianfelice Rocca di Assolombarda ipotizza una Silicon Valley padana. Ma bisogna trovare i soldi: per le aree e per costruirci su. Dei 160 milioni per le aree, 45 dovrebbero andare nelle casse del “centauro”: la Fondazione Fiera che è, nello stesso tempo, venditrice (in quanto proprietaria iniziale di due terzi del terreno) e compratrice (in quanto socia di Expo spa). “Mi interessa che il governo entri e metta soldi”, dice chiaro il presidente della Regione Roberto Maroni. Il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris chiede “una forte regia pubblica”. Il ministro delegato a Expo, Maurizio Martina, e quello alle Infrastrutture, Graziano Delrio, stanno studiando il dossier e venerdì 24 aprile avranno un incontro per affrontare la questione. La speranza è che arrivi, con i suoi soldini, la Cassa depositi e prestiti, come la fata buona capace di dissolvere il cattivo sortilegio e garantire il lieto fine. Ma sarà dura anche per la magica creatura presieduta da Franco Bassanini.
Da Il Fatto Quotidiano del 18 aprile 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04 ... i/1603108/
A tredici giorni dall'apertura gli organizzatori ammettono: "Solo il 25% dei lavori è ultimato e non tutto sarà finito". Tre le incognite per l'apertura: le incompiute, la sicurezza, il dopo Expo. "Ma il 1 maggio l'inaugurazione è garantita". Intanto Mattarella diserterà la "prima"
di Gianni Barbacetto e Marco Maroni | 18 aprile 2015 COMMENTI
Meno 13. Mancano solo 13 giorni e poi i cancelli si apriranno per la manifestazione più celebrata, attesa, contrastata e discussa degli ultimi anni in Italia. “Expo 2015 sarà certamente inaugurata il primo maggio”, assicura Piero Galli, il direttore generale della divisione sales and entertainment. “Il tema del rinvio dell’inaugurazione non si pone proprio. Abbiamo già mandato gli inviti ai capi di Stato e alle istituzioni”. Già doverlo ribadire segnala però che “il tema del rinvio” è tutt’altro che campato per aria, visti i ritardi accumulati e le opere ancora non terminate. Certo, i cancelli dovranno essere aperti la mattina del 1 maggio. Expo, Milano e l’Italia non possono permettersi una figuraccia planetaria. Ma intanto il capo di Stato del Paese ospitante non ci sarà: Sergio Mattarella verrà a Milano il 25 aprile, per celebrare la Resistenza, e si terrà invece fuori dalle incertezze dell’esposizione universale. L’apertura, infatti, si farà, ma con tre incognite: le incompiute, la sicurezza, il dopo Expo.
Il cantiere eterno: perfino i giornali cinesi parlano di ritardi. Non tutto sarà finito
Tutto pronto, dice il commissario Expo Giuseppe Sala.
Ma l’expottimismo strategico dei vertici cozza perfino con i dati pubblicati sul sito ufficiale Openexpo. L’ultimo aggiornamento, del 10 aprile, dice che è finito solo il 25 per cento dei lavori di responsabilità di Expo (dunque tutto meno i padiglioni stranieri). Su 20 aree, sono ultimate solo quattro. E alcune aree, tra cui proprio Palazzo Italia e gli edifici del Cardo, sede delle eccellenze made in Italy, hanno ritardi ormai irrecuperabili per il 1 maggio. Saranno aperti, ma solo parzialmente.
Un brutto colpo lo hanno avuto anche gli industriali dell’associazione “Sistema Brescia per Expo”. Hanno “salvato” loro l’Albero della vita, il simbolo dell’esposizione che stava per essere archiviato per i costi troppo alti, per l’opaca gestione degli appalti e per l’arresto del responsabile dei lavori Antonio Acerbo. Il loro consorzio “Orgoglio Brescia” ha realizzato l’opera in poco più di tre mesi e mettendoci 3 milioni di euro, meno della metà del costo previsto. Però ora Expo ha comunicato che il 7 maggio non potranno celebrare la prima delle sei giornate dedicate a Brescia: perché gli spazi di Palazzo Italia non saranno pronti. Se ne riparla il 4 giugno. “Non c’è alcuna intenzione di rivalsa economica per il danno”, ha reagito il direttore di “Sistema Brescia”, Piero Costa, “a meno di ulteriori rinvii”. Che le cose nel cantiere non siano messe bene, del resto, lo hanno capito anche i cinesi (1 milione i visitatori attesi dalla Cina, anche se i visti richiesti tra gennaio e marzo erano solo 13 mila in più dell’anno scorso). Sentite che cosa scriveva quattro giorni fa il China Daily, quotidiano cinese in lingua inglese: “A meno di tre settimane dall’apertura dell’Expo Milano, il 1 maggio, il sito dell’evento è ancora una massa di camion che solleva polvere e di lavoratori con l’elmetto in corsa per finire le costruzioni tra ritardi, corruzioni e costi fuori controllo”.
Sicurezza: 1.200 militari, agenti e carabinieri Ma non c’è tempo per fare i test
Forse non si arriverà ai 29 milioni di ingressi promessi, ma comunque le persone che nei prossimi sei mesi entreranno nel sito Expo, tra visitatori e personale, saranno milioni. Questo pone due problemi nel campo della sicurezza. Il primo è connesso ai controlli e alla vigilanza. Dopo i morti al Palazzo di giustizia di Milano, ha fatto impressione sapere che l’azienda chi vigila sugli ingressi degli uffici giudiziari, la AllSystem, è la stessa che controlla gli accessi a Expo. Chi ha sparato a Milano era però entrato dall’unico accesso non controllato dalla AllSystem (che peraltro ha ottenuto un incarico che vale più di 2,3 milioni di euro con il metodo della “procedura ristretta semplificata”, che permetterebbe invece affidamenti per cifre non superiori al milione e mezzo: ma questa è un’altra storia). Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha comunque promesso che servizi segreti, polizia e carabinieri veglieranno su Expo, anzi hanno già cominciato a farlo, affiancati anche da 1.200 militari impegnati a Milano nell’operazione “Strade sicure”. E l’altroieri il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, presieduto dal prefetto Francesco Paolo Tronca, ha “disposto un’intensificazione massima degli interventi di prevenzione generale e di controllo del territorio”. Il secondo problema che attiene alla sicurezza di visitatori e lavoratori di Expo si chiama collaudi. L’esposizione è una grande macchina fatta di edifici stabili, edifici temporanei, strade, passerelle, tendoni, ristoranti, chioschi… Come ogni opera, pubblica e privata, dopo la fine dei lavori e prima di essere utilizzata deve essere collaudata. Con collaudi statici per gli edifici e per gli impianti, piuttosto complessi poiché ogni padiglione avrà elettricità, acqua calda e fredda, gas, scarichi, cucine. E perché ci sarà un grande afflusso di pubblico. Per i collaudi sarebbero necessario almeno un paio di mesi. Non ci sono. Anche perché molte opere non sono ancora finite. La soluzione trovata: l’autocertificazione, ogni oste dirà che il suo vino è buono. E poi incrociamo le dita, e niente gufi: speriamo che tutto funzioni e che Mercurio , il dio dai piedi alati del commercio e delle esposizioni, protegga Expo da incidenti e incendi.
Il dopo: nessuno, per ora, s’è fatto avanti per sviluppare l’area (deve sborsare 314 milioni)
È l’incognita più aperta: che cosa succederà dell’Expo dopo Expo? Chi vigilerà, nei mesi successivi all’esposizione, perché l’area non si trasformi in una landa desolata tipo “Fuga da New York”, occupata da senzatetto e disperati? Tra 13 giorni l’esposizione aprirà, ma ancora non si sa che cosa succederà dopo che i padiglioni saranno smontati. Con un problemino: non si è fatto avanti nessuno disposto a pagare i 314 milioni di euro necessari per assicurarsi la possibilità di “sviluppare” l’area (cioè costruirci su). La gara, nel novembre 2014, è andata deserta. Così non si sa chi pagherà a Comune di Milano e Regione Lombardia i 160 milioni (più oneri e interessi) messi sul piatto per comprare un’area privata: è il peccato originale di Expo, il primo realizzato su terreni non pubblici. Le banche che hanno prestato i soldi – Intesa, Popolare di Sondrio, Veneto Banca, Credito Bergamasco, Bpm e Imi – avrebbero voluto già cominciare a incassare le restituzioni del debito. Invece rischiano di restare con l’area sul groppone, a meno di provocare il fallimento di Comune e Regione. Il rettore della Statale di Milano, Gianluca Vago, vorrebbe farci la nuova Città Studi per le facoltà scientifiche: costo previsto 400 milioni. Gianfelice Rocca di Assolombarda ipotizza una Silicon Valley padana. Ma bisogna trovare i soldi: per le aree e per costruirci su. Dei 160 milioni per le aree, 45 dovrebbero andare nelle casse del “centauro”: la Fondazione Fiera che è, nello stesso tempo, venditrice (in quanto proprietaria iniziale di due terzi del terreno) e compratrice (in quanto socia di Expo spa). “Mi interessa che il governo entri e metta soldi”, dice chiaro il presidente della Regione Roberto Maroni. Il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris chiede “una forte regia pubblica”. Il ministro delegato a Expo, Maurizio Martina, e quello alle Infrastrutture, Graziano Delrio, stanno studiando il dossier e venerdì 24 aprile avranno un incontro per affrontare la questione. La speranza è che arrivi, con i suoi soldini, la Cassa depositi e prestiti, come la fata buona capace di dissolvere il cattivo sortilegio e garantire il lieto fine. Ma sarà dura anche per la magica creatura presieduta da Franco Bassanini.
Da Il Fatto Quotidiano del 18 aprile 2015
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Re: E X P O 2015
Expo, la tv svizzera annulla dirette web: “Disorganizzazione, troppe difficoltà”
Alla vigilia dell'inaugurazione, la complessità del sistema degli accrediti e della logistica costringe il portale tvsvizzera.it a gettare la spugna. Il responsabile Ceschina: "Avremmo dovuto lasciare attrezzature costose senza neppure una ricevuta né garanzie sul trattamento del materiale. Ma seguiremo comunque l'evento"
di Alessandro Madron | 29 aprile 2015
Le inefficienze di Expo non si fermano al cantiere. Anche l’organizzazione della comunicazione patisce pesanti carenze. Lo sanno bene al sito tvsvizzera.it, portale per il pubblico italofono nel mondo che appartiene alla galassia Rsi (la radiotelevisione svizzera italiana) costretto a gettare la spugna nell’organizzazione di un evento mediatico all’interno del padiglione della Svizzera l’11 e il 12 maggio.
A spiegarlo al fattoquotidiano.it è il responsabile del sito elvetico Gino Ceschina (qui il suo artocolo sul sito) che chiarisce l’assurda situazione con cui si è trovato a dover fare i conti: “Avevamo programmato un evento all’interno del padiglione svizzero di Expo – racconta – ma le difficoltà burocratiche e i problemi logistici a cui siamo andati incontro sono tali e tanti da averci costretto a rinunciare” Così l’evento previsto per quei giorni non ci sarà. “L’idea era quella di promuovere il nostro portale attraverso una serie di dirette – spiega ancora Ceschina -. Prima avevamo pensato ad un evento televisivo, poi abbiamo optato per una serie di dirette radiofoniche, pensando di ridurre la complessità dell’evento”.
Ma anche il downgrade volontario degli organizzatori che da un evento video sono passati ad un evento radiofonico, è servito a scongiurare la disfatta: “Dopo aver fatto tutti i passi necessari, nessuno ad Expo è stato in grado di fornirci sufficienti garanzie e risposte adeguate”. Il problema è di doppia natura. Il primo riguarda la complessità del sistema di accredito, che prevede il rilascio di permessi differenti per ciascun evento, con il ritiro in loco dei pass in orari prestabiliti e con preavvisi minimi, condizioni non sempre agevoli per chi arriva da lontano. Il secondo riguarda invece la gestione logistica. Come accade in molti grandi eventi, anche ad Expo la gestione dei trasporti dell’ultimo chilometro è affidata ad un unico operatore. Questo avviene per garantire la sicurezza ed evitare che al sito accedano persone e operatori sconosciuti: “Né Expo né DB Schenker (la società che si è aggiudicata l’appalto dell’handling interno ndr) sono stati in grado di fornirci sufficienti garanzie su come sarebbe stata trattata la nostra attrezzatura. Noi avremmo dovuto lasciare banchi di regia, microfoni e attrezzature tecnologiche costose senza sapere dove sarebbe finito questo materiale, senza avere una ricevuta e senza nemmeno avere piena certezza dei costi”.
E ancora: “Spesso non abbiamo ricevuto risposte e quando le abbiamo ricevute abbiamo trovato operatori imbranati o poco preparati. Non abbiamo nulla contro le persone, sia chiaro. Probabilmente loro stessi non sono stati messi in grado di lavorare al meglio”. Va da sé che la scelta è stata quella di abbandonare il progetto ad una manciata di giorni dal via: “Ci dispiace perché avevamo puntato molto su questa idea – conclude Ceschina -. Questo non significa che non ci occuperemo di Expo, certamente faremo il nostro lavoro di giornalisti, ma non potremo dare vita all’evento che avevamo studiato. Sono certo che i problemi di questi giorni verranno superati a breve e che altri media saranno più fortunati di noi che probabilmente abbiamo avuto problemi solo per il fatto di essere arrivati tra i primi a confrontarci con una struttura che ha bisogno di essere rodata e affinata”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04 ... a/1637545/
Alla vigilia dell'inaugurazione, la complessità del sistema degli accrediti e della logistica costringe il portale tvsvizzera.it a gettare la spugna. Il responsabile Ceschina: "Avremmo dovuto lasciare attrezzature costose senza neppure una ricevuta né garanzie sul trattamento del materiale. Ma seguiremo comunque l'evento"
di Alessandro Madron | 29 aprile 2015
Le inefficienze di Expo non si fermano al cantiere. Anche l’organizzazione della comunicazione patisce pesanti carenze. Lo sanno bene al sito tvsvizzera.it, portale per il pubblico italofono nel mondo che appartiene alla galassia Rsi (la radiotelevisione svizzera italiana) costretto a gettare la spugna nell’organizzazione di un evento mediatico all’interno del padiglione della Svizzera l’11 e il 12 maggio.
A spiegarlo al fattoquotidiano.it è il responsabile del sito elvetico Gino Ceschina (qui il suo artocolo sul sito) che chiarisce l’assurda situazione con cui si è trovato a dover fare i conti: “Avevamo programmato un evento all’interno del padiglione svizzero di Expo – racconta – ma le difficoltà burocratiche e i problemi logistici a cui siamo andati incontro sono tali e tanti da averci costretto a rinunciare” Così l’evento previsto per quei giorni non ci sarà. “L’idea era quella di promuovere il nostro portale attraverso una serie di dirette – spiega ancora Ceschina -. Prima avevamo pensato ad un evento televisivo, poi abbiamo optato per una serie di dirette radiofoniche, pensando di ridurre la complessità dell’evento”.
Ma anche il downgrade volontario degli organizzatori che da un evento video sono passati ad un evento radiofonico, è servito a scongiurare la disfatta: “Dopo aver fatto tutti i passi necessari, nessuno ad Expo è stato in grado di fornirci sufficienti garanzie e risposte adeguate”. Il problema è di doppia natura. Il primo riguarda la complessità del sistema di accredito, che prevede il rilascio di permessi differenti per ciascun evento, con il ritiro in loco dei pass in orari prestabiliti e con preavvisi minimi, condizioni non sempre agevoli per chi arriva da lontano. Il secondo riguarda invece la gestione logistica. Come accade in molti grandi eventi, anche ad Expo la gestione dei trasporti dell’ultimo chilometro è affidata ad un unico operatore. Questo avviene per garantire la sicurezza ed evitare che al sito accedano persone e operatori sconosciuti: “Né Expo né DB Schenker (la società che si è aggiudicata l’appalto dell’handling interno ndr) sono stati in grado di fornirci sufficienti garanzie su come sarebbe stata trattata la nostra attrezzatura. Noi avremmo dovuto lasciare banchi di regia, microfoni e attrezzature tecnologiche costose senza sapere dove sarebbe finito questo materiale, senza avere una ricevuta e senza nemmeno avere piena certezza dei costi”.
E ancora: “Spesso non abbiamo ricevuto risposte e quando le abbiamo ricevute abbiamo trovato operatori imbranati o poco preparati. Non abbiamo nulla contro le persone, sia chiaro. Probabilmente loro stessi non sono stati messi in grado di lavorare al meglio”. Va da sé che la scelta è stata quella di abbandonare il progetto ad una manciata di giorni dal via: “Ci dispiace perché avevamo puntato molto su questa idea – conclude Ceschina -. Questo non significa che non ci occuperemo di Expo, certamente faremo il nostro lavoro di giornalisti, ma non potremo dare vita all’evento che avevamo studiato. Sono certo che i problemi di questi giorni verranno superati a breve e che altri media saranno più fortunati di noi che probabilmente abbiamo avuto problemi solo per il fatto di essere arrivati tra i primi a confrontarci con una struttura che ha bisogno di essere rodata e affinata”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04 ... a/1637545/
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Re: E X P O 2015
domani è 1° maggio .
naturalmente quelli del PD festeggeranno il tradimento dei lavoratori abbuffandosi nei padiglioni dell’expo.
naturalmente quelli del PD festeggeranno il tradimento dei lavoratori abbuffandosi nei padiglioni dell’expo.
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Re: E X P O 2015
“Io, entrato all’Expo da un varco abusivo vi racconto l’ultimo giorno del cantiere”
(CORRADO ZUNINO)
30/04/2015 di triskel182
MILANO – Si scende a passi brevi e veloci una fascia ripida e si è dentro l’Expo 2015. L’evento — due giorni prima della sua naturale celebrazione — si apre con una melanzana rosa, una mela verde pallido e uno zucchino arancione. Tutto gigante, come nelle fiabe. Una tigre di carta è davanti alla frutta e alla verdura. Di carta, sì. Il cantiere più protetto del mondo è ancora vulnerabile. Davanti gli specchi deformanti, dietro di noi il varco, l’unico rimasto aperto: quattro metri quadrati di recinzione verde che un operaio ha tagliato per far entrare assi, tubi, listoni per i parquet. Non l’ha richiuso e ci ha regalato l’ingresso — senza pass — nel mondo delle fiabe.
Per arrivare al varco, l’ingresso abusivo, la falla nel bunker, è stato necessario circumnavigare di prima mattina i centodieci ettari della fiera mondiale ricavata sui terreni di Rho, estremo ovest di Milano, oltre Milano, passare davanti al carcere di Bollate con le finestre colorate e i cavalli in cortile, entrare in una delle tante fabbrichette — questa metallurgica — che confinano con l’Expo e scoprire lì il primo buco: l’accesso. Ancora, attraversare una strada calda d’asfalto appena versato ed ecco la discesa ripida. Siamo cento metri oltre il cargo 10, uno degli ingressi blindati a tre livelli: uomini dell’Expo, vigilanza privata, poi carabinieri. Venti metri prima del ponte 9, anche questo controllato, solo dagli uomini dell’esposizione in pettorina gialla. Corsi d’acqua, canali e laghi. Tanta acqua attorno al cantiere. Da questa prospettiva, che lascia alle spalle l’autostrada A8 e le villette bifamiliari di zingari integrati, il primo incontro è il Padiglione argentino. “Te alimenta”, dice. Ti nutre, secondo l’idea forte — Nutrire il pianeta — che ha dato vita al resto. Cilindri d’acciaio scendono all’esterno, negli stand che sono grandi saloni operai con pettorine e pass al collo trapanano e avvitano. Noi non abbiamo pettorina. Fuori si è lasciato il caos. Il racconto dell’Expo di fuori, per osmosi, ha fatto diventare anche l’esposizione un cantiere fuori controllo, senza tempi certi, senza regole. Anche adesso fuori, al cargo 8, due Tir si sono spiaccicati la faccia in un frontale fragoroso mentre un furgone che trasporta pezzi per gli Stati Uniti a ogni manovra fa saltare specchietti retrovisori alle auto in sosta. Fuori il ritardo è un affanno senza rimedio: il cantiere per il corridoio pedonale interrato, dalle ferrovie direttamente all’Expo, è solo uno slargo di fango. Non sarà pronto. La nuova uscita della metropolitana è sbarrata da una grata. Dentro, invece, ora che lo si può osservare, il caos è calmo. Ordinato, logico. Dentro siamo alle rifiniture, alle pulizie, ai com- puter in sala. Un altro miracolo italiano che si sta realizzando nelle ultime ore.
La grande sfera dell’Azerbaijan dice al mondo che con il petrolio del Caspio si può mostrare miracolo anche a Rho. Nel tunnel del Kazakhstan cinque ballerine già danzano per le prime missioni commerciali: nel 2017 sarà la capitale Astana a ospitare il bottegone. Il parco Darus Salam del Brunei, il prefabbricato in legno delle Isole Vanuatu, il Padiglione dell’acqua e poi l’Olanda, paese così piccolo che pure, giura un cartello, è il secondo esportatore di cibo al mondo. Sul tetto a spiovente degli olandesi, tappezzato a erba, è parcheggiato un trattore gigante.
Israele e la Santa Sede sono vicini e il Vaticano dice: «Non di solo pane», ma anche: «Dacci solo il nostro pane». Tutti vanno sfamati nel mondo, ma poi, tolta la fame, serve lo spirito. Giganteggia Palazzo Italia, ai suoi piedi la Calabria, la Toscana, ma la Terrazza Martini sarà presentata a festa già iniziata, che poi è il primo maggio. L’albero del pane, l’architettura centrale di tutta la fiera, è già un simbolo internazionale: l’altra sera hanno fatto le prove con fumi e raggi laser e hanno fermato il traffico autostradale. Per terra c’è legno, c’è marmo, c’è alabastro. L’area del Basso Mediterraneo è unita dal pavimento di resina colata color azzurro, come un campo di basket. Dentro lo stand della Giordania — forse il più piccolo — una lavoratrice a contratto annuale della Romeo spa sta lavando a terra. Racconta: «Ci hanno chiamato negli ultimi tre giorni, in massa. Lo chiamano contratto Expo, ma io prendo sempre gli stessi soldi: 16 mila euro lordi l’anno. Ottocento al mese. Non ho visto extra. Per venire a pulire parto da Saronno. Benzina, autostrada, quasi ci rimetto. Stiamo facendo una corsa senza sapere bene dove andare, non si trovano mai i responsabili. Corriamo, però non ci agitiamo».
I turchi hanno messo per intonaco esterno piastrelle blu, come i fondali delle piscine. Intorno hammam, pozze d’acqua per il ristoro. L’atmosfera da villaggio olimpico, un villaggio olimpico lussuoso, si spezza al logo della Coca Cola. Poi Alitalia, Tim, i grandi marchi che fanno le grandi opere. La Birra Moretti ha scelto di vivere, qui, dentro un enorme paiolo di rame. Molta polizia in giro, ma il percorso può proseguire verso lo scenografico Qatar.
Gli hanno costruito una reggia profonda cento metri con scale e cascate all’ingresso.
All’interno c’è già l’allestimento di frutta esotica e due ologrammi salutano quando arrivi e quando te ne vai. «Controlla le facce strane, gli operai che non hai mai visto», dice una pettorina gialla al giovane apprendista, «qui dentro non si deve rischiare nulla». Il copyright degli allestimenti quasi compiuti è già stato bruciato su Twitter: i mille e mille operai a cottimo, e anche qualche volontario a zero spese, stanno mandando i segreti in rete con i loro smartphone. «No photo, no photo», dice la signorina del Qatar, anche lei tigre di carta. L’Expo 2015 è poi una battaglia di architetti. Molte cose viste, molte vele, molti gusci, e il Pavillion dell’Iran — indietro, in verità — rimanda al Maxxi di Roma dell’irachena Zaha Hadid.
I giardini del Marocco ti portano alla bellissima promenade, una passeggiata sul legno che sale fino al Padiglione della Germania. Lì si fa già festa con il duo “Bee active”, le api attive. Chitarra e voce, un mood equo e sostenibile, si esibiscono in una grotta del futuro: stalagmiti fucsia e televisori volanti che sembrano gli occhi di un mostro. Il pubblico partecipa, batte le mani, bela e muggisce. Nessuno chiede nulla, nessuna faccia è sospetta. Sono passate quattro ore, si torna al varco. È ancora lì.
Da La Repubblica del 30/04/2015.
(CORRADO ZUNINO)
30/04/2015 di triskel182
MILANO – Si scende a passi brevi e veloci una fascia ripida e si è dentro l’Expo 2015. L’evento — due giorni prima della sua naturale celebrazione — si apre con una melanzana rosa, una mela verde pallido e uno zucchino arancione. Tutto gigante, come nelle fiabe. Una tigre di carta è davanti alla frutta e alla verdura. Di carta, sì. Il cantiere più protetto del mondo è ancora vulnerabile. Davanti gli specchi deformanti, dietro di noi il varco, l’unico rimasto aperto: quattro metri quadrati di recinzione verde che un operaio ha tagliato per far entrare assi, tubi, listoni per i parquet. Non l’ha richiuso e ci ha regalato l’ingresso — senza pass — nel mondo delle fiabe.
Per arrivare al varco, l’ingresso abusivo, la falla nel bunker, è stato necessario circumnavigare di prima mattina i centodieci ettari della fiera mondiale ricavata sui terreni di Rho, estremo ovest di Milano, oltre Milano, passare davanti al carcere di Bollate con le finestre colorate e i cavalli in cortile, entrare in una delle tante fabbrichette — questa metallurgica — che confinano con l’Expo e scoprire lì il primo buco: l’accesso. Ancora, attraversare una strada calda d’asfalto appena versato ed ecco la discesa ripida. Siamo cento metri oltre il cargo 10, uno degli ingressi blindati a tre livelli: uomini dell’Expo, vigilanza privata, poi carabinieri. Venti metri prima del ponte 9, anche questo controllato, solo dagli uomini dell’esposizione in pettorina gialla. Corsi d’acqua, canali e laghi. Tanta acqua attorno al cantiere. Da questa prospettiva, che lascia alle spalle l’autostrada A8 e le villette bifamiliari di zingari integrati, il primo incontro è il Padiglione argentino. “Te alimenta”, dice. Ti nutre, secondo l’idea forte — Nutrire il pianeta — che ha dato vita al resto. Cilindri d’acciaio scendono all’esterno, negli stand che sono grandi saloni operai con pettorine e pass al collo trapanano e avvitano. Noi non abbiamo pettorina. Fuori si è lasciato il caos. Il racconto dell’Expo di fuori, per osmosi, ha fatto diventare anche l’esposizione un cantiere fuori controllo, senza tempi certi, senza regole. Anche adesso fuori, al cargo 8, due Tir si sono spiaccicati la faccia in un frontale fragoroso mentre un furgone che trasporta pezzi per gli Stati Uniti a ogni manovra fa saltare specchietti retrovisori alle auto in sosta. Fuori il ritardo è un affanno senza rimedio: il cantiere per il corridoio pedonale interrato, dalle ferrovie direttamente all’Expo, è solo uno slargo di fango. Non sarà pronto. La nuova uscita della metropolitana è sbarrata da una grata. Dentro, invece, ora che lo si può osservare, il caos è calmo. Ordinato, logico. Dentro siamo alle rifiniture, alle pulizie, ai com- puter in sala. Un altro miracolo italiano che si sta realizzando nelle ultime ore.
La grande sfera dell’Azerbaijan dice al mondo che con il petrolio del Caspio si può mostrare miracolo anche a Rho. Nel tunnel del Kazakhstan cinque ballerine già danzano per le prime missioni commerciali: nel 2017 sarà la capitale Astana a ospitare il bottegone. Il parco Darus Salam del Brunei, il prefabbricato in legno delle Isole Vanuatu, il Padiglione dell’acqua e poi l’Olanda, paese così piccolo che pure, giura un cartello, è il secondo esportatore di cibo al mondo. Sul tetto a spiovente degli olandesi, tappezzato a erba, è parcheggiato un trattore gigante.
Israele e la Santa Sede sono vicini e il Vaticano dice: «Non di solo pane», ma anche: «Dacci solo il nostro pane». Tutti vanno sfamati nel mondo, ma poi, tolta la fame, serve lo spirito. Giganteggia Palazzo Italia, ai suoi piedi la Calabria, la Toscana, ma la Terrazza Martini sarà presentata a festa già iniziata, che poi è il primo maggio. L’albero del pane, l’architettura centrale di tutta la fiera, è già un simbolo internazionale: l’altra sera hanno fatto le prove con fumi e raggi laser e hanno fermato il traffico autostradale. Per terra c’è legno, c’è marmo, c’è alabastro. L’area del Basso Mediterraneo è unita dal pavimento di resina colata color azzurro, come un campo di basket. Dentro lo stand della Giordania — forse il più piccolo — una lavoratrice a contratto annuale della Romeo spa sta lavando a terra. Racconta: «Ci hanno chiamato negli ultimi tre giorni, in massa. Lo chiamano contratto Expo, ma io prendo sempre gli stessi soldi: 16 mila euro lordi l’anno. Ottocento al mese. Non ho visto extra. Per venire a pulire parto da Saronno. Benzina, autostrada, quasi ci rimetto. Stiamo facendo una corsa senza sapere bene dove andare, non si trovano mai i responsabili. Corriamo, però non ci agitiamo».
I turchi hanno messo per intonaco esterno piastrelle blu, come i fondali delle piscine. Intorno hammam, pozze d’acqua per il ristoro. L’atmosfera da villaggio olimpico, un villaggio olimpico lussuoso, si spezza al logo della Coca Cola. Poi Alitalia, Tim, i grandi marchi che fanno le grandi opere. La Birra Moretti ha scelto di vivere, qui, dentro un enorme paiolo di rame. Molta polizia in giro, ma il percorso può proseguire verso lo scenografico Qatar.
Gli hanno costruito una reggia profonda cento metri con scale e cascate all’ingresso.
All’interno c’è già l’allestimento di frutta esotica e due ologrammi salutano quando arrivi e quando te ne vai. «Controlla le facce strane, gli operai che non hai mai visto», dice una pettorina gialla al giovane apprendista, «qui dentro non si deve rischiare nulla». Il copyright degli allestimenti quasi compiuti è già stato bruciato su Twitter: i mille e mille operai a cottimo, e anche qualche volontario a zero spese, stanno mandando i segreti in rete con i loro smartphone. «No photo, no photo», dice la signorina del Qatar, anche lei tigre di carta. L’Expo 2015 è poi una battaglia di architetti. Molte cose viste, molte vele, molti gusci, e il Pavillion dell’Iran — indietro, in verità — rimanda al Maxxi di Roma dell’irachena Zaha Hadid.
I giardini del Marocco ti portano alla bellissima promenade, una passeggiata sul legno che sale fino al Padiglione della Germania. Lì si fa già festa con il duo “Bee active”, le api attive. Chitarra e voce, un mood equo e sostenibile, si esibiscono in una grotta del futuro: stalagmiti fucsia e televisori volanti che sembrano gli occhi di un mostro. Il pubblico partecipa, batte le mani, bela e muggisce. Nessuno chiede nulla, nessuna faccia è sospetta. Sono passate quattro ore, si torna al varco. È ancora lì.
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Re: E X P O 2015
Milano, Expo: lo schiaffo di Renzi a Prodi. Per lui niente ringraziamenti
Diretta social - video - padiglioni - vip
I ringraziamenti speciali del premier a Letizia Moratti e Giorgio Napolitano. Ma non una parola per Romano Prodi, il premier che aveva candidato Milano all’Expo
di Rossella Verga
Articolo + video
http://milano.corriere.it/notizie/crona ... 94ab.shtml
Diretta social - video - padiglioni - vip
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Re: E X P O 2015
E' da mo' che si doveva intervenire in questa direzione. Un pò tardi, ma con un pò pazienza e con un pò di fede, alla fine qualche italiano intelligente prima o poi emerge.
Ovviamente è sempre la categoria comici o vignettisti ad accorgesene, per via della professione sono costretti a seguire gli eventi sociali ad osservare cosa succede.
L’alimentazione
(Giannelli)
03/05/2015 di triskel182
[img]
https://triskel182.files.wordpress.com/ ... .jpg?w=500[/img]
Ovviamente è sempre la categoria comici o vignettisti ad accorgesene, per via della professione sono costretti a seguire gli eventi sociali ad osservare cosa succede.
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Re: E X P O 2015
E' TORNATO IL MINCULPOP
E poi dicono che non siamo sotto il fascismo degli anni 2000.
Expo2015, ottimista a cottimo su Twitter. A 250mila euro per due anni e mezzo
Expo 2015
L'hashtag è #expottimisti, stesso titolo di un libro che ha pubblicato sulla manifestazione milanese. Giacomo Biraghi, ex collaboratore di un assessore ciellino della giunta Moratti, ammette: "Expo mi ha affidato un incarico di pubbliche relazioni da luglio 2014 a ottobre 2015 da 90 mila euro, Camera di Commercio me ne dà 160mila”
di Gianni Barbacetto | 12 giugno 2015
L’inesauribile commedia italiana ha conosciuto la figura professionale dello iettatore, che cercava di far soldi con la sua nomea di menagramo. Oggi si arricchisce e s’aggiorna con l’ingresso in scena della figura (opposta ma simmetrica) dell’ottimista, che spreme soldi – nell’era berlusconian-renziana del pensare positivo – dalla recita dell’ottimismo. Per la precisione, dell’expottimismo. A gettone, come avrebbe voluto lo iettatore di Pirandello che pretendeva la patente da menagramo.
Tal Giacomo Biraghi da Milano la patente di expottimista è riuscito a farsela dare. “La Camera di Commercio”, ammette, “mi ha pagato 160 mila euro lordi per un lavoro di due anni e mezzo”. Non basta: “Expo mi ha affidato un incarico di pubbliche relazioni da luglio 2014 a ottobre 2015 di 90 mila euro”. Fanno 250 mila euro: in effetti, c’è di che essere ottimisti.
Lui lo fa twittando come un forsennato per far passare sui social un’immagine positiva di Expo.
E scrivendo un libello agiografico che intitola appunto: Expottimisti. Tutto quello che dovreste sapere sull’Expo 2015 e non sapete a chi chiedere. In quelle veloci paginette, tutte schede e infografica, promette cose mirabolanti che fanno bene al cuore. Purtroppo non realizzate. Tipo che “il volume d’affari generato corrisponderà a un’occupazione aggiuntiva di 191 mila unità di lavoro annue attivate dall’evento”. O che “nel lungo periodo l’Italia beneficerà di 6,2 miliardi di euro di produzione in più” e che “le nuove imprese generate da Expo 2015 saranno più di 10 mila”. Con questa valigia di promesse, parte come Totò per un giro d’Italia in cento tappe – sempre a spese di Expo (a proposito: quanto è costato?). Niente di grave, è la propaganda ai tempi dei social. Basta saperlo. Lui invece fa un po’ il furbo, recitando in pubblico la parte dell’expottimista convinto per ragioni ideali.
Pubblicità
Da dove piove questo Biraghi, ottimista a cottimo? Aveva già lavorato nella squadra dell’assessore all’Urbanistica di Letizia Moratti, il ciellino Carlo Masseroli, quello che con il suo nuovo piano del territorio voleva cementificare Milano. Con l’arrivo del sindaco Giuliano Pisapia, Masseroli è andato a casa e il Biraghi ha perso il posto. Niente paura: si è dato tutto alla stampa e propaganda. Ottimista a tempo pieno. Cantore a gettone delle meraviglie di Expo. Un paio di giorni prima dell’apertura dell’esposizione ha convocato in un locale di Milano “tutti noi che da Expo siamo presi bene” (ehi raga, notato il lessico molto social?), promettendo aperitivo libero.
Poi, per finire in bellezza e mostrare che si è meritata la paga, a inizio giugno ha fatto una festa dentro il sito, nello spazio di Slow Food. Ottocento invitati e tanti sorrisi. Paga sempre Expo. A proposito: quanto? Fatta una gara per scegliere l’expottimista? Raffaele Cantone è stato avvisato?
Spiace dirlo, ma il risultato di tutto ’sto ottimismo non è un granché: una AdnKronos del 12 maggio ci informa che il “web sentiment” di Expo, cioè la reputazione online dell’evento, è negativa al 44 per cento, positiva solo al 13 e neutra al 43. Il ragazzo si è applicato, ma non è riuscito a ottenere buoni voti. Tra qualche mese, Expo sarà finita. Diamogli un’altra chance. Non facciamolo entrare in depressione. Facciamolo lavorare: troviamogli un posto da MoseOttimista, o TavOttimista, o PonteSulloStrettoOttimista, o MafiaCapitaleOttimista. Basta gufi, facciamo crescere il Pil.
Da Il Fatto Quotidiano del 12 giugno 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... o/1773282/
E poi dicono che non siamo sotto il fascismo degli anni 2000.
Expo2015, ottimista a cottimo su Twitter. A 250mila euro per due anni e mezzo
Expo 2015
L'hashtag è #expottimisti, stesso titolo di un libro che ha pubblicato sulla manifestazione milanese. Giacomo Biraghi, ex collaboratore di un assessore ciellino della giunta Moratti, ammette: "Expo mi ha affidato un incarico di pubbliche relazioni da luglio 2014 a ottobre 2015 da 90 mila euro, Camera di Commercio me ne dà 160mila”
di Gianni Barbacetto | 12 giugno 2015
L’inesauribile commedia italiana ha conosciuto la figura professionale dello iettatore, che cercava di far soldi con la sua nomea di menagramo. Oggi si arricchisce e s’aggiorna con l’ingresso in scena della figura (opposta ma simmetrica) dell’ottimista, che spreme soldi – nell’era berlusconian-renziana del pensare positivo – dalla recita dell’ottimismo. Per la precisione, dell’expottimismo. A gettone, come avrebbe voluto lo iettatore di Pirandello che pretendeva la patente da menagramo.
Tal Giacomo Biraghi da Milano la patente di expottimista è riuscito a farsela dare. “La Camera di Commercio”, ammette, “mi ha pagato 160 mila euro lordi per un lavoro di due anni e mezzo”. Non basta: “Expo mi ha affidato un incarico di pubbliche relazioni da luglio 2014 a ottobre 2015 di 90 mila euro”. Fanno 250 mila euro: in effetti, c’è di che essere ottimisti.
Lui lo fa twittando come un forsennato per far passare sui social un’immagine positiva di Expo.
E scrivendo un libello agiografico che intitola appunto: Expottimisti. Tutto quello che dovreste sapere sull’Expo 2015 e non sapete a chi chiedere. In quelle veloci paginette, tutte schede e infografica, promette cose mirabolanti che fanno bene al cuore. Purtroppo non realizzate. Tipo che “il volume d’affari generato corrisponderà a un’occupazione aggiuntiva di 191 mila unità di lavoro annue attivate dall’evento”. O che “nel lungo periodo l’Italia beneficerà di 6,2 miliardi di euro di produzione in più” e che “le nuove imprese generate da Expo 2015 saranno più di 10 mila”. Con questa valigia di promesse, parte come Totò per un giro d’Italia in cento tappe – sempre a spese di Expo (a proposito: quanto è costato?). Niente di grave, è la propaganda ai tempi dei social. Basta saperlo. Lui invece fa un po’ il furbo, recitando in pubblico la parte dell’expottimista convinto per ragioni ideali.
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Da dove piove questo Biraghi, ottimista a cottimo? Aveva già lavorato nella squadra dell’assessore all’Urbanistica di Letizia Moratti, il ciellino Carlo Masseroli, quello che con il suo nuovo piano del territorio voleva cementificare Milano. Con l’arrivo del sindaco Giuliano Pisapia, Masseroli è andato a casa e il Biraghi ha perso il posto. Niente paura: si è dato tutto alla stampa e propaganda. Ottimista a tempo pieno. Cantore a gettone delle meraviglie di Expo. Un paio di giorni prima dell’apertura dell’esposizione ha convocato in un locale di Milano “tutti noi che da Expo siamo presi bene” (ehi raga, notato il lessico molto social?), promettendo aperitivo libero.
Poi, per finire in bellezza e mostrare che si è meritata la paga, a inizio giugno ha fatto una festa dentro il sito, nello spazio di Slow Food. Ottocento invitati e tanti sorrisi. Paga sempre Expo. A proposito: quanto? Fatta una gara per scegliere l’expottimista? Raffaele Cantone è stato avvisato?
Spiace dirlo, ma il risultato di tutto ’sto ottimismo non è un granché: una AdnKronos del 12 maggio ci informa che il “web sentiment” di Expo, cioè la reputazione online dell’evento, è negativa al 44 per cento, positiva solo al 13 e neutra al 43. Il ragazzo si è applicato, ma non è riuscito a ottenere buoni voti. Tra qualche mese, Expo sarà finita. Diamogli un’altra chance. Non facciamolo entrare in depressione. Facciamolo lavorare: troviamogli un posto da MoseOttimista, o TavOttimista, o PonteSulloStrettoOttimista, o MafiaCapitaleOttimista. Basta gufi, facciamo crescere il Pil.
Da Il Fatto Quotidiano del 12 giugno 2015
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