Francesco un papa ...Cristiano!
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
LA STORIA SI RIPETE
Prima o poi qualcuno arriverà a tappargli la bocca, come già avvenuto in Palestina 2.000 anni fa.
Su questo pianeta non si può dire la verità.
Un conto é se ce la diciamo tra noi, e un'altro conto è se ad aprire gli occhi al mondo è il numero una della chiesa cattolica.
^^^^^
Papa Francesco: “Potenti non vogliono la pace, vivono grazie all’industria di armi”
L'appello del Pontefice davanti ai settemila bambini della Fabbrica della Pace: "La cupidigia ci fa tanto male. La voglia di avere sempre più denaro. Un anziano che ho conosciuto anni fa diceva che 'il diavolo entra per i portafogli'"
di Francesco Antonio Grana | 11 maggio 2015
“Tante persone potenti non vogliono la pace perché vivono delle guerre attraverso l’industria delle armi”. È la denuncia di Papa Francesco che oggi ha risposto alle tredici domande, nell’aula Paolo VI in Vaticano, di alcuni dei 7mila bambini della Fabbrica della pace. All’incontro, tra gli altri, era presente anche Emma Bonino, invitata personalmente dal Pontefice. “È grave – ha spiegato Bergoglio – che alcuni potenti guadagnino la vita con la fabbrica delle armi. È l’industria della morte, e si guadagna perché vendono le armi ai Paesi che sono in guerra tra loro“. Francesco ha invitato i bambini a ripetere insieme con lui più volte che “dove non c’è la giustizia non c’è la pace”. “Tutti – ha spiegato Bergoglio – siamo uguali, ma non ci riconoscono questa uguaglianza. Tutti abbiamo gli stessi diritti. E se in qualche parte del mondo non vediamo questa cosa vuol dire che lì c’è ingiustizia”.
Il Papa ha sottolineato che “la pace non è un prodotto industriale, ma qualcosa di artigianale che si costruisce ogni giorno facendo passi in avanti perché nel mondo ci sia la giustizia, perché non ci siano bambini affamati e ammalati che non possono essere nutriti e curati”. Ma Bergoglio ha puntato anche il dito contro “il sistema economico che non gira intorno al denaro, ma alla persona”. Per Francesco, infatti, “la cupidigia ci fa tanto male. La voglia di avere sempre più denaro. Un anziano che ho conosciuto anni fa diceva che ‘il diavolo entra per i portafogli‘”.
Nuovo appello, inoltre, in favore dei carcerati e in particolare di coloro che sono condannati all’ergastolo, per Bergoglio una vera e propria “pena di morte”. “Quando vi dicono che una persona è in carcere – ha spiegato ai bambini presenti – pensate che anche voi potete fare gli stessi sbagli. Non condannate mai! Risolvere i problemi con la soluzione del carcere è la cosa più comoda per dimenticare la persona che soffre. Non bisogna – ha sottolineato il Papa – condannare a morte una persona che ha sbagliato con l’ergastolo. È più facile riempire le carceri che aiutare chi ha sbagliato nella vita. È questo è il significato del perdono: aiutare chi ha sbagliato a reinserirsi nella società. Come recita una canzone degli alpini: ‘L’importante non è non cadere, ma non rimanere caduti'”.
Francesco non solo ha condannato più volte la pena dell’ergastolo, ma ha anche sensibilizzato la società a lavorare per il reinserimento dei detenuti. In oltre due anni di pontificato sono già nove gli interventi del Papa in loro favore, tutti raccolti nel volume “Anche il Signore è un carcerato” (Libreria editrice vaticana), curato da don Giuseppe Merola. Bergoglio ha anche sottolineato che “non c’è risposta alla sofferenza dei bambini”, precisando che a lui “non piace dire che un ragazzo è disabile, ma che ha una abilità differente”.
Sulla sua stanchezza Francesco ha confessato che “tante volte vorrei riposarmi un po’ di più, ma stare con la gente non toglie la pace. Quella la toglie il non volerci bene. Anche io – ha aggiunto il Papa – ho litigato tante volte. E anche adesso mi riscaldo un po’, ma cerco sempre di fare la pace e non arrabbiarmi con nessuno”. Prima dell’udienza con i bambini in aula Paolo VI, Bergoglio, nella messa mattutina di Casa Santa Marta, aveva denunciato che “anche oggi c’è chi uccide i cristiani credendo di rendere culto a Dio”. E aveva ricordato il colloquio telefonico avuto con il patriarca copto Tawadros in cui ha espresso il suo dolore per “i suoi fedeli, che sono stati sgozzati sulla spiaggia perché cristiani”. Per il Papa questo è “l’ecumenismo del sangue”.
Twitter: @FrancescoGrana
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05 ... i/1672015/
Prima o poi qualcuno arriverà a tappargli la bocca, come già avvenuto in Palestina 2.000 anni fa.
Su questo pianeta non si può dire la verità.
Un conto é se ce la diciamo tra noi, e un'altro conto è se ad aprire gli occhi al mondo è il numero una della chiesa cattolica.
^^^^^
Papa Francesco: “Potenti non vogliono la pace, vivono grazie all’industria di armi”
L'appello del Pontefice davanti ai settemila bambini della Fabbrica della Pace: "La cupidigia ci fa tanto male. La voglia di avere sempre più denaro. Un anziano che ho conosciuto anni fa diceva che 'il diavolo entra per i portafogli'"
di Francesco Antonio Grana | 11 maggio 2015
“Tante persone potenti non vogliono la pace perché vivono delle guerre attraverso l’industria delle armi”. È la denuncia di Papa Francesco che oggi ha risposto alle tredici domande, nell’aula Paolo VI in Vaticano, di alcuni dei 7mila bambini della Fabbrica della pace. All’incontro, tra gli altri, era presente anche Emma Bonino, invitata personalmente dal Pontefice. “È grave – ha spiegato Bergoglio – che alcuni potenti guadagnino la vita con la fabbrica delle armi. È l’industria della morte, e si guadagna perché vendono le armi ai Paesi che sono in guerra tra loro“. Francesco ha invitato i bambini a ripetere insieme con lui più volte che “dove non c’è la giustizia non c’è la pace”. “Tutti – ha spiegato Bergoglio – siamo uguali, ma non ci riconoscono questa uguaglianza. Tutti abbiamo gli stessi diritti. E se in qualche parte del mondo non vediamo questa cosa vuol dire che lì c’è ingiustizia”.
Il Papa ha sottolineato che “la pace non è un prodotto industriale, ma qualcosa di artigianale che si costruisce ogni giorno facendo passi in avanti perché nel mondo ci sia la giustizia, perché non ci siano bambini affamati e ammalati che non possono essere nutriti e curati”. Ma Bergoglio ha puntato anche il dito contro “il sistema economico che non gira intorno al denaro, ma alla persona”. Per Francesco, infatti, “la cupidigia ci fa tanto male. La voglia di avere sempre più denaro. Un anziano che ho conosciuto anni fa diceva che ‘il diavolo entra per i portafogli‘”.
Nuovo appello, inoltre, in favore dei carcerati e in particolare di coloro che sono condannati all’ergastolo, per Bergoglio una vera e propria “pena di morte”. “Quando vi dicono che una persona è in carcere – ha spiegato ai bambini presenti – pensate che anche voi potete fare gli stessi sbagli. Non condannate mai! Risolvere i problemi con la soluzione del carcere è la cosa più comoda per dimenticare la persona che soffre. Non bisogna – ha sottolineato il Papa – condannare a morte una persona che ha sbagliato con l’ergastolo. È più facile riempire le carceri che aiutare chi ha sbagliato nella vita. È questo è il significato del perdono: aiutare chi ha sbagliato a reinserirsi nella società. Come recita una canzone degli alpini: ‘L’importante non è non cadere, ma non rimanere caduti'”.
Francesco non solo ha condannato più volte la pena dell’ergastolo, ma ha anche sensibilizzato la società a lavorare per il reinserimento dei detenuti. In oltre due anni di pontificato sono già nove gli interventi del Papa in loro favore, tutti raccolti nel volume “Anche il Signore è un carcerato” (Libreria editrice vaticana), curato da don Giuseppe Merola. Bergoglio ha anche sottolineato che “non c’è risposta alla sofferenza dei bambini”, precisando che a lui “non piace dire che un ragazzo è disabile, ma che ha una abilità differente”.
Sulla sua stanchezza Francesco ha confessato che “tante volte vorrei riposarmi un po’ di più, ma stare con la gente non toglie la pace. Quella la toglie il non volerci bene. Anche io – ha aggiunto il Papa – ho litigato tante volte. E anche adesso mi riscaldo un po’, ma cerco sempre di fare la pace e non arrabbiarmi con nessuno”. Prima dell’udienza con i bambini in aula Paolo VI, Bergoglio, nella messa mattutina di Casa Santa Marta, aveva denunciato che “anche oggi c’è chi uccide i cristiani credendo di rendere culto a Dio”. E aveva ricordato il colloquio telefonico avuto con il patriarca copto Tawadros in cui ha espresso il suo dolore per “i suoi fedeli, che sono stati sgozzati sulla spiaggia perché cristiani”. Per il Papa questo è “l’ecumenismo del sangue”.
Twitter: @FrancescoGrana
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05 ... i/1672015/
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
La vox populi
cappuccettorosso • 17 minuti fa
non solo i potenti vivono su industria armi...anche gli stati con i loro politici........
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luca scaglioni • 31 minuti fa
Tutto giusto, a parte dire queste cose insieme all'"amerikana" Bonino, che ha appoggiato tutte le guerre dello zio Sam...
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Rorschach • 34 minuti fa
"non condannate mai". E' una parola, è la cosa più difficile del mondo.
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thomas köhler • 35 minuti fa
Solo il Papa ha questo coraggio
sei grande
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cappuccettorosso • 17 minuti fa
non solo i potenti vivono su industria armi...anche gli stati con i loro politici........
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luca scaglioni • 31 minuti fa
Tutto giusto, a parte dire queste cose insieme all'"amerikana" Bonino, che ha appoggiato tutte le guerre dello zio Sam...
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Rorschach • 34 minuti fa
"non condannate mai". E' una parola, è la cosa più difficile del mondo.
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thomas köhler • 35 minuti fa
Solo il Papa ha questo coraggio
sei grande
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Nerone2 • 40 minuti fa
Che ha detto papa Francis Coppola? Le chiese non vogliono il benessere, vivono grazie all’industria della poverta' e misericordia?
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sorciosecco • 41 minuti fa
ammazza che scopertona
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francesco sorciosecco • 11 minuti fa
Cmq ha avuto il coraggio di dirlo, e non é poco.
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Che ha detto papa Francis Coppola? Le chiese non vogliono il benessere, vivono grazie all’industria della poverta' e misericordia?
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sorciosecco • 41 minuti fa
ammazza che scopertona
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francesco sorciosecco • 11 minuti fa
Cmq ha avuto il coraggio di dirlo, e non é poco.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Elezioni Veneto, dalla mail ai prof alla retromarcia:
l’endorsement del vescovo di Verona alla candidata di Zaia
Il 14 maggio nella casella di posta elettronica dei circa 400 insegnanti di religione della curia arriva la lettera
di monsignor Giusepe Zenti che sponsorizza Monica Lavarini, in lista con il governatore leghista.
La sera stessa, dopo le prime polemiche, agli stessi indirizzi arriva la "rettifica", con l'invito a non tener contro
del precedente invio. Seguono le scuse pubbliche: "Frainteso".
E nella città scaligera, da due settimane, non si parla d'altro
“Voglio sperare che nessuno pregiudizialmente mi giudichi ‘schierato’ nei confronti di una candidata, la dottoressa Monica Lavarini,
una coordinatrice di gruppo del ‘Simposio dei Laici con il Vescovo’, che si è candidata da sola.
Data però la posta in gioco, ne condivido il programma che ha elaborato da sola, imperniato sulla difesa dei diritti delle famiglie in difficoltà,
cioè sul sociale debole e sulle scuole cattoliche, inserendosi come altri cattolici, per maggior libertà, nella lista civica di Zaia”.
Questo è uno dei passaggi dell’endorsement del vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti in favore di Monica Lavarini,
candidata alle elezioni regionali nella lista Zaia. Infermiera, leghista, cattolica impegnata, la Lavarini ha incassato un sostegno
pesantissimo che, come è facile immaginare, non è passato inosservato. E a Verona, da qualche giorno, non si parla d’altro.
Ma andiamo con ordine. Il 5 maggio Monica Lavarini organizza un incontro pubblico per presentare il suo programma elettorale.
Accanto a lei c’erano Paolo Facchinetti dell’ufficio diocesano di Pastorale scolastica e la presidente dell’Unitalsi Grazia Quartiroli,
che tra l’organizzazione di un pellegrinaggio e l’altro non ha voluto far mancare il suo supporto alla candidata.
La doppia presenza aveva già fatto intuire un certo sostegno del mondo diocesano alla Lavarini.
Ma, perché il messaggio fosse ben chiaro, la mattina del 14 maggio nella casella di posta elettronica dei circa 400 insegnanti di religione della curia di Verona è arrivata l’email dello scandalo: il mittente è don Domenico Consolini, direttore dell’ufficio scuola della curia scaligera, il contenuto “confidenziale”. Tra gli allegati alla missiva elettronica una lettera, firmata da sua eminenza il Vescovo di Verona Giuseppe Zenti. Il testo parte con un lungo preambolo sulle “problematiche reali della gente”, entrando nel dettaglio del “sociale debole” e della “libertà educativa dei genitori”. Passo dopo passo Zenti arriva a formulare un appello ai candidati “di qualunque area politica” a condividere le sue stesse preoccupazioni. Poi va oltre e dichiara la già citata adesione al programma della Lavarini, continuando poi con la spiegazione: “Nell’evidente e inviolabile libertà di scelta, sono convinto che molti ne condividano il programma formalmente e pubblicamente espresso. La candidata si è impegnata a tener viva la sensibilità verso le problematiche contenute nel programma, in vista della loro soluzione, pur non miracolistica”. E poi specifica che se avesse trovato altri programmi “determinati nella difesa di queste questioni nevralgiche”, non avrebbe esitato ad appoggiarli ugualmente “in quanto io non parteggio per un candidato ma ne sostengo il programma se di alto valore civile”. Alla il prelato non dimentica di offrire una benedizione a tutti i veronesi: “Ognuno si prenda le proprie responsabilità”, dice il monsignore: “Ma so che posso dare un credito di fiducia al buon senso dei Veronesi.
Che amo, tutti, immensamente”.
Un putiferio. La sera stessa, nelle stesse caselle di posta elettronica, è arrivata una nuova mail. Stesso mittente. Diverso il messaggio.
Questa volta l’invito è quello di non tenere conto della prima comunicazione, per “evitare fraintendimenti”.
Seguono scuse pubbliche del monsignore, che si batte il petto e dice di essere stato frainteso, di non aver voluto parteggiare per una candidata, men che meno per un partito,
la Lega Nord, che propaganda idee molto diverse da quelle dell’accoglienza, proprie del messaggio cristiano.
Tale e tanto è stato il polverone sollevato che qualcuno ha addirittura letto una reprimenda nelle parole che Papa Bergoglio ha pronunciato lunedì scorso:
“I laici che hanno una formazione cristiana autentica non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota,
o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli,
da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo!
Hanno invece tutti la necessità del Vescovo Pastore!”.
I beninformati assicurano che il Papa non ha voluto fare alcun riferimento al caso specifico e che non vi sia stato alcun intervento diretto nei confronti di Zenti.
Anche perché la lettera incriminata probabilmente non è l’unica intromissione della Chiesa nelle regionali.
Senza andare troppo lontano da Verona, ad esempio, ha fatto parlare anche la candidatura di Dino Boffo,
che non ha certo bisogno dell’imprimatur vescovile per far sapere di essere persona gradita alla Cei.
Lasciamo agli ermeneuti l’interpretazione delle parole del Papa. A Ilfattoquotidiano.it sarebbe bastato poter rivolgere qualche domanda
telefonica a monsignor Giuseppe Zenti, purtroppo la cosa non ci è riuscita, un po’ per i garbati rifiuti, un po’ per le telefonate a vuoto.
Del rapporto tra Chiesa e politica parla il dossier elaborato dal Movimento Cinque Stelle del Veneto che dettaglia la ripartizione dei
cinquanta milioni di euro di contributi a cascata su tutto il Veneto deliberati in quella che è stata ribattezzata la “Notte delle marchette”.
Gli estensori del dossier fanno notare che “la parola ‘parrocchia’ compare addirittura una cinquantina di volte nel documento” e sottolineano
che la maggior parte dei 50 milioni distribuiti nella delibera sono stati assegnati alle parrocchie. Nell’elenco spiccano i 441 mila euro
destinati alla parrocchia San Zeno in Santa Maria Assunta nel comune di Cerea (Verona), gli 890 mila euro per la sistemazione dell’immobile
della Biblioteca Capitolare di Verona e i 300 mila euro per la Parrocchia di Sant’Andrea di Romagnano nel comune di Grezzana (Verona) per la ristrutturazione della chiesa.
l’endorsement del vescovo di Verona alla candidata di Zaia
Il 14 maggio nella casella di posta elettronica dei circa 400 insegnanti di religione della curia arriva la lettera
di monsignor Giusepe Zenti che sponsorizza Monica Lavarini, in lista con il governatore leghista.
La sera stessa, dopo le prime polemiche, agli stessi indirizzi arriva la "rettifica", con l'invito a non tener contro
del precedente invio. Seguono le scuse pubbliche: "Frainteso".
E nella città scaligera, da due settimane, non si parla d'altro
“Voglio sperare che nessuno pregiudizialmente mi giudichi ‘schierato’ nei confronti di una candidata, la dottoressa Monica Lavarini,
una coordinatrice di gruppo del ‘Simposio dei Laici con il Vescovo’, che si è candidata da sola.
Data però la posta in gioco, ne condivido il programma che ha elaborato da sola, imperniato sulla difesa dei diritti delle famiglie in difficoltà,
cioè sul sociale debole e sulle scuole cattoliche, inserendosi come altri cattolici, per maggior libertà, nella lista civica di Zaia”.
Questo è uno dei passaggi dell’endorsement del vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti in favore di Monica Lavarini,
candidata alle elezioni regionali nella lista Zaia. Infermiera, leghista, cattolica impegnata, la Lavarini ha incassato un sostegno
pesantissimo che, come è facile immaginare, non è passato inosservato. E a Verona, da qualche giorno, non si parla d’altro.
Ma andiamo con ordine. Il 5 maggio Monica Lavarini organizza un incontro pubblico per presentare il suo programma elettorale.
Accanto a lei c’erano Paolo Facchinetti dell’ufficio diocesano di Pastorale scolastica e la presidente dell’Unitalsi Grazia Quartiroli,
che tra l’organizzazione di un pellegrinaggio e l’altro non ha voluto far mancare il suo supporto alla candidata.
La doppia presenza aveva già fatto intuire un certo sostegno del mondo diocesano alla Lavarini.
Ma, perché il messaggio fosse ben chiaro, la mattina del 14 maggio nella casella di posta elettronica dei circa 400 insegnanti di religione della curia di Verona è arrivata l’email dello scandalo: il mittente è don Domenico Consolini, direttore dell’ufficio scuola della curia scaligera, il contenuto “confidenziale”. Tra gli allegati alla missiva elettronica una lettera, firmata da sua eminenza il Vescovo di Verona Giuseppe Zenti. Il testo parte con un lungo preambolo sulle “problematiche reali della gente”, entrando nel dettaglio del “sociale debole” e della “libertà educativa dei genitori”. Passo dopo passo Zenti arriva a formulare un appello ai candidati “di qualunque area politica” a condividere le sue stesse preoccupazioni. Poi va oltre e dichiara la già citata adesione al programma della Lavarini, continuando poi con la spiegazione: “Nell’evidente e inviolabile libertà di scelta, sono convinto che molti ne condividano il programma formalmente e pubblicamente espresso. La candidata si è impegnata a tener viva la sensibilità verso le problematiche contenute nel programma, in vista della loro soluzione, pur non miracolistica”. E poi specifica che se avesse trovato altri programmi “determinati nella difesa di queste questioni nevralgiche”, non avrebbe esitato ad appoggiarli ugualmente “in quanto io non parteggio per un candidato ma ne sostengo il programma se di alto valore civile”. Alla il prelato non dimentica di offrire una benedizione a tutti i veronesi: “Ognuno si prenda le proprie responsabilità”, dice il monsignore: “Ma so che posso dare un credito di fiducia al buon senso dei Veronesi.
Che amo, tutti, immensamente”.
Un putiferio. La sera stessa, nelle stesse caselle di posta elettronica, è arrivata una nuova mail. Stesso mittente. Diverso il messaggio.
Questa volta l’invito è quello di non tenere conto della prima comunicazione, per “evitare fraintendimenti”.
Seguono scuse pubbliche del monsignore, che si batte il petto e dice di essere stato frainteso, di non aver voluto parteggiare per una candidata, men che meno per un partito,
la Lega Nord, che propaganda idee molto diverse da quelle dell’accoglienza, proprie del messaggio cristiano.
Tale e tanto è stato il polverone sollevato che qualcuno ha addirittura letto una reprimenda nelle parole che Papa Bergoglio ha pronunciato lunedì scorso:
“I laici che hanno una formazione cristiana autentica non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota,
o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli,
da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo!
Hanno invece tutti la necessità del Vescovo Pastore!”.
I beninformati assicurano che il Papa non ha voluto fare alcun riferimento al caso specifico e che non vi sia stato alcun intervento diretto nei confronti di Zenti.
Anche perché la lettera incriminata probabilmente non è l’unica intromissione della Chiesa nelle regionali.
Senza andare troppo lontano da Verona, ad esempio, ha fatto parlare anche la candidatura di Dino Boffo,
che non ha certo bisogno dell’imprimatur vescovile per far sapere di essere persona gradita alla Cei.
Lasciamo agli ermeneuti l’interpretazione delle parole del Papa. A Ilfattoquotidiano.it sarebbe bastato poter rivolgere qualche domanda
telefonica a monsignor Giuseppe Zenti, purtroppo la cosa non ci è riuscita, un po’ per i garbati rifiuti, un po’ per le telefonate a vuoto.
Del rapporto tra Chiesa e politica parla il dossier elaborato dal Movimento Cinque Stelle del Veneto che dettaglia la ripartizione dei
cinquanta milioni di euro di contributi a cascata su tutto il Veneto deliberati in quella che è stata ribattezzata la “Notte delle marchette”.
Gli estensori del dossier fanno notare che “la parola ‘parrocchia’ compare addirittura una cinquantina di volte nel documento” e sottolineano
che la maggior parte dei 50 milioni distribuiti nella delibera sono stati assegnati alle parrocchie. Nell’elenco spiccano i 441 mila euro
destinati alla parrocchia San Zeno in Santa Maria Assunta nel comune di Cerea (Verona), gli 890 mila euro per la sistemazione dell’immobile
della Biblioteca Capitolare di Verona e i 300 mila euro per la Parrocchia di Sant’Andrea di Romagnano nel comune di Grezzana (Verona) per la ristrutturazione della chiesa.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Papa Francesco, in esclusiva l'enciclica sull'ambiente 'Laudato si', mi' Signore'
Anticipiamo la bozza dell'atteso documento "sulla cura della casa comune" che verrà presentato il 18 giugno.
Duecento pagine che dopo la 'Lumen Fidei', in gran parte ereditata da Benedetto XVI,
sono interamente espressione di Bergoglio
di Sandro Magister
15 giugno 2015
http://espresso.repubblica.it/attualita ... e-1.216897
http://speciali.espresso.repubblica.it/ ... ato_si.pdf
Anticipiamo la bozza dell'atteso documento "sulla cura della casa comune" che verrà presentato il 18 giugno.
Duecento pagine che dopo la 'Lumen Fidei', in gran parte ereditata da Benedetto XVI,
sono interamente espressione di Bergoglio
di Sandro Magister
15 giugno 2015
http://espresso.repubblica.it/attualita ... e-1.216897
http://speciali.espresso.repubblica.it/ ... ato_si.pdf
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Medjugorie, il momento del verdetto. Messori avverte Papa Francesco: "Se negherà le apparizioni, rischia lo scisma"
Redazione, L'Huffington Post
Pubblicato: 24/06/2015 10:08 CEST Aggiornato: 24/06/2015 10:17 CEST
Potrebbe arrivare in giornata, proprio nell’anniversario delle presunte apparizioni, il verdetto del Vaticano su Medjugorie. Un verdetto temuto dai devotissimi di Medjugorie, dopo il duro commento di Papa Francesco di qualche giorno fa – “la Madonna non manda emissari”.
Così oggi c’è chi avverte il Pontefice dei rischi di un’eventuale sconfessione. A cominciare da Vittorio Messori che su Radio1 mette in guardia Francesco: "se sconfesserà le apparizioni della Madonna rischia lo scisma".
Intervenendo nel 34esimo anniversario della prima apparizione a sei giovani veggenti nella cittadina dell'Erzegovina, il giornalista e storico spiega che "se si sconfessassero non i vescovi ma le apparizioni addirittura temo qualcosa come uno scisma, perché Medjugorje ha rappresentato in questi anni il maggior movimento di masse di una cattolicità malridotta, dopo il Concilio".
Messori racconta di tantissima gente che "a Medjugorje o ha ritrovato la fede oppure ha rafforzato una fede un po’ impallidita" e, nonostante siano in molti a ipotizzare una netta presa di posizione del Papa a conclusione dei lavori della Commissione di inchiesta vaticana, Messori fa un pronostico controcorrente: "credo che la decisione sarà interlocutoria".
La maggioranza dei santuari mariani presso i quali le folle ancora accorrono ha delle origini che storicamente non sono documentabili. Per questo, ha concluso Messori a Radio1 Rai, "se continuerà ad essere autorizzato il culto ci sarà probabilmente un riconoscimento di quella chiesa come santuario, senza però fare riferimento all'origine di questo santuario". Medjugorie è divenuto uno dei santuari mariani più visitati al mondo: oltre 40 milioni di pellegrini lo hanno raggiunto dal 1981 a oggi.
Leggi anche: Paolo Brosio, Medjugorje: "Caro Papa Francesco, così abbandoni i pellegrini. Ti hanno mentito, non siamo fanatici"
http://www.huffingtonpost.it/2015/06/24 ... _ref=italy
Redazione, L'Huffington Post
Pubblicato: 24/06/2015 10:08 CEST Aggiornato: 24/06/2015 10:17 CEST
Potrebbe arrivare in giornata, proprio nell’anniversario delle presunte apparizioni, il verdetto del Vaticano su Medjugorie. Un verdetto temuto dai devotissimi di Medjugorie, dopo il duro commento di Papa Francesco di qualche giorno fa – “la Madonna non manda emissari”.
Così oggi c’è chi avverte il Pontefice dei rischi di un’eventuale sconfessione. A cominciare da Vittorio Messori che su Radio1 mette in guardia Francesco: "se sconfesserà le apparizioni della Madonna rischia lo scisma".
Intervenendo nel 34esimo anniversario della prima apparizione a sei giovani veggenti nella cittadina dell'Erzegovina, il giornalista e storico spiega che "se si sconfessassero non i vescovi ma le apparizioni addirittura temo qualcosa come uno scisma, perché Medjugorje ha rappresentato in questi anni il maggior movimento di masse di una cattolicità malridotta, dopo il Concilio".
Messori racconta di tantissima gente che "a Medjugorje o ha ritrovato la fede oppure ha rafforzato una fede un po’ impallidita" e, nonostante siano in molti a ipotizzare una netta presa di posizione del Papa a conclusione dei lavori della Commissione di inchiesta vaticana, Messori fa un pronostico controcorrente: "credo che la decisione sarà interlocutoria".
La maggioranza dei santuari mariani presso i quali le folle ancora accorrono ha delle origini che storicamente non sono documentabili. Per questo, ha concluso Messori a Radio1 Rai, "se continuerà ad essere autorizzato il culto ci sarà probabilmente un riconoscimento di quella chiesa come santuario, senza però fare riferimento all'origine di questo santuario". Medjugorie è divenuto uno dei santuari mariani più visitati al mondo: oltre 40 milioni di pellegrini lo hanno raggiunto dal 1981 a oggi.
Leggi anche: Paolo Brosio, Medjugorje: "Caro Papa Francesco, così abbandoni i pellegrini. Ti hanno mentito, non siamo fanatici"
http://www.huffingtonpost.it/2015/06/24 ... _ref=italy
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Vittorio Messori
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vittorio Messori (Sassuolo, 16 aprile 1941) è un giornalista e scrittore italiano. Autore di numerosi saggi, è considerato uno dei principali autori cattolici italiani[1]. Ha nfanzia e gioventù[modifica | modifica wikitesto]
Messori nasce a Sassuolo, in provincia di Modena, in una famiglia anticlericale[2]. Il padre Enzo, poeta in dialetto modenese, dopo tre anni nel Regio Esercito entrò nella divisione Littorio della Repubblica Sociale Italiana e, dopo un periodo di addestramento in Germania, combatté sul fronte delle Alpi Occidentali contro i francesi di De Gaulle.
Nel frattempo, la famiglia era sfollata nel bresciano da dove, a guerra finita, si trasferì a Torino, andando ad abitare in borgo San Donato. Qui il padre trovò lavoro presso la direzione generale dell'Italgas.
Studi[modifica | modifica wikitesto]
Messori frequentò le scuole pubbliche del capoluogo piemontese. Dopo la maturità classica presso il liceo D'Azeglio, si iscrisse alla facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino dove acquisì una formazione razionalista ed agnostica. Si laureò nel 1965 con una tesi in storia del Risorgimento (relatore Alessandro Galante Garrone) e con due "sottotesi" discusse con Luigi Firpo e Norberto Bobbio[3].
Conversione[modifica | modifica wikitesto]
Poco prima, però, nel luglio del 1964, dopo quella che egli definì una «evidenza del cuore»[4], seguita alla lettura dei Vangeli, Messori si convertì al cattolicesimo (disse di «essere stato convertito, da una forza imprevista e irresistibile»[4]).
Iniziò, da allora, stimolata anche dalla lettura di Blaise Pascal, una ricerca delle «ragioni della ragione», a conforto delle «ragioni del cuore» che lo avevano spinto ad abbracciare la fede. Di questo percorso, Messori testimonierà nelle prime pagine di Ipotesi su Gesù.[4]
Decise allora di frequentare i corsi dell'Istituto di Cristologia per laici della Pro Civitate Christiana ad Assisi, dove trascorse il 1966 e il 1967. Ad Assisi conobbe Rosanna Brichetti, che avrebbe sposato in seguito nel 1996, dopo l'annullamento, da parte della Sacra Rota, di un precedente matrimonio avvenuto nel 1972: mentre la prima istanza era stata respinta nei tre gradi di giudizio, due cause successive si erano concluse con la sentenza di nullità.[5]
Nel 1968, terminati i corsi, tornò a Torino, dove iniziò l'attività professionale presso la Società Editrice Internazionale. Impegnato prima in redazione, passò poi a dirigere l'ufficio stampa. Contemporaneamente iniziò a collaborare con vari giornali e riviste culturali e continuò le ricerche per la redazione del suo primo libro.
In contrasto con il clima sessantottino, decise di evitare ogni «tentazione ideologica e teologica» non partecipando ai cortei, non firmando manifesti e non associandosi né a contestazioni politiche né clericali.
Dal 1970 al 1982[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1970 entrò a Stampa Sera come redattore della cronaca cittadina. L'attività giornalistica e le inchieste gli valsero alcune querele e un processo per avere svelato dei retroscena di uno scandalo cittadino dove erano implicati alcuni medici[6]. Dopo oltre quattro anni di cronaca, Arrigo Levi, allora direttore sia de La Stampa che di Stampa Sera, lo chiamò a far parte del gruppo di tre giornalisti destinati a creare Tuttolibri, settimanale culturale, anche se Messori non aveva voglia di rientrare in una cerchia culturale che non stimava e non gli interessava[6].collaborato con La Stampa, Avvenire e Corriere della Sera.
Ipotesi su Gesù[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Ipotesi su Gesù.
Messori presenta Ipotesi su Gesù a Radio Vaticana, 1976
Proprio in quelle settimane, Messori consegnò alla SEI il manoscritto della sua prima opera, Ipotesi su Gesù, frutto della sua inchiesta sulle origini del cristianesimo, continuata per dodici anni. L'editore pubblicò il libro dopo un anno, nell'autunno del 1976 (secondo Messori lo fece «in una brutta brossura»[6]), con un tiratura inferiore a tremila copie che andarono esaurite in poco tempo, così come le successive ristampe. Al 2007 il libro ha venduto un milione e mezzo di copie in Italia[5][7].
Davanti al successo, prima italiano e poi mondiale, la reazione di Messori fu di chiedere un'aspettativa di sei mesi e di ritirarsi in una casa, senza telefono, in un villaggio del Monferrato, continuando la sua ricerca in solitudine[6].
Jesus[modifica | modifica wikitesto]
Nello stesso periodo don Giuseppe Zilli, direttore di Famiglia Cristiana, decideva di creare un mensile di informazione religiosa dal titolo Jesus e chiese a Messori di affiancare Antonio Tarzia, paolino, affinché il primo numero potesse uscire nel gennaio del 1979. Così, nell'autunno del 1978, Messori si trasferì a Milano.
Sin dal primo numero di Jesus (uscito, come programmato, nel gennaio 1979), pubblicò una "puntata" dei dialoghi su Gesù che confluirono poi nel volume Inchiesta sul cristianesimo, realizzato dialogando con agnostici, atei, cattolici e credenti di altre religioni.
Nei ventidue anni di collaborazione con Jesus, Messori curò sempre dei "cicli" mensili, poi confluiti in libri. Dopo i Dialoghi su Gesù, fu la volta de Il caso Cristo, da cui vennero i due volumi Patì sotto Ponzio Pilato? (1992) e Dicono che è risorto (2000). Dal Taccuino mariano fu tratto, nel 2005, Ipotesi su Maria.
Accanto al lavoro per Jesus, Messori continuava la riflessione per un seguito a Ipotesi su Gesù. Il successo commerciale del volume indusse diversi editori a fare pressioni per poter pubblicare un suo nuovo libro, ma per sei anni Messori rifiutò proposte editoriali e partecipazioni a programmi televisivi, affermando di non voler «far carriera servendomi di Gesù Cristo».
Scommessa sulla morte[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1982, dopo sei anni dalla pubblicazione del primo libro, uscì Scommessa sulla morte[8], edito dalla SEI, nel quale Messori denunciò polemicamente la «disumanità del marxismo» e la sua «crisi mortale».
Dal 1982 al 1998[modifica | modifica wikitesto]
Intervista a Ratzinger[modifica | modifica wikitesto]
Dopo Ipotesi su Gesù e Scommessa sulla morte, Messori volle scandagliare la realtà della Chiesa cattolica, che vedeva alla ricerca di un nuovo assetto istituzionale se non di nuovi, diversi contenuti di fede.
Messori insieme al card. Joseph Ratzinger a Bressanone, 1984
Nel 1984 ottenne di poter intervistare il cardinale Joseph Ratzinger che Giovanni Paolo II aveva nominato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ne risultò un saggio a quattro mani, intitolato Rapporto sulla fede e pubblicato l'anno successivo dalle edizioni San Paolo e poi tradotto in molte lingue. Alcune delle affermazioni di Ratzinger contenute del libro ebbero una vasta eco all'interno e all'esterno degli ambienti ecclesiali[9]. In particolare la denuncia dei «pericoli» e delle «difficoltà» della Chiesa e la condanna della teologia della liberazione provocarono ampie critiche soprattutto da ambienti clericali progressisti e, stando alle successive dichiarazioni di sua moglie[5], persino delle minacce di morte: la "colpa" di Messori sarebbe stata non solo quella di avere intervistato il "Grande Inquisitore" ma di non averlo contraddetto, indignato, quando demoliva le teorie di chi vedeva nel postconcilio sempre e solo una nuova primavera della Chiesa.
Polemica sul Risorgimento[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1990 Messori lasciò Milano e si trasferì a Desenzano del Garda. Lo stesso anno vedeva la stampa la biografia del beato Francesco Faà di Bruno (pubblicata con il titolo Un italiano serio). Messori crebbe nel quartiere torinese di San Donato, dominato dall'alto campanile progettato e costruito da Faà di Bruno. Nel lungo capitolo introduttivo del libro, spiegò le ragioni della scelta di questa figura semisconosciuta: rilanciare la figura di qualcuno che aveva preso radicalmente sul serio il Vangelo; per «mostrare quali fossero, in concreto, gli effetti positivi della fede sulla vita di coloro che ne accettano tutte le conseguenze».
La presentazione del volume, avvenuta al Meeting di Comunione e Liberazione, generò una polemica che ebbe eco anche sui media italiani. Messori pronunciò una frase in cui evocava un processo di Norimberga per i principali esponenti del Risorgimento[10] che gli attirò critiche da parte di esponenti politici e l'attenzione dei media. In tre articoli apparsi su Avvenire, raccolti poi ne La sfida della fede[11], in interventi successivi[12][13] e in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Messori chiarì l'episodio[14].
Dopo molte edizioni uscite per le Edizioni San Paolo, nel 1998 Luigi Giussani pubblicò il libro nella collana che dirigeva per la BUR, con il titolo Un cristiano in un mondo ostile.
Nella primavera del 1992, Messori pubblicò la prima parte delle "puntate" del «Caso Cristo», ancora in corso su Jesus. Pubblicò, cioè, i primi trentasette capitoli con il titolo Patì sotto Ponzio Pilato? (sottotitolo: Un'inchiesta sulla passione e morte di Gesù).
Ancora nel 1992 uscì un volume di quasi 700 pagine; ciascuno dei 289 capitoli costituiva una puntata di Vivaio, la rubrica che Messori teneva dal 1987 su Avvenire.
Vivaio[modifica | modifica wikitesto]
Vivaio nacque durante la direzione di Avvenire da parte di Gian Guido Folloni. Per il titolo della rubrica Messori si ispirò a Giovanni Papini che, prima di morire, contava di riunire in un libro gli spunti, le idee, gli appunti che non avrebbe più potuto sviluppare per mancanza di energie e di tempo.
Messori decise di utilizzare, almeno in parte, il materiale raccolto in tanti anni di ricerca per una rubrica giornalistica in previsione della pubblicazione di un libro. L'idea, cioè, era di esaminare l'attualità per inquadrarla in una prospettiva di fede che la spiegasse, che le desse un senso; di partire dalla cronaca per «andare verso Dio».
Dalla rubrica nacque, nell'autunno del 1992, Pensare la storia (sottotitolo Una lettura cattolica dell'avventura umana), con la prefazione di Giacomo Biffi. La quasi completa pubblicazione del materiale della rubrica proseguì poi con altri due grossi volumi: nel 1993, La sfida della fede, nel 1995, Le cose della vita.
Dai tre volumi originali di Vivaio (la San Paolo creò per essi una collana apposita) in Spagna fu tratta un'antologia, scegliendo soprattutto i brani sulla storia di Spagna. L'antologia fu pubblicata da Planeta con il titolo Leyendas negras de la Iglesia.
Indagine sull'Opus Dei[modifica | modifica wikitesto]
All'inizio del 1994, Messori pubblicò con la Arnoldo Mondadori Editore Opus Dei, un'indagine. Incuriosito dalla "leggenda nera" attorno alla cosiddetta "Obra", decise di svolgere un'indagine sul campo: gli fu permesso di accedere a documentazione e luoghi, andò a Pamplona tra gli studenti e i professori dell'Università voluta da san Josemaría Escrivá de Balaguer.
Libro-intervista con Giovanni Paolo II[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Varcare la soglia della speranza.
Nell'ottobre del 1993, a Messori venne chiesto di intervistare Giovanni Paolo II, in occasione dei quindici anni di pontificato; sarebbe stata la prima intervista della storia a un pontefice. Messori espresse al Papa le sue perplessità sull'opportunità di una simile operazione: «Santità, abbiamo bisogno di un Papa, di un maestro che ci guidi, non di un opinionista televisivo. Questa non è la crisi della Chiesa. È la crisi della fede: non si crede più»; la risposta fu: «Non sono d'accordo con lei!»[5]. Le domande riguardavano le basi della fede, il rapporto con le altre religioni, l'avvenire del Vangelo[15]. Il libro valse a Messori il Premio Internazionale Medaglia d'Oro al merito della Cultura Cattolica del 1994.
Nel 1995 uscì il terzo volume della collana Vivaio, intitolato Le cose della vita.
Rilancio dell'apologetica[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1997 fu pubblicato Qualche ragione per credere, un'intervista di Michele Brambilla del Corriere della Sera a Messori. L'intenzione era di affrontare i tre "cerchi" dell'apologetica classica: Dio, Cristo e la Chiesa. Ma l'intervista si limitò al primo "girone", con il preannuncio di un altro, forse anche due, libri in prosecuzione.
Gli "anni mariani"[modifica | modifica wikitesto]
Nell'autunno del 1998, Messori pubblicò il suo primo libro con le edizioni Rizzoli, Il miracolo, sulla presunta ricrescita di una gamba, amputata anni prima, a un contadino del villaggio aragonese di Calanda, per intercessione della Virgen del Pilar nel 1640. Messori ricevette la cittadinanza onoraria di Calanda, fu dichiarato Mayoral de Honor del santuario costruito sul luogo del presunto prodigio e ottenne la Gran Croce dell'Ordine di Isabella la Cattolica, conferitagli da Juan Carlos[16].
La vigilia di Natale del 1996 andò in onda su Rai 3 il documentario Aquerò, su Lourdes e Bernadette Soubirous, di cui Messori era autore (regia di Vittorio Nevano; il film fu presentato dalla Rai nel 1997 al Prix Italia). Nel 1997, Rai 3 trasmise Miriam, un breve film scritto da Messori, una sorta di "intervista alla Madonna"; nel 1999 fu trasmesso Il miracolo, ricostruzione basata sul libro omonimo.
Sul Corriere della Sera tacciò di falsità la lettera del procuratore generale di Pau, datata 28 dicembre 1857, in cui si parlava di qualcuno che stava per architettare "manifestazioni simulanti un carattere sovrannaturale e miracoloso". In base a elementi di questa lettera gli scettici delle apparizioni di Lourdes sostenevano che si trattasse di una truffa "orchestrata ai danni della credulità popolare, di cui le autorità del tempo erano al corrente"[17]. Secondo Messori[17]:
« Il falsario dimenticò di controllare il calendario del 1857. Se l'avesse fatto, si sarebbe accorto che, quell'anno, il 28 dicembre era una domenica. Dunque, gli uffici giudiziari erano chiusi »
Contrariamente alle affermazioni di Messori, tuttavia, il 28 dicembre 1857 cadde di lunedì.[18]
Nel 2000 fu pubblicato Dicono che è risorto, parte di una trilogia con Ipotesi su Gesù e Patì sotto Ponzio Pilato?. Per tutto il 2000 e fino al settembre del 2001, la serie di articoli di Messori su Jesus si sdoppiò: chiuso il Taccuino mariano, cominciarono gli Incontri, una serie di colloqui con i responsabili delle comunità religiose. A queste interviste fu affiancata una pagina dal titolo ABC: Un sillabario cristiano. A partire dal settembre 2001 cessarono gli Incontri, mentre continuò il Sillabario cristiano, al quale venne affiancata la nuova serie La bussola, ripresa del Vivaio di Avvenire.
La successiva opera di Messori, Gli occhi di Maria (2001), scritta a quattro mani con Rino Cammilleri, trattava delle cosiddette "apparizioni mariane".
Nel 2002 Leonardo Mondadori manifestò a Messori l'intenzione di scrivere assieme un piccolo "catechismo". Messori suggerì a Mondadori, convertitosi da qualche anno al cattolicesimo e avvicinatosi, sia pure senza farne parte, all'Opus Dei, di scrivere il racconto del proprio approdo alla fede cattolica; un libro, quindi, dal taglio più esperienziale ed autobiografico. Mondadori convenne e ne nacque il libro Conversione. Una storia personale.
Il Timone[modifica | modifica wikitesto]
Nel 2003 Messori approdò al Timone, rivista di apologetica diretta da Giampaolo Barra, dove riprese i Vivai; limitò poi il suo impegno per Jesus, sul quale tuttavia mantenne una rubrica sui suoi libri, fino al 2004.
"Ritorno" a Torino[modifica | modifica wikitesto]
Successivamente, iniziò la stesura di un libro su Torino, affiancato dall'inviato del Corriere della Sera, Aldo Cazzullo. Il libro nacque come intervista per poi svilupparsi in due distinti e complementari saggi sul capoluogo piemontese fra i luoghi e i ricordi dello scrittore. Il mistero di Torino fu pubblicato nel 2004.
Libro su Edgardo Mortara e Ipotesi su Maria[modifica | modifica wikitesto]
Nel 2005 furono pubblicati: Io, il bambino ebreo rapito da Pio IX, memoriale, rinvenuto da Messori, sul caso Edgardo Mortara, un bambino ebreo sottratto alla propria famiglia da Pio IX, e Ipotesi su Maria, il Taccuino Mariano uscito su Jesus nei primi anni novanta, un libro di quattrocento pagine sulle "apparizioni mariane".
Il libro su Mortara diede occasione ad alcuni esponenti del mondo ebraico di accusarlo di "parossistica difesa delle leggi pontificie grazie alle quali nel 1858 fu decretata da Pio IX la sottrazione del piccolo Edgardo Mortara alla sua famiglia di ebrei bolognesi - solo perché una domestica lo aveva battezzato di nascosto cinque anni prima" e per avere "evocato le virtù benefiche del ghetto“[19].
Dal 2006 ad oggi[modifica | modifica wikitesto]
Nel 2006 Messori ha raccolto i Vivai pubblicati dal 2001 su Jesus e su Il Timone, e altre rubriche pubblicate sulla prima rivista (Sillabario cristiano, Incontri, I miei libri), nel volume Emporio cattolico a completamento del ciclo di Vivaio. Nello stesso periodo Messori ha riscattato i diritti di quest'ultimo, irritato dall'indisponibilità delle Edizioni Paoline a ristamparlo, per poi cederli alle edizioni Sugarco, specializzatesi da qualche anno in pubblicistica cattolica.
Nel 2007 lo scrittore è stato impegnato nella stesura di una nuova opera, uscita il 21 ottobre 2008: Perché credo, un libro-intervista con il vaticanista de Il Giornale Andrea Tornielli; ha inoltre scritto per TIME un ritratto di papa Benedetto XVI per la lista dei cento uomini più influenti della Terra.[20]
Dal dicembre 2010 è stato direttore editoriale del quotidiano in rete La Bussola Quotidiana.
Nel giugno 2012, in un articolo pubblicato sulla rivista Il Timone, ha parlato del suo romanzo "rimasto nel cassetto", cui attualmente ha rinunciato, esponendone la trama[21]. Nell'ottobre del medesimo anno è uscito, per Mondadori, Bernadette non ci ha ingannati. Un'indagine storica sulla verità di Lourdes, ricostruzione della storia delle apparizioni mariane nella grotta di Massabielle.
Nel 2013, in occasione dell'elezione di papa Francesco, ha pubblicato, per la collana "Grandi Saggi" del Corriere della Sera, l'instant book La Chiesa di Francesco, con il sottotitolo La sfida del cristianesimo tra crisi e speranza[22].
Il 14 dicembre del 2014, sul quotidiano "Corriere della Sera" [23] ha pubblicato un articolo-confessione dal titolo "I dubbi sulla svolta di Papa Francesco" nel quale esprime un giudizio alquanto critico sul Pontefice definendolo "... imprevedibile, tanto da far ricredere via via anche qualche cardinale che era stato tra i suoi elettori" e palesando le sue perplessità in merito al nuovo corso impostato da Papa Francesco. La sua presa di posizione, rafforzata dalla frase di esordio nella quale definisce l'articolo che sta scrivendo come una "sorta di confessione che avrei volentieri rimandata, se non mi fosse stata richiesta", articolo apparso tra l'altro in prossimità dalle festività natalizie, ha sollevato una nutrita mole di polemiche tra cui la diatriba con Leonardo Boff secondo cui il giornalista cattolico "... dietro parole di pietà e di comprensione porta un veleno".[24]
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Vittorio Messori (Sassuolo, 16 aprile 1941) è un giornalista e scrittore italiano. Autore di numerosi saggi, è considerato uno dei principali autori cattolici italiani[1]. Ha nfanzia e gioventù[modifica | modifica wikitesto]
Messori nasce a Sassuolo, in provincia di Modena, in una famiglia anticlericale[2]. Il padre Enzo, poeta in dialetto modenese, dopo tre anni nel Regio Esercito entrò nella divisione Littorio della Repubblica Sociale Italiana e, dopo un periodo di addestramento in Germania, combatté sul fronte delle Alpi Occidentali contro i francesi di De Gaulle.
Nel frattempo, la famiglia era sfollata nel bresciano da dove, a guerra finita, si trasferì a Torino, andando ad abitare in borgo San Donato. Qui il padre trovò lavoro presso la direzione generale dell'Italgas.
Studi[modifica | modifica wikitesto]
Messori frequentò le scuole pubbliche del capoluogo piemontese. Dopo la maturità classica presso il liceo D'Azeglio, si iscrisse alla facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino dove acquisì una formazione razionalista ed agnostica. Si laureò nel 1965 con una tesi in storia del Risorgimento (relatore Alessandro Galante Garrone) e con due "sottotesi" discusse con Luigi Firpo e Norberto Bobbio[3].
Conversione[modifica | modifica wikitesto]
Poco prima, però, nel luglio del 1964, dopo quella che egli definì una «evidenza del cuore»[4], seguita alla lettura dei Vangeli, Messori si convertì al cattolicesimo (disse di «essere stato convertito, da una forza imprevista e irresistibile»[4]).
Iniziò, da allora, stimolata anche dalla lettura di Blaise Pascal, una ricerca delle «ragioni della ragione», a conforto delle «ragioni del cuore» che lo avevano spinto ad abbracciare la fede. Di questo percorso, Messori testimonierà nelle prime pagine di Ipotesi su Gesù.[4]
Decise allora di frequentare i corsi dell'Istituto di Cristologia per laici della Pro Civitate Christiana ad Assisi, dove trascorse il 1966 e il 1967. Ad Assisi conobbe Rosanna Brichetti, che avrebbe sposato in seguito nel 1996, dopo l'annullamento, da parte della Sacra Rota, di un precedente matrimonio avvenuto nel 1972: mentre la prima istanza era stata respinta nei tre gradi di giudizio, due cause successive si erano concluse con la sentenza di nullità.[5]
Nel 1968, terminati i corsi, tornò a Torino, dove iniziò l'attività professionale presso la Società Editrice Internazionale. Impegnato prima in redazione, passò poi a dirigere l'ufficio stampa. Contemporaneamente iniziò a collaborare con vari giornali e riviste culturali e continuò le ricerche per la redazione del suo primo libro.
In contrasto con il clima sessantottino, decise di evitare ogni «tentazione ideologica e teologica» non partecipando ai cortei, non firmando manifesti e non associandosi né a contestazioni politiche né clericali.
Dal 1970 al 1982[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1970 entrò a Stampa Sera come redattore della cronaca cittadina. L'attività giornalistica e le inchieste gli valsero alcune querele e un processo per avere svelato dei retroscena di uno scandalo cittadino dove erano implicati alcuni medici[6]. Dopo oltre quattro anni di cronaca, Arrigo Levi, allora direttore sia de La Stampa che di Stampa Sera, lo chiamò a far parte del gruppo di tre giornalisti destinati a creare Tuttolibri, settimanale culturale, anche se Messori non aveva voglia di rientrare in una cerchia culturale che non stimava e non gli interessava[6].collaborato con La Stampa, Avvenire e Corriere della Sera.
Ipotesi su Gesù[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Ipotesi su Gesù.
Messori presenta Ipotesi su Gesù a Radio Vaticana, 1976
Proprio in quelle settimane, Messori consegnò alla SEI il manoscritto della sua prima opera, Ipotesi su Gesù, frutto della sua inchiesta sulle origini del cristianesimo, continuata per dodici anni. L'editore pubblicò il libro dopo un anno, nell'autunno del 1976 (secondo Messori lo fece «in una brutta brossura»[6]), con un tiratura inferiore a tremila copie che andarono esaurite in poco tempo, così come le successive ristampe. Al 2007 il libro ha venduto un milione e mezzo di copie in Italia[5][7].
Davanti al successo, prima italiano e poi mondiale, la reazione di Messori fu di chiedere un'aspettativa di sei mesi e di ritirarsi in una casa, senza telefono, in un villaggio del Monferrato, continuando la sua ricerca in solitudine[6].
Jesus[modifica | modifica wikitesto]
Nello stesso periodo don Giuseppe Zilli, direttore di Famiglia Cristiana, decideva di creare un mensile di informazione religiosa dal titolo Jesus e chiese a Messori di affiancare Antonio Tarzia, paolino, affinché il primo numero potesse uscire nel gennaio del 1979. Così, nell'autunno del 1978, Messori si trasferì a Milano.
Sin dal primo numero di Jesus (uscito, come programmato, nel gennaio 1979), pubblicò una "puntata" dei dialoghi su Gesù che confluirono poi nel volume Inchiesta sul cristianesimo, realizzato dialogando con agnostici, atei, cattolici e credenti di altre religioni.
Nei ventidue anni di collaborazione con Jesus, Messori curò sempre dei "cicli" mensili, poi confluiti in libri. Dopo i Dialoghi su Gesù, fu la volta de Il caso Cristo, da cui vennero i due volumi Patì sotto Ponzio Pilato? (1992) e Dicono che è risorto (2000). Dal Taccuino mariano fu tratto, nel 2005, Ipotesi su Maria.
Accanto al lavoro per Jesus, Messori continuava la riflessione per un seguito a Ipotesi su Gesù. Il successo commerciale del volume indusse diversi editori a fare pressioni per poter pubblicare un suo nuovo libro, ma per sei anni Messori rifiutò proposte editoriali e partecipazioni a programmi televisivi, affermando di non voler «far carriera servendomi di Gesù Cristo».
Scommessa sulla morte[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1982, dopo sei anni dalla pubblicazione del primo libro, uscì Scommessa sulla morte[8], edito dalla SEI, nel quale Messori denunciò polemicamente la «disumanità del marxismo» e la sua «crisi mortale».
Dal 1982 al 1998[modifica | modifica wikitesto]
Intervista a Ratzinger[modifica | modifica wikitesto]
Dopo Ipotesi su Gesù e Scommessa sulla morte, Messori volle scandagliare la realtà della Chiesa cattolica, che vedeva alla ricerca di un nuovo assetto istituzionale se non di nuovi, diversi contenuti di fede.
Messori insieme al card. Joseph Ratzinger a Bressanone, 1984
Nel 1984 ottenne di poter intervistare il cardinale Joseph Ratzinger che Giovanni Paolo II aveva nominato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ne risultò un saggio a quattro mani, intitolato Rapporto sulla fede e pubblicato l'anno successivo dalle edizioni San Paolo e poi tradotto in molte lingue. Alcune delle affermazioni di Ratzinger contenute del libro ebbero una vasta eco all'interno e all'esterno degli ambienti ecclesiali[9]. In particolare la denuncia dei «pericoli» e delle «difficoltà» della Chiesa e la condanna della teologia della liberazione provocarono ampie critiche soprattutto da ambienti clericali progressisti e, stando alle successive dichiarazioni di sua moglie[5], persino delle minacce di morte: la "colpa" di Messori sarebbe stata non solo quella di avere intervistato il "Grande Inquisitore" ma di non averlo contraddetto, indignato, quando demoliva le teorie di chi vedeva nel postconcilio sempre e solo una nuova primavera della Chiesa.
Polemica sul Risorgimento[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1990 Messori lasciò Milano e si trasferì a Desenzano del Garda. Lo stesso anno vedeva la stampa la biografia del beato Francesco Faà di Bruno (pubblicata con il titolo Un italiano serio). Messori crebbe nel quartiere torinese di San Donato, dominato dall'alto campanile progettato e costruito da Faà di Bruno. Nel lungo capitolo introduttivo del libro, spiegò le ragioni della scelta di questa figura semisconosciuta: rilanciare la figura di qualcuno che aveva preso radicalmente sul serio il Vangelo; per «mostrare quali fossero, in concreto, gli effetti positivi della fede sulla vita di coloro che ne accettano tutte le conseguenze».
La presentazione del volume, avvenuta al Meeting di Comunione e Liberazione, generò una polemica che ebbe eco anche sui media italiani. Messori pronunciò una frase in cui evocava un processo di Norimberga per i principali esponenti del Risorgimento[10] che gli attirò critiche da parte di esponenti politici e l'attenzione dei media. In tre articoli apparsi su Avvenire, raccolti poi ne La sfida della fede[11], in interventi successivi[12][13] e in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Messori chiarì l'episodio[14].
Dopo molte edizioni uscite per le Edizioni San Paolo, nel 1998 Luigi Giussani pubblicò il libro nella collana che dirigeva per la BUR, con il titolo Un cristiano in un mondo ostile.
Nella primavera del 1992, Messori pubblicò la prima parte delle "puntate" del «Caso Cristo», ancora in corso su Jesus. Pubblicò, cioè, i primi trentasette capitoli con il titolo Patì sotto Ponzio Pilato? (sottotitolo: Un'inchiesta sulla passione e morte di Gesù).
Ancora nel 1992 uscì un volume di quasi 700 pagine; ciascuno dei 289 capitoli costituiva una puntata di Vivaio, la rubrica che Messori teneva dal 1987 su Avvenire.
Vivaio[modifica | modifica wikitesto]
Vivaio nacque durante la direzione di Avvenire da parte di Gian Guido Folloni. Per il titolo della rubrica Messori si ispirò a Giovanni Papini che, prima di morire, contava di riunire in un libro gli spunti, le idee, gli appunti che non avrebbe più potuto sviluppare per mancanza di energie e di tempo.
Messori decise di utilizzare, almeno in parte, il materiale raccolto in tanti anni di ricerca per una rubrica giornalistica in previsione della pubblicazione di un libro. L'idea, cioè, era di esaminare l'attualità per inquadrarla in una prospettiva di fede che la spiegasse, che le desse un senso; di partire dalla cronaca per «andare verso Dio».
Dalla rubrica nacque, nell'autunno del 1992, Pensare la storia (sottotitolo Una lettura cattolica dell'avventura umana), con la prefazione di Giacomo Biffi. La quasi completa pubblicazione del materiale della rubrica proseguì poi con altri due grossi volumi: nel 1993, La sfida della fede, nel 1995, Le cose della vita.
Dai tre volumi originali di Vivaio (la San Paolo creò per essi una collana apposita) in Spagna fu tratta un'antologia, scegliendo soprattutto i brani sulla storia di Spagna. L'antologia fu pubblicata da Planeta con il titolo Leyendas negras de la Iglesia.
Indagine sull'Opus Dei[modifica | modifica wikitesto]
All'inizio del 1994, Messori pubblicò con la Arnoldo Mondadori Editore Opus Dei, un'indagine. Incuriosito dalla "leggenda nera" attorno alla cosiddetta "Obra", decise di svolgere un'indagine sul campo: gli fu permesso di accedere a documentazione e luoghi, andò a Pamplona tra gli studenti e i professori dell'Università voluta da san Josemaría Escrivá de Balaguer.
Libro-intervista con Giovanni Paolo II[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Varcare la soglia della speranza.
Nell'ottobre del 1993, a Messori venne chiesto di intervistare Giovanni Paolo II, in occasione dei quindici anni di pontificato; sarebbe stata la prima intervista della storia a un pontefice. Messori espresse al Papa le sue perplessità sull'opportunità di una simile operazione: «Santità, abbiamo bisogno di un Papa, di un maestro che ci guidi, non di un opinionista televisivo. Questa non è la crisi della Chiesa. È la crisi della fede: non si crede più»; la risposta fu: «Non sono d'accordo con lei!»[5]. Le domande riguardavano le basi della fede, il rapporto con le altre religioni, l'avvenire del Vangelo[15]. Il libro valse a Messori il Premio Internazionale Medaglia d'Oro al merito della Cultura Cattolica del 1994.
Nel 1995 uscì il terzo volume della collana Vivaio, intitolato Le cose della vita.
Rilancio dell'apologetica[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1997 fu pubblicato Qualche ragione per credere, un'intervista di Michele Brambilla del Corriere della Sera a Messori. L'intenzione era di affrontare i tre "cerchi" dell'apologetica classica: Dio, Cristo e la Chiesa. Ma l'intervista si limitò al primo "girone", con il preannuncio di un altro, forse anche due, libri in prosecuzione.
Gli "anni mariani"[modifica | modifica wikitesto]
Nell'autunno del 1998, Messori pubblicò il suo primo libro con le edizioni Rizzoli, Il miracolo, sulla presunta ricrescita di una gamba, amputata anni prima, a un contadino del villaggio aragonese di Calanda, per intercessione della Virgen del Pilar nel 1640. Messori ricevette la cittadinanza onoraria di Calanda, fu dichiarato Mayoral de Honor del santuario costruito sul luogo del presunto prodigio e ottenne la Gran Croce dell'Ordine di Isabella la Cattolica, conferitagli da Juan Carlos[16].
La vigilia di Natale del 1996 andò in onda su Rai 3 il documentario Aquerò, su Lourdes e Bernadette Soubirous, di cui Messori era autore (regia di Vittorio Nevano; il film fu presentato dalla Rai nel 1997 al Prix Italia). Nel 1997, Rai 3 trasmise Miriam, un breve film scritto da Messori, una sorta di "intervista alla Madonna"; nel 1999 fu trasmesso Il miracolo, ricostruzione basata sul libro omonimo.
Sul Corriere della Sera tacciò di falsità la lettera del procuratore generale di Pau, datata 28 dicembre 1857, in cui si parlava di qualcuno che stava per architettare "manifestazioni simulanti un carattere sovrannaturale e miracoloso". In base a elementi di questa lettera gli scettici delle apparizioni di Lourdes sostenevano che si trattasse di una truffa "orchestrata ai danni della credulità popolare, di cui le autorità del tempo erano al corrente"[17]. Secondo Messori[17]:
« Il falsario dimenticò di controllare il calendario del 1857. Se l'avesse fatto, si sarebbe accorto che, quell'anno, il 28 dicembre era una domenica. Dunque, gli uffici giudiziari erano chiusi »
Contrariamente alle affermazioni di Messori, tuttavia, il 28 dicembre 1857 cadde di lunedì.[18]
Nel 2000 fu pubblicato Dicono che è risorto, parte di una trilogia con Ipotesi su Gesù e Patì sotto Ponzio Pilato?. Per tutto il 2000 e fino al settembre del 2001, la serie di articoli di Messori su Jesus si sdoppiò: chiuso il Taccuino mariano, cominciarono gli Incontri, una serie di colloqui con i responsabili delle comunità religiose. A queste interviste fu affiancata una pagina dal titolo ABC: Un sillabario cristiano. A partire dal settembre 2001 cessarono gli Incontri, mentre continuò il Sillabario cristiano, al quale venne affiancata la nuova serie La bussola, ripresa del Vivaio di Avvenire.
La successiva opera di Messori, Gli occhi di Maria (2001), scritta a quattro mani con Rino Cammilleri, trattava delle cosiddette "apparizioni mariane".
Nel 2002 Leonardo Mondadori manifestò a Messori l'intenzione di scrivere assieme un piccolo "catechismo". Messori suggerì a Mondadori, convertitosi da qualche anno al cattolicesimo e avvicinatosi, sia pure senza farne parte, all'Opus Dei, di scrivere il racconto del proprio approdo alla fede cattolica; un libro, quindi, dal taglio più esperienziale ed autobiografico. Mondadori convenne e ne nacque il libro Conversione. Una storia personale.
Il Timone[modifica | modifica wikitesto]
Nel 2003 Messori approdò al Timone, rivista di apologetica diretta da Giampaolo Barra, dove riprese i Vivai; limitò poi il suo impegno per Jesus, sul quale tuttavia mantenne una rubrica sui suoi libri, fino al 2004.
"Ritorno" a Torino[modifica | modifica wikitesto]
Successivamente, iniziò la stesura di un libro su Torino, affiancato dall'inviato del Corriere della Sera, Aldo Cazzullo. Il libro nacque come intervista per poi svilupparsi in due distinti e complementari saggi sul capoluogo piemontese fra i luoghi e i ricordi dello scrittore. Il mistero di Torino fu pubblicato nel 2004.
Libro su Edgardo Mortara e Ipotesi su Maria[modifica | modifica wikitesto]
Nel 2005 furono pubblicati: Io, il bambino ebreo rapito da Pio IX, memoriale, rinvenuto da Messori, sul caso Edgardo Mortara, un bambino ebreo sottratto alla propria famiglia da Pio IX, e Ipotesi su Maria, il Taccuino Mariano uscito su Jesus nei primi anni novanta, un libro di quattrocento pagine sulle "apparizioni mariane".
Il libro su Mortara diede occasione ad alcuni esponenti del mondo ebraico di accusarlo di "parossistica difesa delle leggi pontificie grazie alle quali nel 1858 fu decretata da Pio IX la sottrazione del piccolo Edgardo Mortara alla sua famiglia di ebrei bolognesi - solo perché una domestica lo aveva battezzato di nascosto cinque anni prima" e per avere "evocato le virtù benefiche del ghetto“[19].
Dal 2006 ad oggi[modifica | modifica wikitesto]
Nel 2006 Messori ha raccolto i Vivai pubblicati dal 2001 su Jesus e su Il Timone, e altre rubriche pubblicate sulla prima rivista (Sillabario cristiano, Incontri, I miei libri), nel volume Emporio cattolico a completamento del ciclo di Vivaio. Nello stesso periodo Messori ha riscattato i diritti di quest'ultimo, irritato dall'indisponibilità delle Edizioni Paoline a ristamparlo, per poi cederli alle edizioni Sugarco, specializzatesi da qualche anno in pubblicistica cattolica.
Nel 2007 lo scrittore è stato impegnato nella stesura di una nuova opera, uscita il 21 ottobre 2008: Perché credo, un libro-intervista con il vaticanista de Il Giornale Andrea Tornielli; ha inoltre scritto per TIME un ritratto di papa Benedetto XVI per la lista dei cento uomini più influenti della Terra.[20]
Dal dicembre 2010 è stato direttore editoriale del quotidiano in rete La Bussola Quotidiana.
Nel giugno 2012, in un articolo pubblicato sulla rivista Il Timone, ha parlato del suo romanzo "rimasto nel cassetto", cui attualmente ha rinunciato, esponendone la trama[21]. Nell'ottobre del medesimo anno è uscito, per Mondadori, Bernadette non ci ha ingannati. Un'indagine storica sulla verità di Lourdes, ricostruzione della storia delle apparizioni mariane nella grotta di Massabielle.
Nel 2013, in occasione dell'elezione di papa Francesco, ha pubblicato, per la collana "Grandi Saggi" del Corriere della Sera, l'instant book La Chiesa di Francesco, con il sottotitolo La sfida del cristianesimo tra crisi e speranza[22].
Il 14 dicembre del 2014, sul quotidiano "Corriere della Sera" [23] ha pubblicato un articolo-confessione dal titolo "I dubbi sulla svolta di Papa Francesco" nel quale esprime un giudizio alquanto critico sul Pontefice definendolo "... imprevedibile, tanto da far ricredere via via anche qualche cardinale che era stato tra i suoi elettori" e palesando le sue perplessità in merito al nuovo corso impostato da Papa Francesco. La sua presa di posizione, rafforzata dalla frase di esordio nella quale definisce l'articolo che sta scrivendo come una "sorta di confessione che avrei volentieri rimandata, se non mi fosse stata richiesta", articolo apparso tra l'altro in prossimità dalle festività natalizie, ha sollevato una nutrita mole di polemiche tra cui la diatriba con Leonardo Boff secondo cui il giornalista cattolico "... dietro parole di pietà e di comprensione porta un veleno".[24]
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Toccare i grandi ritorni economici che fruttano tutti questi luoghi che sarebbero sede di apparizioni sta diventando pericoloso anche per il Papa...
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Maucat ha scritto:Toccare i grandi ritorni economici che fruttano tutti questi luoghi che sarebbero sede di apparizioni sta diventando pericoloso anche per il Papa...
Direi di sì. Prima o poi gli faranno la pelle.
Crozza ha già anticipato tutto.
https://www.youtube.com/watch?v=0jRHQ06asgk
Punto 37,14
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Gira e rigira ritorniamo sempre al solito "ritornello" poiché è questo il vero problema per dare risposta a tutti i ns. 3D e a tutti i ns.post:il potere economico/finanziario mondiale è' quello che con le sue lobbies e massonerie detengono i poteri politici di quasi tutti gli stati del pianeta e se qualora dovessero sorgere qualche tentativo di nuove esperienze politiche non perderanno tempo e danari per farle naufragare immediatamente magari anche col ns. aiuto dopo averci succhiato il cervello.camillobenso ha scritto:Maucat ha scritto:Toccare i grandi ritorni economici che fruttano tutti questi luoghi che sarebbero sede di apparizioni sta diventando pericoloso anche per il Papa...
Direi di sì. Prima o poi gli faranno la pelle.
Crozza ha già anticipato tutto.
https://www.youtube.com/watch?v=0jRHQ06asgk
Punto 37,14
E qui ci scorrazzano dentro tutti, istituzioni religiose comprese da non confondere con la religione che di perse' hanno compiti completamente diversi.
Un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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