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Re: G R E C I A
Banche, per Moody’s quelle italiane “vulnerabili se la Grecia esce dall’euro”
Economia
L'agenzia di rating sottolinea in un report che gli istituti dei Paesi periferici, come la Penisola ma anche Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro, hanno bilanci più "deboli" e sono più esposti al rischio di "accesso ristretto ai mercati e costo più alto del finanziamento all'ingrosso". Intanto, nonostante il nuovo rinvio dell'accordo tra Grecia e creditori, Piazza Affari ha chiuso in positivo e i tassi di interesse sui Btp sono scesi rispetto a venerdì
di F. Q. | 22 giugno 2015
Le banche dei Paesi “periferici” d’Europa, Italia compresa, sono “ancora vulnerabili in caso di uscita della Grecia dall’euro”. A suonare l’allarme è l’agenzia Moody’s, in un rapporto sul rischio Grexit diffuso nel giorno della nuova fumata grigia per la soluzione dell’impasse tra Atene e i creditori. In generale, sottolinea il report, gli istituti di credito europei sono “posizionati meglio” rispetto a tre anni fa, al culmine della crisi del debito, per far fronte a un’eventuale uscita del Paese dall’eurozona. Che gli analisti ritengono comunque ancora oggi lo scenario “meno probabile“. Ma il discorso cambia se l’analisi si focalizza sulle banche di Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro, che hanno bilanci “più deboli”.
“Un ampio miglioramento delle condizioni finanziarie delle banche dell’area euro e la stabilizzazione del clima economico della regione hanno reso gli istituti più resistenti agli shock esterni”, ha spiegato all’agenzia Bloomberg l’analista Sean Marion. Al contrario, per le banche dei Paesi euro-deboli le debolezze ereditate dal passato “pesano sull’abilità di tornare a una piena salute finanziaria. E sono anche più esposte al rischio di un accesso ristretto ai mercati e a un costo più alto del finanziamento all’ingrosso”. Questo nonostante il quantitative easing della Banca centrale europea, che sta pompando liquidità nei bilanci degli istituti visto che è da loro che Bankitalia, operando per conto dell’Eurotower, compra titoli di Stato nell’ambito del piano lanciato da Mario Draghi.
Nel rapporto prevale comunque l’ottimismo: gli analisti evidenziano che la probabilità della Grexit “si è intensificata”, ma il rischio di “contagio” è inferiore rispetto a tre anni fa”, anche perché la fiducia degli investitori “è stata rafforzata da un graduale ritorno alla crescita” nell’area della moneta unica e “dall’aumento del numero di strumenti politici” per garantire l’accesso al credito degli istituti finanziari. Non la pensa così Vassilis Primikiris, membro della direzione del comitato centrale di Syriza, che all’agenzia LaPresse ha detto che il governo Renzi, che “ha lasciato sola” Atene, “non si rende conto che i nostri stessi problemi li incontrerà anche l’Italia”: “Il nostro debito è risibile, al confronto. Mentre l’Italia viaggia oltre i 2mila miliardi di euro, il nostro è di 320 miliardi di euro”. E, secondo Primikiris, l’uscita della Grecia dall’euro potrebbe scatenare un effetto domino che coinvolgerà altre nazioni del sud dell’Europa.
In questo quadro, la Borsa sembra comunque credere nella possibilità di un esito positivo della crisi greca. Piazza Affari ha chiuso in rialzo del 3,47% dopo una seduta tutta con il segno più. Bene anche il mercato obbligazionario: in avvio il tasso di interesse sui Btp si attesta in chiusura al 2,14%, contro il 2,28% della chiusura di venerdì. Il differenziale di rendimento (spread) rispetto agli omologhi tedeschi, i Bund, è sceso a 128 punti contro 153.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... o/1803258/
Economia
L'agenzia di rating sottolinea in un report che gli istituti dei Paesi periferici, come la Penisola ma anche Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro, hanno bilanci più "deboli" e sono più esposti al rischio di "accesso ristretto ai mercati e costo più alto del finanziamento all'ingrosso". Intanto, nonostante il nuovo rinvio dell'accordo tra Grecia e creditori, Piazza Affari ha chiuso in positivo e i tassi di interesse sui Btp sono scesi rispetto a venerdì
di F. Q. | 22 giugno 2015
Le banche dei Paesi “periferici” d’Europa, Italia compresa, sono “ancora vulnerabili in caso di uscita della Grecia dall’euro”. A suonare l’allarme è l’agenzia Moody’s, in un rapporto sul rischio Grexit diffuso nel giorno della nuova fumata grigia per la soluzione dell’impasse tra Atene e i creditori. In generale, sottolinea il report, gli istituti di credito europei sono “posizionati meglio” rispetto a tre anni fa, al culmine della crisi del debito, per far fronte a un’eventuale uscita del Paese dall’eurozona. Che gli analisti ritengono comunque ancora oggi lo scenario “meno probabile“. Ma il discorso cambia se l’analisi si focalizza sulle banche di Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro, che hanno bilanci “più deboli”.
“Un ampio miglioramento delle condizioni finanziarie delle banche dell’area euro e la stabilizzazione del clima economico della regione hanno reso gli istituti più resistenti agli shock esterni”, ha spiegato all’agenzia Bloomberg l’analista Sean Marion. Al contrario, per le banche dei Paesi euro-deboli le debolezze ereditate dal passato “pesano sull’abilità di tornare a una piena salute finanziaria. E sono anche più esposte al rischio di un accesso ristretto ai mercati e a un costo più alto del finanziamento all’ingrosso”. Questo nonostante il quantitative easing della Banca centrale europea, che sta pompando liquidità nei bilanci degli istituti visto che è da loro che Bankitalia, operando per conto dell’Eurotower, compra titoli di Stato nell’ambito del piano lanciato da Mario Draghi.
Nel rapporto prevale comunque l’ottimismo: gli analisti evidenziano che la probabilità della Grexit “si è intensificata”, ma il rischio di “contagio” è inferiore rispetto a tre anni fa”, anche perché la fiducia degli investitori “è stata rafforzata da un graduale ritorno alla crescita” nell’area della moneta unica e “dall’aumento del numero di strumenti politici” per garantire l’accesso al credito degli istituti finanziari. Non la pensa così Vassilis Primikiris, membro della direzione del comitato centrale di Syriza, che all’agenzia LaPresse ha detto che il governo Renzi, che “ha lasciato sola” Atene, “non si rende conto che i nostri stessi problemi li incontrerà anche l’Italia”: “Il nostro debito è risibile, al confronto. Mentre l’Italia viaggia oltre i 2mila miliardi di euro, il nostro è di 320 miliardi di euro”. E, secondo Primikiris, l’uscita della Grecia dall’euro potrebbe scatenare un effetto domino che coinvolgerà altre nazioni del sud dell’Europa.
In questo quadro, la Borsa sembra comunque credere nella possibilità di un esito positivo della crisi greca. Piazza Affari ha chiuso in rialzo del 3,47% dopo una seduta tutta con il segno più. Bene anche il mercato obbligazionario: in avvio il tasso di interesse sui Btp si attesta in chiusura al 2,14%, contro il 2,28% della chiusura di venerdì. Il differenziale di rendimento (spread) rispetto agli omologhi tedeschi, i Bund, è sceso a 128 punti contro 153.
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Re: G R E C I A
Tra chi ha perso tutto e non sogna più niente
(Enrico Fierro)
22/06/2015 di triskel182
GreciaIn attesa di oggi. In attesa del vertice del Consiglio europeo. In attesa delle decisioni che prenderanno, e in attesa di come cambieranno gli umori dei big boss del Fondo Monetario. Un Paese intero, 11milioni e 200mila persone, vive cosí, sospeso. Aspettando il tempo che verrá. “Peggio di come sta andando non è neppure immaginabile. Hanno tagliato tutto, le gente, la vedi, è impoverita, intere famiglie fanno la fila alle mense dei poveri per assicurarsi almeno un pasto. No, quello che verrá non puó essere altra merda”. Ecco, gli alti euroburocrati e la signora Christine Lagarde, dovrebbero farsi un giro per le strade di Atene e parlare con Lambros Moustakis. Per la lingua non ci sono problemi: Lambros, un omone sui cinqunt’anni, ne parla cinque.
Forse cambierebbero idea sull’immagine che si sono stampati in testa del greco sprecone e un po’ mariuolo abituato a succhiare soldi al suo Stato per stipendi, pensioni e prebende immeritate. Il greco eterno Zorba che passa il suo tempo a sorseggiare ouzo nella speranza che l’Europa gli dia altri soldi per vivere come vuole. Lambros sorride: “Ai tedeschi consiglierei di bere meno birra”. Ci siamo incontrati nei pressi dell’ostello al Teatro nazionale dove ha un letto e un bagno per lavarsi. Lambros è un homeless, un senza casa, uno che a un certo punto della sua vita ha perso tutto. “Ma non sono un barbone, come dite voi in Italia, non allungo la mano per chiedere la caritá. Mai, dovessi morire di fame, ti assicuro che non lo faró”. Greco di Atene, la sua storia umana è un trattato di sociologia sugli effetti della crisi mondiale. Da giovane Lambros lascia l’Europa e vola in Argentina, lì trova lavoro in una fabbrica di carne in scatola, arriva la grande crisi e… “Me li ricordo quei giorni – racconta – proprio come in Grecia oggi. La gente era impazzita, correva in banca a portar via i soldi, a cambiare i pesos con i dollari. Finì nel caos totale e con la mia fabbrica che fallí. Di colpo mi trovai senza lavoro, senza casa e soprattutto senza prospettive”. Migrante tra le crisi mondiali Via dal pesos, corsa in Brasile. Altro lavoro, una donna, due figli, nuova crisi economica, vita in frantumi, nuova fuga. Questa volta in Europa, ritorno in Patria. Ride, Lambros. “I miei amici dicono che il Fondo monetario ce l’ha con me. Ti regaliamo un biglietto per la Germania, trasferisciti lí, cosí rovinerai anche i tedeschi”. Anche in Grecia Lambros ha perso tutto, il lavoro in un albergo (fallito) e la casa. E non é il solo in un Paese con 2 milioni e mezzo di disoccupati, il 27 per cento. Molti hanno perso il lavoro e sanno che non lo ritroveranno piú. Il 50 per cento dei giovani vive sulle spalle di famiglie dai bilanci disastrati, il 33,7 di loro non lavorano e non studiano. Chi può si arrangia lavorando in nero, il 30 per cento. Chi non ha neppure quello ingrossa le fila di quel 44 per cento di greci a rischio povertá totale. “La strada – ci dice Lambros – può trascinarti in un buco nero dal quale non vieni piú fuori, quando hai perso tutto devi appellarti alla tua dignitá, stringerla con forza, devi ripetere a te stesso che sei un uomo e vuoi resistere, altrimenti è la fine”. La resistenza di Lambros è una rivista, Schedìa, un mensile dei senzatetto. Insieme ad altri sconfitti dalla crisi, lo pensa, lo scrive, lo stampa e lo vende per strada a 3 euro. “Per ogni copia trattengo un euro per me, guadagno dai 250 ai 300 euro al mese e pago le tasse. Centoventi euro l’anno”. Mi mostra i bollettini dell’iva. Un caffé di Piazza della Vittoria. Qui incontriamo gli altri homeless amici di Lambros. Due uomini e una donna. Paul Krugman paragona Atene di questi giorni a Buenos Aires del 2001, scrive che “la Grecia si è imposta tagli quasi inconcepibili”, riducendo la spesa reale e tagliando tutto ció che si poteva, ma che all’insaziabile Europa non basta. Stipendi, pensioni, assistenza sociale. Un incontro con queste persone rafforzerebbe le sue analisi. Antonio, 55 anni, in testa un finto panama comprato a 3 euro dai cinesi. “Lavoravo in un giornale, ero un tipografo. Tu sei giornalista, ricordi le linotype? Io ho iniziato col piombo, ma negli ultimi anni mi ero specializzato con i nuovi sistemi editoriali. Il mio giornale ha chiuso e sono finito male. Troppo vecchio per lavorare, troppo giovane per sperare in una pensione. L’ultimo stipendio? I ricordi belli svaniscono in fretta, sai, ma era di 400 euro. Vivevo con quei soldi. Non lo nascondo ma ho tanta nostalgia del mio lavoro, quando ho perso tutto credevo di impazzire. All’improvviso mi sono ritrovato per strada. Mi sono chiuso, non parlavo con nessuno, mi ha salvato il teatro. Ora stiamo portando in scena La Moscheta del vostro Ruzante. Io sono il marito sospettoso e Maria è la moglie accusata di infedeltá”. Maria ha 46 anni, perfetta conoscenza dell’inglese. “Ho studiato e lavorato per una vita nell’azienda di famiglia, facevamo export di olive. Non che gli affari andassero benissimo, ma col lavoro riuscivamo a vivere. La crisi ci ha uccisi. Gli ordini diminuivano e le tasse aumentavano . Sono stati anni difficili. Dopo il fallimento dell’azienda sono venuta ad Atene a cercare lavoro. È stato un disastro. Ho capito che era finito tutto quando dal bancomat non uscivano neppure cinque euro. Ero senza soldi e senza una casa, vagavo per le strade, di notte cercavo un riparo dove c’erano centinaia di persone come me. Ma ti assicuro che la strada per una donna é l’inferno, tutti vogliono trascinarti giù, ogni cosa diventa difficile, finanche lavarsi. Ora vivo in un ostello, ma spero di trovare un lavoro. So organizzare un’impresa, parlo perfettamente inglese, il teatro mi sta insegnando a relazionarmi con gli altri. A proposito, io sono Betia! la moglie infedele, e lui, Dimitri, è uno dei miei amanti”.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano di oggi
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Re: G R E C I A
Rispettato il copione delle Montagne Russe.
Un giorno alle stelle (brindano) e il giorno dopo nelle stalle.
LA CRISI GRECA
Gelo Ue su Atene: «Progressi ancora insufficienti». Sospeso Eurogruppo
Momento di grave stallo: «Eurogruppo sospeso a tempo indeterminato». Si discute su un nuovo testo per trovare l’intesa. Ma fonti greche minimizzano: «Accordo ci sarà»
di Redazione Online
Il destino della Grecia è appeso a un filo. Con un piccolo giallo. La proposta greca, aggiornata con nuovi dettagli, secondo Atene è stata accettata dalle istituzioni come base di lavoro che ora sarà discussa nell’ambito dell’Eurogruppo a cui partecipano i ministri delle Finanze e dell’Economia dell’area euro. Una versione smentita da Bruxelles. «Non ci sono ancora abbastanza progressi», ha detto il presidente Jeroen Dijsselbloem entrando alla riunione. Aggiungendo che la proposta della Troika sarà sul tavolo in discussione. Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble afferma che la Grecia si «è mossa all’indietro» e che «c’è sempre speranza ma non abbiamo fatto molti progressi». «Non siamo molto ottimisti». Al suo arrivo al vertice europeo di Bruxelles, anche Angela Merkel avanza «l’impressione che la Grecia abbi fatto passi indietro». Per la cancelliera tedesca «noi (capi di stato e di governo, ndr) non ci immischieremo perché tocca all’Eurogruppo decidere».
«Eurogruppo sospeso a tempo indeterminato»
E la discussione sembra essersi arenata. Fonti interne fanno sapere che i ministri delle Finanze hanno chiesto alla Grecia di presentare una nuova serie di proposte. Intanto, a quanto pare, l’Eurogruppo «è stato sospeso a tempo indeterminato».
Creditori
I creditori, secondo la stampa greca, avevano dato alla Grecia tempo fino alle 11 per presentare una nuova proposta del piano di riforme in grado di sbloccare aiuti finanziari per 7,2 miliardi di euro. Alle 13 era previsto un nuovo Eurogruppo, che dovrebbe però slittare, mentre alle 16 è al via il vertice Ue dei capi di Stato e di governo. Non è esclusa, tra i due appuntamenti, la convocazione di un nuovo Eurosummit, il vertice dei leader della zona euro.
Proposte
La Grecia resta al momento ferma sulla proposta di riforme inviata ai creditori questa settimana e la difenderà davanti alle istituzioni europee, nel tentativo di raggiungere un accordo ha detto un funzionario del governo ellenico. Atene presenterà la sua proposta, che include un aumento delle tasse e contributi pensionistici più alti, alla riunione che si terrà in giornata con Eurogruppo e leader Ue. Anche Ue, Bce, Fondo monetario e Esm hanno presentato una proposta che va verso la direzione di quelle proposte dalla Grecia lunedì scorso. Ma, come informa una fonte delle istituzioni, «non c’è ancora nessuna risposta dai greci».
25 giugno 2015 | 12:59
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/economia/15_giug ... fc9e.shtml
Un giorno alle stelle (brindano) e il giorno dopo nelle stalle.
LA CRISI GRECA
Gelo Ue su Atene: «Progressi ancora insufficienti». Sospeso Eurogruppo
Momento di grave stallo: «Eurogruppo sospeso a tempo indeterminato». Si discute su un nuovo testo per trovare l’intesa. Ma fonti greche minimizzano: «Accordo ci sarà»
di Redazione Online
Il destino della Grecia è appeso a un filo. Con un piccolo giallo. La proposta greca, aggiornata con nuovi dettagli, secondo Atene è stata accettata dalle istituzioni come base di lavoro che ora sarà discussa nell’ambito dell’Eurogruppo a cui partecipano i ministri delle Finanze e dell’Economia dell’area euro. Una versione smentita da Bruxelles. «Non ci sono ancora abbastanza progressi», ha detto il presidente Jeroen Dijsselbloem entrando alla riunione. Aggiungendo che la proposta della Troika sarà sul tavolo in discussione. Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble afferma che la Grecia si «è mossa all’indietro» e che «c’è sempre speranza ma non abbiamo fatto molti progressi». «Non siamo molto ottimisti». Al suo arrivo al vertice europeo di Bruxelles, anche Angela Merkel avanza «l’impressione che la Grecia abbi fatto passi indietro». Per la cancelliera tedesca «noi (capi di stato e di governo, ndr) non ci immischieremo perché tocca all’Eurogruppo decidere».
«Eurogruppo sospeso a tempo indeterminato»
E la discussione sembra essersi arenata. Fonti interne fanno sapere che i ministri delle Finanze hanno chiesto alla Grecia di presentare una nuova serie di proposte. Intanto, a quanto pare, l’Eurogruppo «è stato sospeso a tempo indeterminato».
Creditori
I creditori, secondo la stampa greca, avevano dato alla Grecia tempo fino alle 11 per presentare una nuova proposta del piano di riforme in grado di sbloccare aiuti finanziari per 7,2 miliardi di euro. Alle 13 era previsto un nuovo Eurogruppo, che dovrebbe però slittare, mentre alle 16 è al via il vertice Ue dei capi di Stato e di governo. Non è esclusa, tra i due appuntamenti, la convocazione di un nuovo Eurosummit, il vertice dei leader della zona euro.
Proposte
La Grecia resta al momento ferma sulla proposta di riforme inviata ai creditori questa settimana e la difenderà davanti alle istituzioni europee, nel tentativo di raggiungere un accordo ha detto un funzionario del governo ellenico. Atene presenterà la sua proposta, che include un aumento delle tasse e contributi pensionistici più alti, alla riunione che si terrà in giornata con Eurogruppo e leader Ue. Anche Ue, Bce, Fondo monetario e Esm hanno presentato una proposta che va verso la direzione di quelle proposte dalla Grecia lunedì scorso. Ma, come informa una fonte delle istituzioni, «non c’è ancora nessuna risposta dai greci».
25 giugno 2015 | 12:59
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Re: G R E C I A
luce gratis e sussidi per affitti e pasti agli indigenti
Grecia, da oggi luce gratis e sussidi per affitti e pasti agli indigenti
Alexis Tsipras (ansa)
Parte il piano umanitario voluto dal premier Alexis Tsipras a marzo, nonostante le proteste dell'ex troika:
costerà 200 milioni ma garantirà corrente elettrica, un tetto e cibo a chi non può permetterselo
dal nostro inviato ETTORE LIVINI
ATENE - Le trattative a Bruxelles per salvare la Grecia sono al palo. Per 301.101 famiglie elleniche in forti difficoltà economiche, però oggi è un giorno - per quanto possibile - di festa. Il ministero del Lavoro ha pubblicato infatti in mattinata l'elenco delle persone che beneficeranno dei primi interventi umanitari approvati dal governo di Alexis Tsipras. A 89.300 appartamenti che ospitano 212.216 persone indigenti sarà riattaccata gratuitamente l'energia elettrica, staccata in passato per le bollette scadute, con la fornitura garantita di 300 kilowattora l'anno. L'esecutivo ha anche accolto 66.422 richieste per sussidi per la casa: quasi 90mila greci riceveranno un supporto finanziario compreso tra i 70 e i 220 euro al mese per riuscire a pagare l'affitto, a seconda del reddito e dello stato di famiglia. A quasi 349mila persone invece saranno garantiti buoni pasto emessi dalla National Bank validi fino a 200 euro al mese per l'acquisto di beni di prima necessità nei supermercati.
Gli interventi di emergenza per risolvere la crisi umanitaria sono uno dei capisaldi del "programma di Salonicco", il decalogo economico del governo di Syriza e sono una delle primissime leggi passate attraverso il Parlamento all'inizio di marzo malgrado al momento dell'approvazione la Troika abbia cercato di stopparle perché non concordate con i creditori. Il loro costo è vicino ai 200 milioni. Una goccia nell'oceano dei problemi della Grecia, un ottavo dei soldi che vanno restituiti al Fondo Monetario internazionale a fine giugno ma una boccata d'ossigeno importante per chi li riceverà. I guai dei greci più poveri del resto sono stati al centro ieri di un durissimo scambio di battute tra Tsipras e Donald Tusk ai margini dell'Eurogruppo. "Per Atene ora è game over", avrebbe detto il presidente polacco del Consiglio d'Europa. "Una storia come la nostra non è un gioco - avrebbe risposto secondo la stampa nazionale il premier -. Stiamo parlando di 1,5 milioni di persone senza lavoro, tre milioni di poveri e migliaia di famiglie senza reddito che campano solo con la pensione del nonno".
Giovedì scorso, mentre i fari della cronaca erano concentrati a Bruxelles, il Parlamento greco ha approvato a maggioranza ma senza i voti del partner di governo di
ultradestra Anel la legge che dà la cittadinanza ai figli di migranti di seconda generazione. Il via liberà in aula è stato ottenuto grazie al sostegno dei socialisti del Pasok e di To Potami che hanno sommato i loro consensi a quelli (149 su 300) di Syriza.
http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... 117727656/
Grecia, da oggi luce gratis e sussidi per affitti e pasti agli indigenti
Alexis Tsipras (ansa)
Parte il piano umanitario voluto dal premier Alexis Tsipras a marzo, nonostante le proteste dell'ex troika:
costerà 200 milioni ma garantirà corrente elettrica, un tetto e cibo a chi non può permetterselo
dal nostro inviato ETTORE LIVINI
ATENE - Le trattative a Bruxelles per salvare la Grecia sono al palo. Per 301.101 famiglie elleniche in forti difficoltà economiche, però oggi è un giorno - per quanto possibile - di festa. Il ministero del Lavoro ha pubblicato infatti in mattinata l'elenco delle persone che beneficeranno dei primi interventi umanitari approvati dal governo di Alexis Tsipras. A 89.300 appartamenti che ospitano 212.216 persone indigenti sarà riattaccata gratuitamente l'energia elettrica, staccata in passato per le bollette scadute, con la fornitura garantita di 300 kilowattora l'anno. L'esecutivo ha anche accolto 66.422 richieste per sussidi per la casa: quasi 90mila greci riceveranno un supporto finanziario compreso tra i 70 e i 220 euro al mese per riuscire a pagare l'affitto, a seconda del reddito e dello stato di famiglia. A quasi 349mila persone invece saranno garantiti buoni pasto emessi dalla National Bank validi fino a 200 euro al mese per l'acquisto di beni di prima necessità nei supermercati.
Gli interventi di emergenza per risolvere la crisi umanitaria sono uno dei capisaldi del "programma di Salonicco", il decalogo economico del governo di Syriza e sono una delle primissime leggi passate attraverso il Parlamento all'inizio di marzo malgrado al momento dell'approvazione la Troika abbia cercato di stopparle perché non concordate con i creditori. Il loro costo è vicino ai 200 milioni. Una goccia nell'oceano dei problemi della Grecia, un ottavo dei soldi che vanno restituiti al Fondo Monetario internazionale a fine giugno ma una boccata d'ossigeno importante per chi li riceverà. I guai dei greci più poveri del resto sono stati al centro ieri di un durissimo scambio di battute tra Tsipras e Donald Tusk ai margini dell'Eurogruppo. "Per Atene ora è game over", avrebbe detto il presidente polacco del Consiglio d'Europa. "Una storia come la nostra non è un gioco - avrebbe risposto secondo la stampa nazionale il premier -. Stiamo parlando di 1,5 milioni di persone senza lavoro, tre milioni di poveri e migliaia di famiglie senza reddito che campano solo con la pensione del nonno".
Giovedì scorso, mentre i fari della cronaca erano concentrati a Bruxelles, il Parlamento greco ha approvato a maggioranza ma senza i voti del partner di governo di
ultradestra Anel la legge che dà la cittadinanza ai figli di migranti di seconda generazione. Il via liberà in aula è stato ottenuto grazie al sostegno dei socialisti del Pasok e di To Potami che hanno sommato i loro consensi a quelli (149 su 300) di Syriza.
http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... 117727656/
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Re: G R E C I A
In questo contesto, il governo greco dovrebbe chiedersi che direzione seguire. La priorità deve essere la gente; i tagli inumani non possono continuare e si dovrebbe provare a generare un avanzo di bilancio, che permetta di continuare a pagare i creditori. La restituzione dei debiti dovrebbe essere sospesa, almeno per un periodo, per consentire al paese di recuperare, migliorare l’aspetto sociale e ridurre la disoccupazione. In questo modo si può dilazionare la ristrutturazione del debito, al fine di ripagarlo senza sacrificare la popolazione. Se all’UE importa la situazione della popolazione greca, non solo dovrebbe accettare questa decisione senza rappresaglie, ma dovrebbe anche appoggiare finanziariamente la Grecia per guidarla verso uno sviluppo. Siccome è molto difficile che gli esecutori di una politica di espansione emergano dalla Troika, sicuramente la Grecia dovrebbe lasciare l’Euro, per essere in grado di controllare la sua politica monetaria e avviare il recupero. I problemi che possono essere generati in una fase iniziale sarebbero socialmente meno d’impatto, rispetto a quanto la popolazione greca sta sperimentando. Certo è che molte questioni interne dovranno essere risolte, come la lotta contro la corruzione dei politici. Tutto questo per migliorare la qualità della vita della gente e non per arricchire gli speculatori.
Se l’UE non attiva una rivoluzione al proprio interno, modificando le politiche neoliberiste, si rischierà prima o poi che la Grecia e forse anche altri paesi escano dall’euro. Se dovesse succedere non si dovrà considerarla un arretramento dell’integrazione regionale, bensì un avanzamento verso altri paradigmi d’integrazione. Un’integrazione dove la priorità siano i popoli e non coloro che si sono a oggi convertiti nel loro principale nemico: le banche.
Guillermo Sullings, economista argentino
Se l’UE non attiva una rivoluzione al proprio interno, modificando le politiche neoliberiste, si rischierà prima o poi che la Grecia e forse anche altri paesi escano dall’euro. Se dovesse succedere non si dovrà considerarla un arretramento dell’integrazione regionale, bensì un avanzamento verso altri paradigmi d’integrazione. Un’integrazione dove la priorità siano i popoli e non coloro che si sono a oggi convertiti nel loro principale nemico: le banche.
Guillermo Sullings, economista argentino
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Re: G R E C I A
IN ATTESA DI ALBA DORATA
“Siamo pronti a tutto per la stabilità dell’Euro”
L’Eurogruppo sbatte la porta in faccia ad Atene
I creditori hanno detto no a prorogare la scadenza del 30 giugno per consentire il referendum annunciato da Tsipras. Terminato l’incontro senza delegazione ellenica, sul tavolo il “fallimento ordinato” della Grecia
Zonaeuro
Il tentativo di Alexis Tsipras di sparigliare le trattative con i creditori giocando la carta del referendum il 5 luglio in Grecia sulle loro proposte ha fatto saltare il negoziato. I ministri delle Finanze dell’area euro hanno infatti detto no alla richiesta di Atene di posticipare di sei giorni la deadline del 30 giugno. Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis aveva chiesto un’estensione ad hoc del programma di salvataggio e il rinvio del termine per il rimborso della rata da 1,6 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale. “Il programma scade il 30 giugno”, ha detto in conferenza stampa il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem
http://www.ilfattoquotidiano.it/?refresh_ce
^^^^^^^^^^^^^
Grecia, dopo proposta di referendum Eurogruppo sbatte porta in faccia ad Atene: “Pronti a tutto per stabilità Euro”
I creditori hanno detto no alla richiesta di una nuova proroga della scadenza del 30 giugno per consentire la consultazione annunciata da Tsipras. L'Eurogruppo è rincominciato senza la delegazione ellenica, sul tavolo il "fallimento ordinato" di Atene
di F. Q. | 27 giugno 2015
Articolo + Video
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... e/1820157/
“Siamo pronti a tutto per la stabilità dell’Euro”
L’Eurogruppo sbatte la porta in faccia ad Atene
I creditori hanno detto no a prorogare la scadenza del 30 giugno per consentire il referendum annunciato da Tsipras. Terminato l’incontro senza delegazione ellenica, sul tavolo il “fallimento ordinato” della Grecia
Zonaeuro
Il tentativo di Alexis Tsipras di sparigliare le trattative con i creditori giocando la carta del referendum il 5 luglio in Grecia sulle loro proposte ha fatto saltare il negoziato. I ministri delle Finanze dell’area euro hanno infatti detto no alla richiesta di Atene di posticipare di sei giorni la deadline del 30 giugno. Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis aveva chiesto un’estensione ad hoc del programma di salvataggio e il rinvio del termine per il rimborso della rata da 1,6 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale. “Il programma scade il 30 giugno”, ha detto in conferenza stampa il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem
http://www.ilfattoquotidiano.it/?refresh_ce
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Grecia, dopo proposta di referendum Eurogruppo sbatte porta in faccia ad Atene: “Pronti a tutto per stabilità Euro”
I creditori hanno detto no alla richiesta di una nuova proroga della scadenza del 30 giugno per consentire la consultazione annunciata da Tsipras. L'Eurogruppo è rincominciato senza la delegazione ellenica, sul tavolo il "fallimento ordinato" di Atene
di F. Q. | 27 giugno 2015
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Re: G R E C I A
La vox populi.
Il numero degli interventi alle 21,40 alto, 2155.
PaolettoV • 2 minuti fa
A meno di miracoli dell'ultima ora, assisteremo ad un suicidio da tempo annunciato.
Merito di politici greci, autentici dilettanti allo sbaraglio, incapaci di assumere decisioni
forti, ancorché apparentemente dolorose (specie in tema di pensioni d'oro, che fanno invidia alle nostre). Il coraggio, se uno non ce l'ha, non se lo può dare. Intanto, dinanzi alle banche,
serpeggiano principi di panico.
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I renziani sono pericolosi SEMPRE.
Questo PaolettoV è presente in tutti commenti in difesa di La Qualunque.
Essendo di destra odia la sinistra.
Il numero degli interventi alle 21,40 alto, 2155.
PaolettoV • 2 minuti fa
A meno di miracoli dell'ultima ora, assisteremo ad un suicidio da tempo annunciato.
Merito di politici greci, autentici dilettanti allo sbaraglio, incapaci di assumere decisioni
forti, ancorché apparentemente dolorose (specie in tema di pensioni d'oro, che fanno invidia alle nostre). Il coraggio, se uno non ce l'ha, non se lo può dare. Intanto, dinanzi alle banche,
serpeggiano principi di panico.
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I renziani sono pericolosi SEMPRE.
Questo PaolettoV è presente in tutti commenti in difesa di La Qualunque.
Essendo di destra odia la sinistra.
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- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: G R E C I A
CONTRO IL TOTALITARISMO FINANZIARIO, L’EUROPA O CAMBIA O MUORE
di Marco Revelli – 26 giugno 2015
L’«economia che uccide» di cui parla il papa la vediamo al lavoro in questi giorni, in diretta, da Bruxelles. Ed è uno spettacolo umiliante. Non taglia le gole, non ha l’odore del sangue, della polvere e della carne bruciata. Opera in stanze climatizzate, in corridoi per passi felpati, ma ha la stessa impudica ferocia della guerra. Della peggiore delle guerre: quella dichiarata dai ricchi globali ai poveri dei paesi più fragili. Questa è la metafisica influente dei vertici dell’Unione europea, della Bce e, soprattutto, del Fondo monetario internazionale: dimostrare, con ogni mezzo, che chi sta in basso mai e poi mai potrà sperare di far sentire le proprie ragioni, contro le loro fallimentari ricette.
La «trattativa sulla Grecia», nelle ultime settimane, è ormai uscita dai limiti di un normale, per quanto duro, confronto diplomatico per assumere i caratteri di una prova di forza. Di una sorta di giudizio di dio alla rovescia.
Già le precedenti tappe avevano rivelato uno scarto rispetto a un tradizionale quadro da «democrazia occidentale», con la costante volontà, da parte dei vertici dell’Unione, di sostituire al carattere tutto politico dei risultati del voto greco e del mandato popolare dato a quel governo, la logica aritmetica del conto profitti e perdite, come se non di Stati si trattasse, ma ormai direttamente di Imprese o di Società commerciali.
Ha ragione Jürgen Habermas a denunciare lo slittamento – di per sé devastante – da un confronto tra rappresentanti di popoli in un quadro tutto pubblicistico di cittadinanza, a un confronto tra creditori e debitori, in un quadro quasi-privatistico da tribunale fallimentare. Era già di per sé il segno di una qualche apocalisse culturale la derubricazione di Alexis Tsipras e di Yanis Varoufakis da interlocutori politici a «debitori», posti dunque a priori su un piede di ineguaglianza nei confronti degli onnipotenti «creditori».
Ma poi la vicenda ha compiuto un altro giro. Christine Lagarde ha impresso una nuova accelerazione al processo di disvelamento, alzando ancora il tiro. Facendone non più solo una questione di spoliazione dell’altro, ma di sua umiliazione. Non più solo la dialettica, tutta economica, «creditore-debitore», ma quella, ben più drammatica, «amico-nemico», che segna il ritorno in campo della politica nella sua forma più essenziale, e più dura, del «polemos».
In effetti non si era mai visto un creditore, per stupido che esso sia, cercare di uccidere il proprio debitore, come invece il Fmi sta facendo con i greci. Ci deve essere qualcosa di più: la costruzione scientifica del «nemico». E la volontà di un sacrificio esemplare.
Un auto da fé in piena regola, come si faceva ai tempi dell’Inquisizione, perché nessun altro sia più tentato dal fascino dell’eresia.
Leggetevi con attenzione l’ultimo documento con le proposte greche e le correzioni in rosso del Brussels group, pubblicato (con un certo gusto sadico) dal Wall Street Journal: è un esempio burocratico di pedagogia del disumano.
L’evidenziatore in rosso ha spigolato per tutto il testo cercando, con maniacale acribia ogni, sia pur minimo, accenno ai «più bisognosi» («most in need») per cassarlo con un rigo. Ha negato la possibilità di mantenere l’Iva più bassa (13%) per gli alimenti essenziali («Basic food») e al 6% per i materiali medici (!). Così come, sul versante opposto, ha cancellato ogni accenno a tassare «in alto» i profitti più elevati (superiori ai 500mila euro), in omaggio alla famigerata teoria del trickle down, dello «sgocciolamento», secondo cui arricchire i più ricchi fa bene a tutti!
Ha, infine, disseminato di rosso il paragrafo sulle pensioni, imponendo di spremere ulteriormente, di un altro 1% del Pil — e da subito! — un settore già massacrato dai Memorandum del 2010 e del 2012.
Il tutto appoggiato sulla infinitamente replicata falsificazione dell’età pensionabile «scandalosamente bassa» dei greci (chi spara 53 anni, chi 57…). Il direttore della comunicazione della Troika Gerry Rice, durante un incontro con la stampa, per giustificare la mano pesante, ha addirittura dichiarato che «la pensione media greca è allo stesso livello che in Germania, ma si va in pensione sei anni prima…».
Una (doppia) menzogna consapevole, smentita dalle stesse fonti statistiche ufficiali dell’Ue: il database Eurostat segnala, fin dal 2005, l’età media pensionabile per i cittadini greci a 61,7 anni (quasi un anno in più rispetto alla media europea, la Germania era allora a 61,3, l’Italia a 59,7).
E sempre Eurostat ci dice che nel 2012 la spesa pensionistica pro capite era in Grecia all’incirca la metà di Paesi come l’Austria e la Francia e di un quarto sotto la Germania.
Il Financial Times ha dimostrato che «accettare le richieste dei creditori significherebbe per la Grecia dire sì ad un aggiustamento di bilancio… pari al 12,6% nell’arco di quattro anni, al termine dei quali il rapporto debito-PIL si avvicinerebbe al 200%». Paul Krugman ha mostrato come l’avanzo primario della Grecia «corretto per il ciclo» (cyclically adjusted) è di gran lunga il più alto d’Europa: due volte e mezzo quello della Germania, due punti percentuali sopra quello dell’Italia.
Dunque un Paese che ha dato tutto quello che poteva, e molto di più. Perché allora continuare a spremerlo?
Ambrose Evans-Pritchard – un commentatore conservatore, ma non accecato dall’odio – ha scritto sul Telegraph che i «creditori vogliono vedere questi Klepht ribelli (greci che nel Cinquecento si opposero al dominio ottomano) pendere impiccati dalle colonne del Partenone, al pari dei banditi», perché non sopportano di essere contraddetti dai testimoni del proprio fallimento. E ha aggiunto che «se vogliamo datare il momento in cui l’ordine liberale nell’Atlantico ha perso la sua autorità – e il momento in cui il Progetto Europeo ha cessato di essere una forza storica capace di motivare – be’, il momento potrebbe essere proprio questo». È difficile dargli torto.
Non possiamo nasconderci che quello che si consuma in Europa in questi giorni, sul versante greco e su quello dei migranti, segna un cambiamento di scenario per tutti noi.
Sarà sempre più difficile, d’ora in poi, nutrire un qualche orgoglio del proprio essere europei. E tenderà a prevalere, se vorremo «restare umani», la vergogna.
Se, come tutti speriamo, Tsipras e Varoufakis riusciranno a portare a casa la pelle del proprio Paese, respingendo quello che assomiglia a un colpo di stato finanziario, sarà un fatto di straordinaria importanza per tutti noi.
E tuttavia resterà comunque indelebile l’immagine di un potere e di un paradigma con cui sarà sempre più difficile convivere. Perché malato di quel totalitarismo finanziario che non tollera punti di vista alternativi, a costo di portare alla rovina l’Europa, dal momento che è evidente che su queste basi, con queste leadership, con questa ideologia esclusiva, con queste istituzioni sempre più chiuse alla democrazia, l’Europa non sopravvive.
Mai come ora è chiaro che l’Europa o cambia o muore.
La Grecia, da sola, non può farcela. Può superare un round, ma se non le si affiancheranno altri popoli e altri governi, la speranza che ha aperto verrà soffocata.
Per questo sono così importanti le elezioni d’autunno in Spagna e in Portogallo.
Per questo è così urgente il processo di ricostruzione di una sinistra italiana all’altezza di queste sfide, superando frammentazioni e particolarismi, incertezze e distinguo, per costruire, in fretta, una casa comune grande e credibile.
da il manifesto del 27 giugno 2015
by admin1
di Marco Revelli – 26 giugno 2015
L’«economia che uccide» di cui parla il papa la vediamo al lavoro in questi giorni, in diretta, da Bruxelles. Ed è uno spettacolo umiliante. Non taglia le gole, non ha l’odore del sangue, della polvere e della carne bruciata. Opera in stanze climatizzate, in corridoi per passi felpati, ma ha la stessa impudica ferocia della guerra. Della peggiore delle guerre: quella dichiarata dai ricchi globali ai poveri dei paesi più fragili. Questa è la metafisica influente dei vertici dell’Unione europea, della Bce e, soprattutto, del Fondo monetario internazionale: dimostrare, con ogni mezzo, che chi sta in basso mai e poi mai potrà sperare di far sentire le proprie ragioni, contro le loro fallimentari ricette.
La «trattativa sulla Grecia», nelle ultime settimane, è ormai uscita dai limiti di un normale, per quanto duro, confronto diplomatico per assumere i caratteri di una prova di forza. Di una sorta di giudizio di dio alla rovescia.
Già le precedenti tappe avevano rivelato uno scarto rispetto a un tradizionale quadro da «democrazia occidentale», con la costante volontà, da parte dei vertici dell’Unione, di sostituire al carattere tutto politico dei risultati del voto greco e del mandato popolare dato a quel governo, la logica aritmetica del conto profitti e perdite, come se non di Stati si trattasse, ma ormai direttamente di Imprese o di Società commerciali.
Ha ragione Jürgen Habermas a denunciare lo slittamento – di per sé devastante – da un confronto tra rappresentanti di popoli in un quadro tutto pubblicistico di cittadinanza, a un confronto tra creditori e debitori, in un quadro quasi-privatistico da tribunale fallimentare. Era già di per sé il segno di una qualche apocalisse culturale la derubricazione di Alexis Tsipras e di Yanis Varoufakis da interlocutori politici a «debitori», posti dunque a priori su un piede di ineguaglianza nei confronti degli onnipotenti «creditori».
Ma poi la vicenda ha compiuto un altro giro. Christine Lagarde ha impresso una nuova accelerazione al processo di disvelamento, alzando ancora il tiro. Facendone non più solo una questione di spoliazione dell’altro, ma di sua umiliazione. Non più solo la dialettica, tutta economica, «creditore-debitore», ma quella, ben più drammatica, «amico-nemico», che segna il ritorno in campo della politica nella sua forma più essenziale, e più dura, del «polemos».
In effetti non si era mai visto un creditore, per stupido che esso sia, cercare di uccidere il proprio debitore, come invece il Fmi sta facendo con i greci. Ci deve essere qualcosa di più: la costruzione scientifica del «nemico». E la volontà di un sacrificio esemplare.
Un auto da fé in piena regola, come si faceva ai tempi dell’Inquisizione, perché nessun altro sia più tentato dal fascino dell’eresia.
Leggetevi con attenzione l’ultimo documento con le proposte greche e le correzioni in rosso del Brussels group, pubblicato (con un certo gusto sadico) dal Wall Street Journal: è un esempio burocratico di pedagogia del disumano.
L’evidenziatore in rosso ha spigolato per tutto il testo cercando, con maniacale acribia ogni, sia pur minimo, accenno ai «più bisognosi» («most in need») per cassarlo con un rigo. Ha negato la possibilità di mantenere l’Iva più bassa (13%) per gli alimenti essenziali («Basic food») e al 6% per i materiali medici (!). Così come, sul versante opposto, ha cancellato ogni accenno a tassare «in alto» i profitti più elevati (superiori ai 500mila euro), in omaggio alla famigerata teoria del trickle down, dello «sgocciolamento», secondo cui arricchire i più ricchi fa bene a tutti!
Ha, infine, disseminato di rosso il paragrafo sulle pensioni, imponendo di spremere ulteriormente, di un altro 1% del Pil — e da subito! — un settore già massacrato dai Memorandum del 2010 e del 2012.
Il tutto appoggiato sulla infinitamente replicata falsificazione dell’età pensionabile «scandalosamente bassa» dei greci (chi spara 53 anni, chi 57…). Il direttore della comunicazione della Troika Gerry Rice, durante un incontro con la stampa, per giustificare la mano pesante, ha addirittura dichiarato che «la pensione media greca è allo stesso livello che in Germania, ma si va in pensione sei anni prima…».
Una (doppia) menzogna consapevole, smentita dalle stesse fonti statistiche ufficiali dell’Ue: il database Eurostat segnala, fin dal 2005, l’età media pensionabile per i cittadini greci a 61,7 anni (quasi un anno in più rispetto alla media europea, la Germania era allora a 61,3, l’Italia a 59,7).
E sempre Eurostat ci dice che nel 2012 la spesa pensionistica pro capite era in Grecia all’incirca la metà di Paesi come l’Austria e la Francia e di un quarto sotto la Germania.
Il Financial Times ha dimostrato che «accettare le richieste dei creditori significherebbe per la Grecia dire sì ad un aggiustamento di bilancio… pari al 12,6% nell’arco di quattro anni, al termine dei quali il rapporto debito-PIL si avvicinerebbe al 200%». Paul Krugman ha mostrato come l’avanzo primario della Grecia «corretto per il ciclo» (cyclically adjusted) è di gran lunga il più alto d’Europa: due volte e mezzo quello della Germania, due punti percentuali sopra quello dell’Italia.
Dunque un Paese che ha dato tutto quello che poteva, e molto di più. Perché allora continuare a spremerlo?
Ambrose Evans-Pritchard – un commentatore conservatore, ma non accecato dall’odio – ha scritto sul Telegraph che i «creditori vogliono vedere questi Klepht ribelli (greci che nel Cinquecento si opposero al dominio ottomano) pendere impiccati dalle colonne del Partenone, al pari dei banditi», perché non sopportano di essere contraddetti dai testimoni del proprio fallimento. E ha aggiunto che «se vogliamo datare il momento in cui l’ordine liberale nell’Atlantico ha perso la sua autorità – e il momento in cui il Progetto Europeo ha cessato di essere una forza storica capace di motivare – be’, il momento potrebbe essere proprio questo». È difficile dargli torto.
Non possiamo nasconderci che quello che si consuma in Europa in questi giorni, sul versante greco e su quello dei migranti, segna un cambiamento di scenario per tutti noi.
Sarà sempre più difficile, d’ora in poi, nutrire un qualche orgoglio del proprio essere europei. E tenderà a prevalere, se vorremo «restare umani», la vergogna.
Se, come tutti speriamo, Tsipras e Varoufakis riusciranno a portare a casa la pelle del proprio Paese, respingendo quello che assomiglia a un colpo di stato finanziario, sarà un fatto di straordinaria importanza per tutti noi.
E tuttavia resterà comunque indelebile l’immagine di un potere e di un paradigma con cui sarà sempre più difficile convivere. Perché malato di quel totalitarismo finanziario che non tollera punti di vista alternativi, a costo di portare alla rovina l’Europa, dal momento che è evidente che su queste basi, con queste leadership, con questa ideologia esclusiva, con queste istituzioni sempre più chiuse alla democrazia, l’Europa non sopravvive.
Mai come ora è chiaro che l’Europa o cambia o muore.
La Grecia, da sola, non può farcela. Può superare un round, ma se non le si affiancheranno altri popoli e altri governi, la speranza che ha aperto verrà soffocata.
Per questo sono così importanti le elezioni d’autunno in Spagna e in Portogallo.
Per questo è così urgente il processo di ricostruzione di una sinistra italiana all’altezza di queste sfide, superando frammentazioni e particolarismi, incertezze e distinguo, per costruire, in fretta, una casa comune grande e credibile.
da il manifesto del 27 giugno 2015
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Re: G R E C I A
Grecia, dopo proposta di referendum Eurogruppo sbatte porta in faccia ad Atene: “Pronti a tutto per stabilità Euro”
I creditori hanno detto no alla richiesta di una nuova proroga della scadenza del 30 giugno per consentire la consultazione annunciata da Tsipras. L'Eurogruppo è rincominciato senza la delegazione ellenica, sul tavolo il "fallimento ordinato" di Atene
di F. Q. | 27 giugno 2015
Quindi I ministri delle Finanze dell’area euro, compreso l'Italia, hanno detto NO ad una nuova proroga,
sarebbe stato significativo che l'Italia avesse detto Sì .Forse è pretendere troppo dai nostri politici.
I creditori hanno detto no alla richiesta di una nuova proroga della scadenza del 30 giugno per consentire la consultazione annunciata da Tsipras. L'Eurogruppo è rincominciato senza la delegazione ellenica, sul tavolo il "fallimento ordinato" di Atene
di F. Q. | 27 giugno 2015
Quindi I ministri delle Finanze dell’area euro, compreso l'Italia, hanno detto NO ad una nuova proroga,
sarebbe stato significativo che l'Italia avesse detto Sì .Forse è pretendere troppo dai nostri politici.
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Re: G R E C I A
Dallo spread alla crescita, cosa rischia il nostro Paese
di EUGENIO OCCORSIO -repubblica.it
I mercati riaprono con lo spettro della Grexit e il pericolo di uno shock. A preoccupare non è l'effetto-contagio diretto, per limitare il quale esistono solidi strumenti in mano a Draghi, ma la rottura del fragile equilibrio fra riforme fatte e prospettate, fiducia che si sta riaffacciando e condizioni oggettive favorevoli (bassi tassi, cambi), che stanno riportando il Paese sulla via della crescita. Come nel caso Lehman per l'America, lo shock greco rischia di avere conseguenze a catena.
1) I TITOLI DI STATO.
Allarme speculazione, interessi più elevati.
Nessuno si aspetta di rivedere lo spread a quota 500, ma con ogni probabilità l'ulteriore aggravamento della crisi non passerà indolore sul mercato dei titoli di Stato italiani. «Una volta messa in dubbio l'irreversibilità dell'euro, e direi che a questo punto ci siamo, il contagio è probabile, anche se, come ha promesso, Draghi accentuerà gli acquisti dei titoli nei Paesi "periferici"», spiega Angelo Baglioni, economista della Cattolica. Venerdì lo spread era a 140, cosa dobbiamo aspettarci? «Tutto è possibile. Ovviamente se la conclusione sarà la Grexit, le conseguenze saranno più pesanti. Un aumento di 100 punti base, in un Paese che ha 2000 miliardi di debito, vale 20 miliardi. Visto che ogni anno vengono rinnovati 3-400 miliardi di debito, fanno 3-4 miliardi in più di interessi. Poi però la crescita è esponenziale perché i titoli si accumulano e l'onere già dal secondo anno è di 5-6 miliardi. In cinque-sei anni si arriva appunto a 20, ovviamente sempre che non si sia riusciti ad abbattere nuovamente gli interessi». Sul debito pubblico pesa anche l'incognita della restituzione dei crediti alla Grecia: 48 miliardi fra diretti (10 miliardi prestati da Roma ad Atene all'inizio della crisi) e quelli indiretti, veicolati tramite il Fondo salvastati, tutti in scadenza fra il 2022 e il 2029. Ma si superano i 60 miliardi considerando le partite di giro che ruotano intorno alla Bce per il meccanismo del "target 2". L'unica certezza è che non rientreranno tutti.
A questo punto per l'Italia non conviene dire alla Grecia ti dimezzo il debito e poi vedere cosa faranno gli altri ?
2) I MERCATI AZIONARI
A Piazza Affari temono l'alt alla luna di miele
C'è il rischio che s'infranga, con il ritorno dell'Italia fra i Paesi front line nella crisi greca, quella che Francesco Daveri, docente alla Bocconi School of Management, chiama «la luna di miele» degli investitori internazionali nei confronti della Borsa di Milano. E' quella che è cresciuto di più dall'inizio dell'anno: l'indice Ftse-Mib è infatti in salita del 25% (più del 18,4% che è la media dell'Euro Stoxx) contro il 20,1 di Francoforte, il 17,4 di Parigi, il 14% di Madrid. Per i dodici mesi che finiscono domani, peraltro, il guadagno di Piazza Affari è più contenuto (11,6%), anche se ci sono stati balzi notevoli, primo di tutti il titolo Fca (+83,2%). Quello che ha circondato fino a venerdì la Borsa, abbastanza sorprendente visto che le contrattazioni avvengono da mesi col fiato della trattativa greca sul collo, è un clima di fiducia e tranquillità: «I mercati vedono con favore la volontà riformatrice del governo Renzi», spiega Daveri. «Delle riforme che ha messo in campo ha realizzato solo il Jobs Act, però il pacchetto delle "promesse", dalla pubblica amministrazione alla giustizia, risponde a quello che chiedono gli investitori internazionali». Ora tutto questo torna a rischio e si farà più stretto il sentiero per la politica e la finanza. L'occhio attento e la volontà di arricchirsi degli speculatori, guarderanno con maggior attenzione all'Italia e non perdoneranno il benché minimo passo falso.
di EUGENIO OCCORSIO -repubblica.it
I mercati riaprono con lo spettro della Grexit e il pericolo di uno shock. A preoccupare non è l'effetto-contagio diretto, per limitare il quale esistono solidi strumenti in mano a Draghi, ma la rottura del fragile equilibrio fra riforme fatte e prospettate, fiducia che si sta riaffacciando e condizioni oggettive favorevoli (bassi tassi, cambi), che stanno riportando il Paese sulla via della crescita. Come nel caso Lehman per l'America, lo shock greco rischia di avere conseguenze a catena.
1) I TITOLI DI STATO.
Allarme speculazione, interessi più elevati.
Nessuno si aspetta di rivedere lo spread a quota 500, ma con ogni probabilità l'ulteriore aggravamento della crisi non passerà indolore sul mercato dei titoli di Stato italiani. «Una volta messa in dubbio l'irreversibilità dell'euro, e direi che a questo punto ci siamo, il contagio è probabile, anche se, come ha promesso, Draghi accentuerà gli acquisti dei titoli nei Paesi "periferici"», spiega Angelo Baglioni, economista della Cattolica. Venerdì lo spread era a 140, cosa dobbiamo aspettarci? «Tutto è possibile. Ovviamente se la conclusione sarà la Grexit, le conseguenze saranno più pesanti. Un aumento di 100 punti base, in un Paese che ha 2000 miliardi di debito, vale 20 miliardi. Visto che ogni anno vengono rinnovati 3-400 miliardi di debito, fanno 3-4 miliardi in più di interessi. Poi però la crescita è esponenziale perché i titoli si accumulano e l'onere già dal secondo anno è di 5-6 miliardi. In cinque-sei anni si arriva appunto a 20, ovviamente sempre che non si sia riusciti ad abbattere nuovamente gli interessi». Sul debito pubblico pesa anche l'incognita della restituzione dei crediti alla Grecia: 48 miliardi fra diretti (10 miliardi prestati da Roma ad Atene all'inizio della crisi) e quelli indiretti, veicolati tramite il Fondo salvastati, tutti in scadenza fra il 2022 e il 2029. Ma si superano i 60 miliardi considerando le partite di giro che ruotano intorno alla Bce per il meccanismo del "target 2". L'unica certezza è che non rientreranno tutti.
A questo punto per l'Italia non conviene dire alla Grecia ti dimezzo il debito e poi vedere cosa faranno gli altri ?
2) I MERCATI AZIONARI
A Piazza Affari temono l'alt alla luna di miele
C'è il rischio che s'infranga, con il ritorno dell'Italia fra i Paesi front line nella crisi greca, quella che Francesco Daveri, docente alla Bocconi School of Management, chiama «la luna di miele» degli investitori internazionali nei confronti della Borsa di Milano. E' quella che è cresciuto di più dall'inizio dell'anno: l'indice Ftse-Mib è infatti in salita del 25% (più del 18,4% che è la media dell'Euro Stoxx) contro il 20,1 di Francoforte, il 17,4 di Parigi, il 14% di Madrid. Per i dodici mesi che finiscono domani, peraltro, il guadagno di Piazza Affari è più contenuto (11,6%), anche se ci sono stati balzi notevoli, primo di tutti il titolo Fca (+83,2%). Quello che ha circondato fino a venerdì la Borsa, abbastanza sorprendente visto che le contrattazioni avvengono da mesi col fiato della trattativa greca sul collo, è un clima di fiducia e tranquillità: «I mercati vedono con favore la volontà riformatrice del governo Renzi», spiega Daveri. «Delle riforme che ha messo in campo ha realizzato solo il Jobs Act, però il pacchetto delle "promesse", dalla pubblica amministrazione alla giustizia, risponde a quello che chiedono gli investitori internazionali». Ora tutto questo torna a rischio e si farà più stretto il sentiero per la politica e la finanza. L'occhio attento e la volontà di arricchirsi degli speculatori, guarderanno con maggior attenzione all'Italia e non perdoneranno il benché minimo passo falso.
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