G R E C I A
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Re: G R E C I A
Grecia, Juncker: ‘No a referendum? Disastroso’
Merkel: ‘Se fallisce l’euro fallisce l’Europa’
ORA PER ORA – Tetto di 60 euro per prelievi bancomat. Presidente Commissione: “Non è una partita di
poker. Hanno prevalso egoismi, giochi tattici e populismo”. Crollano i mercati europei, Milano perde il 4%
tsipras juncker merkel
Zonaeuro
“Il nostro piano non è di stupida austerità”. Parola del presidente della Commissione europea Juncker, che si dice “personalmente dispiaciuto” per lo strappo che si è consumato sabato tra Eurogruppo e governo greco: “L’uscita del Paese dall’euro non era e non è un’opzione”. E mentre trascorre il primo giorno ad Atene con banche e Borsa chiuse (leggi), i mercati europei subiscono il colpo e sono tutti in terreno negativo (leggi). E se i greci nel referendum del 5 luglio dovessero dire sì all’austerity? Angela Merkel apre: “Se dopo la consultazione il governo chiedesse di trattare non rifiuteremmo”
^^^^^^^^^^
Grecia, controlli movimenti capitali e tetti prelievi. Tsipras chiede più tempo. Merkel: “Se fallisce euro, fallisce Europa”
Foto + Articolo
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... t/1824129/
Merkel: ‘Se fallisce l’euro fallisce l’Europa’
ORA PER ORA – Tetto di 60 euro per prelievi bancomat. Presidente Commissione: “Non è una partita di
poker. Hanno prevalso egoismi, giochi tattici e populismo”. Crollano i mercati europei, Milano perde il 4%
tsipras juncker merkel
Zonaeuro
“Il nostro piano non è di stupida austerità”. Parola del presidente della Commissione europea Juncker, che si dice “personalmente dispiaciuto” per lo strappo che si è consumato sabato tra Eurogruppo e governo greco: “L’uscita del Paese dall’euro non era e non è un’opzione”. E mentre trascorre il primo giorno ad Atene con banche e Borsa chiuse (leggi), i mercati europei subiscono il colpo e sono tutti in terreno negativo (leggi). E se i greci nel referendum del 5 luglio dovessero dire sì all’austerity? Angela Merkel apre: “Se dopo la consultazione il governo chiedesse di trattare non rifiuteremmo”
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Grecia, controlli movimenti capitali e tetti prelievi. Tsipras chiede più tempo. Merkel: “Se fallisce euro, fallisce Europa”
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Re: G R E C I A
Così si salva la democrazia
di BARBARA SPINELLI e ÉTIENNE BALIBAR
CARO direttore, chiediamo ai tre creditori della Grecia (Commissione, Banca centrale europea, Fondo Monetario internazionale) se sanno quello che fanno, quando applicano alla Grecia un'ennesima terapia dell'austerità e giudicano irricevibile ogni controproposta proveniente da Atene. Se sanno che la Grecia già dal 2009 è sottoposta a un accanimento terapeutico che ha ridotto i suoi salari del 37%, le pensioni in molti casi del 48%, il numero degli impiegati statali del 30%, la spesa per i consumi del 33%, il reddito complessivo del 27%, mentre la disoccupazione è salita al 27% e il debito pubblico al 180% del Pil.
Al di là di queste cifre, chiediamo loro se conoscono l'Europa che pretendono di difendere, quando invece fanno di tutto per disgregarla definitivamente, deturparne la vocazione, e seminare ripugnanza nei suoi popoli.
Ricordiamo loro che l'unità europea non è nata per favorire in prima linea la governabilità economica, e ancor meno per diventare un incubo contabile e cader preda di economisti che hanno sbagliato tutti i calcoli. È nata per opporre la democrazia costituzionale alle dittature che nel passato avevano spezzato l'Europa, e per creare fra le sue società una convivenza solidale che non avrebbe più permesso alla povertà di dividere il continente e precipitarlo nella disperazione sociale e nelle guerre. La cosiddetta governance economica non può esser vista come sola priorità, a meno di non frantumare il disegno politico europeo alle radici. Non può calpestare la volontà democratica espressa dai cittadini sovrani in regolari elezioni, umiliando un paese membro in difficoltà e giocando con il suo futuro. La resistenza del governo Tsipras alle nuove misure di austerità - unitamente alla proposta di indire su di esse un referendum nazionale - è la risposta al colpo di Stato postmoderno che le istituzioni europee e il Fondo Monetario stanno sperimentando oggi nei confronti della Grecia, domani verso altri Paesi membri.
Chiediamo al Fondo Monetario di smettere l'atteggiamento di malevola indifferenza democratica che caratterizza le sue ultime mosse, e di non gettare nel dimenticatoio il senso di responsabilità mostrato nel dopoguerra con gli accordi di Bretton Woods. Ma è soprattutto alle due istituzioni europee che fanno parte della trojka - Commissione e Banca centrale europea - che vorremmo ricordare il loro compito, che non coincide con le mansioni del Fmi ed è quello di rappresentare non gli Stati più forti e nemmeno una maggioranza di Stati, ma l'Unione nella sua interezza.
Chiediamo infine che il negoziato sia tolto una volta per tutte dalle mani dei tecnocrati che l'hanno fin qui condotto, per essere restituito ai politici eletti e ai capi di Stato o di governo. Costoro hanno voluto il trasferimento di poteri a una ristretta cerchia di apprendisti contabili che nulla sanno della storia europea e degli abissi che essa ha conosciuto. È ora che si riprendano quei poteri, e che ne rispondano personalmente.
di BARBARA SPINELLI e ÉTIENNE BALIBAR
CARO direttore, chiediamo ai tre creditori della Grecia (Commissione, Banca centrale europea, Fondo Monetario internazionale) se sanno quello che fanno, quando applicano alla Grecia un'ennesima terapia dell'austerità e giudicano irricevibile ogni controproposta proveniente da Atene. Se sanno che la Grecia già dal 2009 è sottoposta a un accanimento terapeutico che ha ridotto i suoi salari del 37%, le pensioni in molti casi del 48%, il numero degli impiegati statali del 30%, la spesa per i consumi del 33%, il reddito complessivo del 27%, mentre la disoccupazione è salita al 27% e il debito pubblico al 180% del Pil.
Al di là di queste cifre, chiediamo loro se conoscono l'Europa che pretendono di difendere, quando invece fanno di tutto per disgregarla definitivamente, deturparne la vocazione, e seminare ripugnanza nei suoi popoli.
Ricordiamo loro che l'unità europea non è nata per favorire in prima linea la governabilità economica, e ancor meno per diventare un incubo contabile e cader preda di economisti che hanno sbagliato tutti i calcoli. È nata per opporre la democrazia costituzionale alle dittature che nel passato avevano spezzato l'Europa, e per creare fra le sue società una convivenza solidale che non avrebbe più permesso alla povertà di dividere il continente e precipitarlo nella disperazione sociale e nelle guerre. La cosiddetta governance economica non può esser vista come sola priorità, a meno di non frantumare il disegno politico europeo alle radici. Non può calpestare la volontà democratica espressa dai cittadini sovrani in regolari elezioni, umiliando un paese membro in difficoltà e giocando con il suo futuro. La resistenza del governo Tsipras alle nuove misure di austerità - unitamente alla proposta di indire su di esse un referendum nazionale - è la risposta al colpo di Stato postmoderno che le istituzioni europee e il Fondo Monetario stanno sperimentando oggi nei confronti della Grecia, domani verso altri Paesi membri.
Chiediamo al Fondo Monetario di smettere l'atteggiamento di malevola indifferenza democratica che caratterizza le sue ultime mosse, e di non gettare nel dimenticatoio il senso di responsabilità mostrato nel dopoguerra con gli accordi di Bretton Woods. Ma è soprattutto alle due istituzioni europee che fanno parte della trojka - Commissione e Banca centrale europea - che vorremmo ricordare il loro compito, che non coincide con le mansioni del Fmi ed è quello di rappresentare non gli Stati più forti e nemmeno una maggioranza di Stati, ma l'Unione nella sua interezza.
Chiediamo infine che il negoziato sia tolto una volta per tutte dalle mani dei tecnocrati che l'hanno fin qui condotto, per essere restituito ai politici eletti e ai capi di Stato o di governo. Costoro hanno voluto il trasferimento di poteri a una ristretta cerchia di apprendisti contabili che nulla sanno della storia europea e degli abissi che essa ha conosciuto. È ora che si riprendano quei poteri, e che ne rispondano personalmente.
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Re: G R E C I A
http://keynesblog.com/2015/03/10/europa ... ia-grecia/
Gli accordi sul debito di Londra (1953) dimostrano che i governi europei sanno come risolvere una crisi da debito coniugando giustizia e ripresa economica. Ecco quattro lezioni esemplari, utili nell’attuale crisi del debito greco.
Il 27 febbraio 1953 fu siglato a Londra un accordo che cancellava la metà del debito della Germania (all’epoca la Germania Ovest). 15 miliardi su un totale di 30 miliardi di Deutschmarks*.
Fra i paesi che accordarono la cancellazione c’erano gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia, assieme a Grecia, Spagna e Pakistan (paesi che sono oggi fra i più importanti debitori). L’accordo copriva anche il debito di privati e società. Dopo il 1953, altri paesi firmarono l’accordo per cancellare il debito tedesco: l’Egitto, l’Argentina, il Congo Belga (oggi Repubblica Democratica del Congo), la Cambogia, il Cameroun, la Nuova Guinea, la Federazione di Rodesia e il Nyasaland (oggi Malawi, Zambia e Zimbabwe). (1)
Il debito Tedesco risaliva a due periodi storici: gli anni precedenti la prima guerra mondiale e quelli immediatamente successivi alla seconda. Circa la metà derivava da prestiti che la Germania aveva contratto durante gli anni ’20 e i primi anni ’30 (prima dell’ascesa dei nazisti al potere), e che furono usati per pagare i danni di guerra imposti nel 1919 dal trattato di Versailles. Si trattava del lascito delle colossali riparazioni dei danni di guerra imposte al paese dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale.
L’altra metà del debito era legata alle spese di ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale.
Nel 1952, il debito della Germania detenuto da paesi esteri ammontava al 25% circa del reddito nazionale. Si tratta di un debito relativamente contenuto rispetto alle cifre di oggi: Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo hanno tutte un debito verso creditori esteri superiore all’80% del PIL. La Germania Ovest doveva affrontare enormi spese per la ricostruzione, ma le riserve di valuta estera erano scarse. La delegazione tedesca alla conferenza sostenne con successo la tesi che i rimborsi del debito sarebbero cresciuti vertiginosamente nell’immediato futuro, e che ciò avrebbe gravemente ostacolato la ricostruzione. In seguito all’annullamento del debito, la Germania Ovest visse un ‘miracolo economico’ trainato da una vasta opera di ricostruzione, e forti incrementi del reddito e delle esportazioni. Questa stabilità contribuì alla pace e alla prosperità in Europa.
I creditori della Germania Ovest erano ben disposti a stabilizzare il quadro politico ed economico del paese, per rafforzare un ‘bastione contro il comunismo’. Questo sottinteso politico spinse i creditori ad affrontare con un approccio illuminato la questione del debito; approccio purtroppo assente nelle crisi di debito degli ultimi trent’anni – America Latina e Africa (anni ’80 e anni ’90); estremo oriente (metà anni ’90); Russia e l’Argentina (alla soglia del millennio) e oggi l’Europa. In tutte queste crisi, la Germania si è trovata fra i creditori, com’è crudamente emerso nel corso della crisi europea del debito.
Oltre all’entità del debito cancellato, molti altri aspetti degli accordi sul debito di Londra furono di sicuro vantaggio per la Germania; i principî che li ispirarono potrebbero essere applicati al caso degli attuali paesi debitori.
1) Imposizione di limiti espliciti al rimborso del debito
Innanzitutto fu abilmente richiesto (e ottenuto) che il rimborso del debito della Germania Ovest procedesse solo in caso di eccedenza commerciale. In caso di deficit commerciale, non sarebbe stato effettuato nessun pagamento. In altre parole, il governo avrebbe rimborsato il debito unicamente con risorse effettivamente disponibili, invece di ricorrere a nuovi prestiti o utilizzando riserve di valuta estera. Questo meccanismo evitò una nuova recessione o una lunga stagnazione. Inoltre, nell’ipotesi di una bilancia commerciale in passivo, la Germania Ovest era autorizzata a limitare le importazioni.
Se i paesi creditori volevano recuperare i loro prestiti, erano quindi indotti ad importare merci dalla Germania. Il meccanismo che permise di procedere in questo senso fu la rivalutazione contro il marco delle divise dei paesi creditori: con un marco ‘debole’ le merci prodotte in Germania erano più convenienti sui mercati esteri. L’effetto fu una rapida crescita delle esportazioni tedesche, che permise al paese di ripagare il debito residuo. D’altra parte, i paesi creditori riorientarono di fatto le loro politiche economiche interne, spingendo verso maggiori importazioni (e quindi sostenendo i consumi), invece di costringere i debitori ad applicare politiche di austerità. [Quest’ultima è la via scelta dalla Germania attuale, che parallelamente insiste sul mercantilismo e deprime i consumi interni, n.d.t.]
Deficit, surplus e debito
Se un paese esporta più di quello che importa, ha un eccedenza commerciale (o surplus). Ciò comporta un reddito in eccesso, che non è speso in beni importati. Quest’eccesso servirà a riassorbire debito, oppure si trasformerà in credito verso altri paesi, che a loro volta s’indebiteranno.
Se un paese è in deficit commerciale, importa più di quanto esporta. È quindi costretto a contrarre dei debiti con altri paesi, o a mettere in vendita il suo patrimonio.
I debiti tra paesi sono insomma causati da (o causano a loro volta) deficit e surplus nelle bilance commerciali. Perché un paese possa essere in surplus, deve esisterne un altro con un deficit. Più le bilance commerciali sono in equilibrio, più stabile è l’economia mondiale.
Perché un debito possa essere rimborsato, i paesi debitori devono essere in surplus, e i paesi creditori devono trovarsi in deficit commerciale. È molto difficile per i paesi debitori raggiungere un eccedenza di bilancia commerciale, se i creditori non sono disposti ad accettare disavanzi.
Non è teoricamente possibile che tutti i paesi siano in surplus, a meno che il pianeta Terra non si metta a commerciare con un altro pianeta.
La bilancia commerciale della Germania Ovest fu ampiamente in attivo durante il periodo di rimborso del debito, e così la clausola limitativa non venne mai applicata. Ma la sua sola esistenza permise di ricostruire l’economia tedesca e sostenere le esportazioni, creando un potente incentivo ad acquistare merci provenienti dalla RFT, e permettendo la svalutazione del marco rispetto alle altre divise.
La competitività della Germania e la svalutazione del marco segnarono tutto il periodo del rimborso del debito, e finirono per vincolare gli altri paesi dell’Eurozona con la creazione dell’euro negli anni ’90. Negli anni ’50 e ’60, le eccedenze commerciali della Germania Ovest permisero il rimborso del debito; negli anni più recenti, hanno invece contribuito ad aumentare il debito di altri paesi, come la Grecia, l’Irlanda, la Spagna ed il Portogallo.
Grazie alla cancellazione del debito e alla riduzione dei tassi d’interesse, i pagamenti assorbiti dal rimborso costituivano il 2,9% delle esportazioni nel 1958 (il primo anno del risarcimento) e si ridussero con la crescita del surplus. A titolo di confronto, l’FMI e la Banca Mondiale considerano ‘sostenibili’ per i paesi più poveri rimborsi del debito dell’ordine del 15%-25% del valore delle esportazioni.
Nel 2015, l’FMI prevede che la Germania avrà un’eccedenza commerciale pari al 5,8% del PIL, quando invece potrebbe importare merci dai paesi creditori, per aiutarli ad uscire dalla crisi. [Il surplus commerciale tedesca ha violato ripetutamente i criteri della Macroeconomic Imbalance Procedures — MIP. Ma per ora le sanzioni non sono state applicate alla Germania, n.d.t.]
Inoltre, come prima ricordato, i rimborsi attuali del debito sono molto più elevati (in termini di percentuale rispetto al valore delle esportazioni) di quanto pagato dalla Germania Ovest al ritmo massimo dei pagamenti. Attualmente, i rimborsi del governo greco sono dell’ordine del 30% delle sue esportazioni (2).
Situazioni simili si presentano per i paesi più indebitati del sud del mondo: il Pakistan, le Filippine, El Salvador e la Jamaica spendono fra il 10% e il 20% per cento delle loro esportazioni per ripianare i loro debiti esteri (3). Questi valori non comprendono i rimborsi dei debiti privati.
2) Coinvolgimento di tutti i tipi di creditori
Tutti i creditori furono coinvolti nel programma di ristrutturazione, sia gli stati, sia i privati, ai quali furono applicati gli stessi criteri. Questo per limitare gli effetti dei contenziosi eventualmente aperti dai privati per disparità di trattamento.
Ben diverso è stato l’approccio delle ristrutturazioni del debito più recenti. Il programma di normalizzazione del debito dei paesi poveri (Heavily Indebted Poor Countries initiative, HIPC), che ha cancellato 130 miliardi di dollari di debiti a 35 paesi fra i più poveri del mondo (anni 2000), ha riguardato unicamente i debiti verso istituzioni internazionali o paesi terzi. I soggetti privati non sono stati coinvolti nell’accordo. Di conseguenza, paesi fra i più poveri al mondo, come Sierra Leone, Zambia, Repubblica Democratica del Congo, sono stati citati in giudizio presso tibunali occidentali dai ‘Vulture funds’ (fondi speculativi ‘avvoltoio’), per montanti colossali, che non sono in grado di rimborsare.
Alla fine del 2001, l’Argentina si dichiarò insolvente sul proprio debtio, semplicemente perché era troppo elevato da rimborsare. Molti dei creditori privati sottoscrissero un nuovo accordo, che prevedeva uno sconto del 70% sul debito nominale. Alcuni creditori, fra i quali ‘fondi avvoltoio’ che avevano riacquistato parti del debito nel pieno della crisi, e a condizioni molto convenienti, esigono oggi -in sede legale- il rimborso totale del debito all’Argentina, oggi non più insolvente.
Nel giugno 2014, la corte suprema USA confermò il giudizio del tribunale di New York in favore di due fondi speculativi (NML Capital e Aurelius Capital) che esigevano 1,3 miliardi di dollari di debiti contratti dall’Argentina durante la crisi del 2001. Il giudizio stabiliva che l’Argentina avrebbe dovuto dapprima rimborsare i debiti verso i due fondi prima di procedere a qualsiasi altro indennizzo. Il rifiuto di ottemperare dell’Argentina comportò un nuovo default sul debito e a uno stallo che dura ancora oggi.
In Grecia sono avvenute nel 2011 due ristrutturazioni, che hanno portato ad una riduzione del debito nominale di più del 50% per 9 creditori privati su 10. Malgrado questa ‘riduzione’ il valore del capitale da recuperare restava comunque superiore al prezzo di vendita dei diritti creditorî sul mercato. E i creditori insittetero perché il nuovo debito fosse sottoposto – nella maggior parte dei casi – al diritto britannico. Con limiti evidenti sul controllo futuro del proprio debito da parte del governo greco.
Per di più, i creditori che detenevano il ‘vecchio’ debito sotto legislazione non greca (britannica o elvetica) sono rimasti fuori dall’accordo, e sono attualmente in grado di esigere il pagamento completo della somma originaria, più del doppio dei creditori ‘ristrutturati’. Molti di questi debiti sono detenuti da fondi speculativi che hanno comprato il debito a prezzi stracciati, e che stanno quindi speculando, con vasti profitti, a danno del popolo greco. Inoltre, i prestiti accordati alla Grecia per ricoprire il suo debito negli ultimi due anni lo hanno di fatto trasferito da creditori privati verso soggetti istituzionali, l’FMI e i governi dell’UE. Questa parte non ha subito alcuna riduzione, e quindi il debito detenuto da creditori esteri è oggi ben al di là del 100% del PIL.
3) Applicare la ristrutturazione a tutti i debiti, non solo quelli verso i governi.
Gli accordi sul debito di Londra furono applicati a tutti i debiti contratti dalla Germania Ovest: verso privati, governi e società estere. Comprendeva quindi i debiti dei privati e delle società tedeschi, oltre al debito pubblico.
La maggior parte della crisi del debito odierna è scaturita da debiti inizialmente a carico di società private, soprattutto banche. Per esempio, i prestiti contratti dal settore privato in Irlanda hanno spinto nel 2007 il debito totale del paese al 1000% del PIL. Il governo irlandese, invece, ha potuto approfittare di un avanzo di bilancio in quegli stessi anni, e il suo debito totale (detenuto sia da risparmiatori irlandesi, sia da creditori esteri) era ‘appena’ l’11% del PIL nel 2007. Perché un’economia esca dalla stagnazione causata da debito eccessivo, devono essere ristrutturati tanto il debito detenuto dai privati quanto quello detenuto dai governi.
4) Negoziati piuttosto che sanzioni
Se la Germania Ovest non avesse voluto, o non fosse stata in grado di rimborsare il debito, l’accordo prevedeva consultazioni fra il debitore e i creditori, sotto la supervisione di un organismo internazionale terzo. Un approccio del tutto diverso da quello che ha ispirato i ‘negoziati’ più recenti sul debito, nei quali i governi e le istituzioni creditrici (il Club di Parigi, l’FMI, la BCE) hanno imposto i termini dell’accordo ai paesi debitori, obbligandoli a instaurare politiche di austerità e liberalizzazioni sui mercati. Come ci si poteva aspettare, la Germania Ovest non ebbe ulteriori problemi di debito, e anche questa clausola non venne mai applicata.
Il caso Grecia: spezzare le catene
Ispirandosi all’antica idea del Giubileo, in occasione del quale i debiti erano annullati, gli schiavi erano liberati, e la terra ridistribuita, la Jubilee Debt Campaign lancia un appello per un nuovo ‘Giubileo del debito’ per risolvere l’attuale crisi economica globale. Quest’iniziativa costituirebbe il quadro per rompere l’attuale spirale della crisi debitoria e bancaria in Europa, e alleggerire il fardello perpetuo che grava sui paesi del sud del mondo.
In altre parole:
– Cancellare i debiti ingiusti dei paesi più indebitati;
– Promuovere una tassazione giusta e progressiva, piuttosto che ricorrere a nuovi prestiti;
– Uscire dalla logica di nuovi prestiti che spingono i paesi poveri nella voragine del debito
La Grecia è indiscutibilmente fra i paesi che più hanno bisogno di una cancellazione del debito. Dopo più di quattro anni di austerità, il debito greco è salito dal 133% al 174% del PIL. Il salario minimo è caduto del 25%, la disoccupazione giovanile è oltre il 50%. E più del 20% della popolazione è sotto la soglia di povertà. È necessario che i creditori di Atene capiscano la lezione dell’accordo sul debito tedesco del 1953, e spezzino le catene del debito che attanagliano oggi la Grecia.
* La cancellazione del debito riguardò la Germania Ovest, che aveva ereditato la totalità del debito tedesco verso i paesi occidentali dopo la seconda guerra mondiale. Si trattò quindi dell’annullamento del debito della Germania pre-bellica, anche se le trattative furono fatte con la sola Germania Ovest.
1. Questa, e molte altre informazioni utilizzate nell’articolo, sono tratte da: Kaiser, J. (2003). Debts are not destiny! On the fiftieth anniversary of the London Debt Agreement. Erlassjahr.de (Jubilee Germany), ed altri due testi da Erlassjahr.de : Double standards applied e About the London Debt Accord for Germany, 1953.
..........
Ciao
Paolo11
Gli accordi sul debito di Londra (1953) dimostrano che i governi europei sanno come risolvere una crisi da debito coniugando giustizia e ripresa economica. Ecco quattro lezioni esemplari, utili nell’attuale crisi del debito greco.
Il 27 febbraio 1953 fu siglato a Londra un accordo che cancellava la metà del debito della Germania (all’epoca la Germania Ovest). 15 miliardi su un totale di 30 miliardi di Deutschmarks*.
Fra i paesi che accordarono la cancellazione c’erano gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia, assieme a Grecia, Spagna e Pakistan (paesi che sono oggi fra i più importanti debitori). L’accordo copriva anche il debito di privati e società. Dopo il 1953, altri paesi firmarono l’accordo per cancellare il debito tedesco: l’Egitto, l’Argentina, il Congo Belga (oggi Repubblica Democratica del Congo), la Cambogia, il Cameroun, la Nuova Guinea, la Federazione di Rodesia e il Nyasaland (oggi Malawi, Zambia e Zimbabwe). (1)
Il debito Tedesco risaliva a due periodi storici: gli anni precedenti la prima guerra mondiale e quelli immediatamente successivi alla seconda. Circa la metà derivava da prestiti che la Germania aveva contratto durante gli anni ’20 e i primi anni ’30 (prima dell’ascesa dei nazisti al potere), e che furono usati per pagare i danni di guerra imposti nel 1919 dal trattato di Versailles. Si trattava del lascito delle colossali riparazioni dei danni di guerra imposte al paese dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale.
L’altra metà del debito era legata alle spese di ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale.
Nel 1952, il debito della Germania detenuto da paesi esteri ammontava al 25% circa del reddito nazionale. Si tratta di un debito relativamente contenuto rispetto alle cifre di oggi: Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo hanno tutte un debito verso creditori esteri superiore all’80% del PIL. La Germania Ovest doveva affrontare enormi spese per la ricostruzione, ma le riserve di valuta estera erano scarse. La delegazione tedesca alla conferenza sostenne con successo la tesi che i rimborsi del debito sarebbero cresciuti vertiginosamente nell’immediato futuro, e che ciò avrebbe gravemente ostacolato la ricostruzione. In seguito all’annullamento del debito, la Germania Ovest visse un ‘miracolo economico’ trainato da una vasta opera di ricostruzione, e forti incrementi del reddito e delle esportazioni. Questa stabilità contribuì alla pace e alla prosperità in Europa.
I creditori della Germania Ovest erano ben disposti a stabilizzare il quadro politico ed economico del paese, per rafforzare un ‘bastione contro il comunismo’. Questo sottinteso politico spinse i creditori ad affrontare con un approccio illuminato la questione del debito; approccio purtroppo assente nelle crisi di debito degli ultimi trent’anni – America Latina e Africa (anni ’80 e anni ’90); estremo oriente (metà anni ’90); Russia e l’Argentina (alla soglia del millennio) e oggi l’Europa. In tutte queste crisi, la Germania si è trovata fra i creditori, com’è crudamente emerso nel corso della crisi europea del debito.
Oltre all’entità del debito cancellato, molti altri aspetti degli accordi sul debito di Londra furono di sicuro vantaggio per la Germania; i principî che li ispirarono potrebbero essere applicati al caso degli attuali paesi debitori.
1) Imposizione di limiti espliciti al rimborso del debito
Innanzitutto fu abilmente richiesto (e ottenuto) che il rimborso del debito della Germania Ovest procedesse solo in caso di eccedenza commerciale. In caso di deficit commerciale, non sarebbe stato effettuato nessun pagamento. In altre parole, il governo avrebbe rimborsato il debito unicamente con risorse effettivamente disponibili, invece di ricorrere a nuovi prestiti o utilizzando riserve di valuta estera. Questo meccanismo evitò una nuova recessione o una lunga stagnazione. Inoltre, nell’ipotesi di una bilancia commerciale in passivo, la Germania Ovest era autorizzata a limitare le importazioni.
Se i paesi creditori volevano recuperare i loro prestiti, erano quindi indotti ad importare merci dalla Germania. Il meccanismo che permise di procedere in questo senso fu la rivalutazione contro il marco delle divise dei paesi creditori: con un marco ‘debole’ le merci prodotte in Germania erano più convenienti sui mercati esteri. L’effetto fu una rapida crescita delle esportazioni tedesche, che permise al paese di ripagare il debito residuo. D’altra parte, i paesi creditori riorientarono di fatto le loro politiche economiche interne, spingendo verso maggiori importazioni (e quindi sostenendo i consumi), invece di costringere i debitori ad applicare politiche di austerità. [Quest’ultima è la via scelta dalla Germania attuale, che parallelamente insiste sul mercantilismo e deprime i consumi interni, n.d.t.]
Deficit, surplus e debito
Se un paese esporta più di quello che importa, ha un eccedenza commerciale (o surplus). Ciò comporta un reddito in eccesso, che non è speso in beni importati. Quest’eccesso servirà a riassorbire debito, oppure si trasformerà in credito verso altri paesi, che a loro volta s’indebiteranno.
Se un paese è in deficit commerciale, importa più di quanto esporta. È quindi costretto a contrarre dei debiti con altri paesi, o a mettere in vendita il suo patrimonio.
I debiti tra paesi sono insomma causati da (o causano a loro volta) deficit e surplus nelle bilance commerciali. Perché un paese possa essere in surplus, deve esisterne un altro con un deficit. Più le bilance commerciali sono in equilibrio, più stabile è l’economia mondiale.
Perché un debito possa essere rimborsato, i paesi debitori devono essere in surplus, e i paesi creditori devono trovarsi in deficit commerciale. È molto difficile per i paesi debitori raggiungere un eccedenza di bilancia commerciale, se i creditori non sono disposti ad accettare disavanzi.
Non è teoricamente possibile che tutti i paesi siano in surplus, a meno che il pianeta Terra non si metta a commerciare con un altro pianeta.
La bilancia commerciale della Germania Ovest fu ampiamente in attivo durante il periodo di rimborso del debito, e così la clausola limitativa non venne mai applicata. Ma la sua sola esistenza permise di ricostruire l’economia tedesca e sostenere le esportazioni, creando un potente incentivo ad acquistare merci provenienti dalla RFT, e permettendo la svalutazione del marco rispetto alle altre divise.
La competitività della Germania e la svalutazione del marco segnarono tutto il periodo del rimborso del debito, e finirono per vincolare gli altri paesi dell’Eurozona con la creazione dell’euro negli anni ’90. Negli anni ’50 e ’60, le eccedenze commerciali della Germania Ovest permisero il rimborso del debito; negli anni più recenti, hanno invece contribuito ad aumentare il debito di altri paesi, come la Grecia, l’Irlanda, la Spagna ed il Portogallo.
Grazie alla cancellazione del debito e alla riduzione dei tassi d’interesse, i pagamenti assorbiti dal rimborso costituivano il 2,9% delle esportazioni nel 1958 (il primo anno del risarcimento) e si ridussero con la crescita del surplus. A titolo di confronto, l’FMI e la Banca Mondiale considerano ‘sostenibili’ per i paesi più poveri rimborsi del debito dell’ordine del 15%-25% del valore delle esportazioni.
Nel 2015, l’FMI prevede che la Germania avrà un’eccedenza commerciale pari al 5,8% del PIL, quando invece potrebbe importare merci dai paesi creditori, per aiutarli ad uscire dalla crisi. [Il surplus commerciale tedesca ha violato ripetutamente i criteri della Macroeconomic Imbalance Procedures — MIP. Ma per ora le sanzioni non sono state applicate alla Germania, n.d.t.]
Inoltre, come prima ricordato, i rimborsi attuali del debito sono molto più elevati (in termini di percentuale rispetto al valore delle esportazioni) di quanto pagato dalla Germania Ovest al ritmo massimo dei pagamenti. Attualmente, i rimborsi del governo greco sono dell’ordine del 30% delle sue esportazioni (2).
Situazioni simili si presentano per i paesi più indebitati del sud del mondo: il Pakistan, le Filippine, El Salvador e la Jamaica spendono fra il 10% e il 20% per cento delle loro esportazioni per ripianare i loro debiti esteri (3). Questi valori non comprendono i rimborsi dei debiti privati.
2) Coinvolgimento di tutti i tipi di creditori
Tutti i creditori furono coinvolti nel programma di ristrutturazione, sia gli stati, sia i privati, ai quali furono applicati gli stessi criteri. Questo per limitare gli effetti dei contenziosi eventualmente aperti dai privati per disparità di trattamento.
Ben diverso è stato l’approccio delle ristrutturazioni del debito più recenti. Il programma di normalizzazione del debito dei paesi poveri (Heavily Indebted Poor Countries initiative, HIPC), che ha cancellato 130 miliardi di dollari di debiti a 35 paesi fra i più poveri del mondo (anni 2000), ha riguardato unicamente i debiti verso istituzioni internazionali o paesi terzi. I soggetti privati non sono stati coinvolti nell’accordo. Di conseguenza, paesi fra i più poveri al mondo, come Sierra Leone, Zambia, Repubblica Democratica del Congo, sono stati citati in giudizio presso tibunali occidentali dai ‘Vulture funds’ (fondi speculativi ‘avvoltoio’), per montanti colossali, che non sono in grado di rimborsare.
Alla fine del 2001, l’Argentina si dichiarò insolvente sul proprio debtio, semplicemente perché era troppo elevato da rimborsare. Molti dei creditori privati sottoscrissero un nuovo accordo, che prevedeva uno sconto del 70% sul debito nominale. Alcuni creditori, fra i quali ‘fondi avvoltoio’ che avevano riacquistato parti del debito nel pieno della crisi, e a condizioni molto convenienti, esigono oggi -in sede legale- il rimborso totale del debito all’Argentina, oggi non più insolvente.
Nel giugno 2014, la corte suprema USA confermò il giudizio del tribunale di New York in favore di due fondi speculativi (NML Capital e Aurelius Capital) che esigevano 1,3 miliardi di dollari di debiti contratti dall’Argentina durante la crisi del 2001. Il giudizio stabiliva che l’Argentina avrebbe dovuto dapprima rimborsare i debiti verso i due fondi prima di procedere a qualsiasi altro indennizzo. Il rifiuto di ottemperare dell’Argentina comportò un nuovo default sul debito e a uno stallo che dura ancora oggi.
In Grecia sono avvenute nel 2011 due ristrutturazioni, che hanno portato ad una riduzione del debito nominale di più del 50% per 9 creditori privati su 10. Malgrado questa ‘riduzione’ il valore del capitale da recuperare restava comunque superiore al prezzo di vendita dei diritti creditorî sul mercato. E i creditori insittetero perché il nuovo debito fosse sottoposto – nella maggior parte dei casi – al diritto britannico. Con limiti evidenti sul controllo futuro del proprio debito da parte del governo greco.
Per di più, i creditori che detenevano il ‘vecchio’ debito sotto legislazione non greca (britannica o elvetica) sono rimasti fuori dall’accordo, e sono attualmente in grado di esigere il pagamento completo della somma originaria, più del doppio dei creditori ‘ristrutturati’. Molti di questi debiti sono detenuti da fondi speculativi che hanno comprato il debito a prezzi stracciati, e che stanno quindi speculando, con vasti profitti, a danno del popolo greco. Inoltre, i prestiti accordati alla Grecia per ricoprire il suo debito negli ultimi due anni lo hanno di fatto trasferito da creditori privati verso soggetti istituzionali, l’FMI e i governi dell’UE. Questa parte non ha subito alcuna riduzione, e quindi il debito detenuto da creditori esteri è oggi ben al di là del 100% del PIL.
3) Applicare la ristrutturazione a tutti i debiti, non solo quelli verso i governi.
Gli accordi sul debito di Londra furono applicati a tutti i debiti contratti dalla Germania Ovest: verso privati, governi e società estere. Comprendeva quindi i debiti dei privati e delle società tedeschi, oltre al debito pubblico.
La maggior parte della crisi del debito odierna è scaturita da debiti inizialmente a carico di società private, soprattutto banche. Per esempio, i prestiti contratti dal settore privato in Irlanda hanno spinto nel 2007 il debito totale del paese al 1000% del PIL. Il governo irlandese, invece, ha potuto approfittare di un avanzo di bilancio in quegli stessi anni, e il suo debito totale (detenuto sia da risparmiatori irlandesi, sia da creditori esteri) era ‘appena’ l’11% del PIL nel 2007. Perché un’economia esca dalla stagnazione causata da debito eccessivo, devono essere ristrutturati tanto il debito detenuto dai privati quanto quello detenuto dai governi.
4) Negoziati piuttosto che sanzioni
Se la Germania Ovest non avesse voluto, o non fosse stata in grado di rimborsare il debito, l’accordo prevedeva consultazioni fra il debitore e i creditori, sotto la supervisione di un organismo internazionale terzo. Un approccio del tutto diverso da quello che ha ispirato i ‘negoziati’ più recenti sul debito, nei quali i governi e le istituzioni creditrici (il Club di Parigi, l’FMI, la BCE) hanno imposto i termini dell’accordo ai paesi debitori, obbligandoli a instaurare politiche di austerità e liberalizzazioni sui mercati. Come ci si poteva aspettare, la Germania Ovest non ebbe ulteriori problemi di debito, e anche questa clausola non venne mai applicata.
Il caso Grecia: spezzare le catene
Ispirandosi all’antica idea del Giubileo, in occasione del quale i debiti erano annullati, gli schiavi erano liberati, e la terra ridistribuita, la Jubilee Debt Campaign lancia un appello per un nuovo ‘Giubileo del debito’ per risolvere l’attuale crisi economica globale. Quest’iniziativa costituirebbe il quadro per rompere l’attuale spirale della crisi debitoria e bancaria in Europa, e alleggerire il fardello perpetuo che grava sui paesi del sud del mondo.
In altre parole:
– Cancellare i debiti ingiusti dei paesi più indebitati;
– Promuovere una tassazione giusta e progressiva, piuttosto che ricorrere a nuovi prestiti;
– Uscire dalla logica di nuovi prestiti che spingono i paesi poveri nella voragine del debito
La Grecia è indiscutibilmente fra i paesi che più hanno bisogno di una cancellazione del debito. Dopo più di quattro anni di austerità, il debito greco è salito dal 133% al 174% del PIL. Il salario minimo è caduto del 25%, la disoccupazione giovanile è oltre il 50%. E più del 20% della popolazione è sotto la soglia di povertà. È necessario che i creditori di Atene capiscano la lezione dell’accordo sul debito tedesco del 1953, e spezzino le catene del debito che attanagliano oggi la Grecia.
* La cancellazione del debito riguardò la Germania Ovest, che aveva ereditato la totalità del debito tedesco verso i paesi occidentali dopo la seconda guerra mondiale. Si trattò quindi dell’annullamento del debito della Germania pre-bellica, anche se le trattative furono fatte con la sola Germania Ovest.
1. Questa, e molte altre informazioni utilizzate nell’articolo, sono tratte da: Kaiser, J. (2003). Debts are not destiny! On the fiftieth anniversary of the London Debt Agreement. Erlassjahr.de (Jubilee Germany), ed altri due testi da Erlassjahr.de : Double standards applied e About the London Debt Accord for Germany, 1953.
..........
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Paolo11
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Re: G R E C I A
Il default della Grecia, che in queste ore si fa sempre più vicino alla luce della rottura delle trattative tra Ue, Fmi e il governo ellenico, metterebbe l'Italia e l'intera Europa di fronte a uno scenario caratterizzato da ripercussioni sul fronte del debito. Per quanto riguarda l'Italia l'impatto sarà equivalente all'esposizione del Paese verso Atene, che è di circa 65 miliardi: il debito italiano salirebbe, quindi, di questa cifra rispetto ai 2.194,5 miliardi di euro registrati ad aprile dalla Banca d'Italia.
Un credito, quello che l'Italia vanta nei confronti della Grecia, che si articola nelle seguenti voci: 23,3 miliardi concessi attraverso il fondo salva-Stati Efsf, 14,2 miliardi con l'Esm e 10 miliardi erogati al governo greco attraverso la formula dei prestiti bilaterali. Sono poi da aggiungere i fondi elargiti al governo ellenico dalla Banca centrale europea a cui l'Italia partecipa con un'esposizione di circa 6,6 miliardi di euro: la Banca d'Italia potrebbe quindi perdere quasi 11 miliardi della quota della linea di liquidità Ela. Impatto molto contenuto per le banche italiane, la cui esposizione, come ha riferito il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, è inferiore a un miliardo di euro. In caso di Grexit, sarebbe l'intera Unione europea a risentirne dato che detiene il 44% del debito pubblico greco attraverso il meccanismo europeo di stabilità, suddiviso tra i vari Stati membri. In testa c'è la Germania: i tedeschi hanno una quota del debito greco pari al 27%, seguiti dalla Francia (20%), che precede l'Italia (18%) e la Spagna (11,9%). (LiberoQuotidiano)
http://www.beppegrillo.it/
Ciao
Paolo11
Un credito, quello che l'Italia vanta nei confronti della Grecia, che si articola nelle seguenti voci: 23,3 miliardi concessi attraverso il fondo salva-Stati Efsf, 14,2 miliardi con l'Esm e 10 miliardi erogati al governo greco attraverso la formula dei prestiti bilaterali. Sono poi da aggiungere i fondi elargiti al governo ellenico dalla Banca centrale europea a cui l'Italia partecipa con un'esposizione di circa 6,6 miliardi di euro: la Banca d'Italia potrebbe quindi perdere quasi 11 miliardi della quota della linea di liquidità Ela. Impatto molto contenuto per le banche italiane, la cui esposizione, come ha riferito il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, è inferiore a un miliardo di euro. In caso di Grexit, sarebbe l'intera Unione europea a risentirne dato che detiene il 44% del debito pubblico greco attraverso il meccanismo europeo di stabilità, suddiviso tra i vari Stati membri. In testa c'è la Germania: i tedeschi hanno una quota del debito greco pari al 27%, seguiti dalla Francia (20%), che precede l'Italia (18%) e la Spagna (11,9%). (LiberoQuotidiano)
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Re: G R E C I A
GREXIT
"Greci, votate per salvare la democrazia"
I grandi economisti sostengono Alexis Tsipras
Piketty, Stiglitz e Krugman concordano sul fatto che dalla crisi greca vi sia solo una via d'uscita: quella di opporsi ai disegni della troika. Che sta portando l'Europa alla fame e lontana dai popoli
DI LUCA STEINMANN
30 giugno 2015
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http://espresso.repubblica.it/internazi ... =HEF_RULLO
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Re: G R E C I A
LA CRISI
Crisi Grecia, la Merkel gela la trattativa
“No terzo salvataggio, prima referendum”
Eurogruppo alle 19, ma Berlino alza il muro
http://www.corriere.it/economia/15_giug ... 0b56.shtml
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Re: G R E C I A
Greek debt: troika analysis says 'significant concessions' still needed
Baseline estimate is that Greece’s debt would still be 118% of GDP in 2030, even if it signs up to the full package of tax and spending reforms demanded
Alberto Nardelli
Tuesday 30 June 2015 17.17 BST Last modified on Tuesday 30 June 2015 17.43 BST
Greece’s argument that it needs substantial debt relief for a lasting economic recovery are supported by secret documents put together by the troika of creditors, which show that even after 15 years of sustained strong growth the country will face a level of debt which the IMF deems unsustainable.
The documents show that the IMF’s baseline estimate - the most likely outcome - is that Greece’s debt would still be 118% of GDP in 2030, even if it signs up to the package of tax and spending reforms demanded. That is well above the 110% which the IMF regards as sustainable given Greece’s debt profile, a level set in 2012. The country’s debt level is currently 175% and likely to go higher because of its recent slide back into recession.
Live Greece debt crisis: Tsipras asks for new bailout - live updates
Just hours before its current bailout expires, Athens proposes a new two-year deal with debt relief -- but how will creditors react?
Read more
The documents also admit that under the baseline scenario “significant concessions” are necessary to improve Greece’s chances of ridding itself permanently of its debt financing woes.
Even under the best case scenario - which includes growth of 4% a year for the next five years - Greece’s debt levels will drop to only 124%, by 2022. The best case also anticipates €15bn (£10bn) in proceeds from privatisations - five times the estimate in the most likely scenario.
But under all the scenarios, which all assume a third bailout programme, looked at by the troika – the European Commission, the European Central Bank and the IMF – Greece has no chance of meeting the target of reducing its debt to “well below 110% of GDP by 2022” set by the Eurogroup of finance ministers in November 2012.
In the creditors own words: “It is clear that the policy slippages and uncertainties of the last months have made the achievement of the 2012 targets impossible under any scenario”.
These projections are from the ‘Preliminary Debt Sustainability Analysis for Greece’, which is one of six documents that are part of the full set of materials that comprise the “final” proposal sent to Greece by its creditors last Friday.
These, which the Guardian has seen, were obtained by Süddeutsche Zeitung after they were sent to all German MPs with the expectation that the deal would need to be approved by the country’s parliament.
A vote in the Bundestag never took place as the Greek prime minister Alexis Tsipras rejected the plans and called a referendum on whether to accept the creditors’ demands.
While the analysis underlines the fact that Greece has already benefited from a number of debt-reducing measures - maturities have been extended, interest payments are similar to those of less indebted nations and the public sector intervention in 2012 cut debt by about €100bn - the document also admits that under the baseline scenario “significant concessions” would improve sustainability.
But despite the lenders’ admission that Greece cannot thrive without debt relief the documents provide no clarity about what such a package might look like, nor does it provide any detail of a third bailout programme despite assuming one would exist. They promise only a more detailed debt sustainability analysis in due course.
The documents also throw light on the €35bn investment package which several governments, including Germany’s, have this week pointed out was offered to Greece last week.
The second document in the pack of six, titled ‘Reforms for the completion of the current programme and beyond’, show there was less to this offer than suggested by Commission president Jean-Claude Juncker and Germany’s vice-chancellor Sigmar Gabriel. The cash on offer is not an ad hoc investment but is actually an EU grant that is regularly available to all member states. And as Süddeutsche Zeitung points out, accessing the cash requires a 15% co-financing in Greece’s case - which Greece cannot afford. Because of this, Greece has unspent sums from its €38bn 2007-2013 pot of available grants.
A third document outlines the “financing needs and draft disbursement schedule linked to the completion of the fifth review” - spelling out how Greece would have received €15bn to meet its obligations until the end of November. The cash would have been handed over in five tranches starting in June (as soon as the Greek parliament approved the proposals) to cover Greece’s financing needs. However, 93% of the funds would have gone straight to cover the cost of maturing debt for the duration of the extension.
The remaining documents cover the nuts and bolts of the actions that were expected to be taken by Greece in consultation with the EC/ECB/IMF. One of these papers was also published by the European Commission over the weekend.
The plan is premised on a primary surplus target of 1%, 2%, 3%, and 3.5% of GDP in 2015, 2016, 2017 and 2018 respectively (both sides agree on these targets). It is anchored on VAT changes producing additional revenue of 1% of GDP and a reform of the pension system that leads to savings of 1% of GDP in 2016.
On VAT reforms, the proposal suggests broadening the tax base at a standard rate of 23%, and would include restaurants, and catering. There will be a reduced rate of 13% to cover a limited set of goods, that includes energy, basic foods, hotels and water (excluding sewage).
There was also to be a super-reduced rate of 6% on pharmaceuticals, books and theatres, an increase on tax on insurance and the elimination of tax exemptions on certain islands. The creditors had originally wanted only a two-tier VAT system.
In terms of pensions, which have been the stickiest point in the negotiations, the plan demands reforms to:
Create strong disincentives to early retirement, including changes to early retirement penalties
Adopt legislation so that withdrawals from the social insurance fund will incur an annual penalty, for those affected by the extension of the retirement age period, equivalent to 10% on top of the current penalty of 6%
Ensure that all supplementary pension funds are only financed by own contributions
Gradually phase out the solidarity grant (EKAS) for all pensioners by end-December 2019. This shall start immediately for the top 20% of beneficiaries with the details of the phase-out to be agreed with the institutions
Freeze monthly guaranteed contributory pension limits in nominal terms until 2021
Provide to people retiring after 30 June 2015 the basic, guaranteed contributory, and means-tested pensions only at statutory normal retirement age, currently 67 years
Increase the relatively low health contributions for pensioners from 4% to 6% on average and extend it to supplementary pensions
On Monday Juncker insisted - incorrectly - that these measures did not amount to a cut in pensions. However, the creditors were correct in saying that they had compromised and the plans had some flexibility. They also suggested that Greece could provide alternative proposals as long as they are “sufficiently concrete and quantifiable”.
The creditors’ proposals also suggested that corporation tax rise only from 26% to 28%. Greece wanted the rate set at 29%.
http://www.theguardian.com/business/201 ... ill-needed
Baseline estimate is that Greece’s debt would still be 118% of GDP in 2030, even if it signs up to the full package of tax and spending reforms demanded
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Tuesday 30 June 2015 17.17 BST Last modified on Tuesday 30 June 2015 17.43 BST
Greece’s argument that it needs substantial debt relief for a lasting economic recovery are supported by secret documents put together by the troika of creditors, which show that even after 15 years of sustained strong growth the country will face a level of debt which the IMF deems unsustainable.
The documents show that the IMF’s baseline estimate - the most likely outcome - is that Greece’s debt would still be 118% of GDP in 2030, even if it signs up to the package of tax and spending reforms demanded. That is well above the 110% which the IMF regards as sustainable given Greece’s debt profile, a level set in 2012. The country’s debt level is currently 175% and likely to go higher because of its recent slide back into recession.
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Just hours before its current bailout expires, Athens proposes a new two-year deal with debt relief -- but how will creditors react?
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The documents also admit that under the baseline scenario “significant concessions” are necessary to improve Greece’s chances of ridding itself permanently of its debt financing woes.
Even under the best case scenario - which includes growth of 4% a year for the next five years - Greece’s debt levels will drop to only 124%, by 2022. The best case also anticipates €15bn (£10bn) in proceeds from privatisations - five times the estimate in the most likely scenario.
But under all the scenarios, which all assume a third bailout programme, looked at by the troika – the European Commission, the European Central Bank and the IMF – Greece has no chance of meeting the target of reducing its debt to “well below 110% of GDP by 2022” set by the Eurogroup of finance ministers in November 2012.
In the creditors own words: “It is clear that the policy slippages and uncertainties of the last months have made the achievement of the 2012 targets impossible under any scenario”.
These projections are from the ‘Preliminary Debt Sustainability Analysis for Greece’, which is one of six documents that are part of the full set of materials that comprise the “final” proposal sent to Greece by its creditors last Friday.
These, which the Guardian has seen, were obtained by Süddeutsche Zeitung after they were sent to all German MPs with the expectation that the deal would need to be approved by the country’s parliament.
A vote in the Bundestag never took place as the Greek prime minister Alexis Tsipras rejected the plans and called a referendum on whether to accept the creditors’ demands.
While the analysis underlines the fact that Greece has already benefited from a number of debt-reducing measures - maturities have been extended, interest payments are similar to those of less indebted nations and the public sector intervention in 2012 cut debt by about €100bn - the document also admits that under the baseline scenario “significant concessions” would improve sustainability.
But despite the lenders’ admission that Greece cannot thrive without debt relief the documents provide no clarity about what such a package might look like, nor does it provide any detail of a third bailout programme despite assuming one would exist. They promise only a more detailed debt sustainability analysis in due course.
The documents also throw light on the €35bn investment package which several governments, including Germany’s, have this week pointed out was offered to Greece last week.
The second document in the pack of six, titled ‘Reforms for the completion of the current programme and beyond’, show there was less to this offer than suggested by Commission president Jean-Claude Juncker and Germany’s vice-chancellor Sigmar Gabriel. The cash on offer is not an ad hoc investment but is actually an EU grant that is regularly available to all member states. And as Süddeutsche Zeitung points out, accessing the cash requires a 15% co-financing in Greece’s case - which Greece cannot afford. Because of this, Greece has unspent sums from its €38bn 2007-2013 pot of available grants.
A third document outlines the “financing needs and draft disbursement schedule linked to the completion of the fifth review” - spelling out how Greece would have received €15bn to meet its obligations until the end of November. The cash would have been handed over in five tranches starting in June (as soon as the Greek parliament approved the proposals) to cover Greece’s financing needs. However, 93% of the funds would have gone straight to cover the cost of maturing debt for the duration of the extension.
The remaining documents cover the nuts and bolts of the actions that were expected to be taken by Greece in consultation with the EC/ECB/IMF. One of these papers was also published by the European Commission over the weekend.
The plan is premised on a primary surplus target of 1%, 2%, 3%, and 3.5% of GDP in 2015, 2016, 2017 and 2018 respectively (both sides agree on these targets). It is anchored on VAT changes producing additional revenue of 1% of GDP and a reform of the pension system that leads to savings of 1% of GDP in 2016.
On VAT reforms, the proposal suggests broadening the tax base at a standard rate of 23%, and would include restaurants, and catering. There will be a reduced rate of 13% to cover a limited set of goods, that includes energy, basic foods, hotels and water (excluding sewage).
There was also to be a super-reduced rate of 6% on pharmaceuticals, books and theatres, an increase on tax on insurance and the elimination of tax exemptions on certain islands. The creditors had originally wanted only a two-tier VAT system.
In terms of pensions, which have been the stickiest point in the negotiations, the plan demands reforms to:
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On Monday Juncker insisted - incorrectly - that these measures did not amount to a cut in pensions. However, the creditors were correct in saying that they had compromised and the plans had some flexibility. They also suggested that Greece could provide alternative proposals as long as they are “sufficiently concrete and quantifiable”.
The creditors’ proposals also suggested that corporation tax rise only from 26% to 28%. Greece wanted the rate set at 29%.
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Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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Re: G R E C I A
Qui e' in gioco un possibile cambiamento epocale in cui la democrazie potrebbe prevalere rispetto alle attuali lobbies economiche finanziarie che muovono le file dei mercati e dei governi.camillobenso ha scritto:GREXIT
"Greci, votate per salvare la democrazia"
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Ora si tratta di verificare se la partita in atto venga appoggiata anche dai governi che si definiscono di sinistra e qui le cartine tornasole ci diranno la loro verita'.
Speriamo che la Grecia ancora una volta ci indichi come gestire la cosa pubblica e come invertire queste penosa marcia che ci sta' distruggendo.
La lotta sara dura e senza paura, e dipendera' tutto oltre che dai greci anche da tutti noi.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: G R E C I A
Caro Flavioflaviomob ha scritto:Greek debt: troika analysis says 'significant concessions' still needed
Baseline estimate is that Greece’s debt would still be 118% of GDP in 2030, even if it signs up to the full package of tax and spending reforms demanded
Alberto Nardelli
Tuesday 30 June 2015 17.17 BST Last modified on Tuesday 30 June 2015 17.43 BST
omissis..
non sarebbe opportuno inserire la traduzioni corretta per non usare il Google Traduttore che spesso ci da interpretazioni errate?
Fatto questa premessa e leggendo quanto da te inserito mi e' difficile avvalorare le tesi di tutti quelli che mettono in evidenza questa triste situazione greca e della loro impossibilita di pagarla sia in breve che lungo termine.
Se dovessi ragionare come fanno loro e la troica darei loro ragione ma purtroppo devo far notare che l'inserimento della Grecia nell'unione e' stata accettata dopo aver verificato la loro situazione finanziaria. Anzi gli addetti l'anno certificata molto valida per poi accorgersene che "i libri contabili" erano stati falsificati.
Ma e' possibile che possa succedere tutto questo e che gli "esperti" non si siano accorti di tutto questo ?
La Grecia rappresenta il 2% del Pil dell'Europa, ha un Pil come un terzo della Lombardia. Si poteva salvare con 1 miliardo e 8 e ora sta in questo stato disastroso.
Costoro, e quindi tutta l'Europa , hanno grossissime colpe e anche queste hanno deciso di farle pagare al popolo greco.!!!
Questo e' un problema assolutamente politico e la guerra attuale stà nel decidere se la politica e quindi la democrazia debbano essere loro sopra ogni cosa o invece gli affari economici finanziari.
Tutto qui. Staremo a vedere poiche la partita in gioco è molto grossa e di conseguenza parecchi altri problemi o si risolveranno o peggioreranno ,fra i quali gli attuali esodi di massa.
un salutone
Ultima modifica di pancho il 01/07/2015, 9:20, modificato 1 volta in totale.
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Re: G R E C I A
Dice Renzi “The point is: greek referendum won’t be a derby EU Commission vs Tsipras, but euro vs dracma. This is the choice“. Traduzione letterale: il punto è che il referendum non è uno scontro tra Tsipras e la Commissione Europea ma una scelta tra euro e dracma.
Ma passibile che un capo di stato non comprenda che quanto sta succedendo alla Grecia non è un problema
che riguarda solo la Grecia bensì un problema che riguarda il futuro dell'Europa ?
E poi
afferma : Se c’è il tana libera tutti che succede in Spagna ad ottobre? E in Francia tra un anno e mezzo? Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole, un’altra è pensare di essere il più furbo di tutti. Noi vogliamo salvare la Grecia, ma devono volerlo anche i greci”.
E continua considero un fallimento aver basato tutto sull’austerity e sul rigore
Qui si vede la statura di un uomo politico che non vede al di là del proprio naso.
In tutti questi paesi si continua a fare sacrifici senza vedere risultati e per il fatto di fare sacrifici non si vuole ammettere che questa è una strada sbagliata
Ma passibile che un capo di stato non comprenda che quanto sta succedendo alla Grecia non è un problema
che riguarda solo la Grecia bensì un problema che riguarda il futuro dell'Europa ?
E poi
afferma : Se c’è il tana libera tutti che succede in Spagna ad ottobre? E in Francia tra un anno e mezzo? Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole, un’altra è pensare di essere il più furbo di tutti. Noi vogliamo salvare la Grecia, ma devono volerlo anche i greci”.
E continua considero un fallimento aver basato tutto sull’austerity e sul rigore
Qui si vede la statura di un uomo politico che non vede al di là del proprio naso.
In tutti questi paesi si continua a fare sacrifici senza vedere risultati e per il fatto di fare sacrifici non si vuole ammettere che questa è una strada sbagliata
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