G R E C I A
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: G R E C I A
La Grecia, la Storia e i depressi di sinistra
15/07/2015 di triskel182
Fosse esistita un secolo e mezzo fa, la sinistra italiana avrebbe rinunciato al Risorgimento dopo la fucilazione dei fratelli Bandiera.
Voglio dire: ogni nuovo ordine nasce dalla comprensione del disordine (cit.) e qui l’entropia è al limite della soglia critica.
Ciò nonostante, mi pare assai scarso lo sforzo di comprensione del disordine se ci si limita a far passare rapidamente Tsipras da eroe a traditore senza provare a sistematizzare alcuni dati di realtà che non sono poi nemmeno così complessi.
Importa fino a un certo punto, ad esempio, che Tsipras sia stato sottoposto a “waterboarding mentale”, come ha scritto il Guardian: anche se fa un po’ impressione che in una sedicente Unione si arrivi a questo. Importa poco perché il problema strutturale di fondo sono stati comunque i rapporti di forza nell’eurogruppo tra la parte keynesiana-sociale e quella rigorista-liberista: non solo uno Stato contro tutti gli altri, ma soprattutto quell’uno a rappresentare un’economia debolissima e con l’acqua alla gola. Del tutto indifferente è stato il fatto che l’acqua alla gola gliel’abbia fatta salire proprio il connubio fra la Troika e le larghe intese greche che hanno comandato ad Atene fino all’altro ieri: sempre con l’acqua alla gola era, Tsipras, quindi in rapporti di forza pessimi.
Se a rappresentare l’Europa sociale è la Calvairate e a rappresentare quella liberista è il Barcellona, insomma, bisogna mettere in conto la probabilità di perdere anche se in campo si corre come matti. Tsipras dunque non è stato né un eroe né un traditore, ma il capitano di una squadra debolissima contro una che voleva maralmadeggiare – e perdonatemi la metafora calcistica.
Se poi proprio vogliamo parlare di “traditori” (ma il termine mi piace pochissimo) piuttosto io guarderei a quei capi di governo del Pse i cui partiti sono stati votati anche in Europa con slogan e programmi contrari al rigore contabile e poi si sono sdraiati sulla linea Merkel-Schäuble. Velo pietoso.
Quanto alla “stravittoria” della Germania, questa è stata indubbia, l’altro ieri. Tuttavia ha stravinto un po’ come nel 1844 stravinsero i Borboni sui fratelli Bandiera, appunto: non esattamente un trionfo di lungo termine. Ha infatti ottenuto lo scalpo della Grecia uccidendo il progetto europeo e palesando a tutti che questa non è un’Unione fra cittadini d’Europa ma una gabbia le cui chiavi sono in mano a Merkel, Schäuble e pochi altri. Quindi rendendo l’Unione stessa odiosa a centinaia di milioni di persone fuori dall’asse Germania-Olanda-Finlandia, determinando perciò un effetto politico devastante in diversi Paesi proprio per quegli equilibri che credono di aver stabilizzato.
Ne parlavo giusto ieri con il responsabile di un istituto di ricerche demoscopiche: contrariamente a quanto vuole il racconto mediatico di questi giorni, la “lezione tedesca” tenderà a gonfiare – per reazione – il consenso verso le cosiddette forze anti sistema, che in ogni Paese hanno volti e idee diverse ma ugualmente incassano la rabbia contro questa follia. Quindi stiamo parlando di Le Pen in Francia e Podemos in Spagna, da noi di Grillo e Salvini.
Del resto, se arriva il messaggio che l’Ue è una dittatura di pochi e non è riformabile con la ragionevolezza e la mediazione, si alimentano per forza conflittualità ancora più dure ed estreme. In altre parole, dato che quest’Europa tenuta insieme con i diktat e i ricatti non va comunque da nessuna parte, la vera domanda è cosa prenderà il suo posto: altro che vittoria della Merkel.
A proposito, faccio presente chi in Grecia sta cercando di incassare localmente la sconfitta di Tsipras: Alba Dorata. E mi viene in mente Slavoj Žižek quando dice che ogni esplosione del fascismo nasce da una sconfitta della sinistra.
È poi una grave sciocchezza, a mio avviso, anche quella secondo cui “allora il referendum non è servito a niente”, come dicono alcuni depressi di oggi.
Mi rendo conto che questo pensiero possa scattare come riflesso automatico, visto che poi alla Grecia sono state imposte condizioni peggiori di quelle a cui aveva detto no, ma se si uniscono retrospettivamente i puntini si capisce benissimo a cosa è servito il referendum greco e molto oltre i confini di quel Paese: è servito a mostrare a tutta Europa come mai era accaduto primal’abisso ormai incolmabile scavato tra la democrazia e questa Ue, a evidenziare il livello inaccettabile di sottrazione della sovranità ai cittadini, a rendere chiaro a ogni popolo Ue che in questa Unione, così com’è, il loro voto non conta più niente, quindi è tutto da rifare. A palesare universalmente che questa Ue è solo un «protettorato in maschera», come scrive oggi Lucio Caracciolo.
Certo, è un eterogenesi dei fini, ma così a volte procede la storia. L’importante è provare a capirne e magari orientarne i percorsi, tutt’altro che lineari.
Ecco perché oggi – torno all’inizio del post – è non solo inutile ma anche un po’ irritante piangere per la sconfitta di Tsipras o – peggio – dividersi a sinistra fra “tsiprioti” e “varoufakisti”, tra chi condivide fotomontaggi di Schäuble impiccato e chi alza già bandiera bianca dopo la prima battaglia europea persa – quando qui siamo solo al giorno zero.
A causare queste reazioni a sinistra è, come sempre, quel mix bipolare di settarismo e sconfittismo proprio di chi preferisce cullarsi con il pensiero magico (l’eroe senza macchia Tsipras) piuttosto che con le complessità e le sfide poste dal reale.
Oggi più rischiose di ieri, certo, ma anche più interessanti e affascinanti. Che richiedono quindi ancora più intelligenza e coraggio, altro che la solita onanistica depressione.
Da gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: G R E C I A
ULTIM'ORA | notizia flash
Grecia, sì dell’Eurogruppo al prestito ponte da 7 miliardi. Domani l’annuncio ufficiale
http://www.corriere.it/#
Grecia, sì dell’Eurogruppo al prestito ponte da 7 miliardi. Domani l’annuncio ufficiale
http://www.corriere.it/#
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: G R E C I A
L'EVOLUZIONE DELLA TRAGEDIA GRECA
Crisi Grecia, “elezioni più vicine”. Il ministro dell’Interno: “Voto in autunno”
Il voto del Parlamento potrebbe provocare un terremoto politico. Anche perché da qui a quando verranno aperte le urne ci sarà da capire se il front dei 40 dissidenti di Syriza si allargherà ulteriormente
di Francesco De Palo | 16 luglio 2015
E ora il voto. Le forche caudine del Parlamento ellenico, se da un lato hanno sbloccato la liquidità di emergenza per consentire alle banche di riaprire dopo quasi venti giorni di apnea (sono dati in arrivo all’aeroporto di Atene due C-130 pieni di denaro) dall’altro potrebbero provocare un altro terremoto, questa volta politico. Il ministro dell’Interno Nikos Voutsis parla apertamente di elezioni anticipate da tenere in autunno (tra ottobre e novembre) corroborando la tesi di chi ha già compreso come un esecutivo così compromesso dal voto in Parlamento non abbia vita lunga. Tutt’altro. Ai 40 dissidenti syrizei vanno sommati quelli che stanno valutando strategicamente il da farsi: se restare nel partito nonostante un premier debolissimo all’estero dinanzi ai creditori e altrettanto in casa. O se annusare cosa farà la Piattaforma di Sinistra e soprattutto l’ex ministro Yanis Varoufakis, poco propenso a passare questo 2015 in conferenze dall’altro lato del pianeta e pare pensieroso sulla possibilità di uscire allo scoperto in prima persona.
Pubblicità
In verità nelle ore che avevano preceduto il voto dilaniante della notte, la maggioranza pensava che con un semplice rimpasto si sarebbe potuto mettere una toppa alle defezioni di Varoufakis e di chi lo ha seguito, come la sottosegretaria alle Finanze Valavani e la presidente della Camera Kostantopoulou: entrambe con un rapporto personale di lungo corso con Tsipras, entrambe al capolinea di un’esperienza che durava dal 2004. Ma di contro ora su alcuni quotidiani greci ecco campeggiare il titolo choc: elezioni anticipate già a settembre, con addirittura una data cerchiata di rosso, il 13.
Ecco che qualora Tsipras in persona si rendesse conto che la scadenza di novembre sarebbe improponibile per un governo destinato a cercare volta per volta, al centro o tra i socialisti, i voti per mandare avanti il Parlamento, allora punterebbe senza indugi su urne già a settembre. Ma con l’immediato riverbero di dimissioni immediate, Parlamento sciolto e un agosto da destinare ad una infuocata (in tutti i sensi) campagna elettorale. Con difficoltà legate anche alle dinamiche relative al debito, dal momento che nei prossimi giorni i parlamenti dell’Unione dovranno esprimersi sul piano (Parigi ha già dato il suo nulla osta). Se invece da Berlino dovesse arrivare uno stop deciso, sarebbe novembre il limite temporale, comunque azzardato, per andare ad elezioni. Non va dimenticato infatti che in questo 2015 i cittadini greci sono già stati chiamati due volte ad esprimersi: a gennaio per le politiche, impreviste, provocate dal rischio giocato dall’ex premier Samaras (per la complicata partita legata al rinnovo anticipato del capo dello Stato) e pochi giorni fa per il controverso referendum costato 20 milioni, che secondo alcuni deputati dissidenti è stato il patibolo dove si è consumato tutto il dramma di Tsipras: umano e politico.
twitter@FDepalo
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07 ... e/1879568/
Crisi Grecia, “elezioni più vicine”. Il ministro dell’Interno: “Voto in autunno”
Il voto del Parlamento potrebbe provocare un terremoto politico. Anche perché da qui a quando verranno aperte le urne ci sarà da capire se il front dei 40 dissidenti di Syriza si allargherà ulteriormente
di Francesco De Palo | 16 luglio 2015
E ora il voto. Le forche caudine del Parlamento ellenico, se da un lato hanno sbloccato la liquidità di emergenza per consentire alle banche di riaprire dopo quasi venti giorni di apnea (sono dati in arrivo all’aeroporto di Atene due C-130 pieni di denaro) dall’altro potrebbero provocare un altro terremoto, questa volta politico. Il ministro dell’Interno Nikos Voutsis parla apertamente di elezioni anticipate da tenere in autunno (tra ottobre e novembre) corroborando la tesi di chi ha già compreso come un esecutivo così compromesso dal voto in Parlamento non abbia vita lunga. Tutt’altro. Ai 40 dissidenti syrizei vanno sommati quelli che stanno valutando strategicamente il da farsi: se restare nel partito nonostante un premier debolissimo all’estero dinanzi ai creditori e altrettanto in casa. O se annusare cosa farà la Piattaforma di Sinistra e soprattutto l’ex ministro Yanis Varoufakis, poco propenso a passare questo 2015 in conferenze dall’altro lato del pianeta e pare pensieroso sulla possibilità di uscire allo scoperto in prima persona.
Pubblicità
In verità nelle ore che avevano preceduto il voto dilaniante della notte, la maggioranza pensava che con un semplice rimpasto si sarebbe potuto mettere una toppa alle defezioni di Varoufakis e di chi lo ha seguito, come la sottosegretaria alle Finanze Valavani e la presidente della Camera Kostantopoulou: entrambe con un rapporto personale di lungo corso con Tsipras, entrambe al capolinea di un’esperienza che durava dal 2004. Ma di contro ora su alcuni quotidiani greci ecco campeggiare il titolo choc: elezioni anticipate già a settembre, con addirittura una data cerchiata di rosso, il 13.
Ecco che qualora Tsipras in persona si rendesse conto che la scadenza di novembre sarebbe improponibile per un governo destinato a cercare volta per volta, al centro o tra i socialisti, i voti per mandare avanti il Parlamento, allora punterebbe senza indugi su urne già a settembre. Ma con l’immediato riverbero di dimissioni immediate, Parlamento sciolto e un agosto da destinare ad una infuocata (in tutti i sensi) campagna elettorale. Con difficoltà legate anche alle dinamiche relative al debito, dal momento che nei prossimi giorni i parlamenti dell’Unione dovranno esprimersi sul piano (Parigi ha già dato il suo nulla osta). Se invece da Berlino dovesse arrivare uno stop deciso, sarebbe novembre il limite temporale, comunque azzardato, per andare ad elezioni. Non va dimenticato infatti che in questo 2015 i cittadini greci sono già stati chiamati due volte ad esprimersi: a gennaio per le politiche, impreviste, provocate dal rischio giocato dall’ex premier Samaras (per la complicata partita legata al rinnovo anticipato del capo dello Stato) e pochi giorni fa per il controverso referendum costato 20 milioni, che secondo alcuni deputati dissidenti è stato il patibolo dove si è consumato tutto il dramma di Tsipras: umano e politico.
twitter@FDepalo
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07 ... e/1879568/
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: G R E C I A
Quando si va in guerra bisogna sapere se si è in grado di combatterla. Giglioli riflette sui combattenti della sinistra europea.
Piovono Rane
di Alessandro Gilioli
16 lug
L'impossibile violenza dell'eterno presente
Schermata 2015-07-16 alle 12.41.36
«Si è data una tale lezione a Tsipras che per un po' nessuno in Europa avrà voglia di imitarlo», scrive oggi Guido Tabellini sul "Sole 24 Ore": e questo è il grande tema politico che ci accompagnerà per un bel po'.
La questione è affrontata oggi anche dall'economista James Galbraith sul Manifesto.
Galbraith è stato uno dei consiglieri di Varoufakis, sta ancora con l'ex ministro («al Parlamento greco ieri avrei votato no») e tra le altre cose dice che se in un altro Paese vincesse un partito alla Syriza «assisteremmo alla stessa sequenza semi-automatica di eventi a cui abbiamo assistito in Grecia: le banche del nord taglierebbero credito a quelle del Sud, a quel punto dovrebbe intervenire la Bce con la liquidità di emergenza, questo spingerebbe la gente a portare i capitali fuori dal Paese e in poco tempo il governo si troverebbe a gestire una crisi bancaria». Quindi «qualunque partito di sinistra che aspiri a governare un paese europeo dev'essere pronto a questo».
Detto in soldoni, il concetto è che la sinistra, si chiami Podemos o Syriza, in Europa non può davvero vincere le elezioni. Perché se vince i casi sono due: o cerca di cambiare radicalmente le cose mantenendo fede ai programmi elettorali, e allora il Paese in cui ha vinto viene strangolato dall'intreccio potente di mercati, banche e istituzioni internazionali; oppure capitola e accetta tutto quello che gli viene imposto dai suddetti mercati etc, come sta accadendo ora in Grecia.
Occhio, tuttavia, che questo meccanismo non vale solo per la sinistra. Né solo per Grecia e Spagna. Ma più in generale per qualsiasi forza politica che non fa proprie le politiche richieste (anzi di fatto imposte) dall'intreccio di cui sopra. Quindi probabilmente vale anche per il M5S in Italia, oltre che per il Portogallo (si vota a settembre e i partiti anti Troika al momento sembrano in vantaggio) e per l'Irlanda (dove il Sinn Fein potrebbe essere il primo partito).
Tutte queste forze - e probabilmente presto altre - rischiano di scontrarsi con la dottrina Schaeuble: «Le elezioni non contano».
Cosa che in effetti, almeno nel caso greco, è stata ampiamente dimostrata: i cittadini hanno votato per una cosa e poi il governo è stato costretto a fare l'opposto.
Il fatto è che per circa un secolo, in Europa ma non solo, nelle democrazie i cittadini hanno potuto scegliere tra destra e sinistra nella convinzione - spesso al tempo fondata - che la vittoria dell'una o dell'altra avrebbe avuto effetti diversi sul proprio Paese e sul proprio domani.
Questo non solo è stato il fondamento della democrazia, ma soprattutto ha garantito nelle coscienze delle persone un fattore indispensabile dell'esistere: la speranza di un cambiamento. La possibilità interiorizzata di un'alternativa al presente.
Ora questa possibilità sembra essere stata abolita, almeno in Europa.
Questo passaggio è avvenuto in due fasi.
Il primo è stato quando la sinistra storica ha iniziato a emulare la destra: da Blair a Hollande e Renzi. Il secondo - recentissimo - quando la cosiddetta sinistra radicale (nata proprio in polemica alla resa culturale e politica della sinistra storica) ha affrontato la sua prima prova di governo e si è ugualmente arresa - anche se più controvoglia.
Questa presunta "abolizione della possibilità di cambiare", che oggi sembra ineluttabile, è tuttavia storicamente e umanamente impossibile.
Se non altro perché non fa i conti con la natura umana: senza un'ipotesi di alternativa al presente, semplicemente l'uomo non vive. O al massimo ci vive per un po': ma questo medioevo delle coscienze sul medio termine esplode. Come una pentola pressione a cui sono state chiuse tutte le valvole.
Quello che è successo in Grecia viene quindi un po' sottovalutato, per i suoi effetti su tutta l'Europa e su tutti noi. Perché per la prima volta ci è stato sbattuto in faccia che tutte queste valvole sono state chiuse. Che ormai votiamo per finta. Che ci hanno sottratto qualsiasi possibilità di cambiare alcunché ovunque e per sempre.
Come vedete, qui non è questione di Tsipras ma nemmeno di "sinistra": è questione (assai più ampia) di una struttura economica e ideologica talmente potente da pretendere di essere la fine della storia.
Ma la fine della storia non esiste, finché esisteranno gli umani con le loro sciagure e i loro sogni, i loro conflitti e le loro pulsioni.
La domanda, quindi, non è se questa coazione a un presente eternizzato funziona o no.
La domanda è solo se la sua fine sarà un pacifico e ragionevole superamento o un'irrazionale e violenta implosione.
E a porsi con urgenza la questione dovrebbero essere per primi i trionfatori di oggi: gli entusiasti del "cedimento realista" di Tsipras. Perché sarà proprio la realtà a bussare presto alle loro porte. La realtà degli esseri umani, a cui se togli la speranza restano solo il rancore, la frustrazione, la rabbia.
http://gilioli.blogautore.espresso.repu ... -presente/
Piovono Rane
di Alessandro Gilioli
16 lug
L'impossibile violenza dell'eterno presente
Schermata 2015-07-16 alle 12.41.36
«Si è data una tale lezione a Tsipras che per un po' nessuno in Europa avrà voglia di imitarlo», scrive oggi Guido Tabellini sul "Sole 24 Ore": e questo è il grande tema politico che ci accompagnerà per un bel po'.
La questione è affrontata oggi anche dall'economista James Galbraith sul Manifesto.
Galbraith è stato uno dei consiglieri di Varoufakis, sta ancora con l'ex ministro («al Parlamento greco ieri avrei votato no») e tra le altre cose dice che se in un altro Paese vincesse un partito alla Syriza «assisteremmo alla stessa sequenza semi-automatica di eventi a cui abbiamo assistito in Grecia: le banche del nord taglierebbero credito a quelle del Sud, a quel punto dovrebbe intervenire la Bce con la liquidità di emergenza, questo spingerebbe la gente a portare i capitali fuori dal Paese e in poco tempo il governo si troverebbe a gestire una crisi bancaria». Quindi «qualunque partito di sinistra che aspiri a governare un paese europeo dev'essere pronto a questo».
Detto in soldoni, il concetto è che la sinistra, si chiami Podemos o Syriza, in Europa non può davvero vincere le elezioni. Perché se vince i casi sono due: o cerca di cambiare radicalmente le cose mantenendo fede ai programmi elettorali, e allora il Paese in cui ha vinto viene strangolato dall'intreccio potente di mercati, banche e istituzioni internazionali; oppure capitola e accetta tutto quello che gli viene imposto dai suddetti mercati etc, come sta accadendo ora in Grecia.
Occhio, tuttavia, che questo meccanismo non vale solo per la sinistra. Né solo per Grecia e Spagna. Ma più in generale per qualsiasi forza politica che non fa proprie le politiche richieste (anzi di fatto imposte) dall'intreccio di cui sopra. Quindi probabilmente vale anche per il M5S in Italia, oltre che per il Portogallo (si vota a settembre e i partiti anti Troika al momento sembrano in vantaggio) e per l'Irlanda (dove il Sinn Fein potrebbe essere il primo partito).
Tutte queste forze - e probabilmente presto altre - rischiano di scontrarsi con la dottrina Schaeuble: «Le elezioni non contano».
Cosa che in effetti, almeno nel caso greco, è stata ampiamente dimostrata: i cittadini hanno votato per una cosa e poi il governo è stato costretto a fare l'opposto.
Il fatto è che per circa un secolo, in Europa ma non solo, nelle democrazie i cittadini hanno potuto scegliere tra destra e sinistra nella convinzione - spesso al tempo fondata - che la vittoria dell'una o dell'altra avrebbe avuto effetti diversi sul proprio Paese e sul proprio domani.
Questo non solo è stato il fondamento della democrazia, ma soprattutto ha garantito nelle coscienze delle persone un fattore indispensabile dell'esistere: la speranza di un cambiamento. La possibilità interiorizzata di un'alternativa al presente.
Ora questa possibilità sembra essere stata abolita, almeno in Europa.
Questo passaggio è avvenuto in due fasi.
Il primo è stato quando la sinistra storica ha iniziato a emulare la destra: da Blair a Hollande e Renzi. Il secondo - recentissimo - quando la cosiddetta sinistra radicale (nata proprio in polemica alla resa culturale e politica della sinistra storica) ha affrontato la sua prima prova di governo e si è ugualmente arresa - anche se più controvoglia.
Questa presunta "abolizione della possibilità di cambiare", che oggi sembra ineluttabile, è tuttavia storicamente e umanamente impossibile.
Se non altro perché non fa i conti con la natura umana: senza un'ipotesi di alternativa al presente, semplicemente l'uomo non vive. O al massimo ci vive per un po': ma questo medioevo delle coscienze sul medio termine esplode. Come una pentola pressione a cui sono state chiuse tutte le valvole.
Quello che è successo in Grecia viene quindi un po' sottovalutato, per i suoi effetti su tutta l'Europa e su tutti noi. Perché per la prima volta ci è stato sbattuto in faccia che tutte queste valvole sono state chiuse. Che ormai votiamo per finta. Che ci hanno sottratto qualsiasi possibilità di cambiare alcunché ovunque e per sempre.
Come vedete, qui non è questione di Tsipras ma nemmeno di "sinistra": è questione (assai più ampia) di una struttura economica e ideologica talmente potente da pretendere di essere la fine della storia.
Ma la fine della storia non esiste, finché esisteranno gli umani con le loro sciagure e i loro sogni, i loro conflitti e le loro pulsioni.
La domanda, quindi, non è se questa coazione a un presente eternizzato funziona o no.
La domanda è solo se la sua fine sarà un pacifico e ragionevole superamento o un'irrazionale e violenta implosione.
E a porsi con urgenza la questione dovrebbero essere per primi i trionfatori di oggi: gli entusiasti del "cedimento realista" di Tsipras. Perché sarà proprio la realtà a bussare presto alle loro porte. La realtà degli esseri umani, a cui se togli la speranza restano solo il rancore, la frustrazione, la rabbia.
http://gilioli.blogautore.espresso.repu ... -presente/
-
- Messaggi: 522
- Iscritto il: 18/03/2012, 10:43
Re: G R E C I A
Pare che il mondo stia tornando indietro di 400 anni. Come ha fatto uno a finire così?
-
- Messaggi: 2444
- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: G R E C I A
Al" piovono rane" di Giglioli risponderei :
Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Irlanda , Belgio, Slovenia ...(Africa Mediterranea) dai 200 ai 250 milioni di abitanti non sono pochi per rispondere per le rime a quelli del nord che non vogliono mollare.
Credo che saremmo in grado di dettare ordini a quelli del Nord e di far a loro una buona concorrenza.
Sarebbe una massa critica sufficiente per competere con gli altri sia per capacità che per mezzi .
A questo punto ritengo che sarebbe sconveniente sotto tutti i profili diventare i responsabili della fine di una Unione europea che tanto ha dato alle loro economie e a livello mondiale diventare dei paesi di secondo ordine.
Questi paesi o meglio quella parte di questi paesi contrari a questa Europa dovrebbero già essere preparati tutti insieme a far fronte a una tale evenienza predisponendo le misure necessarie per non trovarsi impreparati e soccombere come è successo alla Grecia
Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Irlanda , Belgio, Slovenia ...(Africa Mediterranea) dai 200 ai 250 milioni di abitanti non sono pochi per rispondere per le rime a quelli del nord che non vogliono mollare.
Credo che saremmo in grado di dettare ordini a quelli del Nord e di far a loro una buona concorrenza.
Sarebbe una massa critica sufficiente per competere con gli altri sia per capacità che per mezzi .
A questo punto ritengo che sarebbe sconveniente sotto tutti i profili diventare i responsabili della fine di una Unione europea che tanto ha dato alle loro economie e a livello mondiale diventare dei paesi di secondo ordine.
Questi paesi o meglio quella parte di questi paesi contrari a questa Europa dovrebbero già essere preparati tutti insieme a far fronte a una tale evenienza predisponendo le misure necessarie per non trovarsi impreparati e soccombere come è successo alla Grecia
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: G R E C I A
cielo 70 ha scritto:Pare che il mondo stia tornando indietro di 400 anni. Come ha fatto uno a finire così?
Spesso usiamo questo modo dire riferito alla regressione del pensiero umano.
Credo che il fenomeno avvenga perché non sappiamo vivere è perchè nessuno ce lo insegna.
Mi sembra di capire che la quasi totalità degli uomini abbia in tasca la tessera della vita come ha in tasca la tessera del caffè, che viene obliterata quando vai al bar a prenderne uno.
Non é così. Ed ogni individuo ha il sacrosanto diritto di viverla nel miglior modo possibile,......cercando di non ledere quella degli altri.
Sul sito del Corriere della Sera di ieri, è ancora presente questa notizia di carattere sociologico, che indica chiaramente che non sappiamo vivere:
VITA (FIN TROPPO) MODERNA
Drogati di smartphone, lo usiamo 3 ore al giorno: le idee per guarire
Le immagini: una vita da zombie
Diamo un’occhiata al nostro telefono 150 volte al giorno. Molti gli studi su come uscire dal tunnel. Magari anche aiutati dai wearable di E. Perasso
http://www.corriere.it/foto-gallery/tec ... bdaf.shtml
Tutto quello che inventiamo e costruiamo, poi finiamo per farne cattivo uso.
Non uno strumento al nostro servizio, ma noi al servizio degli strumenti.
Nella stessa pagina è presente la notizia della krossa gaffe della Merckellona con la bambina palestinese.
Neppure frau Angela sa vivere. Non era proprio necessario arrivare al pragmatismo teutonico per spezzare i sogni di una vita migliore di una giovane ragazzina.
Ma i tedeschi sono sempre quelli, non sanno vivere e amano spezzare la vita degli altri.
-
- Messaggi: 822
- Iscritto il: 08/03/2012, 23:18
Re: G R E C I A
RISSA TRA PSICANALISTI E PSICHIATRI , COLPITO A MORTE IL PROF. HABERAS IL PSICHIATRA DI TSIPRAS.
( dedicato ai depressi di sinistra )
Purtroppo l inevitabile e accaduto nello scontro in atto tra la SINISTRA REALISTA e la SINISTRA DEPRESSA un grande accademico e medico psichiatrico che aveva in cura Tsipras e caduto colpito mortalmente da arma da fuoco .
Ha sparare e stato il collega prof. Valentes psicanalista francese di origine italiana di tendenze troskiste quarta internazionale.
la rissa è scoppiata a Parigi .
lo scontro prima verbale poi fisico e poi armato tra psicanalisti sostenitori dei depressi di sinistra contro tsipras e psichiatri realisti sostenitori del processo di automitizzazione di Tsipras è stato violento e finito tragicamente con una vittima.
c e stato un momento in cui i professori si sono trovati in armonia quando analizzarono la figura della moglie di tsipras .
Il ruolo dela moglie di tsipras con lineamenti aqillini ma mai taglienti e ritenuto fondamentale per l equilibrio psicologico di tsipras.
ma lo scontro riprese su tsipras i psichiatri ritenevano il suo cervello sano , i psicanalisti argomentando il referendum , sostenevano che la psiche era in default.
lo scontro divenne violento tra gli ottuagenari prof . Heberas medico di Stalin e di Tsipras e il prof. Valentes medico personale di Trosky e del motociclista.
Il personale è politico no , noooo, perchè ?
La storia, I morti , le purghe, l ' odio .
il prof. Haberas ' ha svoltato' ….'mi sono fatto tua moglie ' rivolto a Valentes, il Valentes prende la pistola e spara, Haberas morto.
La maledifizione francese continua.
( dedicato ai depressi di sinistra )
Purtroppo l inevitabile e accaduto nello scontro in atto tra la SINISTRA REALISTA e la SINISTRA DEPRESSA un grande accademico e medico psichiatrico che aveva in cura Tsipras e caduto colpito mortalmente da arma da fuoco .
Ha sparare e stato il collega prof. Valentes psicanalista francese di origine italiana di tendenze troskiste quarta internazionale.
la rissa è scoppiata a Parigi .
lo scontro prima verbale poi fisico e poi armato tra psicanalisti sostenitori dei depressi di sinistra contro tsipras e psichiatri realisti sostenitori del processo di automitizzazione di Tsipras è stato violento e finito tragicamente con una vittima.
c e stato un momento in cui i professori si sono trovati in armonia quando analizzarono la figura della moglie di tsipras .
Il ruolo dela moglie di tsipras con lineamenti aqillini ma mai taglienti e ritenuto fondamentale per l equilibrio psicologico di tsipras.
ma lo scontro riprese su tsipras i psichiatri ritenevano il suo cervello sano , i psicanalisti argomentando il referendum , sostenevano che la psiche era in default.
lo scontro divenne violento tra gli ottuagenari prof . Heberas medico di Stalin e di Tsipras e il prof. Valentes medico personale di Trosky e del motociclista.
Il personale è politico no , noooo, perchè ?
La storia, I morti , le purghe, l ' odio .
il prof. Haberas ' ha svoltato' ….'mi sono fatto tua moglie ' rivolto a Valentes, il Valentes prende la pistola e spara, Haberas morto.
La maledifizione francese continua.
Ultima modifica di aaaa42 il 17/07/2015, 13:44, modificato 1 volta in totale.
-
- Messaggi: 3688
- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: G R E C I A
----------------iospero ha scritto:Al" piovono rane" di Giglioli risponderei :
Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Irlanda , Belgio, Slovenia ...(Africa Mediterranea) dai 200 ai 250 milioni di abitanti non sono pochi per rispondere per le rime a quelli del nord che non vogliono mollare.
Credo che saremmo in grado di dettare ordini a quelli del Nord e di far a loro una buona concorrenza.
Sarebbe una massa critica sufficiente per competere con gli altri sia per capacità che per mezzi .
A questo punto ritengo che sarebbe sconveniente sotto tutti i profili diventare i responsabili della fine di una Unione europea che tanto ha dato alle loro economie e a livello mondiale diventare dei paesi di secondo ordine.
Questi paesi o meglio quella parte di questi paesi contrari a questa Europa dovrebbero già essere preparati tutti insieme a far fronte a una tale evenienza predisponendo le misure necessarie per non trovarsi impreparati e soccombere come è successo alla Grecia
ciao iospero.Sono pienamente d'accordo: prepararsi da ora per un piano B.
Tanto la mentalità dei tedeschi è sempre quella.Due guerre mondiali non sono servite a niente.
Ciao
Paolo11
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: G R E C I A
Piovono Rane
di Alessandro Gilioli
17 lug
Lezioni greche: ideologici e no
xl43-lagarde-150601164646_medium.jpg.pagespeed.ic.2UkEw8-oPB
Alla fine di questa settimana che ha segnato uno spartiacque nella storia d'Europa, risulta tragicamente ridicola tutta questa cosa del debito greco.
Quello che principalmente chiedeva Tsipras da anni - cioè il taglio o almeno una sua robusta dilazione nel tempo - gli è stato ripetutamente negato fino a farlo capitolare. Ma adesso sia il Fondo monetario, sia la Bce, sia il governo Usa dicono all'unisono: oh caXXo, ma questo debito è così gigantesco che un'economia così debole non potrà mai ripagarlo nei tempi stabiliti; oh caXXo, ma più gli chiediamo di rispettare le scadenze più strangoliamo quell'economia già debole, quindi non ci conviene; oh caXXo, l'unica cosa possibile per riavere indietro almeno una parte dei soldi è tagliare il debito o dilazionarlo robustamente nel tempo!
Fantastico, no? Sono arrivati alle stesse conclusioni che Tsipras sosteneva inutilmente da tempo (sentito con le mie orecchie anche qui a Roma, al teatro Valle), però quando lo diceva Tsipras era un estremista di sinistra o un greco scansafatiche (a scelta) mentre adesso che è stato piegato come un filo di paglia si scopre che aveva ragione lui. L'epicentro della sua battaglia (che era questo, mica l'Iva sulle isole) era l'unica strada percorribile.
La cosa merita una riflessione non per dar ragione a Tsipras (ormai, poraccio, se ne fa poco delle ragioni) ma perché è l'altra faccia del discorso che si faceva ieri, e con il quale vi sto martirizzando gli zebedei da diversi giorni: il discorso cioè sulla dialettica tra pragmatismo e ideologia, ma anche tra realtà e utopia.
Perché ci siamo detti mille volte quanto gli utopisti di sinistra siano stati spesso troppo ideologici e abbiano pertanto preso frequenti musate dal mondo: ieri si parlava ad esempio di com'è difficile oggi in un singolo Paese europeo fare politiche diverse da quelle diverse dalla Troika, dato l'intreccio onnipotente di poteri economici, finanziari e politici che dettano le condizioni a tutti.
Ma forse sarebbe il caso di iniziare a vedere con lucidità anche l'ideologia opposta, quella che ha mosso per anni proprio la Troika: basata sul dogma del pareggio contabile, dell'austerità pubblica come unica ricetta economica, delle regolette Ue che impediscono di prendere misure di buon senso e talvolta indispensabili, come appunto la ristrutturazione del debito greco (ma anche, più in generale, la sciocchezza del fiscal compact con il suo fantasioso vincolo del 3 per cento).
A fronte di rigidità sistematiche sinottiche, la vulgata corrente vuole tuttavia che l'una sia pragmatica (quella liberista, ça va sans dire) e l'altra tutta ideologica. Ma ciò avviene per il semplice fatto che la prima è vincente, cioè che ha i muscoli per imporsi, quindi ha il potere. Un po' come se nell'Urss di Breznev si fosse detto che i piani quinquennali non erano ideologici ma pragmatici per il semplice fatto che il regime aveva la forza di imporli nel reale.
Bene: trattasi di cazzata.
E proprio la colossale marcia indietro di queste ore sul debito greco di tutti i protagonisti vincenti di quella trattativa ne è la prova finale, se ce ne fosse stato ancora bisogno. Un'ideologia non è più pragmatica delle altre per il fatto di avere la forza di imporsi. Un'ideologia è tale perché è rigida, astratta, priva di sfumature e di buon senso, incapace di afferrare la viva complessità delle vicende umane. Perché fa prevalere la tesi teorica sulle osservazioni sperimentali. Perché per sopravvivere rifiuta la confutabilità e la falsificabilità. Perché quindi appartiene, sostanzialmente, alla metafisica.
Se dunque è ancora tale quando diventa vincente, resta comunque ideologia. Non è che diventa pragmatismo perché si impone, perché ha provvisoriamente conformato il mondo a se stessa.
Ecco: si diceva delle cesure storiche determinate dagli eventi degli ultimi dieci giorni, delle lezioni da trarne, e anche del dramma specifico di una sinistra radicale che per la prima volta "si è arresa alla realtà" così come la sinistra storica si era arresa al liberismo da decenni, fin dai tempi di Blair. Ma questa è solo una realtà imposta da una ideologia: quella finora vincente.
Se volete, al termine di questa pippa, la dico più da bar: okay, noi di sinistra l'abbiamo capito che le ideologie sono false perché rigide e astratte; quindi qualsiasi sinistra più o meno radicale del futuro dovrà essere aperta, confutabile, sperimentale, plastica, empirica etc etc.
Peccato che non l'abbiano capito i liberisti, che continuano invece a gabellare per unica realtà possibile il frutto della loro ideologia, salvo ammettere di aver fatto una cazzata solo quando l'avversario è stato umiliato e politicamente azzerato.
______
(Ps. Nota di servizio. Sì, è il sedicesimo post consecutivo su Grecia e dintorni; la mia amica e collega Beatrice, qui in redazione, mi dice che se vado avanti ancora mi buca le gomme della moto. Forse sono entrato in fissa e nel caso me ne scuso. Mi sembra tuttavia che sia stato un evento storico per tanti motivi, che ho cercato di esporre. Giuro che da domani vedo se riesco ad appassionarmi anche a qualcos'altro).
di Alessandro Gilioli
17 lug
Lezioni greche: ideologici e no
xl43-lagarde-150601164646_medium.jpg.pagespeed.ic.2UkEw8-oPB
Alla fine di questa settimana che ha segnato uno spartiacque nella storia d'Europa, risulta tragicamente ridicola tutta questa cosa del debito greco.
Quello che principalmente chiedeva Tsipras da anni - cioè il taglio o almeno una sua robusta dilazione nel tempo - gli è stato ripetutamente negato fino a farlo capitolare. Ma adesso sia il Fondo monetario, sia la Bce, sia il governo Usa dicono all'unisono: oh caXXo, ma questo debito è così gigantesco che un'economia così debole non potrà mai ripagarlo nei tempi stabiliti; oh caXXo, ma più gli chiediamo di rispettare le scadenze più strangoliamo quell'economia già debole, quindi non ci conviene; oh caXXo, l'unica cosa possibile per riavere indietro almeno una parte dei soldi è tagliare il debito o dilazionarlo robustamente nel tempo!
Fantastico, no? Sono arrivati alle stesse conclusioni che Tsipras sosteneva inutilmente da tempo (sentito con le mie orecchie anche qui a Roma, al teatro Valle), però quando lo diceva Tsipras era un estremista di sinistra o un greco scansafatiche (a scelta) mentre adesso che è stato piegato come un filo di paglia si scopre che aveva ragione lui. L'epicentro della sua battaglia (che era questo, mica l'Iva sulle isole) era l'unica strada percorribile.
La cosa merita una riflessione non per dar ragione a Tsipras (ormai, poraccio, se ne fa poco delle ragioni) ma perché è l'altra faccia del discorso che si faceva ieri, e con il quale vi sto martirizzando gli zebedei da diversi giorni: il discorso cioè sulla dialettica tra pragmatismo e ideologia, ma anche tra realtà e utopia.
Perché ci siamo detti mille volte quanto gli utopisti di sinistra siano stati spesso troppo ideologici e abbiano pertanto preso frequenti musate dal mondo: ieri si parlava ad esempio di com'è difficile oggi in un singolo Paese europeo fare politiche diverse da quelle diverse dalla Troika, dato l'intreccio onnipotente di poteri economici, finanziari e politici che dettano le condizioni a tutti.
Ma forse sarebbe il caso di iniziare a vedere con lucidità anche l'ideologia opposta, quella che ha mosso per anni proprio la Troika: basata sul dogma del pareggio contabile, dell'austerità pubblica come unica ricetta economica, delle regolette Ue che impediscono di prendere misure di buon senso e talvolta indispensabili, come appunto la ristrutturazione del debito greco (ma anche, più in generale, la sciocchezza del fiscal compact con il suo fantasioso vincolo del 3 per cento).
A fronte di rigidità sistematiche sinottiche, la vulgata corrente vuole tuttavia che l'una sia pragmatica (quella liberista, ça va sans dire) e l'altra tutta ideologica. Ma ciò avviene per il semplice fatto che la prima è vincente, cioè che ha i muscoli per imporsi, quindi ha il potere. Un po' come se nell'Urss di Breznev si fosse detto che i piani quinquennali non erano ideologici ma pragmatici per il semplice fatto che il regime aveva la forza di imporli nel reale.
Bene: trattasi di cazzata.
E proprio la colossale marcia indietro di queste ore sul debito greco di tutti i protagonisti vincenti di quella trattativa ne è la prova finale, se ce ne fosse stato ancora bisogno. Un'ideologia non è più pragmatica delle altre per il fatto di avere la forza di imporsi. Un'ideologia è tale perché è rigida, astratta, priva di sfumature e di buon senso, incapace di afferrare la viva complessità delle vicende umane. Perché fa prevalere la tesi teorica sulle osservazioni sperimentali. Perché per sopravvivere rifiuta la confutabilità e la falsificabilità. Perché quindi appartiene, sostanzialmente, alla metafisica.
Se dunque è ancora tale quando diventa vincente, resta comunque ideologia. Non è che diventa pragmatismo perché si impone, perché ha provvisoriamente conformato il mondo a se stessa.
Ecco: si diceva delle cesure storiche determinate dagli eventi degli ultimi dieci giorni, delle lezioni da trarne, e anche del dramma specifico di una sinistra radicale che per la prima volta "si è arresa alla realtà" così come la sinistra storica si era arresa al liberismo da decenni, fin dai tempi di Blair. Ma questa è solo una realtà imposta da una ideologia: quella finora vincente.
Se volete, al termine di questa pippa, la dico più da bar: okay, noi di sinistra l'abbiamo capito che le ideologie sono false perché rigide e astratte; quindi qualsiasi sinistra più o meno radicale del futuro dovrà essere aperta, confutabile, sperimentale, plastica, empirica etc etc.
Peccato che non l'abbiano capito i liberisti, che continuano invece a gabellare per unica realtà possibile il frutto della loro ideologia, salvo ammettere di aver fatto una cazzata solo quando l'avversario è stato umiliato e politicamente azzerato.
______
(Ps. Nota di servizio. Sì, è il sedicesimo post consecutivo su Grecia e dintorni; la mia amica e collega Beatrice, qui in redazione, mi dice che se vado avanti ancora mi buca le gomme della moto. Forse sono entrato in fissa e nel caso me ne scuso. Mi sembra tuttavia che sia stato un evento storico per tanti motivi, che ho cercato di esporre. Giuro che da domani vedo se riesco ad appassionarmi anche a qualcos'altro).
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Google [Bot], Semrush [Bot] e 10 ospiti