Mah... quanti padrini ci sono in Italia!?
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Re: Mah... quanti padrini ci sono in Italia!?
La vignetta di Giannelli è d'obbligo postarla qui.
http://www.corriere.it/foto-gallery/cul ... 93b2.shtml
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Re: Mah... quanti padrini ci sono in Italia!?
Il parere di Saviano
Una parrocchia da commissariare
(Roberto Saviano)
22/08/2015 di triskel182
GRAN rumore per il funerale di Vittorio Casamonica. Ma sono scene che non dovrebbero sorprendere.
STUPORE per cosa? Perché un boss viene celebrato come un re? Perché il rito del funerale si trasforma in una oscena manifestazione di potere?
Non bisogna farsi illusioni.
La partecipazione di quella piccola folla nella periferia romana è stata sincera, non è stata costretta né spinta dalla curiosità per la morte di una celebrità o dalla voglia di partecipare a un evento.
Si va ad omaggiare don Vittorio Casamonica perché don Vittorio anzi Zio Vittorio ha saputo “governare” il suo regno nascosto, è stato presente nelle vite di chi lo va a salutare.
Le organizzazioni criminali sono strutture serie in grado di organizzare il consenso, mantenere la parola, distribuire ricchezze, intervenire nel momento in cui non solo gli affiliati ma il proprio territorio ha necessità.
Nel vuoto dello Stato esiste un anti-Stato criminale che riesce a generare consenso tra la sua gente anche se il suo “governo” vuol dire estorsioni, usura, droga, violenza.
È un anti-Stato in grado di portare soldi, e molti, ai capi ma anche diffusione di benessere e controllo del territorio.
È paradossale dirlo, ma è vero: se domani l’economia criminale sparisse da questo Paese, il Paese ne avrebbe un contraccolpo non solo economico ma organizzativo.
La classe dirigente mafiosa in Italia ha una sua terribile efficienza.
Ecco perché il funerale di un capo-clan non è semplicemente una messa in scena, un’ostentazione kitsch di opulenza e dominio.
Tutt’altro: i Casamonica sono una mafia emergente, emergente non perché sono dei novizi ma perché dopo decenni di crimine subalterno e gangsteristico hanno cercato di strutturarsi in regole e gerarchie e hanno quindi costruito una cultura ed un’economia mafiosa attorno al proprio sangue e al proprio gruppo.
L’ambiguità di criminali di piccolo cabotaggio ma tutto sommato in grado di farsi ascoltare in borgata li ha resi interlocutori della politica (la cena con Poletti e le foto con Alemanno) al punto da potersi permettere di sedersi al tavolo stesso del Palazzo come borderline tra la strada — il carcere e il (finto) impegnosociale.
Quindi i Casamonica come tutti i gruppo neo-mafiosi hanno bisogno come ossigeno di queste celebrazioni.
Anche la musica del Padrino è il riferimento più chiaro a chi vuole in tutti modi mostrare che è uscito dal marciapiede e dai campi e si è eletto a gruppo mafioso.
La chiesa di papa Francesco ha scomunicato i mafiosi, ha spinto ‘ndranghetisti in carcere a non presentarsi alla messa temendo che il solo partecipare potesse significare agli occhi dei vertici dell’organizzazione una dichiarazione di distanza dalle cosche.
Ora la chiesa di Francesco deve fare un nuovo passo: commissariare la chiesa di San Giovanni Bosco.
Non so se le regole vaticane prevedono misure simili, non so se è il termine adatto, non mi riferisco al diritto canonico.
Sarebbe però un gesto in grado di interrompere il legame tra sacramenti religiosi e sacramenti mafiosi.
Il sacramento mafioso è l’utilizzo dei rituale religioso per avere un’investitura pubblica, per trovare uno spazio legittimo per manifestare se stessi e la propria forza e autorità.
Don Peppino Diana ne fece la sua battaglia: quella di impedire che battesimi, comunioni, cresime divenissero occasioni di autocelebrazione criminale.
Fu proprio questa sua scelta che lo condannò a morte.
Il parroco che ha celebrato il funerale di Vittorio Casamonica, don Giancarlo Mattei, risponde nel più classico dei modi: «Non sapevo chi fosse». E ha aggiunto: «Il perdono c’è per tutti. La chiesa non discrimina, io l’assoluzione la do a tutti».
Strano: la stessa chiesa che ha spalancato le porte al clan Casamonica le ha chiuse invece a Welby “colpevole” di aver scelto di lasciare una vita diventata per lui insopportabile.
Questa volta il sacerdote ha deciso invece di celebrare il funerale. Bene.
Ma avrebbe dovuto rifiutarsi di farlo quando si è trovato di fronte ad un teatro del genere.
La scomunica di papa Francesco non è contro l’uomo, non si rivolge all’individuo.
La scomunica non è all’assassino, all’estorsore, all’affiliato, al sindaco corrotto, al giudice compromesso, al boss, la scomunica è contro chi continua a sostenere l’organizzazione.
La scomunica è all’assassinio, all’estorsione, alla tangente, alla corruzione quindi alla prassi mafiosa.
Articolo intero su La Repubblica del 22/08/2015.
Una parrocchia da commissariare
(Roberto Saviano)
22/08/2015 di triskel182
GRAN rumore per il funerale di Vittorio Casamonica. Ma sono scene che non dovrebbero sorprendere.
STUPORE per cosa? Perché un boss viene celebrato come un re? Perché il rito del funerale si trasforma in una oscena manifestazione di potere?
Non bisogna farsi illusioni.
La partecipazione di quella piccola folla nella periferia romana è stata sincera, non è stata costretta né spinta dalla curiosità per la morte di una celebrità o dalla voglia di partecipare a un evento.
Si va ad omaggiare don Vittorio Casamonica perché don Vittorio anzi Zio Vittorio ha saputo “governare” il suo regno nascosto, è stato presente nelle vite di chi lo va a salutare.
Le organizzazioni criminali sono strutture serie in grado di organizzare il consenso, mantenere la parola, distribuire ricchezze, intervenire nel momento in cui non solo gli affiliati ma il proprio territorio ha necessità.
Nel vuoto dello Stato esiste un anti-Stato criminale che riesce a generare consenso tra la sua gente anche se il suo “governo” vuol dire estorsioni, usura, droga, violenza.
È un anti-Stato in grado di portare soldi, e molti, ai capi ma anche diffusione di benessere e controllo del territorio.
È paradossale dirlo, ma è vero: se domani l’economia criminale sparisse da questo Paese, il Paese ne avrebbe un contraccolpo non solo economico ma organizzativo.
La classe dirigente mafiosa in Italia ha una sua terribile efficienza.
Ecco perché il funerale di un capo-clan non è semplicemente una messa in scena, un’ostentazione kitsch di opulenza e dominio.
Tutt’altro: i Casamonica sono una mafia emergente, emergente non perché sono dei novizi ma perché dopo decenni di crimine subalterno e gangsteristico hanno cercato di strutturarsi in regole e gerarchie e hanno quindi costruito una cultura ed un’economia mafiosa attorno al proprio sangue e al proprio gruppo.
L’ambiguità di criminali di piccolo cabotaggio ma tutto sommato in grado di farsi ascoltare in borgata li ha resi interlocutori della politica (la cena con Poletti e le foto con Alemanno) al punto da potersi permettere di sedersi al tavolo stesso del Palazzo come borderline tra la strada — il carcere e il (finto) impegnosociale.
Quindi i Casamonica come tutti i gruppo neo-mafiosi hanno bisogno come ossigeno di queste celebrazioni.
Anche la musica del Padrino è il riferimento più chiaro a chi vuole in tutti modi mostrare che è uscito dal marciapiede e dai campi e si è eletto a gruppo mafioso.
La chiesa di papa Francesco ha scomunicato i mafiosi, ha spinto ‘ndranghetisti in carcere a non presentarsi alla messa temendo che il solo partecipare potesse significare agli occhi dei vertici dell’organizzazione una dichiarazione di distanza dalle cosche.
Ora la chiesa di Francesco deve fare un nuovo passo: commissariare la chiesa di San Giovanni Bosco.
Non so se le regole vaticane prevedono misure simili, non so se è il termine adatto, non mi riferisco al diritto canonico.
Sarebbe però un gesto in grado di interrompere il legame tra sacramenti religiosi e sacramenti mafiosi.
Il sacramento mafioso è l’utilizzo dei rituale religioso per avere un’investitura pubblica, per trovare uno spazio legittimo per manifestare se stessi e la propria forza e autorità.
Don Peppino Diana ne fece la sua battaglia: quella di impedire che battesimi, comunioni, cresime divenissero occasioni di autocelebrazione criminale.
Fu proprio questa sua scelta che lo condannò a morte.
Il parroco che ha celebrato il funerale di Vittorio Casamonica, don Giancarlo Mattei, risponde nel più classico dei modi: «Non sapevo chi fosse». E ha aggiunto: «Il perdono c’è per tutti. La chiesa non discrimina, io l’assoluzione la do a tutti».
Strano: la stessa chiesa che ha spalancato le porte al clan Casamonica le ha chiuse invece a Welby “colpevole” di aver scelto di lasciare una vita diventata per lui insopportabile.
Questa volta il sacerdote ha deciso invece di celebrare il funerale. Bene.
Ma avrebbe dovuto rifiutarsi di farlo quando si è trovato di fronte ad un teatro del genere.
La scomunica di papa Francesco non è contro l’uomo, non si rivolge all’individuo.
La scomunica non è all’assassino, all’estorsore, all’affiliato, al sindaco corrotto, al giudice compromesso, al boss, la scomunica è contro chi continua a sostenere l’organizzazione.
La scomunica è all’assassinio, all’estorsione, alla tangente, alla corruzione quindi alla prassi mafiosa.
Articolo intero su La Repubblica del 22/08/2015.
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Re: Mah... quanti padrini ci sono in Italia!?
IL BOSS CELEBRATO MENTRE PUNISCONO IL CAPITANO ULTIMO
(PETER GOMEZ)
https://triskel182.wordpress.com/2015/0 ... 22/08/2015 di triskel182
(PETER GOMEZ)
https://triskel182.wordpress.com/2015/0 ... 22/08/2015 di triskel182
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Re: Mah... quanti padrini ci sono in Italia!?
Il sito del Fatto pubblica oggi l'articolo del cartaceo di ieri.
Mafie
Casamonica, quel funerale umilia lo Stato e la Chiesa
di Gian Carlo Caselli | 23 agosto 2015
Di sicuro, il clan dei Casamonica non era anonimo. L’Espresso – in una memorabile inchiesta che anticipava “Mafia Capitale” – gli aveva dedicato la copertina e un documentato articolo, annoverando un Casamonica fra i “Re di Roma” insieme a Carminati, Fasciani e Senese. E non è un caso che proprio la scritta “Re di Roma” campeggi sulla gigantografia che idolatra il capoclan Vittorio Casamonica, affissa fuori della chiesa del suo funerale. Un funerale che al clan per niente anonimo è servito per mostrare una volta di più la sua potenza arrogante.
Una carrozza barocca trainata da sei cavalli impennacchiati, un corteo di 200 auto, suv a profusione per le corone, un tappeto di petali di rosa sparsi da un elicottero, una fanfara per le musiche de il Padrino, 600 persone in gramaglie, un quartiere bloccato per ore, una rolls royce per portare la salma al Verano. Una sfida senza limiti di chi si crede onnipotente.
Se per qualificare quello dei Casamonica come un clan di stampo mafioso non bastassero tutte le attività criminali di cui parlano le cronache (spaccio, estorsione, usura, prostituzione, riciclaggio internazionale, controllo del territorio), basterebbe e avanzerebbe proprio un funerale come questo, che più mafioso di così non si potrebbe immaginare. Dunque, il funerale non è stato solo uno show grottesco, uno scialo di sfarzo kitsch. È stato una di quelle prove di forza che le organizzazioni mafiose esibiscono per affermare il mito della loro impunità. Come avveniva in carcere prima delle stragi del ’92. Perché soltanto dopo (il che significa che stiamo parlando di misure intrise del sangue di Falcone e Borsellino) lo Stato introdusse nel nostro ordinamento il 41-bis, dando segnali di vita.
Al mafioso incarcerato viene applicato per la prima volta un regime di giusto rigore. Per anni, di fatto, egli aveva mantenuto lo status di boss operativo a tutti gli effetti, nonostante fosse in carcere. Viveva all’Ucciardone di Palermo, senza iperboli, ad aragoste e champagne. Che non era ovviamente una questione gastronomica, ma di affermazione persino nel carcere della supremazia della mafia sullo Stato. Una vergogna inaccettabile, la ragion d’essere del 41-bis: restituire al mafioso in carcere lo status di detenuto, che prima non aveva.
Anche il funerale di Vittorio Casamonica è stato organizzato per affermare la supremazia della mafia sullo Stato, umiliandolo. Ma a essere umiliata è stata anche la Chiesa. Non solo perché sulle gigantografie il “Re di Roma” era vestito da Papa, con tanto di croce al collo sull’abito bianco, così da rafforzare il vaticinio (anch’esso scritto fuori della chiesa) “ora regnerai anche in paradiso”; soprattutto perché ancora una volta si è consentito alla mafia di coltivare una sacralità atea, mediante i riti vuoti di un cattolicesimo tutto santini, devozioni ipocrite, confraternite e processioni, nascondendo sotto una crosta di falsa devozione la sua realtà blasfema, intrisa di violenza, prepotenza e sfruttamento.
E poi perché papa Francesco non voleva certo che le sua parole fossero disperse nel vento, quando ha bollato la mafia come un male che “va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no!… Coloro che nella vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”. Con la scomunica, Bergoglio ha voluto ricordare che il potere devastante, antiumano e antievangelico della mafia opprime l’uomo e ne sfigura la dignità. La scomunica è anche un severo monito alla Chiesa perché rinunzi alle passività e disattenzioni verso i boss che troppo spesso si son dovute registrare. Questo monito è cancellato, e la Chiesa ne esce umiliata, se il prete che ha officiato la messa funebre del boss sostiene che lui non si è accorto di nulla e comunque quel che accade fuori della sua parrocchia non può interessarlo.
Vero è che pochi minuti prima della celebrazione aveva saputo che il defunto era “il principe” (titolo che tra i Casamonica sembra intercambiabile con quello di re…), ma nel corso della messa non c’è stato “nessun gesto fuori posto” e la sua è stata “un’omelia neutra”. Ecco, proprio questa neutralità umilia la Chiesa, perché oltre alla scomunica cancella la direttiva di Francesco affinché sia reciso ogni rapporto ambiguo con i boss. Che se poi nella stessa parrocchia si nega il servizio funebre al povero Welby per una evidente “discomunione” rispetto alla dottrina cattolica, potrebbe il Vicariato spiegare – di grazia – come si possa non vedere almeno altrettanta “discomunione” in un funerale fatto apposta per ostentare una “muscolatura” tipicamente mafiosa?
Dal Fatto Quotidiano del 22 agosto 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... a/1976720/
Mafie
Casamonica, quel funerale umilia lo Stato e la Chiesa
di Gian Carlo Caselli | 23 agosto 2015
Di sicuro, il clan dei Casamonica non era anonimo. L’Espresso – in una memorabile inchiesta che anticipava “Mafia Capitale” – gli aveva dedicato la copertina e un documentato articolo, annoverando un Casamonica fra i “Re di Roma” insieme a Carminati, Fasciani e Senese. E non è un caso che proprio la scritta “Re di Roma” campeggi sulla gigantografia che idolatra il capoclan Vittorio Casamonica, affissa fuori della chiesa del suo funerale. Un funerale che al clan per niente anonimo è servito per mostrare una volta di più la sua potenza arrogante.
Una carrozza barocca trainata da sei cavalli impennacchiati, un corteo di 200 auto, suv a profusione per le corone, un tappeto di petali di rosa sparsi da un elicottero, una fanfara per le musiche de il Padrino, 600 persone in gramaglie, un quartiere bloccato per ore, una rolls royce per portare la salma al Verano. Una sfida senza limiti di chi si crede onnipotente.
Se per qualificare quello dei Casamonica come un clan di stampo mafioso non bastassero tutte le attività criminali di cui parlano le cronache (spaccio, estorsione, usura, prostituzione, riciclaggio internazionale, controllo del territorio), basterebbe e avanzerebbe proprio un funerale come questo, che più mafioso di così non si potrebbe immaginare. Dunque, il funerale non è stato solo uno show grottesco, uno scialo di sfarzo kitsch. È stato una di quelle prove di forza che le organizzazioni mafiose esibiscono per affermare il mito della loro impunità. Come avveniva in carcere prima delle stragi del ’92. Perché soltanto dopo (il che significa che stiamo parlando di misure intrise del sangue di Falcone e Borsellino) lo Stato introdusse nel nostro ordinamento il 41-bis, dando segnali di vita.
Al mafioso incarcerato viene applicato per la prima volta un regime di giusto rigore. Per anni, di fatto, egli aveva mantenuto lo status di boss operativo a tutti gli effetti, nonostante fosse in carcere. Viveva all’Ucciardone di Palermo, senza iperboli, ad aragoste e champagne. Che non era ovviamente una questione gastronomica, ma di affermazione persino nel carcere della supremazia della mafia sullo Stato. Una vergogna inaccettabile, la ragion d’essere del 41-bis: restituire al mafioso in carcere lo status di detenuto, che prima non aveva.
Anche il funerale di Vittorio Casamonica è stato organizzato per affermare la supremazia della mafia sullo Stato, umiliandolo. Ma a essere umiliata è stata anche la Chiesa. Non solo perché sulle gigantografie il “Re di Roma” era vestito da Papa, con tanto di croce al collo sull’abito bianco, così da rafforzare il vaticinio (anch’esso scritto fuori della chiesa) “ora regnerai anche in paradiso”; soprattutto perché ancora una volta si è consentito alla mafia di coltivare una sacralità atea, mediante i riti vuoti di un cattolicesimo tutto santini, devozioni ipocrite, confraternite e processioni, nascondendo sotto una crosta di falsa devozione la sua realtà blasfema, intrisa di violenza, prepotenza e sfruttamento.
E poi perché papa Francesco non voleva certo che le sua parole fossero disperse nel vento, quando ha bollato la mafia come un male che “va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no!… Coloro che nella vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”. Con la scomunica, Bergoglio ha voluto ricordare che il potere devastante, antiumano e antievangelico della mafia opprime l’uomo e ne sfigura la dignità. La scomunica è anche un severo monito alla Chiesa perché rinunzi alle passività e disattenzioni verso i boss che troppo spesso si son dovute registrare. Questo monito è cancellato, e la Chiesa ne esce umiliata, se il prete che ha officiato la messa funebre del boss sostiene che lui non si è accorto di nulla e comunque quel che accade fuori della sua parrocchia non può interessarlo.
Vero è che pochi minuti prima della celebrazione aveva saputo che il defunto era “il principe” (titolo che tra i Casamonica sembra intercambiabile con quello di re…), ma nel corso della messa non c’è stato “nessun gesto fuori posto” e la sua è stata “un’omelia neutra”. Ecco, proprio questa neutralità umilia la Chiesa, perché oltre alla scomunica cancella la direttiva di Francesco affinché sia reciso ogni rapporto ambiguo con i boss. Che se poi nella stessa parrocchia si nega il servizio funebre al povero Welby per una evidente “discomunione” rispetto alla dottrina cattolica, potrebbe il Vicariato spiegare – di grazia – come si possa non vedere almeno altrettanta “discomunione” in un funerale fatto apposta per ostentare una “muscolatura” tipicamente mafiosa?
Dal Fatto Quotidiano del 22 agosto 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... a/1976720/
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Re: Mah... quanti padrini ci sono in Italia!?
"I CASAMODICAS"
Il Movimento 5 Stelle denuncia Alfano e Marino
23/08/2015 di triskel182
https://triskel182.wordpress.com/2015/0 ... -e-marino/
^^^^^
Tutti sapevano, tranne sindaco e prefetto (Baraldi)
23/08/2015 di triskel182
https://triskel182.wordpress.com/2015/0 ... o-baraldi/
Il Movimento 5 Stelle denuncia Alfano e Marino
23/08/2015 di triskel182
https://triskel182.wordpress.com/2015/0 ... -e-marino/
^^^^^
Tutti sapevano, tranne sindaco e prefetto (Baraldi)
23/08/2015 di triskel182
https://triskel182.wordpress.com/2015/0 ... o-baraldi/
Chi c’è in linea
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