Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzione?
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
L'Occidente non ha più né guide né difensori
L'invasione degli islamici avviene nel disinteresse dell'Europa e degli Usa
Francesco Alberoni - Dom, 30/08/2015 - 21:02
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 64614.html
L'invasione degli islamici avviene nel disinteresse dell'Europa e degli Usa
Francesco Alberoni - Dom, 30/08/2015 - 21:02
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
RAGAZZI,... QUESTA VOLTA CI SIAMO
Erano mesi che temevo che si arrivasse a questo punto. Ieri mattina è accaduto.
All'appuntamento con la storia dove gli uomini abbandonano la ragione per privilegiare i loro istinti naturali, e tutto diventa una grande Babele che provoca quei disastri esemplari che finiscono regolarmente sui libri di storia.
Stavo raccontando all’amico edicolante tutti quegli avvenimenti caratterizzanti sui migranti di queste ultime due settimane, che tra l’altro ho riversato sul forum, quando arriva un avventore per l’acquisto del Corriere, e si inserisce nel discorso.
Un uomo più vicino agli ’80 che ai ’70.
Naturalmente, come spesso accade, non avendo seguito la parte precedente del discorso, è intervenuto sull’impulso del profondo fastidio, forse meglio definire odio naturale, che prova per gli arabi e per la presenza di uomini di colore nella vita di tutti i giorni.
Da suoi precedenti interventi di un mese fa, non sul tema migranti, avevo dedotto che non fosse leghista. E che molto probabilmente fosse un deluso di centrosinistra.
L’odio però lo si percepisce chiaramente quando si parla di migranti ed indicano i neri che transitano occasionalmente per strada, accompagnando il disprezzo con la solita frase. “Guardali lì. Non hanno voglia di lavorare, e girano tutto il giorno senza fare niente”.
Almeno, una persona dotata di un minimo d’intelligenza la domenica mattina si potrebbe astenere dal far questo tipo di commenti, in quanto tendenzialmente in questo giorno non si lavora.
Ma l’odio è tale che non possono farne a meno di esternarlo con vigore. Regolarmente poi smentito alle sei del pomeriggio, quando attraversando il sottopassaggio del mezzanino della metropolitana, mi ha attirato l’attenzione la presenza di un operatore ecologico, di colore, piuttosto giovane che stava pulendo il sottopassaggio.
Non si può generalizzare sostenendo che non hanno voglia di lavorare, perché uno spazzino bianco operativo alle 6 del pomeriggio della domenica non l’avevo mai visto in vita mia.
Non abbiamo lavoro noi, figuriamoci loro. E se sono disposti a fare quello che noi non faremmo mai come spazzare le strade nel pomeriggio della domenica, significa che quando gli si offre un lavoro anche umile non si tirano indietro, quando esiste.
Il fatto di non registrare la condivisione dell’odio ha portato quest’uomo ad una serie di elucubrazioni che andavano dalla mia appartenenza politica al capolavoro finale nel sostenere che i Testimoni di Geova ragionano come il sottoscritto.
Questo comportamento si registra regolarmente in soggetti che non hanno argomenti validi con cui controbattere, e sono tendenzialmente ignoranti nei fatti che trattano.
L’edicolante mi ha fatto notare con l’occasione, che è la maggioranza dei suoi clienti a pensarla in questo modo. Una maggioranza pari al 99%.
Ed è qui che la faccenda diventa preoccupante.
L’aria che tira in città è questa.
Ma non credo che questo clima sia differente da qualsiasi altra città o piccola cittadina italiana in questo momento.
Non ho ragioni da credere il contrario.
In fondo è quanto hanno accertato gli istituti di sondaggio per una volta operanti a livello europeo, distaccati dall’influenza dei partiti, come ha dichiarato ad Omnibus lunedì scorso 24 agosto, il Prof. Amadori.
E una parte degli argomenti sentiti ieri mattina rispecchiano fedelmente quale sia la percezione degli italiani.
“Se ne devono tornare tutti al loro Paese”
“Qui non li vogliamo”.
Facendo presente che in certi Paesi c’è la guerra civile e che i dittatori se ne stra fregano dei loro sottoposti e che a loro interessa intascare solo i soldi delle multinazionali e dei Paesi che sfruttano le risorse del suolo e del sottosuolo, a queste persone non interessa che non possano ribellarsi perché alla fine cambierebbe ben poco.
“Perché non se ne stanno a combattere nel loro Paese come abbiamo fatto noi nel ‘43”.
E qui si vede che l’ignoranza forzata è veramente mastodontica.
In primo luogo, chi ha veramente combattuto allora, ha espresso negli ultimi anni, prima di morire di morte naturale, vedendo cosa stava accadendo in questo stramaledetto Paese di menefreghisti, il rammarico per quell’azione di guerra civile pensando ai compagni di lotta caduti inutilmente sotto il piombo nazifascista.
Il pensiero unanime è stato: “Se avessimo saputo che andava a finire così, non ci saremmo mai impegnati nella lotta di liberazione".
In secondo luogo, dopo l’8 settembre in montagna ci andavano i militari perché chi tornava a casa veniva preso dai nazifascisti e spedito nei campi di concentramento in Germania.
Chi si è opposto ai fascisti durante gli anni di crescita del regime, chi ha osato a sfidare il regime nel pieno della sua potenza è finito a Ventotene, oppure è stato fatto fuori come Matteotti, o Gramsci lasciato morire in carcere. Oppure inseguiti fino in Francia ed eliminati come i fratelli Rosselli, sentiti come pericolosi avversari del regime.
La via delle montagne e della Resistenza vera e propria inizia nella primavera del ’44 e durerà un anno.
Ma bisogna tenere conto che buona parte dell’Italia era stata liberata e le forze alleate erano attestate sulla linea Gotica in attesa di sferrare l’attacco finale al Nord. Ed alle truppe anglo americane faceva comodo che una parte degli italiani contrastasse i nazifascisti nei luoghi da liberare.
L’ignoranza di quello che accade in Siria pesa fortemente nei giudizi sommari sul perché i siriani non combattono il regime di Assad.
Da una parte si trovano Assad e dall’altra si ritrovano con l’Isis, che né l’Occidente e né l’Onu contrastano.
Se viene abbattuto Assad arriva l’Isis. E quindi una ribellione non serve a niente. Preferiscono fuggire dal loro Paese perché continuare a lottare contro i tiranni non ha senso.
Cercano altri luoghi dove per il momento non c’è una situazione così schifosa.
Il Corriere della Sera, ieri in prima pagina titolava così un articolo sul Centro Africa:
La follia terrorista:
uccidere in Kenya
chi non conosce
i versetti del Corano
Come si può pensare che la gente non fugga da quei territori.
Ma più di uno da queste parti gli butterebbe volentieri una bomba atomica pur di non avere il fastidio di averli attorno in Europa.
Oppure, come il leone di ieri mattina che con la bocca sosteneva con tanta facilità che se gli danno un fucile va a combatterli.
“Perché per difendere la mia famiglia sono disposto a fare la guerra”.
Con la bocca per fare scena si dicono tante cose, anche perché a quasi 80 anni non lo prenderà nessuno per combattere.
L’importante è fare la scena.
Venerdì scorso a Cologno Monzese, una cittadina confinante, è successo questo:
Cologno Monzese, psicosi sui social: studenti scambiati per profughi
„Scambiano studenti inglesi in visita a Expo per profughi, psicosi a Cologno Monzese“
http://www.milanotoday.it/cronaca/colog ... -2015.html
Ma nella stessa giornata la stessa psicosi si é manifestata anche a SSG, non riportata dai giornali, in cui anche in questo caso alla stazione ferroviaria ci stava gente che manifestava contro due pulmman.
E qui dobbiamo tenere conto che questa città è stata la Stalingrado d’Italia, e che è sempre stata una città che ha raccolto emigranti da tutta Italia, tanto che in Biblioteca Centrale risulto come unico indigeno nato in luogo.
Il patto sociale e lo Stato di diritto non esistono più come ha sostenuto il Prof. Amadori. Ma a questo và aggiunta la xenofobia che sorge in questi casi. In cui l’ignoranza e la follia la fanno da padroni.
Ragionare sul da farsi non esiste più. C’è solo l’idea pressante di ammazzare a qualsiasi costo. Un’idea comune a Mario Giordano, che sabato scorso rispondendo ad un lettore sosteneva che la guerra è un male necessario.
Oppure come sostiene anche il guerrafondaio Luttwak. Oppure Vittorio Feltri. Tutti sostenitori del’armiamoci e partite. Consapevoli che loro non saranno mai della partita.
Il clima nell’ultimo giorno di agosto del 2015 è questo.
E basta un niente a scatenare la rivolta con tanta tensione in giro.
La testa per riflettere non serve più.
Al punto che non si doveva arrivare ci siamo arrivati.
Adesso ci siamo dentro fino al collo.
I miei due interlocutori di ieri sono consapevoli di quanto sta per accadere. E sanno che non c’è più niente da fare. Accettano comunque tranquillamente la guerra che verrà anche perché la guerra l’hanno vista solo al cinema.
Erano mesi che temevo che si arrivasse a questo punto. Ieri mattina è accaduto.
All'appuntamento con la storia dove gli uomini abbandonano la ragione per privilegiare i loro istinti naturali, e tutto diventa una grande Babele che provoca quei disastri esemplari che finiscono regolarmente sui libri di storia.
Stavo raccontando all’amico edicolante tutti quegli avvenimenti caratterizzanti sui migranti di queste ultime due settimane, che tra l’altro ho riversato sul forum, quando arriva un avventore per l’acquisto del Corriere, e si inserisce nel discorso.
Un uomo più vicino agli ’80 che ai ’70.
Naturalmente, come spesso accade, non avendo seguito la parte precedente del discorso, è intervenuto sull’impulso del profondo fastidio, forse meglio definire odio naturale, che prova per gli arabi e per la presenza di uomini di colore nella vita di tutti i giorni.
Da suoi precedenti interventi di un mese fa, non sul tema migranti, avevo dedotto che non fosse leghista. E che molto probabilmente fosse un deluso di centrosinistra.
L’odio però lo si percepisce chiaramente quando si parla di migranti ed indicano i neri che transitano occasionalmente per strada, accompagnando il disprezzo con la solita frase. “Guardali lì. Non hanno voglia di lavorare, e girano tutto il giorno senza fare niente”.
Almeno, una persona dotata di un minimo d’intelligenza la domenica mattina si potrebbe astenere dal far questo tipo di commenti, in quanto tendenzialmente in questo giorno non si lavora.
Ma l’odio è tale che non possono farne a meno di esternarlo con vigore. Regolarmente poi smentito alle sei del pomeriggio, quando attraversando il sottopassaggio del mezzanino della metropolitana, mi ha attirato l’attenzione la presenza di un operatore ecologico, di colore, piuttosto giovane che stava pulendo il sottopassaggio.
Non si può generalizzare sostenendo che non hanno voglia di lavorare, perché uno spazzino bianco operativo alle 6 del pomeriggio della domenica non l’avevo mai visto in vita mia.
Non abbiamo lavoro noi, figuriamoci loro. E se sono disposti a fare quello che noi non faremmo mai come spazzare le strade nel pomeriggio della domenica, significa che quando gli si offre un lavoro anche umile non si tirano indietro, quando esiste.
Il fatto di non registrare la condivisione dell’odio ha portato quest’uomo ad una serie di elucubrazioni che andavano dalla mia appartenenza politica al capolavoro finale nel sostenere che i Testimoni di Geova ragionano come il sottoscritto.
Questo comportamento si registra regolarmente in soggetti che non hanno argomenti validi con cui controbattere, e sono tendenzialmente ignoranti nei fatti che trattano.
L’edicolante mi ha fatto notare con l’occasione, che è la maggioranza dei suoi clienti a pensarla in questo modo. Una maggioranza pari al 99%.
Ed è qui che la faccenda diventa preoccupante.
L’aria che tira in città è questa.
Ma non credo che questo clima sia differente da qualsiasi altra città o piccola cittadina italiana in questo momento.
Non ho ragioni da credere il contrario.
In fondo è quanto hanno accertato gli istituti di sondaggio per una volta operanti a livello europeo, distaccati dall’influenza dei partiti, come ha dichiarato ad Omnibus lunedì scorso 24 agosto, il Prof. Amadori.
E una parte degli argomenti sentiti ieri mattina rispecchiano fedelmente quale sia la percezione degli italiani.
“Se ne devono tornare tutti al loro Paese”
“Qui non li vogliamo”.
Facendo presente che in certi Paesi c’è la guerra civile e che i dittatori se ne stra fregano dei loro sottoposti e che a loro interessa intascare solo i soldi delle multinazionali e dei Paesi che sfruttano le risorse del suolo e del sottosuolo, a queste persone non interessa che non possano ribellarsi perché alla fine cambierebbe ben poco.
“Perché non se ne stanno a combattere nel loro Paese come abbiamo fatto noi nel ‘43”.
E qui si vede che l’ignoranza forzata è veramente mastodontica.
In primo luogo, chi ha veramente combattuto allora, ha espresso negli ultimi anni, prima di morire di morte naturale, vedendo cosa stava accadendo in questo stramaledetto Paese di menefreghisti, il rammarico per quell’azione di guerra civile pensando ai compagni di lotta caduti inutilmente sotto il piombo nazifascista.
Il pensiero unanime è stato: “Se avessimo saputo che andava a finire così, non ci saremmo mai impegnati nella lotta di liberazione".
In secondo luogo, dopo l’8 settembre in montagna ci andavano i militari perché chi tornava a casa veniva preso dai nazifascisti e spedito nei campi di concentramento in Germania.
Chi si è opposto ai fascisti durante gli anni di crescita del regime, chi ha osato a sfidare il regime nel pieno della sua potenza è finito a Ventotene, oppure è stato fatto fuori come Matteotti, o Gramsci lasciato morire in carcere. Oppure inseguiti fino in Francia ed eliminati come i fratelli Rosselli, sentiti come pericolosi avversari del regime.
La via delle montagne e della Resistenza vera e propria inizia nella primavera del ’44 e durerà un anno.
Ma bisogna tenere conto che buona parte dell’Italia era stata liberata e le forze alleate erano attestate sulla linea Gotica in attesa di sferrare l’attacco finale al Nord. Ed alle truppe anglo americane faceva comodo che una parte degli italiani contrastasse i nazifascisti nei luoghi da liberare.
L’ignoranza di quello che accade in Siria pesa fortemente nei giudizi sommari sul perché i siriani non combattono il regime di Assad.
Da una parte si trovano Assad e dall’altra si ritrovano con l’Isis, che né l’Occidente e né l’Onu contrastano.
Se viene abbattuto Assad arriva l’Isis. E quindi una ribellione non serve a niente. Preferiscono fuggire dal loro Paese perché continuare a lottare contro i tiranni non ha senso.
Cercano altri luoghi dove per il momento non c’è una situazione così schifosa.
Il Corriere della Sera, ieri in prima pagina titolava così un articolo sul Centro Africa:
La follia terrorista:
uccidere in Kenya
chi non conosce
i versetti del Corano
Come si può pensare che la gente non fugga da quei territori.
Ma più di uno da queste parti gli butterebbe volentieri una bomba atomica pur di non avere il fastidio di averli attorno in Europa.
Oppure, come il leone di ieri mattina che con la bocca sosteneva con tanta facilità che se gli danno un fucile va a combatterli.
“Perché per difendere la mia famiglia sono disposto a fare la guerra”.
Con la bocca per fare scena si dicono tante cose, anche perché a quasi 80 anni non lo prenderà nessuno per combattere.
L’importante è fare la scena.
Venerdì scorso a Cologno Monzese, una cittadina confinante, è successo questo:
Cologno Monzese, psicosi sui social: studenti scambiati per profughi
„Scambiano studenti inglesi in visita a Expo per profughi, psicosi a Cologno Monzese“
http://www.milanotoday.it/cronaca/colog ... -2015.html
Ma nella stessa giornata la stessa psicosi si é manifestata anche a SSG, non riportata dai giornali, in cui anche in questo caso alla stazione ferroviaria ci stava gente che manifestava contro due pulmman.
E qui dobbiamo tenere conto che questa città è stata la Stalingrado d’Italia, e che è sempre stata una città che ha raccolto emigranti da tutta Italia, tanto che in Biblioteca Centrale risulto come unico indigeno nato in luogo.
Il patto sociale e lo Stato di diritto non esistono più come ha sostenuto il Prof. Amadori. Ma a questo và aggiunta la xenofobia che sorge in questi casi. In cui l’ignoranza e la follia la fanno da padroni.
Ragionare sul da farsi non esiste più. C’è solo l’idea pressante di ammazzare a qualsiasi costo. Un’idea comune a Mario Giordano, che sabato scorso rispondendo ad un lettore sosteneva che la guerra è un male necessario.
Oppure come sostiene anche il guerrafondaio Luttwak. Oppure Vittorio Feltri. Tutti sostenitori del’armiamoci e partite. Consapevoli che loro non saranno mai della partita.
Il clima nell’ultimo giorno di agosto del 2015 è questo.
E basta un niente a scatenare la rivolta con tanta tensione in giro.
La testa per riflettere non serve più.
Al punto che non si doveva arrivare ci siamo arrivati.
Adesso ci siamo dentro fino al collo.
I miei due interlocutori di ieri sono consapevoli di quanto sta per accadere. E sanno che non c’è più niente da fare. Accettano comunque tranquillamente la guerra che verrà anche perché la guerra l’hanno vista solo al cinema.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Migrazioni di massa fino al 2050
Il fenomeno che cambierà l’Europa
Oltre 5 milioni pronti a lasciare la Siria, fuga anche dall’Africa
di Francesco Battistini e Maria Serena Natale
È la più grave crisi di rifugiati dalla Seconda guerra mondiale, dice il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos. L’Europa si scopre prima linea di un’emergenza globale, punto di caduta di conflitti che sconvolgono Medio Oriente, Asia, Africa. Le migrazioni resteranno il tratto distintivo del nostro tempo, spostamenti di masse in cerca di opportunità e diritti su rotte di morte e speranza. Un fenomeno che secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni non si arresterà prima del 2050, quando la popolazione mondiale si assesterà sui 9-10 miliardi di persone. Fino ad allora l’Europa, epicentro del terremoto dell’estate 2015, dovrà affrontare una serie di aggiustamenti normativi e culturali, dalla revisione delle regole sul diritto d’asilo fino all’elaborazione di una strategia complessiva per affrontare scenari geopolitici sempre più fluidi. A che punto siamo nella nuova ondata migratoria?
L’impennata
Il primo aumento nel flusso degli arrivi si percepisce a partire da gennaio ma la grande accelerazione è quella di luglio, quando gli ingressi illegali in territorio Ue balzano, dai 70 mila di giugno, a 107.500. Solo in Grecia dall’inizio dell’anno gli ingressi (legali e non) sono stati 160 mila, contro i 50.242 registrati in tutto il 2014. La maggior parte da Siria, Iraq e Afghanistan. Migranti che poi tentano la traversata dei Balcani attraverso la Macedonia, per passare in Serbia e in Ungheria, Romania o Bulgaria. Nei prossimi mesi si prevede che da questa rotta passino circa 3 mila persone al giorno. Sul fronte mediterraneo l’ultimo bilancio, aggiornato ieri dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati, è di oltre 300 mila persone che hanno preso il mare per l’Europa dall’inizio del 2015. Circa 2.500 i morti e dispersi. In un’unica giornata, sabato 22 agosto, nelle acque che separano l’Italia dalle coste libiche sono state tratte in salvo 4.400 persone. In Siria oltre 5 milioni di sfollati interni aspettano un’occasione per partire. Come spiega Tana de Zulueta, presidente del Comitato italiano per l’Agenzia Onu dei rifugiati palestinesi con una lunga esperienza in missioni Osce e Ue, «metà degli 11 milioni di sfollati siriani ha già lasciato il Paese, gli altri sono pronti a seguirli, in un contesto regionale dove a conflitti dichiarati si aggiungono tensioni sotterranee, ad esempio in Libano, che riemergendo farebbero esplodere la polveriera mediorientale».
Le migrazioni fanno da sempre parte della storia dell’umanità. Un fenomeno oggi amplificato e reso inevitabile dalle crisi umanitarie in corso; dai cambiamenti climatici; dalla scarsità di candidati a svolgere lavori sottopagati nei Paesi più ricchi malgrado la crisi socio-economica; dal deficit demografico che oppone, a un Nord che non cresce e che nei prossimi dieci anni vedrà un sensibile calo della forza lavoro, un Sud abitato da popolazioni giovani e senza occupazione. Per avere un’idea: la Ue conta 550 milioni di abitanti, le Nazioni Unite stimano che in trent’anni il continente africano raggiungerà un numero pari a tre volte quello della Ue.
Cosa fa l’Europa?
Per ora procede in ordine sparso. La maggior parte dei Paesi più colpiti, dove i governi devono gestire anche l’allarme sociale alimentato dalle destre populiste, sceglie la linea dura. Accade per Regno Unito e Francia che hanno stretto un patto di sicurezza sulla Manica. Accade nel Centro-Est che alza muri materiali e mentali. Non in Germania, che quest’anno aspetta il record di 800 mila richieste d’asilo e ha sospeso l’applicazione del regolamento di Dublino rifiutando di rimandare indietro i profughi siriani. La Ue ha triplicato i fondi per le missioni nel Mediterraneo (da ottobre la Eunavfor Med potrebbe essere autorizzata ad arrestare i trafficanti in mare), ha previsto finanziamenti supplementari per i Paesi di primo accesso come l’Italia, l’Ungheria e la Grecia in crisi politica, e ha elaborato un’Agenda immigrazione per redistribuire i migranti secondo criteri più equi in una logica che dovrebbe unire «responsabilità» e «solidarietà». I ministri degli Interni hanno raggiunto un accordo di massima per la ripartizione di circa 32 mila persone in due anni. La Ue vuole strappare entro fine anno l’impegno per 40 mila migranti che potrebbero poi arrivare a 60 mila. Numeri ridotti e soluzioni parziali. «Servono subito visti temporanei, quote più alte, un sistema rafforzato di protezione internazionale» sostiene il direttore dell’Oim William Lacy Swing. A ottobre i ministri di Esteri e Interni si vedranno a Parigi, a novembre il vertice Ue-Africa a Malta. C’è una nuova consapevolezza politica nelle istituzioni comunitarie: dopo lo choc, si aspettano misure concrete.
La rete criminale
Esiste già un’Europa che collabora, s’aiuta e divide i profitti: è quella delle mafie. Il caso del camion pieno di cadaveri scoperto giovedì in Austria (targa ungherese, proprietà prima ceca e poi slovacca, immatricolazione fatta da un rumeno, spalloni bulgari e ungheresi) dimostra che le grandi gang criminali collaborano meglio dei governi: «Controllano due terzi del traffico di migranti - dice Marko Nicovic, ex capo della polizia serba -, l’altro terzo è gestito da piccole organizzazioni locali». Dopo la droga, le armi e la prostituzione, gl’immigrati sono il quarto business più redditizio dell’area. In assoluto, il meno rischioso: nessun Paese interessato alla rotta balcanica ha mai introdotto il reato d’immigrazione clandestina e dalla Turchia alla Grecia, dalla Macedonia alla Serbia, dalla Bulgaria all’Ungheria le pene sono pesanti solo se il carico umano muore. Altrimenti, ce la si cava col ritiro della patente o tre mesi di carcere, spesso evitabili con una cauzione di mille euro: meno di quel che paga un migrante.
Le vie delle mafie
«Non c’è niente di casuale nel cammino d’un profugo - spiega Bojidar Spasic, già funzionario del Bia, i servizi di sicurezza di Belgrado -. Le mafie gli dicono al dettaglio cosa fare: strade, i punti d’incontro a Presevo e a Skopje, i valichi a Szeged, i posti di polizia, gli autisti, le guide, tutto. Ogni suo passo è scandito: prima lo prende la mafia turca, poi i balcanici, alla fine è controllato da kosovari, italiani, russi, ora anche cinesi». C’è un vip service, fino a 10 mila euro, una zona d’ombra per chi abbia qualcosa da nascondere: «psirata», dicono in serbo, iracheni o siriani ex sgherri di regime che temono vendette dei connazionali ed esigono l’invisibilità. Poi c’è il servizio standard, 3-5 mila euro, per gli stessi canali usati con armi o auto rubate: «Il migrante è merce ingombrante - dice Spasic - e non passa mai per le vie della droga». Da qualche giorno, le banche di Salonicco, di Skopje, di Belgrado, di Budapest sono sommerse da soldi versati negli sportelli turchi, libanesi, afghani di Western Union e Tenfore: «Il migrante non rischia di portarsi il denaro addosso, in ogni Paese sa già dove andare a ritirarlo per pagarsi quel pezzo di tragitto».
I clan e la polizia
Le polizie europee conoscono i nomi dei grandi clan che si dividono il traffico, elenca Nicovic: «I turchi Karakafa a Istanbul, i bulgari Plamenov tra Sofia e Dimitrovgrad, i Thaci kosovari e gli albanesi di Durazzo che si sono spostati in Macedonia, i russi di Semion Moglievich in Ungheria, i montenegrini che sono venuti a Belgrado perché contrabbandare sigarette in Puglia non rende quanto un camion d’afghani in Ungheria..
Ci vorrebbe anche un coordinamento fra polizie che non c’è mai stato: finora, che importava ai serbi di chi sbarcava a Lampedusa? O agli spagnoli di chi entrava in Macedonia?». La corruzione: nel prezzo del passaggio è spesso compresa la mazzetta a doganieri bulgari o serbi che guadagnano 500 euro al mese e «più è grande il gruppo, più sale il prezzo: 500 euro per dieci persone». I livelli di protezione sono alti: le gang controllano le forniture di cibo ad alcuni campi di rifugiati, dice la polizia di Belgrado, un po’ come accadeva a Roma nei centri di Mafia Capitale. E quanto al terrorismo, secondo i rapporti il muro di 275 km costruito dai bulgari sul confine turco non è sufficiente, ma un rischio immediato non si vede. «Gli estremisti di Bosnia e Sangiaccato danno logistica a qualche profugo - spiega Nicovic -, ma solo se è di stretta osservanza. È gente che controlliamo anche al telefono. La rete d’accoglienza jihadista però è estesa, dalla Macedonia (Tetovo) al Kosovo (Djakovica) e dal Montenegro (Ulzin). Nessuno può dire con sicurezza che qualche terrorista non sia arrivato: il 90% dei migranti è fatto di siriani e il 70% di questi siriani è tutta gente fra i 20 e i 30 anni».
29 agosto 2015 (modifica il 29 agosto 2015 | 15:37) © RIPRODUZIONE RISERVATA]
http://www.corriere.it/esteri/15_agosto ... 5f76.shtml
Il fenomeno che cambierà l’Europa
Oltre 5 milioni pronti a lasciare la Siria, fuga anche dall’Africa
di Francesco Battistini e Maria Serena Natale
È la più grave crisi di rifugiati dalla Seconda guerra mondiale, dice il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos. L’Europa si scopre prima linea di un’emergenza globale, punto di caduta di conflitti che sconvolgono Medio Oriente, Asia, Africa. Le migrazioni resteranno il tratto distintivo del nostro tempo, spostamenti di masse in cerca di opportunità e diritti su rotte di morte e speranza. Un fenomeno che secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni non si arresterà prima del 2050, quando la popolazione mondiale si assesterà sui 9-10 miliardi di persone. Fino ad allora l’Europa, epicentro del terremoto dell’estate 2015, dovrà affrontare una serie di aggiustamenti normativi e culturali, dalla revisione delle regole sul diritto d’asilo fino all’elaborazione di una strategia complessiva per affrontare scenari geopolitici sempre più fluidi. A che punto siamo nella nuova ondata migratoria?
L’impennata
Il primo aumento nel flusso degli arrivi si percepisce a partire da gennaio ma la grande accelerazione è quella di luglio, quando gli ingressi illegali in territorio Ue balzano, dai 70 mila di giugno, a 107.500. Solo in Grecia dall’inizio dell’anno gli ingressi (legali e non) sono stati 160 mila, contro i 50.242 registrati in tutto il 2014. La maggior parte da Siria, Iraq e Afghanistan. Migranti che poi tentano la traversata dei Balcani attraverso la Macedonia, per passare in Serbia e in Ungheria, Romania o Bulgaria. Nei prossimi mesi si prevede che da questa rotta passino circa 3 mila persone al giorno. Sul fronte mediterraneo l’ultimo bilancio, aggiornato ieri dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati, è di oltre 300 mila persone che hanno preso il mare per l’Europa dall’inizio del 2015. Circa 2.500 i morti e dispersi. In un’unica giornata, sabato 22 agosto, nelle acque che separano l’Italia dalle coste libiche sono state tratte in salvo 4.400 persone. In Siria oltre 5 milioni di sfollati interni aspettano un’occasione per partire. Come spiega Tana de Zulueta, presidente del Comitato italiano per l’Agenzia Onu dei rifugiati palestinesi con una lunga esperienza in missioni Osce e Ue, «metà degli 11 milioni di sfollati siriani ha già lasciato il Paese, gli altri sono pronti a seguirli, in un contesto regionale dove a conflitti dichiarati si aggiungono tensioni sotterranee, ad esempio in Libano, che riemergendo farebbero esplodere la polveriera mediorientale».
Le migrazioni fanno da sempre parte della storia dell’umanità. Un fenomeno oggi amplificato e reso inevitabile dalle crisi umanitarie in corso; dai cambiamenti climatici; dalla scarsità di candidati a svolgere lavori sottopagati nei Paesi più ricchi malgrado la crisi socio-economica; dal deficit demografico che oppone, a un Nord che non cresce e che nei prossimi dieci anni vedrà un sensibile calo della forza lavoro, un Sud abitato da popolazioni giovani e senza occupazione. Per avere un’idea: la Ue conta 550 milioni di abitanti, le Nazioni Unite stimano che in trent’anni il continente africano raggiungerà un numero pari a tre volte quello della Ue.
Cosa fa l’Europa?
Per ora procede in ordine sparso. La maggior parte dei Paesi più colpiti, dove i governi devono gestire anche l’allarme sociale alimentato dalle destre populiste, sceglie la linea dura. Accade per Regno Unito e Francia che hanno stretto un patto di sicurezza sulla Manica. Accade nel Centro-Est che alza muri materiali e mentali. Non in Germania, che quest’anno aspetta il record di 800 mila richieste d’asilo e ha sospeso l’applicazione del regolamento di Dublino rifiutando di rimandare indietro i profughi siriani. La Ue ha triplicato i fondi per le missioni nel Mediterraneo (da ottobre la Eunavfor Med potrebbe essere autorizzata ad arrestare i trafficanti in mare), ha previsto finanziamenti supplementari per i Paesi di primo accesso come l’Italia, l’Ungheria e la Grecia in crisi politica, e ha elaborato un’Agenda immigrazione per redistribuire i migranti secondo criteri più equi in una logica che dovrebbe unire «responsabilità» e «solidarietà». I ministri degli Interni hanno raggiunto un accordo di massima per la ripartizione di circa 32 mila persone in due anni. La Ue vuole strappare entro fine anno l’impegno per 40 mila migranti che potrebbero poi arrivare a 60 mila. Numeri ridotti e soluzioni parziali. «Servono subito visti temporanei, quote più alte, un sistema rafforzato di protezione internazionale» sostiene il direttore dell’Oim William Lacy Swing. A ottobre i ministri di Esteri e Interni si vedranno a Parigi, a novembre il vertice Ue-Africa a Malta. C’è una nuova consapevolezza politica nelle istituzioni comunitarie: dopo lo choc, si aspettano misure concrete.
La rete criminale
Esiste già un’Europa che collabora, s’aiuta e divide i profitti: è quella delle mafie. Il caso del camion pieno di cadaveri scoperto giovedì in Austria (targa ungherese, proprietà prima ceca e poi slovacca, immatricolazione fatta da un rumeno, spalloni bulgari e ungheresi) dimostra che le grandi gang criminali collaborano meglio dei governi: «Controllano due terzi del traffico di migranti - dice Marko Nicovic, ex capo della polizia serba -, l’altro terzo è gestito da piccole organizzazioni locali». Dopo la droga, le armi e la prostituzione, gl’immigrati sono il quarto business più redditizio dell’area. In assoluto, il meno rischioso: nessun Paese interessato alla rotta balcanica ha mai introdotto il reato d’immigrazione clandestina e dalla Turchia alla Grecia, dalla Macedonia alla Serbia, dalla Bulgaria all’Ungheria le pene sono pesanti solo se il carico umano muore. Altrimenti, ce la si cava col ritiro della patente o tre mesi di carcere, spesso evitabili con una cauzione di mille euro: meno di quel che paga un migrante.
Le vie delle mafie
«Non c’è niente di casuale nel cammino d’un profugo - spiega Bojidar Spasic, già funzionario del Bia, i servizi di sicurezza di Belgrado -. Le mafie gli dicono al dettaglio cosa fare: strade, i punti d’incontro a Presevo e a Skopje, i valichi a Szeged, i posti di polizia, gli autisti, le guide, tutto. Ogni suo passo è scandito: prima lo prende la mafia turca, poi i balcanici, alla fine è controllato da kosovari, italiani, russi, ora anche cinesi». C’è un vip service, fino a 10 mila euro, una zona d’ombra per chi abbia qualcosa da nascondere: «psirata», dicono in serbo, iracheni o siriani ex sgherri di regime che temono vendette dei connazionali ed esigono l’invisibilità. Poi c’è il servizio standard, 3-5 mila euro, per gli stessi canali usati con armi o auto rubate: «Il migrante è merce ingombrante - dice Spasic - e non passa mai per le vie della droga». Da qualche giorno, le banche di Salonicco, di Skopje, di Belgrado, di Budapest sono sommerse da soldi versati negli sportelli turchi, libanesi, afghani di Western Union e Tenfore: «Il migrante non rischia di portarsi il denaro addosso, in ogni Paese sa già dove andare a ritirarlo per pagarsi quel pezzo di tragitto».
I clan e la polizia
Le polizie europee conoscono i nomi dei grandi clan che si dividono il traffico, elenca Nicovic: «I turchi Karakafa a Istanbul, i bulgari Plamenov tra Sofia e Dimitrovgrad, i Thaci kosovari e gli albanesi di Durazzo che si sono spostati in Macedonia, i russi di Semion Moglievich in Ungheria, i montenegrini che sono venuti a Belgrado perché contrabbandare sigarette in Puglia non rende quanto un camion d’afghani in Ungheria..
Ci vorrebbe anche un coordinamento fra polizie che non c’è mai stato: finora, che importava ai serbi di chi sbarcava a Lampedusa? O agli spagnoli di chi entrava in Macedonia?». La corruzione: nel prezzo del passaggio è spesso compresa la mazzetta a doganieri bulgari o serbi che guadagnano 500 euro al mese e «più è grande il gruppo, più sale il prezzo: 500 euro per dieci persone». I livelli di protezione sono alti: le gang controllano le forniture di cibo ad alcuni campi di rifugiati, dice la polizia di Belgrado, un po’ come accadeva a Roma nei centri di Mafia Capitale. E quanto al terrorismo, secondo i rapporti il muro di 275 km costruito dai bulgari sul confine turco non è sufficiente, ma un rischio immediato non si vede. «Gli estremisti di Bosnia e Sangiaccato danno logistica a qualche profugo - spiega Nicovic -, ma solo se è di stretta osservanza. È gente che controlliamo anche al telefono. La rete d’accoglienza jihadista però è estesa, dalla Macedonia (Tetovo) al Kosovo (Djakovica) e dal Montenegro (Ulzin). Nessuno può dire con sicurezza che qualche terrorista non sia arrivato: il 90% dei migranti è fatto di siriani e il 70% di questi siriani è tutta gente fra i 20 e i 30 anni».
29 agosto 2015 (modifica il 29 agosto 2015 | 15:37) © RIPRODUZIONE RISERVATA]
http://www.corriere.it/esteri/15_agosto ... 5f76.shtml
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
GRAFICO
Migrazioni di massa: i numeri
Il fenomeno che sta cambiando l’Europa
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
c.v.d.camillobenso ha scritto:Questo tipo di notizia, farà innalzare la temperatura sociale italiana, già al limite dell'espolsione.
palagonia
Lui sgozzato e lei giù dal balcone: coppia assassinata nel Catanese
Due settantenni trovati morti dalla polizia dopo il ritrovamento di un telefonino al Cara di Mineo. Sospettato un cittadino ivoriano, accusato al momento di ristorazione
di Redazione Online
http://www.corriere.it/cronache/15_agos ... 2a57.shtml
Adesso é diventato un caso politico. Ma non é finita. Salvini, che specula su tutto per conquistare voti, come uno sciacallo chiede la chiusura del Cara di Mineo.
CATANIA
Coppia uccisa, la figlia: «Colpa
anche dello Stato, Renzi venga qui»E Salvini: «Colpa solo dello Stato»
La reazione di Rosita Solano dopo aver appreso che per l’omicidio della madre e del padre nelle loro villa di Palagonia è stato fermato un ivoriano di 18 anni
di Redazione Online
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Tg7 - Ore 20.00
Il CARA DI MINEO è il più grande Cento di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Europa.
E quella testa di Rapen del caporal maggiore della Gestapo pretende di chiuderlo.
Questa volta chiediamo a Salvini di ospitarli tutti a casa sua.
Il CARA DI MINEO è il più grande Cento di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Europa.
E quella testa di Rapen del caporal maggiore della Gestapo pretende di chiuderlo.
Questa volta chiediamo a Salvini di ospitarli tutti a casa sua.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
EXODUS EUROPA
Analisi
Il Regno Unito che non vuole immigrati e crede alle bufale sui "turisti del welfare"
Il Ministro degli Interni inglese ha annunciato di voler limitare l'accesso al paese, tenendo fuori chi non ha un lavoro, cittadini comunitari inclusi. E usa come motivazione che troppi sfrutterebbero i sussidi. Che in realtà sono pochi euro e del tutto insufficienti per vivere
di Mattia Toaldo
31 agosto 2015
Il Regno Unito che non vuole immigrati e crede alle bufale sui turisti del welfare
Doveva succedere prima o poi: la fobia europea (italiani inclusi) per gli immigrati stranieri comincia a colpire come un boomerang quegli italiani che, per scelta o loro malgrado, sono diventati essi stessi immigrati stranieri in un altro Paese dell'Unione Europea. Il caso più eclatante è quello della Gran Bretagna, dove da tempo la stampa scandalistica ha preso di mira "il migrante Ue" in quanto scroccone del sistema sanitario, "turista del welfare" e invasore.
A rinfocolare la polemica sono arrivati i dati dell'ufficio nazionale di statistica della scorsa settimana. Riguardano non i trasferimenti di residenza tout court ma le aperture di "National Insurance Number" (in sigla, "Nino") che è l'equivalente del nostro codice fiscale. Danno quindi un quadro imperfetto delle migrazioni perché registrano solo i nuovi lavoratori o percettori di reddito, escludendo quindi i bambini o chi non lavora. Includono invece sia gli studenti (un quinto del totale delle nuove aperture l'anno scorso) sia i richiedenti asilo. Tuttavia la cifra del saldo netto di 329.000 di nuove aperture a marzo 2015 rispetto allo stesso mese del 2014 ha fatto notizia e ancor di più ha fatto scalpore il dato riguardante i "migranti UE": 269.000 in più, di cui 57.000 italiani – la seconda nazionalità dopo i polacchi.
Se si guarda anche al 2013, stiamo parlando di quasi 100.000 connazionali che hanno aperto un codice fiscale oltre la Manica, quanto un capoluogo di provincia che ha lasciato l'Italia e si è trasferito armi e bagagli nel Regno Unito. E d'altronde Londra ha tanti italiani quanto Firenze, ci sono una scuola (privata) italiana, un ambulatorio medico italiano, diversi club di tifosi delle nostre squadre di calcio, circoli di tutti i maggiori partiti politici. Una giornalista del Wall Street Journal ha scritto un articolo dimostrando come potesse vivere un'intera giornata parlando solo italiano, mangiando italiano, andando in un bar italiano e così via.
Ma questo è, diciamo così, solo folclore. Torniamo alla politica. I dati hanno fatto tanto più scalpore perché il Primo Ministro David Cameron aveva promesso già nel 2011 di ridurre il saldo netto di nuovi arrivi a 100.000 l'anno. Una promessa rivelatasi poi fragile, visto che la Gran Bretagna (anche se un quarto dei suoi cittadini non lo sa) fa parte dell'Unione Europea dove c'è la libertà di circolazione e di lavoro.
Così è intervenuto il Ministro degli Interni Theresa May, conservatrice come tutto il governo attuale e non nuova a dichiarazioni anti-immigrati: mesi fa sostenne che le missioni di salvataggio nel Mediterraneo erano un fattore di attrazione per chi voleva entrare in Europa. In un editoriale sul prestigioso Sunday Times ha scritto che la suddetta libertà di circolazione si intende per chi ha già un lavoro, non per chi lo viene a cercare, magari avvalendosi nel frattempo del welfare britannico – il "turismo del welfare" di cui parlano i tabloid. E quindi annunciando l'intenzione di porre la questione al centro dei negoziati che Cameron condurrà in questi mesi con la Ue in vista del referendum dell'anno prossimo sulla permanenza nell'Unione (a proposito, il comitato che doveva decidere la domanda sulla scheda, dopo un sondaggio, ha dovuto inserire nella domanda l'espressione "restare nella Ue" perché pare che appunto un quarto degli intervistati britannici non fosse conscio di farne già parte).
Affermazioni sbagliate quelle della May per diversi aspetti. Aiuta esaminarle anche per capire quanto siano altrettanto sbagliate campagne simili compiute da politici italiani. In primo luogo, la sua lettura della libertà di circolazione nella Ue è smentita dal sito ufficiale dell'Unione che ricorda come in base all'articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea ci sia libertà di "cercare lavoro in un altro Paese Ue", "rimanere lì anche dopo la fine dell'impiego", "usufruire di parità di accesso al lavoro" e a tutti gli altri benefici di legge con i cittadini del Paese ospite. D'altronde i titoli dei giornali hanno trascurato un dato: c'è sì un saldo netto di più di 300.000 arrivi in Gran Bretagna, ma questo è il risultato della sottrazione tra il numero totale di arrivi (circa 600.000) e il numero delle partenze dalla Gran Bretagna. Ci sono infatti ben 1.300.000 cittadini britannici che vivono in altri Paesi Ue, il 2,5% dei quali vive di sussidio di disoccupazione .
In secondo luogo, due terzi di quanti arrivano in Gran Bretagna hanno già un lavoro prima di arrivare. Altri lo trovano poco dopo essere arrivati, anche perché per vivere di solo welfare in Gran Bretagna bisogna essere proprio stoici (ci arriveremo tra poco). Tutti questi lavoratori Ue pagano tasse e consumano così tanto che, come rivelato mesi fa dal quotidiano Guardian, lo stesso governo considera che una parte della crescita del Pil sia dovuta a questi nuovi arrivi che molto danno e poco prendono: un giovane lavoratore produce valore aggiunto, tasse e contributi ma consuma meno servizi di un anziano locale. E poi, anche in Italia, chiunque compri un qualsiasi oggetto paga le tasse grazie all'Iva che si sia guadagnato quei soldi o no.
Un altro quinto dei nuovi arrivi, come detto, sono studenti universitari o post-laurea. Questi ultimi pagano, e profumatamente, per frequentare i corsi: per una laurea triennale si parla di 9.000 sterline l'anno, poco più di 11.000 euro che ovviamente contribuiscono a tenere in equilibrio i conti degli atenei inglesi. Eppure la May ha chiarito che una volta finita l'università non devono sognarsi di restare nel Paese.
Come ha ricordato il sottosegretario Della Vedova, la Gran Bretagna ha beneficiato sia del Mercato Unico che della libera circolazione delle persone. D'altronde, ma questo viene spesso dimenticato, il Regno Unito chiese ripetutamente di entrare nell'allora Cee proprio per uscire dal suo lungo declino economico – e l'Italia fu uno dei pochi Paesi ad essere sempre a favore.
Infine, due parole sul mito del "turista del welfare". Secondo la stampa scandalistica nella categoria rientrerebbero anche i richiedenti asilo, che in Gran Bretagna hanno diritto a ben 36 sterline alla settimana , l'equivalente dell'abbonamento settimanale alla metro di Londra per farsi un'idea del potere d'acquisto. L'idea che si possa attraversare la Manica dentro un camion (rischiando la vita) per tale cifra si commenta da se.
Ma anche per il semplice "migrante Ue" l'idea di fare turismo del welfare in Gran Bretagna mostra una certa ignoranza per cosa sia il vero welfare. Nel Regno Unito, tanto per fare due esempi, non esistono né il pediatra di base né tantomeno gli asili nido pubblici. Il sistema sanitario pubblico lascia molto a desiderare. Mandare un bambino al nido costa circa 1.500 sterline al mese. Se si è in cerca di lavoro, si riceve un sussidio che varia tra le 58 e le 73 sterline alla settimana . Se si vive a Londra questo basterà a vivere 2-3 giorni alla settimana (un po' di più altrove), negli altri un salutare digiuno. Magari passato a leggere, sui giornali italiani, dichiarazioni di nostri uomini politici contro gli immigrati sanguisughe.
Mattia Toaldo è analista presso lo European Council on Foreign Relations a Londra, dove vive da quasi tre anni
http://espresso.repubblica.it/internazi ... =HEF_RULLO
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Il Regno Unito che non vuole immigrati e crede alle bufale sui "turisti del welfare"
Il Ministro degli Interni inglese ha annunciato di voler limitare l'accesso al paese, tenendo fuori chi non ha un lavoro, cittadini comunitari inclusi. E usa come motivazione che troppi sfrutterebbero i sussidi. Che in realtà sono pochi euro e del tutto insufficienti per vivere
di Mattia Toaldo
31 agosto 2015
Il Regno Unito che non vuole immigrati e crede alle bufale sui turisti del welfare
Doveva succedere prima o poi: la fobia europea (italiani inclusi) per gli immigrati stranieri comincia a colpire come un boomerang quegli italiani che, per scelta o loro malgrado, sono diventati essi stessi immigrati stranieri in un altro Paese dell'Unione Europea. Il caso più eclatante è quello della Gran Bretagna, dove da tempo la stampa scandalistica ha preso di mira "il migrante Ue" in quanto scroccone del sistema sanitario, "turista del welfare" e invasore.
A rinfocolare la polemica sono arrivati i dati dell'ufficio nazionale di statistica della scorsa settimana. Riguardano non i trasferimenti di residenza tout court ma le aperture di "National Insurance Number" (in sigla, "Nino") che è l'equivalente del nostro codice fiscale. Danno quindi un quadro imperfetto delle migrazioni perché registrano solo i nuovi lavoratori o percettori di reddito, escludendo quindi i bambini o chi non lavora. Includono invece sia gli studenti (un quinto del totale delle nuove aperture l'anno scorso) sia i richiedenti asilo. Tuttavia la cifra del saldo netto di 329.000 di nuove aperture a marzo 2015 rispetto allo stesso mese del 2014 ha fatto notizia e ancor di più ha fatto scalpore il dato riguardante i "migranti UE": 269.000 in più, di cui 57.000 italiani – la seconda nazionalità dopo i polacchi.
Se si guarda anche al 2013, stiamo parlando di quasi 100.000 connazionali che hanno aperto un codice fiscale oltre la Manica, quanto un capoluogo di provincia che ha lasciato l'Italia e si è trasferito armi e bagagli nel Regno Unito. E d'altronde Londra ha tanti italiani quanto Firenze, ci sono una scuola (privata) italiana, un ambulatorio medico italiano, diversi club di tifosi delle nostre squadre di calcio, circoli di tutti i maggiori partiti politici. Una giornalista del Wall Street Journal ha scritto un articolo dimostrando come potesse vivere un'intera giornata parlando solo italiano, mangiando italiano, andando in un bar italiano e così via.
Ma questo è, diciamo così, solo folclore. Torniamo alla politica. I dati hanno fatto tanto più scalpore perché il Primo Ministro David Cameron aveva promesso già nel 2011 di ridurre il saldo netto di nuovi arrivi a 100.000 l'anno. Una promessa rivelatasi poi fragile, visto che la Gran Bretagna (anche se un quarto dei suoi cittadini non lo sa) fa parte dell'Unione Europea dove c'è la libertà di circolazione e di lavoro.
Così è intervenuto il Ministro degli Interni Theresa May, conservatrice come tutto il governo attuale e non nuova a dichiarazioni anti-immigrati: mesi fa sostenne che le missioni di salvataggio nel Mediterraneo erano un fattore di attrazione per chi voleva entrare in Europa. In un editoriale sul prestigioso Sunday Times ha scritto che la suddetta libertà di circolazione si intende per chi ha già un lavoro, non per chi lo viene a cercare, magari avvalendosi nel frattempo del welfare britannico – il "turismo del welfare" di cui parlano i tabloid. E quindi annunciando l'intenzione di porre la questione al centro dei negoziati che Cameron condurrà in questi mesi con la Ue in vista del referendum dell'anno prossimo sulla permanenza nell'Unione (a proposito, il comitato che doveva decidere la domanda sulla scheda, dopo un sondaggio, ha dovuto inserire nella domanda l'espressione "restare nella Ue" perché pare che appunto un quarto degli intervistati britannici non fosse conscio di farne già parte).
Affermazioni sbagliate quelle della May per diversi aspetti. Aiuta esaminarle anche per capire quanto siano altrettanto sbagliate campagne simili compiute da politici italiani. In primo luogo, la sua lettura della libertà di circolazione nella Ue è smentita dal sito ufficiale dell'Unione che ricorda come in base all'articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea ci sia libertà di "cercare lavoro in un altro Paese Ue", "rimanere lì anche dopo la fine dell'impiego", "usufruire di parità di accesso al lavoro" e a tutti gli altri benefici di legge con i cittadini del Paese ospite. D'altronde i titoli dei giornali hanno trascurato un dato: c'è sì un saldo netto di più di 300.000 arrivi in Gran Bretagna, ma questo è il risultato della sottrazione tra il numero totale di arrivi (circa 600.000) e il numero delle partenze dalla Gran Bretagna. Ci sono infatti ben 1.300.000 cittadini britannici che vivono in altri Paesi Ue, il 2,5% dei quali vive di sussidio di disoccupazione .
In secondo luogo, due terzi di quanti arrivano in Gran Bretagna hanno già un lavoro prima di arrivare. Altri lo trovano poco dopo essere arrivati, anche perché per vivere di solo welfare in Gran Bretagna bisogna essere proprio stoici (ci arriveremo tra poco). Tutti questi lavoratori Ue pagano tasse e consumano così tanto che, come rivelato mesi fa dal quotidiano Guardian, lo stesso governo considera che una parte della crescita del Pil sia dovuta a questi nuovi arrivi che molto danno e poco prendono: un giovane lavoratore produce valore aggiunto, tasse e contributi ma consuma meno servizi di un anziano locale. E poi, anche in Italia, chiunque compri un qualsiasi oggetto paga le tasse grazie all'Iva che si sia guadagnato quei soldi o no.
Un altro quinto dei nuovi arrivi, come detto, sono studenti universitari o post-laurea. Questi ultimi pagano, e profumatamente, per frequentare i corsi: per una laurea triennale si parla di 9.000 sterline l'anno, poco più di 11.000 euro che ovviamente contribuiscono a tenere in equilibrio i conti degli atenei inglesi. Eppure la May ha chiarito che una volta finita l'università non devono sognarsi di restare nel Paese.
Come ha ricordato il sottosegretario Della Vedova, la Gran Bretagna ha beneficiato sia del Mercato Unico che della libera circolazione delle persone. D'altronde, ma questo viene spesso dimenticato, il Regno Unito chiese ripetutamente di entrare nell'allora Cee proprio per uscire dal suo lungo declino economico – e l'Italia fu uno dei pochi Paesi ad essere sempre a favore.
Infine, due parole sul mito del "turista del welfare". Secondo la stampa scandalistica nella categoria rientrerebbero anche i richiedenti asilo, che in Gran Bretagna hanno diritto a ben 36 sterline alla settimana , l'equivalente dell'abbonamento settimanale alla metro di Londra per farsi un'idea del potere d'acquisto. L'idea che si possa attraversare la Manica dentro un camion (rischiando la vita) per tale cifra si commenta da se.
Ma anche per il semplice "migrante Ue" l'idea di fare turismo del welfare in Gran Bretagna mostra una certa ignoranza per cosa sia il vero welfare. Nel Regno Unito, tanto per fare due esempi, non esistono né il pediatra di base né tantomeno gli asili nido pubblici. Il sistema sanitario pubblico lascia molto a desiderare. Mandare un bambino al nido costa circa 1.500 sterline al mese. Se si è in cerca di lavoro, si riceve un sussidio che varia tra le 58 e le 73 sterline alla settimana . Se si vive a Londra questo basterà a vivere 2-3 giorni alla settimana (un po' di più altrove), negli altri un salutare digiuno. Magari passato a leggere, sui giornali italiani, dichiarazioni di nostri uomini politici contro gli immigrati sanguisughe.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
EXODUS EUROPA
l’emergenza
Budapest, chiusa la stazione: stop
ai treni; usati i gas lacrimogeni contro i migranti Le proteste|video
Nella stazione ferroviaria di Budapest i treni con a bordo i migranti non possono partire «fino a nuovo ordine». Inviati al confine serbo altri 3.500 militari. Polemica tra Austria e Germania sull’accoglienza e la registrazione: «Gli accordi di Dublino sono validi»
di Redazione Online
Articolo + Video
http://www.corriere.it/esteri/15_settem ... 3a45.shtml
l’emergenza
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ai treni; usati i gas lacrimogeni contro i migranti Le proteste|video
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
EXODUS EUROPA
Perché frau Angela ha fatto piangere ito ideabambina palestinese ed adesso ha idea?
La gioia di migranti arrivati a Monaco: «Grazie Germania!»
In centinaia hanno raggiunto la città tedesca - Agr /Corriere TV
http://video.corriere.it/gioia-migranti ... 5b691a3a45
A seguire:
Mondo
Budapest, caos migranti alla stazione chiusa dalla polizia
I profughi vogliono prendere i treni diretti in Austria e Germania | Corriere TV
Dal Mondo
Non più solo gommoni, ora i migranti arrivano su moto d’acqua
La Guardia Civil spagnola ha arrestato ad agosto 15 trafficanti che facevano la spola fra il Marocco e Tarifa - Agr /agr - Corriere TV
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
immigrazione
Milano Expo, Maroni: «Renzi prenda Ban Ki-Moon per la collottola
per fermare i flussi migratori»
http://milano.corriere.it/notizie/crona ... 3a45.shtml
Già,......possiamo immaginarcelo Matteo La Qualunque prendere Ban Ki-Moon per la collottola!!
Milano Expo, Maroni: «Renzi prenda Ban Ki-Moon per la collottola
per fermare i flussi migratori»
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Già,......possiamo immaginarcelo Matteo La Qualunque prendere Ban Ki-Moon per la collottola!!
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