Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
E' sempre LUI.........Ma anche gli italiani.............Non c'è più niente da fare.........
http://video.espresso.repubblica.it/pal ... =HEF_RULLO
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Re: Diario della caduta di un regime.
17 ott 2015 12:56
CRONACHE LUNARI – MENTRE L’ITALIA TIRA LA CINGHIA, I DIRIGENTI DELLA RAGIONERIA GENERALE INCROCIANO LE BRACCIA E MOLLANO PADOAN A SCRIVERSI DA SOLO LA LEGGE DI STABILITÀ – MOTIVO DEL CONTENDERE? UN TAGLIO AL FONDO DEI PREMI
- Ieri pomeriggio i dirigenti se ne sono andati dal ministero, rifiutando di fermarsi fino a sera. E anche oggi non andranno in ufficio. Una protesta spontanea e senza precedenti nella lunga storia delle finanziarie…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 110829.htm
CRONACHE LUNARI – MENTRE L’ITALIA TIRA LA CINGHIA, I DIRIGENTI DELLA RAGIONERIA GENERALE INCROCIANO LE BRACCIA E MOLLANO PADOAN A SCRIVERSI DA SOLO LA LEGGE DI STABILITÀ – MOTIVO DEL CONTENDERE? UN TAGLIO AL FONDO DEI PREMI
- Ieri pomeriggio i dirigenti se ne sono andati dal ministero, rifiutando di fermarsi fino a sera. E anche oggi non andranno in ufficio. Una protesta spontanea e senza precedenti nella lunga storia delle finanziarie…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 110829.htm
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Re: Diario della caduta di un regime.
17 ott 2015 12:11
PAGHERETE CARO, PAGHERETE TUTTO – LA MULTA PER CHI NON PAGA IL CANONE RAI SARÀ DI 500 EURO (TASSI UN PO’ USURAI) – RIBALTATO L’ONERE DELLA PROVA: CHI NON HA LA TV DEVE DIMOSTRARLO AL FISCO
Il canone Rai sarà agganciato alla bolletta elettrica. A chi non pagherà non verrà staccata la corrente, ma partirà una segnalazione all’Agenzia delle entrate. Non è ancora da chiarire se saranno risparmiati coloro che guardano solo programmi in streaming attraverso il computer…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 110826.htm
PAGHERETE CARO, PAGHERETE TUTTO – LA MULTA PER CHI NON PAGA IL CANONE RAI SARÀ DI 500 EURO (TASSI UN PO’ USURAI) – RIBALTATO L’ONERE DELLA PROVA: CHI NON HA LA TV DEVE DIMOSTRARLO AL FISCO
Il canone Rai sarà agganciato alla bolletta elettrica. A chi non pagherà non verrà staccata la corrente, ma partirà una segnalazione all’Agenzia delle entrate. Non è ancora da chiarire se saranno risparmiati coloro che guardano solo programmi in streaming attraverso il computer…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 110826.htm
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Re: Diario della caduta di un regime.
I SIGNORI DELLA TRUFFA
TG3 ore 19,00
Serracchiani: Questa è la finanziaria che gli italiani aspettavano da tempo.
Oramai non c'é più limite alla faccia di tolla. Considerano gli italiani tutti idioti.
Come in precedenza Benito, Bettino e Silvio.
TG3 ore 19,00
Serracchiani: Questa è la finanziaria che gli italiani aspettavano da tempo.
Oramai non c'é più limite alla faccia di tolla. Considerano gli italiani tutti idioti.
Come in precedenza Benito, Bettino e Silvio.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Corriere 18.10.15
Il governo e le valutazioni
Pareri, non diktat, ma vanno rispettati
Commissione ed Eurogruppo adottano un parere su ogni singola bozza di legge di Stabilità e lo rendono pubblico. È una procedura da accettare con responsabilità.
di Enzo Moavero Milanesi
In Europa, gli Stati hanno fatto i loro «compiti» e li hanno inviati a Bruxelles per gli «esami» annuali. Questo linguaggio, spesso usato nella comunicazione divulgativa, non necessariamente aiuta a capire il vero senso dell’importante esercizio in corso, per la verifica europea della congruenza delle future leggi di Stabilità dei vari Paesi. Ricordarne i principi e gli elementi cardine può aiutare a comprenderlo meglio.
La ragion d’essere dell’esercizio discende dall’interdipendenza fra le economie degli Stati membri dell’Unione Europea: risultato di oltre 60 anni di liberi scambi, politiche pubbliche e leggi comuni. Inoltre, è legata alla moneta (l’euro) condivisa da 19 Paesi Ue, corresponsabili della sua solidità, del suo valore. In un simile contesto, i vizi di alcuni si ripercuotono sui partner.
Pensiamo, per analogia, a un condominio dove alcuni condomini lasciano degradare il loro appartamento: prima o poi, l’insieme dell’immobile si deprezzerà e anche i vicini ne subiranno un danno; dunque, bisogna vegliare sul comportamento altrui e se far intervenire l’amministratore del condominio. Le regole europee si fondano proprio sulla medesima esigenza. L’esame dei progetti di tutte le leggi di Stabilità serve a dare a ciascun governo nazionale una garanzia concreta, circa le scelte e le iniziative degli altri. Ci sembra insensato?
Va ben compresa anche la natura del cosiddetto esame. È fatto da due organismi Ue: la Commissione europea, quale istanza indipendente dagli Stati e l’Eurogruppo in cui decidono i ministri dell’Economia dei Paesi che usano l’euro. Ambedue adottano un parere su ogni bozza di legge di Stabilità, che viene subito reso pubblico; governi e Parlamenti nazionali lo ricevono, per tenerne conto nel dibattere e votare la legge. I due pareri non sono diktat «esterni»: tutti i governi vi contribuiscono (direttamente, in seno all’Eurogruppo e indirettamente, discutendo con la Commissione) e i Parlamenti restano sovrani nella decisione finale. Il tenore di ciascun parere dipende dall’esito di due verifiche, una più tecnica della Commissione e una più politica dell’Eurogruppo; ma, soprattutto, dipende dalla conformità e dalla credibilità delle misure e dei saldi contabili, rispetto ai parametri e agli obiettivi che tutti gli Stati si sono impegnati a rispettare, dopo averli liberamente decisi, insieme, a livello di Ue.
Dunque, l’esame europeo chiama in causa la responsabilità primaria di vari soggetti: i due organismi dell’Unione, il governo e il Parlamento di ogni Paese. Si badi, è una responsabilità trivalente: economica, per l’esattezza dell’analisi e dei conti; politica, per il valore delle scelte e del responso valutativo; e giuridica, perché ci si confronta con regole che sono, a tutti gli effetti, leggi la cui violazione determina conseguenze serie, fra le quali la possibilità di azioni giurisdizionali. Inoltre, la pubblicità assicurata ai pareri Ue, così come alle proposte normative nazionali, dà a chiunque l’opportunità — e il dovere — di vagliarli: ai governi e ai parlamentari, per il proprio Paese e per gli altri; ai mercati finanziari, da cui dipendono la fiducia internazionale nell’economia di uno Stato e molti investimenti; e a tutti noi cittadini, se attenti.
Come si vede, si tratta di un esercizio complesso e sensibile, d’importanza collettiva. Va condotto con perizia e misura. L’esame europeo dei vari progetti di legge andrebbe focalizzato sulla sostanza e sulla loro sostenibilità, evitando minuziose richieste, non indispensabili ai fini della reciproca garanzia fra gli Stati. In ogni Paese, governo e Parlamento — nella logica del condominio — dovrebbero tenere presente l’interesse comune europeo e non solo quello nazionale, varando leggi conformi a entrambi. È bene che i governi evitino note astuzie, facendo annunci e proposte che ammaliano gli elettori, per poi incolpare solo l’Unione degli inevitabili dinieghi. I tipici comportamenti deleteri per il sentimento europeista sono il superfluo tracimare dell’invasività tecnocratica e le astuzie melliflue e miopi.
L’anima dell’esame europeo in corso è la costruzione di una maggiore fiducia fra gli Stati. Ha, dunque, connotati federali, sebbene embrionali e conviventi con il carattere incompiuto dell’unificazione europea. Finché le sue norme sono in vigore c’è l’ovvio dovere di osservarle diligentemente; ma si possono sempre cambiare. Anzi, per chi non apprezzi il sistema, le opzioni sono almeno due. La prima: avanzare proposte serie e concrete, anche radicali, per migliorarlo, nell’ottica di un’Europa più coesa ed equa. La seconda: perseguirne l’abrogazione e spiegare perché sia meglio che Stati che condividono un mercato e una moneta, ritornino al pieno arbitrio nazionale sui propri bilanci e conti pubblici. Temo sia, invece, spericolato conciliare gli appelli per «più Europa» con il rifiuto di un reciproco, rigoroso controllo di garanzia.
Il governo e le valutazioni
Pareri, non diktat, ma vanno rispettati
Commissione ed Eurogruppo adottano un parere su ogni singola bozza di legge di Stabilità e lo rendono pubblico. È una procedura da accettare con responsabilità.
di Enzo Moavero Milanesi
In Europa, gli Stati hanno fatto i loro «compiti» e li hanno inviati a Bruxelles per gli «esami» annuali. Questo linguaggio, spesso usato nella comunicazione divulgativa, non necessariamente aiuta a capire il vero senso dell’importante esercizio in corso, per la verifica europea della congruenza delle future leggi di Stabilità dei vari Paesi. Ricordarne i principi e gli elementi cardine può aiutare a comprenderlo meglio.
La ragion d’essere dell’esercizio discende dall’interdipendenza fra le economie degli Stati membri dell’Unione Europea: risultato di oltre 60 anni di liberi scambi, politiche pubbliche e leggi comuni. Inoltre, è legata alla moneta (l’euro) condivisa da 19 Paesi Ue, corresponsabili della sua solidità, del suo valore. In un simile contesto, i vizi di alcuni si ripercuotono sui partner.
Pensiamo, per analogia, a un condominio dove alcuni condomini lasciano degradare il loro appartamento: prima o poi, l’insieme dell’immobile si deprezzerà e anche i vicini ne subiranno un danno; dunque, bisogna vegliare sul comportamento altrui e se far intervenire l’amministratore del condominio. Le regole europee si fondano proprio sulla medesima esigenza. L’esame dei progetti di tutte le leggi di Stabilità serve a dare a ciascun governo nazionale una garanzia concreta, circa le scelte e le iniziative degli altri. Ci sembra insensato?
Va ben compresa anche la natura del cosiddetto esame. È fatto da due organismi Ue: la Commissione europea, quale istanza indipendente dagli Stati e l’Eurogruppo in cui decidono i ministri dell’Economia dei Paesi che usano l’euro. Ambedue adottano un parere su ogni bozza di legge di Stabilità, che viene subito reso pubblico; governi e Parlamenti nazionali lo ricevono, per tenerne conto nel dibattere e votare la legge. I due pareri non sono diktat «esterni»: tutti i governi vi contribuiscono (direttamente, in seno all’Eurogruppo e indirettamente, discutendo con la Commissione) e i Parlamenti restano sovrani nella decisione finale. Il tenore di ciascun parere dipende dall’esito di due verifiche, una più tecnica della Commissione e una più politica dell’Eurogruppo; ma, soprattutto, dipende dalla conformità e dalla credibilità delle misure e dei saldi contabili, rispetto ai parametri e agli obiettivi che tutti gli Stati si sono impegnati a rispettare, dopo averli liberamente decisi, insieme, a livello di Ue.
Dunque, l’esame europeo chiama in causa la responsabilità primaria di vari soggetti: i due organismi dell’Unione, il governo e il Parlamento di ogni Paese. Si badi, è una responsabilità trivalente: economica, per l’esattezza dell’analisi e dei conti; politica, per il valore delle scelte e del responso valutativo; e giuridica, perché ci si confronta con regole che sono, a tutti gli effetti, leggi la cui violazione determina conseguenze serie, fra le quali la possibilità di azioni giurisdizionali. Inoltre, la pubblicità assicurata ai pareri Ue, così come alle proposte normative nazionali, dà a chiunque l’opportunità — e il dovere — di vagliarli: ai governi e ai parlamentari, per il proprio Paese e per gli altri; ai mercati finanziari, da cui dipendono la fiducia internazionale nell’economia di uno Stato e molti investimenti; e a tutti noi cittadini, se attenti.
Come si vede, si tratta di un esercizio complesso e sensibile, d’importanza collettiva. Va condotto con perizia e misura. L’esame europeo dei vari progetti di legge andrebbe focalizzato sulla sostanza e sulla loro sostenibilità, evitando minuziose richieste, non indispensabili ai fini della reciproca garanzia fra gli Stati. In ogni Paese, governo e Parlamento — nella logica del condominio — dovrebbero tenere presente l’interesse comune europeo e non solo quello nazionale, varando leggi conformi a entrambi. È bene che i governi evitino note astuzie, facendo annunci e proposte che ammaliano gli elettori, per poi incolpare solo l’Unione degli inevitabili dinieghi. I tipici comportamenti deleteri per il sentimento europeista sono il superfluo tracimare dell’invasività tecnocratica e le astuzie melliflue e miopi.
L’anima dell’esame europeo in corso è la costruzione di una maggiore fiducia fra gli Stati. Ha, dunque, connotati federali, sebbene embrionali e conviventi con il carattere incompiuto dell’unificazione europea. Finché le sue norme sono in vigore c’è l’ovvio dovere di osservarle diligentemente; ma si possono sempre cambiare. Anzi, per chi non apprezzi il sistema, le opzioni sono almeno due. La prima: avanzare proposte serie e concrete, anche radicali, per migliorarlo, nell’ottica di un’Europa più coesa ed equa. La seconda: perseguirne l’abrogazione e spiegare perché sia meglio che Stati che condividono un mercato e una moneta, ritornino al pieno arbitrio nazionale sui propri bilanci e conti pubblici. Temo sia, invece, spericolato conciliare gli appelli per «più Europa» con il rifiuto di un reciproco, rigoroso controllo di garanzia.
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Re: Diario della caduta di un regime.
il manifesto 18.10.15
Il Pd perde (altri) pezzi
Va via D’Attorre, in quattro dati in uscita
Direzione: nuovo gruppo di sinistra. Minoranza interna ormai in crisi nera di identità
Il voto nelle città è il giro di boa anche per il renzismo
di Daniela Preziosi
Non è un annuncio inatteso anzi la notizia da giorni circolava alla camera. Anche mesi. Alla fine il deputato dem Alfredo D’Attorre, bersanianissimo anzi pupillo dell’ex segretario ai tempi della coalizione Italia bene comune, lascia il Pd.
Lo ha annunciato ieri in un’intervista al Corriere della sera. Dopo molti no e qualche sofferto sì il deputato nato a Melfi, normalista, ricercatore in filosofia e responsabile delle riforme nel Pd avanti Renzi, alla sua prima legislatura, stavolta non ha intenzione di votare la legge di stabilità: «Impianto insostenibile», spiega, «al centro c’è l’abolizione della tassa sulla prima casa, compresi i proprietari di castelli. Neppure Berlusconi si era spinto fin lì».
A Montecitorio altri due-tre potrebbero seguirlo in direzione — forse dopo un breve passaggio nel misto — di un nuovo gruppo di sinistra (o, forse, di «centrosinistra» old style, per favorire l’arrivo di qualche ’prodiano’) che nascerà alla camera entro fine novembre.
Forse non sarà esattamente il gruppo parlamentare della ’cosa rossa’ però: D’Attorre, pacato allievo dell’ex segretario, su questo ha le idee chiare.
«Non credo a una riedizione della cosa rossa o esperimenti della sinistra radicale. Se lo snaturamento del Pd arriva a compimento, si apre lo spazio per un soggetto largo e plurale di centrosinistra, ulivista».
Mentre Renzi annuncia la sua nuova Leopolda, la sesta edizione dal 2010, la seconda dell’era del governo (si svolgerà come sempre alla stazione Leopolda di Firenze l’11, 12 e 13 dicembre), il lato sinistro fuori dal recinto del Pd si affolla ancora di più. Ma di protagonisti non sempre d’accordo fra loro sul che fare.
Domani nel primo pomeriggio una nuova riunione fra le diverse anime della sinistra dovrebbe provare a trovare la quadra sul percorso in direzione del ’soggetto unico’ ma soprattutto sulle alleanze delle prossime amministrative. A partire dal caso di Milano dove Sel è decisa a partecipare alle primarie del centrosinistra, almeno per ora. Nel partito di Vendola non sono tutti d’accordo.
Nell’assemblea di sabato prossimo si confronteranno quelli che accelerano sulla ’cosa rossa’, come il coordinatore Nicola Fratoianni, quelli più cauti non disposti a ’rompere con il Pd’ in tutte le città, e quelli che ancora pensano a un centrosinistra nazionale nonostante «l’autoritario» Renzi e nonostante l’Italicum (come i senatori Uras e Stefàno, considerati i più vicini al Pd).
A novembre invece la convention di Pippo Civati schiererà l’associazione Possibile sulla linea dei primi. Che poi è la stessa del Prc di Paolo Ferrero. La nuova cosa rossa, o quel che sarà, nascerà di sicuro: ma la via crucis per arrivarci ha ancora parecchie fermate.
D’altro canto proprio la mancanza di un soggetto a sinistra del Pd, ma un soggetto che sia «arioso, largo e plurale, la casa di tutti quelli che stanno male nel Pd» — come lo immagina D’Attorre– è uno dei fattori che hanno fatto impantanare la minoranza dem.
Che oggi si trova alle prese con una profonda crisi di identità, dopo l’ennesimo accordo al ribasso sulla riforma costituzionale. E in vista del voto su una finanziaria già duramente criticata da Bersani. Al quale ieri il segretario ha replicato con durezza a proposito dell’ormai rituale accusa di decisionismo solitario: «Alla faccia di chi dice che c’è un uomo solo al comando, dico che la sfida la vinciamo insieme. Io so quali sono le mie responsabilità. Vado avanti come un treno, non ho paura: posso perdere le elezioni — ma non preoccupatevi, le vinciamo — ma non la faccia. Vado avanti senza arretrare di un centimetro».
Ieri i compagni di nidiata di D’Attorre hanno salutato l’ex sodale senza fare un plissé. L’addio è un segno di «malessere» ma «si sta nel Pd, per me non c’è nessuna alternativa», ha spiegato Roberto Speranza, giurando che lui non se ne andrà «neanche con le cannonate». Barbara Pollastrini, dalemian-cuperliana, ha chiesto al segretario di «riflettere su come ristrutturare la casa, renderla aperta a un’idea di sinistra decisiva per cambiare dalla parte giusta».
Cruciali, anche nel partito di Renzi, le amministrative nelle grandi città governate dal centrosinistra: Milano, Roma, Torino, Bologna: se il Pd deciderà di rilanciare la coalizione o se Renzi vorrà sperimentare il ’partito della nazione’ pigliatutto e autosufficiente. Magari per prendere l’onda di una campagna elettorale lunga tutto il 2016: dalle amministrative di primavera fino al referendum costituzionale dell’autunno. Che, se tutto va bene (per lui) potrebbe portare persino alle politiche del 2017.
Il Pd perde (altri) pezzi
Va via D’Attorre, in quattro dati in uscita
Direzione: nuovo gruppo di sinistra. Minoranza interna ormai in crisi nera di identità
Il voto nelle città è il giro di boa anche per il renzismo
di Daniela Preziosi
Non è un annuncio inatteso anzi la notizia da giorni circolava alla camera. Anche mesi. Alla fine il deputato dem Alfredo D’Attorre, bersanianissimo anzi pupillo dell’ex segretario ai tempi della coalizione Italia bene comune, lascia il Pd.
Lo ha annunciato ieri in un’intervista al Corriere della sera. Dopo molti no e qualche sofferto sì il deputato nato a Melfi, normalista, ricercatore in filosofia e responsabile delle riforme nel Pd avanti Renzi, alla sua prima legislatura, stavolta non ha intenzione di votare la legge di stabilità: «Impianto insostenibile», spiega, «al centro c’è l’abolizione della tassa sulla prima casa, compresi i proprietari di castelli. Neppure Berlusconi si era spinto fin lì».
A Montecitorio altri due-tre potrebbero seguirlo in direzione — forse dopo un breve passaggio nel misto — di un nuovo gruppo di sinistra (o, forse, di «centrosinistra» old style, per favorire l’arrivo di qualche ’prodiano’) che nascerà alla camera entro fine novembre.
Forse non sarà esattamente il gruppo parlamentare della ’cosa rossa’ però: D’Attorre, pacato allievo dell’ex segretario, su questo ha le idee chiare.
«Non credo a una riedizione della cosa rossa o esperimenti della sinistra radicale. Se lo snaturamento del Pd arriva a compimento, si apre lo spazio per un soggetto largo e plurale di centrosinistra, ulivista».
Mentre Renzi annuncia la sua nuova Leopolda, la sesta edizione dal 2010, la seconda dell’era del governo (si svolgerà come sempre alla stazione Leopolda di Firenze l’11, 12 e 13 dicembre), il lato sinistro fuori dal recinto del Pd si affolla ancora di più. Ma di protagonisti non sempre d’accordo fra loro sul che fare.
Domani nel primo pomeriggio una nuova riunione fra le diverse anime della sinistra dovrebbe provare a trovare la quadra sul percorso in direzione del ’soggetto unico’ ma soprattutto sulle alleanze delle prossime amministrative. A partire dal caso di Milano dove Sel è decisa a partecipare alle primarie del centrosinistra, almeno per ora. Nel partito di Vendola non sono tutti d’accordo.
Nell’assemblea di sabato prossimo si confronteranno quelli che accelerano sulla ’cosa rossa’, come il coordinatore Nicola Fratoianni, quelli più cauti non disposti a ’rompere con il Pd’ in tutte le città, e quelli che ancora pensano a un centrosinistra nazionale nonostante «l’autoritario» Renzi e nonostante l’Italicum (come i senatori Uras e Stefàno, considerati i più vicini al Pd).
A novembre invece la convention di Pippo Civati schiererà l’associazione Possibile sulla linea dei primi. Che poi è la stessa del Prc di Paolo Ferrero. La nuova cosa rossa, o quel che sarà, nascerà di sicuro: ma la via crucis per arrivarci ha ancora parecchie fermate.
D’altro canto proprio la mancanza di un soggetto a sinistra del Pd, ma un soggetto che sia «arioso, largo e plurale, la casa di tutti quelli che stanno male nel Pd» — come lo immagina D’Attorre– è uno dei fattori che hanno fatto impantanare la minoranza dem.
Che oggi si trova alle prese con una profonda crisi di identità, dopo l’ennesimo accordo al ribasso sulla riforma costituzionale. E in vista del voto su una finanziaria già duramente criticata da Bersani. Al quale ieri il segretario ha replicato con durezza a proposito dell’ormai rituale accusa di decisionismo solitario: «Alla faccia di chi dice che c’è un uomo solo al comando, dico che la sfida la vinciamo insieme. Io so quali sono le mie responsabilità. Vado avanti come un treno, non ho paura: posso perdere le elezioni — ma non preoccupatevi, le vinciamo — ma non la faccia. Vado avanti senza arretrare di un centimetro».
Ieri i compagni di nidiata di D’Attorre hanno salutato l’ex sodale senza fare un plissé. L’addio è un segno di «malessere» ma «si sta nel Pd, per me non c’è nessuna alternativa», ha spiegato Roberto Speranza, giurando che lui non se ne andrà «neanche con le cannonate». Barbara Pollastrini, dalemian-cuperliana, ha chiesto al segretario di «riflettere su come ristrutturare la casa, renderla aperta a un’idea di sinistra decisiva per cambiare dalla parte giusta».
Cruciali, anche nel partito di Renzi, le amministrative nelle grandi città governate dal centrosinistra: Milano, Roma, Torino, Bologna: se il Pd deciderà di rilanciare la coalizione o se Renzi vorrà sperimentare il ’partito della nazione’ pigliatutto e autosufficiente. Magari per prendere l’onda di una campagna elettorale lunga tutto il 2016: dalle amministrative di primavera fino al referendum costituzionale dell’autunno. Che, se tutto va bene (per lui) potrebbe portare persino alle politiche del 2017.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul rinnovo dei contratti agli statali, la proposta dei 5 euro al mese è uno schiaffo alla dignità.
Spero che la cosa non sia ignorata dai diretti interessati.
Spero che la cosa non sia ignorata dai diretti interessati.
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
_____________________
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Re: Diario della caduta di un regime.
20 febbraio 1958 la legge Merlin chiude le Case Chiuse.
20 ottobre 2015, riaprono le Case Chiuse.
Cicchitto: "Ora sciogliamo Ncd e andiamo con Renzi"
Fabrizio Cicchitto non usa giri di parole e traccia così il futuro del partito alfaniano
Mario Valenza - Lun, 19/10/2015 - 17:14
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 84418.html
20 ottobre 2015, riaprono le Case Chiuse.
Cicchitto: "Ora sciogliamo Ncd e andiamo con Renzi"
Fabrizio Cicchitto non usa giri di parole e traccia così il futuro del partito alfaniano
Mario Valenza - Lun, 19/10/2015 - 17:14
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 84418.html
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Re: Diario della caduta di un regime.
Nel Paese dei voltagabbana lo sport preferito é saltare sempre sul carro del vincitore.
23 ottobre 2015 | di Mario Ventriglia
Travaglio vs Rondolino: “Sei sempre d’accordo con tutti i governi”. “Ma, no. Sono dalemiano-berlusconiano”
“Non so come Fabrizio Rondolino riesca a farsi piacere tutti: lavora con Massimo D’Alema, poi passa a Mediaset e adesso gli piace Matteo Renzi. Stavi con D’Alema a Palazzo Chigi, stavi con D’Alema al Parlamento europeo, poi stavi al Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi. Te ne fossi mai accorto prima che questa classe politica faceva schifo, quando ci lavoravi tu e non dopo?”. Così il direttore de il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, durante la trasmissione “Otto e mezzo” (La7) spiega al diretto interessato perché abbia avuto sempre dei giudizi sferzanti contro di lui, culminati nell’editoriale “Rondolingua”, pubblicato lo scorso 29 settembre. Chiara la risposta di Rondolino: “Mai detto che facevano schifo, perché io sono dalemiano-berlusconiano”
Video
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/10/ ... no/430228/
23 ottobre 2015 | di Mario Ventriglia
Travaglio vs Rondolino: “Sei sempre d’accordo con tutti i governi”. “Ma, no. Sono dalemiano-berlusconiano”
“Non so come Fabrizio Rondolino riesca a farsi piacere tutti: lavora con Massimo D’Alema, poi passa a Mediaset e adesso gli piace Matteo Renzi. Stavi con D’Alema a Palazzo Chigi, stavi con D’Alema al Parlamento europeo, poi stavi al Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi. Te ne fossi mai accorto prima che questa classe politica faceva schifo, quando ci lavoravi tu e non dopo?”. Così il direttore de il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, durante la trasmissione “Otto e mezzo” (La7) spiega al diretto interessato perché abbia avuto sempre dei giudizi sferzanti contro di lui, culminati nell’editoriale “Rondolingua”, pubblicato lo scorso 29 settembre. Chiara la risposta di Rondolino: “Mai detto che facevano schifo, perché io sono dalemiano-berlusconiano”
Video
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/10/ ... no/430228/
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Re: Diario della caduta di un regime.
Come và la vostra memoria?
Eravate in Italia negli ultimi anni '80 e i primissimi anni '90, quando Mani pulite stava smantellando la Prima Repubblica?
Una settimana che si chiude, come questa, ricorda quei giorni. Nell'indifferenza generale.
- Il caso Visco(Ignazio) della Banda d'Italia.
- Corruzione, arrestata la direttrice del carcere minorile Beccaria
- Truffa servizio sanitario, ai domiciliari l’ex direttore Ospedale israelitico e presidente Inps Antonio Mastrapasqua
- Appalti Anas, chi è Accroglianò: la Zarina che maneggiava gli appalti e dava lezioni di corruzione
Oggi l'en plein. E' la volta dell'Inps.
News24
False assunzioni, perquisite sedi Inps Roma e Campania
23/10/2015 09:42
I carabinieri di Nocera Inferiore (Salerno) insieme al Ris di Roma, stanno eseguendo un decreto di perquisizione nella direzione generale dell'Inps emesso dalla procura salernitana e notificando un ordine di esibizione di documenti alle direzioni... I provvedimenti costituiscono una nuova tranche di indagine dell'inchiesta sulla costituzione di false aziende nel salernitano con migliaia di falsi rapporti di lavoro per ottenere erogazioni previdenziali e assistenziali dall'Inps indebite.
Giorni terribili, come allora. 23 anni fa.
Eravate in Italia negli ultimi anni '80 e i primissimi anni '90, quando Mani pulite stava smantellando la Prima Repubblica?
Una settimana che si chiude, come questa, ricorda quei giorni. Nell'indifferenza generale.
- Il caso Visco(Ignazio) della Banda d'Italia.
- Corruzione, arrestata la direttrice del carcere minorile Beccaria
- Truffa servizio sanitario, ai domiciliari l’ex direttore Ospedale israelitico e presidente Inps Antonio Mastrapasqua
- Appalti Anas, chi è Accroglianò: la Zarina che maneggiava gli appalti e dava lezioni di corruzione
Oggi l'en plein. E' la volta dell'Inps.
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False assunzioni, perquisite sedi Inps Roma e Campania
23/10/2015 09:42
I carabinieri di Nocera Inferiore (Salerno) insieme al Ris di Roma, stanno eseguendo un decreto di perquisizione nella direzione generale dell'Inps emesso dalla procura salernitana e notificando un ordine di esibizione di documenti alle direzioni... I provvedimenti costituiscono una nuova tranche di indagine dell'inchiesta sulla costituzione di false aziende nel salernitano con migliaia di falsi rapporti di lavoro per ottenere erogazioni previdenziali e assistenziali dall'Inps indebite.
Giorni terribili, come allora. 23 anni fa.
Chi c’è in linea
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