Francesco un papa ...Cristiano!
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
SFIDE
Capperi, che anno che si stà apparecchiando per il 2016!!!!!!!!!
Sarà un anno pieno di sfide. In tutti i campi.
Cominciamo da quello religioso della Chiesa Cattolica che avrà un inevitabile riverbero sulla società italiana.
L’avvento del Regno di Francesco si è fatto sentire eccome sulla scena politico-sociale italiana e mondiale.
Tanto che Marco Marzano si pone questa domanda a pagina 18 del suo libro “Inchiesta sui CATTOLICI ai tempi di Francesco”:
La domanda logica che tanti di noi si pongono è: cosa può fare papa Francesco per cambiare la situazione del cattolicesimo, per invertire la rotta che conduce al definitivo approdo alla “ chiesa settaria”?
Cominciamo col dire quel che un papa non può fare: non può invertire la tendenza profonda alla secolarizzazione, cioè al distacco crescente di tutti noi dalla tradizione ereditata dai padri, non può ricostruire la “catena di memoria tra le generazioni” definitivamente interrottasi per effetto dell’individualizzazione e della libertà religiosa. Questo compito non è realizzabile da un solo individuo, ma dipende da più ampi e generali processi storico-sociali. Quindi Francesco non può, contrariamente a quello che forse tanti oggi pensano attribuendogli improbabili virtù taumaturgico – carismatiche, tornare a riempire le chiese, impedire che i cattolici diventino nel nostro contesto almeno, un evangelico “piccolo resto”, una minoranza tra le altre, seppure importante.
efice romano può fare è cambiare radicalmente la risposta che la Chiesa fornisce al processo di secolarizzazione, ovvero può cercare di far cessare quell’atteggiamento difensivo che considera ogni cambiamento sociale un vulnus all’identità della Chiesa, una minaccia alla sua missione evangelizzatrice.
Quel che Francesco può fare, in altri termini, è trasformare davvero la Chiesa in un “ospedale da campo”, in un luogo dove per tutti, credenti e non credenti, obbedienti e critici, sicuri e dubbiosi, sia possibile essere accolti, dialogare, confrontarsi. Un luogo di civiltà. Per tutti. Al di là dei numeri degli arruolati, dei convertiti, degli intruppati.
Per far questo però ci vogliono riforme autentiche, decisioni che lascino il segno nella Chiesa a venire, nel mondo dopo di noi che verrà, dopo Francesco. I papi passano, le riforme restano.
^^^^^^^^
Non credo che Eugenio Scalfari abbia letto quanto scritto da Marco Marzano, sopra riportato, ma entrambi però vanno nella stessa direzione.
Scalfari ha definito Francesco un rivoluzionario, ed il papa ci si è riconosciuto in questa definizione.
Come potrete apprendere leggendo l’articolo di Scalfari siamo nuovamente di fronte alle convergenze parallele morotee di antica memoria.
Scalfari da laico non credente si muove nella stessa direzione di Francesco e quindi anche di Marzano.
Credenti e non credenti devono collaborare per ripristinare i valori fondanti della convivenza umana.
La Misericordia che è una virtù morale tenuta in grande considerazione dall'etica cristiana e si concreta in opere di pietà, non disturba affatto un laico non credente come Scalfari.
Scalfari intuisce che nell’opera evangelizzatrice di Francesco c’è anche un’opera politica. Quell’opera politica che doveva essere appannaggio della sinistra, ma che è morta con gli ultimi rappresentanti dell’ultimo ventennio.
E’ in questo tipo di incontri che si edifica mattone dopo mattone la società umana.
Tutto il resto ci porta alla distruzione del tessuto umano e infine alla guerra.
Spero di poterne discutere sul forum, perché la mia visione della vita va nella stessa direzione.
Solo discutendo possiamo capire cosa ci gravita attorno.
^^^^^^^^^
Repubblica 24.12.15
L’arma di Francesco per la pace nel mondo
Le conclusioni del Sinodo e il Giubileo indicano che cosa il pontefice mette al centro della cristianità. È una vera rivoluzione per realizzare l’incontro con la modernità
Misericordia
di Eugenio Scalfari
Il Sinodo si è chiuso in questi giorni e contemporaneamente si sono aperte le porte delle cattedrali e delle chiese di tutto il mondo cattolico per il Giubileo della Misericordia. Questa parola, misericordia, è stata messa da papa Francesco al centro della vita cristiana.
Lo è sempre stata, ma non con questa centralità.
Cito le frasi usate in proposito da Francesco perché sono molto significative e, leggendole con la dovuta attenzione, ci fanno comprendere con esattezza il senso del suo pontificato.
«Gesù è la Misericordia fatta carne, cioè rende visibile ai nostri occhi il grande mistero dell’Amore trinitario di Dio.
Gesù Cristo è il Dio misericordioso.
Anche la necessaria opera di rinnovamento delle istituzioni e delle strutture della Chiesa è un mezzo che deve condurci a fare l’esperienza viva e vivificante della misericordia di Dio.
Se dovessimo anche per un solo istante dimenticare la misericordia ogni nostro sforzo sarebbe vano
perché diventeremmo schiavi delle nostre istituzioni e delle nostre strutture, per quanto rinnovate possano essere. Saremo sempre schiavi».
Il 10 dicembre scorso ebbi dal Papa un’inattesa telefonata. Era tornato il giorno prima dal suo viaggio in Africa dove aveva aperto la prima porta del Giubileo. La telefonata cominciò con queste sue parole: «Pronto, sono un rivoluzionario ».
Poi mi raccontò la sua esperienza nelle regioni africane che aveva appena visto e dei milioni di fedeli che l’avevano accolto, ma quella parola l’aveva presa da un mio articolo in cui lo designavo così e lui ci si era riconosciuto.
Rivoluzionario va ben oltre la parola riformista e lui lo è e lo spiega quando, nella frase sopra citata, disse che Cristo è il Dio dell’amore e della misericordia e più oltre che se ci scordiamo per un solo istante della misericordia diventeremo schiavi delle istituzioni quand’anche fossero state riformate e rinnovate.
Questo insegnamento non è soltanto religioso, è anche culturale e perfino politico. Non a caso sono molte le persone, non solo nella nostra Italia ma in Europa e in tutto l’Occidente, che giudicano Francesco anche come uno spirito profetico che incide sulla politica, quella alta che si fonda sullo spirito civico e il bene di una Comunità.
I tempi sono tempestosi, chiedono anzi reclamano l’amore verso il prossimo più che verso se stessi, respingono l’indifferenza, sanzionano l’egoismo che ci rende schiavi di noi stessi, del potere, del fondamentalismo e del terrorismo che può derivarne.
La misericordia, da questo punto di vista, è rivoluzionaria, è il perdono, è la carità, è l’amore.
Si dovrebbe vivere dell’esperienza del passato, della speranza del futuro e si dovrebbe utilizzare il presente ed ogni suo attimo come momento per mettere in opera la misericordia.
È un discorso che vale per tutti, credenti e non credenti.
Viviamo una realtà d’un epoca assai critica.
Se dovessi dire in che cosa si distingue dalle altre direi che abbiamo abolito i tempi verbali che descrivevano la nostra vita: ignoriamo e vogliamo ignorare il passato e non siamo in grado di progettare il futuro; il presente lo usiamo per distruggere l’esistente, rottamarlo senza attingere al deposito d’esperienza né alla progettazione del futuro.
Sono sentimenti che stanno prevalendo in Occidente che fu invece, fino ad una trentina d’anni fa, la culla dello storicismo e della progettazione del futuro, fosse liberale o marxista.
Si dirà che si tratta di ideologie dando a questa parola un senso negativo che invece non ha: l’ideologia è una semplificazione culturale d’un valore o ideale che si voglia diffondere.
Tutto è ideologia, perfino una religione, con la differenza che l’ideologia religiosa pone al vertice una Divinità trascendente mentre un’ideologia laica non pensa ad una trascendenza ma semmai all’immanenza che si esprime col motto di Spinoza «Deus, sive Natura».
Papa Francesco ha la fede e predica la trascendenza, ma la sua rivoluzione misericordiosa vale – ed anche lui lo pensa e lo dice – anche per i non credenti se fanno propria la misericordia.
L’amore per se stessi è legittimo purché consideri ed applichi l’amore per gli altri e tanto più intenso è questo tanto più farà bene anche a quello.
Un vescovo di Roma che arriva a questa forma di predicazione rivoluzionaria e incide sulle strutture della Chiesa, sulla cultura, sulle coscienze che cercano e vogliono il bene comune e incide, per conseguenza, anche sulla politica, è un evento rarissimo.
La Chiesa ha avuto la fortuna di quattro Pontefici che si sono incamminati – pur con le differenze che hanno distinto l’uno dall’altro – sulla medesima strada: Giovanni XXIII che diede inizio al Concilio Vaticano II, Paolo VI che lo portò a termine e poi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI che cercarono di attuarne le prescrizioni.
Purtroppo questa loro azione non dette molti frutti e il motivo è chiaro: gran parte della Curia fece barriera contro le conclusioni del Concilio, in particolare contro la più importante che incoraggiava la Chiesa a confrontarsi con la modernità, a comprenderla e ad ammodernare la Chiesa stessa.
La lotta fu assai aspra e fu quella che costrinse Ratzinger a dimettersi: aveva ingaggiato quella battaglia ma era troppo debole fisicamente e psicologicamente per affrontarla.
Francesco è proprio questo che vuole: applicare le prescrizioni del Vaticano II e realizzare l’incontro con la modernità.
Questa è la sua rivoluzione: fare dell’Occidente secolarizzato il punto di confronto con la Chiesa della Misericordia.
Il che comporta una rivoluzione dentro la Chiesa e proprio adesso, con la fine del Sinodo e l’inizio del Giubileo, ha raggiunto il punto massimo di tensione.
Qui ci si gioca tutto e Francesco lo sa. Anche noi lo sappiamo.
Vogliamo la stessa cosa, combattiamo per la stessa rivoluzione, anche se camminiamo su due strade parallele.
Aldo Moro che la sapeva lunga in politica e anche in religione, aveva coniato il motto delle “convergenze parallele”.
Parlava di politica ma in certi casi riguarda tutto ciò che ha attinenza con la vita e quindi con l’azione, con il pensiero e con l’autocoscienza libera e consapevole.
***
Una delle differenze tra le persone, le culture, le civiltà, è il modo diverso di pensare.
I cloni possono essere studiati nei laboratori ma per fortuna non esistono in natura.
Noi siamo tutti diversi gli uni dagli altri e siamo altresì pieni di contraddizioni nell’interno di noi stessi.
Se differenze e contraddizioni oltrepassano un certo limite, si scivola nella guerra con tutto ciò che ne segue.
Ma poiché la diversità è insopprimibile bisogna “inculturare” le differenze.
Questa parola, “inculturare”, l’ha usata papa Francesco quando ha rilevato le notevoli differenze tra i vescovi del Sinodo, dovute non soltanto ai diversi modi di pensare ma anche alle profonde diversità dei luoghi dove sono nati e dove svolgono la loro azione pastorale.
Nel messaggio letto alla chiusura del Sinodo ai vescovi di tutto il mondo lì convenuti, Francesco ha detto: «Al di là delle questioni dogmatiche, abbiamo visto che quanto sembra normale ad un vescovo d’un continente può risultare strano e quasi scandaloso per il vescovo d’un altro continente.
In realtà le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale definito dalla Chiesa ha bisogno di essere inculturato se vuole essere osservato e applicato.
Si tratta insomma del radicamento del cristianesimo nelle varie culture umane.
L’inculturazione non indebolisce i valori perché essi si adattano senza scomparire, anzi trasformano pacificamente e gradualmente le varie culture».
Qui è Francesco il gesuita che utilizza il metodo insegnato dal fondatore della Compagnia di Gesù, Ignazio di Loyola: conoscere gli altri e costruire con loro un sistema per poter predicare e rafforzare la loro vocazione verso il Bene.
Ma c’è un altro aspetto specificatamente politico oltre che profondamente religioso, che Francesco porta avanti in nome del Dio unico che ispira profondamente il suo pensiero ed è l’affratellamento di tutte le religioni a cominciare dalle tre monoteistiche (ma non soltanto). Francesco affrontò questo tema nella riunione con gli esponenti delle tre religioni, l’ebraica, la musulmana e la cristiana, il 29 ottobre scorso ed elencò vari punti già indicati dal Vaticano II a proposito di quel tema: «La crescente interdipendenza tra i popoli.
La ricerca continua di un senso della vita, della sofferenza umana, della morte.
La comune origine e il comune destino dell’umanità.
L’unicità della famiglia umana.
Le religioni come ricerca di Dio all’interno delle vari etnie e culture.
La Chiesa è aperta al dialogo con tutti e giudica con stima i credenti di tutte le religioni apprezzando il loro impegno culturale e morale.
Possiamo camminare insieme prendendoci cura gli uni degli altri e del creato; insieme possiamo lodare il Creatore per averci dato il giardino del mondo da coltivare e custodire come un bene comune. Dio desidera e vuole che tutti gli uomini si riconoscano fratelli e vivano come tali formando la grande famiglia umana nell’armonia delle diversità ».
Sono dichiarazioni e indicazioni che vedono il male nel fondamentalismo ed il bene nel procedere come fratelli, non credenti compresi, come Francesco ci tiene spesso a ricordarci.
La lotta contro il terrorismo si può fare in tanti modi, con le armi, con il coraggio, con la preghiera.
Ma l’approccio del Papa a camminare insieme come fratelli è quello che può avere più ampia rispondenza e più duraturi effetti politici.
Desidero concludere queste osservazioni sull’obiettivo di Francesco da applicare in nome della misericordia le conclusioni del Vaticano II che vuole e deve incontrarsi con la modernità, segnalando un’opera affascinante, condotta da una grande esperta di storia dell’arte, Chiara Frugoni, con un libro intitolato Quale Francesco? edito dalla Einaudi.
La ricerca è effettuata sugli affreschi di Giotto nella chiesa di Assisi, dove si racconta quale sia la figura del santo. Una è quella del fraticello povero e umile tra confratelli altrettanto poveri ed umili; l’altra è d’un Francesco curiale, tra Pontefici, Cardinali e Cavalieri.
Due personaggi, un solo nome. Così è anche oggi: quale Francesco? Le figure giottesche sono magnifiche in entrambe le versioni, con profonde diversità tra loro.
La storia del santo di Assisi però ci tramanda un personaggio unico che, dopo essersi pentito d’una giovinezza alquanto agitata e peccatrice, non cambia più: i poveri, la povertà, la debolezza, l’esclusione, sono i requisiti per passare da primi la porta del paradiso, ma anche la fratellanza.
Non a caso Francesco aveva ordinato ai suoi frati di vivere anche tra non cristiani, senza liti e senza dispute, ritenendosi fratelli d’ogni creatura di Dio, quale che fosse il suo credo religioso a cominciare dai musulmani. La fratellanza, la misericordia.
Del resto basta leggere il Cantico delle creature. Non è col suo primo verso che papa Francesco ha intitolato la sua prima enciclica?
Buon Natale e buon anno. E che la fratellanza e l’amore del prossimo, la libertà e la giustizia abbiano la meglio su tutto il resto.
Capperi, che anno che si stà apparecchiando per il 2016!!!!!!!!!
Sarà un anno pieno di sfide. In tutti i campi.
Cominciamo da quello religioso della Chiesa Cattolica che avrà un inevitabile riverbero sulla società italiana.
L’avvento del Regno di Francesco si è fatto sentire eccome sulla scena politico-sociale italiana e mondiale.
Tanto che Marco Marzano si pone questa domanda a pagina 18 del suo libro “Inchiesta sui CATTOLICI ai tempi di Francesco”:
La domanda logica che tanti di noi si pongono è: cosa può fare papa Francesco per cambiare la situazione del cattolicesimo, per invertire la rotta che conduce al definitivo approdo alla “ chiesa settaria”?
Cominciamo col dire quel che un papa non può fare: non può invertire la tendenza profonda alla secolarizzazione, cioè al distacco crescente di tutti noi dalla tradizione ereditata dai padri, non può ricostruire la “catena di memoria tra le generazioni” definitivamente interrottasi per effetto dell’individualizzazione e della libertà religiosa. Questo compito non è realizzabile da un solo individuo, ma dipende da più ampi e generali processi storico-sociali. Quindi Francesco non può, contrariamente a quello che forse tanti oggi pensano attribuendogli improbabili virtù taumaturgico – carismatiche, tornare a riempire le chiese, impedire che i cattolici diventino nel nostro contesto almeno, un evangelico “piccolo resto”, una minoranza tra le altre, seppure importante.
efice romano può fare è cambiare radicalmente la risposta che la Chiesa fornisce al processo di secolarizzazione, ovvero può cercare di far cessare quell’atteggiamento difensivo che considera ogni cambiamento sociale un vulnus all’identità della Chiesa, una minaccia alla sua missione evangelizzatrice.
Quel che Francesco può fare, in altri termini, è trasformare davvero la Chiesa in un “ospedale da campo”, in un luogo dove per tutti, credenti e non credenti, obbedienti e critici, sicuri e dubbiosi, sia possibile essere accolti, dialogare, confrontarsi. Un luogo di civiltà. Per tutti. Al di là dei numeri degli arruolati, dei convertiti, degli intruppati.
Per far questo però ci vogliono riforme autentiche, decisioni che lascino il segno nella Chiesa a venire, nel mondo dopo di noi che verrà, dopo Francesco. I papi passano, le riforme restano.
^^^^^^^^
Non credo che Eugenio Scalfari abbia letto quanto scritto da Marco Marzano, sopra riportato, ma entrambi però vanno nella stessa direzione.
Scalfari ha definito Francesco un rivoluzionario, ed il papa ci si è riconosciuto in questa definizione.
Come potrete apprendere leggendo l’articolo di Scalfari siamo nuovamente di fronte alle convergenze parallele morotee di antica memoria.
Scalfari da laico non credente si muove nella stessa direzione di Francesco e quindi anche di Marzano.
Credenti e non credenti devono collaborare per ripristinare i valori fondanti della convivenza umana.
La Misericordia che è una virtù morale tenuta in grande considerazione dall'etica cristiana e si concreta in opere di pietà, non disturba affatto un laico non credente come Scalfari.
Scalfari intuisce che nell’opera evangelizzatrice di Francesco c’è anche un’opera politica. Quell’opera politica che doveva essere appannaggio della sinistra, ma che è morta con gli ultimi rappresentanti dell’ultimo ventennio.
E’ in questo tipo di incontri che si edifica mattone dopo mattone la società umana.
Tutto il resto ci porta alla distruzione del tessuto umano e infine alla guerra.
Spero di poterne discutere sul forum, perché la mia visione della vita va nella stessa direzione.
Solo discutendo possiamo capire cosa ci gravita attorno.
^^^^^^^^^
Repubblica 24.12.15
L’arma di Francesco per la pace nel mondo
Le conclusioni del Sinodo e il Giubileo indicano che cosa il pontefice mette al centro della cristianità. È una vera rivoluzione per realizzare l’incontro con la modernità
Misericordia
di Eugenio Scalfari
Il Sinodo si è chiuso in questi giorni e contemporaneamente si sono aperte le porte delle cattedrali e delle chiese di tutto il mondo cattolico per il Giubileo della Misericordia. Questa parola, misericordia, è stata messa da papa Francesco al centro della vita cristiana.
Lo è sempre stata, ma non con questa centralità.
Cito le frasi usate in proposito da Francesco perché sono molto significative e, leggendole con la dovuta attenzione, ci fanno comprendere con esattezza il senso del suo pontificato.
«Gesù è la Misericordia fatta carne, cioè rende visibile ai nostri occhi il grande mistero dell’Amore trinitario di Dio.
Gesù Cristo è il Dio misericordioso.
Anche la necessaria opera di rinnovamento delle istituzioni e delle strutture della Chiesa è un mezzo che deve condurci a fare l’esperienza viva e vivificante della misericordia di Dio.
Se dovessimo anche per un solo istante dimenticare la misericordia ogni nostro sforzo sarebbe vano
perché diventeremmo schiavi delle nostre istituzioni e delle nostre strutture, per quanto rinnovate possano essere. Saremo sempre schiavi».
Il 10 dicembre scorso ebbi dal Papa un’inattesa telefonata. Era tornato il giorno prima dal suo viaggio in Africa dove aveva aperto la prima porta del Giubileo. La telefonata cominciò con queste sue parole: «Pronto, sono un rivoluzionario ».
Poi mi raccontò la sua esperienza nelle regioni africane che aveva appena visto e dei milioni di fedeli che l’avevano accolto, ma quella parola l’aveva presa da un mio articolo in cui lo designavo così e lui ci si era riconosciuto.
Rivoluzionario va ben oltre la parola riformista e lui lo è e lo spiega quando, nella frase sopra citata, disse che Cristo è il Dio dell’amore e della misericordia e più oltre che se ci scordiamo per un solo istante della misericordia diventeremo schiavi delle istituzioni quand’anche fossero state riformate e rinnovate.
Questo insegnamento non è soltanto religioso, è anche culturale e perfino politico. Non a caso sono molte le persone, non solo nella nostra Italia ma in Europa e in tutto l’Occidente, che giudicano Francesco anche come uno spirito profetico che incide sulla politica, quella alta che si fonda sullo spirito civico e il bene di una Comunità.
I tempi sono tempestosi, chiedono anzi reclamano l’amore verso il prossimo più che verso se stessi, respingono l’indifferenza, sanzionano l’egoismo che ci rende schiavi di noi stessi, del potere, del fondamentalismo e del terrorismo che può derivarne.
La misericordia, da questo punto di vista, è rivoluzionaria, è il perdono, è la carità, è l’amore.
Si dovrebbe vivere dell’esperienza del passato, della speranza del futuro e si dovrebbe utilizzare il presente ed ogni suo attimo come momento per mettere in opera la misericordia.
È un discorso che vale per tutti, credenti e non credenti.
Viviamo una realtà d’un epoca assai critica.
Se dovessi dire in che cosa si distingue dalle altre direi che abbiamo abolito i tempi verbali che descrivevano la nostra vita: ignoriamo e vogliamo ignorare il passato e non siamo in grado di progettare il futuro; il presente lo usiamo per distruggere l’esistente, rottamarlo senza attingere al deposito d’esperienza né alla progettazione del futuro.
Sono sentimenti che stanno prevalendo in Occidente che fu invece, fino ad una trentina d’anni fa, la culla dello storicismo e della progettazione del futuro, fosse liberale o marxista.
Si dirà che si tratta di ideologie dando a questa parola un senso negativo che invece non ha: l’ideologia è una semplificazione culturale d’un valore o ideale che si voglia diffondere.
Tutto è ideologia, perfino una religione, con la differenza che l’ideologia religiosa pone al vertice una Divinità trascendente mentre un’ideologia laica non pensa ad una trascendenza ma semmai all’immanenza che si esprime col motto di Spinoza «Deus, sive Natura».
Papa Francesco ha la fede e predica la trascendenza, ma la sua rivoluzione misericordiosa vale – ed anche lui lo pensa e lo dice – anche per i non credenti se fanno propria la misericordia.
L’amore per se stessi è legittimo purché consideri ed applichi l’amore per gli altri e tanto più intenso è questo tanto più farà bene anche a quello.
Un vescovo di Roma che arriva a questa forma di predicazione rivoluzionaria e incide sulle strutture della Chiesa, sulla cultura, sulle coscienze che cercano e vogliono il bene comune e incide, per conseguenza, anche sulla politica, è un evento rarissimo.
La Chiesa ha avuto la fortuna di quattro Pontefici che si sono incamminati – pur con le differenze che hanno distinto l’uno dall’altro – sulla medesima strada: Giovanni XXIII che diede inizio al Concilio Vaticano II, Paolo VI che lo portò a termine e poi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI che cercarono di attuarne le prescrizioni.
Purtroppo questa loro azione non dette molti frutti e il motivo è chiaro: gran parte della Curia fece barriera contro le conclusioni del Concilio, in particolare contro la più importante che incoraggiava la Chiesa a confrontarsi con la modernità, a comprenderla e ad ammodernare la Chiesa stessa.
La lotta fu assai aspra e fu quella che costrinse Ratzinger a dimettersi: aveva ingaggiato quella battaglia ma era troppo debole fisicamente e psicologicamente per affrontarla.
Francesco è proprio questo che vuole: applicare le prescrizioni del Vaticano II e realizzare l’incontro con la modernità.
Questa è la sua rivoluzione: fare dell’Occidente secolarizzato il punto di confronto con la Chiesa della Misericordia.
Il che comporta una rivoluzione dentro la Chiesa e proprio adesso, con la fine del Sinodo e l’inizio del Giubileo, ha raggiunto il punto massimo di tensione.
Qui ci si gioca tutto e Francesco lo sa. Anche noi lo sappiamo.
Vogliamo la stessa cosa, combattiamo per la stessa rivoluzione, anche se camminiamo su due strade parallele.
Aldo Moro che la sapeva lunga in politica e anche in religione, aveva coniato il motto delle “convergenze parallele”.
Parlava di politica ma in certi casi riguarda tutto ciò che ha attinenza con la vita e quindi con l’azione, con il pensiero e con l’autocoscienza libera e consapevole.
***
Una delle differenze tra le persone, le culture, le civiltà, è il modo diverso di pensare.
I cloni possono essere studiati nei laboratori ma per fortuna non esistono in natura.
Noi siamo tutti diversi gli uni dagli altri e siamo altresì pieni di contraddizioni nell’interno di noi stessi.
Se differenze e contraddizioni oltrepassano un certo limite, si scivola nella guerra con tutto ciò che ne segue.
Ma poiché la diversità è insopprimibile bisogna “inculturare” le differenze.
Questa parola, “inculturare”, l’ha usata papa Francesco quando ha rilevato le notevoli differenze tra i vescovi del Sinodo, dovute non soltanto ai diversi modi di pensare ma anche alle profonde diversità dei luoghi dove sono nati e dove svolgono la loro azione pastorale.
Nel messaggio letto alla chiusura del Sinodo ai vescovi di tutto il mondo lì convenuti, Francesco ha detto: «Al di là delle questioni dogmatiche, abbiamo visto che quanto sembra normale ad un vescovo d’un continente può risultare strano e quasi scandaloso per il vescovo d’un altro continente.
In realtà le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale definito dalla Chiesa ha bisogno di essere inculturato se vuole essere osservato e applicato.
Si tratta insomma del radicamento del cristianesimo nelle varie culture umane.
L’inculturazione non indebolisce i valori perché essi si adattano senza scomparire, anzi trasformano pacificamente e gradualmente le varie culture».
Qui è Francesco il gesuita che utilizza il metodo insegnato dal fondatore della Compagnia di Gesù, Ignazio di Loyola: conoscere gli altri e costruire con loro un sistema per poter predicare e rafforzare la loro vocazione verso il Bene.
Ma c’è un altro aspetto specificatamente politico oltre che profondamente religioso, che Francesco porta avanti in nome del Dio unico che ispira profondamente il suo pensiero ed è l’affratellamento di tutte le religioni a cominciare dalle tre monoteistiche (ma non soltanto). Francesco affrontò questo tema nella riunione con gli esponenti delle tre religioni, l’ebraica, la musulmana e la cristiana, il 29 ottobre scorso ed elencò vari punti già indicati dal Vaticano II a proposito di quel tema: «La crescente interdipendenza tra i popoli.
La ricerca continua di un senso della vita, della sofferenza umana, della morte.
La comune origine e il comune destino dell’umanità.
L’unicità della famiglia umana.
Le religioni come ricerca di Dio all’interno delle vari etnie e culture.
La Chiesa è aperta al dialogo con tutti e giudica con stima i credenti di tutte le religioni apprezzando il loro impegno culturale e morale.
Possiamo camminare insieme prendendoci cura gli uni degli altri e del creato; insieme possiamo lodare il Creatore per averci dato il giardino del mondo da coltivare e custodire come un bene comune. Dio desidera e vuole che tutti gli uomini si riconoscano fratelli e vivano come tali formando la grande famiglia umana nell’armonia delle diversità ».
Sono dichiarazioni e indicazioni che vedono il male nel fondamentalismo ed il bene nel procedere come fratelli, non credenti compresi, come Francesco ci tiene spesso a ricordarci.
La lotta contro il terrorismo si può fare in tanti modi, con le armi, con il coraggio, con la preghiera.
Ma l’approccio del Papa a camminare insieme come fratelli è quello che può avere più ampia rispondenza e più duraturi effetti politici.
Desidero concludere queste osservazioni sull’obiettivo di Francesco da applicare in nome della misericordia le conclusioni del Vaticano II che vuole e deve incontrarsi con la modernità, segnalando un’opera affascinante, condotta da una grande esperta di storia dell’arte, Chiara Frugoni, con un libro intitolato Quale Francesco? edito dalla Einaudi.
La ricerca è effettuata sugli affreschi di Giotto nella chiesa di Assisi, dove si racconta quale sia la figura del santo. Una è quella del fraticello povero e umile tra confratelli altrettanto poveri ed umili; l’altra è d’un Francesco curiale, tra Pontefici, Cardinali e Cavalieri.
Due personaggi, un solo nome. Così è anche oggi: quale Francesco? Le figure giottesche sono magnifiche in entrambe le versioni, con profonde diversità tra loro.
La storia del santo di Assisi però ci tramanda un personaggio unico che, dopo essersi pentito d’una giovinezza alquanto agitata e peccatrice, non cambia più: i poveri, la povertà, la debolezza, l’esclusione, sono i requisiti per passare da primi la porta del paradiso, ma anche la fratellanza.
Non a caso Francesco aveva ordinato ai suoi frati di vivere anche tra non cristiani, senza liti e senza dispute, ritenendosi fratelli d’ogni creatura di Dio, quale che fosse il suo credo religioso a cominciare dai musulmani. La fratellanza, la misericordia.
Del resto basta leggere il Cantico delle creature. Non è col suo primo verso che papa Francesco ha intitolato la sua prima enciclica?
Buon Natale e buon anno. E che la fratellanza e l’amore del prossimo, la libertà e la giustizia abbiano la meglio su tutto il resto.
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Francesco un papa ...Cristiano!
VISTI DA LONTANO
Ma siamo sicuri che il Giubileo, sia un evento religioso?
Crozza a proposito della porta santa, sosteneva che entri dell'Utri ed esci Gino Strada.
Il Fatto 27.12.15
Il Giubileo non tira: flop per hotel e ristoranti
Affari in fumo Si sognava il rilancio ma va peggio del 2014: dopo gli attentati di Parigi, ovunque calano le prenotazioni
di Antonio Monti
Più che della misericordia, per ora è il Giubileo della paura. E degli affari andati in fumo. Roma è arrivata impreparata all’Anno Santo, tra servizi pubblici mal ridotti e cantieri di manutenzione urbana in parte ancora da iniziare. Gli attentati di Parigi hanno fatto il resto. Da settimane le basiliche giubilari, i quartieri adiacenti e il centro storico regalano scorci insoliti: pochi fedeli in coda per passare al metal detector prima che alle Porte Sante, piazze semideserte ma blindate dalla polizia e negozi vuoti. Il Natale non ha invertito la tendenza.
A PAGARE il conto dell’onda lunga del terrorismo sono soprattutto le attività commerciali: hotel, bed & breakfast, case vacanze e ristoranti. Oltre il 70 per cento delle imprese romane, rivela uno studio della Confcommercio Roma, pensa che il Giubileo non sarà un’occasione per migliorare la propria attività, mentre 6 su 10 temono profitti invariati per il 2016. “L’annuncio dell’evento aveva creato molte aspettative, più passa il tempo più le imprese stanno perdendo la speranza”, ammette sconsolato Rosario Cerra, presidente del’associazione di categoria. Insomma, niente miracolo economico grazie all’Anno Santo. Eppure qualcuno ci aveva investito sul serio. “Ho rilevato questo negozio a maggio, anche in vista del Giubileo”, racconta amareggiato Max, titolare di un chiosco bar in viale Giulio Cesare, a due passi da San Pietro, “ci aspettavamo tutti di trovarci invasi da pellegrini e invece l’8 dicembre è stata la peggiore giornata da quando ho aperto”.
MAX È IN OTTIMA compagnia: secondo la Confesercenti, dopo gli attentati di Parigi, nei ristoranti della Capitale le prenotazioni sono calate quasi del 30 per cento. Non va meglio per le attività ricettive. Federalberghi Roma stima un -5% di prenotazioni rispetto al dicembre 2014. “Il momento è negativo, la combinazione allerta terrorismo e Giubileo ha prodotto il 5 per cento di cancellazioni, rallentano anche le prenotazioni per i prossimi mesi”, spiega Annamaria dell’Hotel Mozart, vicino a piazza di Spagna, in pieno centro. Non pagano nemmeno le date simbolo dell’anno giubilare: “La notte tra l’8 e il 9 dicembre – prosegue – avevamo 30 camere disponibili su 56. Difficile attrarre turisti in una città che non programma servizi per loro. A pochi giorni dal Capodanno ancora non sappiamo chi suonerà al concerto di piazza. Che pacchetti vendiamo?”.
STESSA MUSICA per lo Scout Center di piazza Bologna, un ostello da 130 posti letto: il giorno prima dell’apertura della Porta Santa solo 20 erano occupati. Quasi rassegnata Emma, titolare di un b&b in piazza Risorgimento, a ridosso del Vaticano: “Il giorno dell’apertura non avevo proprio clienti, è un dicembre peggiore alla media, speriamo nella stagione primaverile”.
La diaspora dei pellegrini ha svuotato anche Borgo Pio, elegante strada pedonale che termina a ridosso del colonnato di San Pietro. Qui pizzerie a taglio, bistrot e caffetterie si contendono i pochi clienti. “Le misure di sicurezza non ci favoriscono, il percorso stabilito per i pellegrini qui non li fa più transitare” lamenta un gelataio. Caustica la farmacista della zona: “La paura degli attentati ha fatto fuggire tutti, se solo penso che per esequie di Papa Wojtyla mi sono fatta aiutare dalla forza pubblica per chiudere il negozio, tanta era la gente in strada”. Altro Papa, altro evento. Per ora la paura del terrorismo prevale sull’indulgenza plenaria.
Ma siamo sicuri che il Giubileo, sia un evento religioso?
Crozza a proposito della porta santa, sosteneva che entri dell'Utri ed esci Gino Strada.
Il Fatto 27.12.15
Il Giubileo non tira: flop per hotel e ristoranti
Affari in fumo Si sognava il rilancio ma va peggio del 2014: dopo gli attentati di Parigi, ovunque calano le prenotazioni
di Antonio Monti
Più che della misericordia, per ora è il Giubileo della paura. E degli affari andati in fumo. Roma è arrivata impreparata all’Anno Santo, tra servizi pubblici mal ridotti e cantieri di manutenzione urbana in parte ancora da iniziare. Gli attentati di Parigi hanno fatto il resto. Da settimane le basiliche giubilari, i quartieri adiacenti e il centro storico regalano scorci insoliti: pochi fedeli in coda per passare al metal detector prima che alle Porte Sante, piazze semideserte ma blindate dalla polizia e negozi vuoti. Il Natale non ha invertito la tendenza.
A PAGARE il conto dell’onda lunga del terrorismo sono soprattutto le attività commerciali: hotel, bed & breakfast, case vacanze e ristoranti. Oltre il 70 per cento delle imprese romane, rivela uno studio della Confcommercio Roma, pensa che il Giubileo non sarà un’occasione per migliorare la propria attività, mentre 6 su 10 temono profitti invariati per il 2016. “L’annuncio dell’evento aveva creato molte aspettative, più passa il tempo più le imprese stanno perdendo la speranza”, ammette sconsolato Rosario Cerra, presidente del’associazione di categoria. Insomma, niente miracolo economico grazie all’Anno Santo. Eppure qualcuno ci aveva investito sul serio. “Ho rilevato questo negozio a maggio, anche in vista del Giubileo”, racconta amareggiato Max, titolare di un chiosco bar in viale Giulio Cesare, a due passi da San Pietro, “ci aspettavamo tutti di trovarci invasi da pellegrini e invece l’8 dicembre è stata la peggiore giornata da quando ho aperto”.
MAX È IN OTTIMA compagnia: secondo la Confesercenti, dopo gli attentati di Parigi, nei ristoranti della Capitale le prenotazioni sono calate quasi del 30 per cento. Non va meglio per le attività ricettive. Federalberghi Roma stima un -5% di prenotazioni rispetto al dicembre 2014. “Il momento è negativo, la combinazione allerta terrorismo e Giubileo ha prodotto il 5 per cento di cancellazioni, rallentano anche le prenotazioni per i prossimi mesi”, spiega Annamaria dell’Hotel Mozart, vicino a piazza di Spagna, in pieno centro. Non pagano nemmeno le date simbolo dell’anno giubilare: “La notte tra l’8 e il 9 dicembre – prosegue – avevamo 30 camere disponibili su 56. Difficile attrarre turisti in una città che non programma servizi per loro. A pochi giorni dal Capodanno ancora non sappiamo chi suonerà al concerto di piazza. Che pacchetti vendiamo?”.
STESSA MUSICA per lo Scout Center di piazza Bologna, un ostello da 130 posti letto: il giorno prima dell’apertura della Porta Santa solo 20 erano occupati. Quasi rassegnata Emma, titolare di un b&b in piazza Risorgimento, a ridosso del Vaticano: “Il giorno dell’apertura non avevo proprio clienti, è un dicembre peggiore alla media, speriamo nella stagione primaverile”.
La diaspora dei pellegrini ha svuotato anche Borgo Pio, elegante strada pedonale che termina a ridosso del colonnato di San Pietro. Qui pizzerie a taglio, bistrot e caffetterie si contendono i pochi clienti. “Le misure di sicurezza non ci favoriscono, il percorso stabilito per i pellegrini qui non li fa più transitare” lamenta un gelataio. Caustica la farmacista della zona: “La paura degli attentati ha fatto fuggire tutti, se solo penso che per esequie di Papa Wojtyla mi sono fatta aiutare dalla forza pubblica per chiudere il negozio, tanta era la gente in strada”. Altro Papa, altro evento. Per ora la paura del terrorismo prevale sull’indulgenza plenaria.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Questo sarà un anno di sfide in mezzo al kaos.
Questo articolo su Biglino, comparso su LIBRE nel giorno di Natale, non può lasciare indiferente nessuno della comunità dei credenti, degli agnostici e degli atei.
Bibbia senza Dio? Biglino è un pazzo. E buon Natale a tutti
Scritto il 25/12/15 • LIBRE nella Categoria: segnalazioni
«Se dovesse succedermi qualcosa non potrò farci niente. Io devo andare avanti col mio lavoro senza condizionamenti esterni».
Risponde così, Mauro Biglino, quando gli si chiede se teme per la propria vita: perché, dopo esser stato minacciato e calunniato – nel tentativo di screditare più la persona, che non le idee – niente può essere escluso, scrive Simone Cosimelli sul blog “Mi faccio di cultura”.
E si domanda: «Ma chi è questo torinese dallo sguardo severo, gli occhi temerari e il sorriso facile?».
Risposta: «Mauro Biglino è un pazzo. Un anarchico curioso. Un visionario errante».
È uno che, dopo aver studiato una vita, ed essere finito a tradurre 19 libri dell’Antico Testamento per le prestigiose Edizioni San Paolo, la più importante casa editrice cattolica italiana, direttamente subordinata al Vaticano, un giorno, deliberatamente, «ha perso il senno (e il lavoro, ovviamente)».
Pazza idea, prendere la Bibbia alla lettera?
Rispettiamola, dice l’autore: e scopriremo che racconta solo di guerre feroci, volute da un certo Jahvè, che poi i teologi hanno deciso di chiamare “Dio” mentre, secondo la Bibbia, era solo uno degli Elohim, uno dei tanti, e neppure tra i più importanti.
Elohim? «Non traduciamo questa parola, perché nessuno al mondo sa cosa voglia dire», ripete Biglino nelle affollatissime conferenze che tiene in tutta Italia. Peggio: «Nella Bibbia non esitono i concetti di Dio, creazione ed eternità. L’ebraico antico non ha una sola parola che significhi “Dio”. E i teologi hanno sempre tradotto “olàm”, cioè “tempo molto lungo”, con “eternità”», cioè assenza di tempo. «E hanno tradotto il verbo “barà”, modificare, con “creare dal nulla”». Non è finita: i Cherubini sono mezzi meccanici, «come gli ebrei hanno sempre saputo, grazie al Talmud», e i Malàch – angeli, in greco – non sono graziose creature alate ma cattivi soggetti, i temuti ufficiali degli Elohim. La Bibbia, dice Biglino, scrive che l’Elohim chiamato Jahvè si spostava a bordo del “kavòd”, un veicolo rumoroso e pericoloso, al cui passaggio si levava un gran vento (“ruach”). Traduzione teologica: il “kavòd” di Jahvè diventa “la gloria di Dio”, e di conseguenza il “ruach” cessa di essere un ventaccio e si trasforma in “spirito” (di Dio, ovviamente). «Ovvio: se introduci il soprannaturale, che nella Bibbia non c’è, poi devi scrivere migliaia di trattati inventando spiegazioni».
La “colpa” di Biglino, scrive Cosimelli, è quella di aver svelato che la Bibbia non è un libro sacro. E poi «ha cominciato a fantasticare riguardo la possibilità di influenze concrete di individui alieni (nell’accezione latina del termine) che avrebbero avuto un’incidenza significativa nello sviluppo della civiltà umana, se non addirittura nel definitivo salto evolutivo che ha condotto all’homo sapiens». L’autore lo spiega, portando prove: alcuni genetisti cominciano a dar credito ai libri antichi – presi alla lettera – perché potrebbero spiegare l’inspiegabile, ovvero il salto, nel nostro Dna, di svariate sequenze geniche, non rintracciabili nelle specie evolutivamente più prossime a noi. «La Genesi dice, in modo esplicito, che gli Elohim “fabbricarono” l’Adàm nel loro laboratorio, il Gan-Eden». Siamo ibridi semi-extraterrestri? «La nostra è l’unica specie vivente che, allo stato di natura, non potrebbe sopravvivere un solo giorno», dice Biglino. «Ogni altro animale sa nutrirsi e proteggersi dal freddo usando solo il proprio corpo, noi invece abbiamo bisogno di armi, indumenti, utensili».
«Mauro Biglino è un pazzo», scrive Cosimelli. «Perché, attraverso la filologia e la profonda conoscenza della storia delle religioni, sta scardinando il concetto stesso del monoteismo, sta rivoltando il significato della Bibbia traducendola alla lettera e allontanando dogmi, simbolismi e artefatti teologici che per secoli sono stati propinati da sacerdoti, inquisitori e supposti uomini di fede: e che ancora oggi sono considerati inoppugnabili». Da cinque anni lo studioso torinese scrive libri con ritmo sorprendente, tradotti in paesi diversi (gli ultimi due, dal titolo emblematico, “La Bibbia non parla di Dio” e “L’invenzione di Dio”), e le sue conferenze in tutta Italia, a ciclo continuo, sono affollatissime. «L’effetto che produce su chi lo segue, o chi lo teme, è sempre lo stesso: destabilizzante». Nella Bibbia, letta testualmente, «non ci sarebbe nessun Dio onnisciente e onnipresente, non ci sarebbe nessuna creazione dal nulla, non ci sarebbe traccia dell’eternità». Tutt’altro: non uno ma più dèi, gli Elohim, in realtà semidei non immortali, proprio come i semidei omerici. L’Antico Testamento? «Non si sa chi l’abbia scritto, né quando, né in che lingua. L’unica cosa certa è che la versione attuale, riscritta da il VI e il IX secolo dopo Cristo, epoca Carlomagno, non è certo l’originale».
Un libro riscritto continuamente, a più mani, per secoli. Peraltro sembra la copia dei miti fondativi della cività sumera, che gli ebrei conobbero durante la “cattività babilonese”. Solo che per i teologi quella dei Sumeri (l’originale) è leggenda, mentre la Bibbia (la copia) è un libro autentico, nonché sacro, addirittura proveniente da Dio. Peccato racconti la medesima storia, dice Biglino: cambia solo il nome dei potenti signori dell’epoca, gli Annunaki sumeri diventano gli Elohim biblici. Nient’altro che «un grande inganno, sotto cui organismi monarchici e oscurantisti sono nati, si sono strutturati, ramificati, e hanno sperperato, defraudato e ucciso per motivazioni di natura più secolare che spirituale», scrive ancora Cosimelli. «Mauro Biglino è un pazzo. Perché considera la Bibbia l’asse portante di un castello di carte destinato a crollare: e, sapendo questo, la svuota del suo atavico valore. Lo fa con la precisione cinica delle traduzioni letterali, lo fa svelando contraddizioni e incongruenze da sempre celate e tenute ben lontane dagli occhi indiscreti dei più». Un libro “aggiustato”, manipolato, ritoccato con aggiunte e omissioni.
«Professori universitari da Gerusalemme a Los Angeles assecondano queste tesi», continua Cosimelli. «Rabbini dalle reticenti risposte o infervorati esegeti ebrei – cioè chi più di altri può a ragione occuparsi dell’Antico Testamento – ritengono esatto buona parte del lavoro presentato da Biglino. E la scienza sembra confermare ipotesi ardite, al limite del possibile». Biglino? «E’ un pazzo, perché ipotizza che la Bibbia sia stata concepita e scritta come un libro cronachistico inteso a narrare eventi realmente accaduti, in tempi in cui gli Elohim favorirono, o assoggettarono, gli uomini». Sicché, «dogmi, simbolismi e allegorie spirituali non c’entrerebbero nulla col testo». Il concetto di monoteismo, sorto intorno al V secolo prima di Cristo «sarebbe stato – e si sarebbe rivelato – il più efficiente e gravoso sistema di controllo delle masse». Le tesi di Biglino, insiste Cosimelli, «attaccano integralmente il paradigma attorno cui si è sviluppata la cultura umana moderna: è il –teismo ad entrare in crisi». La forza di questo autore? «Va oltre la competenza: la si trova nella ferrea umiltà di non imporre la propria verità a nessuno che non voglia ascoltarla, pur difendendo quest’ultima a spada tratta».
Inoltre, Biglino è riuscito a «far assurgere il dibattito a livello accademico, cercando di aprire al pubblico con criterio». Ad oggi, peraltro, nessuno ha potuto smentirlo. Dove arriverà? «Difficile dirlo. Sembra essere la passione a spingerlo, non il protagonismo». Ecco perché «Mauro Biglino è un pazzo. E un eretico», ben sapendo che «se non fosse stato per le eresie, la Terra oggi sarebbe ancora piatta». Jahvé, cioè il Dio signore del cielo e creatore della Terra? «Non per la Bibbia». Attenzione, avverte Biglino: «Io non entro nel problema di Dio, mi limito a dire che è la Bibbia a non parlarne». Nel libro “La Bibbia non è un libro sacro”, scriove: «La realtà testuale si trova sotto i nostri occhi, in superfice, e, proprio per questo, è stata coperta da spesse coltri di invenzioni ed elaborazioni, arricchita da attribuzioni di nebbiose valenze misteriche. Questo è stato fatto perché su quella storia, conosciuta nella sua autentica sostanza scritturale, non si sarebbe potuto costruire nulla: né religioni, né ideologie nazionaliste, né sistemi di potere». E buon Natale a tutti.
Questo articolo su Biglino, comparso su LIBRE nel giorno di Natale, non può lasciare indiferente nessuno della comunità dei credenti, degli agnostici e degli atei.
Bibbia senza Dio? Biglino è un pazzo. E buon Natale a tutti
Scritto il 25/12/15 • LIBRE nella Categoria: segnalazioni
«Se dovesse succedermi qualcosa non potrò farci niente. Io devo andare avanti col mio lavoro senza condizionamenti esterni».
Risponde così, Mauro Biglino, quando gli si chiede se teme per la propria vita: perché, dopo esser stato minacciato e calunniato – nel tentativo di screditare più la persona, che non le idee – niente può essere escluso, scrive Simone Cosimelli sul blog “Mi faccio di cultura”.
E si domanda: «Ma chi è questo torinese dallo sguardo severo, gli occhi temerari e il sorriso facile?».
Risposta: «Mauro Biglino è un pazzo. Un anarchico curioso. Un visionario errante».
È uno che, dopo aver studiato una vita, ed essere finito a tradurre 19 libri dell’Antico Testamento per le prestigiose Edizioni San Paolo, la più importante casa editrice cattolica italiana, direttamente subordinata al Vaticano, un giorno, deliberatamente, «ha perso il senno (e il lavoro, ovviamente)».
Pazza idea, prendere la Bibbia alla lettera?
Rispettiamola, dice l’autore: e scopriremo che racconta solo di guerre feroci, volute da un certo Jahvè, che poi i teologi hanno deciso di chiamare “Dio” mentre, secondo la Bibbia, era solo uno degli Elohim, uno dei tanti, e neppure tra i più importanti.
Elohim? «Non traduciamo questa parola, perché nessuno al mondo sa cosa voglia dire», ripete Biglino nelle affollatissime conferenze che tiene in tutta Italia. Peggio: «Nella Bibbia non esitono i concetti di Dio, creazione ed eternità. L’ebraico antico non ha una sola parola che significhi “Dio”. E i teologi hanno sempre tradotto “olàm”, cioè “tempo molto lungo”, con “eternità”», cioè assenza di tempo. «E hanno tradotto il verbo “barà”, modificare, con “creare dal nulla”». Non è finita: i Cherubini sono mezzi meccanici, «come gli ebrei hanno sempre saputo, grazie al Talmud», e i Malàch – angeli, in greco – non sono graziose creature alate ma cattivi soggetti, i temuti ufficiali degli Elohim. La Bibbia, dice Biglino, scrive che l’Elohim chiamato Jahvè si spostava a bordo del “kavòd”, un veicolo rumoroso e pericoloso, al cui passaggio si levava un gran vento (“ruach”). Traduzione teologica: il “kavòd” di Jahvè diventa “la gloria di Dio”, e di conseguenza il “ruach” cessa di essere un ventaccio e si trasforma in “spirito” (di Dio, ovviamente). «Ovvio: se introduci il soprannaturale, che nella Bibbia non c’è, poi devi scrivere migliaia di trattati inventando spiegazioni».
La “colpa” di Biglino, scrive Cosimelli, è quella di aver svelato che la Bibbia non è un libro sacro. E poi «ha cominciato a fantasticare riguardo la possibilità di influenze concrete di individui alieni (nell’accezione latina del termine) che avrebbero avuto un’incidenza significativa nello sviluppo della civiltà umana, se non addirittura nel definitivo salto evolutivo che ha condotto all’homo sapiens». L’autore lo spiega, portando prove: alcuni genetisti cominciano a dar credito ai libri antichi – presi alla lettera – perché potrebbero spiegare l’inspiegabile, ovvero il salto, nel nostro Dna, di svariate sequenze geniche, non rintracciabili nelle specie evolutivamente più prossime a noi. «La Genesi dice, in modo esplicito, che gli Elohim “fabbricarono” l’Adàm nel loro laboratorio, il Gan-Eden». Siamo ibridi semi-extraterrestri? «La nostra è l’unica specie vivente che, allo stato di natura, non potrebbe sopravvivere un solo giorno», dice Biglino. «Ogni altro animale sa nutrirsi e proteggersi dal freddo usando solo il proprio corpo, noi invece abbiamo bisogno di armi, indumenti, utensili».
«Mauro Biglino è un pazzo», scrive Cosimelli. «Perché, attraverso la filologia e la profonda conoscenza della storia delle religioni, sta scardinando il concetto stesso del monoteismo, sta rivoltando il significato della Bibbia traducendola alla lettera e allontanando dogmi, simbolismi e artefatti teologici che per secoli sono stati propinati da sacerdoti, inquisitori e supposti uomini di fede: e che ancora oggi sono considerati inoppugnabili». Da cinque anni lo studioso torinese scrive libri con ritmo sorprendente, tradotti in paesi diversi (gli ultimi due, dal titolo emblematico, “La Bibbia non parla di Dio” e “L’invenzione di Dio”), e le sue conferenze in tutta Italia, a ciclo continuo, sono affollatissime. «L’effetto che produce su chi lo segue, o chi lo teme, è sempre lo stesso: destabilizzante». Nella Bibbia, letta testualmente, «non ci sarebbe nessun Dio onnisciente e onnipresente, non ci sarebbe nessuna creazione dal nulla, non ci sarebbe traccia dell’eternità». Tutt’altro: non uno ma più dèi, gli Elohim, in realtà semidei non immortali, proprio come i semidei omerici. L’Antico Testamento? «Non si sa chi l’abbia scritto, né quando, né in che lingua. L’unica cosa certa è che la versione attuale, riscritta da il VI e il IX secolo dopo Cristo, epoca Carlomagno, non è certo l’originale».
Un libro riscritto continuamente, a più mani, per secoli. Peraltro sembra la copia dei miti fondativi della cività sumera, che gli ebrei conobbero durante la “cattività babilonese”. Solo che per i teologi quella dei Sumeri (l’originale) è leggenda, mentre la Bibbia (la copia) è un libro autentico, nonché sacro, addirittura proveniente da Dio. Peccato racconti la medesima storia, dice Biglino: cambia solo il nome dei potenti signori dell’epoca, gli Annunaki sumeri diventano gli Elohim biblici. Nient’altro che «un grande inganno, sotto cui organismi monarchici e oscurantisti sono nati, si sono strutturati, ramificati, e hanno sperperato, defraudato e ucciso per motivazioni di natura più secolare che spirituale», scrive ancora Cosimelli. «Mauro Biglino è un pazzo. Perché considera la Bibbia l’asse portante di un castello di carte destinato a crollare: e, sapendo questo, la svuota del suo atavico valore. Lo fa con la precisione cinica delle traduzioni letterali, lo fa svelando contraddizioni e incongruenze da sempre celate e tenute ben lontane dagli occhi indiscreti dei più». Un libro “aggiustato”, manipolato, ritoccato con aggiunte e omissioni.
«Professori universitari da Gerusalemme a Los Angeles assecondano queste tesi», continua Cosimelli. «Rabbini dalle reticenti risposte o infervorati esegeti ebrei – cioè chi più di altri può a ragione occuparsi dell’Antico Testamento – ritengono esatto buona parte del lavoro presentato da Biglino. E la scienza sembra confermare ipotesi ardite, al limite del possibile». Biglino? «E’ un pazzo, perché ipotizza che la Bibbia sia stata concepita e scritta come un libro cronachistico inteso a narrare eventi realmente accaduti, in tempi in cui gli Elohim favorirono, o assoggettarono, gli uomini». Sicché, «dogmi, simbolismi e allegorie spirituali non c’entrerebbero nulla col testo». Il concetto di monoteismo, sorto intorno al V secolo prima di Cristo «sarebbe stato – e si sarebbe rivelato – il più efficiente e gravoso sistema di controllo delle masse». Le tesi di Biglino, insiste Cosimelli, «attaccano integralmente il paradigma attorno cui si è sviluppata la cultura umana moderna: è il –teismo ad entrare in crisi». La forza di questo autore? «Va oltre la competenza: la si trova nella ferrea umiltà di non imporre la propria verità a nessuno che non voglia ascoltarla, pur difendendo quest’ultima a spada tratta».
Inoltre, Biglino è riuscito a «far assurgere il dibattito a livello accademico, cercando di aprire al pubblico con criterio». Ad oggi, peraltro, nessuno ha potuto smentirlo. Dove arriverà? «Difficile dirlo. Sembra essere la passione a spingerlo, non il protagonismo». Ecco perché «Mauro Biglino è un pazzo. E un eretico», ben sapendo che «se non fosse stato per le eresie, la Terra oggi sarebbe ancora piatta». Jahvé, cioè il Dio signore del cielo e creatore della Terra? «Non per la Bibbia». Attenzione, avverte Biglino: «Io non entro nel problema di Dio, mi limito a dire che è la Bibbia a non parlarne». Nel libro “La Bibbia non è un libro sacro”, scriove: «La realtà testuale si trova sotto i nostri occhi, in superfice, e, proprio per questo, è stata coperta da spesse coltri di invenzioni ed elaborazioni, arricchita da attribuzioni di nebbiose valenze misteriche. Questo è stato fatto perché su quella storia, conosciuta nella sua autentica sostanza scritturale, non si sarebbe potuto costruire nulla: né religioni, né ideologie nazionaliste, né sistemi di potere». E buon Natale a tutti.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Caro camillobenso, non so quanto possa essere ritenuto pertinente... ma mi è tornato in mente un passaggioPazza idea, prendere la Bibbia alla lettera?
Rispettiamola, dice l’autore: e scopriremo che racconta solo di guerre feroci, volute da un certo Jahvè, che poi i teologi
hanno deciso di chiamare “Dio” mentre, secondo la Bibbia, era solo uno degli Elohim, uno dei tanti, e neppure tra i più importanti.
di Vito Mancuso tratto dal libro “Rifondazione della fede”(oscar saggi Mondadori, pag.84)
"31. Il mito e la verità.
Solo gli ingenui possono pensare che l'albero del bene e del male non esiste.
Il fatto che sia un elemento mitico all'interno di di un racconto mitico non significa che non sia degno di verità
come un evento storico; significa che lo è di più. Il mito è più vero della storia. Ciò che è storico è realmente accaduto una volta,
ciò che è mitico accade realmente ogni giorno.
Il mito è la forma più originaria che il pensiero umano abbia elaborato per dire la verità intuita.(...)"
Vito Mancuso (Carate Brianza, 9 dicembre 1962) è un teologo italiano.
https://it.wikipedia.org/wiki/Vito_Mancuso
un saluto
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Caro erding, tu che conosci meglio di me Vito Mancuso, io l'ho ascoltato solo in alcuni passaggi televisivi, cosa intende con:
"31. Il mito e la verità.
Solo gli ingenui possono pensare che l'albero del bene e del male non esiste.
"31. Il mito e la verità.
Solo gli ingenui possono pensare che l'albero del bene e del male non esiste.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
camillobenso ha scritto:Caro erding, tu che conosci meglio di me Vito Mancuso, io l'ho ascoltato solo in alcuni passaggi televisivi, cosa intende con:
"31. Il mito e la verità.
Solo gli ingenui possono pensare che l'albero del bene e del male non esiste.
“(...)Spesso le vicende narrate (oralmente) nel mito hanno luogo in un'epoca che precede la storia scritta.
Nel dire che il mito è una narrazione sacra s'intende che esso viene considerato verità di fede e che gli viene
attribuito un significato religioso o spirituale.
Ciò naturalmente non implica né che la narrazione sia vera, né che sia falsa.(...)”
https://it.wikipedia.org/wiki/Mito
Non so se conosco Mancuso più di te, nel mio piccolo penso... che il teologo voglia dire:
quel che conta è la “verità intuita” e conta molto meno l'indagare sugli ingredienti allegorici del racconto, quale quello dell'albero.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Inchiesta
Monsignor Spa: tutti gli affari dei vescovi
Ricche società con investimenti in tutti i settori. Compresi quelli banditi dalla Chiesa come i compro-oro. E gestioni spesso opache. Da Padova a Trapani, ecco la mappa del denaro delle diocesi
di Michele Sasso
28 gennaio 2016
Il presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, nel benedire il Family day contro la legge per le unioni civili è stato lapidario: «Mi sembra una grande distrazione del Parlamento rispetto ai veri problemi dell’Italia».
Problemi poco etici e molto venali però si riscontrano anche nelle 227 diocesi italiane dove si nasconde un patrimonio di società private, quote azionarie, partecipazioni bancarie e imperi sanitari.
Un mosaico di ricchezza così vasto solo parzialmente censito e gestito in maniera totalmente opaca, come racconta l'inchiesta de “l'Espresso” nel numero in edicola da venerdì 29 gennaio e già online per gli abbonati a Espresso+.
Monsignori a capo di società per azioni, holding a controllo ecclesiastico che continuano a crescere: la diocesi di Bologna ha conquistato il controllo totale del pacchetto azionario del colosso dell’automazione Faac (un miliardo e settecento milioni l’intero valore) ed è sponsor della squadra di serie A della città.
ESPRESSO+ LEGGI L'INCHIESTA INTEGRALE
A Trento la «finanziaria del vescovo» ha 44 partecipazioni azionarie per 116 milioni di euro di valore, incluse quote di fondi internazionali che – nonostante l'opposizione della diocesi – hanno acquisito una catena di compro-oro, attività che la chiesa stessa ritiene sfrutti la disperazione dei ceti più deboli.
Gli scandali sono una via crucis quotidiana: a Padova il dominus assoluto di tutte le attività della Curia è il commercialista coinvolto nella retata del Mose.
A Milano la Guardia di Finanza indaga sulla presunta truffa dei fondi Expo per il Duomo spariti senza lasciare traccia.
In Sicilia, dietro i buchi nei conti diocesani di Mazara del Vallo e Trapani, si nascondono ville e fortune sottratte al patrimonio vescovile e una storiaccia di sesso, bugie e soldi. Molti fedeli cominciano a dire basta.
E il sinodo diocesano di Bolzano ha chiesto la liquidazione di tutti i patrimoni.
L'inchiesta integrale su l'Espresso in edicola da venerdì 29 gennaio e già online su Espresso+
Monsignor Spa: tutti gli affari dei vescovi
Ricche società con investimenti in tutti i settori. Compresi quelli banditi dalla Chiesa come i compro-oro. E gestioni spesso opache. Da Padova a Trapani, ecco la mappa del denaro delle diocesi
di Michele Sasso
28 gennaio 2016
Il presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, nel benedire il Family day contro la legge per le unioni civili è stato lapidario: «Mi sembra una grande distrazione del Parlamento rispetto ai veri problemi dell’Italia».
Problemi poco etici e molto venali però si riscontrano anche nelle 227 diocesi italiane dove si nasconde un patrimonio di società private, quote azionarie, partecipazioni bancarie e imperi sanitari.
Un mosaico di ricchezza così vasto solo parzialmente censito e gestito in maniera totalmente opaca, come racconta l'inchiesta de “l'Espresso” nel numero in edicola da venerdì 29 gennaio e già online per gli abbonati a Espresso+.
Monsignori a capo di società per azioni, holding a controllo ecclesiastico che continuano a crescere: la diocesi di Bologna ha conquistato il controllo totale del pacchetto azionario del colosso dell’automazione Faac (un miliardo e settecento milioni l’intero valore) ed è sponsor della squadra di serie A della città.
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A Trento la «finanziaria del vescovo» ha 44 partecipazioni azionarie per 116 milioni di euro di valore, incluse quote di fondi internazionali che – nonostante l'opposizione della diocesi – hanno acquisito una catena di compro-oro, attività che la chiesa stessa ritiene sfrutti la disperazione dei ceti più deboli.
Gli scandali sono una via crucis quotidiana: a Padova il dominus assoluto di tutte le attività della Curia è il commercialista coinvolto nella retata del Mose.
A Milano la Guardia di Finanza indaga sulla presunta truffa dei fondi Expo per il Duomo spariti senza lasciare traccia.
In Sicilia, dietro i buchi nei conti diocesani di Mazara del Vallo e Trapani, si nascondono ville e fortune sottratte al patrimonio vescovile e una storiaccia di sesso, bugie e soldi. Molti fedeli cominciano a dire basta.
E il sinodo diocesano di Bolzano ha chiesto la liquidazione di tutti i patrimoni.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
CRISTO SI E’ FERMATO AD EMPOLI
Nata vota.
Virus Zika, Onu: ‘Paesi colpiti permettano aborto’
Il no dei vescovi brasiliani: ‘Una soluzione triste’
Mondo
Sì all’aborto in caso di contagio. L’alto commissario delle Nazioni unite per i Diritti umani, Zeid Raad Al Hussein, chiede ai Paesi colpiti dal virus Zika di garantire alle donne il diritto all’interruzione di gravidanza, fornendo loro anche consulenza su salute sessuale e riproduttiva. “Le leggi e le politiche che restringono il loro accesso a questi servizi devono essere riviste con urgenza, allineandosi agli obblighi internazionali sui diritti umani per garantire il diritto alla salute per tutti”, ha affermato Al Hussein. Ma le gerarchie ecclesiastiche si oppongono
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... e/2435689/
^^^^^^^^^
Quale Creatore potrebbe essere così crudele da pretendere che alcune delle sue creature siano condannate ad una vita infame per tutta la loro esistenza?????
Una vita infame non solo per loro ma anche dei loro genitori e parenti associati.
Sono quarant’anni che una coppia di amici sta assistendo in tutto e per tutto il figlio relegato su seggiolone, e che non hai mai parlato, solo per un errore dei sanitari che hanno usato male il forcipe all’atto del parto.
Non solo lui è condannato ad una vita vegetativa, in modo infame, ma anche la madre che lo assiste a tempo pieno. Il padre che ha un’attività commerciale e lo assiste nel tempo dopo il lavoro e nei giorni festivi.
Già ai tempi dell’Aids, i vescovi africani e di Roma, proibivano l’uso del preservativo. Tanto non li allevavano loro di persona.
Viene poi il sospetto che utilizzino poi questi sfortunati per riunirli in luoghi dedicati per poi spillare soldi.
Questa crudeltà dei vescovi cattolici per me è totalmente incomprensibile.
Come è del tutto incomprensibile il loro silenzio attivo, sulle migliaia di bambini morti nel Mediterraneo.
Che colpa ne hanno delle follie degli adulti?????
Quando discuto circa l’esistenza di Dio con i miei amici atei non creazionisti, non riesco ad ottenere tutte le risposte di carattere scientifico evidenti. E quindi nascono leciti dubbi.
Ma quando sento gli esponenti della Chiesa cattolica vengo spinto sempre di più a non credere nell’esistenza di Dio.
Questa crudeltà è uno di questi motivi.
Microcefalia
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La microcefalia è una malformazione neurologica nella quale la circonferenza del cranio è notevolmente più piccola della media per età e sesso.
La microcefalia può essere congenita o può svilupparsi nei primi anni di vita. La malformazione cranica può essere causata da varie condizioni che causano una crescita anormale del cervello o da sindromi associate ad anomalie cromosomiche ad esempio la Sindrome di Cri-du-chat causata da una delezione di una porzione variabile (5-40 Mb) del braccio corto del cromosoma 5.
Frsancesco che può dire????
Nata vota.
Virus Zika, Onu: ‘Paesi colpiti permettano aborto’
Il no dei vescovi brasiliani: ‘Una soluzione triste’
Mondo
Sì all’aborto in caso di contagio. L’alto commissario delle Nazioni unite per i Diritti umani, Zeid Raad Al Hussein, chiede ai Paesi colpiti dal virus Zika di garantire alle donne il diritto all’interruzione di gravidanza, fornendo loro anche consulenza su salute sessuale e riproduttiva. “Le leggi e le politiche che restringono il loro accesso a questi servizi devono essere riviste con urgenza, allineandosi agli obblighi internazionali sui diritti umani per garantire il diritto alla salute per tutti”, ha affermato Al Hussein. Ma le gerarchie ecclesiastiche si oppongono
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... e/2435689/
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Quale Creatore potrebbe essere così crudele da pretendere che alcune delle sue creature siano condannate ad una vita infame per tutta la loro esistenza?????
Una vita infame non solo per loro ma anche dei loro genitori e parenti associati.
Sono quarant’anni che una coppia di amici sta assistendo in tutto e per tutto il figlio relegato su seggiolone, e che non hai mai parlato, solo per un errore dei sanitari che hanno usato male il forcipe all’atto del parto.
Non solo lui è condannato ad una vita vegetativa, in modo infame, ma anche la madre che lo assiste a tempo pieno. Il padre che ha un’attività commerciale e lo assiste nel tempo dopo il lavoro e nei giorni festivi.
Già ai tempi dell’Aids, i vescovi africani e di Roma, proibivano l’uso del preservativo. Tanto non li allevavano loro di persona.
Viene poi il sospetto che utilizzino poi questi sfortunati per riunirli in luoghi dedicati per poi spillare soldi.
Questa crudeltà dei vescovi cattolici per me è totalmente incomprensibile.
Come è del tutto incomprensibile il loro silenzio attivo, sulle migliaia di bambini morti nel Mediterraneo.
Che colpa ne hanno delle follie degli adulti?????
Quando discuto circa l’esistenza di Dio con i miei amici atei non creazionisti, non riesco ad ottenere tutte le risposte di carattere scientifico evidenti. E quindi nascono leciti dubbi.
Ma quando sento gli esponenti della Chiesa cattolica vengo spinto sempre di più a non credere nell’esistenza di Dio.
Questa crudeltà è uno di questi motivi.
Microcefalia
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La microcefalia è una malformazione neurologica nella quale la circonferenza del cranio è notevolmente più piccola della media per età e sesso.
La microcefalia può essere congenita o può svilupparsi nei primi anni di vita. La malformazione cranica può essere causata da varie condizioni che causano una crescita anormale del cervello o da sindromi associate ad anomalie cromosomiche ad esempio la Sindrome di Cri-du-chat causata da una delezione di una porzione variabile (5-40 Mb) del braccio corto del cromosoma 5.
Frsancesco che può dire????
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Cosa spinge Socci a fare queste affermazioni?
Ecco il nuovo libro di Socci: “La profezia finale”
22 gennaio 2016 / una creatura
Egli stesso ha voluto presentarlo con queste parole (sulla sua seguitissima pagina facebook) e sarà in libreria dal 28 gennaio:
L‘attacco alla Chiesa e ai fondamenti dell’umano, nel mondo occidentale, è ormai all’atto finale (lo sa il popolo del Family Day).
Nel resto del mondo i cristiani sono perseguitati e uccisi e lo stesso papa Francesco parla di “Terza guerra mondiale a pezzi” per i tanti lampi di conflitto che prospettano uno scenario quasi apocalittico.
COSA STA ACCADENDO NEL MONDO? E COSA ACCADRÀ’?
Questo è il mio contributo. Tutte le profezie cattoliche sui mesi che stiamo vivendo (e soprattutto la più grande profezia che fa parte della stessa dottrina cattolica) e tutto quello che bisogna sapere per non essere travolti dagli eventi e combattere la “buona battaglia” fino al trionfo del Cuore Immacolato di Maria.
.
Antonio Socci, La profezia finale. Lettera a papa Francesco sulla Chiesa in tempo di guerra, Rizzoli, Milano, 2016, pp 180. (Prezzo di copertina: 18 euro)
Mai nella storia della Chiesa si è avuta una così spaventosa concentrazione di profezie che prospettano un tempo catastrofico per la cristianità e per il mondo.
E sono profezie cattoliche, cioè legate a santi, pontefici e mistici o messaggi di apparizioni mariane riconosciute dalla Chiesa.
Dal Segreto di Fatima, per il quale Benedetto XVI ha evocato il 2017 come anno cruciale, alle profezie di don Bosco, da quelle della beata Anna Katharina Emmerich alle apparizioni di Kibeho, fino alle apparizioni in Rue du Bac e Lourdes ricondotte dal cardinale Ivan Dias a una lunga catena di fatti soprannaturali che ci allertano sull’imminenza di un tempo apocalittico.
Antonio Socci nella sua lettera aperta a papa Francesco richiama l’attenzione di tutti sui segni del presente, ma soprattutto sul rischio dell’apostasia, sulla situazione di smarrimento e confusione che si è creata nella Chiesa con il pontificato di papa Bergoglio, di cui esamina gli atti e le parole più controverse. “Quelli che viviamo” scrive Socci “sono tempi dolorosi, ma anche gloriosi, in cui siamo chiamati a testimoniare Cristo.
E forse, come per Ninive, ascoltare i profeti e convertirsi potrebbe ancora salvare la città dalla sua rovina.” Lucido, rigoroso, appassionato, questo appello a papa Francesco è un’invocazione rivolta al cuore di ognuno di noi, per ricordarci che non è più possibile ignorare gli avvertimenti
Ecco il nuovo libro di Socci: “La profezia finale”
22 gennaio 2016 / una creatura
Egli stesso ha voluto presentarlo con queste parole (sulla sua seguitissima pagina facebook) e sarà in libreria dal 28 gennaio:
L‘attacco alla Chiesa e ai fondamenti dell’umano, nel mondo occidentale, è ormai all’atto finale (lo sa il popolo del Family Day).
Nel resto del mondo i cristiani sono perseguitati e uccisi e lo stesso papa Francesco parla di “Terza guerra mondiale a pezzi” per i tanti lampi di conflitto che prospettano uno scenario quasi apocalittico.
COSA STA ACCADENDO NEL MONDO? E COSA ACCADRÀ’?
Questo è il mio contributo. Tutte le profezie cattoliche sui mesi che stiamo vivendo (e soprattutto la più grande profezia che fa parte della stessa dottrina cattolica) e tutto quello che bisogna sapere per non essere travolti dagli eventi e combattere la “buona battaglia” fino al trionfo del Cuore Immacolato di Maria.
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Antonio Socci, La profezia finale. Lettera a papa Francesco sulla Chiesa in tempo di guerra, Rizzoli, Milano, 2016, pp 180. (Prezzo di copertina: 18 euro)
Mai nella storia della Chiesa si è avuta una così spaventosa concentrazione di profezie che prospettano un tempo catastrofico per la cristianità e per il mondo.
E sono profezie cattoliche, cioè legate a santi, pontefici e mistici o messaggi di apparizioni mariane riconosciute dalla Chiesa.
Dal Segreto di Fatima, per il quale Benedetto XVI ha evocato il 2017 come anno cruciale, alle profezie di don Bosco, da quelle della beata Anna Katharina Emmerich alle apparizioni di Kibeho, fino alle apparizioni in Rue du Bac e Lourdes ricondotte dal cardinale Ivan Dias a una lunga catena di fatti soprannaturali che ci allertano sull’imminenza di un tempo apocalittico.
Antonio Socci nella sua lettera aperta a papa Francesco richiama l’attenzione di tutti sui segni del presente, ma soprattutto sul rischio dell’apostasia, sulla situazione di smarrimento e confusione che si è creata nella Chiesa con il pontificato di papa Bergoglio, di cui esamina gli atti e le parole più controverse. “Quelli che viviamo” scrive Socci “sono tempi dolorosi, ma anche gloriosi, in cui siamo chiamati a testimoniare Cristo.
E forse, come per Ninive, ascoltare i profeti e convertirsi potrebbe ancora salvare la città dalla sua rovina.” Lucido, rigoroso, appassionato, questo appello a papa Francesco è un’invocazione rivolta al cuore di ognuno di noi, per ricordarci che non è più possibile ignorare gli avvertimenti
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