Integrazione, razzismo e razzismo inverso

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pancho
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Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da pancho »

Il razzismo inverso della Norvegia, dove l’integrazione è solo apparente
30 AGO 2014 di REDAZIONE

I migranti possono tutto, ma l’integrazione non c’è. Così la paura dei norvegesi di essere tacciati di razzismo annulla il dibattito sui migranti. E la diversità diventa una gabbia

(Vg.no) «Non vogliamo essere parte della società norvegese, ma comunque non vediamo necessità di trasferirci all’estero, […] lasciateci Grønland. Separate il quartiere e lasciatecelo governare come vogliamo […] Non vogliamo vivere come animali impuri come voi» − Ubaydullah Hussain, leader del gruppo islamista di Oslo Profetens Ummah

Ogni Paese che si rispetti, fiero e nazionalista, ama autocelebrarsi in un dato giorno dell’anno. E vale particolarmente per qui paesi in cui qualcosa di simile a un complesso di inferiorità cova sotto le ceneri storiche, così che quel giorno finisce per assumere un valore ancora più preponderante. La Norvegia, storicamente dominata e mai dominatrice, ne è l’apri-fila.

Provincia danese prima e nazista poi, ha ottenuto l’indipendenza solamente nel 1905. Monarchia costituzionale, in meno di un secolo la sua situazione socioeconomica ha conosciuto una drastica ascesa. Prima, infatti, il numero di emigranti superava nettamente quello degli immigrati. D’altronde il clima non esattamente tropicale e una geografia “scomoda” non non rendeva certo la Norvegia un El dorado. Poi, all’improvviso, si sono accorti di essere seduti sul petrolio, risorsa che attualmente contribuisce al 25% del loro Pil e che li ha trasformati nei principali produttori ed esportatori europei (nonché terzi mondiali). Ma, cosa ancora più interessante, da Paese di emigranti è divenuto meta di immigrati. Oggi andiamo in Norvegia per cercare lavoro, mentre loro vengono per le ferie.

La Norvegia rappresenta il Paese con l’indice di sviluppo umano più alto del mondo (HDI). La pressione fiscale raggiunge il 42,3% del Pil procapite (in Italia è al 54%), ma tutto ciò che i cittadini pagano in tasse viene restituito loro sotto forma di servizi pubblici. Le università sono gratuite, ogni studente ha diritto ad una borsa di studio, le famiglie sono incoraggiate ad avere bambini… E noi stiamo ancora aspettando l’autobus sotto casa.

Disegnata così può sembrare la terra promessa per molti immigrati. E difatti, sotto molti aspetti, lo è. Tuttavia, come ogni Paese povero di una storia nazionale identitaria, i norvegesi sono schiavi delle proprie insicurezze e dei propri stereotipi. Soffrono di quello che può essere definito razzismo inverso: la loro paura di essere tacciati come razzisti appare tanto radicata che finisce per ritorcerglisi contro.

Partiamo da un esempio: qualche mese fa, Ubaydullah Hussain — leader della fazione islamica di Oslo — chiese e pretese di avere un intero quartiere di Oslo (Grønland). La richiesta è rimasta inascoltata, ma immaginate un episodio simile in Italia. Si potrebbe pensare che il semplice fatto che qualcuno abbia azzardato una proposta simile sia legato alla consapevolezza di vivere in un Paese laico e rispettoso della diversità. Il che è senza dubbio vero, eppure bollare le politiche migratorie norvegesi come volte a un’integrazione efficace è un errore.

La Norvegia permette, quasi obbliga gli immigrati a sentirsi in diritto di vivere secondo la loro cultura. Ma insistendo esclusivamente su questo punto, di fatto, una vera e propria integrazione non esiste. Non a caso, molti immigrati non si sentono norvegesi. Lo Stato aiuta gli immigrati ad inserirsi nel Paese, ma non ad integrarsi. Come? «Ad esempio, con lezioni in madrelingua (loro), orari riservati alle donne musulmane nelle piscine, servizi di consulenza in lingue straniere nell’ambito sanitario, sociale o penale», come ha affermato tempo fa Gabriele Catania in un articolo su Linkiesta.it.

Di fatto molti degli immigrati, soprattutto musulmani, tendono a mantenere le proprie tradizioni e la propria cultura. Nulla di sbagliato in questo, ovviamente. Ma vivere in un Paese che ti ingabbia nella tua diversità e che si mostra del tutto disinteressato a individuare eventuali punti di contatto, può spesso sfociare in un malsano sentimento di attaccamento identitario da ambo i lati.

«I sondaggi mostrano che una percentuale inquietante dei musulmani in Europa rifiuta i valori occidentali, disprezza i paesi in cui vive, sostiene l’uccisione degli omosessuali, e vuole sostituire la democrazia con la legge della shari’a» ha detto in un interivsta a il Foglio Bruce Bawer, scrittore americanto trasferitosi a Oslo. «C’e motivo per essere preoccupati per tutte queste cose, ma questa causa è stata seriamente danneggiata da Anders Behring Breivik». «In Norvegia, parlare negativamente di qualsiasi aspetto della fede musulmana è sempre stata una questione delicata, tacciabile di ‘islamofobia’ e di razzismo», e dopo la strage di Utøya «sarà sempre più difficile affrontare questi temi».

Le dichiarazioni del norvegese Breivik, simbolo di xenofobia, hanno messo a tacere anche quel «legittimo criticismo» con cui approcciare le questioni della convivenza e dell’integrazione. Se prima di quell’infausta data la paura di essere tacciati di razzismo impediva uno sguardo critico, la strage di Utøya ha paradossalmente ottenuto un effetto opposto a quello auspicato dal terrorismo di Breivik: la fine del dibattito sull’immigrazione, che si è leggermente riaperto solo in occasione delle ultime elezioni che hanno visto la vittoria del partito conservatore Høyre.

Eppure, ironia della sorte, la Norvegia ha un passato non esattamente tollerante nei confronti del diverso. A questo proposito, i due artisti Mohamed Ali Fadlabi e Lars Cuzner, per festeggiare al meglio il 200° anniversario della Costituzione, hanno ritenuto giusto riaprire l’armadio di casa. Ed hanno trovato il cosiddetto “zoo dei senegalesi”. Esatto, ma prima facciamo un passo indietro. 100 anni fa, per celebrare la medesima festa nazionale, 80 africani furono rinchiusi in gabbia per 5 mesi come animali, circondati da “artefatti indigeni”. Per intenderci, avete presente un padre che porta il figlio al bioparco a vedere i leoni? Ecco, ora sostituite i leoni con esseri umani. Nel corso di questo secolo, nulla è stato fatto per ricordare ai norvegesi l’oscenità di quell’episodio, caduto nell’oblio più totale. Così Fadlabi e Cuzner hanno deciso di radunare un gruppo di volontari e riproporlo tale e quale.

Mera provocazione? Chiaramente la data scelta dai due artisti non è casuale. Dissotterrare il ricordo di tale scempio, nel giorno dell’anniversario della Costituzione, è un atto chiaramente provocatorio. Ma che valenza ha? Per comprenderlo, bisogna sapere che il norvegese medio è molto sensibile al tema del razzismo. State litigando con uno di loro e avete torto marcio? Tacciatelo di razzismo, e vi sentirete chiedere scusa per una colpa che voi stessi avete commesso. Una trasformazione in positivo rispetto ai tempi dello zoo, si potrebbe pensare. Ma questa sensibilità, come abbiamo visto, non si tramuta quasi mai in impegno per l’integrazione dei migranti, quanto in uno sterile relativismo culturale che non cerca soluzioni o compromessi, ma si limita a “lasciar fare”.

Il norvegese medio, per farla breve, non si pone domande su come evitare eventuali conflitti tra culture o spiacevoli episodi, né di come cercare eventuali ponti e canali di comunicazione. Lasciando agli immigrati una libertà pressoché assoluta, di fatto, scampa da eventuali accuse di razzismo, ma al tempo stesso finisce col creare una integrazione solamente apparente, isolandoli e senza spingerli ad adattarsi alla cultura locale, il che non significa perdere le proprie specificità culturali.

Ma una simile istallazione artistica, proprio perché montata in quella fatidica data, è passata sotto traccia come un gesto finalizzato unicamente a provocare. Probabilmente chi l’ha vista si sarà mortificato per un passato riprovevole, avrà adottato un bambino a distanza e si sarà pulito la coscienza. Poi sarà arrivato il forestiero di turno a ripetere ancora una volta quanto la Norvegia sia invidiabile, sotto tutti i punti di vista. Sicuramente se fosse stata scelta una data diversa la risonanza mediatica ne avrebbe risentito. Ma cadeva proprio a pennello.

http://dailystorm.it/2014/08/30/il-razz ... apparente/
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Qui, Zione c'e' da sederci e rimanerci giorni per analizzare quanto sopra. Quindi, sacchi a pelo e pranzi portati da casa non saranno sufficiente.

un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
camillobenso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

pancho ha scritto:Il razzismo inverso della Norvegia, dove l’integrazione è solo apparente
30 AGO 2014 di REDAZIONE

I migranti possono tutto, ma l’integrazione non c’è. Così la paura dei norvegesi di essere tacciati di razzismo annulla il dibattito sui migranti. E la diversità diventa una gabbia

(Vg.no) «Non vogliamo essere parte della società norvegese, ma comunque non vediamo necessità di trasferirci all’estero, […] lasciateci Grønland. Separate il quartiere e lasciatecelo governare come vogliamo […] Non vogliamo vivere come animali impuri come voi» − Ubaydullah Hussain, leader del gruppo islamista di Oslo Profetens Ummah

Ogni Paese che si rispetti, fiero e nazionalista, ama autocelebrarsi in un dato giorno dell’anno. E vale particolarmente per qui paesi in cui qualcosa di simile a un complesso di inferiorità cova sotto le ceneri storiche, così che quel giorno finisce per assumere un valore ancora più preponderante. La Norvegia, storicamente dominata e mai dominatrice, ne è l’apri-fila.

Provincia danese prima e nazista poi, ha ottenuto l’indipendenza solamente nel 1905. Monarchia costituzionale, in meno di un secolo la sua situazione socioeconomica ha conosciuto una drastica ascesa. Prima, infatti, il numero di emigranti superava nettamente quello degli immigrati. D’altronde il clima non esattamente tropicale e una geografia “scomoda” non non rendeva certo la Norvegia un El dorado. Poi, all’improvviso, si sono accorti di essere seduti sul petrolio, risorsa che attualmente contribuisce al 25% del loro Pil e che li ha trasformati nei principali produttori ed esportatori europei (nonché terzi mondiali). Ma, cosa ancora più interessante, da Paese di emigranti è divenuto meta di immigrati. Oggi andiamo in Norvegia per cercare lavoro, mentre loro vengono per le ferie.

La Norvegia rappresenta il Paese con l’indice di sviluppo umano più alto del mondo (HDI). La pressione fiscale raggiunge il 42,3% del Pil procapite (in Italia è al 54%), ma tutto ciò che i cittadini pagano in tasse viene restituito loro sotto forma di servizi pubblici. Le università sono gratuite, ogni studente ha diritto ad una borsa di studio, le famiglie sono incoraggiate ad avere bambini… E noi stiamo ancora aspettando l’autobus sotto casa.

Disegnata così può sembrare la terra promessa per molti immigrati. E difatti, sotto molti aspetti, lo è. Tuttavia, come ogni Paese povero di una storia nazionale identitaria, i norvegesi sono schiavi delle proprie insicurezze e dei propri stereotipi. Soffrono di quello che può essere definito razzismo inverso: la loro paura di essere tacciati come razzisti appare tanto radicata che finisce per ritorcerglisi contro.

Partiamo da un esempio: qualche mese fa, Ubaydullah Hussain — leader della fazione islamica di Oslo — chiese e pretese di avere un intero quartiere di Oslo (Grønland). La richiesta è rimasta inascoltata, ma immaginate un episodio simile in Italia. Si potrebbe pensare che il semplice fatto che qualcuno abbia azzardato una proposta simile sia legato alla consapevolezza di vivere in un Paese laico e rispettoso della diversità. Il che è senza dubbio vero, eppure bollare le politiche migratorie norvegesi come volte a un’integrazione efficace è un errore.

La Norvegia permette, quasi obbliga gli immigrati a sentirsi in diritto di vivere secondo la loro cultura. Ma insistendo esclusivamente su questo punto, di fatto, una vera e propria integrazione non esiste. Non a caso, molti immigrati non si sentono norvegesi. Lo Stato aiuta gli immigrati ad inserirsi nel Paese, ma non ad integrarsi. Come? «Ad esempio, con lezioni in madrelingua (loro), orari riservati alle donne musulmane nelle piscine, servizi di consulenza in lingue straniere nell’ambito sanitario, sociale o penale», come ha affermato tempo fa Gabriele Catania in un articolo su Linkiesta.it.

Di fatto molti degli immigrati, soprattutto musulmani, tendono a mantenere le proprie tradizioni e la propria cultura. Nulla di sbagliato in questo, ovviamente. Ma vivere in un Paese che ti ingabbia nella tua diversità e che si mostra del tutto disinteressato a individuare eventuali punti di contatto, può spesso sfociare in un malsano sentimento di attaccamento identitario da ambo i lati.

«I sondaggi mostrano che una percentuale inquietante dei musulmani in Europa rifiuta i valori occidentali, disprezza i paesi in cui vive, sostiene l’uccisione degli omosessuali, e vuole sostituire la democrazia con la legge della shari’a» ha detto in un interivsta a il Foglio Bruce Bawer, scrittore americanto trasferitosi a Oslo. «C’e motivo per essere preoccupati per tutte queste cose, ma questa causa è stata seriamente danneggiata da Anders Behring Breivik». «In Norvegia, parlare negativamente di qualsiasi aspetto della fede musulmana è sempre stata una questione delicata, tacciabile di ‘islamofobia’ e di razzismo», e dopo la strage di Utøya «sarà sempre più difficile affrontare questi temi».

Le dichiarazioni del norvegese Breivik, simbolo di xenofobia, hanno messo a tacere anche quel «legittimo criticismo» con cui approcciare le questioni della convivenza e dell’integrazione. Se prima di quell’infausta data la paura di essere tacciati di razzismo impediva uno sguardo critico, la strage di Utøya ha paradossalmente ottenuto un effetto opposto a quello auspicato dal terrorismo di Breivik: la fine del dibattito sull’immigrazione, che si è leggermente riaperto solo in occasione delle ultime elezioni che hanno visto la vittoria del partito conservatore Høyre.

Eppure, ironia della sorte, la Norvegia ha un passato non esattamente tollerante nei confronti del diverso. A questo proposito, i due artisti Mohamed Ali Fadlabi e Lars Cuzner, per festeggiare al meglio il 200° anniversario della Costituzione, hanno ritenuto giusto riaprire l’armadio di casa. Ed hanno trovato il cosiddetto “zoo dei senegalesi”. Esatto, ma prima facciamo un passo indietro. 100 anni fa, per celebrare la medesima festa nazionale, 80 africani furono rinchiusi in gabbia per 5 mesi come animali, circondati da “artefatti indigeni”. Per intenderci, avete presente un padre che porta il figlio al bioparco a vedere i leoni? Ecco, ora sostituite i leoni con esseri umani. Nel corso di questo secolo, nulla è stato fatto per ricordare ai norvegesi l’oscenità di quell’episodio, caduto nell’oblio più totale. Così Fadlabi e Cuzner hanno deciso di radunare un gruppo di volontari e riproporlo tale e quale.

Mera provocazione? Chiaramente la data scelta dai due artisti non è casuale. Dissotterrare il ricordo di tale scempio, nel giorno dell’anniversario della Costituzione, è un atto chiaramente provocatorio. Ma che valenza ha? Per comprenderlo, bisogna sapere che il norvegese medio è molto sensibile al tema del razzismo. State litigando con uno di loro e avete torto marcio? Tacciatelo di razzismo, e vi sentirete chiedere scusa per una colpa che voi stessi avete commesso. Una trasformazione in positivo rispetto ai tempi dello zoo, si potrebbe pensare. Ma questa sensibilità, come abbiamo visto, non si tramuta quasi mai in impegno per l’integrazione dei migranti, quanto in uno sterile relativismo culturale che non cerca soluzioni o compromessi, ma si limita a “lasciar fare”.

Il norvegese medio, per farla breve, non si pone domande su come evitare eventuali conflitti tra culture o spiacevoli episodi, né di come cercare eventuali ponti e canali di comunicazione. Lasciando agli immigrati una libertà pressoché assoluta, di fatto, scampa da eventuali accuse di razzismo, ma al tempo stesso finisce col creare una integrazione solamente apparente, isolandoli e senza spingerli ad adattarsi alla cultura locale, il che non significa perdere le proprie specificità culturali.

Ma una simile istallazione artistica, proprio perché montata in quella fatidica data, è passata sotto traccia come un gesto finalizzato unicamente a provocare. Probabilmente chi l’ha vista si sarà mortificato per un passato riprovevole, avrà adottato un bambino a distanza e si sarà pulito la coscienza. Poi sarà arrivato il forestiero di turno a ripetere ancora una volta quanto la Norvegia sia invidiabile, sotto tutti i punti di vista. Sicuramente se fosse stata scelta una data diversa la risonanza mediatica ne avrebbe risentito. Ma cadeva proprio a pennello.

http://dailystorm.it/2014/08/30/il-razz ... apparente/
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un salutone



Prima riflessione



Noi viviamo in questa ultima fase in media dagli ottanta ai novant’anni.

Ma da quello che ho capito io, attraversiamo questa esperienza di vita sul Pianeta Terra( che sarebbe meglio secondo me chiamare Marte in onore della divinità sia italica che prettamente romana, padre mitico del primo re di Roma Romolo, era il dio guerriero per eccellenza, in parte associato a fenomeni atmosferici come la tempesta e il fulmine.
Marte (divinità)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Marte (in latino Mars e in greco Ares) è, secondo la mitologia romana del I secolo a.C., il dio della guerra, dei duelli e degli spargimenti di sangue. Secondo la mitologia romana più arcaica era anche il dio del tuono, della pioggia e della fertilità.
)


senza chiederci minimamente il perché.



Attraversiamo parte della storia dell’umanità dando tutto per scontato. Seguiamo in tempo di pace, le esperienze di chi ci ha preceduto senza farci troppe domande.

Dai quindici ai venticinque anni corri dietro alle ragazze o alle donne. (Questo per i maschietti etero, senza fare dell’inutile e ingiustificata ironia).

Poi, come dicevano una volta, metti la testa a posto e metti su famiglia.

Nello stesso tempo devi cercarti un lavoro per mantenere la famiglia. (Un tempo si cominciava a lavorare molto prima)

Arrivano poi con velocità della luce i figli e subito dopo i nipoti.

Dai cinquanta ai sessant’anni speri di andare presto in pensione, fantasticando di dare sfogo a tutte le privazioni maturate nel periodo lavorativo.

Poi quando ci arrivi in pensione ti accorgi di annoiarti a morte e che non hai più le forze di fare quello che sognavi di fare, e che non hai potuto fare per via del lavoro e della famiglia in fase di crescita.

In prevalenza i maschi, molto meno le femmine, ripiegano sui luoghi deputati in cui si passa la giornata a giocare a carte, tenendo gli stessi identici comportamenti di quando avevi 8 anni e ti sentivi quasi adulto e cominciavi a giocare a carte. Litigando in continuazione per delle cazzate pazzesche.

Mentre aspetti che arrivi la fine, incrociando le dita rassegnato.

In questi ultimi tempi, mi sto prendendo la briga di chiedere ai giovani e meno giovani dinosauri, ma anche agli aspiranti dinosauri, su cosa hanno capito dell’esperienza di questa vita.

E’ decisamente una domanda imbarazzante e lo si vede dall’approccio alla risposta. Alcuni ripiegano sulla risposta classica : “Ma questa è una domanda da un miliardo di dollari”


Questa premessa per arrivare a dire che se riflettessimo di più sul senso della vita non ci imbarcheremmo nella jungla del provincialismi comuni. Questo vale per tutti gli abitanti del pianeta.

Scopriremmo di conseguenza che ci sono anche gli altri e che piaccia o non piaccia dobbiamo convivere per 80-90 anni con tutti.

Se no che facciamo??? La guerra tutti i giorni a chi non ci piace per le sue naturali diversità?????

Ma allora, come osservi tu:

Qui, Zione c'e' da sederci e rimanerci giorni per analizzare quanto sopra. Quindi, sacchi a pelo e pranzi portati da casa non saranno sufficiente.
camillobenso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

Seconda osservazione




Le barriere naturali che ostacolano la vita di tutti i giorni


Prendo spunto da un’affermazione di circa un mese fa della mia amica Bianca.

Sfogliando il Corriere della Sera, ha commentato:

“Siìì, proprio lui con quella faccia!!!!”


Esprimeva l’abbinamento tra le cazzate che comunicava Donal Trump, con l’immagine del suo viso che viene trasmesso “erga omnes”.

Uno dei misteri della vita è proprio questo. La faccia. Con la compatibilità per alcuni e l’incompatibilità per altri.

Noi emettiamo in continuazione delle valutazioni su chi ci sta di fronte o che incrociamo per strada od in qualsiasi altro luogo, secondo parametri misteriosi, che non sono in grado né di capire e quindi né di spiegare.

Diamo dei giudizi relativi in base alla nostra sensazione che percepiamo.

Questo capita anche a me da sempre.

Ad esempio, senza che apra la bocca per poi andare a complicare ulteriormente la situazione, ho sempre ritenuto che Angelino Alfano dovesse evitare di comparire in Tv, per scongiurare di far venire i vermi ai bambini.

L’amico poliziotto deve avere le stesse reazioni perché al solo accennare di Alfano, si lancia nel solito ritornello: “Mamma mia quel mostro, quello scarafaggio”.

Siamo fatti così e non so il perchè.

Un altro che mi mette sempre sul chi va là è Gnazio lo Strazio (Al secolo, Ignazio La Russa). Il timbro di voce, oltre al look visuale, ha poi una frequenza che non rientra nello spettro delle frequenze tollerate dal mio sistema di percezione dei suoni.

In realtà non è colpa sua né mia se riscontro queste incompatibilità.

Ci sono e non lo posso eliminare per questo.

Gasparri si mette in coda. Entrambi poi non esprimono mai qualcosa che possa essere accettato e supplire al primo scoglio naturale.

Sempre rimanendo nel campo del centrodestra, l’incompatibilità naturale si manifesta con una certa costanza con madama Biancofiore, anche per la solita frequenza della voce fuori gamma, oltre una naturale antipatia che spero che qualcuno riesca a spiegare.

Ovviamente queste incompatibilità non si verificheranno con i fans di Farsa Italia, oppure nella cerchia amicale o affettiva dei suddetti.

Ci sono e dobbiamo tutti conviverci.
camillobenso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

Terza osservazione



Anche noi ovunque siamo andati nel mondo abbiamo formato delle Little Italy.





Little Italy (Manhattan)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Little Italy (it. Piccola Italia) è un famoso sobborgo con popolazione di origine italiana di New York negli Stati Uniti, situato nella Lower Manhattan, la parte meridionale del distretto (borough) di Manhattan. Un tempo popolata da molti italoamericani, dalla metà del XX secolo essi hanno iniziato a trasferirsi in altri sobborghi cittadini più periferici e da allora l'estensione di Little Italy è andata sempre più riducendosi.

Little Italy confina a sud con un altro famoso sobborgo di immigrati, Chinatown. Il sobborgo cinese ha ormai assorbito buona parte di quella che una volta era Little Italy. Allo stesso modo a nord, in prossimità di Houston Street, l'area una volta occupata da Little Italy ha perso il suo aspetto tipicamente italiano. La parte circostante Mulberry Street, lungo la quale si allineano i negozi italiani (in particolare i ristoranti), tra Broome Street e Canal Street, è quello che rimane della Little Italy di Manhattan. Pochi italiani risiedono ancora a Little Italy.[1]
Zone affini

A New York esistono altre Little Italy. Della storica presenza italiana a East Harlem, conosciuto una volta come Italian Harlem, rimangono poche presenze italiane. Il Bronx ha la sua Little Italy lungo Arthur Avenue. La popolazione di origine italiana risiede per lo più a Brooklyn, dove esiste un vero sobborgo italoamericano, Bensonhurst, e in misura ancora maggiore a Staten Island (nel borough di Staten Island la popolazione di origine italiana raggiunge il 40%).
pancho
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da pancho »

Su questo tema ne abbiamo discusso all'infinito. Basta entrare sul 3D Immigrazione....

Quindi, ripetendomi all'infinito, son sempre fermo nella mia opinione.

Tutti questi problemi son figli dello stesso padre.

Perché fuggono?

Interessi e solo interessi. La situazione si potrebbe bloccare solo se le risorse fossero gestite da coloro che le possiedono e se la ricchezza fosse divisa equamente.

Guerre ed immigrazioni sono le cause. Soprattutto quelle immigrazioni forzate che nessuno di costoro che fuggono le vorrebbero.

Parlare ora di muri sospendere momentaneamente il trattato di Schengen rallenta il problema ma non lo risolve.

Il popolo , come ho spesso detto, non fa tutte le elucubrazioni mentali che noi facciamo qui. Va diritto al problema e vede che tutte queste "transumanze" che diventeranno stabili nel tempo, vengono loro scaricate senza risolvere alla fonte il problema,

Quindi, ogni volta che sento parlare criticamente sui muri o sulla chiusura delle frontiere senza MAI fare accenno a le cause di tutto questo, mi fa incazzare da morire poiche anche questo e' un modo per non sensibilizzare un popolo e farlo orientare invece verso quell'unica strada che loro vorrebbero e cioe' quella della guerra fra poveri e scaricare e quindi questi problemi a quelli che meno di tutti dovrebbero preoccuparsi.

Zione come vedi son costretto a ripetermi in continuazione ma purtroppo continuerò a farlo partendo da un'analisi cristiana in cui la solidarieta' va bene ma deve essere provvisoria altrimenti diventera' amorale scaricandosi sulle persone meno abbienti e povere di queso mondo ingiusto.
Quindi manterra' inalterate le cause di tutto questo

un salutone
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camillobenso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

pancho ha scritto:Su questo tema ne abbiamo discusso all'infinito. Basta entrare sul 3D Immigrazione....

Quindi, ripetendomi all'infinito, son sempre fermo nella mia opinione.

Tutti questi problemi son figli dello stesso padre.

Perché fuggono?

Interessi e solo interessi. La situazione si potrebbe bloccare solo se le risorse fossero gestite da coloro che le possiedono e se la ricchezza fosse divisa equamente.

Guerre ed immigrazioni sono le cause. Soprattutto quelle immigrazioni forzate che nessuno di costoro che fuggono le vorrebbero.

Parlare ora di muri sospendere momentaneamente il trattato di Schengen rallenta il problema ma non lo risolve.

Il popolo , come ho spesso detto, non fa tutte le elucubrazioni mentali che noi facciamo qui. Va diritto al problema e vede che tutte queste "transumanze" che diventeranno stabili nel tempo, vengono loro scaricate senza risolvere alla fonte il problema,

Quindi, ogni volta che sento parlare criticamente sui muri o sulla chiusura delle frontiere senza MAI fare accenno a le cause di tutto questo, mi fa incazzare da morire poiche anche questo e' un modo per non sensibilizzare un popolo e farlo orientare invece verso quell'unica strada che loro vorrebbero e cioe' quella della guerra fra poveri e scaricare e quindi questi problemi a quelli che meno di tutti dovrebbero preoccuparsi.

Zione come vedi son costretto a ripetermi in continuazione ma purtroppo continuerò a farlo partendo da un'analisi cristiana in cui la solidarieta' va bene ma deve essere provvisoria altrimenti diventera' amorale scaricandosi sulle persone meno abbienti e povere di queso mondo ingiusto.
Quindi manterra' inalterate le cause di tutto questo

un salutone



Il popolo , come ho spesso detto, non fa tutte le elucubrazioni mentali che noi facciamo qui. Va diritto al problema e vede che tutte queste "transumanze" che diventeranno stabili nel tempo, vengono loro scaricate senza risolvere alla fonte il problema,



Con un’amico sinistro sinistro ci confrontiamo da quasi vent’anni. Serve a crescere ad entrambi.

Il modo di confrontarci ha attirato l’attenzione di un leghista originario di Polesella. Della nostra generazione, emigrato da queste parti dopo l’alluvione del 1951.

A cui non viene fatto pesare la sua appartenenza cattolica né tantomeno la sua fede inossidabile in Bossi ed ora in Salvini, il Matteo che faceva il palo nella Banda dell’Ortica.

Da un anno circa si è aggregato anche un estremo devoto di Silvio, che lo ritiene ancora oggi “divino”, malgrado la palese decadenza.

Significativo il fatto che ritenga mezzo “divino” La Qualunque, a mio avviso dimostrando praticamente che
Il Puffo Duce attira i destri e non certo i sinistri.

Ovviamente il tema dell’immigrazione entra abbondantemente e pesantemente nei confronti periodici.

L’avversione per il diverso si fa sentire pesantemente nei due interlocutori di Cd.

L’avversione per le donne arabe, a pelle, si fa sentire eccome.

Basta la loro presenza per obbligarci a cambiare tavolo, imponendoci di spostarci il più lontano possibile, nell’ambito del Bar Atlantic, il lunedì.

Apriti cielo se ridono e scherzano. Fatto invece che mi sorprende favorevolmente perché significa che si stanno occidentalizzando, oltre al fatto che anche loro hanno il diritto di ridere e scherzare in compagnia, lontane dai loro maschi oppressori e schiavisti ancora preda di chiusure mentali.

Succedeva anche alle nostre donne 50 anni fa prima dell’esplosione del femminismo.



Il pirla col paltò.

Un vecchio detto di queste parti recita appunto l’osservazione verso il pirla col paltò.

Che sta a significare, che se uno è pirla, è pirla sempre anche quando si infila il paltò (il cappotto in italiano).

Bianco, rosso, verde, giallo o nero, non cambia niente. Se uno è pirla è pirla. Indipendentemente dal colore della pelle e dal luogo di provenienza.

Non sarà quindi il cappotto a nascondere la pirlaggine.

Un primo metodo di valutazione e di convivenza da queste parti è questo.

Ma forse bisogna essere nati a Milano nei tempi passati, per non sentire la differenza per il diverso.

Nei tempi andati vigeva anche il detto che Milan l’ha gà il coeur in man(Milano ha il cuore in mano. Ai tempi era generosa perché accoglieva tutti. Adesso non più da quando abbiamo accolto i Bossi e i Maroni o si è imbastardita con i Salvini)

El me Milan... - .....::::: S'cienafregia :::::..... Tradizioni e ...
http://www.scienafregia.it/poesie/?ID=48
anca se de Ròma semper ossequios, voeuri prima de tutt famm rispettà, nissuna città l'è granda come Milan, de numm ghe disen col coeur in man. Ovvero.

Ma c’è una cosa fondamentale di base che ti voglio fare osservare, caro pancho.

Ieri mattina il devoto del profeta Silvio, dopo un diverbio con la consorte in banca, si è lasciato andare con noi ad uno sfogo personale.

Gli ho chiesto quindi da quanto tempo era sposato. Da oltre 40 anni mi ha risposto.

E dopo 40 anni una coppia sposata indigena si lascia andare a queste imcompresioni??????

Che io sappia questa è la regola in generale.

Quindi caro pancho, come puoi pretendere che se non ci comprendiamo noi tra moglie e marito, tra genitori e figli, tra fratello e sorella, tra nonni, zii e nipoti, possiamo comprendere un diverso che viene da una terra lontana e parli una lingua diversa ed abbia una pelle di colore diversa. Oltre ad avere abitudini diverse che provocano irritazione reciproca.

Se vuoi fare la prova del nove o usare la cartina di tornasole, vai ad una riunione di condominio tra indigeni.

Li misuri il grado di civiltà che abbiamo raggiunto.

Cose che farebbero ridere il Burundi.
pancho
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da pancho »

camillobenso ha scritto:
pancho ha scritto:Su questo tema ne abbiamo discusso all'infinito. Basta entrare sul 3D Immigrazione....

Quindi, ripetendomi all'infinito, son sempre fermo nella mia opinione.

Tutti questi problemi son figli dello stesso padre.

Perché fuggono?

Interessi e solo interessi. La situazione si potrebbe bloccare solo se le risorse fossero gestite da coloro che le possiedono e se la ricchezza fosse divisa equamente.

Guerre ed immigrazioni sono le cause. Soprattutto quelle immigrazioni forzate che nessuno di costoro che fuggono le vorrebbero.

Parlare ora di muri sospendere momentaneamente il trattato di Schengen rallenta il problema ma non lo risolve.

Il popolo , come ho spesso detto, non fa tutte le elucubrazioni mentali che noi facciamo qui. Va diritto al problema e vede che tutte queste "transumanze" che diventeranno stabili nel tempo, vengono loro scaricate senza risolvere alla fonte il problema,

Quindi, ogni volta che sento parlare criticamente sui muri o sulla chiusura delle frontiere senza MAI fare accenno a le cause di tutto questo, mi fa incazzare da morire poiche anche questo e' un modo per non sensibilizzare un popolo e farlo orientare invece verso quell'unica strada che loro vorrebbero e cioe' quella della guerra fra poveri e scaricare e quindi questi problemi a quelli che meno di tutti dovrebbero preoccuparsi.

Zione come vedi son costretto a ripetermi in continuazione ma purtroppo continuerò a farlo partendo da un'analisi cristiana in cui la solidarieta' va bene ma deve essere provvisoria altrimenti diventera' amorale scaricandosi sulle persone meno abbienti e povere di queso mondo ingiusto.
Quindi manterra' inalterate le cause di tutto questo

un salutone



Il popolo , come ho spesso detto, non fa tutte le elucubrazioni mentali che noi facciamo qui. Va diritto al problema e vede che tutte queste "transumanze" che diventeranno stabili nel tempo, vengono loro scaricate senza risolvere alla fonte il problema,



Con un’amico sinistro sinistro ci confrontiamo da quasi vent’anni. Serve a crescere ad entrambi.

Il modo di confrontarci ha attirato l’attenzione di un leghista originario di Polesella. Della nostra generazione, emigrato da queste parti dopo l’alluvione del 1951.

A cui non viene fatto pesare la sua appartenenza cattolica né tantomeno la sua fede inossidabile in Bossi ed ora in Salvini, il Matteo che faceva il palo nella Banda dell’Ortica.

Da un anno circa si è aggregato anche un estremo devoto di Silvio, che lo ritiene ancora oggi “divino”, malgrado la palese decadenza.

Significativo il fatto che ritenga mezzo “divino” La Qualunque, a mio avviso dimostrando praticamente che
Il Puffo Duce attira i destri e non certo i sinistri.

Ovviamente il tema dell’immigrazione entra abbondantemente e pesantemente nei confronti periodici.

L’avversione per il diverso si fa sentire pesantemente nei due interlocutori di Cd.

L’avversione per le donne arabe, a pelle, si fa sentire eccome.

Basta la loro presenza per obbligarci a cambiare tavolo, imponendoci di spostarci il più lontano possibile, nell’ambito del Bar Atlantic, il lunedì.

Apriti cielo se ridono e scherzano. Fatto invece che mi sorprende favorevolmente perché significa che si stanno occidentalizzando, oltre al fatto che anche loro hanno il diritto di ridere e scherzare in compagnia, lontane dai loro maschi oppressori e schiavisti ancora preda di chiusure mentali.

Succedeva anche alle nostre donne 50 anni fa prima dell’esplosione del femminismo.



Il pirla col paltò.

Un vecchio detto di queste parti recita appunto l’osservazione verso il pirla col paltò.

Che sta a significare, che se uno è pirla, è pirla sempre anche quando si infila il paltò (il cappotto in italiano).

Bianco, rosso, verde, giallo o nero, non cambia niente. Se uno è pirla è pirla. Indipendentemente dal colore della pelle e dal luogo di provenienza.

Non sarà quindi il cappotto a nascondere la pirlaggine.

Un primo metodo di valutazione e di convivenza da queste parti è questo.

Ma forse bisogna essere nati a Milano nei tempi passati, per non sentire la differenza per il diverso.

Nei tempi andati vigeva anche il detto che Milan l’ha gà il coeur in man(Milano ha il cuore in mano. Ai tempi era generosa perché accoglieva tutti. Adesso non più da quando abbiamo accolto i Bossi e i Maroni o si è imbastardita con i Salvini)

El me Milan... - .....::::: S'cienafregia :::::..... Tradizioni e ...
http://www.scienafregia.it/poesie/?ID=48
anca se de Ròma semper ossequios, voeuri prima de tutt famm rispettà, nissuna città l'è granda come Milan, de numm ghe disen col coeur in man. Ovvero.

Ma c’è una cosa fondamentale di base che ti voglio fare osservare, caro pancho.

Ieri mattina il devoto del profeta Silvio, dopo un diverbio con la consorte in banca, si è lasciato andare con noi ad uno sfogo personale.

Gli ho chiesto quindi da quanto tempo era sposato. Da oltre 40 anni mi ha risposto.

E dopo 40 anni una coppia sposata indigena si lascia andare a queste imcompresioni??????

Che io sappia questa è la regola in generale.

Quindi caro pancho, come puoi pretendere che se non ci comprendiamo noi tra moglie e marito, tra genitori e figli, tra fratello e sorella, tra nonni, zii e nipoti, possiamo comprendere un diverso che viene da una terra lontana e parli una lingua diversa ed abbia una pelle di colore diversa. Oltre ad avere abitudini diverse che provocano irritazione reciproca.

Se vuoi fare la prova del nove o usare la cartina di tornasole, vai ad una riunione di condominio tra indigeni.

Li misuri il grado di civiltà che abbiamo raggiunto.

Cose che farebbero ridere il Burundi.
Concordo pienamente Zione.

Cio' sta a significare che le integrazioni sono assai difficili quando sono di massa e magari anche forzata.

Quindi la migliore soluzione e' quella di far si che i popoli siano in grado di farsi le loro regole nel paese in cui si trovano ed aiutarli in tutto compreso la loro autodeterminazione e non sfruttare noi le loro risorse.

Questo era anche il live motive di una certa sinistra che ora non c'e' più. Cosa e' successo nel frattempo per aver eliminato questo obiettivo nei riguardi del 3-4 mondo e verso i più disperati?

Se la sinistra o quella che si definisce tale non riprende in mano questi valori, io in queste non mi ci ritrovo più. Son decenni che non mi ci ritrovo più anche se alcune i loro signori le definiscono estreme (sinistre).

O si accetta questo sistema e allora ci si integra ma poi non appropriarsi di questo termine sinistra oppure si continua su questi veri obiettivi che non invecchiano perché passa il tempo. Sono dei paletti entro i quali ci differenziamo dagli altri.

Quegli altri che a parole vorrebbero cambiare il mondo ma che nei fatti sono gia integrati in un sistema che non permette e non permettera' loro se non di fare piccole e soltanto piccole modifiche che non potranno in un nessun modo cambiare la sostanza dei loro obiettivi.

E' per questo che ora destra e sinistra in questo mondo globalizzato si assomigliano un po' tutti.

Quindi, per tornare al ns. tema. continuo a mettere in discussione le passate immigrazioni che non erano altro che delle valvole di sfogo di sistemi politici miserabili e ora noi, secondo il mio umile parere sbagliando, in ogni discussione sull'immigrazione portiamo come esempio quello che succedeva allora mentre sarebbe piu' opportuno discutere sugli errori che abbiamo commesso giustificando continuamente queste transumanze umane che in questo modo salvavano questi sistemi politici.

Molti un po' più politicizzati di altri, allora, decidevano di restare x combattere e cambiare mentre altri sceglievano la strada piu' "facile" e se ne andavano con molto piacere del sistema.


un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

Corriere 6.1.16
«Un senso d’impunità con radici culturali L’integrazione qui ha fallito»
di Maria Serena Natale

«Germania modello d’integrazione? Dimenticatelo».


I fatti di Colonia segnano un punto di non ritorno nel dibattito sull’immigrazione, finora frenato «da pregiudizi al contrario, dalla paura di apparire razzisti e compromettere la pace sociale — dice al Corriere da Colonia Chantal Louis della storica rivista Emma , che dagli anni Settanta incarna la coscienza femminista tedesca —.


Il vero coraggio sta nel dare alle cose il loro nome».


La dinamica dell’incidente è fin troppo chiara: da una parte il branco, dall’altra le prede rigorosamente donne.


All’apice della crisi dei rifugiati l’estrema destra avrà buon gioco a presentarla come la rappresentazione plastica di quel sistema di valori patriarcale che l’Occidente ancora fatica a lasciarsi alle spalle ma che conserva la sua presa nel mondo musulmano.







«Rischia di essere un assist per i movimenti xenofobi che non aspettano altro che equiparare gli immigrati ai criminali, ma il grande errore della sinistra fino ad oggi è stato proprio essersi voltata dall’altra parte, lasciando alla destra il monopolio dell’interpretazione e del racconto delle inquietudini della società
.






I cittadini sono i primi a voler capire cosa sta accadendo in Germania, qualcosa che non ha precedenti.





E gli unici a parlare il loro linguaggio per spiegare la realtà sono i partiti anti-immigrati.





Questa è l’ultima occasione che abbiamo per cambiare la situazione».





È l’elemento culturale la chiave per comprendere la vicenda?
«Sì. Certo, le dinamiche di gruppo e il contesto fanno molto, ma conosciamo bene le situazioni nelle quali si può perdere il controllo. Ogni anno al Carnevale di Colonia ci sono tedeschi che compiono aggressioni sessuali, si tratta però di singoli o piccoli gruppi. Quello che impressiona stavolta è l’organizzazione e la dimensione dell’assalto. Sembrava un’azione di guerra. Prima hanno lanciato fuochi d’artificio, poi hanno circondato le donne toccandole, strappando loro gonne e camicie... C’è un senso di legittimazione in questa volontà di ferire che ha una forte radice culturale».


Cosa definisce questa radice?

«La fondamentale mancanza di rispetto, una distinzione netta di ruoli e valori per la quale la donna merita considerazione finché rientra in codici precisi come stare a casa e coprire il corpo. Fuori dallo schema, perde soggettività e diventa una figura anonima che è possibile trattare come una prostituta».
Il complesso rapporto con il passato nazista e il tabù della criminalizzazione di un gruppo etnico-religioso hanno ostacolato la messa a fuoco del problema?
«Senz’altro, e hanno influito sulla reazione delle vittime all’aggressione. Ci sono donne che hanno esitato a denunciare per non dare l’impressione di accusare un’intera categoria».



Il rapporto tra i sessi è il punto di caduta dell’integrazione?

«Dimostra che l’integrazione della prima ora, quella degli arrivati negli anni 60 e 70, non ha funzionato ma ha lasciato crescere una società parallela oggi ben visibile in città come Berlino e Colonia. Comunità fisicamente delimitate e molto conservatrici, dove spesso si pratica un Islam radicale e le donne non imparano neanche il tedesco. Gli aggressori di San Silvestro non erano certo arrivati da poco. È con i nuovi rifugiati che dobbiamo spingere per un’integrazione seria, veloce, profonda».



Ci sono altre vie oltre all’istruzione?
«Un punto centrale è la fermezza. Occorre chiarire per esempio che chi commette reati deve risponderne, anche vedendosi bloccare la procedura d’asilo. Un modo per rassicurare la popolazione oltre che per tutelare gli stessi profughi giunti da noi in cerca di pace e protezione. Dobbiamo costruire insieme una nuova cultura dell’accoglienza».



Solo pochi mesi fa un neonazista ha aggredito la candidata Henriette Reker, poi eletta sindaco. La tollerante Colonia ha scoperto l’intolleranza?
«Siamo da sempre la città dell’apertura alle differenze, di fede religiosa o di orientamento sessuale. Il fatto che questo clima di contrapposizione sia arrivato anche qui è un segnale tragico per tutto il Paese».
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da pancho »

Insisto per l'ultima volta per non apparire quello che veramente nono sono!
1-È' giusto e non giusto che i popoli siano aiutati nel loro posto o sia giusto farli immigrare contro la loro volontà perché nel loro paese di origine non possono sfamarsi o condurre una vita dignitosa?
2-È stato giusto o non giusto giustificare le ns. migrazioni an altri paesi e di questo vantarcene come un fatto positivo?

Buozzi un vecchio sindacalista di altri tempi quando gli fu chiesto di andare a Roma rispose di lavoro ne aveva abbastanza nel sindacato è qui si sentiva molto più utile che essere a Roma.
A proposito delle emigrazioni verso altri paesi non se la sentiva proprio di criticarle ma nello stesso tempo riteneva eroici coloro che rimanevano poiche solo in questo modo si sarebbe potuto cambiare l'Italia.

Chiudo qui aspettando che la discussione segua la strada nelle risposte sopra richieste .

un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

pancho ha scritto:Insisto per l'ultima volta per non apparire quello che veramente nono sono!
1-È' giusto e non giusto che i popoli siano aiutati nel loro posto o sia giusto farli immigrare contro la loro volontà perché nel loro paese di origine non possono sfamarsi o condurre una vita dignitosa?
2-È stato giusto o non giusto giustificare le ns. migrazioni an altri paesi e di questo vantarcene come un fatto positivo?

Buozzi un vecchio sindacalista di altri tempi quando gli fu chiesto di andare a Roma rispose di lavoro ne aveva abbastanza nel sindacato è qui si sentiva molto più utile che essere a Roma.
A proposito delle emigrazioni verso altri paesi non se la sentiva proprio di criticarle ma nello stesso tempo riteneva eroici coloro che rimanevano poiche solo in questo modo si sarebbe potuto cambiare l'Italia.

Chiudo qui aspettando che la discussione segua la strada nelle risposte sopra richieste .

un salutone



Caro pancho, sono fresco fresco del confronto mattutino con gli amici leghisti con la mimetica e l’elmetto della Biblioteca Centrale di SSG, che forti di quanto accaduto a capodanno a Colonia sono partiti all’attacco testa bassa per poi andare a parare sul naturale del rifiuto del diverso sul suolo italiano.

Quando tu affermi:

1-È' giusto e non giusto che i popoli siano aiutati nel loro posto o sia giusto farli immigrare contro la loro volontà perché nel loro paese di origine non possono sfamarsi o condurre una vita dignitosa?
2-È stato giusto o non giusto giustificare le ns. migrazioni an altri paesi e di questo vantarcene come un fatto positivo?


In linea di principio è giusto, ma poi dobbiamo analizzare fino in fondo in pratica perché tutto questo non avviene e rimane accantonato nell’armadio delle buone intenzioni.

Ma quello che mi preme far osservare è la linea di attacco sostenuta stamani dalle truppe d’assalto degli arditi del Leghistan, con tanto di coltello tra i denti.

- Ma dobbiamo far venire tutta l’Africa qui? – Mi hanno chiesto.

- Al che sono andato su GOOGLE:
alla voce Crescita demografica, si cita che nel 2020 saranno in 1.022 milioni. http://www.fc.camcom.it/download/intern ... ?DWN=12418


- Normale quindi chiedere agli arditi del Leghistan se i 1.022 milioni intendevano ospitarli in casa loro, perché lo Stivalone fa fatica ad ospitare solo 60 milioni di abitanti. Iperbole x iperbole.

- Poi si sono spostati sul fatto che l’anno scorso ne sono arrivati 180.000. Vero.
Ma si sono dimenticati di mettere sulla bilancia, quanto appena comunicato:

Lavoro, "il 61% dei giovani italiani pronto a emigrare per ...
www.ilfattoquotidiano.it › Cervelli in fuga
12 set 2015 - Lavoro, “il 61% dei giovani italiani pronto a emigrare per cercarlo all'estero” .... I giovani sono costretti a emigrare perchè l'Italia si è trasformata in un regime .... Italiani all'estero, 90mila trasferiti nel 2014: metà under 40. +30% ...

Italiani all'estero, 90mila trasferiti nel 2014: metà under 40. + ...
www.ilfattoquotidiano.it › Cervelli in fuga
3 giorni fa - Sono 90mila gli italiani che nel 2014 hanno trasferito la loro residenza ... Città, a parte l'universitaria Pavia, di confine, dove l'emigrazione di 'corto ..... I giovani sono costretti a emigrare perchè l'Italia si è trasformata in un ...


Italiani all'estero, emigrazione record: mai così tanti negli ...
www.ilfattoquotidiano.it › Cervelli in fuga
10 dic 2014 - E a emigrare sono in particolare persone tra i 20 e i 45 anni, più uomini (57,6%) .... degli anni 30 quando migliaia di italiani furono costretti ad emigrare in america .... Italiani all'estero, 90mila trasferiti nel 2014: metà under 40.
Italiani in fuga dalla disoccupazione: braccia e cervelli ...
www.ilfattoquotidiano.it › Cervelli in fuga
22 dic 2013 - Italiani in fuga dalla disoccupazione: braccia e cervelli cercano lavoro all'estero .... “Ma a emigrare – spiega Licata – sono anche ex dirigenti ed ex manager che ..... cittadino italiano e costretto ad Emigrare . voi cosa avreste fatto al Mio,posto? ... Italiani all'estero, 90mila trasferiti nel 2014: metà under 40.


Quando ci lamentiamo che dall’estero in 180.000 si riversano in Italia, dobbiamo tenere conto che in questo momento noi ci stiamo comportando allo stesso modo di quei Paesi che non fanno niente per trattenere i loro concittadini per mancanza di lavoro, oppure noi abbiamo un diritto speciale?

Quando i nostri non hanno lavoro in Italia possono recarsi tranquillamente all’estero, mentre gli altri non possono venire da noi?

Anche se poi dei 180.000 non tutti sono intenzionati a fermarsi in Italia.
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