La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
I GIORNI DEL KAOS
Isis, Cia, Mossad e gli altri gangster al potere con Obama
Scritto il 08/1/16 • nella Categoria: idee
Perché il mondo dovrebbe preoccuparsi della politica estera americana? La risposta è piuttosto semplice: se morirete mentre siete a casa vostra, se sarete fatti a pezzi insieme alla vostra famiglia, probabilmente sarà stata l’America ad uccidervi. Gli americani sono consapevoli di tutto questo. La maggioranza della popolazione non approva la folle politica estera americana, ma l’“opposizione” costituita dalla destra repubblicana non solo la sostiene, ma crede che Obama non stia ammazzando a sufficienza – e certamente non ovunque sia necessario. Il mondo, di conseguenza, è costretto a vivere e a morire all’ombra della politica di Washington, minacciato dalle spaventose politiche di Obama (che rappresenta, oltretutto, il punto di vista ‘moderato’) e da una dozzina di pazzi che, dietro le quinte, è in attesa sia degli eserciti promessi dagli americani in Africa e in Medio Oriente che dell’imposizione dell’egemonia statunitense in tutta l’Asia – oltre che dell’annientamento nucleare di tutti coloro che osassero disapprovare. E’ davvero questa la situazione? La risposta è un sonoro ‘sì’. E’ un pezzo di storia che si sta ripetendo.
Le migliori informazioni che potete trovare là fuori, i dettagliati rapporti investigativi trapelati dal governo degli Stati Uniti, indicano tutti che le vicende del 9/11 furono una congiura internazionale e che, sì, l’Arabia Saudita era pienamente coinvolta. Nel maggio del 2014, quando i documenti prodotti dalla Russia furono pubblicati (peraltro solo da “Veterans Today”, dopo essere stati rifiutati dalla Cnn), nessuno prestò attenzione a quello che non voleva sentirsi dire. Quei documenti facevano riferimento non solo all’Arabia Saudita, ma anche ad una ‘cabala’ costituita da leader politici e finanziari americani, canadesi, israeliani e sudafricani – sostenuta dai gruppi-canaglia presenti nella Cia e nel Pentagono, ma anche dai servizi segreti sauditi e israeliani. In quei documenti non si parlava degli ‘Stati estremisti islamici’ (e nemmeno di Osama Bin Laden), ma si faceva il nome di alcuni personaggi riservati e potenti, come ad esempio ‘Bronfman’ o ‘Netanyahu’. Nessuno si nascondeva nelle caverne, non i veri colpevoli, gli stessi che oggi sostengono l’Isis. Questo gruppo terroristico proviene dalle sale di rappresentanza di Zurigo e Londra, non dai tunnel sotto Mosul.
La ragione per cui ancora una volta torniamo su questa vicenda [9/11] è che ‘l’era di Bush’ potrebbe ripetersi. Suo fratello Jeb è uno dei capofila nelle elezioni presidenziali statunitensi. Anche Donald Trump potrebbe essere eletto e, insieme a lui, anche degli altri … ma lavorano tutti per la ‘Koch Brothers’ e per il losco padrone israeliano del gioco d’azzardo, Sheldon Adelson. Sono tutti alla ricerca di una nuova guerra mondiale. Hanno tutti questa cosa in comune, vogliono dichiarare guerra alla Russia. Vogliono che il mondo diventi uno Stato di polizia caratterizzato dalla sorveglianza universale ed auspicano (fatto che si capisce ancor meno) il collasso ambientale che, a sua volta, porterebbe inesorabilmente allo spopolamento del mondo. La ragione per cui sto citando gli eventi del 9/11 ed alcuni fatti largamente provati (l’esplosivo posto sulle ‘tre torri’, l’arresto in tutta New York di personaggi appartenenti al Mossad, il disturbo ed il blocco delle trasmissioni-radio, la ‘fuga’ dal paese delle persone ‘sospette’, i due aerei carichi di sauditi e israeliani etc.), è che quelle vicende si stanno ripetendo.
Vengono raggruppate sotto il nome di ‘Isis’, ma si tratta della stessa ‘unione’ fra i servizi segreti israeliani e sauditi che abbiamo visto all’opera il 9/11 – che questa volta coinvolge anche Erdogan. Lavorando a stretto contatto con la Cia ed il Pentagono, ‘l’unione’ comanda le unità dell’Isis, le rifornisce di armi e paga il petrolio in contanti, nell’ambito di ‘quell’enorme commercio’ che è stato provato dalla Russia, ma di cui tutti sapevano da molto tempo. I protagonisti sono sempre gli stessi, che si parli di Isis, di Ucraina, di Boko Haram o di al-Shebab in Kenya e in Africa Orientale, di ‘guerra allargata’ in Afghanistan o di ‘guerra al terrore’ in Europa e negli Stati Uniti. E allora, cos’è che tutto questo ha a che fare con la politica americana e con Barak Obama? Sette anni fa il presidente americano, entrando sulla scena politica, si rivolse al mondo offrendo ai musulmani la ‘pace’ e agli americani una migliore ‘giustizia sociale’ ed una ‘nuova direzione’. In America, la sua politica interna ha portato a dei relativi successi economici – Obama ed il Partito Democratico hanno lottato per i diritti dei lavoratori, per la salute, per l’istruzione e, in generale, per un ritorno dei ‘diritti degli elettori’.
Sotto la sua presidenza, tuttavia, gli omicidi commessi dalla polizia sono notevolmente aumentati (o hanno cominciato ad essere denunciati, dopo anni di silenzio. Non sappiamo quale delle due sia l’affermazione giusta), le ‘Primavere Arabe’ hanno portato centinaia di milioni di persone verso il disastro politico (un chiaro ‘disegno’ della Cia) ed infine una nuova ‘Guerra Fredda’, basata sull’ennesimo complotto fra Mossad e Cia, questa volta in Ucraina, incombe spaventosa su di noi. Quelle che sono delle cose un po’ da pazzi (o che almeno sembrano esserlo), sono le mosse che il presidente Obama sta facendo in direzione opposta: l’accordo nucleare con l’Iran e il recente accordo in Siria con la Russia, tanto per citarne due. E così, se da un lato Obama e Kerry sputano le bugie più goffe ed evidenti perseguendo delle palesi politiche genocide (in particolare verso Iran, Siria, Russia e Cina), dobbiamo prendere atto che, poco tempo dopo, si presentano al tavolo delle trattative con iniziative competenti e razionali! Questa è schizofrenia allo stato puro.
Ad esempio, non c’è dubbio che la Russia sia stata letteralmente spinta a tracciare una linea di demarcazione in Siria, contro l’aggressione americana. Ma, qualunque cosa si possa dire al riguardo (in particolare sul fatto che Obama non sia riuscito a combattere l’Isis), coloro che sono maggiormente preoccupati per lo Stato Islamico sono gli stessi che hanno contribuito a fondarlo e che continuano a sostenerlo! Chiaramente, non stiamo parlando solo di Israele, Arabia Saudita e Turchia, ma anche della ‘destra’ degli Stati Uniti, di quelle stesse persone che hanno contribuito agli eventi del 9/11 per creare un clima di paura. Infine, come piccola ‘questione a parte’, poniamoci una semplice domanda: qual’é la differenza fra la Nsa (National Security Agency), che intercetta le comunicazioni mondiali, e la ‘Google Corporation’?. La risposta è molto semplice: nessuna. Il presidente Obama, in sette anni, non è riuscito a portare l’America al di fuori del ‘cono d’ombra’. Al contrario, ha spinto il mondo verso una nuova ‘Guerra Fredda’ e precipitato l’Europa in un periodo di follia politica, come non si vedeva dall’agosto del 1914.
Ancora oggi sono gli stanchi protagonisti di allora ad esercitare il potere reale: i gangster politici americani, il ‘cartello’ McCain-Romney legato alla famiglia messicana dei Salinas, l’impero Adelson di Macao ed infine i Rothschild-Rockefeller che guidano il ‘Cartello della Federal Reserve’, che a sua volta controlla le valute mondiali e le banche. Questo è ciò a cui oggi stiamo assistendo. Un’America governata dai criminali e dagli scamster [coloro che ingannano gli altri per prendere i loro soldi, ma non solo], dagli interessi dell’industria del petrolio, della difesa, delle assicurazioni, dell’energia nucleare e del carbone, dei cartelli della droga e di alcune potenti famiglie, come quella del gruppo Walton-Walmart. E dietro a tutto questo non c’è l’America in quanto tale, ma un ‘fronte’ sottile che vuol porre la potenza militare [americana] nelle mani della criminalità organizzata globale, più in senso ‘millenario’ che ‘multi-generazionale’.
(Gordon Duff, “Il mondo sopravviverà all’ultimo anno di Obama?”, intervento pubblicato da “Neo”, New Eastern Outlook, e “Veterans Today” il 27 dicembre 2015, tradotto e ripreso da “Come Don Chisciotte”).
Isis, Cia, Mossad e gli altri gangster al potere con Obama
Scritto il 08/1/16 • nella Categoria: idee
Perché il mondo dovrebbe preoccuparsi della politica estera americana? La risposta è piuttosto semplice: se morirete mentre siete a casa vostra, se sarete fatti a pezzi insieme alla vostra famiglia, probabilmente sarà stata l’America ad uccidervi. Gli americani sono consapevoli di tutto questo. La maggioranza della popolazione non approva la folle politica estera americana, ma l’“opposizione” costituita dalla destra repubblicana non solo la sostiene, ma crede che Obama non stia ammazzando a sufficienza – e certamente non ovunque sia necessario. Il mondo, di conseguenza, è costretto a vivere e a morire all’ombra della politica di Washington, minacciato dalle spaventose politiche di Obama (che rappresenta, oltretutto, il punto di vista ‘moderato’) e da una dozzina di pazzi che, dietro le quinte, è in attesa sia degli eserciti promessi dagli americani in Africa e in Medio Oriente che dell’imposizione dell’egemonia statunitense in tutta l’Asia – oltre che dell’annientamento nucleare di tutti coloro che osassero disapprovare. E’ davvero questa la situazione? La risposta è un sonoro ‘sì’. E’ un pezzo di storia che si sta ripetendo.
Le migliori informazioni che potete trovare là fuori, i dettagliati rapporti investigativi trapelati dal governo degli Stati Uniti, indicano tutti che le vicende del 9/11 furono una congiura internazionale e che, sì, l’Arabia Saudita era pienamente coinvolta. Nel maggio del 2014, quando i documenti prodotti dalla Russia furono pubblicati (peraltro solo da “Veterans Today”, dopo essere stati rifiutati dalla Cnn), nessuno prestò attenzione a quello che non voleva sentirsi dire. Quei documenti facevano riferimento non solo all’Arabia Saudita, ma anche ad una ‘cabala’ costituita da leader politici e finanziari americani, canadesi, israeliani e sudafricani – sostenuta dai gruppi-canaglia presenti nella Cia e nel Pentagono, ma anche dai servizi segreti sauditi e israeliani. In quei documenti non si parlava degli ‘Stati estremisti islamici’ (e nemmeno di Osama Bin Laden), ma si faceva il nome di alcuni personaggi riservati e potenti, come ad esempio ‘Bronfman’ o ‘Netanyahu’. Nessuno si nascondeva nelle caverne, non i veri colpevoli, gli stessi che oggi sostengono l’Isis. Questo gruppo terroristico proviene dalle sale di rappresentanza di Zurigo e Londra, non dai tunnel sotto Mosul.
La ragione per cui ancora una volta torniamo su questa vicenda [9/11] è che ‘l’era di Bush’ potrebbe ripetersi. Suo fratello Jeb è uno dei capofila nelle elezioni presidenziali statunitensi. Anche Donald Trump potrebbe essere eletto e, insieme a lui, anche degli altri … ma lavorano tutti per la ‘Koch Brothers’ e per il losco padrone israeliano del gioco d’azzardo, Sheldon Adelson. Sono tutti alla ricerca di una nuova guerra mondiale. Hanno tutti questa cosa in comune, vogliono dichiarare guerra alla Russia. Vogliono che il mondo diventi uno Stato di polizia caratterizzato dalla sorveglianza universale ed auspicano (fatto che si capisce ancor meno) il collasso ambientale che, a sua volta, porterebbe inesorabilmente allo spopolamento del mondo. La ragione per cui sto citando gli eventi del 9/11 ed alcuni fatti largamente provati (l’esplosivo posto sulle ‘tre torri’, l’arresto in tutta New York di personaggi appartenenti al Mossad, il disturbo ed il blocco delle trasmissioni-radio, la ‘fuga’ dal paese delle persone ‘sospette’, i due aerei carichi di sauditi e israeliani etc.), è che quelle vicende si stanno ripetendo.
Vengono raggruppate sotto il nome di ‘Isis’, ma si tratta della stessa ‘unione’ fra i servizi segreti israeliani e sauditi che abbiamo visto all’opera il 9/11 – che questa volta coinvolge anche Erdogan. Lavorando a stretto contatto con la Cia ed il Pentagono, ‘l’unione’ comanda le unità dell’Isis, le rifornisce di armi e paga il petrolio in contanti, nell’ambito di ‘quell’enorme commercio’ che è stato provato dalla Russia, ma di cui tutti sapevano da molto tempo. I protagonisti sono sempre gli stessi, che si parli di Isis, di Ucraina, di Boko Haram o di al-Shebab in Kenya e in Africa Orientale, di ‘guerra allargata’ in Afghanistan o di ‘guerra al terrore’ in Europa e negli Stati Uniti. E allora, cos’è che tutto questo ha a che fare con la politica americana e con Barak Obama? Sette anni fa il presidente americano, entrando sulla scena politica, si rivolse al mondo offrendo ai musulmani la ‘pace’ e agli americani una migliore ‘giustizia sociale’ ed una ‘nuova direzione’. In America, la sua politica interna ha portato a dei relativi successi economici – Obama ed il Partito Democratico hanno lottato per i diritti dei lavoratori, per la salute, per l’istruzione e, in generale, per un ritorno dei ‘diritti degli elettori’.
Sotto la sua presidenza, tuttavia, gli omicidi commessi dalla polizia sono notevolmente aumentati (o hanno cominciato ad essere denunciati, dopo anni di silenzio. Non sappiamo quale delle due sia l’affermazione giusta), le ‘Primavere Arabe’ hanno portato centinaia di milioni di persone verso il disastro politico (un chiaro ‘disegno’ della Cia) ed infine una nuova ‘Guerra Fredda’, basata sull’ennesimo complotto fra Mossad e Cia, questa volta in Ucraina, incombe spaventosa su di noi. Quelle che sono delle cose un po’ da pazzi (o che almeno sembrano esserlo), sono le mosse che il presidente Obama sta facendo in direzione opposta: l’accordo nucleare con l’Iran e il recente accordo in Siria con la Russia, tanto per citarne due. E così, se da un lato Obama e Kerry sputano le bugie più goffe ed evidenti perseguendo delle palesi politiche genocide (in particolare verso Iran, Siria, Russia e Cina), dobbiamo prendere atto che, poco tempo dopo, si presentano al tavolo delle trattative con iniziative competenti e razionali! Questa è schizofrenia allo stato puro.
Ad esempio, non c’è dubbio che la Russia sia stata letteralmente spinta a tracciare una linea di demarcazione in Siria, contro l’aggressione americana. Ma, qualunque cosa si possa dire al riguardo (in particolare sul fatto che Obama non sia riuscito a combattere l’Isis), coloro che sono maggiormente preoccupati per lo Stato Islamico sono gli stessi che hanno contribuito a fondarlo e che continuano a sostenerlo! Chiaramente, non stiamo parlando solo di Israele, Arabia Saudita e Turchia, ma anche della ‘destra’ degli Stati Uniti, di quelle stesse persone che hanno contribuito agli eventi del 9/11 per creare un clima di paura. Infine, come piccola ‘questione a parte’, poniamoci una semplice domanda: qual’é la differenza fra la Nsa (National Security Agency), che intercetta le comunicazioni mondiali, e la ‘Google Corporation’?. La risposta è molto semplice: nessuna. Il presidente Obama, in sette anni, non è riuscito a portare l’America al di fuori del ‘cono d’ombra’. Al contrario, ha spinto il mondo verso una nuova ‘Guerra Fredda’ e precipitato l’Europa in un periodo di follia politica, come non si vedeva dall’agosto del 1914.
Ancora oggi sono gli stanchi protagonisti di allora ad esercitare il potere reale: i gangster politici americani, il ‘cartello’ McCain-Romney legato alla famiglia messicana dei Salinas, l’impero Adelson di Macao ed infine i Rothschild-Rockefeller che guidano il ‘Cartello della Federal Reserve’, che a sua volta controlla le valute mondiali e le banche. Questo è ciò a cui oggi stiamo assistendo. Un’America governata dai criminali e dagli scamster [coloro che ingannano gli altri per prendere i loro soldi, ma non solo], dagli interessi dell’industria del petrolio, della difesa, delle assicurazioni, dell’energia nucleare e del carbone, dei cartelli della droga e di alcune potenti famiglie, come quella del gruppo Walton-Walmart. E dietro a tutto questo non c’è l’America in quanto tale, ma un ‘fronte’ sottile che vuol porre la potenza militare [americana] nelle mani della criminalità organizzata globale, più in senso ‘millenario’ che ‘multi-generazionale’.
(Gordon Duff, “Il mondo sopravviverà all’ultimo anno di Obama?”, intervento pubblicato da “Neo”, New Eastern Outlook, e “Veterans Today” il 27 dicembre 2015, tradotto e ripreso da “Come Don Chisciotte”).
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Re: La Terza Guerra Mondiale
I GIORNI DEL KAOS
Istanbul, esplosione a Sultanahmet. Erdogan: “Kamikaze siriano”. 10 morti, colpiti turisti. “Probabile attacco Isis” (VIDEO – FOTO)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01 ... i/2367040/
Istanbul, esplosione a Sultanahmet. Erdogan: “Kamikaze siriano”. 10 morti, colpiti turisti. “Probabile attacco Isis” (VIDEO – FOTO)
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Re: La Terza Guerra Mondiale
I GIORNI DEL KAOS
Craig Roberts: sono pazzi, vogliono una guerra atomica
Scritto il 12/1/16 • nella Categoria: idee
Il collasso dell’Unione Sovietica nel 1991 ha dato vita ad una pericolosa ideologia statunitense chiamata neoconservatorismo. L’Unione Sovietica era servita fino ad allora come vincolo alle azioni unilaterali da parte degli Usa. Con la rimozione di questo vincolo su Washington, i neoconservatori hanno intrapreso il loro piano di egemonia statunitense sul mondo. Gli Usa erano improvvisamente diventati “l’unica superpotenza”, “l’unico potere”, che avrebbe potuto agire “senza limiti, ovunque nel mondo”. Il giornalista neoconservatore del “Wahington Post” Charles Krauthammer ha riassunto la “nuova realtà” come segue: «Abbiamo uno schiacciante potere a livello mondiale. Siamo i custodi designati dalla storia del sistema internazionale. Quando l’Unione Sovietica è caduta, è nato qualcosa di nuovo, qualcosa di totalmente nuovo – un mondo unipolare dominato da una sola superpotenza scevra dal controllo di rivali e con possibilità di raggiungere ogni angolo del globo. Questo è uno sconvolgente sviluppo nella storia, mai visto dai tempi della caduta di Roma. Persino Roma non può essere presa a modello di quello che rappresentano gli Usa oggi».
L’incredibile potere unipolare che la storia ha dato a Washington deve essere protetto ad ogni costo. Nel 1992 uno dei massimi ufficiali del Pentagono, il sottosegretario Paul Wolfowitz, ha scritto la Dottrina Wolfowitz, la quale è diventata la base della politica estera degli Usa. La Dottrina Wolfowitz sentenzia che il “primo obiettivo” della politica estera e militare degli Stati Uniti è «prevenire il riemergere di un nuovo rivale, sia sul territorio dell’ex Unione Sovietica o da qualche altra parte, che possa creare minaccia [alle azioni unilaterali degli Stati Uniti] nell’ordine di quella creata precedentemente dall’Unione Sovietica. Questa considerazione è fondamentale per sottolineare la nuova strategia di difesa regionale e richiede uno sforzo atto a prevenire che qualsivoglia potenza ostile possa controllare una regione, le cui risorse potrebbero, se sfruttate a dovere, essere sufficienti a generare un potere globale». (Una “potenza ostile” è una nazione abbastanza forte da avere una politica estera indipendente dai dettami di Washington).
La dichiarazione unilaterale del potere statunitense è iniziata seriamente durante l’amministrazione Clinton, con l’intervento in Yugoslavia, Serbia, Kosovo e la “no-fly zone” imposta sull’Iraq. Nel 1997 i neoconservatori hanno stilato il “Progetto per un nuovo secolo statunitense”. Nel 1998, tre anni prima dell’11 Settembre, i neocon hanno inviato una lettera al presidente Clinton chiedendo un cambio di regime in Iraq e «la rimozione di Saddam Hussein dal potere». I neoconservatori hanno preparato un programma per rimuovere sette governi in cinque anni. Gli eventi dell’11 Settembre 2001 sono considerati dalla gente informata come “la nuova Pearl Harbor”, che i neocon hanno definito come necessari per iniziare le loro guerre di conquista in Medio Oriente. Paul O’Neil, il primo segretario del Tesoro del presidente George W. Bush, ha dichiarato pubblicamente che il programma del primo meeting con il suo gabinetto riguardava l’invasione dell’Iraq. Questa invasione era stata pianificata prima dell’11 Settembre. Dall’11 Settembre Washington ha distrutto in toto o in parte 8 nazioni e ora si oppone alla Russia sia in Siria sia in Ucraina.
La Russia non può permettere che un Califfato jihadista si stabilisca nell’area tra Siria e Iraq, perché sarebbe la base per esportare le destabilizzazioni nella parte musulmana della Federazione Russa. Henry Kissinger stesso lo ha detto ed è abbastanza chiaro ad ogni persona dotata di buon senso. Comunque i neocon, fanatici e impazziti per il potere, che hanno controllato le amministrazioni Clinton, Bush e ora controllano l’amministrazione Obama, sono così presi dalla loro stessa arroganza che per pungolare la Russa sono stati disposti a far abbattere un aereo russo da un loro burattino, la Turchia, e a rovesciare un governo eletto democraticamente in Ucraina, il quale era in buoni rapporti con la Russia, sostituendolo con un governo fantoccio, controllato dagli Usa. Con questo background, possiamo capire che la situazione pericolosa a cui si affaccia il mondo è il prodotto delle arroganti politiche dei neoconservatori di egemonia statunitense sul mondo. La mancanza di giudizio e i pericoli nei conflitti siriano e ucraino sono conseguenze stesse dell’ideologia neoconservatrice.
Per perpetuare l’egemonia, i neocon hanno gettato al vento le garanzie che Washington aveva dato a Gorbachev che la Nato non si sarebbe spinta nemmeno di un centimetro verso est. Questi hanno fatto in modo che gli Usa si tirassero fuori dal Trattato anti-missili balistici (Abm), il quale specificava che né Usa né Russia avrebbero sviluppato o dispiegato missili anti-balistici. I neocon hanno riscritto la dottrina militare statunitense e innalzato le armi nucleari dal loro ruolo di minaccia a forza di attacco preventiva. Hanno iniziato a posizionare basi Abm ai confini russi, sostenendo che le basi servivano per difendere l’Europa da inesistenti missili balistici intercontinentali (Icbm) iraniani. La Russia e il suo presidente Putin sono stati demonizzati dai neocon e dai loro burattini del governo e dei media. Per esempio, Hillary Clinton, un candidato presidente del Partito Democratico, ha definito Putin “il nuovo Hitler”. Un ex ufficiale della Cia ha inneggiato all’omicidio di Putin. I candidati alle presidenziali di entrambi gli schieramenti litigano per chi sarebbe più aggressivo nei confronti della Russia e il più scurrile contro il presidente russo.
L’effetto è stato la distruzione della fiducia tra potenze nucleari. Il governo russo ha imparato che Washington non rispetta le proprie stesse leggi, men che meno il diritto internazionale, e che non può essere considerata affidabile nel rispettare gli accordi. Questa mancanza di fiducia, unita alle aggressioni contro la Russia vomitate da Washington e dai media prostituiti, ripetuti a pappagallo nelle capitali europee, hanno preparato il terreno per una guerra nucleare. Dato che la Nato (di base gli Usa) non ha la possibilità di sconfiggere la Russia in una guerra convenzionale, ancor meno in caso di alleanza Russia-Cina, la guerra sarebbe nucleare. Per evitare la guerra, Putin evita le rappresaglie e mantiene un basso livello quando risponde alle provocazioni occidentali. Il comportamento responsabile di Putin, comunque, è mal interpretato dai neocon come segno di debolezza e paura. Questi suggeriscono al presidente Obama di mantenere la pressione sulla Russia, per farla arrendere. Putin, tuttavia, ha dichiarato chiaramente che non intende mollare.
Il messaggio è stato mandato in più occasioni. Per esempio il 28 settembre 2015, al settantesimo anniversario delle Nazioni Unite, Putin ha affermato che la Russia non può più tollerare la situazione a livello mondiale. Due giorni dopo Putin ha preso il comando della guerra contro l’Isis in Siria. I governi europei, specialmente Germania e Regno Unito, sono complici del declino verso una guerra nucleare. Questi due stati vassalli degli Usa spingono l’aggressione senza sosta da parte di Washington contro la Russia, ripetendone la propaganda e supportandone le sanzioni e gli interventi militari contro altri paesi. Fino a che l’Europa non sarà altro che un’appendice di Washington, la prospettiva dell’Apocalisse sarà sempre più concreta. A questo punto della storia una guerra nucleare può essere evitata solo in due modi. Uno è che Russia e Cina si arrendano ed accettino l’egemonia di Washington. L’altro è che un leader indipendente in Germania, Regno Unito o Francia decida di abbandonare la Nato. Ciò scatenerebbe un fuggi-fuggi dalla Nato, la quale è il primo mezzo che Washington possiede per creare conflitto con la Russia e, dunque, è la forza più pericolosa sulla faccia della Terra per qualsiasi nazione europea e per l’intero globo. Se la Nato continuerà ad esistere, questa e l’ideologia neoconservatrice di egemonia statunitense renderanno la guerra nucleare inevitabile.
(Paul Craig Roberts, “Perché la Terza Guerra Mondiale si profila all’orizzonte”, da “Information Clearing House” del 29 dicembre 2015, tradotto da “Come Don Chisciotte”).
Craig Roberts: sono pazzi, vogliono una guerra atomica
Scritto il 12/1/16 • nella Categoria: idee
Il collasso dell’Unione Sovietica nel 1991 ha dato vita ad una pericolosa ideologia statunitense chiamata neoconservatorismo. L’Unione Sovietica era servita fino ad allora come vincolo alle azioni unilaterali da parte degli Usa. Con la rimozione di questo vincolo su Washington, i neoconservatori hanno intrapreso il loro piano di egemonia statunitense sul mondo. Gli Usa erano improvvisamente diventati “l’unica superpotenza”, “l’unico potere”, che avrebbe potuto agire “senza limiti, ovunque nel mondo”. Il giornalista neoconservatore del “Wahington Post” Charles Krauthammer ha riassunto la “nuova realtà” come segue: «Abbiamo uno schiacciante potere a livello mondiale. Siamo i custodi designati dalla storia del sistema internazionale. Quando l’Unione Sovietica è caduta, è nato qualcosa di nuovo, qualcosa di totalmente nuovo – un mondo unipolare dominato da una sola superpotenza scevra dal controllo di rivali e con possibilità di raggiungere ogni angolo del globo. Questo è uno sconvolgente sviluppo nella storia, mai visto dai tempi della caduta di Roma. Persino Roma non può essere presa a modello di quello che rappresentano gli Usa oggi».
L’incredibile potere unipolare che la storia ha dato a Washington deve essere protetto ad ogni costo. Nel 1992 uno dei massimi ufficiali del Pentagono, il sottosegretario Paul Wolfowitz, ha scritto la Dottrina Wolfowitz, la quale è diventata la base della politica estera degli Usa. La Dottrina Wolfowitz sentenzia che il “primo obiettivo” della politica estera e militare degli Stati Uniti è «prevenire il riemergere di un nuovo rivale, sia sul territorio dell’ex Unione Sovietica o da qualche altra parte, che possa creare minaccia [alle azioni unilaterali degli Stati Uniti] nell’ordine di quella creata precedentemente dall’Unione Sovietica. Questa considerazione è fondamentale per sottolineare la nuova strategia di difesa regionale e richiede uno sforzo atto a prevenire che qualsivoglia potenza ostile possa controllare una regione, le cui risorse potrebbero, se sfruttate a dovere, essere sufficienti a generare un potere globale». (Una “potenza ostile” è una nazione abbastanza forte da avere una politica estera indipendente dai dettami di Washington).
La dichiarazione unilaterale del potere statunitense è iniziata seriamente durante l’amministrazione Clinton, con l’intervento in Yugoslavia, Serbia, Kosovo e la “no-fly zone” imposta sull’Iraq. Nel 1997 i neoconservatori hanno stilato il “Progetto per un nuovo secolo statunitense”. Nel 1998, tre anni prima dell’11 Settembre, i neocon hanno inviato una lettera al presidente Clinton chiedendo un cambio di regime in Iraq e «la rimozione di Saddam Hussein dal potere». I neoconservatori hanno preparato un programma per rimuovere sette governi in cinque anni. Gli eventi dell’11 Settembre 2001 sono considerati dalla gente informata come “la nuova Pearl Harbor”, che i neocon hanno definito come necessari per iniziare le loro guerre di conquista in Medio Oriente. Paul O’Neil, il primo segretario del Tesoro del presidente George W. Bush, ha dichiarato pubblicamente che il programma del primo meeting con il suo gabinetto riguardava l’invasione dell’Iraq. Questa invasione era stata pianificata prima dell’11 Settembre. Dall’11 Settembre Washington ha distrutto in toto o in parte 8 nazioni e ora si oppone alla Russia sia in Siria sia in Ucraina.
La Russia non può permettere che un Califfato jihadista si stabilisca nell’area tra Siria e Iraq, perché sarebbe la base per esportare le destabilizzazioni nella parte musulmana della Federazione Russa. Henry Kissinger stesso lo ha detto ed è abbastanza chiaro ad ogni persona dotata di buon senso. Comunque i neocon, fanatici e impazziti per il potere, che hanno controllato le amministrazioni Clinton, Bush e ora controllano l’amministrazione Obama, sono così presi dalla loro stessa arroganza che per pungolare la Russa sono stati disposti a far abbattere un aereo russo da un loro burattino, la Turchia, e a rovesciare un governo eletto democraticamente in Ucraina, il quale era in buoni rapporti con la Russia, sostituendolo con un governo fantoccio, controllato dagli Usa. Con questo background, possiamo capire che la situazione pericolosa a cui si affaccia il mondo è il prodotto delle arroganti politiche dei neoconservatori di egemonia statunitense sul mondo. La mancanza di giudizio e i pericoli nei conflitti siriano e ucraino sono conseguenze stesse dell’ideologia neoconservatrice.
Per perpetuare l’egemonia, i neocon hanno gettato al vento le garanzie che Washington aveva dato a Gorbachev che la Nato non si sarebbe spinta nemmeno di un centimetro verso est. Questi hanno fatto in modo che gli Usa si tirassero fuori dal Trattato anti-missili balistici (Abm), il quale specificava che né Usa né Russia avrebbero sviluppato o dispiegato missili anti-balistici. I neocon hanno riscritto la dottrina militare statunitense e innalzato le armi nucleari dal loro ruolo di minaccia a forza di attacco preventiva. Hanno iniziato a posizionare basi Abm ai confini russi, sostenendo che le basi servivano per difendere l’Europa da inesistenti missili balistici intercontinentali (Icbm) iraniani. La Russia e il suo presidente Putin sono stati demonizzati dai neocon e dai loro burattini del governo e dei media. Per esempio, Hillary Clinton, un candidato presidente del Partito Democratico, ha definito Putin “il nuovo Hitler”. Un ex ufficiale della Cia ha inneggiato all’omicidio di Putin. I candidati alle presidenziali di entrambi gli schieramenti litigano per chi sarebbe più aggressivo nei confronti della Russia e il più scurrile contro il presidente russo.
L’effetto è stato la distruzione della fiducia tra potenze nucleari. Il governo russo ha imparato che Washington non rispetta le proprie stesse leggi, men che meno il diritto internazionale, e che non può essere considerata affidabile nel rispettare gli accordi. Questa mancanza di fiducia, unita alle aggressioni contro la Russia vomitate da Washington e dai media prostituiti, ripetuti a pappagallo nelle capitali europee, hanno preparato il terreno per una guerra nucleare. Dato che la Nato (di base gli Usa) non ha la possibilità di sconfiggere la Russia in una guerra convenzionale, ancor meno in caso di alleanza Russia-Cina, la guerra sarebbe nucleare. Per evitare la guerra, Putin evita le rappresaglie e mantiene un basso livello quando risponde alle provocazioni occidentali. Il comportamento responsabile di Putin, comunque, è mal interpretato dai neocon come segno di debolezza e paura. Questi suggeriscono al presidente Obama di mantenere la pressione sulla Russia, per farla arrendere. Putin, tuttavia, ha dichiarato chiaramente che non intende mollare.
Il messaggio è stato mandato in più occasioni. Per esempio il 28 settembre 2015, al settantesimo anniversario delle Nazioni Unite, Putin ha affermato che la Russia non può più tollerare la situazione a livello mondiale. Due giorni dopo Putin ha preso il comando della guerra contro l’Isis in Siria. I governi europei, specialmente Germania e Regno Unito, sono complici del declino verso una guerra nucleare. Questi due stati vassalli degli Usa spingono l’aggressione senza sosta da parte di Washington contro la Russia, ripetendone la propaganda e supportandone le sanzioni e gli interventi militari contro altri paesi. Fino a che l’Europa non sarà altro che un’appendice di Washington, la prospettiva dell’Apocalisse sarà sempre più concreta. A questo punto della storia una guerra nucleare può essere evitata solo in due modi. Uno è che Russia e Cina si arrendano ed accettino l’egemonia di Washington. L’altro è che un leader indipendente in Germania, Regno Unito o Francia decida di abbandonare la Nato. Ciò scatenerebbe un fuggi-fuggi dalla Nato, la quale è il primo mezzo che Washington possiede per creare conflitto con la Russia e, dunque, è la forza più pericolosa sulla faccia della Terra per qualsiasi nazione europea e per l’intero globo. Se la Nato continuerà ad esistere, questa e l’ideologia neoconservatrice di egemonia statunitense renderanno la guerra nucleare inevitabile.
(Paul Craig Roberts, “Perché la Terza Guerra Mondiale si profila all’orizzonte”, da “Information Clearing House” del 29 dicembre 2015, tradotto da “Come Don Chisciotte”).
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Re: La Terza Guerra Mondiale
I GIORNI DEL KAOS
Così la vede Il Giornale. Gli altri siti non riportano la notizia.
I primi caccia sorvolano la Libia: la guerra al Califfato è imminente
Da giorni caccia "non identificati" sorvolano la città di Sirte in previsione di attacchi aerei. L'America pronta a guidare una coalizione per fermare la minaccia islamista ai pozzi petroliferi
Andrea Indini - Mar, 12/01/2016 - 13:00
La Libia è in fiamme. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia sono pronti a intervenire militarmente. I tre Paesi occidentali, secondo Sky Arabia, stanno progettando raid contro gli obiettivi dello Stato islamico.
Libia, Renzi convoca ministri e i vertici della sicurezza
L'obiettivo è fermare l'offensiva del gruppo jihadista sulla zona della mezza luna petrolifera. Da giorni i media libici danno notizia di caccia "non identificati" che sorvolano la città di Sirte in previsione di attacchi aerei.
Nei dieci campi petroliferi, da poco conquistati dal Califfato nell'est della Libia, sono dispiegati circa 5mila tagliagole dello Stato islamico. Tanto che la compagnia petrolifera libica National oil corporation (Noc) ha svuotato i serbatoi di stoccaggio del petrolio a Ras Lanuf, nella Cirenaica, come precauzione dopo gli attacchi condotti la scorsa settimana dalle milizie islamiste. "Il petrolio - spiega Mohamed al Manfi, funzionario per la compagnia nella Libia orientale, all'emittente al Arabiya - immagazzinato nei serbatoi è stato trasferito in un'area più sicura". Con gli attacchi della scorsa settimana nei principali porti petroliferi di Sidra e Ras Lanuf lo Stato islamico ha dimostrato di essere in grado di minacciare la principale risorsa della Libia. Oltre ai due porti le milizie del Califfato minacciano anche Marsa al Brega, area dove Snamprogetti e Saipem hanno realizzato importanti impianti e raffinerie.
Secondo i servizi di intelligence internazionale, lo Stato islamico sarebbe in grado di contendere il controllo dei terminal di esportazione e dei centri di raffinazione della cosiddetta Mezzaluna petrolifera alle milizie tribali locali. Approfittando del vuoto politico che paralizza la Libia dall'estate del 2014, i miliziani che hanno giurato fedeltà ad Abu Bakr al Baghdadi, hanno esteso il proprio dominio su oltre 300 chilometri di costa libica, da Sirte a Ben Giauad (Ben Jawad) nel centro del paese, da Derna e Bengasi in piena Cirenaica. Mentre a ovest la presenza dello Stato islamico è contrastata soprattutto dall'Esercito libico agli ordini del generale Khalifa Haftar, ministro della Difesa del governo espressione del parlamento in esilio a Tobruk, l'area costiera che va da Sirte a Sidra (as Sidra) appare saldamente in mano ai jihadisti. Con il sanguinoso attentato terroristico avvenuto lo scorso 7 gennaio a Zliten, pochi chilometri a est di Misurata, città che teoricamente dovrebbe ospitare le milizie più forti del paese, l'Isis ha dimostrato di poter colpire duramente anche a pochi chilometri dal governo filo-islamista di Tripoli. Nella stessa giornata i terroristi dello Stato islamico hanno lanciato un attacco kamikaze contro un posto di blocco delle milizie locali di Ras Lanuf, sede della più importante raffineria di petrolio del paese, un complesso petrolchimico, gli oleodotti di Defa-Ras Lanuf, Amal-Ras Lanuf e Messla-Ras Lanuf. La raffineria di Ras Lanuf attualmente non è attiva per l'alta percentuale di materiale tossico (mercurio) registrata nella struttura, ma potrebbe essere facilmente utilizzata dai miliziani dello Stato islamico per produrre e vendere derivati petroliferi e autofinanziarsi.
I miliziani dell'Isis hanno già lanciato un primo, violentissimo attacco al vicino porto petrolifero di Sidra, anch'esso difeso dalle milizie che fanno capo a Ibrahim Jadran. Personaggio controverso, Jadran è un ex comandante militare dei ribelli anti Gheddafi, divenuto in seguito leader di un movimento autonomista della Cirenaica. Fallito il suo progetto, si è autoproclamato comandante delle Guardie per la difesa delle strutture petrolifere (Pfg). Jadran si starebbe coordinando con il governo di Tripoli nella lotta contro lo Stato islamico."Sebbene fossero prima nemici, ora c'è un accordo tra il governo di Tripoli e Jadran, per cui vengono inviate munizioni via mare da Misurata a Ras Lanuf - ha detto un combattente di Misurata a Middle East Eye - questo è uno sviluppo inaspettato ma ora abbiamo un nemico comune e il governo di Tripoli ritiene che possa si negoziare con Jadran, considerata l'impossibilità di trattare con l'Isis".
Così la vede Il Giornale. Gli altri siti non riportano la notizia.
I primi caccia sorvolano la Libia: la guerra al Califfato è imminente
Da giorni caccia "non identificati" sorvolano la città di Sirte in previsione di attacchi aerei. L'America pronta a guidare una coalizione per fermare la minaccia islamista ai pozzi petroliferi
Andrea Indini - Mar, 12/01/2016 - 13:00
La Libia è in fiamme. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia sono pronti a intervenire militarmente. I tre Paesi occidentali, secondo Sky Arabia, stanno progettando raid contro gli obiettivi dello Stato islamico.
Libia, Renzi convoca ministri e i vertici della sicurezza
L'obiettivo è fermare l'offensiva del gruppo jihadista sulla zona della mezza luna petrolifera. Da giorni i media libici danno notizia di caccia "non identificati" che sorvolano la città di Sirte in previsione di attacchi aerei.
Nei dieci campi petroliferi, da poco conquistati dal Califfato nell'est della Libia, sono dispiegati circa 5mila tagliagole dello Stato islamico. Tanto che la compagnia petrolifera libica National oil corporation (Noc) ha svuotato i serbatoi di stoccaggio del petrolio a Ras Lanuf, nella Cirenaica, come precauzione dopo gli attacchi condotti la scorsa settimana dalle milizie islamiste. "Il petrolio - spiega Mohamed al Manfi, funzionario per la compagnia nella Libia orientale, all'emittente al Arabiya - immagazzinato nei serbatoi è stato trasferito in un'area più sicura". Con gli attacchi della scorsa settimana nei principali porti petroliferi di Sidra e Ras Lanuf lo Stato islamico ha dimostrato di essere in grado di minacciare la principale risorsa della Libia. Oltre ai due porti le milizie del Califfato minacciano anche Marsa al Brega, area dove Snamprogetti e Saipem hanno realizzato importanti impianti e raffinerie.
Secondo i servizi di intelligence internazionale, lo Stato islamico sarebbe in grado di contendere il controllo dei terminal di esportazione e dei centri di raffinazione della cosiddetta Mezzaluna petrolifera alle milizie tribali locali. Approfittando del vuoto politico che paralizza la Libia dall'estate del 2014, i miliziani che hanno giurato fedeltà ad Abu Bakr al Baghdadi, hanno esteso il proprio dominio su oltre 300 chilometri di costa libica, da Sirte a Ben Giauad (Ben Jawad) nel centro del paese, da Derna e Bengasi in piena Cirenaica. Mentre a ovest la presenza dello Stato islamico è contrastata soprattutto dall'Esercito libico agli ordini del generale Khalifa Haftar, ministro della Difesa del governo espressione del parlamento in esilio a Tobruk, l'area costiera che va da Sirte a Sidra (as Sidra) appare saldamente in mano ai jihadisti. Con il sanguinoso attentato terroristico avvenuto lo scorso 7 gennaio a Zliten, pochi chilometri a est di Misurata, città che teoricamente dovrebbe ospitare le milizie più forti del paese, l'Isis ha dimostrato di poter colpire duramente anche a pochi chilometri dal governo filo-islamista di Tripoli. Nella stessa giornata i terroristi dello Stato islamico hanno lanciato un attacco kamikaze contro un posto di blocco delle milizie locali di Ras Lanuf, sede della più importante raffineria di petrolio del paese, un complesso petrolchimico, gli oleodotti di Defa-Ras Lanuf, Amal-Ras Lanuf e Messla-Ras Lanuf. La raffineria di Ras Lanuf attualmente non è attiva per l'alta percentuale di materiale tossico (mercurio) registrata nella struttura, ma potrebbe essere facilmente utilizzata dai miliziani dello Stato islamico per produrre e vendere derivati petroliferi e autofinanziarsi.
I miliziani dell'Isis hanno già lanciato un primo, violentissimo attacco al vicino porto petrolifero di Sidra, anch'esso difeso dalle milizie che fanno capo a Ibrahim Jadran. Personaggio controverso, Jadran è un ex comandante militare dei ribelli anti Gheddafi, divenuto in seguito leader di un movimento autonomista della Cirenaica. Fallito il suo progetto, si è autoproclamato comandante delle Guardie per la difesa delle strutture petrolifere (Pfg). Jadran si starebbe coordinando con il governo di Tripoli nella lotta contro lo Stato islamico."Sebbene fossero prima nemici, ora c'è un accordo tra il governo di Tripoli e Jadran, per cui vengono inviate munizioni via mare da Misurata a Ras Lanuf - ha detto un combattente di Misurata a Middle East Eye - questo è uno sviluppo inaspettato ma ora abbiamo un nemico comune e il governo di Tripoli ritiene che possa si negoziare con Jadran, considerata l'impossibilità di trattare con l'Isis".
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Re: La Terza Guerra Mondiale
I GIORNI DEL KAOS
Anno bisesto, anno funesto”, recita il detto. Ma perché si dice così? Le ragioni sono da ricercarsi in tempi molto remoti. I primi a pensare che l’anno bisestile fosse un anno funesto, furono gli antichi romani che diffusero questa credenza in tutte le zone dell’Impero
Venti di guerra nel Mediterraneo. Usa: "Pronti a inviare una flotta"
Un funzionario americano a Sputnik: "Si potrebbe dire che a causa del problema dei migranti e della maggiore presenza e capacità navale russa, si sta valutando una presenza navale permanente nel Mediterraneo"
Andrea Riva - Mar, 12/01/2016 - 11:03
commenta
Sale la tensione nelle acque del Mediterraneo. Secondo quanto riporta Franco Iacch su Difesa Online, "il Pentagono starebbe valutando il rischieramento permanente di una forza navale (...) per far fronte alla crisi dei migranti ed in risposta alle maggiori capacità navali russe.
È quanto trapela da Mosca, secondo indiscrezioni ottenute da fonti ufficiali della US Navy".
Il motivo di questa iniziativa è da ricercare nel fatto che i quattro cacciatorpediniere lanciamissili di stanza a Rota, in Spagna, vengono utilizzati molto spesso: "Il nuovo contesto nella Regione, impone, rischieramenti a lungo termine in missione specifiche". Come ha spiegato un funzionario americano a Sputnik: "Si potrebbe dire che a causa del problema dei migranti e della maggiore presenza e capacità navale russa, si sta valutando una presenza navale permanente nel Mediterraneo".
È proprio la potenza russa a intimorire maggiormente gli americani. Come riporta Iacch, "prima dell'annessione della Crimea, la Flotta da guerra del Mediterraneo era composta da undici navi. L’ammiraglia della Flotta (parliamo del rischieramento ufficiale che non tiene conto delle turnazioni ne delle unità che partecipano alla campagna in Siria) è l’incrociatore lanciamissili classe 'Slava', la carrier-killer 'Moskva'. Il gruppo da battaglia è formato dal cacciatorpediniere classe 'Udaloy', la 'Admiral Panteleyev', e dalle cacciatorpediniere lanciamissili classe 'Kashin-Mod', la 'Neustrashimy' e la 'Smetlivy'"
Anno bisesto, anno funesto”, recita il detto. Ma perché si dice così? Le ragioni sono da ricercarsi in tempi molto remoti. I primi a pensare che l’anno bisestile fosse un anno funesto, furono gli antichi romani che diffusero questa credenza in tutte le zone dell’Impero
Venti di guerra nel Mediterraneo. Usa: "Pronti a inviare una flotta"
Un funzionario americano a Sputnik: "Si potrebbe dire che a causa del problema dei migranti e della maggiore presenza e capacità navale russa, si sta valutando una presenza navale permanente nel Mediterraneo"
Andrea Riva - Mar, 12/01/2016 - 11:03
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Sale la tensione nelle acque del Mediterraneo. Secondo quanto riporta Franco Iacch su Difesa Online, "il Pentagono starebbe valutando il rischieramento permanente di una forza navale (...) per far fronte alla crisi dei migranti ed in risposta alle maggiori capacità navali russe.
È quanto trapela da Mosca, secondo indiscrezioni ottenute da fonti ufficiali della US Navy".
Il motivo di questa iniziativa è da ricercare nel fatto che i quattro cacciatorpediniere lanciamissili di stanza a Rota, in Spagna, vengono utilizzati molto spesso: "Il nuovo contesto nella Regione, impone, rischieramenti a lungo termine in missione specifiche". Come ha spiegato un funzionario americano a Sputnik: "Si potrebbe dire che a causa del problema dei migranti e della maggiore presenza e capacità navale russa, si sta valutando una presenza navale permanente nel Mediterraneo".
È proprio la potenza russa a intimorire maggiormente gli americani. Come riporta Iacch, "prima dell'annessione della Crimea, la Flotta da guerra del Mediterraneo era composta da undici navi. L’ammiraglia della Flotta (parliamo del rischieramento ufficiale che non tiene conto delle turnazioni ne delle unità che partecipano alla campagna in Siria) è l’incrociatore lanciamissili classe 'Slava', la carrier-killer 'Moskva'. Il gruppo da battaglia è formato dal cacciatorpediniere classe 'Udaloy', la 'Admiral Panteleyev', e dalle cacciatorpediniere lanciamissili classe 'Kashin-Mod', la 'Neustrashimy' e la 'Smetlivy'"
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Re: La Terza Guerra Mondiale
I GIORNI DEL KAOS
Se vera la notizia, i grillini e sindaca Rosa Capuozzo sono distrazioni di massa.
Top secret
Missione italiana in Libia: un C-130 preleva 15 soldati feriti
Il blitz è avvenuto nel segreto più totale e il governo ne ha data notizia solo a cose avvenute, quando tutto era andato per il verso giusto. L'altro ieri, alle prime luci dell'alba, un C-130 della nostra Aeronautica militare si è alzato in volo dall'aeroporto di Pratica di Mare. Si è trattato della prima missione in Libia di un paese della comunità internazionale dai tempi dei blitz dei caccia che poi portarono alla caduta del regime di Gheddafi e alla morte del Raìs. Obiettivo, soccorrere 15 feriti, tutti delle tribù di Misurata, vittime dell' attacco terroristico dell' Isis a una scuola di polizia a Zlitan, un paese satellite di Misurata. A bordo del C-13 venti fra medici e infermieri oltre al personale di sicurezza del Ministro dell' Interno. Alle 9.30 l' aereo è atterrato sulla pista dell' aeroporto di Misurata, atteso da un corteo di ambulanze e mezzi ospedalieri.
A richiedere l'intervento italiano era stato, due giorni prima, il premier incaricato a capo del Consiglio Presidenziale, Faiez al Sarraj, con una lettera formale a Palazzo Chigi. Il convoglio con i nostri medici, raggiunto l' ospedale di Misurata, ha prelevato i quindici feriti in grado di poter affrontare il viaggio e quindi ha fatto ritorno in aeroporto. Il velivolo della Difesa con gli ospiti libici a bordo è quindi atterrato verso le 14 a Roma-Ciampino. I feriti sono stati portati all'ospedale militare del Celio, a Roma. Due nel reparto di medicina intensiva, in prognosi riservata. Gli altri tredici, con fratture agli arti, ferite all' addome, e più in generale lesioni da scoppio, sono stati ricoverati in reparti ordinari del nosocomio.
http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... a--un.html
Se vera la notizia, i grillini e sindaca Rosa Capuozzo sono distrazioni di massa.
Top secret
Missione italiana in Libia: un C-130 preleva 15 soldati feriti
Il blitz è avvenuto nel segreto più totale e il governo ne ha data notizia solo a cose avvenute, quando tutto era andato per il verso giusto. L'altro ieri, alle prime luci dell'alba, un C-130 della nostra Aeronautica militare si è alzato in volo dall'aeroporto di Pratica di Mare. Si è trattato della prima missione in Libia di un paese della comunità internazionale dai tempi dei blitz dei caccia che poi portarono alla caduta del regime di Gheddafi e alla morte del Raìs. Obiettivo, soccorrere 15 feriti, tutti delle tribù di Misurata, vittime dell' attacco terroristico dell' Isis a una scuola di polizia a Zlitan, un paese satellite di Misurata. A bordo del C-13 venti fra medici e infermieri oltre al personale di sicurezza del Ministro dell' Interno. Alle 9.30 l' aereo è atterrato sulla pista dell' aeroporto di Misurata, atteso da un corteo di ambulanze e mezzi ospedalieri.
A richiedere l'intervento italiano era stato, due giorni prima, il premier incaricato a capo del Consiglio Presidenziale, Faiez al Sarraj, con una lettera formale a Palazzo Chigi. Il convoglio con i nostri medici, raggiunto l' ospedale di Misurata, ha prelevato i quindici feriti in grado di poter affrontare il viaggio e quindi ha fatto ritorno in aeroporto. Il velivolo della Difesa con gli ospiti libici a bordo è quindi atterrato verso le 14 a Roma-Ciampino. I feriti sono stati portati all'ospedale militare del Celio, a Roma. Due nel reparto di medicina intensiva, in prognosi riservata. Gli altri tredici, con fratture agli arti, ferite all' addome, e più in generale lesioni da scoppio, sono stati ricoverati in reparti ordinari del nosocomio.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
I GIORNI DEL KAOS
La Libia collassa: nella mani dell'Isis. Terrificante attacco, paura in Italia
I tagliagole alle porte
L'Isis avanza in Libia, a due passi dall'Italia. Dopo giorni di battaglia nell'Est del paese, i tagliagole attaccano anche ad ovest, nei pressi di Misurata. Una terrificante esplosione, infatti, ha devastato un campo di addestramento della polizia del governo di Tripoli: i primi bilanci parlano di 65 morti. Ad oggi, Tripoli e Misurata, sono controllate da milizie vicine ai fratelli musulmani, anche loro in lotta contro lo Stato islamico.
Nel frattempo, il capo delle forze armate libiche regolari, il generale Khalifa Haftar, ha ordinato in mattinata all'aviazione di "fermare con tutti i mezzi a disposizione" l'avanzata dell'Isis verso il centro petrolifero di Sidra: i tagliagole sono a circa 50 km dal porto, dopo aver assaltato alla vigilia il complesso industriale di Hindia, alle porte dell'altro terminal petrolifero di Ras Lanuf. Nel caso in cui l'Isis avanzasse oltre Ras Lanuf, uno dei maggiori scali petroliferi del Paese, potrebbe cadere tutta la Libia, con le disastrose conseguenze in termini di sicurezza anche per il nostro Paese.
La Libia, dunque, sull'orlo del disastro. Solo ieri, mercoledì 6 gennaio, si è registrato il più deciso attacco islamista contro Sirte, attacco orchestrato dalla nuova base di Ben Jawad, centro strategico dello Stato islamico nell'est del Paese. La base è stata presa a inizio settimana, e da Ben Jawad i tagliagole possono colpire con maggiore facilità le installazioni petrolifere
http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... adere.html
La Libia collassa: nella mani dell'Isis. Terrificante attacco, paura in Italia
I tagliagole alle porte
L'Isis avanza in Libia, a due passi dall'Italia. Dopo giorni di battaglia nell'Est del paese, i tagliagole attaccano anche ad ovest, nei pressi di Misurata. Una terrificante esplosione, infatti, ha devastato un campo di addestramento della polizia del governo di Tripoli: i primi bilanci parlano di 65 morti. Ad oggi, Tripoli e Misurata, sono controllate da milizie vicine ai fratelli musulmani, anche loro in lotta contro lo Stato islamico.
Nel frattempo, il capo delle forze armate libiche regolari, il generale Khalifa Haftar, ha ordinato in mattinata all'aviazione di "fermare con tutti i mezzi a disposizione" l'avanzata dell'Isis verso il centro petrolifero di Sidra: i tagliagole sono a circa 50 km dal porto, dopo aver assaltato alla vigilia il complesso industriale di Hindia, alle porte dell'altro terminal petrolifero di Ras Lanuf. Nel caso in cui l'Isis avanzasse oltre Ras Lanuf, uno dei maggiori scali petroliferi del Paese, potrebbe cadere tutta la Libia, con le disastrose conseguenze in termini di sicurezza anche per il nostro Paese.
La Libia, dunque, sull'orlo del disastro. Solo ieri, mercoledì 6 gennaio, si è registrato il più deciso attacco islamista contro Sirte, attacco orchestrato dalla nuova base di Ben Jawad, centro strategico dello Stato islamico nell'est del Paese. La base è stata presa a inizio settimana, e da Ben Jawad i tagliagole possono colpire con maggiore facilità le installazioni petrolifere
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Re: La Terza Guerra Mondiale
I GIORNI DEL KAOS
il manifesto 12.1.16
Libia, il piano della conquista
di Manlio Dinucci
«Il 2016 si annuncia molto complicato a livello internazionale, con tensioni diffuse anche vicino a casa nostra.
L’Italia c’è e farà la sua parte, con la professionalità delle proprie donne e dei propri uomini e insieme all’impegno degli alleati»: così Matteo Renzi ha comunicato agli iscritti del Pd la prossima guerra a cui parteciperà l’Italia, quella in Libia, cinque anni dopo la prima.
Il piano è in atto: forze speciali Sas – riporta «The Daily Mirror» – sono già in Libia per preparare l’arrivo di circa 1000 soldati britannici. L’operazione – «concordata da Stati uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia» – coinvolgerà circa 6000 soldati e marine statunitensi ed europei con l’obiettivo di «bloccare circa 5000 estremisti islamici, che si sono impadroniti di una dozzina dei maggiori campi petroliferi e, dal caposaldo Isis di Sirte, si preparano ad avanzare fino alla raffineria di Marsa al Brega, la maggiore del Nordafrica».
La gestione del campo di battaglia, su cui le forze Sas stanno istruendo non meglio identificati «comandanti militari libici», prevede l’impiego di «truppe, carrarmati, aerei e navi da guerra».
Per bombardare in Libia la Gran Bretagna sta inviando altri aerei a Cipro, dove sono già schierati 10 Tornado e 6 Typhoon per gli attacchi in Siria e Iraq, mentre un cacciatorpediniere si sta dirigendo verso la Libia. Sono già in Libia – conferma «Difesa Online» – anche alcuni team di Navy Seal Usa.
L’intera operazione sarà formalmente «a guida italiana». Nel senso che l’Italia si addosserà il compito più gravoso e costoso, mettendo a disposizione basi e forze per la nuova guerra in Libia. Non per questo avrà il comando effettivo dell’operazione. Esso sarà in realtà esercitato dagli Stati uniti attraverso la propria catena di comando e quella della Nato, sempre sotto comando Usa. Un ruolo chiave avrà lo «U.S. Africa Command», il Comando Africa degli Stati uniti: esso ha appena annunciato, l’8 gennaio, il «piano quinquennale» di una campagna militare per «fronteggiare le crescenti minacce provenienti dal continente africano».
Tra i suoi principali obiettivi, «concentrare gli sforzi sullo Stato fallito della Libia, contenendo l’instabilità nel paese».
Fu il Comando Africa degli Stati uniti, nel 2011, a dirigere la prima fase della guerra, poi diretta dalla Nato sempre sotto comando Usa, che con forze infiltrate e 10mila attacchi aerei demolì la Libia trasformandola in uno «Stato fallito». Ora il Comando Africa è pronto a intervenire di nuovo per «contenere l’instabilità nel paese», e lo è anche la Nato che, ha dichiarato il segretario generale Stoltenberg, è «pronta a intervenire in Libia».
E di nuovo l’Italia sarà la principale base di lancio dell’operazione. Due dei comandi subordinati dello «U.S. Africa Command» si trovano in Italia: a Vicenza quello dello «U.S. Army Africa» (Esercito Usa per l’Africa), a Napoli quello delle «U.S. Naval Forces Africa» (Forze navali Usa per l’Africa). Quest’ultimo è agli ordini di un ammiraglio Usa, che è anche a capo delle Forze navali Usa in Europa, del Jfc Naples (Comando Nato con quartier generale a Lago Patria) e, ogni due anni, della Forza di risposta Nato. L’ammiraglio è a sua volta agli ordini del Comandante supremo alleato in Europa, un generale Usa nominato dal Presidente, che allo stesso tempo è a capo del Comando europeo degli Stati uniti.
In tale quadro si svolgerà la «guida italiana» della nuova guerra in Libia, il cui scopo reale è l’occupazione delle zone costiere economicamente e strategicamente più importanti.
Guerra che, come quella del 2011, sarà presentata quale «operazione di peacekeeping e umanitaria».
il manifesto 12.1.16
Libia, il piano della conquista
di Manlio Dinucci
«Il 2016 si annuncia molto complicato a livello internazionale, con tensioni diffuse anche vicino a casa nostra.
L’Italia c’è e farà la sua parte, con la professionalità delle proprie donne e dei propri uomini e insieme all’impegno degli alleati»: così Matteo Renzi ha comunicato agli iscritti del Pd la prossima guerra a cui parteciperà l’Italia, quella in Libia, cinque anni dopo la prima.
Il piano è in atto: forze speciali Sas – riporta «The Daily Mirror» – sono già in Libia per preparare l’arrivo di circa 1000 soldati britannici. L’operazione – «concordata da Stati uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia» – coinvolgerà circa 6000 soldati e marine statunitensi ed europei con l’obiettivo di «bloccare circa 5000 estremisti islamici, che si sono impadroniti di una dozzina dei maggiori campi petroliferi e, dal caposaldo Isis di Sirte, si preparano ad avanzare fino alla raffineria di Marsa al Brega, la maggiore del Nordafrica».
La gestione del campo di battaglia, su cui le forze Sas stanno istruendo non meglio identificati «comandanti militari libici», prevede l’impiego di «truppe, carrarmati, aerei e navi da guerra».
Per bombardare in Libia la Gran Bretagna sta inviando altri aerei a Cipro, dove sono già schierati 10 Tornado e 6 Typhoon per gli attacchi in Siria e Iraq, mentre un cacciatorpediniere si sta dirigendo verso la Libia. Sono già in Libia – conferma «Difesa Online» – anche alcuni team di Navy Seal Usa.
L’intera operazione sarà formalmente «a guida italiana». Nel senso che l’Italia si addosserà il compito più gravoso e costoso, mettendo a disposizione basi e forze per la nuova guerra in Libia. Non per questo avrà il comando effettivo dell’operazione. Esso sarà in realtà esercitato dagli Stati uniti attraverso la propria catena di comando e quella della Nato, sempre sotto comando Usa. Un ruolo chiave avrà lo «U.S. Africa Command», il Comando Africa degli Stati uniti: esso ha appena annunciato, l’8 gennaio, il «piano quinquennale» di una campagna militare per «fronteggiare le crescenti minacce provenienti dal continente africano».
Tra i suoi principali obiettivi, «concentrare gli sforzi sullo Stato fallito della Libia, contenendo l’instabilità nel paese».
Fu il Comando Africa degli Stati uniti, nel 2011, a dirigere la prima fase della guerra, poi diretta dalla Nato sempre sotto comando Usa, che con forze infiltrate e 10mila attacchi aerei demolì la Libia trasformandola in uno «Stato fallito». Ora il Comando Africa è pronto a intervenire di nuovo per «contenere l’instabilità nel paese», e lo è anche la Nato che, ha dichiarato il segretario generale Stoltenberg, è «pronta a intervenire in Libia».
E di nuovo l’Italia sarà la principale base di lancio dell’operazione. Due dei comandi subordinati dello «U.S. Africa Command» si trovano in Italia: a Vicenza quello dello «U.S. Army Africa» (Esercito Usa per l’Africa), a Napoli quello delle «U.S. Naval Forces Africa» (Forze navali Usa per l’Africa). Quest’ultimo è agli ordini di un ammiraglio Usa, che è anche a capo delle Forze navali Usa in Europa, del Jfc Naples (Comando Nato con quartier generale a Lago Patria) e, ogni due anni, della Forza di risposta Nato. L’ammiraglio è a sua volta agli ordini del Comandante supremo alleato in Europa, un generale Usa nominato dal Presidente, che allo stesso tempo è a capo del Comando europeo degli Stati uniti.
In tale quadro si svolgerà la «guida italiana» della nuova guerra in Libia, il cui scopo reale è l’occupazione delle zone costiere economicamente e strategicamente più importanti.
Guerra che, come quella del 2011, sarà presentata quale «operazione di peacekeeping e umanitaria».
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Re: La Terza Guerra Mondiale
I GIORNI DEL KAOS
Libia, al-Qaeda minaccia l’Italia in un video: “Avete occupato Tripoli, ve ne pentirete”
Mondo
Il numero due dell'organizzazione nel Maghreb, l’algerino Abu Ubaydah Yusuf al-Anabi, si rivolge agli "invasori italiani": "Sarete umiliati e sottomessi"
di F. Q. | 14 gennaio 2016
“L’Italia romana ha occupato Tripoli. Se ne pentirà“. La minaccia arriva dal numero due di al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), l’algerino Abu Ubaydah Yusuf al-Anabi, in un video di 23 minuti e 24 secondi il cui contenuto è stato rivelato dall’agenzia mauritana ‘al-Akhbar’, che ne ha ricevuto una copia. Nel filmato si avvertono anche gli “invasori” italiani che si pentiranno e che saranno “umiliati e sottomessi”.
Per Anabi, inserito a settembre 2015 dagli Usa nella lista dei terroristi più ricercati, quello in corso in Libia è un “complotto”, a partire dall’accordo firmato a dicembre a Skhirat dai rappresentanti dei parlamenti di Tripoli e Tobruk, fino alla cosiddetta “occupazione” da parte dell’Italia. Secondo il terrorista, “un generale italiano”, di cui non fornisce altri dettagli, “è a capo di un governo fantoccio di cui fa parte gente della nostra razza che ha venduto la sua religione”, alla stregua di quanto accadde in Iraq con “la nomina di Paul Bremer dopo la campagna criminale di George Bush“, per non parlare di come “il suo compagno di crimini Donald Rumsfeld ha insozzato Baghdad”.
Rivolgendosi ai partecipanti a quella riunione, Anabi ribadisce che Aqmi “non accetterà i risultati delle vostre conferenze e non tacerà di fronte ai vostri complotti. Se volete mettere le mani sulla nostra gente e le nostre risorse, dovrete passare sui nostri resti, poiché noi siamo un popolo che non si arrende, o vinciamo o moriamo”. Al termine del suo discorso, Anabi lancia una minaccia “ai nuovi invasori, i nipoti di (Rodolfo, ndr) Graziani”, con riferimento al generale che ricoprì diversi incarichi di comando in epoca fascista e durante le guerre coloniali italiane. “Vi morderete le mani pentendovi di essere entrati nella terra di Omar al-Mukhtar (il combattente libico che guidò la resistenza all’occupazione italiana, ndr) e ne uscirete umiliati e sottomessi, con il permesso di Dio”, ha avvertito il terrorista.
Nel video, che inizia con 8 minuti di estratti di rapporti e notizie pubblicati sui media e frasi pronunciate da responsabili libici, Anabi spiega che “con le rivoluzioni arabe l’Occidente crociato ha assistito al ritorno dei musulmani alla loro religione, ha preso atto del loro desiderio ostinato di applicare la sharia, e non ha trovato altro rimedio che tornare a occupare quei territori, mettendo le sue avide mani sulle ricchezze e sul petrolio e continuare a controllarli”.
Per Anabi “la minoranza euro-americana controlla il mondo in generale e la nostra ummah (comunità, ndr) musulmana in particolare”, mentre “chi non si rassegna e resiste è definito un terrorista ed è ricercato vivo o morto”, laddove “il concetto di terrorismo mira a diffamare il jihad”. Ai libici chiede di “trovare l’unanimità, unificare i discorsi, ordinare le fila e chiarire le divergenze” contro il “complotto” in corso. “La culla delle conquiste nel grande Maghreb è stata consegnata senza colpo ferire a un generale italiano che ruba le sue risorse, umilia i suoi uomini e viola i suoi simboli sacri. Non sarebbe stato meglio se la riunione di Skhirat fosse stata destinata alla liberazione di Ceuta e Melilla?”, si chiede Anabi con riferimento alle due enclave spagnole nel nord del Marocco.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01 ... e/2374309/
Libia, al-Qaeda minaccia l’Italia in un video: “Avete occupato Tripoli, ve ne pentirete”
Mondo
Il numero due dell'organizzazione nel Maghreb, l’algerino Abu Ubaydah Yusuf al-Anabi, si rivolge agli "invasori italiani": "Sarete umiliati e sottomessi"
di F. Q. | 14 gennaio 2016
“L’Italia romana ha occupato Tripoli. Se ne pentirà“. La minaccia arriva dal numero due di al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), l’algerino Abu Ubaydah Yusuf al-Anabi, in un video di 23 minuti e 24 secondi il cui contenuto è stato rivelato dall’agenzia mauritana ‘al-Akhbar’, che ne ha ricevuto una copia. Nel filmato si avvertono anche gli “invasori” italiani che si pentiranno e che saranno “umiliati e sottomessi”.
Per Anabi, inserito a settembre 2015 dagli Usa nella lista dei terroristi più ricercati, quello in corso in Libia è un “complotto”, a partire dall’accordo firmato a dicembre a Skhirat dai rappresentanti dei parlamenti di Tripoli e Tobruk, fino alla cosiddetta “occupazione” da parte dell’Italia. Secondo il terrorista, “un generale italiano”, di cui non fornisce altri dettagli, “è a capo di un governo fantoccio di cui fa parte gente della nostra razza che ha venduto la sua religione”, alla stregua di quanto accadde in Iraq con “la nomina di Paul Bremer dopo la campagna criminale di George Bush“, per non parlare di come “il suo compagno di crimini Donald Rumsfeld ha insozzato Baghdad”.
Rivolgendosi ai partecipanti a quella riunione, Anabi ribadisce che Aqmi “non accetterà i risultati delle vostre conferenze e non tacerà di fronte ai vostri complotti. Se volete mettere le mani sulla nostra gente e le nostre risorse, dovrete passare sui nostri resti, poiché noi siamo un popolo che non si arrende, o vinciamo o moriamo”. Al termine del suo discorso, Anabi lancia una minaccia “ai nuovi invasori, i nipoti di (Rodolfo, ndr) Graziani”, con riferimento al generale che ricoprì diversi incarichi di comando in epoca fascista e durante le guerre coloniali italiane. “Vi morderete le mani pentendovi di essere entrati nella terra di Omar al-Mukhtar (il combattente libico che guidò la resistenza all’occupazione italiana, ndr) e ne uscirete umiliati e sottomessi, con il permesso di Dio”, ha avvertito il terrorista.
Nel video, che inizia con 8 minuti di estratti di rapporti e notizie pubblicati sui media e frasi pronunciate da responsabili libici, Anabi spiega che “con le rivoluzioni arabe l’Occidente crociato ha assistito al ritorno dei musulmani alla loro religione, ha preso atto del loro desiderio ostinato di applicare la sharia, e non ha trovato altro rimedio che tornare a occupare quei territori, mettendo le sue avide mani sulle ricchezze e sul petrolio e continuare a controllarli”.
Per Anabi “la minoranza euro-americana controlla il mondo in generale e la nostra ummah (comunità, ndr) musulmana in particolare”, mentre “chi non si rassegna e resiste è definito un terrorista ed è ricercato vivo o morto”, laddove “il concetto di terrorismo mira a diffamare il jihad”. Ai libici chiede di “trovare l’unanimità, unificare i discorsi, ordinare le fila e chiarire le divergenze” contro il “complotto” in corso. “La culla delle conquiste nel grande Maghreb è stata consegnata senza colpo ferire a un generale italiano che ruba le sue risorse, umilia i suoi uomini e viola i suoi simboli sacri. Non sarebbe stato meglio se la riunione di Skhirat fosse stata destinata alla liberazione di Ceuta e Melilla?”, si chiede Anabi con riferimento alle due enclave spagnole nel nord del Marocco.
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