Integrazione, razzismo e razzismo inverso

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
camillobenso
Messaggi: 17353
Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

QUANDO I CONTI NON TORNANO



L'aspettativa di vita aumenta. -------------- VERO

Il tasso di fertilità cala. ----------------------- VERO in parte

L'economia peggiora. ---------------------------. VERO

Fattori che mettono a rischio
il welfare nel Vecchio Continente. -----------. VERO


La soluzione?

Per continuare a pagare le pensioni degli europei servono molti più migranti



VERO, solo in parte.





Far entrare 1,8 milioni di stranieri all'anno. Quasi il doppio rispetto ad oggi. Seguendo l'esempio degli Stati Uniti. Far entrare 1,8 milioni di stranieri all'anno. Quasi il doppio rispetto ad oggi. Seguendo l'esempio degli Stati Uniti. Lo dice uno studio della banca svizzera Ubs


La prima obiezione, sorge spontanea.

Lo dice uno studio della banca svizzera Ubs

Sembra che questo documento sia stato commissionato da TIM COOK (l’ormai mitico personaggio introdotto dall’inizio nell’ultima stagione da Maurizio CROZZA, nel Crozza nel Paese delle Meraviglie
- https://www.youtube.com/watch?v=AE3p4mMPZco)
camillobenso
Messaggi: 17353
Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

QUANDO I CONTI NON TORNANO



Non bisogna essere dei geni per capire che quando si intraprende uno studio come quello intrapreso dall'UBS, che è sfociato nell'affermare che occorrono 1,8 milioni di stranieri all'anno, ripreso da l'Espresso con l'articolo:

Per continuare a pagare le pensioni degli europei servono molti più migranti


occorre prendere in considerazione il problema osservandolo attentamente da 360 gradi.

Sempre l'Espresso, pubblica sul suo sito, in modo completamente slegato dal servizio precedente, questo articolo sull'automazione, che va nella direzione opposta da quanto pubblicato dagli gnomi svizzeri, molto vicini a Tim Cook.

Ps: Ieri i tg hanno mandato in onda un servizio sull'impiego dei droni nella poste con un prototipo presentato ai tedeschi per l'uso civile di questo mezzo per ora impiegato per uso militare. In prospettiva, postini addio.

^^^^^^^^^


Scenari
La quarta rivoluzione industriale? Ci costerà 5 milioni di posti. Ma l'Italia fa finta di nulla
Le nuove tecnologie potrebbero avere un effetto negativo sull'occupazione da qui al 2020. Il World economic forum indica però le possibili soluzioni. Che il nostro Paese sta applicando poco e male
di Paolo Fiore
19 gennaio 2016


La quarta rivoluzione industriale? Ci costerà 5 milioni di posti. Ma l'Italia fa finta di nulla.[/color][/size](Pensare che il prence, Demetrios Parculos, al secolo Matteo La Qualunque, possa affrontare il problema, è completamente assurdo. Non serve a portargli voti. Anzi, il contrario, perché è un tema che non sanno come affrontare, nè lui né i suoi chierici-ndt)


Robot e stampanti 3D ci costeranno 5 milioni di posti di lavoro. Colpa dell'innovazione? No. Colpa di politiche del lavoro e formazione che non non tengono il passo del mercato. Lo afferma il World economic forum nel report "The future of jobs" .

A guidare quella che il Wef definisce "quarta rivoluzione industriale" saranno mobile, cloud technology, big data, energie rinnovabili, internet of things, sharing economy, robotica, veicoli autonomi, intelligenza artificiale, biotecnologie e stampa 3D.

Il report stima che esuberi, automazione e disintermediazione porteranno a una perdita di 7,1 milioni di posti di lavoro. Allo stesso tempo, ne verranno creati 2,1 milioni, in comparti sempre più specializzati.

La quarta rivoluzione industriale non dipende solo dai settori in rapida evoluzione, ma anche dal mondo nel quale si sviluppano. Cambierà la natura stessa del lavoro, diventando sempre più flessibile. Incideranno anche il rafforzamento delle classi medie nei mercati emergenti (con Cina e India in testa), i cambiamenti climatici e lo sfruttamento delle risorse naturali, l'instabilità geopolitica. Ma cambieranno anche i consumatori, sempre più attenti a sostenibilità e privacy. La longevità (vedi alla voce pensioni) sarà un fattore determinante, così come l'emergere del fattore "d": le donne saranno una forza demografica e lavorativa. A patto di volerlo.

Sarà un mondo del lavoro a due velocità. Le nuove opportunità lavorative arriveranno da architettura, ingegneria, matematica e informatica. Mentre pagheranno il settore amministrativo (nel quale si concentrano i due terzi dei posti persi) e il manifatturiero, "soprattutto a causa di tecnologie come le stampanti 3D".

Prima di riscoprire il luddismo del terzo millennio, però, sarebbe meglio leggere il commento di Klaus Schwab, fondatore del Wef, che accompagna il report: "Senza azioni urgenti e indirizzate per gestire questa transizione e costruire una forza lavoro capace di affrontare le nuove competenze, i governi dovranno affrontare disoccupazione, diseguaglianza e riduzione dei consumi senza precedenti". Non si tratta di un orizzonte lontano: tutto avverrà da qui al 2020, nell'arco di quattro anni.

Che cosa serve all'Italia
L'Italia non fa eccezione: l'outlook sull'occupazione dei prossimi anni è negativo. A risentirne saranno soprattutto il settore commerciale, quello amministrativo e il manifatturiero. Ma anche pesca, allevamento e agricoltura. Cresceranno invece la logistica, i servizi legali e finanziari. E i posti di lavoro legati all'informatica e all'ingegneria.

Il cambiamento è più lento del necessario. L'incapacità di capirne la portata è solo una delle spiegazioni. E, almeno in Italia, non la principale. Il report ha infatti chiesto alle imprese quali siano le barriere che impediscono un cambio di passo. E qui emergono le prime differenze tra i Paesi esaminati. In Gran Bretagna e Germania, a guidare la classifica sono "la mancata comprensione del cambiamento" e la "penuria di risorse" a disposizione. I francesi puntano il dito contro la distanza tra le competenze della forza lavoro attuale e quelle richieste dall'innovazione. E l'Italia? La "scarsa comprensione" è terza. La crisi solo seconda. Primeggia invece la miopia, che il report chiama "pressione degli azionisti e obiettivi di breve termine".

Lo dice anche il World economic forum: se i governi (ancor prima delle imprese) non si muovono, si va incontro a un quadro "senza precedenti" (in negativo). Quali sarebbero allora i passi da fare? Anche questa domanda è stata rivolta agli specialisti italiani del settore. Che puntano su riqualificazione dei lavoratori, un rapporto più stretto tra scuola e imprese, mobilità, capacità di attrarre talenti e (in fondo alla classifica) valorizzazione del talento femminile. Un elenco che fa emergere lo scollamento tra la realtà e quello che servirebbe.

Se la formazione (digitale) è solo un dettaglio
Nella lista dei desideri primeggiano gli "investimenti per la riqualificazione dei dipendenti attuali". In primis verso le competenze digitali. Eppure la riqualificazione è spesso demandata agli stati di crisi, come medicina e non come vaccino.

Non funziona neppure la formazione. I centri per l'impiego restano inefficienti e le ore di formazione all'interno delle aziende sono pochissime. L'Osservatorio delle Competenze Digitali ha sottolineato il ritardo nella transizione, anche a causa di una formazione povera, ridotta a dettaglio: le giornate di formazione sono in media 6,2 all'anno nelle aziende Ict , 4 nella pubblica amministrazione e 3 nelle aziende utenti.

La catena scuola-lavoro non funziona
L'Osservatorio mette in luce anche un'altra crepa (anch'essa indicata dal Wef tra i fattori di cambiamento): la "collaborazione con scuole e università". C'è ancora "un gap di competenze" tra domanda delle imprese e offerta di competenze. In altre parole: le aziende hanno fame di lavoratori (ingegneri e informatici su tutti) che nessuno produce. "Scuola e università – si legge nel report – dovranno rivedere e adeguare la propria offerta formativa ad un mercato del lavoro che necessita sempre più di professionalità digitali".

Il 60 per cento delle aziende dichiara di avere rapporti continuativi con il mondo accademico. Ma poche partecipano ai comitati di indirizzo dei corsi di studio. Ancora più malmesso è il canale tra imprese e istituti tecnici: solo un'azienda su quattro è legata alle scuole. Nel complesso è "basso" il livello di conoscenza dell’offerta di formazione specialistica da parte delle imprese.

E se si allarga lo sguardo anche ai licei, il quadro peggiora: solo il 9 per cento degli studenti delle scuole superiori è stato coinvolto nell'alternanza scuola-lavoro. È l'ultima scommessa di Matteo Renzi e della sua Buona Scuola: stimolare l'osmosi con 200 ore di formazioni negli ultimi 3 anni di liceo e 400 negli istituti tecnici e professionali. Ma non si conoscono ancora il destino dei 100 milioni di finanziamenti stanziati, la sorte della Carta dei diritti e dei doveri degli studenti e il destino del Registro nazionale dell'alternanza (che dovrebbe includere le imprese disposte a collaborare con le scuole).

Italia bella ma non attraente
Nella rivoluzione industriale 4.0, "la capacità di attrarre talenti esteri" è indicato come altro fattore di sviluppo. Peccato che l'Italia sia lontana dalla top ten dei Paesi capaci di farlo (Svizzera, Singapore, Lussemburgo, Usa, Danimarca, Svezia, UK, Norvegia, Canada e Finlandia). L'Italia è 41esima, la peggiore tra le grandi economie mondiali. Non è solo una questione di salute economica (posizione 32) né di mercato del lavoro (91esima). L'Italia non è attraente anche perché "poco aperta verso l'estero: in questa voce è in 97esima piazza. "La mobilità è diventata un fattore chiave delle sviluppo", affermano gli autori dello studio Bruno Lanvin e Paul Evans. "Il talento non può essere sfruttato appieno se la mobilità internazionale e la 'circolazione dei cervelli' non viene incoraggiata".

Tra mobilità e posto fisso
Mobilità. Non solo dei cervelli. Per evitare che la quarta rivoluzione industriale incida sull'occupazione, occorre anche "flessibilità". O, per essere più precisi "supporto alla mobilità e rotazione dei posti di lavoro". Addio al posto fisso. Che però non significa disoccupazione ma un sostegno alle altre forme contrattuali e alle politiche attive. Lo statuto delle partite Iva, in attesa dei dettagli che arriveranno con la sua approvazione, dovrebbe estendere alcune garanzie ai lavoratori autonomi, visti finalmente come un categoria degna e non solo come una distorsione da correggere.

Le grandi assenti sono le politiche attive sul lavoro. Per i nuovi assunti, i vecchi contratti sono già un ricordo. Ma per chi è senza lavoro, l'efficienza dei centri per l'impiego è ancora un miraggio. E solo dal primo gennaio si è messa in moto l’Anpal, l'Agenzia nazionale che il Jobs Act ha previsto come centro direzionale delle politiche attive. Nel frattempo, però, si è creato un vuoto tra il posto fisso e il sostegno alla mobilità ancora da colmare.

Le donne e il talento dimenticato
Il Wef dedica un intero capitolo del report alle donne. "Un'impresa su quattro indica la valorizzazione del talento femminile come un fattore chiave" per il il lavoro del futuro. E il 53 per cento degli intervistati indica "la promozione della partecipazione femminile" come "una priorità".

In Italia, invece, il fattore "d" è relegato in fondo alla classifica. Ottavo motore di sviluppo su otto categorie. Guardando ai nostri vicini, per i tedeschi è al quinto posto. Per i francesi al terzo (al pari di mobilità e formazione). E sarà decisivo per un britannico su tre. Solo il 13 per cento degli intervistati italiani, invece, lo definisce strategicamente importante. E se questa è la premessa, nei prossimi anni quello femminile continuerà a essere talento sprecato.


http://espresso.repubblica.it/affari/20 ... =HEF_RULLO
paolo11
Messaggi: 3688
Iscritto il: 22/02/2012, 14:30

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da paolo11 »

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... e/2184874/
I bambini che in Italia vivono in povertà assoluta sono 1 milione e 45mila: l’8,7% del totale. Secondo l’ultimo dossier Istat, il fenomeno interessa 571mila famiglie ed è in aumento: nel 2014 i minori in precarie condizioni economiche sono raddoppiati rispetto al 2011 e triplicati rispetto al 2008, anno di inizio della crisi.
“Vivono in prevalenza in famiglie con un solo occupato – spiega l’Istat – con a capo una persona con basso profilo professionale o con basso titolo di studio. Il Mezzogiorno mostra l’incidenza più elevata ma circa la metà dei minori in povertà assoluta vive al Nord con famiglie composte da genitori stranieri e residenti in aree metropolitane”.
Oltre alla provenienza geografica a incidere sul fenomeno è la numerosità del nucleo familiare: la maggiore diffusione della povertà assoluta si osserva, infatti, nelle famiglie con almeno tre figli: in questo caso quasi un quinto delle famiglie (18,6%) si trova in difficoltà economiche; il doppio rispetto alle famiglie con due minori e tripla rispetto a quelle con un unico figlio.
Per quanto riguarda le fasce d’eta, invece, la quota di poveri assoluti più elevata (11,2%) è tra i 14 e 17 anni, pari 291mila adolescenti. Tuttavia il maggior numero assoluto di poveri è nella classe di età 7-13 anni con 407mila bambini. Essendo però la fascia più numerosa incide meno in termini percentuali (10,3%). Meno colpiti risultano invece i più piccoli: 193mila i poveri da 0 a 3 anni (9,6%) e 155mila tra i 4 e i 6 anni (8,1%).
Da sottolineare infine che se si hanno due genitori stranieri
si hanno più probabilità di vivere in precarie condizioni economiche: il 37,3%, è in povertà assoluta per un totale di 406 mila minori. L’incidenza si mantiene elevata anche tra quelli in famiglie miste, il 19,8% pari a 84mila. Quindi su un totale di 1 milione e 45 mila minori in povertà assoluta, 430mila sono stranieri.
...........................
Ciao
Paolo11
camillobenso
Messaggi: 17353
Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

Email

Sicilia
Medici Senza Frontiere: "Pozzallo è invivibile per i migranti. Ecco perché ce ne andiamo"
Bagni senza porte. Nessuna area per il trattamento di malattie specifiche. Infestazioni di blatte. Le condizioni del centro di primo soccorso, diventato hot spot per il riconoscimento dei nuovi arrivati, sono critiche. I sanitari di MSF spiegano perché tra qualche giorno lo lasceranno: "Così il nostro lavoro è vano"
di Luciana Grosso
21 gennaio 2016



Medici Senza Frontiere: Pozzallo è invivibile per i migranti. Ecco perché ce ne andiamo
Una giovane migrante con il figlio appena sbarcata a Pozzallo
La data fissata è quella del 31 gennaio: sarà quello il giorno in cui i sanitari di Medici Senza Frontiere lasceranno il loro presidio di Pozzallo, dove dal febbraio 2015 hanno lavorato al fianco dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa.

Lì, nel centro di primo soccorso e accoglienza, che da ieri ospita anche il terzo hotspot italiano per il riconoscimento dei nuovi arrivati, il compito dei MSF era quella di aiutare i medici dell’Asl nelle prime attività di screening sanitario per chi sbarcava e di fornire, nei Centri di Accoglienza Straordinaria della Provincia di Ragusa, supporto psicologico e assistenza a vittime di eventi traumatici.

Un servizio che, tra pochi giorni, i Medici Senza Frontiere smetteranno di offrire e che tornerà completamente alla Asl, alla quale MSF forniva supporto esterno. Da febbraio scorso ha garantito circa 3000 consultazioni mediche e 800 consulti psicologici, su 15 mila arrivi.

Sulle ragioni di questa fuga, che da MSF dicono di non volere e, anzi, di aver fatto di tutto per evitare, non ci sono dubbi: “Sono mesi" dicono dall’associazione "che diciamo che le condizioni del CPSA sono insostenibili, e che le condizioni in cui vengono trattati i migranti rendono difficoltoso, ove non addirittura vano, il nostro operato”.

Nel lungo elenco delle ‘condizioni impossibili’ dell’ex dogana di Pozzallo dove ha sede il Centro di accoglienza straordinaria, compaiono sia la precaria situazione strutturale dell’edificio, che quelle del trattamento concreto dei migranti.

“Partiamo dal concreto: i bagni sono senza porte, cosa che oltre che poco igienica è poco dignitosa; lo scorso luglio c’è stata, forse per il caldo un’infestazione di blatte negli ambulatori; l’acqua calda non c’è o quasi, fatta eccezione per le primissime ore del mattino; abbiamo chiesto più volte che il centro si dotasse di un’area predisposta per il trattamento della scabbia visto che è la malattia più diffusa tra chi arriva qui e il cui trattamento prevede che il paziente sia completamente nudo: ma ancora una volta, niente e fino ad ora ci siamo arrangiati a usare i bagni, con una procedura antiigienica, poco dignitosa e persino pericolosa, visto che poi il pavimento rimane scivoloso per ore”.

Tutte lamentele che sono state scritte nero su bianco su un rapporto consegnato alle Commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattenimento dei migranti delle Camere lo scorso novembre ma che, salvo qualche lavoretto di manutenzione e la disinfestazione dagli insetti sono rimasti per lo più lettera morta.

“Faremmo molto volentieri a meno di andarcene- dice Claudia Lodesani, coordinatore medico del gruppo- e se da qui a dieci giorni, per miracolo, le condizioni di lavoro per noi e di permanenza per gli ospiti migliorassero, saremmo solo felici di restare”.

I problemi, a Pozzallo, non riguardano solo i muri, le porte e gli insetti, ma anche il modo in cui ci si sta chiusi dentro. “Chi arriva nel centro di Pozzallo- continua Lodesani-, benché non sia in nessun modo detenuto, spesso rimane lì per settimane, senza poter nemmeno uscire a prendere una boccata d’aria.Una condizione di claustrofobia che è pessima per chi, come è spesso il caso dei migranti, arriva da situazioni già traumatizzanti. L’unica porta del centro spesso rimane chiusa rendendo impraticabile anche l’unica cabina telefonica, che è all’esterno”.

Dunque un centro di assistenza che somiglia, benché non lo sia, a un centro di detenzione. Anzi no: forse è persino un po' peggio.

“A Pozzallo non esiste modo di separare gli uomini dalle donne, che devono convivere promiscuamente negli stessi locali, il che, in molti casi è culturalmente e psicologicamente problematico. La struttura del centro non permette una suddivisione degli ospiti accolti né per genere, né per età, né per vulnerabilità; manca poi un’ala specifica protetta dedicata all’accoglienza dei minori non accompagnati che condividono gli stessi spazi, inclusi i servizi igienici, degli adulti”.

Nel report consegnato alle camere a novembre MSF ha denunciato come le condizioni del centro abbiamo probabilmente generato “episodi di agitazione e sintomi di ansia di origine psicosomatica alcuni dei quali sfociati in atteggiamenti autolesionisti”.

“In queste condizioni, la nostra capacità di offrire una risposta efficace ai bisogni medici e psicologici delle persone vulnerabili - come le donne gravide, i minori e le vittime di tortura - accolte nel centro di Pozzallo e nei centri di accoglienza di Ragusa è estremamente limitata e anzi- continua Lodesani- ora che ha aperto il nuovo hotspot temiamo che le cose possano solo peggiorare”.


http://espresso.repubblica.it/attualita ... =HEF_RULLO
camillobenso
Messaggi: 17353
Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

Corriere 22.1.16
Il pericolo che corre l’Italia: migranti bloccati da noi senza varchi verso l’Europa

di Fiorenza Sarzanini

ROMA Il rischio per l’Italia è fin troppo evidente: tutti i migranti che arriveranno via mare rimarranno bloccati nel nostro Paese. Siamo infatti gli unici, insieme alla Grecia, a non poter chiudere uno dei confini più ampi, vale a dire il Mediterraneo. Ecco perché lunedì, durante la riunione dei ministri dell’Interno e della Giustizia che si svolgerà ad Amsterdam, il titolare del Viminale Angelino Alfano ribadirà che «la fine di Schengen rappresenterebbe la fine dell’Europa mentre cosa ben diversa è prevedere un rafforzamento dei controlli ai confini esterni dell’Unione che è il modo più efficace per salvare il trattato e dunque l’accordo tra gli Stati».
I segnali che arrivano in queste ore non appaiono affatto positivi. Da giorni numerosi Paesi hanno annunciato la decisione di bloccare gli ingressi liberi ai propri confini introducendo nuovamente il controllo dei documenti. Una misura per tentare di fermare un flusso migratorio che continua a crescere e cerca ogni strada possibile per arrivare in Europa. Si tratta di migliaia e migliaia di profughi, moltissime donne con bambini, che fuggono dalla Siria, ma anche da terre più lontane, martoriate dalle guerre e dalle persecuzioni. Persone che hanno diritto all’asilo politico, come del resto aveva riconosciuto nei mesi scorsi la cancelliera tedesca Angela Merkel, quando aveva invitato gli stranieri ad andare in Germania.
Una mossa ritenuta avventata sin da subito, che secondo gli analisti avrebbe spinto moltissimi profughi a mettersi in viaggio con il miraggio dell’accoglienza. L’Italia è stata certamente una delle mete privilegiate non soltanto da chi arrivava via terra, ma anche e soprattutto da chi ha scelto la via marittima. E adesso una nuova rotta rischia di aprirsi, anche prima che si decida di sospendere Schengen. È quella che passa per l’Albania e il Montenegro, strada alternativa che potrebbe essere scelta dagli scafisti per ricominciare a guadagnare sulla pelle dei disperati, proprio come avvenne quindici anni fa.
L’Italia chiederà dunque di mantenere aperti i valichi, puntando proprio sul rischio di un’invasione che non sarebbe in grado di sostenere. Perché, come ribadisce Alfano, «la norma che prevede di sospendere il trattato fino a due anni in caso di flusso straordinario è un tema che fu lasciato aperto con lungimiranza, ma avere questa clausola non significa che sia un bene adoperarla, soprattutto in un momento delicato come quello che stiamo affrontando».
Il nodo non appare comunque facile da sciogliere, anche perché i rapporti dell’Italia con i partner europei e anche con la Commissione guidata da Jean-Claude Juncker attraversano una fase di grave difficoltà e non è affatto escluso che questa ipotesi di ripristinare i controlli rappresenti una forma di pressione nei nostri confronti proprio per cercare di ottenere collaborazione su altri dossier. O comunque di isolare il nostro Paese, proprio come è già accaduto quando è stato chiesto di rivedere l’accordo di Dublino o la distribuzione dei profughi.
camillobenso
Messaggi: 17353
Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

Il TG7 delle 20,00 ha mandato in onda un servizio sui migranti che stanno transitando sulla via balcanina.

Una madre si trascina per mano un figlio tutto imbottito, cappotto, sciarpa, cappellino di lana regolamentare.

Con l'altra mano spinge un passeggino con a bordo l'altro figlio.

Sullo sfondo è presente la neve.

Queste scene le abbiamo già viste nel 1959 quando la Rai ad un canale, in bianco e nero, trasmetteva per la prima volta le immagini di chi era stato rastrellato in Europa alla fine degli anni '30 e nei primi anni '40, e scendeva dai vagoni piombati per l'ultima fermata della vita, prima di entrare nel campo di sterminio di Birkenau.

Anche in quelle scene faceva da sfondo la neve.

74 anni dopo si rivedono le stesse scene, anche se il destino non è Birkenau, ma è un punto di domanda.

Siamo gli stessi di allora. Abbiamo smarrito il senso dell'umanità.
camillobenso
Messaggi: 17353
Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

L’EMERGENZA MIGRANTI
Schengen, l’intesa Roma-Berlino «Per sospenderlo il sì di tutti»

http://www.corriere.it/cronache/16_genn ... 3b10.shtml



Il SI' DI TUTTI, mi sembra la condizione minima accettabile.


Ma le nazioni che non reggono questa emigrazione potranno non tenere conto delle realtà interne dei loro Paesi?????
camillobenso
Messaggi: 17353
Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

Questa decisione apre parecchi varchi nella situzione europea riguardante l'immigrazione.







CRISI MIGRANTI
La Svezia pronta a 80 mila rimpatri
«Voli speciali per rifugiati respinti»

Il ministro dell’Interno, Anders Ygeman: espulsioni di massa a bordo di charter.
Governo sotto pressione dopo l’uccisione dell’impiegata del centro per minori stranieri

di Alessandra Coppola



Un rimpatrio di massa, 60 mila richiedenti asilo la cui domanda è stata bocciata, «ma la cifra potrebbe arrivare fino a 80 mila».

È cambiato completamente l’approccio della Svezia alla crisi euro-mediterranea dei migranti.

E la dichiarazione del ministro dell’Interno, Anders Ygeman, ai media locali lo conferma.

Le espulsioni avvengono di norma a bordo di aerei di linea, ma Ygeman ha spiegato che per un rimpatrio così massiccio sarà necessario far ricorso a voli speciali.

Nell’arco di molti mesi, naturalmente, se non di anni.


Governo in difficoltà

È il segno, però, di una crescente difficoltà per il governo (pur socialdemocratico) di Stoccolma.

Il Paese, che conta meno di 10 milioni di abitanti, solo nel 2015 ha accolto 163 mila richiedenti asilo.

La media delle domande di protezione internazionale bocciate, ha sottolineato il ministro, è del 45 per cento, per cui è legittimo attendersi oltre 70 mila dinieghi.

L’apertura ai dissidenti politici o ai profughi di guerra è nel dna della sinistra scandinava, la Svezia conta decenni di politiche di aiuto, impostate dallo storico premier Olof Palme. Dai cileni perseguitati da Pinochet ai rifugiati del conflitto nella ex Jugoslavia.


Centri sovraffollati


L’arrivo in questi ultimi anni di centinaia di migliaia di profughi dalla Siria, dall’Iraq, dall’Eritrea, sta mettendo a dura prova un sistema finora rodato ed efficiente.



L’uccisione della giovane impiegata Alexandra Mezher, accoltellata martedì da un ragazzino straniero in un centro per minori non accompagnati alle porte di Göteborg, ha esasperato le polemiche nel Paese.





Sul sovraffollamento delle strutture, e alla fine sull’impossibilità di far fronte a un flusso di arrivi così imponente.


28 gennaio 2016 (modifica il 28 gennaio 2016 | 13:45)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.corriere.it/esteri/16_gennai ... 19c2.shtml
camillobenso
Messaggi: 17353
Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

Succede anche questo.

Non deve stupire. Siamo fatti così. Dobbiamo toccare con mano per capire.






Ora i migranti tornano in Iraq: "Si sta meglio lì che a Berlino"

Ogni settimana un centinaio di persone decolla dalla Germania per tornare in Iraq: "Le procedure d'asilo sono troppo lente, il clima freddo e le strutture sovraffollate. Meglio tornare indietro"
Giovanni Masini - Gio, 28/01/2016 - 12:59
commenta

Migranti di ritorno, che dall'aeroporto di Berlino si imbarcano alla volta di Erbil, nel Kurdistan iracheno.

Sembra uno scherzo ma non è così. Come svela un servizio di Euronews, c'è un piccolo gruppo di profughi che dopo essere arrivati in Europa vogliono tornare indietro, in quei Paesi da cui scappavano.



A scoraggiarli sono diversi fattori: le procedure di asilo troppo lunghe, le condizioni d'accoglienza spesso aggravate dal sovraffollamento, persino il clima troppo rigido.


“Era stato mio marito a decidere di andare in Germania - spiega una donna che ha appena fatto ritorno in Iraq - Perché aveva visto altri farlo ma abbiamo trovato una situazione peggiore di quella che avevamo lasciato. Siamo restati tre mesi e non abbiamo avuto niente, il cibo era di cattiva qualità e troppo poco. Come si può sopravvivere a un inverno freddo in queste condizioni? I bambini piangevano dalle fame. Abbiamo speso 11mila dollari e siamo tornati a mani vuote”.

Ogni settimana, spiegano da Iraqi Airways, tre voli partono da Berlino verso Erbil e circa quattrocento rifugiati al mese lasciano la Germania. Ma si tratta di numeri che aumentano costantemente, a partire dallo scorso settembre.

Nel frattempo, però, in Europa l'emergenza migranti assume dimensioni sempre maggiori: nel 2015 la Germania ha accolto il 600% in più dei richiedenti asilo dell'anno precedente, soprattutto dopo che ad agosto la cancelliera Merkel ha spalancato le porte del Paese a chiunque ne facesse richiesta. Molto spesso le procedure per la richiesta d'asilo, ingolfate dall'altissimo numero di domande presentate, possono richiedere anche dei mesi per essere portate a compimento.

I cento a settimana che decollano da Berlino rimangono comunque una goccia nell'oceano rispetto alle molte migliaia che ogni giorno sbarcano sulle coste europee. Ignari di ciò che li aspetta in quello che sognavamo come un illusorio Eldorado.

@giovannimasini


http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ora ... 17878.html
Rispondi

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 4 ospiti