Economia

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camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

cielo 70 ha scritto:Quindi visto che all'estero ci sono più laureati ma più persone che lavorano, non capisco come si chiude il cerchio. Le imprese italiane fanno fare dei lavori poco qualificati, però qui mancano anche quelli che fanno i lavori elementari.

Cosa intendi per lavori elementari?
cielo 70
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Re: Economia

Messaggio da cielo 70 »

camillobenso ha scritto:
cielo 70 ha scritto:Quindi visto che all'estero ci sono più laureati ma più persone che lavorano, non capisco come si chiude il cerchio. Le imprese italiane fanno fare dei lavori poco qualificati, però qui mancano anche quelli che fanno i lavori elementari.

Cosa intendi per lavori elementari?
Per esempio la pesca o la raccolta dei pomodori, attività che gli italiani non fanno più e che svolgono gli immigrati.
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

cielo 70 ha scritto:
camillobenso ha scritto:
cielo 70 ha scritto:Quindi visto che all'estero ci sono più laureati ma più persone che lavorano, non capisco come si chiude il cerchio. Le imprese italiane fanno fare dei lavori poco qualificati, però qui mancano anche quelli che fanno i lavori elementari.

Cosa intendi per lavori elementari?
Per esempio la pesca o la raccolta dei pomodori, attività che gli italiani non fanno più e che svolgono gli immigrati.

Facciamo un passo in avanti.

Sulla pesca sono poco informato. D'altra parte i media sulla materia pubblicano poco.

Sulla raccolta dei pomodori l'informazione è più ricca.

Il problema numero uno è la paga oraria.

Da sempre chi offre lavoro preferisce personale che si adatta ad essere sfruttato.

Gli africani, e non solo, si prestano molto bene a questa esigenza primaria dei datori di lavoro.


Il secondo problema è il caporalato.

Una piaga endemica che non si riesce ad estirpare.

Tanto che può essere assimilata alle note mafia, camorra, 'ndrangheta, sacra cororona unita.

Le persone vengono scelte dai caporali e gli lasciano una parte della paga.

Non credo che sia diffuso in altri Paesi del mondo, ad eccezione dei Paesi latino-americani.

Si adatta a lavorare in quel modo per pochi euro al giorno, solo chi è nella parte bassa della scala sociale.

Il problema del caporalato in agricoltura lo sento almeno da sessant'anni, da quando ho cominciato ad interessarmi di come funziona l'ambaradan in questo stramaledetto mondo.

Sono passati governi di tutti i tipi, ma il caporalato è sempre lì.

Dove credo che si debba dedurre che il caporalato sia più forte di tutti i governi così detti "democratici"

Siamo nel 2016. Nel 2001 era prevista l'Odissea nello Spazio, ma il caporalato sta sempre lì, vivo e vegeto più che mai anche alla facciaccia del rottamattore.
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Economia & Finanza





Il Sole 7.1.16
Cresce il rischio della tempesta perfetta


Siamo appena al terzo giorno di scambi dell’anno, ma qualcuno inizia già a parlare di «tempesta perfetta». E se è ben nota la tendenza a ragionare per iperboli da parte degli operatori sui mercati, occorre anche riconoscere a questo brevissimo scorcio di 2016 la capacità di aggiungere nuovi e differenti elementi di tensione a quelli che già avevano caratterizzato la seconda metà dell’anno precedente.
È francamente difficile pensare che sia stato l’annuncio del test sulla bomba a idrogeno da parte della Corea del Nord a scatenare le svendite che si sono viste ieri, vuoi perché il peso economico di Pyongyang nel contesto globale è risibile, vuoi perché gli operatori faticano davvero a mettere a fuoco le possibili conseguenze delle deliranti rivendicazioni del regime di Kim Jong-un. E altrettanta difficoltà la si trova nel valutare le rinnovate tensioni che circondano il Golfo, se non nella misura in cui queste stanno a sorpresa contribuendo a far scendere ulteriormente il prezzo del petrolio, fattore di per sé di incerta valutazione che il mercato ha però ormai bollato come negativo.
Resta invece ben presente sui radar degli investitori ciò che sta accadendo in Cina, e non potrebbe essere altrimenti visto che quella di Pechino è la seconda economia mondiale. Gran parte dei rovesci patiti ieri dalle Borse d’Occidente è infatti soprattutto il riflesso della nuova svalutazione dello yuan operata dalla Banca del Popolo: un’operazione che del resto aveva già dato il via alle svendite della scorsa estate, in quanto genera da un lato negli operatori la convinzione che la frenata dell’economia cinese sia in realtà più pronunciata di quanto raccontino i già deludenti indicatori statistici e dall’altro mette in difficoltà chi punta sull’export verso il Dragone.
Sul tema occorre però fare chiarezza, perché pur in grado di generare episodi di volatilità come quello presente e come la crisi di agosto, agli occhi degli investitori le vicende della Cina non sembrano ancora in grado di provocare conseguenze irreparabili nel medio termine. Gli analisti di Ubs, che già non sono certo fra i più positivi nei confronti del Dragone perché prevedono un incremento reale del Pil del 6,2% nel 2016 e del 5,8% nell’anno successivo, sostengono che neanche il peggior scenario possibile (ma improbabile) di una crescita al 4% si tradurrebbe in una recessione globale. Questo perché le economie avanzate sono in generale più chiuse e quindi meno vulnerabili a shock esterni e perché il ruolo del Renmimbi a livello internazionale è ancora limitato ed è difficile ipotizzare che la crisi del sistema finanziario cinese possa avere un contagio particolarmente esteso.
Ciò che più allarma in questo momento delle vicende di Pechino è quindi la difficoltà nel prevedere quale piega assumerà la crisi attuale e soprattutto quali saranno le risposte delle autorità locali. Da tempo ormai anche dalle colonne di questo giornale si è richiamata l’esigenza di un’azione energica, di stampo «occidentale» per così dire, per tamponare l’emorragia e accompagnare l’economia cinese nella sua complessa fase di transizione e trasformazione. Ma la mossa di ieri sullo yuan, dopo gli interventi a pioggia dei giorni precedenti, ci ricorda ancora una volta come la Pboc stia tuttora seguendo una via propria al «Qe» e offra ben poche delle certezze che il mercato esige.
Ancora Ubs stima che in caso di maxi-frenata dell’economia di Pechino nel 2016 il Pil reale americano rallenterebbe di mezzo punto percentuale, quello dell’Eurozona dello 0,8% (dall’1,8% all’1%). Non solo: immediate sarebbero le conseguenze anche sull’inflazione, che risulterebbe in media più bassa dello 0,8% negli Stati Uniti e dello 0,7% nell’area euro, e quindi anche le reazioni delle due Banche centrali sulle quali gli occhi di tutti continuano a essere puntati.
La Federal Reserve potrebbe allora limitarsi quest’anno ad appena due dei quattro rialzi che ancora ieri il vicepresidente Stanley Fisher riteneva «necessari» e anche la Bce di Mario Draghi faticherebbe a restare inerme e si vedrebbe costretta a riprendere quel filo interrotto bruscamente con la riunione di inizio dicembre. L’onere di interrompere il corto circuito tornerebbe quindi in questo caso agli attori di sempre, che per il momento figurano in secondo piano rispetto alle vicende da prima pagina di questi giorni. Dovessero perdere la fiducia che in loro continuano a riporre i mercati, la «tempesta perfetta» sarebbe davvero inevitabile.
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Mentana ha appena annunciato al Tg7, che il petrolio è sceso a 30,29 dollari al barile.(30,17 alla chiusura del Tg)

Ieri mi sembrava folle che avesse raggiunto quota 32.

Ci stanno abituando, o meglio, narcotizzando, che così non si può andare avanti e che la carota che ci mettono davanti è una bella guerra mondiale che risolve tutto. Poi si ricomincia.





NSA.it
Ultima Ora
Petrolio a picco a My, poco sopra 30 dlr

Petrolio a picco a My, poco sopra 30 dlr
Prezzo cede il 4,23%


http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews ... dd394.html
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

ALTRO CHE ANNO DEL GUFO, SE LIBERO NON RACCONTA FALSITA'. 2016 ANNO DELLA SFIGA.




L'allarme degli analisti
VENDETE TUTTO, 2016 TRAGICO
Allarme dalla City: peggio del 2008
Come potete salvare i vostri soldi
E i big della finanza tifano guerra


http://www.liberoquotidiano.it/news/eco ... 2016-.html
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

LA BUFERA SUGLI AUTOMOBILISTICI
Renault e Fca affondano in Borsa
Tra paure russe e nuovi scandali

I titoli crollano rispettivamente del 20% e del 10% di fronte al calo (possibile)
delle vendite sul mercato di Mosca. Ma per l’azienda di Marchionne pesano anche rumors americani su presunte irregolarità nelle immatricolazioni, mentre per il colosso francese si teme addirittura un dieselgate simile a quello di Volkswagen

di Raffaella Polato


Il carico da 90, quello che ha il ruolo centrale nell’affondare tutti i titoli dell’automotive europeo in una giornata nerissima soprattutto per Fca (—10% a metà seduta) e ancor più per Renault (addirittura —21% nelle stesse ore), questa volta arriva dalla Russia. Sono solo “indiscrezioni” fatte filtrare attraverso la stampa nazionale, all’inizio. Poi però le notizie ufficiali confermano e amplificano: il crollo del mercato nel 2015 è stato el 46%, ovvero molto, molto più pesante del 36% di cui si leggeva solo poco prima sugli organi di informazione. E se questo è sufficiente a far piovere ordini di vendita in ogni listino del continente e nessun nome del circuito motoristico ne esce indenne — vanno giù le azioni dei costruttori, quelle dei fornitori e, visto che si ipotizza più o meno lo stesso trend, quelle di chi non fa macchine ma moto — su due dei principali big player altre voci trasformano la pioggia in diluvio. Per Fiat Chrysler Automobiles il rumor che fa scattare una serie di sospensioni e nuovi, forti ribassi è made in Usa: parte da Automotive News, secondo cui due concessionari (sulle migliaia che lavorano per Fca) avrebbero denunciato il gruppo accusandolo di aver offerto denaro per falsificare i dati di vendita. Per Renault, ancora peggio: le indiscrezioni, a Parigi, parlano di perquisizioni legate a un’indagine per frode da mettere in rapporto con il dieselgate targato Volkswagen.

Il timore di un nuovo scandalo emissioni


È questo, il sospetto di un nuovo scandalo emissioni, ad aggravare sulle Borse europee una situazione che, per i titoli dell’automotive, dopo le notizie da Mosca era già ai limiti della caduta libera. Alle 13 di giovedì, dunque a metà seduta (VAI AI LISTINI IN TEMPO REALE), Renault perdeva il 20,25%, con quotazioni a 69 euro (ma dopo aver toccato anche un minimo di 67,57). Ed è stato a quel punto che, dopo i no comment iniziali dell’azienda e del ministero delle Finanze (lo Stato francese è il maggior azionista del gruppo), sono arrivate le primi dichiarazioni ufficiale. Anche sui flash d’agenzia, suonavano da subito come una conferma: «Renault dice che i suoi uomini stanno pienamente cooperando».

Le ombre su Fca

Diversa la situazione di Fca. Sono due concessionari Usa, secondo le anticipazioni di Automorive News, ad accusare il gruppo guidato da Sergio Marchionne di truccare i dati di vendita americani. Non sarebbe cosa da poco: getterebbe lunghe ombre su quella «striscia» di record iniziata quasi subito, nell’era post salvataggio, e continuata anche per tutto il 2015, con incrementi percentuali spesso superiori a quelli dei diretti concorrenti Gm e Ford). E infatti, benché siano gli stessi analisti dell’auto a mostrarsi scettici rispetto alle accuse o quanto e meno a ridimensionare il caso e le possibili conseguenza, il titolo in Piazza Affari è stato più volte sospeso per eccesso di ribasso, riammesso, risospeso. A metà seduta, all’ennesima riammissione, perdeva il 10%. Nel conto si stanno, certamente, soprattutto gli effetti combinati Russia-Renault. Ma l’unico commento — causa fuso orario? — rilasciato fin lì da Detroit non ha di sicuro aiutato: «Potremo dire qualcosa se e quando le denuncie di cui si parla ci verranno notificate».

Borse a picco

La somme di tutto questo fa, per il comparto, una delle peggiori giornate borsistiche ( e non solo) in assoluto. Sempre a metà seduta, l’indice europeo del settore perdeva il 5,9%. Trascinando con sé mercati che in questo inizio di 2015, inaugurato con lo tsunami cinese, hanno incontrato solo l’Orso. O quanto meno un vasto campionario di turbolenze ribassiste.

14 gennaio 2016 (modifica il 14 gennaio 2016 | 15:43)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/economia/16_genn ... 7a9f.shtml
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Re: Economia

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Economia & Lobby
Cina: il rischio è spedire tutte le economie in recessione?
di Roberto Marchesi | 19 gennaio 2016
Commenti (37)



Anche se la crisi finanziaria globale di oggi non è esattamente assimilabile a quella venutasi a creare nel 2007, ci sono tuttavia diverse similitudini, in termini di innesco globale, a quanto accadde nove anni fa. Allora la causa scatenante furono i mutui “spazzatura” americani, ma più in generale l’eccesso di credito concesso dalle banche negli Usa, a gonfiare la bolla che scoppiò, con ripercussioni globali nel 2008. Oggi è la corazzata economica cinese a imbarcare tanta acqua da non riuscire più a navigare così bene come gli riusciva fino al 2014 nell’invidia generale di tutte le altre nazioni, Stati Uniti inclusi.

Ormai se lo chiedono tutti i maggiori economisti del mondo, soprattutto vedendo i ripetuti crolli di borsa che si susseguono dall’inizio di quest’anno: si tratta di una semplice, anche se pesante, correzione dei mercati (diversi trilioni di valore persi in pochi giorni) o è proprio l’inizio di quella che potrebbe essere la prima grande recessione globale?

Si parla già da un po’ del rischio di un contagio globale. Anche noi su questo blog lo abbiamo fatto nei mesi scorsi negli articoli Crisi: potremmo essere nell’occhio dell’uragano, ma loro inneggiano alla ripresa e L’economia globale scivola sempre più rapidamente verso un nuovo punto di rottura, ma oggi siamo arrivati al punto in cui tutto converge a far temere proprio il peggio.

Sul Washington Post sono due giornalisti specializzati in materia a suonare il campanello d’allarme: Matt O’Brien “How China could trigger a global crisis” (Ecco come la Cina può innescare la crisi globale) e Robert J. Samuelson “Is the next recession on its way?” (La prossima recessione è in dirittura d’arrivo?).

Tra le cause principali della crisi cinese quella che potrebbe essere la ragione principale, dice O’Brien, è il suo modello di crescita, imperniato sulla trasformazione di una economia sostanzialmente agricola ad una economia tecnologica avanzata in uno sviluppo che in molti casi sembra più forzato (dalle decisioni governative centrali) che da una effettiva spinta dal basso di una imprenditoria autonomamente in crescita. Secondo O’Brien sarebbe calato il numero di soggetti disposto a questa transizione. (Tesi a mio avviso poco credibile e viziata forse da un eccesso di cultura capitalista del suo estensore). Più credibile è invece il punto in cui attribuisce ad uno sviluppo forzato delle infrastrutture l’insostenibile crescita (se è vero che sono state costruite fabbriche inutili, strade sempre deserte e aereoporti che pochi usano).

O’Brien è però più scettico sul contagio che l’economia americana potrebbe averne. A suo avviso l’attuale situazione dell’economia americana è in piena ripresa, con un tasso di disoccupazione, attorno al 5%, pressoché ottimale, e con un livello retributivo che finalmente riprende a crescere. Essendo il mercato del lavoro interno poco esposto all’andamento dei mercati esterni (solo il 13% secondo O’Brien), l’influenza di una crisi cinese sull’economia americana dovrebbe essere quasi insignificante.

La ventennale prodigiosa crescita dell’economia cinese ha però prodotto anche trasformazioni con cui la popolazione fa fatica a tenere il passo. La trasformazione da una economia fondata sul risparmio ad una fondata sui consumi non è agevole in una società ancora dominata dalle regole imposte dal potere centrale.

Nella sua corsa a conquistare il posto di prima potenza economica mondiale la Cina si è però a sua volta fatta contagiare dalle “sirene” della finanza mondiale. E’ lo stesso O’Brien a citare Larry Summer che, nei suoi studi di macroeconomia, assegna il 20% della crescita cinese nell’ultimo anno a operazioni puramente finanziarie. Il che la espone ovviamente, come tutti quelli che esagerano nella finanza “creativa”, al rischio di dover fare i conti con le “bolle” che inevitabilemente queste operazioni producono.

Samuelson vede invece nella forte crescita dell’indebitamento cinese (pubblico e privato), quasi triplicato nell’ultimo decennio, la causa principale dell’attuale debolezza. Gli investitori esteri, quando sentono che le sirene della crisi cominciano a suonare, se ne vanno in tutta fretta.

Anche Krugman, nel suo recente articolo sul New York Times “When China Stumbles” (Quando la Cina inciampa) avverte che il modello economico cinese (elevato risparmio e scarso consumismo) può essere arrivato ad un punto di rottura, perché esso è sostenibile solo finché la crescita è rapidissima.

Per Krugman le cause della crisi cinese (riprese anche da O’Brien nel suo articolo) si ripercuoteranno inevitabilmente su tutta l’economia globale, ma dato che l’import cinese di prodotti e servizi dal resto del mondo è modesto (circa due trilioni di dollari su 60 trilioni) anche gli effetti di una forte riduzione di tale import potrebbero essere limitati. Anche dal punto di vista finanziario, visto che in Cina esso è sostanzialmente controllato in toto dal potere centrale, la crisi potrebbe essere più agevolamente controllata.

Il tutto per dire che, anche qualora la crisi cinese fosse seria, la ripercussione sull’economia americana dovrebbe essere molto limitata (Krugman però’ ammette che la sua analisi potrebbe essere troppo ottimistica dato che il rischio di un contagio “psicologico” potrebbe rivelarsi più forte dei suoi calcoli).

Il fatto grave sarebbe che se davvero la crisi cinese arrivasse a contagiare, anche solo psicologicamente, le economie americana ed europea, arriverebbe a farlo proprio nel momento peggiore, perché entrambe le economie, e soprattutto quella europea, benché in fase di ricovero dalla crisi, sono ancora in situazione di estrema debolezza e con le “armi” di politica monetaria completamente spuntate poiché entrambe le economie sono gravate da un indebitamento elevato e le banche centrali sono pressoché impossibilitate a fare pressione su tassi già ai minimi storici (attorno allo zero %).

Krugman fa gli scongiuri perché… non esiste un piano “B”! Se questa crisi dovesse davvero scoppiare e riportarci in recessione, dovremmo affrontarla tutti completamente disarmati, senza cioè possibilità di parare almeno in parte il colpo grazie alle convenzionali manovre di politica monetaria. (E, aggiungo io, con un mondo globalizzato e ormai senza confini per l’economia, la poca ricchezza rimasta al netto dei debiti, chissà dove andrebbe a finire).


http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01 ... e/2387002/
paolo11
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Re: Economia

Messaggio da paolo11 »

L'importante è:che la benzina non scende di prezzo.
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

SULL'OTTOVOLANTE. AGGRAPPARSI ALLE APPOSITE MANIGLE


Per chi ama il brivido.



MERCATI A PICCO, WALL STREET IN PROFONDO ROSSO
Le Borse affondano, Milano perde il 4,8%
L’Europa brucia 233 miliardi, Mps -22%


Forti vendite sui bancari, Mps perde il 22%. Summit sulle banche a Palazzo Chigi tra Renzi, Padoan e Visco: «Situazione seguita con attenzione». In Europa bruciati 233 miliardi

http://www.corriere.it/economia/16_genn ... 5f1d.shtml

^^^^^^^^^

Mentana, Tg7, ne risente anche il rublo, anche se Putin ostenta sicurezza.
80 rubli per un dollaro

Petrolio perde il 7 %
^^^^^^^^^
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