stepchild adoption
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Re: stepchild adoption
Il Corriere della Sera da così la notizia:
GENOVA
La frase choc del leghista De Paoli:
«Avessi un figlio gay lo brucerei»
di Erika Dellacasa
Il consigliere regionale ligure si è rivolto con queste parole a un gruppo di genitori di ragazzi omosessuali. La denuncia di Giovanni Vianello, presidente genovese dell’associazione Agedo. De Paoli nega: «Mai detto quelle parole»
(NB. Il Corriere è il primo quotidiano online a farsi pagare. Ergo, niente link)
^^^^^^^
Anche La Stampa.it, tratta la notizia:
“Se avessi un figlio omosessuale gli darei fuoco”. Bufera in Liguria su consigliere leghista De Paoli. Ma lui smentisce: mai pronunciate quelle parole
La frase sarebbe stata pronunciata a margine di una seduta della commissione regionale
«Se avessi un figlio omosessuale, lo butterei in una caldaia e gli darei fuoco».
È bufera su una frase che il consigliere regionale ligure della Lega Nord, Giovanni De Paoli, avrebbe pronunciato oggi a margine della seduta della commissione regionale convocata per discutere sulla legge regionale per la famiglia.
A riferire le parole di De Paoli è stato il presidente genovese dell’associazione Agedo (“Associazione Genitori di Omosessuali”) Giovanni Vianello.
I TESTIMONI: «FRASE TERRIBILE»
De Paoli avrebbe detto quelle parole rivolto ad un gruppo di genitori di ragazzi omosessuali. «Mi si è gelato il sangue - ha detto all’ANSA il presidente di Agedo Vianello - mi è venuta la pelle d’oca e ho pensato subito ai lager nazisti».
Poi racconta quanto è successo: «Eravamo andati in commissione per presentare le problematiche di noi genitori di figli omosessuali. Al termine della audizione c’è stato un battibecco tra un gruppo di genitori e il consigliere. A un certo punto il padre di un ragazzo omosessuale gli ha chiesto cosa avrebbe fatto se avesse avuto un figlio omosessuale. Lui si è girato per andarsene ma prima ha detto quella frase terribile».
LA VERSIONE DI DE PAOLI
Dopo le accuse è arrivata la smentita dello stesso De Paoli. «Non ho mai detto la frase che mi è stata erroneamente attribuita dagli organi di stampa, peraltro non presenti all’evento in questione. Al contrario la mia frase era esattamente opposta e nello specifico “se avessi un figlio gay non lo brucerei nel forno”», scrive in una nota il consigliere regionale leghista. «Qualche orecchio malizioso ha voluto cancellare il “non”, cambiando il senso completo delle mie dichiarazioni», scrive ancora De Paoli. «Se qualcuno si è sentito colpito da parole che non ho, ripeto, non ho detto, mi scuso comunque. Certi metodi di condurre o montare ad arte un episodio inesistente qualificano chi lo fa e sono lontani dal mio modo di intendere la politica e il mio impegno civico».
IL PRESIDENTE SI DISSOCIA
«Quanto è stato riferito non è sicuramente accaduto in commissione, non lo avrei assolutamente permesso. Se avessi sentito quella frase in aula durante i lavori avrei bloccato subito tutto. In quel momento rappresentiamo le istituzioni, le nostre convinzioni non possono interferire», commenta il presidente della commissione salute della Regione Liguria, Matteo Rosso (Fratelli d’Italia), «Io non ho sentito direttamente la frase - ha aggiunto Rosso -, l’accaduto mi è stato riferito mentre lasciavo la Regione. Ho sentito una persona rivolgersi a un’altra dicendo che se quella frase era stata detta si poteva pensare a una querela».
LE OPPOSIZIONI: «SI DIMETTA»
Le reazioni alla frase di Di Paoli non si sono fatte attendere. «O De Paoli smentisce di aver pronunciato quella frase orribile e prende le distanze da una posizione del genere oppure si dimetta immediatamente dalla sua carica, con tanto di pubbliche scuse sue e del suo partito»: questa la posizione del consigliere regionale M5S Francesco Battistini, che chiede al presidente della Regione Giovanni Toti una pubblica abiura: «La Regione si dissoci con forza dalla frase incriminata e da un pensiero pericoloso».
Anche il Pd chiede le dimissioni immediate del leghista: «Le parole del consigliere De Paoli sugli omosessuali si commentano da sole per la loro gravità inaudita. Una persona, se pronuncia frasi simili, a mio modo di vedere, non può rappresentare le istituzioni. Tutti ora si renderanno conto di cosa significa avere la destra al governo della Liguria. Toti dovrebbe prendere immediatamente le distanze da simili affermazioni e da De Paoli. Deve farlo soprattutto per tutelare i valori democratici e l’istituzione regionale. Altro che volto moderato della destra».
IMBARAZZO NELLA LEGA
E le parole di De Paoli, 63 anni, nato e cresciuto (anche politicamente) in Val di Vara, provocano più di un imbarazzo anche nel suo partito, la Lega Nord, tanto che anche Stefania Pucciarelli interviene e prende le distanze : «Spero che il consigliere De Paoli possa chiarire quanto accaduto oggi a margine della seconda commissione e mi auguro che tutto sia frutto di un semplice fraintendimento. Io in qualità di madre, quello che ritengo essenziale per il bene di mio figlio è la sua serenità e non la sua sessualità, tutto il resto per me è irrilevante. Quindi, mi dissocio completamente da eventuali dichiarazioni fuori luogo»
http://www.lastampa.it/2016/02/10/itali ... agina.html
GENOVA
La frase choc del leghista De Paoli:
«Avessi un figlio gay lo brucerei»
di Erika Dellacasa
Il consigliere regionale ligure si è rivolto con queste parole a un gruppo di genitori di ragazzi omosessuali. La denuncia di Giovanni Vianello, presidente genovese dell’associazione Agedo. De Paoli nega: «Mai detto quelle parole»
(NB. Il Corriere è il primo quotidiano online a farsi pagare. Ergo, niente link)
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Anche La Stampa.it, tratta la notizia:
“Se avessi un figlio omosessuale gli darei fuoco”. Bufera in Liguria su consigliere leghista De Paoli. Ma lui smentisce: mai pronunciate quelle parole
La frase sarebbe stata pronunciata a margine di una seduta della commissione regionale
«Se avessi un figlio omosessuale, lo butterei in una caldaia e gli darei fuoco».
È bufera su una frase che il consigliere regionale ligure della Lega Nord, Giovanni De Paoli, avrebbe pronunciato oggi a margine della seduta della commissione regionale convocata per discutere sulla legge regionale per la famiglia.
A riferire le parole di De Paoli è stato il presidente genovese dell’associazione Agedo (“Associazione Genitori di Omosessuali”) Giovanni Vianello.
I TESTIMONI: «FRASE TERRIBILE»
De Paoli avrebbe detto quelle parole rivolto ad un gruppo di genitori di ragazzi omosessuali. «Mi si è gelato il sangue - ha detto all’ANSA il presidente di Agedo Vianello - mi è venuta la pelle d’oca e ho pensato subito ai lager nazisti».
Poi racconta quanto è successo: «Eravamo andati in commissione per presentare le problematiche di noi genitori di figli omosessuali. Al termine della audizione c’è stato un battibecco tra un gruppo di genitori e il consigliere. A un certo punto il padre di un ragazzo omosessuale gli ha chiesto cosa avrebbe fatto se avesse avuto un figlio omosessuale. Lui si è girato per andarsene ma prima ha detto quella frase terribile».
LA VERSIONE DI DE PAOLI
Dopo le accuse è arrivata la smentita dello stesso De Paoli. «Non ho mai detto la frase che mi è stata erroneamente attribuita dagli organi di stampa, peraltro non presenti all’evento in questione. Al contrario la mia frase era esattamente opposta e nello specifico “se avessi un figlio gay non lo brucerei nel forno”», scrive in una nota il consigliere regionale leghista. «Qualche orecchio malizioso ha voluto cancellare il “non”, cambiando il senso completo delle mie dichiarazioni», scrive ancora De Paoli. «Se qualcuno si è sentito colpito da parole che non ho, ripeto, non ho detto, mi scuso comunque. Certi metodi di condurre o montare ad arte un episodio inesistente qualificano chi lo fa e sono lontani dal mio modo di intendere la politica e il mio impegno civico».
IL PRESIDENTE SI DISSOCIA
«Quanto è stato riferito non è sicuramente accaduto in commissione, non lo avrei assolutamente permesso. Se avessi sentito quella frase in aula durante i lavori avrei bloccato subito tutto. In quel momento rappresentiamo le istituzioni, le nostre convinzioni non possono interferire», commenta il presidente della commissione salute della Regione Liguria, Matteo Rosso (Fratelli d’Italia), «Io non ho sentito direttamente la frase - ha aggiunto Rosso -, l’accaduto mi è stato riferito mentre lasciavo la Regione. Ho sentito una persona rivolgersi a un’altra dicendo che se quella frase era stata detta si poteva pensare a una querela».
LE OPPOSIZIONI: «SI DIMETTA»
Le reazioni alla frase di Di Paoli non si sono fatte attendere. «O De Paoli smentisce di aver pronunciato quella frase orribile e prende le distanze da una posizione del genere oppure si dimetta immediatamente dalla sua carica, con tanto di pubbliche scuse sue e del suo partito»: questa la posizione del consigliere regionale M5S Francesco Battistini, che chiede al presidente della Regione Giovanni Toti una pubblica abiura: «La Regione si dissoci con forza dalla frase incriminata e da un pensiero pericoloso».
Anche il Pd chiede le dimissioni immediate del leghista: «Le parole del consigliere De Paoli sugli omosessuali si commentano da sole per la loro gravità inaudita. Una persona, se pronuncia frasi simili, a mio modo di vedere, non può rappresentare le istituzioni. Tutti ora si renderanno conto di cosa significa avere la destra al governo della Liguria. Toti dovrebbe prendere immediatamente le distanze da simili affermazioni e da De Paoli. Deve farlo soprattutto per tutelare i valori democratici e l’istituzione regionale. Altro che volto moderato della destra».
IMBARAZZO NELLA LEGA
E le parole di De Paoli, 63 anni, nato e cresciuto (anche politicamente) in Val di Vara, provocano più di un imbarazzo anche nel suo partito, la Lega Nord, tanto che anche Stefania Pucciarelli interviene e prende le distanze : «Spero che il consigliere De Paoli possa chiarire quanto accaduto oggi a margine della seconda commissione e mi auguro che tutto sia frutto di un semplice fraintendimento. Io in qualità di madre, quello che ritengo essenziale per il bene di mio figlio è la sua serenità e non la sua sessualità, tutto il resto per me è irrilevante. Quindi, mi dissocio completamente da eventuali dichiarazioni fuori luogo»
http://www.lastampa.it/2016/02/10/itali ... agina.html
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Re: stepchild adoption
La Repubbica, la notizia la riporta così:
Liguria, la frase shock del leghista : "Figlio gay? Gli darei fuoco". Salvini: "Se così, dovrebbe andarsene"
Così De Paoli ai genitori Agedo: lui poi ritratta, loro confermano. Pd, M5S e Sinistra: dimissioni. Toti: "Ha ragione Salvini, se fosse vero ci sarebbero conseguenze politiche"
di MICHELA BOMPANI
http://genova.repubblica.it/cronaca/201 ... ef=HREC1-2
^^^^^^^^^
Mentre Il Giornale commenta così:
"Se ho un figlio gay lo brucio". Giallo sulle parole del consigliere leghista
Dirissimo scontro con un gruppo di genitori di ragazzi omosessuali. Il Pd a Giovanni De Paoli: "Adesso si scusi". Ma lui: "Non ho mai detto quelle parole"
Sergio Rame - Mer, 10/02/2016 - 18:02
commenta
"Se avessi un figlio omosessuale lo butterei in una caldaia e gli darei fuoco".
Il consigliere regionale della Lega Nord Liguria Giovanni De Paoli avrebbe pronunciato queste parole contro un gruppo di genitori di ragazzi omosessuali a margine di una audizione presso la commissione regionale salute e sicurezza sociale. A riferirlo è stato il presidente genovese dell'associazione Agedo, Giovanni Vianello. "Mi si è gelato il sangue - ha detto all'Ansa Vianello - mi è venuta la pelle d'oca e ho pensato subito ai lager nazisti". Ma la ricostruzione è dubbia ed è stata smentita da più persone.
In questa storia il condizionale è d'obbligo. Perché De Paoli nega di aver detto quelle parole. "Sono tradizionalista, lo ammetto - spiega a Repubblica - non potrò mai ammettere quelle cose dei figli omosessuali. Dite che ho esagerato? Dico sempre la verità. È quello che pensa la gente. La famiglia è un papà e una mamma, un nonno e una nonna. Cosa farei se avessi un figlio omosessuale? Se fosse una malattia lo curerei, ma invece penso sia un vizio e non ci sarebbe nulla per guarirlo". Il Pd, però, ha subito serrato le fila. La senatrice Donatella Albano, componente della Commissione Antimafia, ha accusato De Paoli di rievocare "i forni crematori dei lager nazisti, lager in cui si stima siano state internate circa 50mila persone in quanto omosessuali, con tanto di divisa a righe con il triangolo rosa". Poi, ha aggiunto: "Mi aspetto innanzitutto le scuse da De Paoli e una netta presa di distanza da tali affermazioni dal presidente Giovanni Toti". Ma De Paoli non ci sta. "Io non chiedo scusa a nessuno, io non parlavo di loro, parlavo di cose mie, di cosa avrei fatto io, parlavo della mia posizione. E la commissione era finita". Quindi la stoccata finale: "Sono viziati, viziosi, e mi fanno solo pubblicità".
"Mi risulta che nessuno l'abbia mai pronunciata - commenta Toti - non è che la vera vittima di pregiudizi resta sempre il centrodestra?". Anche il presidente della commissione salute della Regione Liguria, Matteo Rosso, ha smentito che certe parole possano essere pronunciate in commissione. "Quanto è stato riferito non è sicuramente accaduto in commissione, non lo avrei assolutamente permesso - mette in chiaro l'esponente di Forza Italia - se avessi sentito quella frase in aula durante i lavori avrei bloccato subito tutto. In quel momento rappresentiamo le istituzioni, le nostre convinzioni non possono interferire".
Commenti
Rossana Rossi
Mer, 10/02/2016 - 17:21
Intanto bisogna vedere se è vero perchè di questi tempi si fa una supercazzola su tutto ciò che riguarda le chec.che, ma se questo quì ha le sue idee perchè non le può esprimere o è una prerogativa di quelli solo di sinistra?.......
lorenzovan
Mer, 10/02/2016 - 17:23
splendidi esempi di patriota padano...solo sbagliano il colore della camicia...70 anni fa chi li bruciava veramente aveva le camicie brune....
venco
Mer, 10/02/2016 - 17:24
Non serve che lo bruci, fra un po ci saranno gli islamici a farlo, con l'invasione che stiamo subendo per merito della sinistra
jeanlage
Mer, 10/02/2016 - 17:24
No consigliere non lo bruci. Lo faccia curare.
Totonno58
Mer, 10/02/2016 - 17:25
Dimettiti serenamente e ti promettiamo che ci dimenticheremo di te....io però dò la colpa anche all'inerzia della nostra politica...ripeto, se questa benedetta legge fosse stata discussa nel 1985 (data della prima proposta) oggi si parlerebbe d'altro ed anche questo bellimbusto avrebbe avuto di meglio da fare...FATE PRESTO UNO STRACCIO DI LEGGE, altrimenti avrete ogni delirio sulla coscienza!
jeanlage
Mer, 10/02/2016 - 17:27
Una volta, per distruggere un nemico politico si diceva: "Ha parlato male di Garibaldi". Adesso si dice: "Parla male dei froci". Se proprio devo scegliere fra lo schiavista massone e pedofilo e l'omosessuale, obtorto collo, scelgo il secondo. Si può sempre far curare.
MEFEL68
Mer, 10/02/2016 - 17:29
Nessuno ha mai sentito parlare dei modi di dire? Espressioni dette solo per effetto, ma che non si pensano minimamente? Detto questo trovo strano che nessuna , dico nessuna, organizzazione e tanto meno lo stesso PD, sono insorti quando padri musulmani hanno addirittura UCCISO una figlia perchè voleva vivere all'occidentale, in sintonia con il Paese ospitante. Strano che al PD in quei casi non siano mai venuti in mente i lager nazisti.
MEFEL68
Mer, 10/02/2016 - 17:32
Se io avessi un figlio gay, certamente non lo brucerei e non lo ripudierei; sono sicuro che lo amerei lo stesso. Però, devo ammettere, che per me sarebbe una mazzata tremenda. In segreto, molto in segreto, ci soffrirei da morire. Credo che soffrire in silenzio sia ancora ammesso.
Ritratto di hernando45
hernando45
Mer, 10/02/2016 - 17:37
Purtroppo in Italia ormai da anni,se sei un'eletto NON puoi piu esprimere le tue convinzioni personali neanche in PRIVATO. LE SPIE COCOMEROGRILLOTAS sono dappertutto anche sotto il TUO letto Berlusconi DOCET. Pax vobiscum.
Carlopi
Mer, 10/02/2016 - 17:39
Al fine di non correre il rischio di generare un figlio omosessuale, consiglio a questo tizio di gettarsi lui in un forno crematorio prima di procreare.
gianfran41
Mer, 10/02/2016 - 17:40
Non ha mai detto queste parole? Eppure sono parole da leghista. Vergognati nazista!
http://genova.repubblica.it/cronaca/201 ... ef=HREC1-2
Liguria, la frase shock del leghista : "Figlio gay? Gli darei fuoco". Salvini: "Se così, dovrebbe andarsene"
Così De Paoli ai genitori Agedo: lui poi ritratta, loro confermano. Pd, M5S e Sinistra: dimissioni. Toti: "Ha ragione Salvini, se fosse vero ci sarebbero conseguenze politiche"
di MICHELA BOMPANI
http://genova.repubblica.it/cronaca/201 ... ef=HREC1-2
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Mentre Il Giornale commenta così:
"Se ho un figlio gay lo brucio". Giallo sulle parole del consigliere leghista
Dirissimo scontro con un gruppo di genitori di ragazzi omosessuali. Il Pd a Giovanni De Paoli: "Adesso si scusi". Ma lui: "Non ho mai detto quelle parole"
Sergio Rame - Mer, 10/02/2016 - 18:02
commenta
"Se avessi un figlio omosessuale lo butterei in una caldaia e gli darei fuoco".
Il consigliere regionale della Lega Nord Liguria Giovanni De Paoli avrebbe pronunciato queste parole contro un gruppo di genitori di ragazzi omosessuali a margine di una audizione presso la commissione regionale salute e sicurezza sociale. A riferirlo è stato il presidente genovese dell'associazione Agedo, Giovanni Vianello. "Mi si è gelato il sangue - ha detto all'Ansa Vianello - mi è venuta la pelle d'oca e ho pensato subito ai lager nazisti". Ma la ricostruzione è dubbia ed è stata smentita da più persone.
In questa storia il condizionale è d'obbligo. Perché De Paoli nega di aver detto quelle parole. "Sono tradizionalista, lo ammetto - spiega a Repubblica - non potrò mai ammettere quelle cose dei figli omosessuali. Dite che ho esagerato? Dico sempre la verità. È quello che pensa la gente. La famiglia è un papà e una mamma, un nonno e una nonna. Cosa farei se avessi un figlio omosessuale? Se fosse una malattia lo curerei, ma invece penso sia un vizio e non ci sarebbe nulla per guarirlo". Il Pd, però, ha subito serrato le fila. La senatrice Donatella Albano, componente della Commissione Antimafia, ha accusato De Paoli di rievocare "i forni crematori dei lager nazisti, lager in cui si stima siano state internate circa 50mila persone in quanto omosessuali, con tanto di divisa a righe con il triangolo rosa". Poi, ha aggiunto: "Mi aspetto innanzitutto le scuse da De Paoli e una netta presa di distanza da tali affermazioni dal presidente Giovanni Toti". Ma De Paoli non ci sta. "Io non chiedo scusa a nessuno, io non parlavo di loro, parlavo di cose mie, di cosa avrei fatto io, parlavo della mia posizione. E la commissione era finita". Quindi la stoccata finale: "Sono viziati, viziosi, e mi fanno solo pubblicità".
"Mi risulta che nessuno l'abbia mai pronunciata - commenta Toti - non è che la vera vittima di pregiudizi resta sempre il centrodestra?". Anche il presidente della commissione salute della Regione Liguria, Matteo Rosso, ha smentito che certe parole possano essere pronunciate in commissione. "Quanto è stato riferito non è sicuramente accaduto in commissione, non lo avrei assolutamente permesso - mette in chiaro l'esponente di Forza Italia - se avessi sentito quella frase in aula durante i lavori avrei bloccato subito tutto. In quel momento rappresentiamo le istituzioni, le nostre convinzioni non possono interferire".
Commenti
Rossana Rossi
Mer, 10/02/2016 - 17:21
Intanto bisogna vedere se è vero perchè di questi tempi si fa una supercazzola su tutto ciò che riguarda le chec.che, ma se questo quì ha le sue idee perchè non le può esprimere o è una prerogativa di quelli solo di sinistra?.......
lorenzovan
Mer, 10/02/2016 - 17:23
splendidi esempi di patriota padano...solo sbagliano il colore della camicia...70 anni fa chi li bruciava veramente aveva le camicie brune....
venco
Mer, 10/02/2016 - 17:24
Non serve che lo bruci, fra un po ci saranno gli islamici a farlo, con l'invasione che stiamo subendo per merito della sinistra
jeanlage
Mer, 10/02/2016 - 17:24
No consigliere non lo bruci. Lo faccia curare.
Totonno58
Mer, 10/02/2016 - 17:25
Dimettiti serenamente e ti promettiamo che ci dimenticheremo di te....io però dò la colpa anche all'inerzia della nostra politica...ripeto, se questa benedetta legge fosse stata discussa nel 1985 (data della prima proposta) oggi si parlerebbe d'altro ed anche questo bellimbusto avrebbe avuto di meglio da fare...FATE PRESTO UNO STRACCIO DI LEGGE, altrimenti avrete ogni delirio sulla coscienza!
jeanlage
Mer, 10/02/2016 - 17:27
Una volta, per distruggere un nemico politico si diceva: "Ha parlato male di Garibaldi". Adesso si dice: "Parla male dei froci". Se proprio devo scegliere fra lo schiavista massone e pedofilo e l'omosessuale, obtorto collo, scelgo il secondo. Si può sempre far curare.
MEFEL68
Mer, 10/02/2016 - 17:29
Nessuno ha mai sentito parlare dei modi di dire? Espressioni dette solo per effetto, ma che non si pensano minimamente? Detto questo trovo strano che nessuna , dico nessuna, organizzazione e tanto meno lo stesso PD, sono insorti quando padri musulmani hanno addirittura UCCISO una figlia perchè voleva vivere all'occidentale, in sintonia con il Paese ospitante. Strano che al PD in quei casi non siano mai venuti in mente i lager nazisti.
MEFEL68
Mer, 10/02/2016 - 17:32
Se io avessi un figlio gay, certamente non lo brucerei e non lo ripudierei; sono sicuro che lo amerei lo stesso. Però, devo ammettere, che per me sarebbe una mazzata tremenda. In segreto, molto in segreto, ci soffrirei da morire. Credo che soffrire in silenzio sia ancora ammesso.
Ritratto di hernando45
hernando45
Mer, 10/02/2016 - 17:37
Purtroppo in Italia ormai da anni,se sei un'eletto NON puoi piu esprimere le tue convinzioni personali neanche in PRIVATO. LE SPIE COCOMEROGRILLOTAS sono dappertutto anche sotto il TUO letto Berlusconi DOCET. Pax vobiscum.
Carlopi
Mer, 10/02/2016 - 17:39
Al fine di non correre il rischio di generare un figlio omosessuale, consiglio a questo tizio di gettarsi lui in un forno crematorio prima di procreare.
gianfran41
Mer, 10/02/2016 - 17:40
Non ha mai detto queste parole? Eppure sono parole da leghista. Vergognati nazista!
http://genova.repubblica.it/cronaca/201 ... ef=HREC1-2
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Re: stepchild adoption
il manifesto 10.12.16
Etica e desiderio, un conflitto simulato
Il diritto di tutti ad avere diritti. Le unioni civili, una grande questione di uguaglianza e di pari dignità
di Luigi Manconi
La discussione pubblica e il dibattito parlamentare sulle unioni civili sono sovrastati e deformati da quello che chiamerei un Conflitto Simulato che opporrebbe due schieramenti totalmente fittizi.
L’uno è quello di coloro che si propongono come titolari esclusivi di valori forti, di una robusta concezione morale e di principi non rinunciabili e non negoziabili; l’altro è lo schieramento di quanti, al più, tutelerebbero interessi circoscritti e parziali, propri di una minoranza, o, comunque, di una sommatoria di minoranze.
In altri termini, una controversia tra una concezione ad alta intensità valoriale e una tutta concentrata sull’acquisizione di diritti. Da una parte, di conseguenza, l’etica, dall’altra il desiderio. Per un verso, una lettura ispirata da considerazioni morali e, per altro verso, una dettata da una visione edonistica, consumistica e, alla resa dei conti, egoistica.
In questo schema, naturale e morale sono categorie che si alimenterebbero a vicenda, indifferenti alle enormi trasformazioni che hanno conosciuto le società umane e, al loro interno, le forme di vita e le concezioni dei rapporti tra i sessi, tra le generazioni e tra genitori e figli. Il che spiega anche il reiterato ricorso al concetto di «antropologia». Quando una personalità autorevole come il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, afferma che «la famiglia è un fatto antropologico, non ideologico», si avverte la sensazione che si tratti in realtà di una semplice interpretazione culturale, motivata da preoccupazioni di ordine generale, che esulano dal tema trattato. E che ha come esito la trasformazione della stessa categoria di antropologia e del suo paradigma scientifico, in una sorta di sistema chiuso, connotato da rigidità e incapace di registrare le trasformazioni avvenute e quelle in atto, e destinato, a sua volta, a farsi dispositivo ideologico.
D’altra parte, il risultato di quel Conflitto Simulato può essere rovinoso. Intanto perché toglie alla mobilitazione per l’affermazione dei diritti la sua ispirazione più profonda e la sua base più solida, quella che si affida in ogni caso a principi morali e a valori condivisi: ancorché differenti da quelli, di origine religiosa, nei quali si riconosceva, fino a qualche decennio fa, la maggioranza della società nazionale. E, infatti, come non vedere che, a ispirare la richiesta di riconoscimento dell’unione civile è – può essere – un’istanza morale? Cos’altro è, se non questo, quella ricerca di reciprocità, mutualità, affidamento, vicendevole supporto, stabilità, continuità nel tempo e, ancora, coniugalità e genitorialità? Non costituisce, tutto ciò, il fondamento morale di una relazione e un fattore capace di contribuire al rafforzamento della coesione sociale? Se così non intendessimo, finiremmo col ridurre la morale a una sorta di lettura rinsecchita e rattrappita della precettistica autoritaria più convenzionale.
Quanto detto finora subisce, proprio in queste ore, una offensiva assai insidiosa, che si traduce nell’ipotesi di amputare il disegno di legge Cirinnà di una sua parte significativa, stralciando il capitolo sulle adozioni. Dietro una simile ipotesi si può scorgere un approccio che definirei economicistico. Una sorta di neutralizzazione del contenuto morale del rapporto di coppia omosessuale e una sua riduzione a mero contratto privato. Un’impostazione che prevede esclusivamente la concessione – il termine è appropriato – delle garanzie materiali e sociali. Ovvero quelle previdenziali, patrimoniali, ereditarie, assicurative e fiscali: diritti primari legittimi, addirittura sacrosanti, che vanno tutelati, ma che non esauriscono certo l’intera e complessa dimensione della soggettività. E che, soprattutto, tradiscono un’idea gravemente riduttiva della identità dell’omosessuale. Egli non viene visto, in quella concezione economicistica, come un cittadino intero e come una persona intera, titolare di una dignità piena, senza deroghe e senza eccezioni. Al contrario, viene considerato come una persona parziale e dimidiata. In altre parole, è come se a quel quasi-cittadino si proponesse uno scambio: diritti materiali e garanzie sociali in cambio della rinuncia al pieno riconoscimento giuridico-morale: e a quei requisiti che costituiscono il tratto saliente della irripetibile personalità umana e della sua unicità. Ovvero il diritto al sentimento e all’affettività, alla pienezza emotiva e alla sessualità, alla condizione di coniuge e di genitore: e all’aspirazione a quel pezzo di felicità condivisa, per quanto precaria e gracile, che ci è consentita in questo nostro mondo.
Da tutto ciò discende che, quello delle unioni civili, è certamente un tema di notevole e delicata rilevanza, che richiama dilemmi etici e visioni del mondo: ma è, in primo luogo, una grande questione di uguaglianza e di pari dignità. E quella che può apparire come una problematica di pochi – decisamente minoritaria sotto il profilo statistico – si rivela, infine, come un’importante questione di libertà di tutti. Siamo in presenza, cioè, di una classica controversia sul diritto ad avere diritti. Ovvero sul fondamento stesso dell’idea di democrazia.
Etica e desiderio, un conflitto simulato
Il diritto di tutti ad avere diritti. Le unioni civili, una grande questione di uguaglianza e di pari dignità
di Luigi Manconi
La discussione pubblica e il dibattito parlamentare sulle unioni civili sono sovrastati e deformati da quello che chiamerei un Conflitto Simulato che opporrebbe due schieramenti totalmente fittizi.
L’uno è quello di coloro che si propongono come titolari esclusivi di valori forti, di una robusta concezione morale e di principi non rinunciabili e non negoziabili; l’altro è lo schieramento di quanti, al più, tutelerebbero interessi circoscritti e parziali, propri di una minoranza, o, comunque, di una sommatoria di minoranze.
In altri termini, una controversia tra una concezione ad alta intensità valoriale e una tutta concentrata sull’acquisizione di diritti. Da una parte, di conseguenza, l’etica, dall’altra il desiderio. Per un verso, una lettura ispirata da considerazioni morali e, per altro verso, una dettata da una visione edonistica, consumistica e, alla resa dei conti, egoistica.
In questo schema, naturale e morale sono categorie che si alimenterebbero a vicenda, indifferenti alle enormi trasformazioni che hanno conosciuto le società umane e, al loro interno, le forme di vita e le concezioni dei rapporti tra i sessi, tra le generazioni e tra genitori e figli. Il che spiega anche il reiterato ricorso al concetto di «antropologia». Quando una personalità autorevole come il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, afferma che «la famiglia è un fatto antropologico, non ideologico», si avverte la sensazione che si tratti in realtà di una semplice interpretazione culturale, motivata da preoccupazioni di ordine generale, che esulano dal tema trattato. E che ha come esito la trasformazione della stessa categoria di antropologia e del suo paradigma scientifico, in una sorta di sistema chiuso, connotato da rigidità e incapace di registrare le trasformazioni avvenute e quelle in atto, e destinato, a sua volta, a farsi dispositivo ideologico.
D’altra parte, il risultato di quel Conflitto Simulato può essere rovinoso. Intanto perché toglie alla mobilitazione per l’affermazione dei diritti la sua ispirazione più profonda e la sua base più solida, quella che si affida in ogni caso a principi morali e a valori condivisi: ancorché differenti da quelli, di origine religiosa, nei quali si riconosceva, fino a qualche decennio fa, la maggioranza della società nazionale. E, infatti, come non vedere che, a ispirare la richiesta di riconoscimento dell’unione civile è – può essere – un’istanza morale? Cos’altro è, se non questo, quella ricerca di reciprocità, mutualità, affidamento, vicendevole supporto, stabilità, continuità nel tempo e, ancora, coniugalità e genitorialità? Non costituisce, tutto ciò, il fondamento morale di una relazione e un fattore capace di contribuire al rafforzamento della coesione sociale? Se così non intendessimo, finiremmo col ridurre la morale a una sorta di lettura rinsecchita e rattrappita della precettistica autoritaria più convenzionale.
Quanto detto finora subisce, proprio in queste ore, una offensiva assai insidiosa, che si traduce nell’ipotesi di amputare il disegno di legge Cirinnà di una sua parte significativa, stralciando il capitolo sulle adozioni. Dietro una simile ipotesi si può scorgere un approccio che definirei economicistico. Una sorta di neutralizzazione del contenuto morale del rapporto di coppia omosessuale e una sua riduzione a mero contratto privato. Un’impostazione che prevede esclusivamente la concessione – il termine è appropriato – delle garanzie materiali e sociali. Ovvero quelle previdenziali, patrimoniali, ereditarie, assicurative e fiscali: diritti primari legittimi, addirittura sacrosanti, che vanno tutelati, ma che non esauriscono certo l’intera e complessa dimensione della soggettività. E che, soprattutto, tradiscono un’idea gravemente riduttiva della identità dell’omosessuale. Egli non viene visto, in quella concezione economicistica, come un cittadino intero e come una persona intera, titolare di una dignità piena, senza deroghe e senza eccezioni. Al contrario, viene considerato come una persona parziale e dimidiata. In altre parole, è come se a quel quasi-cittadino si proponesse uno scambio: diritti materiali e garanzie sociali in cambio della rinuncia al pieno riconoscimento giuridico-morale: e a quei requisiti che costituiscono il tratto saliente della irripetibile personalità umana e della sua unicità. Ovvero il diritto al sentimento e all’affettività, alla pienezza emotiva e alla sessualità, alla condizione di coniuge e di genitore: e all’aspirazione a quel pezzo di felicità condivisa, per quanto precaria e gracile, che ci è consentita in questo nostro mondo.
Da tutto ciò discende che, quello delle unioni civili, è certamente un tema di notevole e delicata rilevanza, che richiama dilemmi etici e visioni del mondo: ma è, in primo luogo, una grande questione di uguaglianza e di pari dignità. E quella che può apparire come una problematica di pochi – decisamente minoritaria sotto il profilo statistico – si rivela, infine, come un’importante questione di libertà di tutti. Siamo in presenza, cioè, di una classica controversia sul diritto ad avere diritti. Ovvero sul fondamento stesso dell’idea di democrazia.
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Re: stepchild adoption
Repubblica 10.2.16
Un esame di civiltà per il Parlamento
Il diritto deve abbandonare la pretesa autoritaria di impadronirsi della vita delle persone
di Stefano Rodotà
LA STRADA fin troppo lunga verso un primo significativo riconoscimento delle unioni civili continua a incontrare ostacoli visibilmente pretestuosi anche quando si fa appello a grandi principi. È accaduto con la critica all’utero in affitto, con l’invocazione dei diritti dei minori e, infine, con il richiamo della libertà di coscienza.
MA la prova politica che comincia oggi in Parlamento deve liberarsi da strumentali richiami che vogliono impedire ancora una volta un risultato di civiltà della cui importanza e urgenza i cittadini sono ormai ben consapevoli.
La parola “coscienza” incontra sempre più spesso, e spesso ambiguamente, la politica. Per ragioni tra loro diverse. La volontà di affermare una forte convinzione morale o religiosa, l’intenzione di manifestare un dissenso politico, il fine di differenziarsi e di tenere vivo il pluralismo. È la rivendicazione di una libertà di scelta diversa dalla linea del partito o della maggioranza del gruppo parlamentare al quale si appartiene.
Una rivendicazione che non sempre viene accolta. Ce lo ricorda la vicenda di alcuni senatori del Pd che, durante la discussione sulla riforma costituzionale, chiesero di votare in maniera difforme dalla linea del partito, e si trovarono sostituiti nella commissione dove le votazioni si sarebbero svolte. Ma abbiamo appena assistito ad un apprezzamento della libertà di coscienza nelle variegate indicazioni sulle unioni civili, com’è accaduto, tra mille polemiche, per i senatori del Movimento 5Stelle. Intanto, si dilata l’area dove la richiesta di libertà di coscienza si manifesta, da quando le questioni “eticamente sensibili” hanno cominciato ad occupare il proscenio della discussione pubblica. Così questa libertà è stata invocata anzitutto per i parlamentari chiamati a dare le regole nelle materie del nascere, vivere, morire, dei limiti e delle responsabilità della ricerca scientifica, alle quali si sono poi aggiunte le scelte in materia costituzionale.
Il bisogno di richiamare esplicitamente questa libertà nasce dalla crisi di una storica prerogativa del parlamentare, quella di esercitare “le sue funzioni senza vincolo di mandato” (così l’articolo 67 della Costituzione). Ma, liberati formalmente da quell’obbligo, gli eletti hanno poi conosciuto il ben più stringente vincolo rappresentato dall’appartenenza ad un partito che, in sede parlamentare, si trasforma nell’accettazione della “disciplina di partito”. Un vincolo che può essere sciolto solo dallo stesso partito, o gruppo parlamentare, che di volta in volta, e in casi ritenuti eccezionali, può lasciare liberi i suoi di votare come meglio credono. Ma che cosa diviene una libertà di coscienza concessa dall’alto, subordinata al permesso dei superiori? Quanti parlamentari sono disposti a portare fino in fondo la loro richiesta, che diventa una sfida, costi quel che costi?
Per rispondere a queste domande, bisogna riferirsi al contesto, mutevole, nel quale si discute di libertà di coscienza. Negli ultimi tempi si è manifestata una forte nostalgia per il vincolo di mandato. Lo ha fatto esplicitamente, fin dalle sue origini, proprio il Movimento 5Stelle. E si è proposto di riconoscere anche in Italia il diritto degli elettori di revocare il mandato a singoli parlamentari, com’è previsto in altri paesi (negli Stati Uniti, ad esempio, sia pure con limiti e applicazioni del tutto rare). Sono reazioni evidenti ad un trasformismo parlamentare scandaloso e davvero senza precedenti, frenato in un passato neppure troppo lontano dall’esistenza dei partiti di massa e dalle forti connotazioni ideali che ne costituivano il cemento. Scomparsi quei partiti, sostituiti da oligarchie con bassa legittimazione popolare, ecco riemergere un bisogno di rapporto diretto tra elettori e eletti, per garantire un controllo sull’azione dei parlamentari e per inserire così proprio un embrione di democrazia diretta nel contesto in crisi di quella rappresentativa. Non a caso i parlamentari 5Stelle sono definiti “portavoce”, e non “rappresentanti” dei cittadini.
Il tema della libertà di coscienza deve essere valutato in questo quadro di tensione tra difesa dell’autonomia del parlamentare (non posso “portare il cervello all’ammasso”, si diceva un tempo), coerenza dell’azione politico-parlamentare e suo controllo diffuso. Dobbiamo concludere che, in questa dimensione, la coscienza individuale ha le sue ragioni che la ragion politica non conosce?
Diciamo piuttosto che siamo di fronte alla necessità di ripensare lo stesso ruolo del parlamentare, per il quale la libertà nel voto può essere un modo per arricchire la discussione pubblica. Si tocca così il nodo aggrovigliato del voto segreto, sempre più presentato come un ostacolo alla trasparenza e alla moralità del parlamentare. Ricordiamo, però, che il parlamento italiano è diventato, e rischia di rimanere, un parlamento di nominati da una élite ristretta, sempre più incline a premiare la fedeltà e a restringere ogni possibilità di dissenso. So bene che uno spazio sottratto all’occhio dell’opinione pubblica è assai più luogo di imboscate e di manovre inconfessabili che opportunità per l’agire libero. Ma possiamo risolvere un problema reale negando che esista?
Vero è che gli impegni assunti dai partiti nei confronti dei cittadini che li hanno votati esigono poi comportamenti collettivi in grado di rispettarli, sì che non tutto può essere rimesso alla variabile opinione del singolo parlamentare. È comprensibile, quindi, che vi sia una valutazione politica dei casi in cui le ragioni della coscienza individuale possono prevalere sull’omogeneità dei comportamenti di gruppo. Ma quando le decisioni parlamentari diventano norme che incidono direttamente sull’autonomia delle persone nel governare la loro vita, la questione della libertà di coscienza deve essere considerata anche, o soprattutto, da un diverso punto di vista.
Qui la libertà da tutelare è, in primo luogo, quella della persona che deve compiere le scelte di vita. Il problema, allora, non riguarda la libertà di coscienza di chi stabilisce le regole: investe la legittimità stessa dell’intervento legislativo in forme tali da cancellare, o condizionare in maniera determinante, quelle scelte. Altrimenti si determina una asimmetria pericolosa: la libertà di scelta dei legislatori può divenire massima, quella dei destinatari della norma minima.
Il diritto deve abbandonare la pretesa autoritaria di impadronirsi della vita delle persone, di espropriarle del diritto fondamentale all’autodeterminazione. La politica, prima di preoccuparsi del dosaggio della quantità di libertà di coscienza somministrabile ai parlamentari, dovrebbe seriamente chiedersi se una materia affrontata rientri pienamente nella sua competenza o se questa spetti in primo luogo ai diretti interessati. E, in questo caso, fermarsi, senza doversi poi porre aggrovigliati e impropri problemi di libertà di coscienza. La discussione sulle unioni civili si sarebbe giovata assai di questa consapevolezza.
Questa linea non è volta a confinare ciascuno nella sua sfera privata, ma pone in modo corretto il rapporto tra sfera privata e sfera pubblica che, per essere riconosciuta, non deve affidarsi alla propria invadenza. Al contrario, la sua legittimità deriva in primo luogo dal rispetto per la competenza delle persone. Martha Nussbaum, concludendo la sua appassionata analisi della libertà di coscienza americana, ci ricorda che «l’eguale libertà di coscienza è difficile da creare, e ancor più difficile da realizzare ». Punto cardine del modo laico d’intendere il rapporto del cittadino con l’intero sistema istituzionale.
Un esame di civiltà per il Parlamento
Il diritto deve abbandonare la pretesa autoritaria di impadronirsi della vita delle persone
di Stefano Rodotà
LA STRADA fin troppo lunga verso un primo significativo riconoscimento delle unioni civili continua a incontrare ostacoli visibilmente pretestuosi anche quando si fa appello a grandi principi. È accaduto con la critica all’utero in affitto, con l’invocazione dei diritti dei minori e, infine, con il richiamo della libertà di coscienza.
MA la prova politica che comincia oggi in Parlamento deve liberarsi da strumentali richiami che vogliono impedire ancora una volta un risultato di civiltà della cui importanza e urgenza i cittadini sono ormai ben consapevoli.
La parola “coscienza” incontra sempre più spesso, e spesso ambiguamente, la politica. Per ragioni tra loro diverse. La volontà di affermare una forte convinzione morale o religiosa, l’intenzione di manifestare un dissenso politico, il fine di differenziarsi e di tenere vivo il pluralismo. È la rivendicazione di una libertà di scelta diversa dalla linea del partito o della maggioranza del gruppo parlamentare al quale si appartiene.
Una rivendicazione che non sempre viene accolta. Ce lo ricorda la vicenda di alcuni senatori del Pd che, durante la discussione sulla riforma costituzionale, chiesero di votare in maniera difforme dalla linea del partito, e si trovarono sostituiti nella commissione dove le votazioni si sarebbero svolte. Ma abbiamo appena assistito ad un apprezzamento della libertà di coscienza nelle variegate indicazioni sulle unioni civili, com’è accaduto, tra mille polemiche, per i senatori del Movimento 5Stelle. Intanto, si dilata l’area dove la richiesta di libertà di coscienza si manifesta, da quando le questioni “eticamente sensibili” hanno cominciato ad occupare il proscenio della discussione pubblica. Così questa libertà è stata invocata anzitutto per i parlamentari chiamati a dare le regole nelle materie del nascere, vivere, morire, dei limiti e delle responsabilità della ricerca scientifica, alle quali si sono poi aggiunte le scelte in materia costituzionale.
Il bisogno di richiamare esplicitamente questa libertà nasce dalla crisi di una storica prerogativa del parlamentare, quella di esercitare “le sue funzioni senza vincolo di mandato” (così l’articolo 67 della Costituzione). Ma, liberati formalmente da quell’obbligo, gli eletti hanno poi conosciuto il ben più stringente vincolo rappresentato dall’appartenenza ad un partito che, in sede parlamentare, si trasforma nell’accettazione della “disciplina di partito”. Un vincolo che può essere sciolto solo dallo stesso partito, o gruppo parlamentare, che di volta in volta, e in casi ritenuti eccezionali, può lasciare liberi i suoi di votare come meglio credono. Ma che cosa diviene una libertà di coscienza concessa dall’alto, subordinata al permesso dei superiori? Quanti parlamentari sono disposti a portare fino in fondo la loro richiesta, che diventa una sfida, costi quel che costi?
Per rispondere a queste domande, bisogna riferirsi al contesto, mutevole, nel quale si discute di libertà di coscienza. Negli ultimi tempi si è manifestata una forte nostalgia per il vincolo di mandato. Lo ha fatto esplicitamente, fin dalle sue origini, proprio il Movimento 5Stelle. E si è proposto di riconoscere anche in Italia il diritto degli elettori di revocare il mandato a singoli parlamentari, com’è previsto in altri paesi (negli Stati Uniti, ad esempio, sia pure con limiti e applicazioni del tutto rare). Sono reazioni evidenti ad un trasformismo parlamentare scandaloso e davvero senza precedenti, frenato in un passato neppure troppo lontano dall’esistenza dei partiti di massa e dalle forti connotazioni ideali che ne costituivano il cemento. Scomparsi quei partiti, sostituiti da oligarchie con bassa legittimazione popolare, ecco riemergere un bisogno di rapporto diretto tra elettori e eletti, per garantire un controllo sull’azione dei parlamentari e per inserire così proprio un embrione di democrazia diretta nel contesto in crisi di quella rappresentativa. Non a caso i parlamentari 5Stelle sono definiti “portavoce”, e non “rappresentanti” dei cittadini.
Il tema della libertà di coscienza deve essere valutato in questo quadro di tensione tra difesa dell’autonomia del parlamentare (non posso “portare il cervello all’ammasso”, si diceva un tempo), coerenza dell’azione politico-parlamentare e suo controllo diffuso. Dobbiamo concludere che, in questa dimensione, la coscienza individuale ha le sue ragioni che la ragion politica non conosce?
Diciamo piuttosto che siamo di fronte alla necessità di ripensare lo stesso ruolo del parlamentare, per il quale la libertà nel voto può essere un modo per arricchire la discussione pubblica. Si tocca così il nodo aggrovigliato del voto segreto, sempre più presentato come un ostacolo alla trasparenza e alla moralità del parlamentare. Ricordiamo, però, che il parlamento italiano è diventato, e rischia di rimanere, un parlamento di nominati da una élite ristretta, sempre più incline a premiare la fedeltà e a restringere ogni possibilità di dissenso. So bene che uno spazio sottratto all’occhio dell’opinione pubblica è assai più luogo di imboscate e di manovre inconfessabili che opportunità per l’agire libero. Ma possiamo risolvere un problema reale negando che esista?
Vero è che gli impegni assunti dai partiti nei confronti dei cittadini che li hanno votati esigono poi comportamenti collettivi in grado di rispettarli, sì che non tutto può essere rimesso alla variabile opinione del singolo parlamentare. È comprensibile, quindi, che vi sia una valutazione politica dei casi in cui le ragioni della coscienza individuale possono prevalere sull’omogeneità dei comportamenti di gruppo. Ma quando le decisioni parlamentari diventano norme che incidono direttamente sull’autonomia delle persone nel governare la loro vita, la questione della libertà di coscienza deve essere considerata anche, o soprattutto, da un diverso punto di vista.
Qui la libertà da tutelare è, in primo luogo, quella della persona che deve compiere le scelte di vita. Il problema, allora, non riguarda la libertà di coscienza di chi stabilisce le regole: investe la legittimità stessa dell’intervento legislativo in forme tali da cancellare, o condizionare in maniera determinante, quelle scelte. Altrimenti si determina una asimmetria pericolosa: la libertà di scelta dei legislatori può divenire massima, quella dei destinatari della norma minima.
Il diritto deve abbandonare la pretesa autoritaria di impadronirsi della vita delle persone, di espropriarle del diritto fondamentale all’autodeterminazione. La politica, prima di preoccuparsi del dosaggio della quantità di libertà di coscienza somministrabile ai parlamentari, dovrebbe seriamente chiedersi se una materia affrontata rientri pienamente nella sua competenza o se questa spetti in primo luogo ai diretti interessati. E, in questo caso, fermarsi, senza doversi poi porre aggrovigliati e impropri problemi di libertà di coscienza. La discussione sulle unioni civili si sarebbe giovata assai di questa consapevolezza.
Questa linea non è volta a confinare ciascuno nella sua sfera privata, ma pone in modo corretto il rapporto tra sfera privata e sfera pubblica che, per essere riconosciuta, non deve affidarsi alla propria invadenza. Al contrario, la sua legittimità deriva in primo luogo dal rispetto per la competenza delle persone. Martha Nussbaum, concludendo la sua appassionata analisi della libertà di coscienza americana, ci ricorda che «l’eguale libertà di coscienza è difficile da creare, e ancor più difficile da realizzare ». Punto cardine del modo laico d’intendere il rapporto del cittadino con l’intero sistema istituzionale.
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Re: stepchild adoption
10 febbraio 2016 | di Gisella Ruccia
Ddl Cirinnà, don Fanzaga: “Ci metteranno in croce, ma siamo pronti al martirio”
Nuova intemerata del direttore di Radio Maria, padre Livio Fanzaga, contro la legge sulle unioni civili. Nella sua quotidiana rassegna stampa, il religioso ribadisce a più riprese le sue aspre critiche al ddl Cirinnà e in particolare alla stepchild adoption, da lui definita “parolaccia in inglese che nessuno capisce e che apre la strada all’utero in affitto”. Padre Livio passa in rassegna le posizioni dei gruppi parlamentari sulla legge: “Grillo ha lasciato libertà di coscienza al M5S, ha dovuto tenere conto della componente cattolica del suo elettorato, che è fondamentale. Come diceva bene un manifesto del Family Day, a noi la battaglia a Dio la vittoria. C’è anche quell’ala del governo che fa capo ad Alfano che fa il pressing ma con una sculacciatina, non certo col battipanni. Poi arrivano le truppe dei grembiulini a dare una mano, per far passare la legge costi quel che costi“. Scudisciata anche alla partecipazione di Elton John al Festival di Sanremo: “E’ venuto per convincere gli italiani. Cosa dovremmo dire, cari amici? Ci metteranno in croce, non lo so io cosa faranno, oppure si accontenteranno soltanto di approvare la legge. Ma noi siam pronti al martirio, siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Il vero nemico è il diavolo” – continua – “il quale, come dice la Madonna, sta sferrando un attacco alla famiglia per distruggerla. Ma questo mondo, cari amici, deve fare i conti col Padre Eterno e quando Lui chiede i conti, è meglio averli a posto”. Ennesima stroncatura del ddl Cirinnà e appello accorato ai parlamentari cattolici: “Non c’è niente da fare, questa roba qui è robaccia, son tutte cose che sono scritte sulla sabbia. Tutti i cattolici votino contro. Loro dicono la loro? Abbiate pazienza! Anche noi possiamo dire la nostra. O siamo già nella dittatura del cornuto? Non lo so io, eh. Finché paghiamo le tasse, abbiamo il diritto di parlare“
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/02/ ... te/478624/
Ddl Cirinnà, don Fanzaga: “Ci metteranno in croce, ma siamo pronti al martirio”
Nuova intemerata del direttore di Radio Maria, padre Livio Fanzaga, contro la legge sulle unioni civili. Nella sua quotidiana rassegna stampa, il religioso ribadisce a più riprese le sue aspre critiche al ddl Cirinnà e in particolare alla stepchild adoption, da lui definita “parolaccia in inglese che nessuno capisce e che apre la strada all’utero in affitto”. Padre Livio passa in rassegna le posizioni dei gruppi parlamentari sulla legge: “Grillo ha lasciato libertà di coscienza al M5S, ha dovuto tenere conto della componente cattolica del suo elettorato, che è fondamentale. Come diceva bene un manifesto del Family Day, a noi la battaglia a Dio la vittoria. C’è anche quell’ala del governo che fa capo ad Alfano che fa il pressing ma con una sculacciatina, non certo col battipanni. Poi arrivano le truppe dei grembiulini a dare una mano, per far passare la legge costi quel che costi“. Scudisciata anche alla partecipazione di Elton John al Festival di Sanremo: “E’ venuto per convincere gli italiani. Cosa dovremmo dire, cari amici? Ci metteranno in croce, non lo so io cosa faranno, oppure si accontenteranno soltanto di approvare la legge. Ma noi siam pronti al martirio, siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Il vero nemico è il diavolo” – continua – “il quale, come dice la Madonna, sta sferrando un attacco alla famiglia per distruggerla. Ma questo mondo, cari amici, deve fare i conti col Padre Eterno e quando Lui chiede i conti, è meglio averli a posto”. Ennesima stroncatura del ddl Cirinnà e appello accorato ai parlamentari cattolici: “Non c’è niente da fare, questa roba qui è robaccia, son tutte cose che sono scritte sulla sabbia. Tutti i cattolici votino contro. Loro dicono la loro? Abbiate pazienza! Anche noi possiamo dire la nostra. O siamo già nella dittatura del cornuto? Non lo so io, eh. Finché paghiamo le tasse, abbiamo il diritto di parlare“
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/02/ ... te/478624/
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Re: stepchild adoption
Dal Corriere della Sera:
Gli equilibri
di Maria Teresa Meli
Napolitano e il fronte degli ex pci contrari alla stepchild adoption
Emma Fattorini ha un’aria sognante.
La senatrice del Pd che ha sollevato
molti dubbi sulle unioni civili è
convinta che si possa fare qualcosa per
evitare che la legge passi così com’è. Le sue
speranze si appuntano su un uomo in
particolare: «Giorgio Napolitano —
mormora per non farsi sentire dai
compagni di partito — è il nostro
monsignor Ruini. Non gli piace la
stepchild adoption e sta lavorando per
cambiarla. Se c’è uno che ce la può fare
quello è lui, vedrete. E potrebbero seguirlo
in diversi». Fattorini ritiene che l’ex
presidente della Repubblica possa riuscire
a fare quello che per lei sarebbe un
miracolo: «La sua opinione conta, i
senatori lo ascoltano. Forse lui potrà
trovare una nuova formulazione su cui
coagulare il consenso degli altri». Ed
effettivamente nel mondo del Partito
democratico che si richiama al Pci non c’è
solo Giorgio Napolitano a lavorare contro
la legge. Si perché, come i cattolici, anche
gli ex comunisti del Pd sono dubbiosi. Più
che dubbiosi. Per questa ragione, in realtà,
il Partito democratico ha scelto la libertà di
coscienza sulla stepchild adoption. Perché
il dissenso e i mal di pancia sono molto
più estesi di quanto potrebbe sembrare a
prima vista. Dunque, non solo i cattolici,
ma anche i laici hanno dei problemi
rispetto alle unioni civili. Nei corridoi di
Palazzo Madama si moltiplicano i
capannelli di senatori del Pd che
esprimono ad alta voce i propri dubbi. L’ex
tesoriere del partito, Ugo Sposetti, per
esempio, dice che questa è una «legge
inutile» e fa capire che potrebbe non
votarla: «Vedremo, non so...». Mario
Tronti, un altro ex comunista di rango, ha
già manifestato pubblicamente la sua
contrarietà. E infatti è uno dei senatori
firmatari dell’appello del Pd contro la
stepchild adoption. Beppe Vacca, direttore
dell’Istituto Gramsci, non è in Senato, ma
anche lui la pensa nello stesso modo.
Questa legge non lo convince affatto. E di
renitenti alle unioni civili ce ne sono altri,
a Palazzo Madama. Silenti, ma operanti.
Già, gli ex pci, al contrario dei loro
colleghi cattodem, parlano poco e
agiscono molto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli equilibri
di Maria Teresa Meli
Napolitano e il fronte degli ex pci contrari alla stepchild adoption
Emma Fattorini ha un’aria sognante.
La senatrice del Pd che ha sollevato
molti dubbi sulle unioni civili è
convinta che si possa fare qualcosa per
evitare che la legge passi così com’è. Le sue
speranze si appuntano su un uomo in
particolare: «Giorgio Napolitano —
mormora per non farsi sentire dai
compagni di partito — è il nostro
monsignor Ruini. Non gli piace la
stepchild adoption e sta lavorando per
cambiarla. Se c’è uno che ce la può fare
quello è lui, vedrete. E potrebbero seguirlo
in diversi». Fattorini ritiene che l’ex
presidente della Repubblica possa riuscire
a fare quello che per lei sarebbe un
miracolo: «La sua opinione conta, i
senatori lo ascoltano. Forse lui potrà
trovare una nuova formulazione su cui
coagulare il consenso degli altri». Ed
effettivamente nel mondo del Partito
democratico che si richiama al Pci non c’è
solo Giorgio Napolitano a lavorare contro
la legge. Si perché, come i cattolici, anche
gli ex comunisti del Pd sono dubbiosi. Più
che dubbiosi. Per questa ragione, in realtà,
il Partito democratico ha scelto la libertà di
coscienza sulla stepchild adoption. Perché
il dissenso e i mal di pancia sono molto
più estesi di quanto potrebbe sembrare a
prima vista. Dunque, non solo i cattolici,
ma anche i laici hanno dei problemi
rispetto alle unioni civili. Nei corridoi di
Palazzo Madama si moltiplicano i
capannelli di senatori del Pd che
esprimono ad alta voce i propri dubbi. L’ex
tesoriere del partito, Ugo Sposetti, per
esempio, dice che questa è una «legge
inutile» e fa capire che potrebbe non
votarla: «Vedremo, non so...». Mario
Tronti, un altro ex comunista di rango, ha
già manifestato pubblicamente la sua
contrarietà. E infatti è uno dei senatori
firmatari dell’appello del Pd contro la
stepchild adoption. Beppe Vacca, direttore
dell’Istituto Gramsci, non è in Senato, ma
anche lui la pensa nello stesso modo.
Questa legge non lo convince affatto. E di
renitenti alle unioni civili ce ne sono altri,
a Palazzo Madama. Silenti, ma operanti.
Già, gli ex pci, al contrario dei loro
colleghi cattodem, parlano poco e
agiscono molto.
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Re: stepchild adoption
Ma perché i vertici cattolici sono sempre così scorretti????
Sono loro che dovrebbero dare l'esempio.
Non siamo più al tempo di Carlo Cudega!!!!
Così indeboliscono la loro religione.
Unioni civili, Bagnasco: “Voto segreto sulla legge”. Governo: “Non decide la Cei”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... i/2456227/
Sono loro che dovrebbero dare l'esempio.
Non siamo più al tempo di Carlo Cudega!!!!
Così indeboliscono la loro religione.
Unioni civili, Bagnasco: “Voto segreto sulla legge”. Governo: “Non decide la Cei”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... i/2456227/
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Re: stepchild adoption
Se il mondo fosse popolato in prevalenza "Gasparri", che mondo sarebbe???
12 febbraio 2016 | di Gisella Ruccia
Unioni civili, Gasparri: “Formigli? Mi ha offeso. Pooh? Conformisti. Facchinetti jr? Per lui commiserazione”
Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ancora una volta lancia in resta sul tema del ddl Cirinnà. Ospite de L’aria che tira, su La7, il vicepresidente del Senato ribadisce le sue aspre critiche al senatore Pd Sergio Lo Giudice che ha avuto un figlio grazie alla pratica dell’utero in affitto. Poi attacca duramente Corrado Formigli, conduttore di Piazzapulita (La7): “Ieri sera sono stato offeso su questa emittente da Formigli, che ha detto che è scandalosa la mia tesi. Tra l’altro, era sua ospite la deputata del Pd Micaela Campana, quella che mandava a Buzzi messaggini del tipo ‘Baci capo’. Questa emittente, tramite Formigli, ha ospitato un’offesa in mia assenza”. La conduttrice Myrta Merlino chiede poi spiegazioni a Gasparri sul suo tweet polemico all’indirizzo dei Pooh, rei, secondo il senatore, di aver esibito un braccialetto colorato in omaggio alle unioni civili (“Pure i Pooh scappati dall’ospizio diventano conformisti, ora a nanna con la badante”). Al vicepresidente del Senato ha replicato con un ‘cinguettio’ Francesco Facchinetti, figlio di Roby: “Purtroppo a te neanche la badante ti sopporta. Che triste realtà la tua, ti sono vicino”. Gasparri in studio si difende: “La mia era solo una battuta. Quanti su twitter ironizzano sui bravissimi Pooh? Vuol dire che la prossima volta ci metterò le risate registrate. Io sono molto meno anziano dei Pooh, che vanno lì e si conciano in quel modo, ma resto un loro fan. Però sarà possibile avere una opinione su quel braccialetto multicolore?”. Gasparri menziona quindi il tweet, poi cancellato, che Francesco Facchinetti ha pubblicato lo scorso 9 febbraio (‘Unica cosa che mi irrita è questo ostentare i diritti delle coppie GAY. Non ho nulla contro la cosa ma sembra veramente forzato’). Il figlio del tastierista dei Pooh, dopo piogge di critiche, ha poi giustificato l’inciampo, scrivendo su twitter: ‘Il tweet è stato scritto dal mio account, peccato che non l’abbia scritto né io, né le persone che lavorano con me. Amen, succede anche questo’. A riguardo, Gasparri commenta: “Facchinetti junior ha scritto la stessa cosa che avevo twittato io, poi l’ha cancellata. Non ha avuto il coraggio di mantenere sulla rete ciò che ha scritto. Quindi, gli esprimo commiserazione, perché uno, quando ha un’idea, come faccio io, la deve sostenere”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/02/ ... ne/479548/
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Il meraviglioso mondo della famiglia alla Gasparri, Giovanardi, Bagnasco.
Sedicenne suicida a Forlì, pm chiede rinvio a giudizio per genitori: “Umiliazioni e insulti, la sfidarono a compiere il gesto”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... o/2459044/
12 febbraio 2016 | di Gisella Ruccia
Unioni civili, Gasparri: “Formigli? Mi ha offeso. Pooh? Conformisti. Facchinetti jr? Per lui commiserazione”
Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ancora una volta lancia in resta sul tema del ddl Cirinnà. Ospite de L’aria che tira, su La7, il vicepresidente del Senato ribadisce le sue aspre critiche al senatore Pd Sergio Lo Giudice che ha avuto un figlio grazie alla pratica dell’utero in affitto. Poi attacca duramente Corrado Formigli, conduttore di Piazzapulita (La7): “Ieri sera sono stato offeso su questa emittente da Formigli, che ha detto che è scandalosa la mia tesi. Tra l’altro, era sua ospite la deputata del Pd Micaela Campana, quella che mandava a Buzzi messaggini del tipo ‘Baci capo’. Questa emittente, tramite Formigli, ha ospitato un’offesa in mia assenza”. La conduttrice Myrta Merlino chiede poi spiegazioni a Gasparri sul suo tweet polemico all’indirizzo dei Pooh, rei, secondo il senatore, di aver esibito un braccialetto colorato in omaggio alle unioni civili (“Pure i Pooh scappati dall’ospizio diventano conformisti, ora a nanna con la badante”). Al vicepresidente del Senato ha replicato con un ‘cinguettio’ Francesco Facchinetti, figlio di Roby: “Purtroppo a te neanche la badante ti sopporta. Che triste realtà la tua, ti sono vicino”. Gasparri in studio si difende: “La mia era solo una battuta. Quanti su twitter ironizzano sui bravissimi Pooh? Vuol dire che la prossima volta ci metterò le risate registrate. Io sono molto meno anziano dei Pooh, che vanno lì e si conciano in quel modo, ma resto un loro fan. Però sarà possibile avere una opinione su quel braccialetto multicolore?”. Gasparri menziona quindi il tweet, poi cancellato, che Francesco Facchinetti ha pubblicato lo scorso 9 febbraio (‘Unica cosa che mi irrita è questo ostentare i diritti delle coppie GAY. Non ho nulla contro la cosa ma sembra veramente forzato’). Il figlio del tastierista dei Pooh, dopo piogge di critiche, ha poi giustificato l’inciampo, scrivendo su twitter: ‘Il tweet è stato scritto dal mio account, peccato che non l’abbia scritto né io, né le persone che lavorano con me. Amen, succede anche questo’. A riguardo, Gasparri commenta: “Facchinetti junior ha scritto la stessa cosa che avevo twittato io, poi l’ha cancellata. Non ha avuto il coraggio di mantenere sulla rete ciò che ha scritto. Quindi, gli esprimo commiserazione, perché uno, quando ha un’idea, come faccio io, la deve sostenere”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/02/ ... ne/479548/
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Il meraviglioso mondo della famiglia alla Gasparri, Giovanardi, Bagnasco.
Sedicenne suicida a Forlì, pm chiede rinvio a giudizio per genitori: “Umiliazioni e insulti, la sfidarono a compiere il gesto”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... o/2459044/
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Re: stepchild adoption
ATTENTI AI CANGURI
Unioni civili, braccio di ferro sul “canguro”
Zanda: “Confermato”. M5S: “Non lo votiamo”
Ddl Cirinnà in Senato. Il capogruppo dem: “Atto che ha un obiettivo sano”. Poi aggiunge: “Sulla
stepchild voto può essere segreto”. 5 Stelle: “Non aiutiamo i democratici”. Seduta sospesa, si vota domani
cirinnà 990
Politica
Tensione in Senato sul ddl Unioni Civili. In mattinata non c’era stata l’intesa, poi all’avvio della seduta pomeridiana è arrivato il colpo di scena del Carroccio che ha proposto di ritirare 4500 richieste di modifica se il Pd eviterà di presentare la misura per far decadere tutte quelle simili (comprese quelle dell’ala cattolica sulla stepchild adoption). Nel Partito democratico la frattura è evidente. L’europarlamentare Viotti: “I cattodem hanno rotto il caXXo”. M5s temporeggiano sull’eventuale spacchettamento del canguro: “Non salviamo noi il Pd”
^^^^^^^
Unioni civili, Lega sfida Pd: “Salti il “canguro”‘. No dei dem. M5s: “Non lo voteremo”. E il Senato sospende i lavori
Politica
Si doveva discutere la misura per far decadere tutti gli emendamenti simili (compresi quelli dell'ala cattolica sulla stepchild adoption), ma dopo l'intenzione di voto contraria dei 5 Stelle la seduta è stata rinviata a domani. Orlando: "Mossa che rende più impervia la strada". Il capogruppo dem Zanda: "Voltafaccia assoluto"
di F. Q. | 16 febbraio 2016
Commenti (1125)
La discussione del pomeriggio sul ddl Cirinnà al Senato è tutta sul canguro o emendamento Marcucci, capace di sgomberare il tavolo di molti degli oltre 6mila presentati e che fa cadere tutti quelli simili. Una discussione che non arriva nemmeno alla votazione del canguro stesso, visto che Palazzo Madama – a meno di tre ore dall’apertura della seduta pomeridiana – ha deciso di sospendere i lavori, dando il via libera alla proposta della senatrice Loredana De Petris di Sel (155 sì, 141 no). Una richiesta arrivata dopo l’annuncio dei 5 Stelle sul no al provvedimento, che senza il loro appoggio rischia concretamente di non passare. Di fatto, secondo il ministro della Giustizia Andrea Orlando, “questa mossa rende più impervia una strada che era già significativamente impervia” e il capogruppo Pd Luigi Zanda a fine seduta ha aggiunto che “dal M5S c’è stato un voltafaccia assoluto che mette a rischio elevatissimo”.
Difendendo la scelta in aula, il senatore M5s Alberto Airola ha detto: “Ci assumiamo una pesantissima responsabilità. Dio solo sa quanto teniamo alle legge sulle unioni civili – ha proseguito -. Davanti ad un artificio costituzionale come il canguro, dico però ai colleghi del Pd, io ci penserei”. Ma gli esponenti del Movimento, che volevano andare al voto e avevano chiesto di procedere “con 500 emendamenti a voto palese”, alla decisione del rinvio dei lavori hanno accusato i senatori di Sel di essere dei “venduti”. La giornata si conclude quindi con un nulla di fatto sul ddl Cirinnà. Nessuna votazione sul canguro, e di conseguenza non si è entrati nel merito del provvedimento.
La proposta della Lega e il no del Pd - Contrari al canguro anche Forza Italia, Ncd, Udc e Lega che, se in mattinata non aveva raggiunto l’accordo sul taglio delle proposte di modifica col Pd, nel pomeriggio lo ha sfidato. Il capogruppo Gian Marco Centinaio aveva proposto il ritiro di 4500 emendamenti (ovvero il 90%) se il partito di Renzi avesse messo da parte il “canguro”. Un'”offerta” respinta dai dem perché, ha spiegato Zanda, il canguro “ha un obiettivo sano”. In più, se questo emendamento sarà approvato “voteremo comunque la legge in tutti i suoi articoli, compreso il 5 (che riguarda la stepchild adoption) e se richiesto con voto segreto”. L’intenzione della Lega col ritiro degli emendamenti era di fare discutere tutte le proposte di modifica che riguardavano le adozioni, punto sul quale la maggioranza è spaccata, con i cattodem contrari. Oggi si erano detti favorevoli all’ipotesi dello spacchettamento del canguro, per votare prima la decadenza di una parte degli emendamenti e poi separatamente quelli relativi all’adozione.
Zanda difende il canguro: “Non elimina la discussione” – “Io capisco che fa effetto la Lega nord che ritira 4.500 emendamenti – ha detto Luigi Zanda motivando in aula il rifiuto della “proposta” del Carroccio – noi però abbiamo necessità che gli emendamenti siano pochi. Io credo – ha proseguito – che questo disegno di legge con due-trecento emendamenti possa essere discusso nel merito e che i voti segreti debbano essere una decina, trenta al massimo”.
Un risultato che, ha proseguito il capogruppo dem, “non è stato raggiunto. L’emendamento Marcucci ha il proponimento sano di eliminare gli emendamenti che è possibile cancellare con un emendamento iniziale. La Lega, nei 600 emendamenti lasciati, ne ha più di 150 che hanno analoghi effetti dell’emendamento Marcucci”. E smentisce la “vulgata secondo cui con l’emendamento Marcucci si elimina la discussione”. In realtà, ha detto, “con l’emendamento Marcucci si elimina la metà degli emendamenti presentati, ma verranno comunque votati tutti gli articoli, compreso l’articolo 5 (sulle adozioni, ndr). Quindi il provvedimento può essere esaminato tutto intero. La preghiera che rivolgo a tutti i colleghi è di tener conto che si potrà votare su tutti gli articoli e noi lo faremo nel modo in cui riterremo opportuno farlo”.
Viotti contro i cattodem: “Avete rotto il caXXo” – Se in mattinata nessun accordo è stato raggiunto tra i due partiti, il clima in Parlamento è sempre più teso. La mattinata è iniziata tra gli insulti. All’attacco sempre Centinaio: “La parola del Pd vale quanto un peto”. Poi l’affondo dem contro l’ala cattolica del partito. “La dico semplice – ha scritto l’europarlamentare Pd Daniele Viotti - ma non mi vengono altre parole: i senatori Di Giorgi, Lepri e i cattodem hanno rotto il caXXo. Buongiorno”. Il renziano, attivista Lgbt, su Twitter ha attaccato l’ala cattolica del partito, tra cui gli onorevoli Rosa Maria Di Giorgi e Stefano Lepri. Toni più delicati, ma sempre critici quelli della prima firmataria del provvedimento Monica Cirinnà: “Chi è contro il ddl è per la discriminazione”.
Il canguro e il rischio per i cattodem - Il “super canguro” renziano al voto oggi in Aula fa discutere anche i cattodem. Si tratta di un emendamento a firma di Andrea Marcucci che permette di far cadere tutti quelli simili e quindi smaltire in un colpo solo le oltre 5mila richieste di modifica presentate dalla Lega Nord. A essere colpiti però sarebbero anche gli emendamenti dell’ala cattolica in tema di adozioni. Dopo tre ore e mezza di mediazioni il 15 febbraio scorso, il Pd non è riuscito a trovare un’intesa interna. “Tenteremo fino all’ultimo”, ha commentato il senatore Giuseppe Lumia. “I contatti non si sono mai fermati. Si continua a lavorare”. I senatori Pd hanno stabilito che, salvo sorprese nei voti segreti, saranno compatti nel sostenere l’impianto generale della legge. Il problema però riguarda il tema della stepchild adoption, adozione del figlio del partner di fatto già più volte autorizzata in sede giudiziaria. Il timore dei cattodem è che sia un primo passo verso l’autorizzazione della pratica dell’utero in affitto e per questo, da giorni chiedono una mediazione.
Riunione capigruppo senza accordo - La mattinata si è conclusa senza un’intesa tra Pd e Lega la riunione tra dem, Ap, Carroccio e Fi. “A questo punto in Aula si andrà con il canguro e si aprirà un ampio dibattito”, aveva spiegato il capogruppo di Area popolare Renato Schifani. “Le posizioni restano distanti, la riunione non è andata bene”, aveva detto al termine della riunione osservando come, nel mancato ritiro degli emendamenti Lega e del canguro Pd. “Ognuno ha avuto le sue motivazioni ed entrambe sono rispettabili”. All’attacco anche il leghista Gian Marco Centinaio: “La parola del Pd vale quanto un peto. Io sono stato corretto sin dall’inizio. Abbiamo stretto un accordo sul ritiro degli emendamenti. Ho stretto la mano sia a Zanda che a Marcucci. Ma loro si sono rimangiati la parola data. Non mi hanno mai chiesto di esaminare prima quali emendamenti avremmo mantenuto”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... o/2468785/
Unioni civili, braccio di ferro sul “canguro”
Zanda: “Confermato”. M5S: “Non lo votiamo”
Ddl Cirinnà in Senato. Il capogruppo dem: “Atto che ha un obiettivo sano”. Poi aggiunge: “Sulla
stepchild voto può essere segreto”. 5 Stelle: “Non aiutiamo i democratici”. Seduta sospesa, si vota domani
cirinnà 990
Politica
Tensione in Senato sul ddl Unioni Civili. In mattinata non c’era stata l’intesa, poi all’avvio della seduta pomeridiana è arrivato il colpo di scena del Carroccio che ha proposto di ritirare 4500 richieste di modifica se il Pd eviterà di presentare la misura per far decadere tutte quelle simili (comprese quelle dell’ala cattolica sulla stepchild adoption). Nel Partito democratico la frattura è evidente. L’europarlamentare Viotti: “I cattodem hanno rotto il caXXo”. M5s temporeggiano sull’eventuale spacchettamento del canguro: “Non salviamo noi il Pd”
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Unioni civili, Lega sfida Pd: “Salti il “canguro”‘. No dei dem. M5s: “Non lo voteremo”. E il Senato sospende i lavori
Politica
Si doveva discutere la misura per far decadere tutti gli emendamenti simili (compresi quelli dell'ala cattolica sulla stepchild adoption), ma dopo l'intenzione di voto contraria dei 5 Stelle la seduta è stata rinviata a domani. Orlando: "Mossa che rende più impervia la strada". Il capogruppo dem Zanda: "Voltafaccia assoluto"
di F. Q. | 16 febbraio 2016
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La discussione del pomeriggio sul ddl Cirinnà al Senato è tutta sul canguro o emendamento Marcucci, capace di sgomberare il tavolo di molti degli oltre 6mila presentati e che fa cadere tutti quelli simili. Una discussione che non arriva nemmeno alla votazione del canguro stesso, visto che Palazzo Madama – a meno di tre ore dall’apertura della seduta pomeridiana – ha deciso di sospendere i lavori, dando il via libera alla proposta della senatrice Loredana De Petris di Sel (155 sì, 141 no). Una richiesta arrivata dopo l’annuncio dei 5 Stelle sul no al provvedimento, che senza il loro appoggio rischia concretamente di non passare. Di fatto, secondo il ministro della Giustizia Andrea Orlando, “questa mossa rende più impervia una strada che era già significativamente impervia” e il capogruppo Pd Luigi Zanda a fine seduta ha aggiunto che “dal M5S c’è stato un voltafaccia assoluto che mette a rischio elevatissimo”.
Difendendo la scelta in aula, il senatore M5s Alberto Airola ha detto: “Ci assumiamo una pesantissima responsabilità. Dio solo sa quanto teniamo alle legge sulle unioni civili – ha proseguito -. Davanti ad un artificio costituzionale come il canguro, dico però ai colleghi del Pd, io ci penserei”. Ma gli esponenti del Movimento, che volevano andare al voto e avevano chiesto di procedere “con 500 emendamenti a voto palese”, alla decisione del rinvio dei lavori hanno accusato i senatori di Sel di essere dei “venduti”. La giornata si conclude quindi con un nulla di fatto sul ddl Cirinnà. Nessuna votazione sul canguro, e di conseguenza non si è entrati nel merito del provvedimento.
La proposta della Lega e il no del Pd - Contrari al canguro anche Forza Italia, Ncd, Udc e Lega che, se in mattinata non aveva raggiunto l’accordo sul taglio delle proposte di modifica col Pd, nel pomeriggio lo ha sfidato. Il capogruppo Gian Marco Centinaio aveva proposto il ritiro di 4500 emendamenti (ovvero il 90%) se il partito di Renzi avesse messo da parte il “canguro”. Un'”offerta” respinta dai dem perché, ha spiegato Zanda, il canguro “ha un obiettivo sano”. In più, se questo emendamento sarà approvato “voteremo comunque la legge in tutti i suoi articoli, compreso il 5 (che riguarda la stepchild adoption) e se richiesto con voto segreto”. L’intenzione della Lega col ritiro degli emendamenti era di fare discutere tutte le proposte di modifica che riguardavano le adozioni, punto sul quale la maggioranza è spaccata, con i cattodem contrari. Oggi si erano detti favorevoli all’ipotesi dello spacchettamento del canguro, per votare prima la decadenza di una parte degli emendamenti e poi separatamente quelli relativi all’adozione.
Zanda difende il canguro: “Non elimina la discussione” – “Io capisco che fa effetto la Lega nord che ritira 4.500 emendamenti – ha detto Luigi Zanda motivando in aula il rifiuto della “proposta” del Carroccio – noi però abbiamo necessità che gli emendamenti siano pochi. Io credo – ha proseguito – che questo disegno di legge con due-trecento emendamenti possa essere discusso nel merito e che i voti segreti debbano essere una decina, trenta al massimo”.
Un risultato che, ha proseguito il capogruppo dem, “non è stato raggiunto. L’emendamento Marcucci ha il proponimento sano di eliminare gli emendamenti che è possibile cancellare con un emendamento iniziale. La Lega, nei 600 emendamenti lasciati, ne ha più di 150 che hanno analoghi effetti dell’emendamento Marcucci”. E smentisce la “vulgata secondo cui con l’emendamento Marcucci si elimina la discussione”. In realtà, ha detto, “con l’emendamento Marcucci si elimina la metà degli emendamenti presentati, ma verranno comunque votati tutti gli articoli, compreso l’articolo 5 (sulle adozioni, ndr). Quindi il provvedimento può essere esaminato tutto intero. La preghiera che rivolgo a tutti i colleghi è di tener conto che si potrà votare su tutti gli articoli e noi lo faremo nel modo in cui riterremo opportuno farlo”.
Viotti contro i cattodem: “Avete rotto il caXXo” – Se in mattinata nessun accordo è stato raggiunto tra i due partiti, il clima in Parlamento è sempre più teso. La mattinata è iniziata tra gli insulti. All’attacco sempre Centinaio: “La parola del Pd vale quanto un peto”. Poi l’affondo dem contro l’ala cattolica del partito. “La dico semplice – ha scritto l’europarlamentare Pd Daniele Viotti - ma non mi vengono altre parole: i senatori Di Giorgi, Lepri e i cattodem hanno rotto il caXXo. Buongiorno”. Il renziano, attivista Lgbt, su Twitter ha attaccato l’ala cattolica del partito, tra cui gli onorevoli Rosa Maria Di Giorgi e Stefano Lepri. Toni più delicati, ma sempre critici quelli della prima firmataria del provvedimento Monica Cirinnà: “Chi è contro il ddl è per la discriminazione”.
Il canguro e il rischio per i cattodem - Il “super canguro” renziano al voto oggi in Aula fa discutere anche i cattodem. Si tratta di un emendamento a firma di Andrea Marcucci che permette di far cadere tutti quelli simili e quindi smaltire in un colpo solo le oltre 5mila richieste di modifica presentate dalla Lega Nord. A essere colpiti però sarebbero anche gli emendamenti dell’ala cattolica in tema di adozioni. Dopo tre ore e mezza di mediazioni il 15 febbraio scorso, il Pd non è riuscito a trovare un’intesa interna. “Tenteremo fino all’ultimo”, ha commentato il senatore Giuseppe Lumia. “I contatti non si sono mai fermati. Si continua a lavorare”. I senatori Pd hanno stabilito che, salvo sorprese nei voti segreti, saranno compatti nel sostenere l’impianto generale della legge. Il problema però riguarda il tema della stepchild adoption, adozione del figlio del partner di fatto già più volte autorizzata in sede giudiziaria. Il timore dei cattodem è che sia un primo passo verso l’autorizzazione della pratica dell’utero in affitto e per questo, da giorni chiedono una mediazione.
Riunione capigruppo senza accordo - La mattinata si è conclusa senza un’intesa tra Pd e Lega la riunione tra dem, Ap, Carroccio e Fi. “A questo punto in Aula si andrà con il canguro e si aprirà un ampio dibattito”, aveva spiegato il capogruppo di Area popolare Renato Schifani. “Le posizioni restano distanti, la riunione non è andata bene”, aveva detto al termine della riunione osservando come, nel mancato ritiro degli emendamenti Lega e del canguro Pd. “Ognuno ha avuto le sue motivazioni ed entrambe sono rispettabili”. All’attacco anche il leghista Gian Marco Centinaio: “La parola del Pd vale quanto un peto. Io sono stato corretto sin dall’inizio. Abbiamo stretto un accordo sul ritiro degli emendamenti. Ho stretto la mano sia a Zanda che a Marcucci. Ma loro si sono rimangiati la parola data. Non mi hanno mai chiesto di esaminare prima quali emendamenti avremmo mantenuto”.
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Re: stepchild adoption
TE LO DO' IO IL CANGURO
Unioni civili, ddl slitta al 24 febbraio. Cirinnà: “Ho sbagliato a fidarmi di M5s”. E Renzi pensa a stralciare stepchild adoption
Lavori sospesi fino a mercoledì prossimo, quando il provvedimento tornerà in Senato dopo l'esame del milleproroghe. Resta l'incognita del "canguro". Grillini e Lega contro. E così il disegno di legge è a rischio. Zanda: “Riannodare fili politici”. Il Carroccio: "Pd cacasotto". Urla e proteste in Aula, sfiorata lite Bottici-Bencini
di F. Q. | 17 febbraio 2016
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Unioni civili, ddl slitta al 24 febbraio. Cirinnà: “Ho sbagliato a fidarmi di M5s”. E Renzi pensa a stralciare stepchild adoption
Lavori sospesi fino a mercoledì prossimo, quando il provvedimento tornerà in Senato dopo l'esame del milleproroghe. Resta l'incognita del "canguro". Grillini e Lega contro. E così il disegno di legge è a rischio. Zanda: “Riannodare fili politici”. Il Carroccio: "Pd cacasotto". Urla e proteste in Aula, sfiorata lite Bottici-Bencini
di F. Q. | 17 febbraio 2016
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