La Terza Guerra Mondiale

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camillobenso
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IL PUNTO DI VISTA DI LITTORIO FELTRI

Ci aspettano due guerre
Però al prezzo di quattro

Siamo a un passo dall'intervenire in Libia nel tentativo velleitario di ripristinare l'ordine. È l'annuncio di una tragedia


Vittorio Feltri - Mer, 27/04/2016 - 23:11


Si consiglia di non tornare mai indietro perché ci siamo già stati. Questa è saggezza. Ma noi italiani nella retromarcia ci distinguiamo sempre, per cui non stupisce il fatto che ci accingiamo a dichiarare una seconda guerra alla Libia.


Forse perché la prima, voluta da Giorgio Napolitano, allora (circa cinque anni fa) presidente della Repubblica, non ci è bastata. Si trattava, secondo lui, di precipitarci laggiù a incoraggiare le cosiddette primavere arabe, far secco Gheddafi e vivere felici e contenti. Missione compiuta a metà.

Il colonnello fu in effetti ucciso, e il modo ancor ci offende, mentre ci ingannammo sulla stagion dei fior: al posto delle agognate primavere arrivò un gelido inverno che ancora irrigidisce nel ghiaccio le speranze libiche di resurrezione. Il Paese africano, lungi dal trovare serenità, è piombato nel più tetro sconforto. Anche in questo caso, si stava meglio quando si stava peggio. Ma Napolitano, ben nascosto dietro a un dito, non ha sentito neanche la necessità di riconoscere il proprio errore marchiano. Cosicché oggi siamo pronti ad armarci e a partire di nuovo. Siamo a un passo dall'intervenire nella nostra ex colonia nel tentativo velleitario di ripristinare l'ordine.

Se non fosse l'annuncio di una tragedia, verrebbe da ridere. Due conflitti al prezzo di quattro. Bell'affare. Spedito al cimitero Gheddafi, non abbiamo più amici in quella terra tribolata. Pertanto non c'è nulla da lucrare e solo da smenarci. Creperanno numerosi nostri soldati ai quali, però, assicuriamo fin d'ora funerali di Stato, profluvio di retorica commemorativa. In tasca non ci verrà un euro, questo è garantito. Non importa. I soldi non sono tutto anche se il resto è esclusivamente argomento di conversazione (vana).

Ci sfuggirebbe il senso dell'operazione, se non sapessimo che i cannoni servono a difendere il petrolio di Tripoli e dintorni (che è tanto, ma non nostro e fa gola a tutti, francesi in testa). Ci corre l'obbligo, per coerenza col nostro trascurabile pensiero, di ammettere che comunque l'oro nero è importante per la civiltà occidentale, inclusa quella della penisola. Quindi non ci scandalizziamo se i militari (figli di mamma) premeranno il grilletto allo scopo di tutelare l'energia in barili. Solo una domanda, forse ingenua, ma spontanea: andiamo a proteggere i pozzi libici, che non sono di proprietà italiana, e ce ne sbattiamo le pale eoliche dei nostri situati in Lucania al punto da chiederne insistentemente la chiusura onde non inquinare Matera, capitale europea della cultura?

Quale cultura? Ecologica e pauperistica? In altre parolacce, ci rechiamo in Libia con l'esercito al fine di poterci approvvigionare di petrolio africano, indispensabile per vivere decentemente nei nostri quartierini (al calduccio e con la luce accesa), ma al tempo stesso brighiamo (a costo di organizzare referendum) affinché non sia sfruttato il giacimento di Matera, tra i più ricchi del continente. Immaginiamo che il lettore leggendo queste note strabuzzi gli occhi. Siamo un popolo di idioti, con una mentalità idiota e governati da gente che si adegua alla idiozia generale.

Riportiamo integralmente un titolo del Corriere della Sera di ieri: «Esercito e carabinieri proteggeranno i siti (libici) a rischio e addestreranno i militari locali». Tutto bene. Ma a Roma e a Matera inviamo almeno gli psichiatri.
camillobenso
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ORA E SEMPRE: INDIFFERENZA




il manifesto 27.4.16
Europa
Diecimila i minori scomparsi nel nulla
Migranti . Allarme Europol sui bambini arrivati in Europa di cui si sono perse le tracce negli ultimi due anni

di Manfredi Barbareschi

BRUXELLES Diecimila minorenni. Se ne sono perse le tracce sul territorio europeo negli ultimi due anni e molti potrebbero essere finiti nelle mani di organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani e allo sfruttamento della prostituzione.
La notizia sembrerebbe inverosimile se i soggetti in questione non fossero migranti, categoria sistematicamente privata di alcuni dei diritti umani più basilari, anche dopo l’arrivo sui territori Ue.
A lanciare l’allarme sui bambini scomparsi è stata l’Europol, l’organismo di polizia a livello comunitario, che precisa che in Italia sarebbero 5mila. La questione è stata discussa giovedì scorso al Parlamento europeo durante una riunione della Commissione per le libertà civili a Bruxelles.
L’Europa si trova a far fronte a un’ondata di rifugiati senza precedenti nella sua storia recente e l’attuale impasse politica rischia di aggravare la situazione dei gruppi di migranti più vulnerabili, ovvero i più giovani.
Oltre allo stress psicologico causato dalla separazione dalla propria famiglia, che avviene nel Paese di origine o in maniera accidentale nei luoghi di transito affollati come le frontiere o le stazioni ferroviarie, i bambini sono una categoria particolarmente a rischio di abusi in quanto vengono considerati dai trafficanti come veri e propri oggetti da smerciare sui mercati mondiali.
Tuttavia, non è solo il caso a far cadere i minori nelle mani dei criminali. Le condizioni di vita degradanti nei centri di accoglienza, la lunghezza insopportabile del processo burocratico per l’assegnazione dell’asilo e l’impossibilità di raggiungere il Paese europeo prescelto sono tutte ragioni che influiscono sulla scelta di molti giovani migranti di tentare la sorte e fuggire.
La realtà è che esistono pochi dati certi riguardanti il destino di chi sceglie di seguire questa via. L’Ong per i diritti dei minori Save the Children stima che i bambini scomparsi in Europa siano addirittura 20mila, il doppio di quanto affermato dall’Europol.
Secondo i dati pubblicati dall’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, il 35% dei migranti arrivati nei territori dell’Unione Europea a partire dal primo gennaio 2016 è minorenne.
Tra questi ci sono molti giovani che viaggiano senza un accompagnatore che si prenda cura di loro. Basti pensare che nel solo 2015 sono state oltre 85mila le richieste di asilo sporte da minorenni non accompagnati, una cifra triplicata rispetto al 2014.
E se da un lato crescono in maniera esponenziale le cifre relative agli arrivi dei rifugiati in Europa, dall’altro aumenta anche il ricavo delle organizzazioni criminali specializzate nelle tratta di esseri umani.
L’Europol stima che il traffico di migranti clandestini abbia fruttato tra i 3 e i 6 miliardi di euro nel solo 2015. Un profitto destinato a «raddoppiare o a triplicare se la crisi dovesse proseguire nel 2016», veniva scritto in un rapporto ufficiale Europol pubblicato pochi mesi fa.
Un giro di vite contro gli scafisti e i criminali che gestiscono in maniera illegale i flussi di migranti è fondamentale, ha affermato davanti agli eurodeputati Dietrich Neumann, responsabile dei servizi corporate dell’Europol, poiché le organizzazioni che portano i migranti in Europa sono le stesse responsabili per la tratta degli esseri umani nei territori Ue.
Nel database dell’agenzia finalizzata a combattere il crimine all’interno dell’Unione Europea ci sono oltre 40mila sospetti, di 100 nazionalità diverse. Tuttavia, le risorse attuali non bastano per combattere quello che, dati alla mano, è il mercato criminale con la maggiore crescita in Europa.
Non esiste ancora una proposta legislativa a livello comunitario per tentare di arginare questo fenomeno. L’incontro di giovedì scorso è servito anche a sondare il terreno per quanto riguarda le misure che possono essere adottate.
Il democristiano olandese Jeroen Lenaers ha proposto di iniziare a registrare in maniera sistematica anche i migranti al di sotto dei 14 anni, cosa che al momento non avviene in Europa. Secondo Lenaers, in questo modo si eviterebbe che i minori possano scomparire del tutto dai radar dei Paesi membri dell’Ue.
Diverso invece l’approccio di Barbara Spinelli che ha puntato il dito contro i governi responsabili di trattamenti disumani nei confronti dei migranti, fattore che spinge sempre più giovani a una fuga disperata dai centri di accoglienza.
In particolare, secondo Spinelli, la mancanza di cibo distribuito ai bambini è uno dei dati più preoccupanti.
«A Chios a bambini di 6 mesi vengono dati 100 millilitri di latte al giorno» ha spiegato Spinelli, chiedendosi «se non sia il caso di considerare la riduzione drastica del latte dato a un neonato come una forma di tortura perseguibile come tale».
Anche Laura Ferrara, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, ha espresso un parere critico nei confronti delle condizioni di vita nei centri di accoglienza per migranti. Secondo Ferrara, la mancanza di tutori volontari e la conseguente nomina del gestore del centro stesso come tutore temporaneo delinea un chiaro conflitto di interessi. D’altro canto, riferisce l’eurodeputata pentastellata, ci sono casi in cui un singolo tutore volontario è responsabile allo stesso tempo per 70 minori non accompagnati, il che rende «umanamente impossibile» riuscire a seguire con la dovuta attenzione ogni bambino.
Secondo numerose Ong che lavorano in questo campo, la creazione di una normativa europea comune servirebbe a permettere la condivisione delle informazioni riguardanti i minori scomparsi, consentendo dunque di allargare la ricerca di un giovane migrante scomparso a più Paesi.
Al momento invece la risoluzione del problema grava sui singoli governi, che raramente scelgono di unire i loro sforzi. Ad oggi, quindi, la certezza è una sola: l’Europa non è in grado di dire cosa sia successo a queste migliaia di bambini scomparsi sul suo territorio.
camillobenso
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Europa
Diecimila i minori scomparsi nel nulla
Migranti . Allarme Europol sui bambini arrivati in Europa di cui si sono perse le tracce negli ultimi due anni

di Manfredi Barbareschi

BRUXELLES Diecimila minorenni. Se ne sono perse le tracce sul territorio europeo negli ultimi due anni e molti potrebbero essere finiti nelle mani di organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani e allo sfruttamento della prostituzione.
La notizia sembrerebbe inverosimile se i soggetti in questione non fossero migranti, categoria sistematicamente privata di alcuni dei diritti umani più basilari, anche dopo l’arrivo sui territori Ue.
A lanciare l’allarme sui bambini scomparsi è stata l’Europol, l’organismo di polizia a livello comunitario, che precisa che in Italia sarebbero 5mila. La questione è stata discussa giovedì scorso al Parlamento europeo durante una riunione della Commissione per le libertà civili a Bruxelles.
L’Europa si trova a far fronte a un’ondata di rifugiati senza precedenti nella sua storia recente e l’attuale impasse politica rischia di aggravare la situazione dei gruppi di migranti più vulnerabili, ovvero i più giovani.
Oltre allo stress psicologico causato dalla separazione dalla propria famiglia, che avviene nel Paese di origine o in maniera accidentale nei luoghi di transito affollati come le frontiere o le stazioni ferroviarie, i bambini sono una categoria particolarmente a rischio di abusi in quanto vengono considerati dai trafficanti come veri e propri oggetti da smerciare sui mercati mondiali.
Tuttavia, non è solo il caso a far cadere i minori nelle mani dei criminali. Le condizioni di vita degradanti nei centri di accoglienza, la lunghezza insopportabile del processo burocratico per l’assegnazione dell’asilo e l’impossibilità di raggiungere il Paese europeo prescelto sono tutte ragioni che influiscono sulla scelta di molti giovani migranti di tentare la sorte e fuggire.
La realtà è che esistono pochi dati certi riguardanti il destino di chi sceglie di seguire questa via. L’Ong per i diritti dei minori Save the Children stima che i bambini scomparsi in Europa siano addirittura 20mila, il doppio di quanto affermato dall’Europol.
Secondo i dati pubblicati dall’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, il 35% dei migranti arrivati nei territori dell’Unione Europea a partire dal primo gennaio 2016 è minorenne.
Tra questi ci sono molti giovani che viaggiano senza un accompagnatore che si prenda cura di loro. Basti pensare che nel solo 2015 sono state oltre 85mila le richieste di asilo sporte da minorenni non accompagnati, una cifra triplicata rispetto al 2014.
E se da un lato crescono in maniera esponenziale le cifre relative agli arrivi dei rifugiati in Europa, dall’altro aumenta anche il ricavo delle organizzazioni criminali specializzate nelle tratta di esseri umani.
L’Europol stima che il traffico di migranti clandestini abbia fruttato tra i 3 e i 6 miliardi di euro nel solo 2015. Un profitto destinato a «raddoppiare o a triplicare se la crisi dovesse proseguire nel 2016», veniva scritto in un rapporto ufficiale Europol pubblicato pochi mesi fa.
Un giro di vite contro gli scafisti e i criminali che gestiscono in maniera illegale i flussi di migranti è fondamentale, ha affermato davanti agli eurodeputati Dietrich Neumann, responsabile dei servizi corporate dell’Europol, poiché le organizzazioni che portano i migranti in Europa sono le stesse responsabili per la tratta degli esseri umani nei territori Ue.
Nel database dell’agenzia finalizzata a combattere il crimine all’interno dell’Unione Europea ci sono oltre 40mila sospetti, di 100 nazionalità diverse. Tuttavia, le risorse attuali non bastano per combattere quello che, dati alla mano, è il mercato criminale con la maggiore crescita in Europa.
Non esiste ancora una proposta legislativa a livello comunitario per tentare di arginare questo fenomeno. L’incontro di giovedì scorso è servito anche a sondare il terreno per quanto riguarda le misure che possono essere adottate.
Il democristiano olandese Jeroen Lenaers ha proposto di iniziare a registrare in maniera sistematica anche i migranti al di sotto dei 14 anni, cosa che al momento non avviene in Europa. Secondo Lenaers, in questo modo si eviterebbe che i minori possano scomparire del tutto dai radar dei Paesi membri dell’Ue.
Diverso invece l’approccio di Barbara Spinelli che ha puntato il dito contro i governi responsabili di trattamenti disumani nei confronti dei migranti, fattore che spinge sempre più giovani a una fuga disperata dai centri di accoglienza.
In particolare, secondo Spinelli, la mancanza di cibo distribuito ai bambini è uno dei dati più preoccupanti.
«A Chios a bambini di 6 mesi vengono dati 100 millilitri di latte al giorno» ha spiegato Spinelli, chiedendosi «se non sia il caso di considerare la riduzione drastica del latte dato a un neonato come una forma di tortura perseguibile come tale».
Anche Laura Ferrara, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, ha espresso un parere critico nei confronti delle condizioni di vita nei centri di accoglienza per migranti. Secondo Ferrara, la mancanza di tutori volontari e la conseguente nomina del gestore del centro stesso come tutore temporaneo delinea un chiaro conflitto di interessi. D’altro canto, riferisce l’eurodeputata pentastellata, ci sono casi in cui un singolo tutore volontario è responsabile allo stesso tempo per 70 minori non accompagnati, il che rende «umanamente impossibile» riuscire a seguire con la dovuta attenzione ogni bambino.
Secondo numerose Ong che lavorano in questo campo, la creazione di una normativa europea comune servirebbe a permettere la condivisione delle informazioni riguardanti i minori scomparsi, consentendo dunque di allargare la ricerca di un giovane migrante scomparso a più Paesi.
Al momento invece la risoluzione del problema grava sui singoli governi, che raramente scelgono di unire i loro sforzi. Ad oggi, quindi, la certezza è una sola: l’Europa non è in grado di dire cosa sia successo a queste migliaia di bambini scomparsi sul suo territorio.
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“Con Clinton presidente sarà guerra mondiale”

APR 27, 2016 14 COMMENTS IN EVIDENZA,PUNTI DI VISTA MATTEO CARNIELETTO
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Diana Johnstone ha scritto una pungente biografia di Hillary Clinton, pubblicata in Italia da Zambon.

Di questo testo abbiamo già avuto modo di parlare. Questa notte, però, nel Super martedì del Nordest , la Clinton ha vinto in altri cinque Stati mentre settimana scorsa ha vinto a New York. Hillary, insomma, corre spedita verso le elezioni.

Prima di arrivare all’attualità, ci piacerebbe capire chi è realmente Hillary Clinton. Come si è formata? Quali sono i suoi riferimenti culturali?

Hillary è nata nel 1947, in una famiglia repubblicana del ceto medio conservatore, dominata da un padre esigente che sembra averle trasmesso le sue ambizioni irrealizzate. La sua filosofia di base è sempre stata quella del lato aggressivo e individualistico del sogno americano: se si tenta con la forza, si va avanti. Questa visione implica uno scarso rispetto per coloro che non ce la fanno. Hillary si sente a proprio agio con i miliardari e loro si sentono a proprio agio con lei. Metodista, mostra la sua religiosità usandola come mezzo di auto-aiuto. Il suo primo impegno politico è stato con un accanito sostenitore dell’estrema destra repubblicana: il senatore Goldwater.

Mentre era Segretario di Stato, la Clinton ha aperto uno dei più feroci periodi della politica estera americana, a cominciare dalla Libia. Qual è stato il suo ruolo nella destabilizzazione del Medio Oriente?

Il suo ruolo è stato enorme. Se c’è un’opzione militare, lei la sostiene. Ha votato per l’invasione dell’Iraq nel 2003 ed è orgogliosa di rivendicare la propria responsabilità nella disastrosa guerra libica in quanto ha eliminato un dittatore: se le cose in Libia sono andate male è perché gli Stati Uniti avrebbero dovuto fare di più e non di meno. Ha sempre chiesto un intervento aggressivo contro Assad in Siria e la sua ostilità nei confronti dell’Iran è senza limiti. Tutto questo l’ha resa cara ai sostenitori di Israele, come il miliardario Haim Saban. In breve , ha completamente adottato la posizione dei “neocon”: qualsiasi nemico di Israele è un nemico degli Stati Uniti, e il suo regime deve essere o rovesciato o suddiviso in pezzi . La sua politica in Medio Oriente è di allineamento totale con Israele, che non impedisce un forte attaccamento all’Arabia Saudita, reso possibile grazie alla sua assistente Huma Abedin.

Hillary Clinton si distingue per la sua politica fortemente anti-russa. Da dove viene questa impostazione ideologica?

È la politica estera che nasce dal lato aggressivo del sogno americano. L’America è la migliore, la più forte ed è sicura di prevalere se usa la forza. La Clinton crede che se gli Usa agiscono sono destinati a vincere. Per quanto riguarda la Russia, Hillary ha completamente sottoscritto la visione dominante a Washington, ovvero che l’America “ha vinto la Guerra Fredda”. Ciò crea un’opinione arrogante: che gli Stati Uniti, dopo aver vinto la Prima Guerra Mondiale, la seconda e infine la Guerra Fredda, sono destinati a vincere. L’ideologia di Hillary serve perfettamente gli interessi del complesso militare-industriale e quelli finanziari che traggono profitto da esso. La sua ostilità nei confronti della Russia è in parte un residuo della Guerra Fredda, quando la forza militare degli Stati Uniti è stata costruita avendo Mosca come nemico. Ma penso che sia molto più un prodotto di ostilità innata nei confronti di ciò che non è americano o che non riconosce l’egemonia americana. Nel 1990, il presidente russo Boris Eltsin era totalmente asservito al presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton. L’arrivo di un leader russo che guarda principalmente agli interessi della Russia è stato sentito a Washington come un tradimento della storia. Abbiamo vinto, oppure no? Hanno perso loro, vero? Allora chi è questa nullità che chiede un “mondo multipolare”?


Vladimir Putin è un chiaro ostacolo alla tacita politica (ma dimostrata sotto Eltsin) di acquisire il controllo economico di vaste risorse della Russia. E poi c’è una spiegazione strategica per l’ostilità nei confronti della Russia, enunciata da Zbigniew Brzezinski nel suo libro del 1997, La Grande Scacchiera: l’egemonia degli Stati Uniti dipende dall’evitare l’unità tra Europa occidentale e Russia. Se non per portare a una guerra nucleare, l’attuale politica estera degli Stati Uniti è stata progettato per erigere una nuova “cortina di ferro” con lo scopo di isolare la Russia, in particolare dal suo partner commerciale naturale: la Germania. Motivazioni ideologiche, economiche, psicologiche e strategiche sono tutte unite per produrre una campagna di propaganda anti-russa che è tanto più spaventosa quanto più non ha basi reali. Dire che la Russia è una “minaccia” è fantasia pura. Ma la Nato che accerchia i confini russi è reale. E la Clinton si avvale sia della fantasia che della realtà.

Mentre mi trovavo a New York, alcuni americani che ho conosciuto mi hanno parlato della Clinton come di una “bugiarda”. Quali bugie ha detto agli americani?

Lei, ovviamente, è solamente una che dice quello che considera utile, a prescindere dalla verità. Penso che abbia sviluppato questa abitudine da piccola, cercando di compiacere il padre. Forse la sua bugia più nota è la quella che ha raccontato durante la sua prima campagna per la nomination del Partito Democratico nel 2008. Più volte, ha intrattenuto la platea raccontando di come sia dovuta “fuggire dal fuoco dei cecchini” quando è atterrata per una visita ufficiale in Bosnia alcuni mesi dopo la fine della guerra. In questo caso la bugia è stata smontata da alcuni testimoni e filmati che la mostrano pacifica, accolta da fiori e bambini. Messa all’angolo dai giornalisti si è scusata affermando che è naturale che chi pronuncia così tante parole possa commettere errori. Quella era una bugia gratuita, non una “gaffe”.


Spesso mente per omissione. O per evasività. È noto che i Clinton sono stati supportati da Goldman-Sachs nel corso della loro carriera, ricevendo milioni di dollari in varie forme. Tuttavia lei si difende, chiedendo retoricamente: “Dammi solo un esempio di come il sostegno di Wall Street abbia cambiato il voto su di me”. Questa risposta falsa distrae dal fatto che tutta la sua carriera è stata in sintonia con i desideri di Wall Street. Più frequentemente riguardo al suo passato politico. Per molto tempo, Clinton è stata contro il matrimonio gay. Ora invece è a favore. Qualsiasi insinuazione riguardo il suo “trasformismo” su questioni politiche è “completamente sbagliata”. Lei nega, nonostante sia stato provato, che abbia approvato l’Accordo nordamericano per il libero scambio (NAFTA). Spesso non risponde a domande particolarmente difficili ridendo o tossendo. Lo scandalo sull’uso illegale della sua mail privata mentre era segretario di Stato è stata l’occasione per svelare nuove bugie. Una piccola: lei ha affermato che gran parte delle mail erano comunicazioni private con suo marito Bill, mentre lui ha negato dicendo che non usa mai la posta elettronica. Una bugia enorme riguarda anche la versione ufficiale dell’11 settembre 2012, sull’omicidio dell’ambasciatore americano Chris Stevens a Bengasi. Hillary ha detto che l’omicidio è stato provocato da proteste musulmane spontanee contro un film a basso costo di Hollywood che insultava il Profeta. Tuttavia, in una mail recentemente pubblicata, scrive: “Sappiamo che l’attacco in Libia non aveva nulla a che fare con il film. È stato un attacco pianificato”. E così via. Ma sembra che i suoi sostenitori non usino Internet, dove tutto questo è chiaramente dimostrato.

Se Hillary Clinton dovesse vincere, quali scenari si aprirebbero per gli Stati Uniti?

Considerando quanto mente sul suo passato, non vi è alcun motivo di credere a ciò che sostiene che farà in futuro. Ma quello che dice è abbastanza allarmante: minaccia di far crescere l’intervento americano contro Assad in Siria, che provocherebbe un conflitto con la Russia. Minaccia l’interruzione di rapporti normali con l’Iran, il supporto totale ad Israele contro i palestinesi e l’ostilità senza compromessi verso la Russia. Il futuro è sempre pieno di sorprese. Il presidente degli Stati Uniti ha potere limitato e deve soddisfare l’oligarchia dominante. Tuttavia, Hillary è supportata proprio da quella oligarchia e sarà circondata da quei neoconservatori e da quegli interventisti liberali che hanno trovato Obama troppo prudente e potrebbero quindi incoraggiarla alla guerra. Ciò che bisognerà temere di più sarà l'”attivismo” di Hillary, la sua disponibilità a usare la forza militare al posto della diplomazia, la sua visione dualistica del mondo, diviso tra “amici” (quelli che sostengono gli Stati Uniti) e “nemici “(chiunque, a seconda delle circostanze). Continuerà la crescita militare della Nato contro la Russia fino al punto che qualche incidente potrà scatenare la Terza Guerra Mondiale. Non sto predicendo questo. Sto solo cercando di avvertire l’Europa. Solo il vostro rifiuto della politica di guerra degli Stati Uniti può fare la differenza.
camillobenso
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Diana Johnstone ha scritto una pungente biografia di Hillary Clinton, pubblicata in Italia da Zambon.

Di questo testo abbiamo già avuto modo di parlare. Questa notte, però, nel Super martedì del Nordest , la Clinton ha vinto in altri cinque Stati mentre settimana scorsa ha vinto a New York. Hillary, insomma, corre spedita verso le elezioni.

Prima di arrivare all’attualità, ci piacerebbe capire chi è realmente Hillary Clinton. Come si è formata? Quali sono i suoi riferimenti culturali?

Hillary è nata nel 1947, in una famiglia repubblicana del ceto medio conservatore, dominata da un padre esigente che sembra averle trasmesso le sue ambizioni irrealizzate. La sua filosofia di base è sempre stata quella del lato aggressivo e individualistico del sogno americano: se si tenta con la forza, si va avanti. Questa visione implica uno scarso rispetto per coloro che non ce la fanno. Hillary si sente a proprio agio con i miliardari e loro si sentono a proprio agio con lei. Metodista, mostra la sua religiosità usandola come mezzo di auto-aiuto. Il suo primo impegno politico è stato con un accanito sostenitore dell’estrema destra repubblicana: il senatore Goldwater.

Mentre era Segretario di Stato, la Clinton ha aperto uno dei più feroci periodi della politica estera americana, a cominciare dalla Libia. Qual è stato il suo ruolo nella destabilizzazione del Medio Oriente?

Il suo ruolo è stato enorme. Se c’è un’opzione militare, lei la sostiene. Ha votato per l’invasione dell’Iraq nel 2003 ed è orgogliosa di rivendicare la propria responsabilità nella disastrosa guerra libica in quanto ha eliminato un dittatore: se le cose in Libia sono andate male è perché gli Stati Uniti avrebbero dovuto fare di più e non di meno. Ha sempre chiesto un intervento aggressivo contro Assad in Siria e la sua ostilità nei confronti dell’Iran è senza limiti. Tutto questo l’ha resa cara ai sostenitori di Israele, come il miliardario Haim Saban. In breve , ha completamente adottato la posizione dei “neocon”: qualsiasi nemico di Israele è un nemico degli Stati Uniti, e il suo regime deve essere o rovesciato o suddiviso in pezzi . La sua politica in Medio Oriente è di allineamento totale con Israele, che non impedisce un forte attaccamento all’Arabia Saudita, reso possibile grazie alla sua assistente Huma Abedin.

Hillary Clinton si distingue per la sua politica fortemente anti-russa. Da dove viene questa impostazione ideologica?

È la politica estera che nasce dal lato aggressivo del sogno americano. L’America è la migliore, la più forte ed è sicura di prevalere se usa la forza. La Clinton crede che se gli Usa agiscono sono destinati a vincere. Per quanto riguarda la Russia, Hillary ha completamente sottoscritto la visione dominante a Washington, ovvero che l’America “ha vinto la Guerra Fredda”. Ciò crea un’opinione arrogante: che gli Stati Uniti, dopo aver vinto la Prima Guerra Mondiale, la seconda e infine la Guerra Fredda, sono destinati a vincere. L’ideologia di Hillary serve perfettamente gli interessi del complesso militare-industriale e quelli finanziari che traggono profitto da esso. La sua ostilità nei confronti della Russia è in parte un residuo della Guerra Fredda, quando la forza militare degli Stati Uniti è stata costruita avendo Mosca come nemico. Ma penso che sia molto più un prodotto di ostilità innata nei confronti di ciò che non è americano o che non riconosce l’egemonia americana. Nel 1990, il presidente russo Boris Eltsin era totalmente asservito al presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton. L’arrivo di un leader russo che guarda principalmente agli interessi della Russia è stato sentito a Washington come un tradimento della storia. Abbiamo vinto, oppure no? Hanno perso loro, vero? Allora chi è questa nullità che chiede un “mondo multipolare”?


Vladimir Putin è un chiaro ostacolo alla tacita politica (ma dimostrata sotto Eltsin) di acquisire il controllo economico di vaste risorse della Russia. E poi c’è una spiegazione strategica per l’ostilità nei confronti della Russia, enunciata da Zbigniew Brzezinski nel suo libro del 1997, La Grande Scacchiera: l’egemonia degli Stati Uniti dipende dall’evitare l’unità tra Europa occidentale e Russia. Se non per portare a una guerra nucleare, l’attuale politica estera degli Stati Uniti è stata progettato per erigere una nuova “cortina di ferro” con lo scopo di isolare la Russia, in particolare dal suo partner commerciale naturale: la Germania. Motivazioni ideologiche, economiche, psicologiche e strategiche sono tutte unite per produrre una campagna di propaganda anti-russa che è tanto più spaventosa quanto più non ha basi reali. Dire che la Russia è una “minaccia” è fantasia pura. Ma la Nato che accerchia i confini russi è reale. E la Clinton si avvale sia della fantasia che della realtà.

Mentre mi trovavo a New York, alcuni americani che ho conosciuto mi hanno parlato della Clinton come di una “bugiarda”. Quali bugie ha detto agli americani?

Lei, ovviamente, è solamente una che dice quello che considera utile, a prescindere dalla verità. Penso che abbia sviluppato questa abitudine da piccola, cercando di compiacere il padre. Forse la sua bugia più nota è la quella che ha raccontato durante la sua prima campagna per la nomination del Partito Democratico nel 2008. Più volte, ha intrattenuto la platea raccontando di come sia dovuta “fuggire dal fuoco dei cecchini” quando è atterrata per una visita ufficiale in Bosnia alcuni mesi dopo la fine della guerra. In questo caso la bugia è stata smontata da alcuni testimoni e filmati che la mostrano pacifica, accolta da fiori e bambini. Messa all’angolo dai giornalisti si è scusata affermando che è naturale che chi pronuncia così tante parole possa commettere errori. Quella era una bugia gratuita, non una “gaffe”.


Spesso mente per omissione. O per evasività. È noto che i Clinton sono stati supportati da Goldman-Sachs nel corso della loro carriera, ricevendo milioni di dollari in varie forme. Tuttavia lei si difende, chiedendo retoricamente: “Dammi solo un esempio di come il sostegno di Wall Street abbia cambiato il voto su di me”. Questa risposta falsa distrae dal fatto che tutta la sua carriera è stata in sintonia con i desideri di Wall Street. Più frequentemente riguardo al suo passato politico. Per molto tempo, Clinton è stata contro il matrimonio gay. Ora invece è a favore. Qualsiasi insinuazione riguardo il suo “trasformismo” su questioni politiche è “completamente sbagliata”. Lei nega, nonostante sia stato provato, che abbia approvato l’Accordo nordamericano per il libero scambio (NAFTA). Spesso non risponde a domande particolarmente difficili ridendo o tossendo. Lo scandalo sull’uso illegale della sua mail privata mentre era segretario di Stato è stata l’occasione per svelare nuove bugie. Una piccola: lei ha affermato che gran parte delle mail erano comunicazioni private con suo marito Bill, mentre lui ha negato dicendo che non usa mai la posta elettronica. Una bugia enorme riguarda anche la versione ufficiale dell’11 settembre 2012, sull’omicidio dell’ambasciatore americano Chris Stevens a Bengasi. Hillary ha detto che l’omicidio è stato provocato da proteste musulmane spontanee contro un film a basso costo di Hollywood che insultava il Profeta. Tuttavia, in una mail recentemente pubblicata, scrive: “Sappiamo che l’attacco in Libia non aveva nulla a che fare con il film. È stato un attacco pianificato”. E così via. Ma sembra che i suoi sostenitori non usino Internet, dove tutto questo è chiaramente dimostrato.

Se Hillary Clinton dovesse vincere, quali scenari si aprirebbero per gli Stati Uniti?

Considerando quanto mente sul suo passato, non vi è alcun motivo di credere a ciò che sostiene che farà in futuro. Ma quello che dice è abbastanza allarmante: minaccia di far crescere l’intervento americano contro Assad in Siria, che provocherebbe un conflitto con la Russia. Minaccia l’interruzione di rapporti normali con l’Iran, il supporto totale ad Israele contro i palestinesi e l’ostilità senza compromessi verso la Russia. Il futuro è sempre pieno di sorprese. Il presidente degli Stati Uniti ha potere limitato e deve soddisfare l’oligarchia dominante. Tuttavia, Hillary è supportata proprio da quella oligarchia e sarà circondata da quei neoconservatori e da quegli interventisti liberali che hanno trovato Obama troppo prudente e potrebbero quindi incoraggiarla alla guerra. Ciò che bisognerà temere di più sarà l'”attivismo” di Hillary, la sua disponibilità a usare la forza militare al posto della diplomazia, la sua visione dualistica del mondo, diviso tra “amici” (quelli che sostengono gli Stati Uniti) e “nemici “(chiunque, a seconda delle circostanze). Continuerà la crescita militare della Nato contro la Russia fino al punto che qualche incidente potrà scatenare la Terza Guerra Mondiale. Non sto predicendo questo. Sto solo cercando di avvertire l’Europa. Solo il vostro rifiuto della politica di guerra degli Stati Uniti può fare la differenza.
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Nato debole nel Baltico: Usa impreparati se la Russia attacca
di Loretta Napoleoni | 1 maggio 2016
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Uno studio condotto di recente dalla Rand, la think-tank statunitense, ha messo in evidenza la debolezza della Nato nel Baltico rispetto al suo “potenziale” nemico, la Russia. Secondo gli analisti, se Mosca dovesse attaccare di sorpresa le repubbliche baltiche, le truppe russe potrebbero facilmente arrivare alla periferia della capitale estone, Tallinn, e di quella lettone, Riga, in un intervallo di tempo che oscilla tra le 36 e le 60 ore. Non dimentichiamo che Riga dista appena 200 chilometri dal confine russo. Se questo scenario si verificasse, sia gli Stati Uniti che gli alleati non sarebbero in grado di contrastare l’avanzata russa perché hanno armi meno potenti e le loro truppe sono numericamente inferiori.

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Nonostante la potenza militare russa sia ben inferiore a quella statunitense, Mosca è in grado di mobilitare, nel giro di appena 10 giorni, 27 battaglioni (dai 30 mila ai 50 mila soldati) pronti per un attacco nel Baltico e questo pur mantenendo i soldati di stanza in Ucraina. Queste truppe sarebbero equipaggiate con mezzi blindati ed armi di precisione. La Nato, invece, non avrebbe a disposizione mezzi blindati ma solo veicoli non corazzati o leggermente blindati provenienti dalle Repubbliche baltiche. Certo americani ed alleati si mobiliterebbero immediatamente di fronte ad un attacco di questo genere, ma ci vuole tempo, diversi giorni, per spostare gli eserciti oltreoceano o lungo il continente europeo. I russi arriverebbero prima nelle capitali delle repubbliche baltiche.

Sebbene i media tacciano sul pericolo di un confronto sul Baltico, man mano che la tensione tra Mosca e Washington sale, lo scenario sopra descritto preoccupa Washington ed i paesi europei che si affacciano sul Baltico. Forse è per questo che gli alleati hanno deciso di mettere quattro nuovi battaglioni – una forza di circa 4.000 soldati – in Polonia e nelle repubbliche baltiche. Gli Stati Uniti si sono impegnati a fornirne due, la Germania ed il Regno Unito uno ciascuno. Ma non è detto che truppe tedesche ed inglesi verranno mobilitate in difesa delle repubbliche baltiche.

Un sondaggio della Bertelsmann Foundation, pubblicato la scorsa settimana in Germania, ha rilevato che solo il 31 % dei tedeschi sarebbe a favore dell’invio delle truppe per difendere sia le repubbliche baltiche che la Polonia contro un attacco russo. Circa la metà dei tedeschi si oppone alla creazione di basi Nato nell’ex Europa dell’est per scoraggiare la Russia ad attaccare il Baltico, e solo il 40% ha detto di essere a favore di una tale mossa. Il ministero della Difesa britannico, poi, ha rifiutato di commentare la decisione di inviare un battaglione sul Baltico. Nessun governo europeo al momento può giustificare la spesa militare a difesa di un’altra nazione. Ed ecco il nocciolo del problema.

De facto fino ad oggi chi finanzia la Nato sono gli Stati Uniti ed in parte infinitamente minore le più grandi economie europee, ma questa spesa, si badi bene, non è per proteggere i propri confini nazionali ma per difendere nazioni che non ne contribuiscono. Ma non basta, queste stesse nazioni premono per un potenziamento militare in loro difesa, pagato dal contribuente straniero, che infrangerebbe uno dei trattati principali tra Russia e Nato, quello del 1997 che vieta ad un numero considerevole di truppe da combattimento Nato di essere di stanza permanente ai confini della Russia.

Gli occhi del mondo sono fissi su altre zone dove la guerra o il terrorismo già imperversano, si pensi solo alla Siria ed alla Libia, ma la tensione tra Nato e Russia continua a crescere in Europe e dall’Ucraina si è spostata sul Baltico. Nonostante la debolezza militare della Nato, l’opzione diplomatica per promuovere i rapporti pacifici tra Russia ed Europa Unita, non viene neppure formulata. Al contrario, si promettono soldi che ne’ il contribuente tedesco ne’ quello inglese hanno voglia di spendere e che quello americano e’ stanco di pagare, il tutto per formulare una risposta a carattere militare. Stiamo attenti a non cadere nella trappola dell’onnipotenza, con la Russia bisogna conviverci, ne sa qualcosa Napoleone.
di Loretta Napoleoni | 1 maggio 2016
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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MAGDI CRISTIANO ALLAM LASCIA SEMPRE IL TEMPO CHE TROVA.
DOVE ARRIVA LA PROPAGANDA E DOVE ARRIVA LA NOTIZIA, GIUDICATE VOI




Renzi non capisce che siamo già in guerra
L'Italia ha bisogno di un capo di governo e di una classe politica che siano consapevoli e determinati a fare la guerra contro il terrorismo islamico per vincere



Magdi Cristiano Allam - Dom, 01/05/2016 - 19:28
Che disastro la politica italiana in Libia. Abbiamo un capo di governo che sembra emulare papa Francesco assicurando pubblicamente che mai e poi mai farà la guerra, al punto da negare persino l'uso della parola «guerra», quando Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno già inviato le loro forze speciali a presidiare i pozzi petroliferi e corteggiano l'Italia affinché assuma la guida di una coalizione internazionale per riscattare la sovranità e ripristinare condizioni di sicurezza e di stabilità a soli 300 chilometri da casa nostra.





Brutto clima e armi leggere. L'esercito teme la trappola


L'esercito di jihadisti nostrani che vive in Italia col sussidio


Brucia in piazza il tricolore. È la Libia a farci la guerra
Abbiamo un ministro degli Esteri che ha realizzato un capolavoro diplomatico riuscendo a inimicarci tutti, proprio tutti, i protagonisti che contano sul territorio: il governo riconosciuto internazionalmente riparato a Tobruk; il governo dei Fratelli musulmani che ha usurpato il potere insediandosi con la forza a Tripoli; i terroristi islamici dell'Isis e di Ansar al Sharia che controllano parte del litorale e dell'entroterra. Sarebbe proprio una beffa se il comune odio nei confronti dell'Italia, così come attestano le bandiere italiane bruciate a Tobruk, a Derna e a Bengasi e i cartelli contro un ipotetico intervento militare e un'immaginaria occupazione, riuscisse a rinsaldare un fronte eterogeneo di nemici acclarati che si contendono il monopolio del potere.

Dopo avere perso il ruolo privilegiato di principale partner energetico ed economico della Libia di Gheddafi, subendo la guerra scatenata da Sarkozy nel 2011, ora l'Italia rischia paradossalmente di essere additata come il nemico comune di tutti i libici, pagando le conseguenze di un caos che non avremmo mai voluto e che ha danneggiato principalmente proprio noi.

Nel comportamento del governo italiano, che più direttamente ha gestito il lungo travaglio del cosiddetto Governo di unità nazionale e Consiglio presidenziale guidato dal primo ministro Fayez al Sarraj, designato dall'Occidente e non eletto dai libici, c'è un palese paradosso. Abbiamo fatto la guerra per scalzare dal potere Gheddafi, condannato come il tiranno, scoprendo che era un tiranno dopo 32 anni che stava al potere, nel corso dei quali lo abbiamo lungamente coccolato e sostenuto. Abbiamo fatto quella guerra sostenendo che bisogna affermare la democrazia e dare la libertà al popolo all'insegna del mito della Primavera araba. Oggi invece si vorrebbe imporre ai libici un governo fantoccio che è rifiutato e disconosciuto da tutti i protagonisti che contano sul territorio. Ma come potrebbe quest'Occidente, trainato da Barack Hussein Obama, risultare credibile quando dopo avere ucciso un tiranno, che quantomeno si è imposto dall'interno della Libia, vorrebbe imporre una testa di legno imposta dall'esterno della Libia per tutelare gli interessi petroliferi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia?

All'interno di casa nostra, è doveroso domandarci se l'Italia può essere governata da un Renzi che lo scorso 6 marzo ha detto «con me presidente in guerra non ci si va». Che lo dica Papa Francesco è giustificabile, trattandosi del capo della Chiesa cattolica universale, pur prendendo atto che sarebbe un suicidio limitarsi a subire la violenza dei terroristi islamici senza reagire. Ma è inammissibile che il capo del governo di una grande nazione come l'Italia, nel corso di un intervento pubblico in televisione, escluda categoricamente l'uso legittimo della forza dell'esercito nazionale a salvaguardia della vita dei cittadini e della sicurezza dell'Italia. Renzi è arrivato al punto di dire che noi non dovremmo neppure usare la parola «guerra» perché, dal suo punto di vista, «finisce per fare il gioco dei nostri nemici (). La guerra è fatta da stati sovrani, il terrorismo da cellule pericolose o spietate che non meritano di essere considerate stati sovrani. Loro vogliono farsi chiamare Isis, Stato islamico. Noi li chiamiamo Daesh». A parte che Daesh è l'acronimo in arabo di Isis, quindi è la stessa cosa, Renzi continua a non capire o a fingere di non capire che la guerra già c'è, non siamo noi a doverla proclamare, che non la si esorcizza rifiutandosi di nominarla.

Oggi l'Italia ha bisogno di un capo di governo e di una classe politica che siano consapevoli e determinati a fare la guerra contro il terrorismo islamico per vincere, perché diversamente la guerra la subiremo comunque, finendo per essere sconfitti e sottomessi all'islam.

Magdi Cristiano Allam
Ultima modifica di camillobenso il 03/05/2016, 3:24, modificato 1 volta in totale.
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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Limes 27.4.16
Minaccia e propaganda: lo Stato Islamico in Italia
a cura di Federico Petroni, Niccolò Locatelli

Il jihad in Italia, secondo gli Usa

Il direttore dell’intelligence nazionale statunitense James Clapper ritiene che in Italia, Germania e Regno Unito siano attive cellule dello Stato Islamico simili a quelle responsabili degli attentati di Parigi e di Bruxelles che starebbero pianificando attacchi terroristici.
La minaccia non è nuova, il fatto che il vertice dei servizi segreti Usa la faccia circolare pubblicamente sì, specie a pochi giorni dal viaggio di Obama in Europa in cui, proprio in Germania, ha esortato il continente a collaborare di più in tema di antiterrorismo.
Nelle stesse ore trapela la notizia della rimozione anticipata di Gerhard Schindler dalla guida dell’intelligence esterna tedesca (Bnd), per motivi ignoti. Circa 600 cittadini tedeschi si sono arruolati nello Stato Islamico e in altre formazioni jihadiste in Siraq; la Germania è un possibile bersaglio del terrorismo.
Sul rischio per l’Italia, commenta per noi Bernard E. Selwan el-Khoury, direttore di Cosmonitor:
“La conquista di Roma”: è questa l’espressione esatta che compare, in termini profetici e trionfalistici, nella Sunna, la raccolta dei detti e dei comportamenti in vita del Profeta dell’islam, Muhammad.
Questa profezia del VII sec. d.C. (che andrebbe contestualizzata) rappresenta un forte elemento di propaganda strumentalizzato dal sedicente Stato Islamico per offrire un’immagine trionfalistica di sé agli occhi di seguaci e aspiranti tali.
Ciò non significa che l’Italia non sia nel mirino di al-Baghdadi – quale paese arabo e occidentale non lo è? Ma il forte valore simbolico di Roma come bersaglio è dato non tanto da una politica estera “arrogante” (come Osama bin Laden definiva quella di alcuni paesi occidentali) quanto dalla presenza del Vaticano, simbolo del cristianesimo, che nella propaganda jihadista innesca il ricordo delle crociate.
Negli anni Novanta e Duemila vi sono stati, soprattutto nel Nord Italia, elementi radicalizzati che hanno espresso la volontà di passare all’azione. Ma il minor numero di immigrati rispetto ad altri paesi europei e la meno accentuata tendenza alla ghettizzazione non hanno favorito l’emersione delle condizioni che invece hanno portato agli attacchi a Parigi e Bruxelles.
Infine, non bisogna sottovalutare il tratto mediterraneo – come forma mentis e approccio sociale – dell’Italia come sistema-paese e del suo popolo, che indubbiamente la pone in una posizione di vantaggio nel comprendere meglio e più a fondo le popolazioni del sud del Mediterraneo. E dunque proporsi come “partner” piuttosto che come “neo-colonizzatore”.
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Senatore Usa: “Noi dietro caos in Siria”

MAG 6, 2016 3 COMMENTI IN EVIDENZA,PUNTI DI VISTA MATTEO CARNIELETTO


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È una notizia che è stata silenziata dalla quasi totalità dei media occidentali, ma che val la pena di riportare. Se non altro perché dimostra come, anche tra i politici americani, cominci a muoversi qualcosa.

Nei giorni scorsi, il senatore della Virginia, Richard Black, è stato a Damasco. Una visita insolita in quanto si possono contare sulle dita di una mano i politici Usa che sono stati in Siria negli ultimi anni.

O meglio: qualcuno in Siria c’è stato, come il senatore McCain. Ma per creare ulteriore caos. Un celebre scatto, pubblicato su Twitter dallo stesso senatore, lo immortala tra i ribelli siriani. In molti hanno pensato che l’uomo sullo sfondo fosse Abu Bakr Al Baghdadi, il Califfo nero. Una notizia falsa in quanto non si tratta di Al Baghdadi, ma di Ahmed Ayyad, ufficiale dell’Esercito Libero Siriano. Ma tant’è: un’altra prova di come gli Usa abbiano sostenuto i ribelli contro Bashar Al Assad, tanto che, come didascalia alla foto, McCain scriveva: “Una visita importante ai coraggiosi combattenti siriani che rischiano la vita per la libertà e che hanno bisogno del nostro aiuto”.


Da Damasco, il senatore Black si è tolto qualche sassolino dalla scarpa, affermando, tra le altre cose: “Siamo alleati con due delle più vili nazioni sulla faccia della Terra, l’Arabia Saudita e la Turchia, il volere delle quali è quello di imporre un governo fondamentalista (wahabita) in Siria”. Un mea culpa importante quello del senatore Black.

Non solo: il senatore repubblicano ha avuto parole durissime anche contro l’Occidente: “I terroristi che agiscono in Siria contro il legittimo governo e contro il popolo siriano sono sostenuti dagli Stati Uniti e aiutati da Francia, Gran Bretagna, Nato, Unione Europea, e dagli stati del Golfo.
Uomini armati di tutto punto che stanno distruggendo la civiltà. Nel loro desiderio di rovesciare quella laica nazione libera in Medio Oriente che è la Siria, hanno causato distruzione e devastazione. Sono orgoglioso di essere qui con Assad, sarò la voce del popolo e del governo siriano negli Stati Uniti”.


Anche in questo caso, le parole del senatore sono riferite ai cosiddetti “ribelli moderati”, sostenuti attivamente dai governi occidentali (come abbiamo dimostrato qui). Parole che fanno ben sperare in vista delle prossime elezioni Usa.
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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BENVENUTI ALL'INFERNO.


E' nella tradizione degli umani in genere, di festeggiare un nuovo nato. Un nuovo arrivo.

Leggendo questa recensione sul libro di Riccardo Tristano Tuis ci accorgiamo di essere profondamente in errore.

NON SI PUO' FESTEGGIARE L'ARRIVO DI UN NUOVO ESSERE UMANO ALL'INFERNO.

Se fino ad ieri, alla domanda:

SAPENDO COME FUNZIONA QUESTO MONDO, AVENDO AVUTO LA POSSIBILITA' DI SCEGLIERE TRA IL NASCERE O IL NON NASCERE COSA AVRESTI SCELTO???

La risposta sarebbe stata che comunque valeva la pena di nascere.

Ma la mia valutazione è influenzata dal mio vissuto.

Anche se la mia vita privata è sempre stata in salita e piena di difficoltà, l'esperienza comune della mia generazione è senza precedenti nella storia italiana.

SETTANTUN'ANNI senza fare una guerra non è cosa da poco. E poi il tempo vissuto non poi così tanto male, visto con quello che sta succedendo.

La conferma la possono dare anche Pancho, Paolo11, di cui conosco l'età. Ma anche credo Erding e Iospero di cui non conosco l'età.

Basta ricordare cosa sono stati gli anni '60. Classificati più tardi come I MERAVIGLIOSI ANNI '60.

Adesso tutti quelli della mia generazione me lo confermano tutti i giorni.

In questo mondo elettronico non ci si trovano più.

Dopo le note di Tristano Riccardo Tuis, non direi più che valeva comunque la pena di essere nato.

MAI NESSUNO PRIMA AVEVA SPECIFICATO CHE QUESTO E' L'INFERNO.

I DIAVOLI, I DEMONI, SONO SEMPRE STATI RAPPRESENTATI CON IL COLORE ROSSO, IN MEZZO A FIAMME DI COLORE ROSSO.

INVECE SONO NERI. ANCHE NELL'ANIMA.



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L’aristocrazia nera che si nasconde dietro ai presidenti Usa
Scritto il 12/5/16 • nella Categoria: Recensioni Condividi


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L’aristocrazia nera, ovvero: storia occulta dell’élite che da secoli controlla la guerra, il culto, la cultura e l’economia. E’ il teama dell’ultima indagine di Riccardo Tristano Tuis, saggista e musicista. Punto di partenza: quali sono le origini della cosiddetta aristocrazia nera? Che cosa si nasconde dietro ai simboli, l’araldica e le gesta di certi casati nobiliari? Che rapporto hanno con il potere? «Nel corso dei secoli – scrive Tuis – i simboli e le religioni si sono trasformati in diábolos, strumenti d’inganno per separare anziché essere impiegati nella loro funzione naturale di unità (symbolon)», all’insegna del “divide et impera”, che «è stata da sempre la regina delle strategie finalizzata al mantenimento del potere dell’aristocrazia nera sul territorio». Poche famiglie, da sempre, controllano la nostra vita. «Le radici della sanguinaria storia dell’aristocrazia nera, che nel tempo prende le sembianze delle famiglie di banchieri europei legate alla Chiesa e ad alcune specifiche casate reali eurasiatiche, vanno cercate al di fuori dell’Europa, in popoli noti come Kazari, Sarmati e Sadducei che a un certo punto conversero all’interno di un gruppo noto come Ashkenaziti, mascherandosi come ebrei ortodossi o paladini della Cristianità, raggiungendo le più alte cariche in tutta Europa».Queste famiglie – scrive Uno Editori – iniziarono a spartirsi gli Stati europei, dando così vita a faide interne come quella dei guelfi e dei ghibellini e a uno scontro diretto con tutti i loro oppositori, fino a giungere all’attuale costituzione di un Nuovo Ordine Mondiale con il suo occulto controllo globale attraverso una rete di organi sovranazionali, congregazioni religiose, corporazioni economiche e di comunicazione di massa». L’autore mostra inoltre alcuni dei più intimi segreti di questa oscura élite, smascherando l’intricata rete che lega le religioni con i movimenti spirituali e le società segrete con la politica e i servizi segreti. L’opera presenta come chiave di lettura il cosiddetto “criptosimbolismo” – ossia lo studio del simbolo nei suoi diversi livelli di significato e la sua applicazione occulta nella società – e di come sia stato praticato da una élite originariamente proveniente dai “Popoli del mare” che colonizzarono le aree in cui si fondarono la civiltà fenicia, del Mar Nero, della Valle dell’Indo, nonché quelle sumera, cinese, egizia e mesoamericana, per poi diversificarsi nei ceppi sarmato-sadduceo che diedero i natali all’élite sacerdotale del Tempio della Palestina e dei cavalieri nomadi degli Urali, da cui ebbero a loro volta origine le casate europee.«Questa élite ha rappresentato la casta sacerdotale, guerriera e mercantile del tessuto sociale ove si infiltrava e ha sempre detenuto il potere religioso, militare e finanziario e dunque politico fin dai tempi della Sumeria e dell’antico Egitto», continua l’ediore. «Solo negli ultimi secoli il suo potere si è esteso al punto che, per proteggersi, si è dovuta celare sotto falsi nomi e mansioni, senza così esporsi all’attenzione delle masse, tranne nel caso dei reali inglesi che sono pubblicamente a capo dello Stato e della Chiesa anglicana, caso che si ripresenta anche in Norvegia e Andorra». L’aristocrazia nera, infatti, «fa di tutto per mantenere nascoste le sue oscure origini e le sue trame per manipolare la storia: troppo spesso i tiranni o dittatori che muoiono ghigliottinati, fucilati o per mano della folla sono in realtà solo dei burattini, teleguidati dai veri governanti che si nascondono dietro di loro». Attraverso il Sacro Romano Impero, sostiene Tuis, questa élite occulta conquistò l’Europa e alcune aree limitrofe, poi con le Repubbliche marinare si espanse nel Mediterraneo ed esplorò nuove aree di colonizzazione, infine con l’Impero britannico raggiunse tutti e cinque i continenti che, attualmente, sono per la maggior parte posti sotto il protettorato militare degli Stati Uniti d’America.«Se gli Stati Uniti sono divenuti il braccio armato dell’aristocrazia nera, restano al momento ancora Roma e Londra le due capitali del loro potere». Spiegazione: «Roma è la caput mundi del culto in tutte le sue diversificazioni, mentre Londra è la stanza dei bottoni in cui si controlla il mondo attraverso l’ingegneria sociale, l’alta finanza e il signoraggio bancario». Quella dei grandi banchieri internazionali, che stampano moneta privata e la vendono agli Stati, «è la secolare truffa che ha permesso ad alcune specifiche famiglie di acquisire i mercati, i monopoli, le Repubbliche e monarchie infiltrandosi nelle casate europee al punto da sostituirsi a buona parte di esse». L’autore mostra come le famiglie di banchieri europei, legate alla Chiesa e ad alcune specifiche casate reali, non siano realmente europee ma provengano invece da alcune popolazioni asiatiche. «Tutti i presidenti degli Stati Uniti d’America provengono dalla schiatta dei Plantageneti, nello specifico da Re Giovanni d’Inghilterra». E la casata dei Plantageneti «è in realtà una ramificazione guelfa di quella che è stata la potente e stratificata casata europea, l’aristocrazia nera per eccellenza:i Welfen».(Il libro: Riccardo Tristano Tuis, “L’aristocrazia nera. La storia occulta dell’elite che da secoli controlla la guerra, il culto, la cultura e l’economia”, Uno Editori, 350 pagine, euro 16,70).
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