La Terza Guerra Mondiale

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erding
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da erding »

"camillobenso"]

BENVENUTI ALL'INFERNO.



E' nella tradizione degli umani in genere, di festeggiare un nuovo nato. Un nuovo arrivo.

Leggendo questa recensione sul libro di Riccardo Tristano Tuis ci accorgiamo di essere profondamente in errore.

NON SI PUO' FESTEGGIARE L'ARRIVO DI UN NUOVO ESSERE UMANO ALL'INFERNO.

Se fino ad ieri, alla domanda:

SAPENDO COME FUNZIONA QUESTO MONDO, AVENDO AVUTO LA POSSIBILITA' DI SCEGLIERE TRA IL NASCERE O IL NON NASCERE COSA AVRESTI SCELTO???

La risposta sarebbe stata che comunque valeva la pena di nascere.

Ma la mia valutazione è influenzata dal mio vissuto.

Anche se la mia vita privata è sempre stata in salita e piena di difficoltà, l'esperienza comune della mia generazione è senza precedenti nella storia italiana.

SETTANTUN'ANNI senza fare una guerra non è cosa da poco. E poi il tempo vissuto non poi così tanto male, visto con quello che sta succedendo.

La conferma la possono dare anche Pancho, Paolo11, di cui conosco l'età. Ma anche credo Erding e Iospero di cui non conosco l'età.

Basta ricordare cosa sono stati gli anni '60. Classificati più tardi come I MERAVIGLIOSI ANNI '60.

Adesso tutti quelli della mia generazione me lo confermano tutti i giorni.

In questo mondo elettronico non ci si trovano più.

Dopo le note di Tristano Riccardo Tuis, non direi più che valeva comunque la pena di essere nato.

MAI NESSUNO PRIMA AVEVA SPECIFICATO CHE QUESTO E' L'INFERNO.

I DIAVOLI, I DEMONI, SONO SEMPRE STATI RAPPRESENTATI CON IL COLORE ROSSO, IN MEZZO A FIAMME DI COLORE ROSSO.

INVECE SONO NERI. ANCHE NELL'ANIMA.


"Dopo le note di Tristano Riccardo Tuis, non direi più che valeva comunque la pena di essere nato."

Caro camillobenso, d'accordo su tutto, meno su questo! Sono convinto che, malgrado tutto, è sempre meglio essere che non essere.

In quanto alla mia età, sono nato nell'immediato dopoguerra, 1947.

Un saluto erding
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

Dopo Kissinger, ecco Hillary: è la dea della prossima guerra

Scritto il 14/5/16 • nella Categoria: segnalazioni Tweet


In caso dovessero persistere dubbi sul fatto che, una volta eletta presidente degli Stati Uniti, Hillary Clinton si comporterà, saggezza a parte, come una Minerva imbottita di steroidi, ecco la prova regina, tratta da una delle sue discussioni con Bernie Sanders prima della “Battaglia di New York”: «Resterò nella Nato. Resterò nella Nato, e continueremo a cercare missioni e altri tipi di programmi da sostenere. Non dimentichiamo che la Nato era dalla nostra in Afghanistan. La maggior parte dei paesi che ne fanno parte ha anche perso soldati e civili in Afghanistan. La Nato è accorsa in nostra difesa dopo l’11 Settembre. Questo significa molto. Vero, dobbiamo stabilire gli aspetti finanziari della cosa, ma teniamo a mente ciò che realmente accade. Ora che la Russia si fa più aggressiva, con azioni intimidatorie di ogni genere nei confronti dei paesi Baltici; abbiamo potuto assistere a ciò che ha fatto nell’Ucraina orientale e sappiamo che vuole cambiare la faccia dell’Europa. Questo non è nel nostro interesse. Dobbiamo pensare a quanto costerebbe se l’aggressione russa non fosse scoraggiata dal fatto che la Nato è lì, in prima linea, a dimostrare che la Russia non si può spingere oltre».Tracciando un abile collegamento tra l’11 Settembre e “l’aggressione russa”, che presumibilmente sta cambiando la faccia dell’Europa, qui c’è tutto, incluse due delle cinque principali minacce all’esistenza degli Usa secondo il Pentagono: la prima (la Russia) e l’ultima (il terrorismo); le altre sono la Cina, la Corea del Nord e l’Iran (si noti che Hillary ha sempre accusato Teheran di “terrorismo”). “Continueremo a cercare missioni” dovrebbe essere decrittografato come “altre guerre” e implica, senza – mai – ammetterlo che la Libia e la Siria sono stati notevoli disastri nella politica estera degli Usa. In effetti, Hillary si spinge persino oltre, affermando di non aver finito con il Medio Oriente e di essere pronta a continuare la sua “missione” di imporre la democrazia con qualsiasi mezzo necessario, dai droni alla R2P (“responsibility to protect” [responsabilità di proteggere])… grazioso eufemismo per imperialismo umanitario. È inutile che i cittadini europei manifestino choc e timore reverenziale; in fin dei conti, hanno a che fare con un falco della guerra che è arrivato ad ammettere, ufficialmente, per la prima volta durante la sua campagna presidenziale, di essere realmente un falco della guerra. Per quanto riguarda la “nazione indispensabile” (copyright del mentore di Hillary, Madeleine Albright), sarà come al solito un affare… come la ricerca di guerre senza fine. Quindi, basta con l’immagine, coltivata con cura dai pr, di una gentile, innocua, vecchia nonnina: qui abbiamo piuttosto Hillary che apre l’argine al Kissinger che ha dentro di sé.Il consolato americano di Bengasi era essenzialmente la copertura di una linea clandestina usata dalla Cia per contrabbandare armi ai “ribelli moderati” che si battevano contro Damasco. Seymour Hersh è stato tra coloro che lo hanno rivelato: «L’amministrazione di Obama non ha mai ammesso pubblicamente il proprio ruolo nella creazione di quella che la Cia chiama la “linea dei ratti“, un canale clandestino che portava dritto in Siria. La “linea dei ratti”, autorizzata agli inizi del 2012, era usata per convogliare armi e munizioni all’opposizione partendo dalla Libia e passando per la Turchia fino ad attraversare il confine con la Siria. Molti dei siriani che alla fine ricevevano le armi erano jihadisti, alcuni dei quali collegati ad al-Qaeda». Ora, immaginate il segretario di Stato Hillary Clinton che agevola la spedizione di missili antiaerei terra/aria Sa-7 e di granate a propulsione missilistica a dei jihadisti collegati ad al-Qaeda. È decisamente qualcosa che non si può volere nel proprio curriculum, soprattutto nel mezzo di una feroce campagna presidenziale.Hillary sta già combattendo una battaglia per la credibilità per quanto riguarda il suo server sotterraneo di e-mail. Celate nella sua crociata personale per la privatizzazione di dati dal Dipartimento di Stato degli Usa, ci potrebbero essere almeno tre gravissime infrazioni: distruzione, alterazione, o falsificazione di documenti; convertire a proprio uso proprietà di un Dipartmento degli Usa; raccogliere, trasmettere o perdere dati relativi alla difesa. L’intera nazione attende di sapere se il procuratore generale degli Usa, Loretta Lynch, che risponde al suo capo, il presidente Obama, deciderà di perseguire l’ex segretario di Stato a causa di tali infrazioni. Come se la suspense non bastasse, l’ex capo della Cia, Robert Gates, fonte credibile e in buona fede, ha messo in discussione, pubblicamente, il “buon senso” di Hillary e la sua mancanza di investigazione e approfondimento dei dati nel disastro della Libia, praticamente dichiarando che Hillary è una mina vagante.Gates ha rivelato quello che nell’ambiente governativo è un segreto di Pulcinella: che Hillary era completamente concentrata su un cambiamento di regime in Libia: «Il presidente mi ha detto che si è trattato di una delle decisioni più difficili che si sia mai trovato a prendere, una specie di 51 a 49, e sono certo che non avrebbe preso quella decisione se il segretario di Stato Clinton non l’avesse sostenuta». Gates più tardi ha ricordato la domanda di Obama: «Posso portare a termine le due guerre in cui sono già coinvolto prima che voi ne andiate a cercare una terza?». Gates ha aggiunto che il colonnello Gheddafi «non rappresentava affatto una minaccia per noi. Rappresentava una minaccia per il suo popolo, tutto qui». Nemmeno essere il principale architetto di una Libia “liberata”, che si è trasformata in un covo di terrorismo aperto a tutti è una descrizione del proprio operato che si possa volere nel proprio Cv nel mezzo di una feroce campagna presidenziale.Le affermazioni di Gates riguardano fatti in qualche modo già trapelati nel marzo 2011: il famoso incontro notturno a Parigi tra Hillary e il “ribelle” libico Mahmoud Jibril. Uomo decisamente ammaliante, istruito negli Usa, Jibril aveva messo nel sacco Hillary dicendo «tutte le cose giuste sul fatto di sostenere la democrazia e l’inclusività e di creare istituzioni libiche, alimentando una certa speranza sul fatto che saremmo stati in grado di farcela», stando a Philip H. Gordon, uno degli aiutosegretari della Clinton. «Ci hanno detto quello che volevamo sentire. E si tende a voler credere». Ed ecco il punto conclusivo: si tratta di quello che un’amministrazione degli Usa “vuole credere”. Hillary ne era stata immediatamente convinta, senza minimamente far seguire la retorica a una stima, così come deve essere fatta secondo l’Abc dei servizi segreti americani.Questa versione, in quanto catalizzatore decisivo del cambiamento di regime in Libia, è più pertinente del fantasioso racconto francese sul fatto che il piccolo Napoleone Nicolas Sarkozy abbia preso il comando incitato da un patetico filosofo con l’immancabile camicia bianca aperta sul suo microscopico plesso solare. Così la Libia è diventata la guerra di Hillary, proprio come quella dell’Iraq nel 2003 era stata la guerra del regime neo-conservatore di Cheney. Obama, come presidente, incitato dal suo segretario di Stato, si è addentrato in Libia senza un piano B, senza un piano di azioni da intraprendere successivamente, senza nessuna meta strategica di politica estera a lunga scadenza. Eppure nessuno in Europa si dovrebbe aspettare che la dea della guerra spieghi le proprie mete strategiche… che siano portate avanti con l’uso di droni, sovversione, sanzioni, bombardamenti con fini liberatori o R2P. Che siano in Libia, o facciano parte di tutte queste “missioni” una volta che lei diventerà presidente.(Pepe Escobar, “Hillary Clinton, della della guerra”, da “Occhi della guerra” del 2 maggio 2016).
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

Manchester, allarme bomba: Old Trafford evacuato, partita cancellata
Paura all'Old Trafford. Gli spalti dello stadio evacuati e il pacco sospetto è stato fatto esplodere. Cancellata la partita del Manchester United con il Bournemouth


Sergio Rame - Dom, 15/05/2016 - 18:23

http://www.ilgiornale.it/news/mancheste ... 59002.html
iospero
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da iospero »

Natan e il Rabbino Rami Levy
Ragazzo muore e torna in vita per parlarci del Giudizio e degli avvenimenti futuri
Natan e il Rabbino Rami Levy sottotitoli in italiano – prima parte della testimonianza circa la fine dei tempi, riportata da un quindicenne che ha sperimentato la morte clinica.

La terza guerra mondiale è già iniziata dal 11 settembre e finirà quest'anno con milioni di morti in poco più di due settimane, sarà la fine di questo mondo e l'inizio di quello futuro dopo il Giudizio Universale. Secondo questa previsione sarà Obama a scatenare la guerra.

Speriamo in bene
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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Guai agli inglesi: col Brexit, finiranno tra i nemici degli Usa

Scritto il 18/5/16 • nella Categoria: idee
Guai se gli inglesi voterranno il Brexit: devono restare al guinzaglio dell’Ue, cioè di Washington. Guinzaglio corto, rappresaglie contro chi “sgarra” e rotta di collisione contro le potenze mondiali che aspirano a una piena autonomia: «La mia previsione è che la Russia e la Cina saranno presto di fronte a una decisione sgradita: accettare l’egemonia americana o andare in guerra», afferma Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan nonché editore associato del “Wall Street Journal”. Impossibile non citare il britannico Ambrose Evans-Pritchard, che sul “Telegraph” ricorda come la Cia, negli anni ‘50 e ‘60, abbia direttamente finanziato gli attori che avrebbero creato l’Unione Europea. Motivo: è più facile controllare un solo governo, quello di Bruxelles, piuttosto che molti Stati separati. Washington ha fatto «un investimento a lungo termine nell’orchestrare l’Unione Europea», ed è per questo che Obama è appena andato a Londra «per raccontare al sua cagnolino, il primo ministro britannico, che non ci potrebbe essere alcuna uscita britannica dall’Ue».Come altre nazioni europee, scrive Craig Robers su “Information Clearing House”, i britannici non sono mai stati autorizzati a votare per scegliere di essere pienamente sovrani o sottoposti all’Unione Europea. «La natura oppressiva di leggi comunitarie irresponsabili e l’esigenza dell’Ue di accettare un massiccio numero di immigrati del terzo mondo hanno creato una grande richiesta per un voto britannico per decidere se rimanere un paese sovrano o di sciogliere il vincolo e rispedire a Bruxelles e le sue disposizioni dittatoriali». In vista del fatidico 23 giugno, la posizione degli Usa è che «al popolo britannico non deve essere consentito di decidere contro l’Ue, in quanto una tale decisione non è nell’interesse di Washington». Il lavoro di Cameron, dunque, è quello di «spaventare gli inglesi con presunte gravi conseguenze dell’“andare da soli”». Lo slogan: la “piccola Inghilterra” non può stare in piedi da sola. Al popolo britannico viene detto che l’isolamento segnerà la sua fine, e il paese diventerà uno stagno archiviato dal progresso. Tutto accadrà altrove, loro saranno lasciati fuori. Ma attenzione: «Se la campagna di paura non riesce e il voto britannico sarà per uscire dalla Ue – dice Craig Roberts – la questione aperta è se Washington permetterà al governo britannico di accettare l’esito democratico». In alternativa, il governo inglese potrebbe truccare le carte, raccontando di aver negoziato concessioni straordinarie.Una cosa è certa: Washington non permetterà agli inglesi di decidere liberamente: «Non devono essere autorizzati a prendere decisioni che non rispettano l’interesse di Washington». E’ lo stesso schema “egocentrico” grazie al quale gli Usa stanno trasformando in “minaccia” la Russia di Putin: flotte da guerra nel Baltico e nel Mar Nero, nonché basi missilistiche in Polonia vicino ai confini russi, con la volontà di incorporare Georgia e Ucraina in patti di difesa anti-russi. «Quando Washington, i suoi generali e i vassalli europei dichiarano che la Russia è una minaccia, significa che la Russia ha una politica estera indipendente e agisce nel suo proprio interesse, piuttosto che in quello di Washington». La Russia diventa una “minaccia”, perché ha dimostrato la capacità di bloccare l’invasione filo-americana della Siria e il bombardamento dell’Iran. Nel mirino di Washington anche piccoli paesi come Iraq, Libia e Yemen. Motivo: «Avevano politica estera ed economica indipendenti, non avendo accettato l’egemonia statunitense». Persino il Venezuela, per Obama, è diventato «una minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti», quando il governo di Caracas «ha messo gli interessi del popolo venezuelano davanti a quelli delle società americane».Analogamente, la Russia è diventata “una minaccia” quando Mosca ha neutralizzato le aggressioni di Washingon ai danni di Teheran e Damasco, e quando ha impedito agli Usa di appropriarsi della base navale della Crimea dopo il golpe neonazista in Ucraina promosso dalla Cia. «E’ assolutamente certo che la Russia non ha formulato minacce di alcun tipo contro i paesi baltici, la Polonia, la Romania, l’Europa o gli Stati Uniti», scrive Craig Roberts. Così come è certo che la Russia «non ha invaso l’Ucraina». Se l’avesso fatto, oggi «l’Ucraina non sarebbe più lì: sarebbe tornata una provincia russa». E in effetti, anche se i media occidentali si guardano bene dall’ammetterlo, «l’Ucraina appartiene alla Russia più di quanto le Hawaii appartengano agli Stati Uniti». Quanto alla Siria, quel paese «esiste ancora», solo «perché è sotto la protezione russa». Se davvero Cina e Russia fossero “una minaccia”, di certo non permettebbero la proprietà straniera («cioè riconducibile alla Cia») di molti dei loro media: è americana la proprietà del 20% dei media russi, mentre in Cina operano 7.000 Ong finanziate direttamente dagli Usa.«Solo il mese scorso il governo cinese si è finalmente mosso, seppure molto tardivamente, per introdurre alcune restrizioni su questi agenti stranieri che stanno lavorando per destabilizzare il paese», scrive Roberts. «Ma i membri di queste organizzazioni “a tradimento” non sono stati arrestati, sono stati semplicemente messi sotto sorveglianza della polizia. Una restrizione quasi inutile, dato che Washington può fornire montagne di denaro con cui corrompere la polizia cinese: Russia e Cina pensano forse che i loro poliziotti siano meno sensibili alle tangenti rispetto alla polizia americana e del Messico». Parla da sola la sconfitta storica della guerra ai narcos: la “guerra alla droga” è una miniera d’oro per gli agenti messicani e statunitensi, «sotto forma di mezzette». Altro che libertà: «Negli Stati Uniti, gli osservatori di verità sono perseguitati e imprigionati, o vengono liquidati come “teorici della cospirazione”, “anti-semiti” o “estremisti domestici”. Una distopia peggiore di quella descritta da Orwell. Per paura dei media occidentali, Mosca e Pechino «permettono a Washington di operare nei loro media, nelle loro università, nei loro sistemi finanziari, mentre i “buoni” delle Ong si infiltrano in ogni aspetto della loro società». Secondo Craig Roberts, russi e cinesi sono davanti a un bivio terribile: piegarsi allo Zio Sam o prepararsi alla Terza Guerra Mondiale.
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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Siamo pronti a morire per Erdogan? Ce lo chiede la Nato
Scritto il 20/5/16 • nella Categoria: idee


So che il titolo di questo post apparirà ad alcuni paradossale ma in realtà non lo è. La Turchia è membro della Nato e l’articolo 5 del Patto Atlantico prevede solidarietà e assistenza militare tra i suoi membri, secondo questi termini: “Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall’articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l’uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area Nord Atlantica”. Dopo la caduta del Muro di Berlino, l’articolo 5 pareva di fatto in disuso, venendo a mancare un nemico del calibro dell’Unione Sovietica, ma i recenti avvenimenti nel Vicino Oriente e, soprattutto, la follia di Erdogan lo rende di nuovo, se non attuale, perlomeno plausibile.Qualche mese fa la Turchia si è spinta a un passo dalla guerra con la Russia, scongiurata solo dal sangue freddo di Putin, mentre negli ultimi tempi l’ambiguo attivismo di Ankara in Siria fa aumentare le possibilità di una nuova escalation militare nella regione. Non è assurdo ipotizzare che la Turchia entri in guerra e, presentandosi (naturalmente) quale vittima, invochi la solidarietà atlantica. Dunque i soldati italiani, così come quelli francesi o spagnoli, potrebbero essere chiamati a morire per Erdogan. Ne deduco due riflessioni, anzi due domande. La prima: è accettabile che la Nato abbia tra i suoi membri un leader come Erdogan, che promuove l’islamizzazione della Turchia, ha sostenuto l’Isis e sta trasformando il suo paese in una dittatura? La mia risposta potete facilmente intuirla. La seconda riguarda la natura stessa della Nato. Di solito a interrogarsi sulla necessità del Patto Atlantico sono pensatori o partiti di sinistra, ma da qualche tempo anche alcuni osservatori liberali davvero indipendenti, avanzano più di un dubbio.In tal senso mi ha colpito la riflessione di Michele Moor, che nella Confederazione elvetica ha i gradi di colonnello ed è ex presidente della Società Svizzera degli Ufficiali. Un conservatore, insomma; il quale in un articolo pubblicato qualche giorno fa sul “Corriere del Ticino” affermava: «A 67 anni dalla sua fondazione (4 aprile 1949), il patto militare che aveva l’obiettivo di arrestare l’avanzata del comunismo sovietico e di garantire la difesa dei paesi aderenti, ha progressivamente mutato la propria strategia, rendendola sempre più aggressiva e offensiva. Non è un caso che gli Stati Uniti detengano la sovranità assoluta dell’organizzazione – le più alte cariche militari della Nato sono sempre riservate a ufficiali statunitensi – e che i cosiddetti paesi alleati offrano supinamente le proprie basi territoriali, nel Mediterraneo e nell’Est europeo, agli interessi strategici della superpotenza».E ancora: «Nello scacchiere geopolitico del Sud, la guerra contro l’Isis è diventata lo specchietto per le allodole, destinato a garantire agli Usa l’espansione nell’Egeo e sulla Libia, territorio nel quale si è pensato di avviare un’operazione militare, ufficialmente guidata dall’Italia. Questa avanzata potrebbe coinvolgere prima o poi anche i paesi dell’asse asiatico, in primis la Cina, per evitare che diventino partner economici della Russia. Dietro l’intenzione, più volte dichiarata, di voler difendere l’Europa dalle aggressioni della Russia, si cela in realtà la volontà di espansionismo interventista che ha provocato la crisi in Ucraina». Parole durissime che vanno dritto al punto. La Nato ha cambiato pelle e da quando intervenne in Kosovo da associazione prettamente difensiva è diventata anche offensiva – vedi Afghanistan e Libia – assecondando i disegni strategici di Washington. Da qui la seconda domanda: la Nato ha ancora senso? Questa Nato è davvero nell’interesse degli europei?(Marcello Foa, “Italiani, siete disposti a morire per Erdogan? Ve lo chiede la Nato”, dal blog “Il Cuore del Mondo” su “Il Giornale” del 1° maggio 2016).
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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Volo precipitato, nuovo colpo al turismo egiziano
Paura del terrorismo: persi 6 milioni di visitatori
Il crollo dal 2010 a oggi. “Ora il caso dell’Egyptair rallenterà la ripresa”. Crisi anche per Tunisia e Turchia

MA RESTA IL MISTERO SULLE CAUSE DELLA STRAGE. IL CAIRO: “TROVATI IN MARE ROTTAMI E CADAVERI”

Mondo
L’ennesimo colpo al cuore a un settore, quello del turismo nei Paesi arabi, già in profonda crisi. Un colpo che difficilmente potrà peggiorare i numeri registrati negli ultimi anni, ma probabilmente allungherà ulteriormente i tempi della ripresa. Che si concretizzi o meno la pista legata al terrorismo, la tragedia del volo Egyptair Ms804 colpisce nuovamente Paesi che, fino a qualche anno fa, erano una meta privilegiata dai turisti italiani ed Europei, grazie alle eccellenze naturali e culturali che offrono. La crisi emerge già osservando i numeri: solo l’Egitto è passato dai 15 milioni di arrivi del 2010 ai 9 del 2015, con il primo trimestre del 2016 che ha segnato un calo del 66% di Gianni Rosini

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Egyptair, nuovo colpo al turismo nei Paesi arabi. “Arrivi già ai minimi storici, così ripresa si allontana. Regge solo Marocco”
Mondo
L’Egitto è passato dai 15 milioni di visite del 2010 ai 9 del 2015. E il primo trimestre del 2016 che ha segnato un calo del 66%. In crisi anche Tunisia e Turchia. Penalizzata la Giordania, a causa dei confini condivisi con Siria e Iraq. Secondo Luca Battifora, presidente di Astoi Confindustria Viaggi, l'Europa ha visto invece i flussi turistici risalire rapidamente dopo gli attentati di Parigi
di Gianni Rosini | 20 maggio 2016
COMMENTI (2)

L’ennesimo colpo al cuore a un settore, quello del turismo nei Paesi arabi, già in profonda crisi. Un colpo che difficilmente potrà peggiorare i numeri registrati negli ultimi anni, ma probabilmente allungherà ulteriormente i tempi della ripresa. Che si concretizzi o meno la pista legata al terrorismo, la tragedia del volo Egyptair Ms804 colpisce nuovamente Paesi che, fino a qualche anno fa, erano una meta privilegiata dai turisti italiani ed Europei, grazie alle eccellenze naturali e culturali che offrono. La crisi emerge già osservando i numeri: solo l’Egitto è passato dai 15 milioni di arrivi del 2010 ai 9 del 2015, con il primo trimestre del 2016 che ha segnato un calo del 66%. “Con questi dati – spiega a Ilfattoquotidiano.it Luca Battifora, presidente di Astoi Confindustria Viaggi – è difficile prospettare un’ulteriore diminuzione degli arrivi, ridotti già ai minimi storici. Certo, questo ennesimo episodio rallenterà ulteriormente la ripresa”, rendendo così sempre più difficile per il governo egiziano raggiungere l’obiettivo dei 20 milioni di arrivi entro il 2020


Egitto, Tunisia e Turchia le mete più colpite - Le mete maggiormente colpite dalla nuova stagione del terrorismo internazionale inaugurata dallo Stato Islamico sono sicuramente Egitto, Tunisia e Turchia. Il Paese delle piramidi ha ormai perso la sua attrattiva agli occhi dei turisti europei che preferiscono privarsi delle bellezze culturali di Giza e delle cristalline acque del Mar Rosso pur di evitare rischi legati alla sicurezza. A poco o niente, se si guardano i dati, sono serviti i prezzi stracciati e le offerte degli operatori turistici. “Stiamo vivendo il picco negativo storico del turismo italiano in Egitto – continua Battifora – Il turismo culturale, quello che portava milioni di persone a visitare le eccellenze archeologiche, è ormai ridotto al minimo da tre anni. Situazione meno drammatica in alcune zone de Mar Rosso, come Marsa Alam, dove resistono alcuni affezionati. Anche qui, però, nonostante non vi siano stati attentati su suolo egiziano, ma solo sul volo russo partito da Sharm el-Sheik, si registrano cali dal 50% fino all’80%”. Gli italiani che partono per l’Egitto, soprattutto per i resort del Mar Rosso, sono passati da oltre un milione a poche centinaia di migliaia. Numeri così esigui che non permetteranno a questa ultima tragedia di influire drasticamente sui flussi diretti verso le spiagge egiziane. “Chi continua a raggiungere le mete turistiche egiziane sono soprattutto turisti abitudinari – spiega Battifora – che hanno una maggiore consapevolezza della situazione nel Paese. Conoscere il livello di rischio e poter usufruire di prezzi molto vantaggiosi fa sì che queste persone continuino a frequentare le località turistiche egiziane. Ma stiamo comunque parlando di numeri che, in alcune zone, non garantiscono alle strutture un afflusso superiore al 20% della capienza”.

Situazione simile a quella che si registra in Tunisia e Turchia. “Anche la Tunisia è una delle mete più colpite – continua il presidente di Astoi – Non si è ancora esaurito il senso di insicurezza dovuto agli ultimi attentati nella capitale e nelle località turistiche della costa e questa situazione di tensione in tutta l’area non aiuta certo la ripresa”. Gli albergatori del Paese lamentano numeri intorno al 30% delle possibilità ricettive, cifre ancora insufficienti a garantire la sopravvivenza per le strutture della costa tunisina. Sorte condivisa con la Turchia, ripetutamente oggetto di attacchi da parte di Isis, Pkk e gruppi di estrema sinistra. “La Turchia sta affrontando un periodo difficile perché una delle sue mete più importanti e famose, Istanbul, è spesso al centro di fatti di sangue legati al terrorismo”. E i numeri confermano questa flessione: -16,5% di entrate economiche e -10,3% di visitatori nei primi tre mesi del 2016.

Conseguenze sul turismo del mondo arabo, “mentre in Europa si continua a viaggiare” - Gli attentati degli ultimi anni hanno creato una crisi del settore che si è allargata a macchia d’olio penetrando anche in Paesi dell’area più sicuri. “Questa situazione di instabilità ha certamente penalizzato anche altri Paesi dell’area che non sono stati obiettivo dei terroristi – dice Battifora – Per quanto riguarda il Nord Africa, Egitto e Tunisia sono certamente gli Stati che stanno pagando di più, con Libia e Algeria che sono ormai da anni fuori dai radar del turismo di massa. Chi viene veramente penalizzata, a causa della posizione centrale nello scacchiere mediorientale, è la Giordania. Nonostante il Paese non sia stato al centro delle vicende legate al terrorismo, i numeri sono in calo a causa dei confini condivisi con Siria e Iraq”. Sorte che non è toccata, però, al Marocco: “Il Paese ha caratteristiche che gli permettono di mantenere numeri interessanti – continua il presidente Astoi – Ѐ meta di un turismo culturale, generalmente più ‘alto’, e con tempi di permanenza più brevi e concentrati soprattutto nelle città più importanti come Marrakech”.

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La stessa sorte dei Paesi arabi non è toccata, però, alle mete turistiche europee, anch’esse colpite dagli attacchi terroristici. “In questo caso – conclude Battifora – ci siamo accorti che la percezione del pericolo è minore e favorisce una più rapida ripresa. Parigi e la Francia, ad esempio, hanno fatto registrare un calo inevitabile nei mesi seguenti agli attentati, ma c’è stata anche una rapida e costante risalita dei flussi turistici. Se vogliamo trovare un segnale di apprensione nel turismo interno all’Europa, notiamo che sono aumentate le richieste per città più piccole e periferiche, forse perché percepite come più sicure. Crescono quindi i numeri di Paesi come Irlanda o Scozia rispetto a quelli delle grandi capitali europee”.

Twitter: @GianniRosini
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

IERI MATTINA SUL SITO DI LIBRE ASSOCIAZIONE DI IDEE E' COMPARSA UNA RECENSIONE DEL LIBRO "NEL NOME DI ISHMAEL".

UN ARTICOLO CHE MI SEMBRAVA AI LIMITI DELLA REALTA', TANTO CHE HO RITENUTO DI NON PUBBLICARLO PER CONOSCERE IL PARERE DI AMICI DELLA ZONA.


NEL POMERIGGIO DI IERI L'ARTICOLO INTERO NON ERA PIU' REPERIBILE E COMPARIVA LA NOTA:

ERROR 404 - NOT FOUND

MENTRE LA PARTE INIZIALE, UN QUARTO CIRCA, ERA PRESENTE NELL'ELENCO DELLE NEWS DI LIBRE.

STAMANI SORPRESA.

IL SITO NON E' ACCESSIBILE E VIENE SEGNALATO:


Impossibile raggiungere il sito
La connessione è stata reimpostata.
ERR_CONNECTION_RESET


^^^^^^^


MAI RACCONTARE VERITA’ SCOMODE. SIAMO TUTTI SPIATI DAL GRANDE FRATELLO.


DIGITANDO SU GOOGLE:
in nome di ishmael


COMPARE:
Nel nome di Ishmael - Genna Giuseppe - Libro - Mondadori - Piccola ...
http://www.ibs.it/code/9788804513285/ge ... hmael.html
Nel nome di Ishmael è un libro di Genna Giuseppe pubblicato da Mondadori nella collana Piccola biblioteca oscar. Disponibile anche in eBook a € 6,99. Lo trovi ...

MA IL SITO NON HA LIBRI, E' STATO FATTO SPARIRE.


CERCANDO, QUALCOSA SI TROVA QUI, SE NEL FRATTEMPO IL GRANDE FRATELLO NON HA PROVVEDUTO.

http://www.giugenna.com/nel_nome_di_ish ... hmael.html
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

IL SITO DI LIBRE ASSOCIAZIONE DI IDEE HA RIPRESO A FUNZIONARE.

RIPROPONENDO COME PRIMA NOTIZIA QUELLA DI IERI.

NE APPROFITTO PER SOTTOPORLA AL VOSTRO GIUDIZIO.


IO LA TROVO AI CONFINI DELLA REALTA'.



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idee
LIBRE news

Uccido bambini e progetto attentati, nel nome di Ishmael
Scritto il 22/5/16 • nella Categoria: Recensioni



L’omicidio rituale di un bambino precede sempre l’ammazzamento eccellente: lo anticipa, come un oscuro presagio. Prima, c’è il ritrovamento del piccolo ucciso. Poche ore dopo, ecco l’attentato. E gli inquirenti onesti, quelli che intuiscono la verità, vengono depistati e poi, sabotati, rimossi, liquidati. «Bravo, vedo che ha capito come funziona, quel sistema». Parola di Francesco Cossiga. All’altro capo del telefono, lo sbigottito Giuseppe Genna, autentico talento letterario, autore del thriller politico “Nel nome di Ishmael”. Un libro sconvolgente. Uscì nel 2001, ma sembra scritto ieri, anzi oggi, in quest’Europa tramortita dal terrorismo opaco firmato Isis, dietro cui si nascondono “menti raffinatissime”, con propensione a “firmare” le loro stragi secondo precisi codici esoterici, come nel caso delle mattanze di Parigi e Bruxelles, ispirate alle date cruciali dell’epopea dei Templari, fondamentale nel pantheon massonico. Tutto questo, in un mondo dal quale spariscono misteriosamente, ogni anno, migliaia di bambini. Un abisso di orrore, che collega terrorismo e potere, servizi segreti e super-élite, logge e sètte, geopolitica e oscure pratiche, basate sul valore magico attribuito ai sacrifici umani, a partire da quelli dei bambini.L’infanticidio? Simboleggia morte e rinascita. Chi progetta un attentato, se ne “propizia” il successo alla vigilia, massacrando un neonato nel modo più atroce. E’ la legge di Ishmael, la piovra da incubo che il libro di Genna disvela, pagina dopo pagina. La trama è quella – potente, incalzante – del noir, giocato in modo perfetto sulla storia parallela di due poliziotti italiani, a quarant’anni di distanza l’uno dall’altro. Il primo è l’ispettore David Montorsi, che scopre un minuscolo cadavere in un campo da rubgy alla periferia di Milano poco prima che, nei cieli dell’Oltrepo Pavese, esploda in volo l’areo di Enrico Mattei, il patron dell’Eni: l’uomo che, da ex partigiano, aveva osato sfidare l’America, in piena guerra fredda. Il secondo è un altro detective della questura milanese, Guido Lopez, impegnato a proteggere l’anziano Kissinger al forum di Cernobbio, poco dopo aver scoperto – nello stesso campo da rugby – il cadavere di un altro minore, spaventosamente seviziato.Proprio tra i vip planetari convenuti per Cernobbio, Genna fotografa un’epoca: «Bush e Gorbaciov, gli eroi del disgelo. Quello che era successo da dieci anni dipendeva da loro. Muro di Berlino, crollo della Russia, riforma dell’economia mondiale. Erano stati loro. Dopo di loro sarebbe stato l’impero del male: l’impero di Ishmael». Il libro di Genna è stato scritto prima ancora del G8 di Genova e dell’11 Settembre, i due eventi-chiave che hanno aperto il baratro della crisi, con la “guerra infinita” in mezzo mondo, la catastrofe finanziaria e il manifestarsi dell’élite neo-feudale globalizzata che ha raso al suolo quarant’anni di diritti sociali, in Occidente. Tredici anni dopo il thriller “Ishmael”, nel monumentale saggio “Massoni”, Gioele Magaldi rivela che lo stesso Gorbaciov fu affiliato alla superloggia segreta “Golden Eurasia”, mentre Bush padre aveva fondato la “Hathor Pentalpha”, definita “loggia del sangue e della vendetta”, molto più estremista (e feroce) della storica “Three Eyes”, ispiratrice dell’ultra-destra economica anglosassone, per decenni dominata da uno dei personaggi centrali del libro di Genna, Henry Kissinger.I grandi globalizzatori? Anche spietati, certo. Ma non solo: attorno a loro, aggiunge Genna, c’è una nebulosa inquietante, profonda e buia, che caratterizza il Dna dei loro “mandanti” più reconditi, i veri “invisibili”, i super-potenti, quelli che restano al loro posto anche quando i loro politici sono tramontati. Il volto oscuro dell’élite: qualcosa di barbarico, anche. Una “chiesa” di dominatori sanguinari che – all’occorrenza – si procurano bambini da “sacrificare”. «Veramente profetico, Genna, per ammissione dello stesso Cossiga», racconta l’ex avvocato Paolo Franceschetti, indagatore dei peggiori misteri irrisolti della cronaca italiana, dal Mostro di Firenze alle Bestie di Satana fino alla strana uccisione del piccolo Samuele Lorenzi a Cogne. Un intreccio di poteri occulti, istituzioni infedeli e servizi deviati, attorno a cui fioriscono rituali magici e codici simbolici attorno a crimini che sembrano assurdi, senza un movente.E’ l’inferno che Genna chiama, semplicemente, “Ishmael”. Nel romanzo lo descrive come un vero e proprio cancro, inoculato dall’élite-ombra statunitense al tempo della sfida con l’Urss, scegliendo proprio l’Italia come fronte strategico da cui poi ingabbiare l’intera Europa. Per questo è così decisivo l’attentato a Mattei, fatto passare per incidente aereo. E sono pagine di altissima intensità quelle che Genna dedica al grande leader del riscatto italiano del dopoguerra. «Sappiamo di esserci, ma non ci siamo, a tutti gli effetti. L’Italia è questo qualcosa oltre il corpo e la mente, e la guerra che lui sta facendo è la costruzione di una salvezza», per proteggere il paese dal «regno arido, sormontato da potenze e da angeli oscuri», che è a tutti gli effetti l’America. «Bisogna salvare l’uomo, poiché l’uomo è pronto a divenire un americano e l’americano è pronto ad annullarsi. Annullata l’America, sarà annullata l’umanità. L’Italia, perciò, è l’idea della salvezza che è presente qui e sempre, ora, tra uomo e uomo, tra l’uomo e l’America».Contro questa salvezza combatte “Ishmael”, facendo esplodere l’aereo del ribelle italiano, il condottiero spericolato e sognatore. Ma poi, la piovra – che si insinua fin dentro le questure e la magistratura del Belpaese, sotto l’occhiuta regia di autentici mostri di cinismo come Kissinger – pian piano sfugge al controllo dei suoi stessi creatori fino a metterli in pericolo, verso l’instaurazione totalitaria del “tempo di Ishmael”, la nuova epoca – questa – in cui non ci sarà più alcuna certezza, cadranno leggi e autorità, tutto il pianeta sarà preda di un’oligarchia potentissima e invisibile, inafferrabile, sempre pronta – all’occorrenza – a usare il terrorismo e l’omicidio, spesso facendo precedere gli attentati da agghiaccianti ritrovamenti di bambini rapiti dai pedofili, quindi abusati e martoriati dai neo-satanisti dell’élite-fantasma.Una sequenza di morte, invariabilmente preceduta dal macabro rinvenimento della baby-vittima sacrificale. Nella “cronologia delle operazioni della rete Ishmael”, nell’appendice della fiction di Genna, trovano posto industriali, banchieri e tanti politici, uccisi o sfiorati dalla morte: il tedesco Adenauer e lo stesso De Gaulle, lo spagnolo Luis Carrero Blanco, e naturalmente Aldo Moro. Ci sono due Papi: Albino Luciani, morto, e Karol Wojtyla, ferito. E poi Roberto Calvi, Olof Palme, il craxiano Gabriele Cagliari. E ministri francesi, finanzieri di Stato tedeschi, la stessa Lady Diana. Cronometrico, nelle ore precedenti, il ritrovamento – non lontano – di un piccolo, a volte un neonato, ferocemente “sacrificato”. E’ la legge di Ishmael, scriveva Genna, quando ancora non era comparso un nome tanto simile, così ingannevolmente mediorientale: Isis.(Il libro: Giuseppe Genna, “Nel nome di Ishmael”, Mondadori, 486 pagine, euro 10,50).
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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Chiesa: terrorismo neocon, Egitto e Francia devono piegarsi
Scritto il 21/5/16 • nella Categoria: segnalazioni



«La Francia è stata punita in quanto il suo presidente, François Hollande, ha chiesto l’annullamento delle sanzioni alla Russia. Inoltre in questo momento l’obiettivo delle forze che vogliono destabilizzare il mondo è quello di mettere in ginocchio l’Egitto. Dopo avere distrutto Libia e Siria, adesso hanno preso di mira anche il Cairo. Quindi le due cose sono perfettamente coincidenti». Così Giulietto Chiesa commenta la scomparsa dell’Airbus della compagnia EgyptAir con a bordo 66 persone, inabissatosi tra l’isola greca di Karpathos e la costa egiziana dopo essere scomparso dai radar. Il volo, diretto al Cairo, era partito da Parigi. Fonti anonime della Casa Bianca affermano che la dinamica del disastro rivela che a bordo del velivolo è esplosa una bomba. «Non c’è il minimo dubbio sul fatto che sia stato un attentato», dice Chiesa, intervistato da Pietro Invernizzi del “Sussidiario”. «E’ una punizione inflitta contemporaneamente all’Egitto e alla Francia». Per cosa? «La Francia ha cercato di muoversi per conto suo e ne ha pagato il conto. In grande, si ripete quanto era avvenuto a Enrico Mattei. Siccome è più facile fermare un solo uomo come Mattei che non un intero paese come la Francia, si incomincia con l’abbatterne un aereo».Oggi le misure di sicurezza negli aeroporti sono molto rafforzate. Come è stato possibile aggirarle?«I servizi segreti sono in grado di aggirare queste misure. Un tempo li si definivano servizi deviati, mentre oggi sono i padroni della politica in alcuni paesi chiave. Questi apparati possono superare qualunque ostacolo. Avendo a disposizione sterminate quantità di denaro, possono infatti permettersi di comprare chiunque inclusi pezzi di servizi segreti di paesi terzi». Chi c’è dietro ai servizi deviati? «Per capire di chi sto parlando – continua Giulietto Chiesa – basta andare per esclusione togliendo Russia e Cina. Ci sono forze che vogliono annichilire la Francia ogni volta che l’Eliseo cerca di alzare la testa. Queste stesse forze hanno l’obiettivo di creare il caos in tutto il Medio Oriente, e nello stesso tempo vogliono la guerra con la Russia». Esiste «una coalizione della guerra, rappresentata dai neocon americani e da quanti sono collegati con loro», non necessariamente alle dipendenze di Washington. Di fatto, «i neocon hanno elaborato la strategia politica degli Stati Uniti negli ultimi 15 anni: è da lì che vengono l’ispirazione e i soldi che stanno dietro all’abbattimento dell’Airbus EgyptAir».Non è difficile finanziare questo terrorismo pilotato: «L’Arabia Saudita, che è una filiale della Cia, negli ultimi anni ha accumulato 10-12 trilioni di dollari. E’ quindi uno gioco da ragazzi trovare un miliardo di dollari per corrompere 500 agenti di polizia e servizi segreti in modo che mettano una bomba». Perché i servizi francesi non sono riusciti a sventare l’attentato? «Perché fino a ieri la Francia di Hollande è stata una pedina nelle mani degli Usa», sostiene Chiesa. «Il fatto che ora Parigi chieda la fine delle sanzioni alla Russia è visto da chi è al potere come una provocazione intollerabile. Il potere infatti non ammette degli alleati a metà». E il caso Regeni? E’ estraneo a questa vicenda dell’Airbus EgyptAir? «No, il caso Regeni fa parte di questa stessa strategia. L’uccisione del ricercatore italiano è stata montata ad arte per colpire tanto l’Egitto quanto l’Italia, che aveva avviato una politica di riguardo verso il Cairo. Si è creata quindi una trappola politica, nella quale sono caduti naturalmente la stragrande maggioranza dei commentatori italiani. Questi ultimi, invece di fare gli interessi dell’Italia, stanno facendo quelli di una cosca mafiosa e criminale che sta organizzando il terrorismo in tutto il mondo».Perché la politica di Al-Sisi dà fastidio? «Non si vuole colpire Al-Sisi ma l’Egitto in quanto tale. Quest’ultimo non va bene, in quanto è un paese relativamente stabile, e dunque bisogna distruggerlo». Per Giulietto Chiesa, «si stanno creando le condizioni per abbattere l’Egitto anche dal punto di vista economico: l’obiettivo è fare saltare Al-Sisi per mettere al suo posto i Fratelli Musulmani». Ricapitolando: perché i neocon vogliono creare il caos in Medio Oriente? «Perché gli Stati Uniti stanno precipitando a una velocità vertiginosa, e i neocon hanno capito che prima che ciò avvenga bisogna mettere tutto il mondo in uno stato di guerra. Se non si fa così l’America perderà il suo ruolo di dominio imperiale». Ma se i neocon sono così potenti, insiste Invernizzi, perché non riescono a vincere le elezioni Usa? «Come no, le vinceranno eccome». E con chi? «Se vince la Clinton i loro problemi sono già risolti, in quanto l’ex first lady ha le stesse identiche posizioni dei neocon. Hillary è una guerrafondaia fanatica e pericolosa. Dal momento che è una donna di scarsa intelligenza, come peraltro suo marito, mira al potere e di conseguenza si fa manovrare facilmente». Fantastico. E se vincesse Trump? «Se vince Trump lo rimetteranno al suo posto come hanno già fatto altre volte, per esempio con Kennedy».
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