E per bloccare Grillo si tengono il Porcellum
Spaventati dal voto, i partiti scaricano il proporzionale
di Koba
Il primo effetto dello tsunami amministrativo sarà che non si cambierà la legge elettorale. Rimarrà il Porcellum, anche se tutti ancora per un po’ si sbracceranno a dire che, per carità, va cambiato, rifondato, mandato in soffitta. Ha bruciato tutti sul tempo Luciano Violante, che di primo mattino, apparentemente a freddo, ha avvertito: "Il voto amministrativo cambia i presupposti sui quali stavamo lavorando". In assenza di partiti consolidati, è l’analisi dell’ex presidente della Camera che pure stava lavorando a una bozza proporzionalista simil tedesca, "si rischia una eccessiva frammentazione", senza avere il corrispettivo della sicurezza della governabilità. Ma quel che più fa notizia è che analoghe resipiscenze provengono anche dall’altro campo, dal Pdl, dove Sandro Bondi, Gaetano Quagliarello e altri parlano lo stesso linguaggio violantiano. Dunque?
Il derby Parigi-Atene. C’è stato un trittico micidiale interno-estero che ha contribuito al cambio di opinioni: le elezioni francesi, quelle greche e quelle italiane, dove nell’ordine si è visto che a Parigi si è svolta una normale competizione attorno ai due blocchi e la sera stessa del ballottaggio si sapeva il vincitore e, quel che più conta, il futuro governo; ad Atene, invece, Babele totale, frammentazione acuta, nessun partito sopra il 20 per cento, con conseguente impossibilità di formare una maggioranza e un governo (molto probabilmente si tornerà alle urne il 17 maggio); il voto amministrativo italiano, infine, ha dato il colpo di grazia, confermando sì la tenuta del Pd, ma con l’altro polo pressoché dileguato e comunque in preda allo spappolamento.
Quel "doppio turno" che non s'ha da fare. La conseguenza è stata che al grido di “vade retro Atene” e “viva Parigi”, tra le due principali forze politiche italiane si torna a parlare adesso di doppio turno. "Dovremmo tornare a considerarlo", sussurra Violante. "Se ne potrebbe parlare", fanno eco Bondi, Quagliariello e Gelmini. Andrà in porto? I dubbi sono tanti, gli scettici superano di gran lunga gli ottimisti, per un motivo molto semplice: ogni volta che si è solo sfiorato il tema del doppio turno, era come dire non se ne fa niente. Casini e il Terzo polo non ne vogliono sentir parlare, così come la Lega, costringerebbe le forze intermedie e medio-piccole a schierarsi al secondo turno attorno ai due poli maggiori, che è proprio quanto queste forze vedono come il fumo negli occhi. "E’ più facile che noi due apriamo un ristorante che si faccia il doppio turno", celiava alla Camera il prodiano Giulio Santagata rivolto a Castagnetti, e quest’ultimo: "Sì, cuciniamo solo per il primo turno serale, il secondo se la vedano", scherzava a sua volta l’ultimo leader del Ppi.
L'imperativo è fermare i grillini. A prevalere è lo scetticismo. A parte i tempi, e a parte la confusione nel campo del centrodestra ("di là non c’è neanche un interlocutore credibile e autorevole", ammette sconsolato Migliavacca, braccio destro di Bersani), ci sono due ottime ragioni “sistemiche” perché alla fine ci si acconci a conservare il Porcellum: con il premio di maggioranza, quel sistema garantisce comunque 360 deputati ai vincenti e 270 alla coalizione perdente. Ma soprattutto esclude dal Parlamento le forze non coalizzate che non abbiano riportato almeno l’8 per cento al Senato e il 4 per cento alla Camera. E alzi la mano chi si coalizzerebbe con i Grillini oggi.
9 maggio 2012
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