referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Nell'attesa dei risultati di domenica prossima e poi del referendum costituzionale stiamo assistendo ad un calo nei sondaggi del PD, che ormai è appena a 1% sopra al M5S, e allo scatenarsi di voci che vedono D'Alema sostenitore dell'antiRenzi.
Ci sono anche i sondaggi sul referendum che danno i No in vantaggio 52,1% contro i Sì 47,9% su 62,4 di votanti, ma questo è appena l'inizio, il pronostico stima alla fine un 60% di NO.
Visto quanto sopra proviamo a prevedere cosa succederà dopo il risultato del referendum.
- Il FMI si converte e condanna il neoliberismo, Se non si cambia al più presto, il sistema economico andrà incontro ad un altro shock inevitabile;
- Brexit , probabilmente in Inghilterra vinceranno i Sì all'uscita da questa Europa della finanza, che svaluta il lavoro e impoverisce i popoli ;
- Spagna e Grecia sono in gravi difficoltà e l'Italia non sta meglio ;
- IN Francia i sindacati non mollano e Hollande è in crisi nera;
- Negli USA vincerà la Clinton , ma sarà condizionata non poco da Sanders ;
In questo quadro internazionale se non si riesce a dare una svolta decisa alla politica europea siamo veramente in cattive acque
.....prova continuare ...
Ci sono anche i sondaggi sul referendum che danno i No in vantaggio 52,1% contro i Sì 47,9% su 62,4 di votanti, ma questo è appena l'inizio, il pronostico stima alla fine un 60% di NO.
Visto quanto sopra proviamo a prevedere cosa succederà dopo il risultato del referendum.
- Il FMI si converte e condanna il neoliberismo, Se non si cambia al più presto, il sistema economico andrà incontro ad un altro shock inevitabile;
- Brexit , probabilmente in Inghilterra vinceranno i Sì all'uscita da questa Europa della finanza, che svaluta il lavoro e impoverisce i popoli ;
- Spagna e Grecia sono in gravi difficoltà e l'Italia non sta meglio ;
- IN Francia i sindacati non mollano e Hollande è in crisi nera;
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
“Se vince il No AL REFERENDUM, il giorno dopo non resta tutto così, ma c’è un progetto di cambiamento, migliore di quello renziano, che prevarrà”. La costituzione vigente è un programma politico, per chi sa vederlo. Solo così il No può sperare di vincere.
L'attuale governo più che affrontare i problemi fa delle leggi con titoli altosonanti, ma poi vai a vedere fa delle mezze riforme.
In Italia c'è bisogno di riforme vere per attuare la democrazia prevista nella Costituzione.
Quindi, dopo la vittoria del No AL REFERENDUM costituzionale non bisogna farsi trovare impreparati, il capo dello Stato e il Parlamento, vista la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità della legge elettorale, in considerazione che la sovranità spetta al popolo ( art.1), debbono concordare di fare al più presto (non più di un mese) una legge elettorale che rispetti la costituzione e nel frattempo fare un governo (guidato magari dal presidente del Senato) per adempiere alle necessità che si presentano.
Fatta la legge elettorale subito si indicano le elezioni politiche.
L'attuale governo più che affrontare i problemi fa delle leggi con titoli altosonanti, ma poi vai a vedere fa delle mezze riforme.
In Italia c'è bisogno di riforme vere per attuare la democrazia prevista nella Costituzione.
Quindi, dopo la vittoria del No AL REFERENDUM costituzionale non bisogna farsi trovare impreparati, il capo dello Stato e il Parlamento, vista la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità della legge elettorale, in considerazione che la sovranità spetta al popolo ( art.1), debbono concordare di fare al più presto (non più di un mese) una legge elettorale che rispetti la costituzione e nel frattempo fare un governo (guidato magari dal presidente del Senato) per adempiere alle necessità che si presentano.
Fatta la legge elettorale subito si indicano le elezioni politiche.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
L'ASILO ETRURIA MOSTRA LE CREPE E IL NO AL REFERENDUM POTREBBE ESSERE ANTICIPATO DAL CROLLO DEL PD ALLE AMMINISTRATIVE.
Un voto per cambiare. Le urne fanno tremare Renzi
Il premier sa che se il Pd perde le sfide dei sindaci, poi toccherà a lui col referendum. Berlusconi lancia Parisi: «Votatelo, garantisco io»
Salvatore Tramontano - Dom, 19/06/2016 - 15:00
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Come si dice faccia tosta in russo? Renzi. È un neologismo che arriva da San Pietroburgo.
Matteo è scappato dai ballottaggi, perché è sempre più convinto che i propri candidati rischino di andare al tappeto. L'occasione è l'incontro bilaterale con la Russia. La speranza è firmare qualche buon accordo commerciale e coltivare un alleato pesante negli equilibri di potere. Ci vorrebbe un profilo diplomatico, ma Renzi è Renzi e non riesce a smentire se stesso. Putin sta parlando, serio, con la faccia da austero padrone di casa, il nostro premier invece pensa ad altro, forse è preoccupato, oppure si sta annoiando, fatto sta che si mette a smanettare tutto il tempo con il telefonino, picchia sui tasti, come uno che sta inviando sms o risponde imbronciato agli ultimi sondaggi clandestini. La faccia non è da giorni migliori. E magari sarebbe interessante capire chi sono i suoi interlocutori. Boschi? Lotti? Padoan? Il segretario particolare di Napolitano? I sorrisetti perfidi di D'Alema? Si sa che Matteo comincia a sentire il rumore della spallata che lo farà ruzzolare dalla poltrona di Palazzo Chigi. Queste amministrative sono le prove generali del referendum di ottobre, quello istituzionale. Una sconfitta del Pd a Roma, Milano forse Torino sarebbe il segno che l'eterogeneo fronte del no, il partito anti renziano, rischia davvero di ridisegnare il destino politico di Renzi: da protagonista a commediante, da vincente a sconfitto. E questa è una grande occasione per tutti gli elettori non renziani. Astenersi oggi è peccato. Non votare è un'occasione persa.
L'immagine che arriva da San Pietroburgo è comunque un simbolo di supponenza e maleducazione. Lo sguardo di Putin che squadra indignato lo smanettone telefonico dice tutto. I commenti di chi era in sala sono stati lunghi bisbiglii di sorpresa e fastidio. E questo sarebbe il promettente presidente del Consiglio italiano? Il sospetto è che Renzi e il suo partito siano arrivati al voto completamente in bambola. Non si spiega in altro modo l'ultimo attacco ipocrita e disperato alla Raggi. La candidata grillina a Roma non avrebbe rivelato le sue consulenze con la Asl di Civitavecchia. L'accusa è di scarsa trasparenza e di conflitto di interessi nascosto agli elettori. Ma la predica arriva da un partito che a Milano presenta un candidato molto più imbarazzante su questo tema. Beppe Sala, vale la pena ricordarlo, è lo stesso signore che per i lavori della sua casa a Zoagli ha scelto l'architetto meno opportuno, cioè lo stesso a cui aveva affidato - da commissario di Expo, e senza gara di appalto - i lavori per i padiglioni. Beppe Sala è quello che non ha inserito nella dichiarazione giurata come manager pubblico una casa a Sankt Moritz. Ed è sempre lo stesso Beppe Sala che ha perso la memoria su una partecipazione da un milione di euro in una società in Romania o nella Kenergy, azienda che si occupa di fotovoltaico in Puglia. Davvero il Pd ha il coraggio di parlare di trasparenza? Con che faccia? La stessa, a quanto pare, che si è vista a San Pietroburgo. Un faccia tosta.
Un voto per cambiare. Le urne fanno tremare Renzi
Il premier sa che se il Pd perde le sfide dei sindaci, poi toccherà a lui col referendum. Berlusconi lancia Parisi: «Votatelo, garantisco io»
Salvatore Tramontano - Dom, 19/06/2016 - 15:00
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Come si dice faccia tosta in russo? Renzi. È un neologismo che arriva da San Pietroburgo.
Matteo è scappato dai ballottaggi, perché è sempre più convinto che i propri candidati rischino di andare al tappeto. L'occasione è l'incontro bilaterale con la Russia. La speranza è firmare qualche buon accordo commerciale e coltivare un alleato pesante negli equilibri di potere. Ci vorrebbe un profilo diplomatico, ma Renzi è Renzi e non riesce a smentire se stesso. Putin sta parlando, serio, con la faccia da austero padrone di casa, il nostro premier invece pensa ad altro, forse è preoccupato, oppure si sta annoiando, fatto sta che si mette a smanettare tutto il tempo con il telefonino, picchia sui tasti, come uno che sta inviando sms o risponde imbronciato agli ultimi sondaggi clandestini. La faccia non è da giorni migliori. E magari sarebbe interessante capire chi sono i suoi interlocutori. Boschi? Lotti? Padoan? Il segretario particolare di Napolitano? I sorrisetti perfidi di D'Alema? Si sa che Matteo comincia a sentire il rumore della spallata che lo farà ruzzolare dalla poltrona di Palazzo Chigi. Queste amministrative sono le prove generali del referendum di ottobre, quello istituzionale. Una sconfitta del Pd a Roma, Milano forse Torino sarebbe il segno che l'eterogeneo fronte del no, il partito anti renziano, rischia davvero di ridisegnare il destino politico di Renzi: da protagonista a commediante, da vincente a sconfitto. E questa è una grande occasione per tutti gli elettori non renziani. Astenersi oggi è peccato. Non votare è un'occasione persa.
L'immagine che arriva da San Pietroburgo è comunque un simbolo di supponenza e maleducazione. Lo sguardo di Putin che squadra indignato lo smanettone telefonico dice tutto. I commenti di chi era in sala sono stati lunghi bisbiglii di sorpresa e fastidio. E questo sarebbe il promettente presidente del Consiglio italiano? Il sospetto è che Renzi e il suo partito siano arrivati al voto completamente in bambola. Non si spiega in altro modo l'ultimo attacco ipocrita e disperato alla Raggi. La candidata grillina a Roma non avrebbe rivelato le sue consulenze con la Asl di Civitavecchia. L'accusa è di scarsa trasparenza e di conflitto di interessi nascosto agli elettori. Ma la predica arriva da un partito che a Milano presenta un candidato molto più imbarazzante su questo tema. Beppe Sala, vale la pena ricordarlo, è lo stesso signore che per i lavori della sua casa a Zoagli ha scelto l'architetto meno opportuno, cioè lo stesso a cui aveva affidato - da commissario di Expo, e senza gara di appalto - i lavori per i padiglioni. Beppe Sala è quello che non ha inserito nella dichiarazione giurata come manager pubblico una casa a Sankt Moritz. Ed è sempre lo stesso Beppe Sala che ha perso la memoria su una partecipazione da un milione di euro in una società in Romania o nella Kenergy, azienda che si occupa di fotovoltaico in Puglia. Davvero il Pd ha il coraggio di parlare di trasparenza? Con che faccia? La stessa, a quanto pare, che si è vista a San Pietroburgo. Un faccia tosta.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Ballottaggi, gli elettori Pd senza vincoli di partito
Ecco perché Renzi teme referendum e Italicum
In Veneto e Piemonte, motori del 40% 2014, i dem hanno perso tutti gli scontri. Da Nord a Sud, tutti i casi
Cattaneo: “Voto M5S da identitario ora è politico”. L’analista: “Con questi dati a ottobre il premier perde”
schede elettorali spoglio 990
Elezioni Amministrative 2016
La romagnola Cattolica ai 5 stelle e la rossa Cascina alla Lega. I risultati del secondo turno delle amministrative rivelano che i cittadini hanno spezzato le catene e sono sempre più liberi da senso d’appartenenza e tifo, pronti a scaricare chi non li ascolta. Per questo i democratici incassano dure lezioni da Nord a Sud e cambiando, perdono identità. I grillini, secondo l’analisi del Cattaneo, hanno fatto scelte politiche: non solo astensione, ma anche appoggio ai nomi del centrodestra pur di punire il presidente del Consiglio
di Diego Pretini
^^^^^^^^^^^^
Comunali 2016, gli elettori “senza catene” ai ballottaggi rovesciano i pronostici. E ora il Pd teme referendum e Italicum
Elezioni Amministrative 2016
La romagnola Cattolica ai 5 stelle e la rossa Cascina alla Lega. I risultati del secondo turno delle amministrative rivelano che i cittadini hanno spezzato le catene e sono sempre più liberi da senso d'appartenenza e tifo, pronti a scaricare chi non li ascolta. Per questo i democratici incassano dure lezioni da Nord a Sud e cambiando, perdono identità. I grillini, secondo l'analisi del Cattaneo, hanno fatto scelte politiche: non solo astensione, ma anche appoggio ai nomi del centrodestra pur di punire il presidente del Consiglio
di Diego Pretini | 21 giugno 2016
COMMENTI (492)
A Cattolica – balere e piadine, pescatori e infradito – dopo 70 anni hanno deciso che poteva bastare: per una volta hanno scelto come sindaco uno che non era del partitone, ma uno che finora si è occupato di vendere vino buono. Non è giovane, Mariano Gennari ha 54 anni, e per la prima volta ha portato i Cinquestelle al ballottaggio nella provincia di Rimini e lo ha vinto. A Cascina – accento sulla a, sezioni del Pci e mobilifici, a un passo da Livorno e Pisa – dopo 70 anni hanno scelto un sindaco di 29 anni, Susanna Ceccardi, il primo della Lega Nord in Toscana, il primo in una zona che vede passare la sinistra (senza centro) con tre quarti dei voti. Il rivale – il sindaco uscente del Pd – l’aveva chiamata “ragazzetta”: lei ha vinto recuperando oltre il 10 per cento. “Basta con la solita litania che siamo fascisti – dice – Stiamo vicino ai cittadini che hanno bisogno, agli sfrattati, ai disoccupati”. A Sesto Fiorentino – terza città della provincia – i renziani volevano l’ampliamento della pista dell’aeroporto di Peretola e un inceneritore, l’altra parte del partito no. A Sesto è venuto a fare campagna anche il presidente del Consiglio e il risultato è che al primo turno il Pd è arrivato primo, Sinistra Italiana seconda (e Rifondazione terza), ma il sindaco sarà Lorenzo Falchi, 35 anni, bancario, cresciuto tra Social Forum e Diliberto. “Questo Pd non lo vuole più nessuno” spiega un ex sindaco della città, Gianni Gianassi.
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Il secondo turno delle amministrative ha confermato che gli elettori hanno spezzato le catene, sono sempre più liberi da senso d’appartenenza e tifo, pronti a scaricare chi non li ascolta, chi non li cura. Ma le parole del vecchio sindaco di Sestograd suggeriscono di un partito che cambia e scommette su se stesso fino a perdere tutto ciò che ha puntato, fino allo shock, perché Carbonia – dove ha vinto il M5s – è come dire Livorno. E ai vertici del partito – già dalla direzione di venerdì 24 giugno – si dovranno ora chiedere se vale come ricompensa la breve serie di sorprese impreviste, in città dove vincevano gli altri, sempre. A Varese – che ha generato l’epica della Lega di Bossi – dopo 25 anni hanno scelto un avvocato amministrativista di 39 anni, Davide Galimberti, neofita che ha vinto le primarie contro un ex parlamentare – Daniele Marantelli – soprannominato “leghista rosso”. Oppure in Campania, dove tutto a un certo punto era azzurro libertà: ora il Pd vince duelli con Forza Italia ovunque, Caserta, Casoria, Marcianise, Poggiomarino. O ancora Minturno, caso tutto particolare in provincia di Latina (che ha avuto la sua quota di novità), dove i democratici esprimeranno il sindaco dove mai hanno guidato il Comune.
Quello che spaventa i dirigenti del Partito democratico è che la trasformazione non sempre fa bene. La lezione arriva da Veneto e Piemonte, che due anni fa erano i trattori del 40 per cento delle Europee e ora su 17 ballottaggi il Pd era presente in 10 e ha vinto in zero. E nel frattempo si seccano anche i bacini tradizionali. A Finale Emilia, nel Reggiano, e a Pavullo nel Frignano, nel Modenese, vince la Lega Nord, dopo i successi al primo turno in tre paesi della provincia di Piacenza. In Toscana il Pd vince in un solo ballottaggio su 6 (ad Altopascio, dove non aveva mai vinto in trent’anni) e i Cinquestelle non c’entrano niente: vincono le destre, in particolare nella provincia di Arezzo, cioè dalle parti della Boschi e di Banca Etruria. E’ come se gli elettori non capissero più dove il partito vuole andare. Una prima controprova – non scientifica – è ciò che succede in Lombardia, unica regione – con la Campania – dove il Pd sembra tenere (qui ha preso 8 sindaci su 28). Ma qui salta all’occhio che il Pd ha mantenuto spesso l’assetto della coalizione del centrosinistra tradizionale della Seconda Repubblica, a partire da Milano, dove una parte della sinistra ha corso da sola, ma l’altra parte (quella dell’ex sindaco Pisapia) è stato il carburante forse decisivo per la vittoria di Sala.
Gli elettori liberi da ideologie, primo. Il Pd che cambia e perde l’identità, secondo. Ma anche un voto anti-Renzi perché chi governa finisce spesso per essere punito. Lo hanno segnalato Piero Fassino dopo il primo turno e prima del crac, Sergio Chiamparino prima dei ballottaggi, poi Virginio Merola dopo che l’aveva scampata. Il giorno del no al Pd non ha avuto eccezioni geografiche: se fosse davvero solo un test amministrativo, vorrebbe dire che il risultato è il fallimento tutto in pochi anni di decine di amministratori del centrosinistra, da nord a sud. Il Partito democratico presentava un suo candidato in 69 ballottaggi su 121: l’ha spuntata solo in 28 casi. E’ l’esatto contrario del M5s: se i Cinquestelle attirano voti da destra se sfidano quelli di sinistra e voti di sinistra se sfidano quelli di destra (e infatti hanno piazzato 19 successi su 20), per i democratici succede il contrario. Cioè attirano solo porte in faccia perché tutti gli altri pezzi d’elettorato si uniscono.
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Lo dicono i risultati scorporati, ma anche le analisi dell’istituto Cattaneo, secondo cui il secondo turno delle Comunali ha segnato il passaggio del M5s da una fase “identitaria” a una fase “politica”. Se, soprattutto fra il 2012 e il 2013, gli elettori grillini si rifugiavano nell’astensione per paura di essere contagiati da un voto diverso dal proprio ora gli elettori a 5 stelle vanno a votare di più e lo fanno secondo gli obiettivi politici del Movimento, in questo caso ostacolare il governo Renzi. L’istituto prende ad esempio Novara: qui, secondo i calcoli del Cattaneo, il 40 per cento degli elettori del M5s ha scelto il centrodestra, il 21 il centrosinistra, il 38 si è astenuto. A Bologna gli astenuti sono stati il 45 per cento, ma il 42 ha votato la Borgonzoni. Proporzioni simili a Grosseto. Insomma, si tratta di un travaso di voti tra centrodestra e M5s. L’esempio più chiaro è quello di Torino, dove Fassino ha preso più o meno gli stessi voti al primo e al secondo turno (160mila e poi 168mila), mentre la Appendino è passata da 118mila a 202mila.
Ed è questo – più che aver perso Cascina o Carbonia, a Domodossola o Vittoria – che rischia di preoccupare il presidente del Consiglio e il governo. L’Italicum è la legge che mette più in pericolo il Pd. E il referendum costituzionale ha sempre più le fattezze di un ballottaggio. E Renzi deve capire se può finire come a Bologna o come a Torino.
Ecco perché Renzi teme referendum e Italicum
In Veneto e Piemonte, motori del 40% 2014, i dem hanno perso tutti gli scontri. Da Nord a Sud, tutti i casi
Cattaneo: “Voto M5S da identitario ora è politico”. L’analista: “Con questi dati a ottobre il premier perde”
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Elezioni Amministrative 2016
La romagnola Cattolica ai 5 stelle e la rossa Cascina alla Lega. I risultati del secondo turno delle amministrative rivelano che i cittadini hanno spezzato le catene e sono sempre più liberi da senso d’appartenenza e tifo, pronti a scaricare chi non li ascolta. Per questo i democratici incassano dure lezioni da Nord a Sud e cambiando, perdono identità. I grillini, secondo l’analisi del Cattaneo, hanno fatto scelte politiche: non solo astensione, ma anche appoggio ai nomi del centrodestra pur di punire il presidente del Consiglio
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Comunali 2016, gli elettori “senza catene” ai ballottaggi rovesciano i pronostici. E ora il Pd teme referendum e Italicum
Elezioni Amministrative 2016
La romagnola Cattolica ai 5 stelle e la rossa Cascina alla Lega. I risultati del secondo turno delle amministrative rivelano che i cittadini hanno spezzato le catene e sono sempre più liberi da senso d'appartenenza e tifo, pronti a scaricare chi non li ascolta. Per questo i democratici incassano dure lezioni da Nord a Sud e cambiando, perdono identità. I grillini, secondo l'analisi del Cattaneo, hanno fatto scelte politiche: non solo astensione, ma anche appoggio ai nomi del centrodestra pur di punire il presidente del Consiglio
di Diego Pretini | 21 giugno 2016
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A Cattolica – balere e piadine, pescatori e infradito – dopo 70 anni hanno deciso che poteva bastare: per una volta hanno scelto come sindaco uno che non era del partitone, ma uno che finora si è occupato di vendere vino buono. Non è giovane, Mariano Gennari ha 54 anni, e per la prima volta ha portato i Cinquestelle al ballottaggio nella provincia di Rimini e lo ha vinto. A Cascina – accento sulla a, sezioni del Pci e mobilifici, a un passo da Livorno e Pisa – dopo 70 anni hanno scelto un sindaco di 29 anni, Susanna Ceccardi, il primo della Lega Nord in Toscana, il primo in una zona che vede passare la sinistra (senza centro) con tre quarti dei voti. Il rivale – il sindaco uscente del Pd – l’aveva chiamata “ragazzetta”: lei ha vinto recuperando oltre il 10 per cento. “Basta con la solita litania che siamo fascisti – dice – Stiamo vicino ai cittadini che hanno bisogno, agli sfrattati, ai disoccupati”. A Sesto Fiorentino – terza città della provincia – i renziani volevano l’ampliamento della pista dell’aeroporto di Peretola e un inceneritore, l’altra parte del partito no. A Sesto è venuto a fare campagna anche il presidente del Consiglio e il risultato è che al primo turno il Pd è arrivato primo, Sinistra Italiana seconda (e Rifondazione terza), ma il sindaco sarà Lorenzo Falchi, 35 anni, bancario, cresciuto tra Social Forum e Diliberto. “Questo Pd non lo vuole più nessuno” spiega un ex sindaco della città, Gianni Gianassi.
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Il secondo turno delle amministrative ha confermato che gli elettori hanno spezzato le catene, sono sempre più liberi da senso d’appartenenza e tifo, pronti a scaricare chi non li ascolta, chi non li cura. Ma le parole del vecchio sindaco di Sestograd suggeriscono di un partito che cambia e scommette su se stesso fino a perdere tutto ciò che ha puntato, fino allo shock, perché Carbonia – dove ha vinto il M5s – è come dire Livorno. E ai vertici del partito – già dalla direzione di venerdì 24 giugno – si dovranno ora chiedere se vale come ricompensa la breve serie di sorprese impreviste, in città dove vincevano gli altri, sempre. A Varese – che ha generato l’epica della Lega di Bossi – dopo 25 anni hanno scelto un avvocato amministrativista di 39 anni, Davide Galimberti, neofita che ha vinto le primarie contro un ex parlamentare – Daniele Marantelli – soprannominato “leghista rosso”. Oppure in Campania, dove tutto a un certo punto era azzurro libertà: ora il Pd vince duelli con Forza Italia ovunque, Caserta, Casoria, Marcianise, Poggiomarino. O ancora Minturno, caso tutto particolare in provincia di Latina (che ha avuto la sua quota di novità), dove i democratici esprimeranno il sindaco dove mai hanno guidato il Comune.
Quello che spaventa i dirigenti del Partito democratico è che la trasformazione non sempre fa bene. La lezione arriva da Veneto e Piemonte, che due anni fa erano i trattori del 40 per cento delle Europee e ora su 17 ballottaggi il Pd era presente in 10 e ha vinto in zero. E nel frattempo si seccano anche i bacini tradizionali. A Finale Emilia, nel Reggiano, e a Pavullo nel Frignano, nel Modenese, vince la Lega Nord, dopo i successi al primo turno in tre paesi della provincia di Piacenza. In Toscana il Pd vince in un solo ballottaggio su 6 (ad Altopascio, dove non aveva mai vinto in trent’anni) e i Cinquestelle non c’entrano niente: vincono le destre, in particolare nella provincia di Arezzo, cioè dalle parti della Boschi e di Banca Etruria. E’ come se gli elettori non capissero più dove il partito vuole andare. Una prima controprova – non scientifica – è ciò che succede in Lombardia, unica regione – con la Campania – dove il Pd sembra tenere (qui ha preso 8 sindaci su 28). Ma qui salta all’occhio che il Pd ha mantenuto spesso l’assetto della coalizione del centrosinistra tradizionale della Seconda Repubblica, a partire da Milano, dove una parte della sinistra ha corso da sola, ma l’altra parte (quella dell’ex sindaco Pisapia) è stato il carburante forse decisivo per la vittoria di Sala.
Gli elettori liberi da ideologie, primo. Il Pd che cambia e perde l’identità, secondo. Ma anche un voto anti-Renzi perché chi governa finisce spesso per essere punito. Lo hanno segnalato Piero Fassino dopo il primo turno e prima del crac, Sergio Chiamparino prima dei ballottaggi, poi Virginio Merola dopo che l’aveva scampata. Il giorno del no al Pd non ha avuto eccezioni geografiche: se fosse davvero solo un test amministrativo, vorrebbe dire che il risultato è il fallimento tutto in pochi anni di decine di amministratori del centrosinistra, da nord a sud. Il Partito democratico presentava un suo candidato in 69 ballottaggi su 121: l’ha spuntata solo in 28 casi. E’ l’esatto contrario del M5s: se i Cinquestelle attirano voti da destra se sfidano quelli di sinistra e voti di sinistra se sfidano quelli di destra (e infatti hanno piazzato 19 successi su 20), per i democratici succede il contrario. Cioè attirano solo porte in faccia perché tutti gli altri pezzi d’elettorato si uniscono.
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Lo dicono i risultati scorporati, ma anche le analisi dell’istituto Cattaneo, secondo cui il secondo turno delle Comunali ha segnato il passaggio del M5s da una fase “identitaria” a una fase “politica”. Se, soprattutto fra il 2012 e il 2013, gli elettori grillini si rifugiavano nell’astensione per paura di essere contagiati da un voto diverso dal proprio ora gli elettori a 5 stelle vanno a votare di più e lo fanno secondo gli obiettivi politici del Movimento, in questo caso ostacolare il governo Renzi. L’istituto prende ad esempio Novara: qui, secondo i calcoli del Cattaneo, il 40 per cento degli elettori del M5s ha scelto il centrodestra, il 21 il centrosinistra, il 38 si è astenuto. A Bologna gli astenuti sono stati il 45 per cento, ma il 42 ha votato la Borgonzoni. Proporzioni simili a Grosseto. Insomma, si tratta di un travaso di voti tra centrodestra e M5s. L’esempio più chiaro è quello di Torino, dove Fassino ha preso più o meno gli stessi voti al primo e al secondo turno (160mila e poi 168mila), mentre la Appendino è passata da 118mila a 202mila.
Ed è questo – più che aver perso Cascina o Carbonia, a Domodossola o Vittoria – che rischia di preoccupare il presidente del Consiglio e il governo. L’Italicum è la legge che mette più in pericolo il Pd. E il referendum costituzionale ha sempre più le fattezze di un ballottaggio. E Renzi deve capire se può finire come a Bologna o come a Torino.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Non deve preoccuparsi più di tanto.
Alla fine i 5S voteranno si.
E lui lo sa.
Alla peggio modificherà la legge elettorale dopo.
soloo42001
Alla fine i 5S voteranno si.
E lui lo sa.
Alla peggio modificherà la legge elettorale dopo.
soloo42001
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Dopo il flop alle Comunali crescono i "no" al referendum
Il Pd e il premier in affanno. Il crollo alle amministrative si fa sentire sui sondaggi per il voto di autunno: "No" in vantaggio
Claudio Torre - Mar, 21/06/2016 - 18:28
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Le amministrative cominciano a far sentire il loro peso anche sul referendum di autunno sulle riforme istituzionali.
Di fatto il crollo del Pd alle amministrative ha degli effetti immediati nella popolarità del premier che viene identificato col fronte del "sì" referendario. Le riforme e il voto in autunno sono il campo su cui Renzi gioca tutta la sua partita. Un match difficile da vincere dato che il messaggio degli elettori è stato chiaro con un avviso di sfratto per Renzi. E così, secondo un sondaggio Euromedia Reserach, il fronte Un primo effetto del voto amministrativo sul referendum costituzionale di ottobre è stato sondato da Euromedia Research di Alessandra Ghisleri che gira in ambienti di Forza Italia. E indica, rispetto alla scorsa settimana, un aumento dei “no”. Il “no” alla riforma avrebbe raggiunto il 54 per cento mentre i “sì” sarebbero al 46, tra coloro che hanno già deciso di andare a votare. È però ancora alto il numero degli indecisi tra quelli indecisi “su cosa votare” (22 per cento) e quelli indecisi “se andare a votare” (15,4) per cento. Il dato risente molto dei risultati delle amministrative e di fatto il fronte del "sì" potrebbe subire un calo costante da qui al prossimo autunno. Rispetto alla scorsa settimana il no, che era al 53,2, è aumentato dello 0,8. A sottolineare i dati è anche il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta.
"Siamo arrivati al 54% di cittadini che si dichiarano contrari alla 'schiforma' Renzi-Boschi, e sono certo che dopo la storica sconfitta del Partito democratico a queste elezioni amministrative, la peggiore degli ultimi vent'anni, i valori a favore del 'no' si rafforzeranno ulteriormente". "Gli italiani hanno capito l'imbroglio Renzi, l'equivoco di un presidente del Consiglio mai eletto che ha come unica ragione sociale del suo agire l'occupazione militare del potere. E contro questo rischio di deriva autoritaria stanno dicendo e diranno 'no' alla sua riforma per mandarlo a casa e ripristinare la democrazia nel nostro Paese'', conclude Brunetta.
Il Pd e il premier in affanno. Il crollo alle amministrative si fa sentire sui sondaggi per il voto di autunno: "No" in vantaggio
Claudio Torre - Mar, 21/06/2016 - 18:28
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Le amministrative cominciano a far sentire il loro peso anche sul referendum di autunno sulle riforme istituzionali.
Di fatto il crollo del Pd alle amministrative ha degli effetti immediati nella popolarità del premier che viene identificato col fronte del "sì" referendario. Le riforme e il voto in autunno sono il campo su cui Renzi gioca tutta la sua partita. Un match difficile da vincere dato che il messaggio degli elettori è stato chiaro con un avviso di sfratto per Renzi. E così, secondo un sondaggio Euromedia Reserach, il fronte Un primo effetto del voto amministrativo sul referendum costituzionale di ottobre è stato sondato da Euromedia Research di Alessandra Ghisleri che gira in ambienti di Forza Italia. E indica, rispetto alla scorsa settimana, un aumento dei “no”. Il “no” alla riforma avrebbe raggiunto il 54 per cento mentre i “sì” sarebbero al 46, tra coloro che hanno già deciso di andare a votare. È però ancora alto il numero degli indecisi tra quelli indecisi “su cosa votare” (22 per cento) e quelli indecisi “se andare a votare” (15,4) per cento. Il dato risente molto dei risultati delle amministrative e di fatto il fronte del "sì" potrebbe subire un calo costante da qui al prossimo autunno. Rispetto alla scorsa settimana il no, che era al 53,2, è aumentato dello 0,8. A sottolineare i dati è anche il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta.
"Siamo arrivati al 54% di cittadini che si dichiarano contrari alla 'schiforma' Renzi-Boschi, e sono certo che dopo la storica sconfitta del Partito democratico a queste elezioni amministrative, la peggiore degli ultimi vent'anni, i valori a favore del 'no' si rafforzeranno ulteriormente". "Gli italiani hanno capito l'imbroglio Renzi, l'equivoco di un presidente del Consiglio mai eletto che ha come unica ragione sociale del suo agire l'occupazione militare del potere. E contro questo rischio di deriva autoritaria stanno dicendo e diranno 'no' alla sua riforma per mandarlo a casa e ripristinare la democrazia nel nostro Paese'', conclude Brunetta.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Ballottaggi 2016, ora per rottamare del tutto Renzi votate ‘no’ al referendum costituzionale
Elezioni Amministrative 2016
di Paolo Farinella | 21 giugno 2016
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Paolo Farinella
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Quando le piazze di Roma e Torino, a risultato ormai definitivo, al termine delle amministrative 2016, gridano «Onestà! Onestà!», è il segno che la corruzione è stata protagonista non secondaria delle elezioni, facendo la differenza – un abisso di differenza – tra la vittoria di persone pulite e la sconfitta del Pd (la destra non la considero affatto) che ha sostenuto candidati non integerrimi, spesso compromessi, difensori di privilegi. Il colmo del malaffare si ha nella protervia ormai diuturna di un presidente del Consiglio, Matteo Renzi, giunto a Palazzo Chigi per tradimento politico, senza legittimazione elettorale, autonominatosi «signore d’Italia» a spese degli italiani. Al suo fianco la ministra Maria Elena Etruria, compromessa, per via di padre, fratello e finanziatori leopoldini, con lo scandalo delle banche a scapito di operai e risparmiatori deboli e pensionati. Forti con i deboli, alleati dei forzuti finanzieri.
La batosta elettorale non li farà rinsavire perché chi ha perso le proprie radici, tradendo i valori della Resistenza e dell’antifascismo, alleandosi con Marchionne e deridendo i sindacati, umiliando il lavoro e denigrando i lavoratori, i giovani disoccupati e gli esodati, calpestando i diritti sacrosanti dei poveri cui chiede indietro anche l’elemosina degli 80 euro, ha solo sete di potere per alimentare il proprio narcisismo.
La batosta elettorale è figlia della ribellione di gran parte della base del Pd che, sentendosi tradita nell’intimo e vedendosi svenduta a Verdini, ad Alfano e a Berlusconi, il cui programma è diventato quello di Renzi, ha deciso di non assecondarlo. A Roma e a Torino il Pd ha preso voti solo tra i ricchi (a Roma ha preso i municipi di Centro e dei Parioli), mentre i voti di operai e pensionati sono andati alle due candidate pentastellate. È astiosa e fascista anche la base Pd? Tutta colpa dei gufi?
La batosta elettorale dà speranza a chi è decisamente per il NO al prossimo referendum costituzionale che il presidente del Consiglio illegittimo ha legato alla sua persona, come un qualsiasi Luigi XV, dichiarando così che la democrazia è solo un supporto temporaneo.
Renzi ha detto a Eugenio Scalfari di essere favorevole a due mandati per il capo del governo, senza sapere che non è possibile, anzi vietato dall’attuale Costituzione (quella del 1948). Il governo in Italia è parlamentare e in Parlamento dà la fiducia per cui il governo intero può essere mandato via in qualsiasi momento, dopo sei mesi, dopo un anno, dopo una legislatura o dopo due.
Ho ricevuto centinaia di e-mail di condivisione al mio appello di non votare Pd e solo due critiche, ma tutte e due con un difetto: portavano ragioni e argomenti da me non trattati. Io parlavo di mele e questi rispondevano pere. Lo stesso nei commenti sul blog de ilfattoquotidiano.it: l’assunto era di non votate Pd. Poi chi voleva votava M5S, o scheda nulla, o bianca, quello che voleva. L’invito era a non votate Pd perché è il partito più conservatore della storia, finto riformista, con un rottamatore che ha rottamato il suo partito. Una lezione di democrazia. Alcuni nella risposta accampano mille argomenti, che esulano dalla domanda cruciale, rifugiandosi nell’antidemocratico «a Renzi non c’è alternativa». Vedremo.
Ora per le vincitrici di Roma e Torino, come per gli altri vincitori, inizia il tempo della responsabilità e della dimostrazione, sapendo che avranno tutti contro e devono stare attente/i ai trasformisti che faranno finta di essere onesti, democratici, amici, pur di salire sul carro e non perdere nemmeno le briciole. Non avrei mai augurato a Virginia Raggi di vincere a Roma che è più di una scommessa, una nuova «creazione», non dal nulla, ma dagli inferi della corruzione e occorrerà lucidità, competenza, trasparenza ossessiva, al centesimo, rigore morale, determinazione.
Auguro ai vincitori di essere «onesti». Prego i vinti di essere umili e amanti del «bene comune». Ai figli e figlie della democrazia di votare NO al prossimo referendum!
Elezioni Amministrative 2016
di Paolo Farinella | 21 giugno 2016
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Quando le piazze di Roma e Torino, a risultato ormai definitivo, al termine delle amministrative 2016, gridano «Onestà! Onestà!», è il segno che la corruzione è stata protagonista non secondaria delle elezioni, facendo la differenza – un abisso di differenza – tra la vittoria di persone pulite e la sconfitta del Pd (la destra non la considero affatto) che ha sostenuto candidati non integerrimi, spesso compromessi, difensori di privilegi. Il colmo del malaffare si ha nella protervia ormai diuturna di un presidente del Consiglio, Matteo Renzi, giunto a Palazzo Chigi per tradimento politico, senza legittimazione elettorale, autonominatosi «signore d’Italia» a spese degli italiani. Al suo fianco la ministra Maria Elena Etruria, compromessa, per via di padre, fratello e finanziatori leopoldini, con lo scandalo delle banche a scapito di operai e risparmiatori deboli e pensionati. Forti con i deboli, alleati dei forzuti finanzieri.
La batosta elettorale non li farà rinsavire perché chi ha perso le proprie radici, tradendo i valori della Resistenza e dell’antifascismo, alleandosi con Marchionne e deridendo i sindacati, umiliando il lavoro e denigrando i lavoratori, i giovani disoccupati e gli esodati, calpestando i diritti sacrosanti dei poveri cui chiede indietro anche l’elemosina degli 80 euro, ha solo sete di potere per alimentare il proprio narcisismo.
La batosta elettorale è figlia della ribellione di gran parte della base del Pd che, sentendosi tradita nell’intimo e vedendosi svenduta a Verdini, ad Alfano e a Berlusconi, il cui programma è diventato quello di Renzi, ha deciso di non assecondarlo. A Roma e a Torino il Pd ha preso voti solo tra i ricchi (a Roma ha preso i municipi di Centro e dei Parioli), mentre i voti di operai e pensionati sono andati alle due candidate pentastellate. È astiosa e fascista anche la base Pd? Tutta colpa dei gufi?
La batosta elettorale dà speranza a chi è decisamente per il NO al prossimo referendum costituzionale che il presidente del Consiglio illegittimo ha legato alla sua persona, come un qualsiasi Luigi XV, dichiarando così che la democrazia è solo un supporto temporaneo.
Renzi ha detto a Eugenio Scalfari di essere favorevole a due mandati per il capo del governo, senza sapere che non è possibile, anzi vietato dall’attuale Costituzione (quella del 1948). Il governo in Italia è parlamentare e in Parlamento dà la fiducia per cui il governo intero può essere mandato via in qualsiasi momento, dopo sei mesi, dopo un anno, dopo una legislatura o dopo due.
Ho ricevuto centinaia di e-mail di condivisione al mio appello di non votare Pd e solo due critiche, ma tutte e due con un difetto: portavano ragioni e argomenti da me non trattati. Io parlavo di mele e questi rispondevano pere. Lo stesso nei commenti sul blog de ilfattoquotidiano.it: l’assunto era di non votate Pd. Poi chi voleva votava M5S, o scheda nulla, o bianca, quello che voleva. L’invito era a non votate Pd perché è il partito più conservatore della storia, finto riformista, con un rottamatore che ha rottamato il suo partito. Una lezione di democrazia. Alcuni nella risposta accampano mille argomenti, che esulano dalla domanda cruciale, rifugiandosi nell’antidemocratico «a Renzi non c’è alternativa». Vedremo.
Ora per le vincitrici di Roma e Torino, come per gli altri vincitori, inizia il tempo della responsabilità e della dimostrazione, sapendo che avranno tutti contro e devono stare attente/i ai trasformisti che faranno finta di essere onesti, democratici, amici, pur di salire sul carro e non perdere nemmeno le briciole. Non avrei mai augurato a Virginia Raggi di vincere a Roma che è più di una scommessa, una nuova «creazione», non dal nulla, ma dagli inferi della corruzione e occorrerà lucidità, competenza, trasparenza ossessiva, al centesimo, rigore morale, determinazione.
Auguro ai vincitori di essere «onesti». Prego i vinti di essere umili e amanti del «bene comune». Ai figli e figlie della democrazia di votare NO al prossimo referendum!
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Renzi vuol posticipare la data del referendum?
Anche Ncd gli ha fatto capire che il sostegno al suo governo dura fino al referendum di ottobre...
Francesco Curridori - Gio, 23/06/2016 - 10:09
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Dopo la sconfitta elettorale delle Comunali, Renzi guarda con preoccupazione al referendum e sta già pensando di posticiparlo.
Inizialmente aveva indicato il 2 ottobre come prima data utile, poi aveva parlato del “9 o del 16 di ottobre”. Ora sembra che stia accarezzando l’idea di farlo slittare al 23 o 30 ottobre per aver 3, 4 settimane in più di campagna elettorale, dato anche che ad agosto pure la politica va in ferie.
Al referendum, infatti, come spiega La Stampa, è legato il futuro del governo Renzi non solo perché il premier ha personalizzato lo scontro ma soprattutto perché Angelino Alfano, nelle ultime 48 ore, avrebbe fatto capire che il sostegno leale dell’Ndc durerà fino a ottobre anche perché Maurizio Lupi e Renato Schifani premono per tornare con Forza Italia. Dopo il referendum “finirà la natura istituzionale del governo” e il proseguo dell’alleanza di governo sarà legato alla modifica dell’Italicum con la possibilità di fare coalizioni. Un bel grattacapo per il premier dato che ieri il suo entourage escludeva l’ipotesi che il capo del governo italiano possa imitare Cameron che, in caso di sconfitta sul referendum ‘Brexit, non rassegnerà le dimissioni.
Anche Ncd gli ha fatto capire che il sostegno al suo governo dura fino al referendum di ottobre...
Francesco Curridori - Gio, 23/06/2016 - 10:09
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Dopo la sconfitta elettorale delle Comunali, Renzi guarda con preoccupazione al referendum e sta già pensando di posticiparlo.
Inizialmente aveva indicato il 2 ottobre come prima data utile, poi aveva parlato del “9 o del 16 di ottobre”. Ora sembra che stia accarezzando l’idea di farlo slittare al 23 o 30 ottobre per aver 3, 4 settimane in più di campagna elettorale, dato anche che ad agosto pure la politica va in ferie.
Al referendum, infatti, come spiega La Stampa, è legato il futuro del governo Renzi non solo perché il premier ha personalizzato lo scontro ma soprattutto perché Angelino Alfano, nelle ultime 48 ore, avrebbe fatto capire che il sostegno leale dell’Ndc durerà fino a ottobre anche perché Maurizio Lupi e Renato Schifani premono per tornare con Forza Italia. Dopo il referendum “finirà la natura istituzionale del governo” e il proseguo dell’alleanza di governo sarà legato alla modifica dell’Italicum con la possibilità di fare coalizioni. Un bel grattacapo per il premier dato che ieri il suo entourage escludeva l’ipotesi che il capo del governo italiano possa imitare Cameron che, in caso di sconfitta sul referendum ‘Brexit, non rassegnerà le dimissioni.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
SIAMO NEL CAOS PIU' COMPLETO.
OGNUNO DICE LA SUA.
BISIGNANI E DAGOSPIA SOSTENGONO CHE MUSSOLONI-BOMBA SIA UN RAGAZZO FORTUNATO.
E FINO A PRIMA DI DOMENICA SCORSA LO ERA.
MA PENSANO CHE POSSA SALVARSI GRAZIE ALLA ZIA MERKELLONA.
SOROS, PREVEDE UNA CRISI BANCARIA NON INDIFFERENTE. E QUINDI MUSSOLONI-BOMBA, TORNA A FARE LE VALIGIE.
L'HUFFINGTON POST, PUBBLICA IL PRIMO SONDAGGIO POST EXIT, CHE TRAVOLGE IN PIENO ANCHE MUSSOLONI-BOMBA CHE E' ORAMAI SOTTOPOSTO A CONTINUE DOCCE SCOZZESI.
VADO, NON VADO. MI TROMBANO, NON MI TROMBANO.
La Brexit travolge pure Renzi: volano i "no" al referendum
L'Huffington Post pubblica il primo sondaggio post Brexit. Il "no" alla riforma costituzionale al 54%. Ora Renzi ha paura
Sergio Rame - Dom, 26/06/2016 - 18:31
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L'onda del Brexit rischia di travolgere Matteo Renzi.
L'Huffington Post ha pubblicato il primo sondaggio sul referendum di ottobre dopo il voto che ha sancito l'addio del Regno Unito all'Unione europea. E le percentuali non lasciano spazio di vittoria per il premier che ha investito tutto sul buon esito della consultazione sulla riforma costituzionale.
Secondo il sondaggio di Scenari Politici realizzato in esclusiva per l'Huffington Post, la maggioranza degli italiani oggi sarebbe orientata a votare contro la riforma della Costituzione. "Il 54% degli intervistati voterebbe contro la riforma, il 46% a favore - si legge sul sito diretto da Lucia Annunziata - dati però che sono suscettibili di sostanziali modifiche visto che meno di un italiano su due oggi è certo di andare a votare". Come rivela Adalberto Signore sul Giornale in edicola oggi, Renzi sarebbe rimasto molto colpito dalle immagini di David Cameron che davanti all'ingresso del numero 10 di Downing Street annuncia le dimissioni da primo ministro. Il premier inizia a sospettare che aver indetto un referendum sul ddl Boschi possa essere stato un azzardo. Anche perché ha promesso di lasciare la politica nel caso in cui dovesse passare il "no". Uscire da questo angolo è pressoché impossibile.
Secondo ScenariPolitici, il 23% degli italiani non ha ancora deciso cosa votare. Il 29%, invece, non andrà a votare. Non solo. Solo per il 28% degli intervistati la riforma "era una priorità per l'Italia", mentre per il 49% "era necessario focalizzarsi su altre tematiche più urgenti". Il fronte del "no" si sta muovendo compatto. Le opposizioni hanno già iniziato la campagna per non far passare il ddl Boschi dalle forche referendarie e, quindi, mandare a casa Renzi. Il "no" sta addirittura conquistando l'elettorato del Pd. Quindi, sempre secondo ScenariPolitici, il 22% degli elettori è infatti pronto a votare "no". Per Renzi, insomma, sembra non esserci scampo.
OGNUNO DICE LA SUA.
BISIGNANI E DAGOSPIA SOSTENGONO CHE MUSSOLONI-BOMBA SIA UN RAGAZZO FORTUNATO.
E FINO A PRIMA DI DOMENICA SCORSA LO ERA.
MA PENSANO CHE POSSA SALVARSI GRAZIE ALLA ZIA MERKELLONA.
SOROS, PREVEDE UNA CRISI BANCARIA NON INDIFFERENTE. E QUINDI MUSSOLONI-BOMBA, TORNA A FARE LE VALIGIE.
L'HUFFINGTON POST, PUBBLICA IL PRIMO SONDAGGIO POST EXIT, CHE TRAVOLGE IN PIENO ANCHE MUSSOLONI-BOMBA CHE E' ORAMAI SOTTOPOSTO A CONTINUE DOCCE SCOZZESI.
VADO, NON VADO. MI TROMBANO, NON MI TROMBANO.
La Brexit travolge pure Renzi: volano i "no" al referendum
L'Huffington Post pubblica il primo sondaggio post Brexit. Il "no" alla riforma costituzionale al 54%. Ora Renzi ha paura
Sergio Rame - Dom, 26/06/2016 - 18:31
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L'onda del Brexit rischia di travolgere Matteo Renzi.
L'Huffington Post ha pubblicato il primo sondaggio sul referendum di ottobre dopo il voto che ha sancito l'addio del Regno Unito all'Unione europea. E le percentuali non lasciano spazio di vittoria per il premier che ha investito tutto sul buon esito della consultazione sulla riforma costituzionale.
Secondo il sondaggio di Scenari Politici realizzato in esclusiva per l'Huffington Post, la maggioranza degli italiani oggi sarebbe orientata a votare contro la riforma della Costituzione. "Il 54% degli intervistati voterebbe contro la riforma, il 46% a favore - si legge sul sito diretto da Lucia Annunziata - dati però che sono suscettibili di sostanziali modifiche visto che meno di un italiano su due oggi è certo di andare a votare". Come rivela Adalberto Signore sul Giornale in edicola oggi, Renzi sarebbe rimasto molto colpito dalle immagini di David Cameron che davanti all'ingresso del numero 10 di Downing Street annuncia le dimissioni da primo ministro. Il premier inizia a sospettare che aver indetto un referendum sul ddl Boschi possa essere stato un azzardo. Anche perché ha promesso di lasciare la politica nel caso in cui dovesse passare il "no". Uscire da questo angolo è pressoché impossibile.
Secondo ScenariPolitici, il 23% degli italiani non ha ancora deciso cosa votare. Il 29%, invece, non andrà a votare. Non solo. Solo per il 28% degli intervistati la riforma "era una priorità per l'Italia", mentre per il 49% "era necessario focalizzarsi su altre tematiche più urgenti". Il fronte del "no" si sta muovendo compatto. Le opposizioni hanno già iniziato la campagna per non far passare il ddl Boschi dalle forche referendarie e, quindi, mandare a casa Renzi. Il "no" sta addirittura conquistando l'elettorato del Pd. Quindi, sempre secondo ScenariPolitici, il 22% degli elettori è infatti pronto a votare "no". Per Renzi, insomma, sembra non esserci scampo.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
27 GIU 2016 15:16
1. REFERENDUM DA RINVIARE! IL CAZZONE RENZI HA CAPITO CHE DOPO LA BREXIT C'E' LA RENXIT!
2. DOPO LA SCONFITTA ALLE AMMINISTRATIVE, E' SICURO DI FARE LA FINE DEL COJONE CAMERON
3. L'IRA DI MERKEL-HOLLANDE: QUESTO PLEBISCITO RISCHIA DI CREARE UN ALTRO SCONQUASSO
4. OGGI IL PREMIER AMMETTE CHE LA DATA DI OTTOBRE NON È AFFATTO SICURA: ''DIPENDE DALLA CASSAZIONE''. ECCO I TRE TRUCCHI IN MANO AL DUCETTO TOSCANO PER TENERSI LA POLTRONA
4. PRIMA SERVE LA FIRMA DI MATTARELLA, CHE ANCORA MANCA. POI PUÒ SPEZZETTARE LA RIFORMA IN PIÙ QUESITI, SPERANDO DI VINCERNE ALCUNI (VEDI L'ABOLIZIONE DEL SENATO) E MANTENERE UN BRANDELLO DI LEGITTIMITÀ. PER NON FARSI SOSTITUIRE DA FRANCESCHINI
1.RENZI DISPERATO DOPO LA BREXIT, CERCA IN OGNI MODO DI RINVIARE IL REFERENDUM. ECCO LE TRE ARMI CHE HA
DAGONOTA - Dopo lo schiaffo alle elezioni amministrative e l'inaspettata Brexit che ha pensionato Cameron, Renzi ha capito una cosa: il referendum costituzionale, trasformato in un plebiscito Matteo sì/Matteo no, è già perso. Al premier non resta che provare con le unghie e con i denti di ritardare il momento del giudizio, sperando di smuovere l'opinione pubblica o trovare un escamotage per tenersi la poltrona di Palazzo Chigi.
In questo ha anche l'appoggio (se non addirittura la richiesta) degli altri partner europei, da Hollande alla Merkel: questa stupida consultazione va disinnescata a tutti i costi. L'Unione Europea non ha la voglia né la forza di affrontare un'altra crisi politica in uno dei membri più pesanti.
Con quali scuse rinviare dunque il referendum, anche solo di due mesi? Tutto si giocherà su una serie di cavilli giuridici, di difficile interpretazione e che possono essere letti a favore o sfavore del governo.
Il primo è legato al giudizio della Corte Costituzionale sulla legge elettorale: il giudizio sull'Italicum arriverà proprio a ottobre, e rischia di accavallarsi con l'eventuale referendum sulla Riforma Boschi, legata a doppio filo al sistema del voto.
Il secondo è nelle mani di Mattarella: il presidente della Repubblica non ha ancora firmato il decreto di indizione, che deve essere deliberato dal Consiglio dei Ministri. Dall'emanazione del decreto, il referendum dovrà svolgersi tra i 50 e i 70 giorni successivi. Quindi il margine per allungare i tempi c'è.
Il terzo trucco per disinnescare la faccenda è porre più quesiti. Sul tema, la Costituzione tace: non è chiaro se sia possibile spezzettare una legge costituzionale in più domande in più domande da porre ai cittadini. Sul punto, i giuristi sono orientati per il no, ma in fondo se si può fare per diversi articoli di una stessa legge (vedi il referendum abrogativo su fecondazione eterologa e diagnosi preimpianto), non si vedono all'orizzonte grossi ostacoli.
Creando più quesiti – ad esempio uno sul Senato, un altro sulla riforma del Titolo V, e così via – Renzi potrebbe ottenere un risultato frammentato che non per forza porterebbe alle sue dimissioni immediate. Per il premier, l'''abolizione'' del Senato, trasformato in dopolavoro di sindaci e consiglieri regionali, è una carta ghiotta che può far passare almeno un pezzo di riforma. Se poi quel pasticcio del ddl Boschi possa stare in piedi senza alcuni pezzi, è un altro discorso...
1. REFERENDUM DA RINVIARE! IL CAZZONE RENZI HA CAPITO CHE DOPO LA BREXIT C'E' LA RENXIT!
2. DOPO LA SCONFITTA ALLE AMMINISTRATIVE, E' SICURO DI FARE LA FINE DEL COJONE CAMERON
3. L'IRA DI MERKEL-HOLLANDE: QUESTO PLEBISCITO RISCHIA DI CREARE UN ALTRO SCONQUASSO
4. OGGI IL PREMIER AMMETTE CHE LA DATA DI OTTOBRE NON È AFFATTO SICURA: ''DIPENDE DALLA CASSAZIONE''. ECCO I TRE TRUCCHI IN MANO AL DUCETTO TOSCANO PER TENERSI LA POLTRONA
4. PRIMA SERVE LA FIRMA DI MATTARELLA, CHE ANCORA MANCA. POI PUÒ SPEZZETTARE LA RIFORMA IN PIÙ QUESITI, SPERANDO DI VINCERNE ALCUNI (VEDI L'ABOLIZIONE DEL SENATO) E MANTENERE UN BRANDELLO DI LEGITTIMITÀ. PER NON FARSI SOSTITUIRE DA FRANCESCHINI
1.RENZI DISPERATO DOPO LA BREXIT, CERCA IN OGNI MODO DI RINVIARE IL REFERENDUM. ECCO LE TRE ARMI CHE HA
DAGONOTA - Dopo lo schiaffo alle elezioni amministrative e l'inaspettata Brexit che ha pensionato Cameron, Renzi ha capito una cosa: il referendum costituzionale, trasformato in un plebiscito Matteo sì/Matteo no, è già perso. Al premier non resta che provare con le unghie e con i denti di ritardare il momento del giudizio, sperando di smuovere l'opinione pubblica o trovare un escamotage per tenersi la poltrona di Palazzo Chigi.
In questo ha anche l'appoggio (se non addirittura la richiesta) degli altri partner europei, da Hollande alla Merkel: questa stupida consultazione va disinnescata a tutti i costi. L'Unione Europea non ha la voglia né la forza di affrontare un'altra crisi politica in uno dei membri più pesanti.
Con quali scuse rinviare dunque il referendum, anche solo di due mesi? Tutto si giocherà su una serie di cavilli giuridici, di difficile interpretazione e che possono essere letti a favore o sfavore del governo.
Il primo è legato al giudizio della Corte Costituzionale sulla legge elettorale: il giudizio sull'Italicum arriverà proprio a ottobre, e rischia di accavallarsi con l'eventuale referendum sulla Riforma Boschi, legata a doppio filo al sistema del voto.
Il secondo è nelle mani di Mattarella: il presidente della Repubblica non ha ancora firmato il decreto di indizione, che deve essere deliberato dal Consiglio dei Ministri. Dall'emanazione del decreto, il referendum dovrà svolgersi tra i 50 e i 70 giorni successivi. Quindi il margine per allungare i tempi c'è.
Il terzo trucco per disinnescare la faccenda è porre più quesiti. Sul tema, la Costituzione tace: non è chiaro se sia possibile spezzettare una legge costituzionale in più domande in più domande da porre ai cittadini. Sul punto, i giuristi sono orientati per il no, ma in fondo se si può fare per diversi articoli di una stessa legge (vedi il referendum abrogativo su fecondazione eterologa e diagnosi preimpianto), non si vedono all'orizzonte grossi ostacoli.
Creando più quesiti – ad esempio uno sul Senato, un altro sulla riforma del Titolo V, e così via – Renzi potrebbe ottenere un risultato frammentato che non per forza porterebbe alle sue dimissioni immediate. Per il premier, l'''abolizione'' del Senato, trasformato in dopolavoro di sindaci e consiglieri regionali, è una carta ghiotta che può far passare almeno un pezzo di riforma. Se poi quel pasticcio del ddl Boschi possa stare in piedi senza alcuni pezzi, è un altro discorso...
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