Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzione?
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Con un fucile in mano rischi di prenderti qualche pallottola e di lasciarci le penne...
Fuggendo verso "l'Eldorado" hai vitto e alloggio gratis per un po', raggranelli anche un po' di Euro per uno smartphone...
Adesso si pagano le conseguenze delle politiche disastrose prima del duo Tatcher/Reagan e poi Blair/Bush, l'accoppiata anglo/statunitense ha rovinato il mondo e non so quanto ci vorrà per riportarlo a un livello di equità sociale accettabile.
Fuggendo verso "l'Eldorado" hai vitto e alloggio gratis per un po', raggranelli anche un po' di Euro per uno smartphone...
Adesso si pagano le conseguenze delle politiche disastrose prima del duo Tatcher/Reagan e poi Blair/Bush, l'accoppiata anglo/statunitense ha rovinato il mondo e non so quanto ci vorrà per riportarlo a un livello di equità sociale accettabile.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
IL PELO SULLO STOMACO CE LO ABBIAMO NOI CHE ACCETTIAMO QUESTA REALTA' SCHIAVISTA
IL RAPPORTO
Così i rifugiati di Mineo diventano schiavi nei campi di arance
Lavorano in condizioni disumane attorno al "villaggio della solidarietà" voluto dal governo Berlusconi. Il Cara di Mineo è diventato una fabbrica di braccianti a basso costo. Richiedenti asilo che l'Italia dovrebbe proteggere e che invece finiscono nella filiera dello sfruttamento. Lo rivela la seconda edizione del dossier "Filiera sporca"
DI GIOVANNI TIZIAN
23 giugno 2016
http://espresso.repubblica.it/attualita ... =HEF_RULLO
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Perché a livello europeo non si organizza a livello di volontariato un esercito in esilio , o magari una leva obbligatoria per gli immigrati in grado di combattere, e una volta ben addestrati ritornino in patria per liberarla dagli oppressori. Tanti provengono da stati ricchi di materie prime , dove i ras del posto fanno soldi a palate mentre i cittadini vengono perseguitati e affamati.paolo11 ha scritto:Ma tutti questi giovani per quale motivo non imbracciano un fucile e danno una mano alla propria Nazione?Sono dei cretini quelli che rimangono a combattere!Abbiamo profughi Afgani.Ma noi cosa siamo andati a fare in Afganistan,e continuiamo a restarci.IRAQ una guerra senza fine provocata da Toni Bler e Busch.Ci è costata Nassiria, e ci andiamo ancora.Sarebbe da mettere sotto processo internazionale sia Bler che Busch, Invasa una nazione con delle menzogne.lo stesso vale per la Libia.E poi si accorgono che stanno perdendo consensi.Piu male dei governi precedenti il M5S non può fare.Questi hanno fatto di tutto destra sinistra lega a questa povera Italia.
Ciao
Paolo11
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Mille profughi arrivati a Milano Collassa l'hub della Centrale
Pieno il centro di via Sammartini, migranti accampati fuori. L'allarme del Comune: "Non sappiamo se reggeremo l'urto"
Alberto Giannoni - Sab, 02/07/2016 - 11:27
Mille persone arrivate in una settimana, centri d'accoglienza stracolmi, persone a dormire in strada.
Fra sbarchi e richiedenti asilo, migranti gestiti dalla prefettura e dal Comune, l'accoglienza a Milano torna ad essere un problema. E si torna a ipotizzare l'impiego del campo base Expo come centro per l'accoglienza.
Le immagini che, con drammatica eloquenza, descrivono quest'emergenza arrivano da via Sammartini e stazione centrale. Nella via che corre a fianco della stazione, un mese e mezzo fa, è stato inaugurato il centro, un «hub» destinato a registrazione e prima accoglienza. La Repubblica scrive che sono almeno 200 i migranti che chiedono aiuto od ospitalità. E i 150 posti non bastano. Ormai non c'è più un posto. Giovedì sera, lo documentano le foto, alcune decine di persone hanno dormito all'aperto, in stazione centrale. E si può immaginare quali siano le conseguenze di una situazione del genere, non tanto dal punto di vista estetico quanto umanitario.
Intanto i centri comunali (via Aldini, via Zoia, casa Suraya, via Corelli) sono tutti pieni. Dopodomani è prevista l'apertura di un punto di accoglienza notturna al Binario 21 della Centrale, presso il Museo della Shoah. Ma sono solo 50 posti. E certo non basteranno.
L'allarme lo lancia il Comune: «Sulla questione profughi non si può più giocare al rinvio - avverte l'assessore al Sociale Pierfrancesco Majorino - Se non si attivano a livello regionale e nazionale percorsi molto più efficaci e chiari il rischio vero e concreto è quello di andare incontro a serie difficoltà. «In queste notti - spiega Majorino - la città di Milano, tenendo conto delle differenti tipologie riguardanti i diversi percorsi relativi ai processi di regolarizzazione, ospita oltre 2.500 migranti a notte. Il tutto mette a durissima prova le nostre strutture e, vista la maggiore permanenza di numerosi profughi che divengono richiedenti asilo, non ci permette assolutamente di sapere se saremo in grado di reggere l'urto dei prossimi arrivi».
Nei giorni scorsi le prime avvisaglie di questa nuovo boom di arrivi, e il Giornale ha dato conto delle proteste di un deputato milanese, Paolo Grimoldi, segretario della Lega Lombarda: «È inaccettabile - aveva detto Grimoldi solo tre giorni prima del tutto esaurito - che il Governo abbia deciso, come sempre senza nemmeno informare le amministrazioni locali, di inviare altri 1200 immigrati richiedenti asilo in Lombardia, la Regione che ne sta già ospitando il numero maggiore, avendone già più di 14 mila. Ed è inaccettabile che dei quasi 12 mila immigrati sbarcati negli ultimi giorni il Governo pensi di mandarne ben il 10% in Lombardia, sgravando come sempre del fardello altre Regioni che invece ne ospitano pochissimi». A dargli man forte, l'assessore regionale Simona Bordonali: «Apprendiamo - ha detto il giorno successivo - che altri 100 immigrati sono stati trasferiti da Udine in Lombardia, a Milano e Varese per l'esattezza». Persone - aveva spiegato l'assessore - «cui è stata respinta la domanda di asilo o che hanno perso il diritto all'assistenza» e che «dovrebbero essere rimpatriate, non trasferite in Lombardia».
Pieno il centro di via Sammartini, migranti accampati fuori. L'allarme del Comune: "Non sappiamo se reggeremo l'urto"
Alberto Giannoni - Sab, 02/07/2016 - 11:27
Mille persone arrivate in una settimana, centri d'accoglienza stracolmi, persone a dormire in strada.
Fra sbarchi e richiedenti asilo, migranti gestiti dalla prefettura e dal Comune, l'accoglienza a Milano torna ad essere un problema. E si torna a ipotizzare l'impiego del campo base Expo come centro per l'accoglienza.
Le immagini che, con drammatica eloquenza, descrivono quest'emergenza arrivano da via Sammartini e stazione centrale. Nella via che corre a fianco della stazione, un mese e mezzo fa, è stato inaugurato il centro, un «hub» destinato a registrazione e prima accoglienza. La Repubblica scrive che sono almeno 200 i migranti che chiedono aiuto od ospitalità. E i 150 posti non bastano. Ormai non c'è più un posto. Giovedì sera, lo documentano le foto, alcune decine di persone hanno dormito all'aperto, in stazione centrale. E si può immaginare quali siano le conseguenze di una situazione del genere, non tanto dal punto di vista estetico quanto umanitario.
Intanto i centri comunali (via Aldini, via Zoia, casa Suraya, via Corelli) sono tutti pieni. Dopodomani è prevista l'apertura di un punto di accoglienza notturna al Binario 21 della Centrale, presso il Museo della Shoah. Ma sono solo 50 posti. E certo non basteranno.
L'allarme lo lancia il Comune: «Sulla questione profughi non si può più giocare al rinvio - avverte l'assessore al Sociale Pierfrancesco Majorino - Se non si attivano a livello regionale e nazionale percorsi molto più efficaci e chiari il rischio vero e concreto è quello di andare incontro a serie difficoltà. «In queste notti - spiega Majorino - la città di Milano, tenendo conto delle differenti tipologie riguardanti i diversi percorsi relativi ai processi di regolarizzazione, ospita oltre 2.500 migranti a notte. Il tutto mette a durissima prova le nostre strutture e, vista la maggiore permanenza di numerosi profughi che divengono richiedenti asilo, non ci permette assolutamente di sapere se saremo in grado di reggere l'urto dei prossimi arrivi».
Nei giorni scorsi le prime avvisaglie di questa nuovo boom di arrivi, e il Giornale ha dato conto delle proteste di un deputato milanese, Paolo Grimoldi, segretario della Lega Lombarda: «È inaccettabile - aveva detto Grimoldi solo tre giorni prima del tutto esaurito - che il Governo abbia deciso, come sempre senza nemmeno informare le amministrazioni locali, di inviare altri 1200 immigrati richiedenti asilo in Lombardia, la Regione che ne sta già ospitando il numero maggiore, avendone già più di 14 mila. Ed è inaccettabile che dei quasi 12 mila immigrati sbarcati negli ultimi giorni il Governo pensi di mandarne ben il 10% in Lombardia, sgravando come sempre del fardello altre Regioni che invece ne ospitano pochissimi». A dargli man forte, l'assessore regionale Simona Bordonali: «Apprendiamo - ha detto il giorno successivo - che altri 100 immigrati sono stati trasferiti da Udine in Lombardia, a Milano e Varese per l'esattezza». Persone - aveva spiegato l'assessore - «cui è stata respinta la domanda di asilo o che hanno perso il diritto all'assistenza» e che «dovrebbero essere rimpatriate, non trasferite in Lombardia».
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
ACCETTARE UN FATTO COME QUESTO, PEGGIORE DI QUELLO DEI FIGLI DI PAPA' DI DACCA, CI PONE AD UN LIVELLO PIU' BASSO DI QUELLO DEI NAZISTI.
I BEN PASCIUTI TEDESCHI CHE ABITAVANO DI FRONTE AI CAMPI DI STERMINIO E CHE SAPEVANO COS'ERA QUEL FUMO PUZZOLENTE CHE USCIVA DAI CAMINI DEI FORNI CREMATORI.
OGGI NOI STIAMO FACENDO PEGGIO IN NOME DEL DIO DENARO.
Migranti, la rete dei trafficanti: "Chi non paga ucciso per gli organi"
Scoperto il network di trafficanti: facevano entrare i clandestini in Italia. A Palermo e Roma i centri di smistamento. La rivelazione choc: "Chi non può pagare il viaggio ucciso per prelevarne gli organi da rivendere a 15mila dollari l'uno
Sergio Rame - Lun, 04/07/2016 - 08:38
"Talvolta i migranti non hanno i soldi per pagare il viaggio che hanno effettuato via terra, né a chi rivolgersi per pagare il viaggio in mare, e allora mi è stato raccontato che queste persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani, che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15.000 dollari.
In particolare questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche". Anche grazie alla denuncia di Nuredin Atta Wehabrebi, un trafficante di esseri umani che da un anno collabora con la giustizia italiana, la procura di Palermo ha potuto fermare 38 persone accusandole, a vario titolo, di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e altri reati.
Cosi clandestini entravano in Italia
I reati di cui sono accusati sono pesantissimi. Si va dall'associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina all'esercizio abusivo dell'attività di intermediazione finanziaria, e si arriva all'associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, tutti aggravati dal carattere transnazionale del sodalizio criminoso. Nel corso delle indagini, svolte dalle squadre mobili di Palermo ed Agrigento e dal Servizio centrale operativo, "è stata ricostruita la struttura organizzativa di un pericoloso network criminale e sono stati individuati ingenti flussi di denaro, provento del traffico di migranti". Come spiegano gli stessi investigatori, "è stata individuata la centrale delle transazioni finanziarie effettuate tramite hawala in un esercizio commerciale ubicato a Roma, dove, lo scorso 13 giugno, sono stati sequestrati 526.000 euro e 25.000 dollari in contanti, oltre ad un libro mastro, riportante nominativi di cittadini stranieri ed utenze di riferimento". Le indagini hanno permesso di "evidenziare diverse modalità utilizzate dal sodalizio per far arrivare i migranti sul territorio nazionale, non solo via mare, ma anche tramite falsi ricongiungimenti familiari". "I principali indagati - concludono gli inquirenti - gestivano anche una fiorente attività di traffico internazionale di stupefacente del tipo catha o qat, droga importata dall'Etiopia, inserita per la legislazione italiana tra le droghe pesanti".
Un giro d'affari milionario
Secondo quanto raccontato da Atta Wehabrebi, la cui denuncia è stata pubblicata dal Corriere della Sera, l'organizzazione criminale arrivava a "fatturare" milioni di euro. Nella sola estate del 2015 ha gestito almeno sei sbarchi con cui sono arrivati a Palermo oltre 4.000 immigrati che, dopo la traversata in mare, sono stati aiutati a fuggire dai centri di prima accoglienza. "L’organizzazione opera come un vero e proprio network criminale, con diverse cellule operanti nei territori di riferimento, cui vengono attribuiti compiti specifici e determinati al fine di organizzare i viaggi e favorire così l’ingresso e la permanenza clandestina in Italia dei migranti - spiegano il procuratore di Palermo Franco Lo Voi, l’aggiunto Maurizio Scalia e i sostituti Calogero Ferrara e Claudio Camilleri – in un secondo momento viene organizzata la logistica per il loro allontanamento dal territorio italiano e raggiungere così la meta finale di tali viaggi, in genere un paese del Nord Europa, in cui il migrante raggiunge il suo gruppo familiare o amicale".
I falsi ricongiungimenti familiari
La rete criminale sgominata oggi organizzava anche falsi ricongiungimenti familiari facendo figurare matrimoni inesistenti tra stranieri già legittimamente in Italia e persone con cui non hanno alcun legame. Il costo di ogni falso matrimonio oscilla dai 10mila ai 15mila euro a persona. "Questo - spiegano gli inquirenti - mostra come vi sia una vera e propria distinzione socio-economico anche all’interno del mondo genericamente indicato come quello dei 'migranti'". Dalle indagini è poi emerso che, tappa dopo tappa, i parenti che risiedono all'estero erano chiamati a pagare con il sistema money transfer o con l'hawala, un sorta di sistema informale di trasferimento di valori basato sulle prestazioni e sull'onore di una vasta rete di mediatori. I soldi venivano, poi, raccolti nei negozi legati a questa rete criminale. Tra questi, secondo le informazioni fornite da Nuredin Atta Wehabrebi, c'erano "un bar a Palermo, in vicolo Santa Rosalia, gestito dall’etiope Sebsidie Tadele, e una profumeria a Roma, in via Volturno, a pochi passi dalla stazione Termini, gestito dall'eritreo Solomon Araya Gebremichael".
I BEN PASCIUTI TEDESCHI CHE ABITAVANO DI FRONTE AI CAMPI DI STERMINIO E CHE SAPEVANO COS'ERA QUEL FUMO PUZZOLENTE CHE USCIVA DAI CAMINI DEI FORNI CREMATORI.
OGGI NOI STIAMO FACENDO PEGGIO IN NOME DEL DIO DENARO.
Migranti, la rete dei trafficanti: "Chi non paga ucciso per gli organi"
Scoperto il network di trafficanti: facevano entrare i clandestini in Italia. A Palermo e Roma i centri di smistamento. La rivelazione choc: "Chi non può pagare il viaggio ucciso per prelevarne gli organi da rivendere a 15mila dollari l'uno
Sergio Rame - Lun, 04/07/2016 - 08:38
"Talvolta i migranti non hanno i soldi per pagare il viaggio che hanno effettuato via terra, né a chi rivolgersi per pagare il viaggio in mare, e allora mi è stato raccontato che queste persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani, che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15.000 dollari.
In particolare questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche". Anche grazie alla denuncia di Nuredin Atta Wehabrebi, un trafficante di esseri umani che da un anno collabora con la giustizia italiana, la procura di Palermo ha potuto fermare 38 persone accusandole, a vario titolo, di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e altri reati.
Cosi clandestini entravano in Italia
I reati di cui sono accusati sono pesantissimi. Si va dall'associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina all'esercizio abusivo dell'attività di intermediazione finanziaria, e si arriva all'associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, tutti aggravati dal carattere transnazionale del sodalizio criminoso. Nel corso delle indagini, svolte dalle squadre mobili di Palermo ed Agrigento e dal Servizio centrale operativo, "è stata ricostruita la struttura organizzativa di un pericoloso network criminale e sono stati individuati ingenti flussi di denaro, provento del traffico di migranti". Come spiegano gli stessi investigatori, "è stata individuata la centrale delle transazioni finanziarie effettuate tramite hawala in un esercizio commerciale ubicato a Roma, dove, lo scorso 13 giugno, sono stati sequestrati 526.000 euro e 25.000 dollari in contanti, oltre ad un libro mastro, riportante nominativi di cittadini stranieri ed utenze di riferimento". Le indagini hanno permesso di "evidenziare diverse modalità utilizzate dal sodalizio per far arrivare i migranti sul territorio nazionale, non solo via mare, ma anche tramite falsi ricongiungimenti familiari". "I principali indagati - concludono gli inquirenti - gestivano anche una fiorente attività di traffico internazionale di stupefacente del tipo catha o qat, droga importata dall'Etiopia, inserita per la legislazione italiana tra le droghe pesanti".
Un giro d'affari milionario
Secondo quanto raccontato da Atta Wehabrebi, la cui denuncia è stata pubblicata dal Corriere della Sera, l'organizzazione criminale arrivava a "fatturare" milioni di euro. Nella sola estate del 2015 ha gestito almeno sei sbarchi con cui sono arrivati a Palermo oltre 4.000 immigrati che, dopo la traversata in mare, sono stati aiutati a fuggire dai centri di prima accoglienza. "L’organizzazione opera come un vero e proprio network criminale, con diverse cellule operanti nei territori di riferimento, cui vengono attribuiti compiti specifici e determinati al fine di organizzare i viaggi e favorire così l’ingresso e la permanenza clandestina in Italia dei migranti - spiegano il procuratore di Palermo Franco Lo Voi, l’aggiunto Maurizio Scalia e i sostituti Calogero Ferrara e Claudio Camilleri – in un secondo momento viene organizzata la logistica per il loro allontanamento dal territorio italiano e raggiungere così la meta finale di tali viaggi, in genere un paese del Nord Europa, in cui il migrante raggiunge il suo gruppo familiare o amicale".
I falsi ricongiungimenti familiari
La rete criminale sgominata oggi organizzava anche falsi ricongiungimenti familiari facendo figurare matrimoni inesistenti tra stranieri già legittimamente in Italia e persone con cui non hanno alcun legame. Il costo di ogni falso matrimonio oscilla dai 10mila ai 15mila euro a persona. "Questo - spiegano gli inquirenti - mostra come vi sia una vera e propria distinzione socio-economico anche all’interno del mondo genericamente indicato come quello dei 'migranti'". Dalle indagini è poi emerso che, tappa dopo tappa, i parenti che risiedono all'estero erano chiamati a pagare con il sistema money transfer o con l'hawala, un sorta di sistema informale di trasferimento di valori basato sulle prestazioni e sull'onore di una vasta rete di mediatori. I soldi venivano, poi, raccolti nei negozi legati a questa rete criminale. Tra questi, secondo le informazioni fornite da Nuredin Atta Wehabrebi, c'erano "un bar a Palermo, in vicolo Santa Rosalia, gestito dall’etiope Sebsidie Tadele, e una profumeria a Roma, in via Volturno, a pochi passi dalla stazione Termini, gestito dall'eritreo Solomon Araya Gebremichael".
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
PALERMO E ROMA PEGGIO DI DACAU E BERGHEN BELSEN
Migranti, “chi non ha soldi ucciso per il traffico di organi con l’Egitto”. Blitz a Palermo contro network, 38 fermi
Giustizia & Impunità
Il racconto di Atta Wehabrebi, trafficante divenuto collaboratore di giustizia: "Queste persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli al Cairo per una somma di circa 15.000 dollari. In particolare questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche”
di Andrea Palladino | 4 luglio 2016
COMMENTI
C’è una via organizzata che dalle coste della Sicilia porta direttamente nel nord Europa. Chi, tra i rifugiati che sbarcano a migliaia, è in grado di garantire pagamenti cash per la rete dei trafficanti ha le porte aperte. Case sicure dove rifugiarsi, documenti falsi pronti all’uso, pulmini pronti per l’ultimo tratto del viaggio, verso i paesi del nord Europa. Germania, Danimarca, Regno Unito. E, per chi non può pagare, c’è un altro destino, terribile: “Queste persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15.000 dollari. In particolare questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche”, racconta Atta Wehabrebi, trafficante divenuto collaboratore di giustizia.
Un flusso – sotterraneo ed illegale – che il network di Ghermay Ermias, l’organizzatore del viaggio terminato con il naufragio e la morte di 366 rifugiati davanti alle coste di Lampedusa nel 2013, gestiva attraverso una vera e propria struttura a cellule. C’è il gruppo di Palermo e Agrigento, specializzato nella “prima accoglienza” di chi lasciava i centri ufficiali. E c’è il gruppo romano, in grado di gestire i soldi – milioni di euro – grazie ad una centrale finanziaria. Tra scaffali di profumi e cosmetici, dietro il bancone di un piccolissimo negozio in via Volturno, i broker dei traffici umani ricevevano i pagamenti per i viaggi di chi poteva permettersi le tariffe altissime: anche dieci mila euro per una pratica per un ricongiungimento familiare farlocco. Soldi che arrivavano dalla famiglie dei rifugiati in viaggio, per poi ripartire verso i trafficanti di uomini.
L’operazione che ha portato al fermo di 38 indagati – quasi tutti eritrei, un solo italiano nel gruppo – sembra aver raggiunto il livello superiore che tutti immaginavano. Il network che usa gli scafisti per i viaggi dalla Libia appare ancora più chiaro grazie al racconto di Atta Wehabrebi: “Vi sono gruppi minori che operano dall’Egitto e dalla Tunisia ma non sono comparabili con gli altri per numeri di viaggi e guadagni. Ognuno di questi quattro ha un gruppo fidato di uomini che opera per conto loro tra i sei ed i dieci mentre poi si avvalgono di numerosi collaboratori che vengono pagati molto meno. I gruppi non sono in conflitto tra loro anzi collaborano. Tutti i gruppi hanno a disposizione armi tra cui Kalashinikov, pistole Makarov ed altro tipo di armi”. Una struttura che da questa parte del mare può contare su cellule efficienti, in grado di gestire flussi finanziari giganteschi: “A Roma il mercoledì ed il sabato – prosegue il racconto del collaboratore di giustizia, raccolto durante le indagini condotte dalla Polizia di Stato di Palermo e dal Servizio centrale diretto da Renato Cortese – vengono consegnate ingentissime somme di denaro dai commercianti che vengono dalla Etiopia. Questi pagamenti si riferiscono più che altro ai trasporti che vengono effettuati in Europa. Per quanto riguarda i trasporti in mare le somme vengono corrisposte in contanti direttamente ad Ermias, Abdrurazak ed ai loro complici e da li spedite a Dubai o in altri paesi attraverso dei commercianti libici. In particolare Abdurazak ha guadagnato circa venti milioni di dollari da questi traffici”.
A Palermo funzionavano i centri clandestini utilizzati dall’organizzazione criminale per smistare i rifugiati. C’era un ritrovo dalle parti della centrale piazza Ballarò, mentre in vicolo Santa Rosalia era attivo un magazzino dove vengono concentrate le persone in procinto di partire per il Nord Italia. Nella piccola profumeria di Via Volturno a Roma c’era la centrale finanziaria. Centinaia di migliaia di euro passavano dietro il bancone, come ha raccontato Atta ai magistrati della Dda di Palermo: “Una persona di nome Solomon (…) consegna ogni sabato 280.000-300.000 euro a Gebremeskel Mikiele dopo averli ricevuti presso la profumeria di via Volturno a Roma. Il proprietario della profumeria è proprio il Solomon che è coinvolto nel sistema Hawala perché ha un fratello in Israele ed un suo compaesano a Dubai che lo aiutano nel sistema Hawala perché i soldi arrivano là tramite i parenti dei migranti. In seguito questi due mandano i soldi a Solomon tramite dei commercianti, anche italiani, che da Dubai o da Israele viaggiano e poi consegnano i soldi”. Al momento i nomi degli imprenditori italiani coinvolti non sono stati individuati, mentre le indagini continuano ad analizzare il brogliaccio delle transazioni finanziarie sequestrato il 13 giugno scorso, quando la Polizia di Stato è entrata nel locale trovando quasi 600 mila euro in contanti.
I soldi versati dai rifugiati servivano a pagare l’organizzazione e le spese per il viaggio verso la destinazione finale. Analizzando alcuni versamenti arrivati ai fermati appaiono diversi paesi europei, dalla Danimarca alla Gran Bretagna. Esisteva poi un tariffario specifico per la gestione dei falsi ricongiungimenti familiari, che avvenivano utilizzando documenti falsificati. In questo caso il costo arrivava fino a 10 mila euro. Diversi i sistemi in uso all’organizzazione: dalla classica sostituzione della fotografia su documenti rilasciati ad altri, fino ai matrimoni simulati nel Corno d’Africa con stranieri già residenti. In alcuni casi i trafficanti preparavano le richieste dei ricongiungimenti per diverse prefetture italiane, ognuna con un nome di coniuge diverso. La mancanza di comunicazione tra gli uffici territoriali del Governo rendeva facile aggirare i controlli. Un sistema, questo, descritto da Atta, che è stato riscontrato nel corso delle indagini dalla Procura di Palermo e dai funzionari della Polizia di Stato.
di Andrea Palladino | 4 luglio 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... i/2880187/
Migranti, “chi non ha soldi ucciso per il traffico di organi con l’Egitto”. Blitz a Palermo contro network, 38 fermi
Giustizia & Impunità
Il racconto di Atta Wehabrebi, trafficante divenuto collaboratore di giustizia: "Queste persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli al Cairo per una somma di circa 15.000 dollari. In particolare questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche”
di Andrea Palladino | 4 luglio 2016
COMMENTI
C’è una via organizzata che dalle coste della Sicilia porta direttamente nel nord Europa. Chi, tra i rifugiati che sbarcano a migliaia, è in grado di garantire pagamenti cash per la rete dei trafficanti ha le porte aperte. Case sicure dove rifugiarsi, documenti falsi pronti all’uso, pulmini pronti per l’ultimo tratto del viaggio, verso i paesi del nord Europa. Germania, Danimarca, Regno Unito. E, per chi non può pagare, c’è un altro destino, terribile: “Queste persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15.000 dollari. In particolare questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche”, racconta Atta Wehabrebi, trafficante divenuto collaboratore di giustizia.
Un flusso – sotterraneo ed illegale – che il network di Ghermay Ermias, l’organizzatore del viaggio terminato con il naufragio e la morte di 366 rifugiati davanti alle coste di Lampedusa nel 2013, gestiva attraverso una vera e propria struttura a cellule. C’è il gruppo di Palermo e Agrigento, specializzato nella “prima accoglienza” di chi lasciava i centri ufficiali. E c’è il gruppo romano, in grado di gestire i soldi – milioni di euro – grazie ad una centrale finanziaria. Tra scaffali di profumi e cosmetici, dietro il bancone di un piccolissimo negozio in via Volturno, i broker dei traffici umani ricevevano i pagamenti per i viaggi di chi poteva permettersi le tariffe altissime: anche dieci mila euro per una pratica per un ricongiungimento familiare farlocco. Soldi che arrivavano dalla famiglie dei rifugiati in viaggio, per poi ripartire verso i trafficanti di uomini.
L’operazione che ha portato al fermo di 38 indagati – quasi tutti eritrei, un solo italiano nel gruppo – sembra aver raggiunto il livello superiore che tutti immaginavano. Il network che usa gli scafisti per i viaggi dalla Libia appare ancora più chiaro grazie al racconto di Atta Wehabrebi: “Vi sono gruppi minori che operano dall’Egitto e dalla Tunisia ma non sono comparabili con gli altri per numeri di viaggi e guadagni. Ognuno di questi quattro ha un gruppo fidato di uomini che opera per conto loro tra i sei ed i dieci mentre poi si avvalgono di numerosi collaboratori che vengono pagati molto meno. I gruppi non sono in conflitto tra loro anzi collaborano. Tutti i gruppi hanno a disposizione armi tra cui Kalashinikov, pistole Makarov ed altro tipo di armi”. Una struttura che da questa parte del mare può contare su cellule efficienti, in grado di gestire flussi finanziari giganteschi: “A Roma il mercoledì ed il sabato – prosegue il racconto del collaboratore di giustizia, raccolto durante le indagini condotte dalla Polizia di Stato di Palermo e dal Servizio centrale diretto da Renato Cortese – vengono consegnate ingentissime somme di denaro dai commercianti che vengono dalla Etiopia. Questi pagamenti si riferiscono più che altro ai trasporti che vengono effettuati in Europa. Per quanto riguarda i trasporti in mare le somme vengono corrisposte in contanti direttamente ad Ermias, Abdrurazak ed ai loro complici e da li spedite a Dubai o in altri paesi attraverso dei commercianti libici. In particolare Abdurazak ha guadagnato circa venti milioni di dollari da questi traffici”.
A Palermo funzionavano i centri clandestini utilizzati dall’organizzazione criminale per smistare i rifugiati. C’era un ritrovo dalle parti della centrale piazza Ballarò, mentre in vicolo Santa Rosalia era attivo un magazzino dove vengono concentrate le persone in procinto di partire per il Nord Italia. Nella piccola profumeria di Via Volturno a Roma c’era la centrale finanziaria. Centinaia di migliaia di euro passavano dietro il bancone, come ha raccontato Atta ai magistrati della Dda di Palermo: “Una persona di nome Solomon (…) consegna ogni sabato 280.000-300.000 euro a Gebremeskel Mikiele dopo averli ricevuti presso la profumeria di via Volturno a Roma. Il proprietario della profumeria è proprio il Solomon che è coinvolto nel sistema Hawala perché ha un fratello in Israele ed un suo compaesano a Dubai che lo aiutano nel sistema Hawala perché i soldi arrivano là tramite i parenti dei migranti. In seguito questi due mandano i soldi a Solomon tramite dei commercianti, anche italiani, che da Dubai o da Israele viaggiano e poi consegnano i soldi”. Al momento i nomi degli imprenditori italiani coinvolti non sono stati individuati, mentre le indagini continuano ad analizzare il brogliaccio delle transazioni finanziarie sequestrato il 13 giugno scorso, quando la Polizia di Stato è entrata nel locale trovando quasi 600 mila euro in contanti.
I soldi versati dai rifugiati servivano a pagare l’organizzazione e le spese per il viaggio verso la destinazione finale. Analizzando alcuni versamenti arrivati ai fermati appaiono diversi paesi europei, dalla Danimarca alla Gran Bretagna. Esisteva poi un tariffario specifico per la gestione dei falsi ricongiungimenti familiari, che avvenivano utilizzando documenti falsificati. In questo caso il costo arrivava fino a 10 mila euro. Diversi i sistemi in uso all’organizzazione: dalla classica sostituzione della fotografia su documenti rilasciati ad altri, fino ai matrimoni simulati nel Corno d’Africa con stranieri già residenti. In alcuni casi i trafficanti preparavano le richieste dei ricongiungimenti per diverse prefetture italiane, ognuna con un nome di coniuge diverso. La mancanza di comunicazione tra gli uffici territoriali del Governo rendeva facile aggirare i controlli. Un sistema, questo, descritto da Atta, che è stato riscontrato nel corso delle indagini dalla Procura di Palermo e dai funzionari della Polizia di Stato.
di Andrea Palladino | 4 luglio 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... i/2880187/
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
SE PASSARE NELL'IMBUTO DELLA STORIA CI FA DIMENTICARE LA NOSTRA APPARTENENZA AL GENERE UMANO, SIGNIFICA CHE LA NOSTRA VITA E' STATA INUTILE.
Era riuscito a sfuggire al terrorismo islamico
Nigeriano ucciso a calci da un razzista italiano
Emmanuel Chidi Namdi, 36 anni, era a Fermo dal 2015, in fuga da Boko Haram che aveva ammazzato sua figlia di 2 anni. Ha reagito di fronte a un gruppo di ultras che aveva chiamato “scimmia” la compagna
fermo-pp
Cronaca Nera
Aveva seguito le rotte dei migranti fino alla Sicilia, dopo che i terroristi di Boko Haram gli avevano ucciso la figlia di due anni e devastato il villaggio. Ma in Italia a violenza si è aggiunta violenza, quella di un gruppo di estremisti, probabilmente ultras della squadra locale di calcio di Fermo, che prima hanno preso di mira la moglie, paragonandola a una “scimmia”, e poi, davanti al tentativo dell’uomo di difenderla, lo hanno aggredito. Emmanuel Chidi Namdi, così si chiamava il 36enne richiedente asilo, viveva nel seminario di Fermo, ospite insieme ad altri 124 profughi. E’ morto dopo un giorno di coma in ospedale di Giulia Zaccariello
^^^^^
Fermo, difende la compagna dopo gli insulti razzisti: nigeriano ucciso da ultrà
Cronaca Nera
Emmanuel Chidi Namdi, 36 anni, era arrivato nel nostro Paese dalla Nigeria meno di un anno fa insieme alla sua compagna di vita. Ieri l'uomo, che stava passeggiando con la fidanzata, è intervenuto per difenderla dagli insulti e da uno strattonamento. È stato colpito più volte alla testa, con calci e pugni e forse anche con un paletto
di Giulia Zaccariello | 6 luglio 2016
COMMENTI (323)
Era arrivato nel nostro Paese dalla Nigeria meno di un anno fa. Insieme alla sua compagna di vita. Aveva seguito le rotte dei migranti fino alla Sicilia, dopo che i terroristi di Boko Haram gli avevano ucciso la figlia di due anni e devastato il villaggio. Ma in Italia a violenza si è aggiunta violenza, quella di un gruppo di estremisti di destra, probabilmente ultras della squadra locale di calcio di Fermo, che prima hanno preso di mira la moglie, paragonandola a una “scimmia”, e poi, davanti al tentativo dell’uomo di difendere la donna, lo hanno aggredito e riempito di botte. Emmanuel Chidi Namdi, così si chiamava il 36enne richiedente asilo, è morto dopo un giorno di coma in ospedale. Le sue condizioni erano apparse subito senza speranze.
La storia, che ora dopo ora assume sempre di più i contorni di una vicenda di brutale razzismo, arriva dalle Marche. Il nigeriano era ospite da alcuni mesi del seminario arcivescovile di Fermo, insieme ad altri richiedenti asilo provenienti dai paesi dell’Africa centrale. Martedì 5 luglio stava passeggiando in centro accanto a Chimiary, la moglie 24enne. Secondo le prime testimonianze, una volta arrivati in via Veneto, hanno incontrato il gruppetto di tifosi (anche se le ricostruzioni divergono, alcuni parlano di un solo uomo), seduti su una panchina. Questi hanno cominciato a insultare la ragazza, che sarebbe anche stata strattonata, apostrofandola con termini come “scimmia africana”. Ma alla reazione del nigeriano, che ha tentato di difendere la compagna, è partito il pestaggio che ha ridotto l’uomo in fin di vita. Emmanuel è stato colpito più volte alla testa, con calci e pugni. Ma sembra anche con un paletto che forse lui stesso aveva divelto dalla strada. Ed è morto per i colpi riportati nella zona del cervelletto.
Accusato dell’aggressione è un 40enne del posto, un ultras della Fermana, la squadra di calcio locale. La polizia, che al momento sta conducendo le indagini, lo ha denunciato a piede libero. Ora però, con la morte del nigeriano, la posizione del tifoso potrebbe cambiare ed è al vaglio della procura. L’uomo è noto in città per le idee di estrema destra e per la sua aperta ostilità nei confronti degli immigrati e delle persone di colore. “Questo signore purtroppo lo conosciamo bene – racconta a ilfattoquotidiano.it monsignor Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco – chiama ‘scimmia’ tutti gli africani e non è nuovo alle risse. Ha provocato Emmanuel, che ha cercato di difendere la sua compagna di vita”.
Oggi don Albanesi ospita nel seminario vescovile di Fermo 124 profughi, tutti uomini in fuga da miseria e violenza. Per Emmanuel e la sua compagna aveva fatto un’eccezione. “Erano arrivati insieme, a settembre, dopo aver superato molte difficoltà, e non abbiamo voluto separarli, anche se qui sono tutti maschi. Non avevano i documenti quindi erano sposati simbolicamente. Avevo promesso loro che avremmo fatto una grande festa. Non abbiamo fatto in tempo”. I due richiedenti asilo erano arrivati a Palermo via mare, portandosi dietro una storia costellata di morti e violenze. In Nigeria i terroristi di Boko Haram avevano fatto esplodere una delle chiese cristiane del posto, uccidendo i genitori della donna e la loro figlioletta di due anni. Così l’anno scorso avevano deciso di lasciare la loro casa e la loro famiglia per trovare una vita migliore. Passando dalla Libia erano riusciti a raggiungere la Sicilia. Un viaggio difficile e rischioso, durante il quale la compagna di Emmanuel aveva anche subito un aborto e perso il secondo figlio.
La morte del nigeriano, secondo don Albanesi, non è da interpretare come un caso isolato. Anzi, apre uno squarcio sul clima di intolleranza e razzismo che si respira nella città marchigiana. “Nei mesi scorsi quattro chiese della nostra diocesi sono state prese di mira da ignoti attentatori, che hanno sistemato ordigni artigianali”. Tutti parroci impegnati nell’accoglienza dei migranti e nell’aiuto degli ultimi. “Credo che ci sia un collegamento di qualche tipo, una contiguità, con quello che è successo a Emmanuel. C’è un brutto clima, fino adesso troppo sottovalutato”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... a/2886578/
Era riuscito a sfuggire al terrorismo islamico
Nigeriano ucciso a calci da un razzista italiano
Emmanuel Chidi Namdi, 36 anni, era a Fermo dal 2015, in fuga da Boko Haram che aveva ammazzato sua figlia di 2 anni. Ha reagito di fronte a un gruppo di ultras che aveva chiamato “scimmia” la compagna
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Cronaca Nera
Aveva seguito le rotte dei migranti fino alla Sicilia, dopo che i terroristi di Boko Haram gli avevano ucciso la figlia di due anni e devastato il villaggio. Ma in Italia a violenza si è aggiunta violenza, quella di un gruppo di estremisti, probabilmente ultras della squadra locale di calcio di Fermo, che prima hanno preso di mira la moglie, paragonandola a una “scimmia”, e poi, davanti al tentativo dell’uomo di difenderla, lo hanno aggredito. Emmanuel Chidi Namdi, così si chiamava il 36enne richiedente asilo, viveva nel seminario di Fermo, ospite insieme ad altri 124 profughi. E’ morto dopo un giorno di coma in ospedale di Giulia Zaccariello
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Fermo, difende la compagna dopo gli insulti razzisti: nigeriano ucciso da ultrà
Cronaca Nera
Emmanuel Chidi Namdi, 36 anni, era arrivato nel nostro Paese dalla Nigeria meno di un anno fa insieme alla sua compagna di vita. Ieri l'uomo, che stava passeggiando con la fidanzata, è intervenuto per difenderla dagli insulti e da uno strattonamento. È stato colpito più volte alla testa, con calci e pugni e forse anche con un paletto
di Giulia Zaccariello | 6 luglio 2016
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Era arrivato nel nostro Paese dalla Nigeria meno di un anno fa. Insieme alla sua compagna di vita. Aveva seguito le rotte dei migranti fino alla Sicilia, dopo che i terroristi di Boko Haram gli avevano ucciso la figlia di due anni e devastato il villaggio. Ma in Italia a violenza si è aggiunta violenza, quella di un gruppo di estremisti di destra, probabilmente ultras della squadra locale di calcio di Fermo, che prima hanno preso di mira la moglie, paragonandola a una “scimmia”, e poi, davanti al tentativo dell’uomo di difendere la donna, lo hanno aggredito e riempito di botte. Emmanuel Chidi Namdi, così si chiamava il 36enne richiedente asilo, è morto dopo un giorno di coma in ospedale. Le sue condizioni erano apparse subito senza speranze.
La storia, che ora dopo ora assume sempre di più i contorni di una vicenda di brutale razzismo, arriva dalle Marche. Il nigeriano era ospite da alcuni mesi del seminario arcivescovile di Fermo, insieme ad altri richiedenti asilo provenienti dai paesi dell’Africa centrale. Martedì 5 luglio stava passeggiando in centro accanto a Chimiary, la moglie 24enne. Secondo le prime testimonianze, una volta arrivati in via Veneto, hanno incontrato il gruppetto di tifosi (anche se le ricostruzioni divergono, alcuni parlano di un solo uomo), seduti su una panchina. Questi hanno cominciato a insultare la ragazza, che sarebbe anche stata strattonata, apostrofandola con termini come “scimmia africana”. Ma alla reazione del nigeriano, che ha tentato di difendere la compagna, è partito il pestaggio che ha ridotto l’uomo in fin di vita. Emmanuel è stato colpito più volte alla testa, con calci e pugni. Ma sembra anche con un paletto che forse lui stesso aveva divelto dalla strada. Ed è morto per i colpi riportati nella zona del cervelletto.
Accusato dell’aggressione è un 40enne del posto, un ultras della Fermana, la squadra di calcio locale. La polizia, che al momento sta conducendo le indagini, lo ha denunciato a piede libero. Ora però, con la morte del nigeriano, la posizione del tifoso potrebbe cambiare ed è al vaglio della procura. L’uomo è noto in città per le idee di estrema destra e per la sua aperta ostilità nei confronti degli immigrati e delle persone di colore. “Questo signore purtroppo lo conosciamo bene – racconta a ilfattoquotidiano.it monsignor Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco – chiama ‘scimmia’ tutti gli africani e non è nuovo alle risse. Ha provocato Emmanuel, che ha cercato di difendere la sua compagna di vita”.
Oggi don Albanesi ospita nel seminario vescovile di Fermo 124 profughi, tutti uomini in fuga da miseria e violenza. Per Emmanuel e la sua compagna aveva fatto un’eccezione. “Erano arrivati insieme, a settembre, dopo aver superato molte difficoltà, e non abbiamo voluto separarli, anche se qui sono tutti maschi. Non avevano i documenti quindi erano sposati simbolicamente. Avevo promesso loro che avremmo fatto una grande festa. Non abbiamo fatto in tempo”. I due richiedenti asilo erano arrivati a Palermo via mare, portandosi dietro una storia costellata di morti e violenze. In Nigeria i terroristi di Boko Haram avevano fatto esplodere una delle chiese cristiane del posto, uccidendo i genitori della donna e la loro figlioletta di due anni. Così l’anno scorso avevano deciso di lasciare la loro casa e la loro famiglia per trovare una vita migliore. Passando dalla Libia erano riusciti a raggiungere la Sicilia. Un viaggio difficile e rischioso, durante il quale la compagna di Emmanuel aveva anche subito un aborto e perso il secondo figlio.
La morte del nigeriano, secondo don Albanesi, non è da interpretare come un caso isolato. Anzi, apre uno squarcio sul clima di intolleranza e razzismo che si respira nella città marchigiana. “Nei mesi scorsi quattro chiese della nostra diocesi sono state prese di mira da ignoti attentatori, che hanno sistemato ordigni artigianali”. Tutti parroci impegnati nell’accoglienza dei migranti e nell’aiuto degli ultimi. “Credo che ci sia un collegamento di qualche tipo, una contiguità, con quello che è successo a Emmanuel. C’è un brutto clima, fino adesso troppo sottovalutato”.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
AL MERCATO DELLE VACCHE
PER QUALCHE VOTO IN PIU'.
Il Paese che non ama
Mauro Munafò
07 lug
Per Matteo Salvini se sei nero e ti ammazzano è un po' colpa tua
salvini1
Emmanuel Chidi Namdi era un uomo di 36 anni, fuggito dalla Nigeria e da Boko Haram. E' stato ammazzato di botte dopo una lite scattata perché, almeno dallo stato attuale delle informazioni, avrebbe difeso la sua ragazza di 24 anni dagli insulti razzisti di due balordi locali. Balordi che hanno pensato bene di pestarlo a sangue e di picchiare pure la ragazza, per fortuna con conseguenze più lievi.
Questa è la cronaca che nelle prossime ore di sicuro fornirà elementi più chiari. Quello su cui intendo soffermarmi però è la dichiarazione di Matteo Salvini, leader della Lega Nord, in seguito all'evento. Riporto qui la sua frase lasciata su Facebook, social network che il leghista usa con frequenza per segnalare tutto quello che fanno di male gli immigrati, aizzando non poco i suoi fan.
Ecco la dichiarazione, che merita un attento studio (i grassetti sono miei):
"Chi uccide, stupra o aggredisce un altro essere umano va punito. Punto. A prescindere dal colore della pelle. Sei bianco, sei nero, sei rosa e ammazzi qualcuno senza motivo? In galera, la violenza non ha giustificazione. Il ragazzo nigeriano a Fermo non doveva morire, una preghiera per lui. È sempre più evidente che l'immigrazione clandestina fuori controllo, anzi l'invasione organizzata, non porterà nulla di buono. Controlli, limiti, rispetto, regole e pene certe: chiediamo troppo?"
Salvini nelle ultime ore è stato spronato da molti a dire qualcosa sul caso di Fermo. Lui, sempre così pronto a prendersela con gli immigrati per qualunque ragione diffondendo anche varie bufale, sembrava in difficoltà nel dover ammettere che in questa circostanza sono gli italiani dalla parte del torto.
Ecco allora che ti tira fuori una dichiarazione semplicemente oscena, costruita con una struttura retorica ben nota. Che punta a colpevolizzare in maniera indiretta e subdola la vittima. Prima ti riscalda segnalando che non importa il colore della pelle (bravo), che chi sbaglia deve pagare (giusto). Poi ti spara il classico "ma", in cui ti ricorda che se Emmanuel non fosse venuto in Italia allora sarebbe ancora vivo.
Di più, ti appiccica l'etichetta di immigrato clandestino, anzi di invasore, glissando su piccoli dettagli irrilevanti quali la tua storia personale che parla di una fuga da Boko Haram e di figli ammazzati.
Se questo tipo di dichiarazione non vi fa schifo e anzi vi sembra intelligente, provate a cambiarne i soggetti mantenendo la struttura. Potremmo dire: "Povera donna stuprata, ma se non si fosse vestita in modo tanto provocante..." oppure: "Povero ragazzo crivellato di colpi, ma se non avesse girato per quel quartiere malfamato..." o magari: "Povero giudice fatto saltare in aria, ma se si fosse fatto gli affari suoi..." per chiudere con "Non dovevano picchiare quei gay, ma potevano anche evitare di baciarsi in pubblico no?".
Nessuna vergogna?
Ps. Un saluto a tutti i lettori arrivati qui attraverso la pagina Facebook di Matteo Salvini che sta riflettendo sul querelarmi o meno. Criticate pure nei commenti, ma le minacce verranno censurate quindi risparmiatevi la fatica di lasciarle grazie
PER QUALCHE VOTO IN PIU'.
Il Paese che non ama
Mauro Munafò
07 lug
Per Matteo Salvini se sei nero e ti ammazzano è un po' colpa tua
salvini1
Emmanuel Chidi Namdi era un uomo di 36 anni, fuggito dalla Nigeria e da Boko Haram. E' stato ammazzato di botte dopo una lite scattata perché, almeno dallo stato attuale delle informazioni, avrebbe difeso la sua ragazza di 24 anni dagli insulti razzisti di due balordi locali. Balordi che hanno pensato bene di pestarlo a sangue e di picchiare pure la ragazza, per fortuna con conseguenze più lievi.
Questa è la cronaca che nelle prossime ore di sicuro fornirà elementi più chiari. Quello su cui intendo soffermarmi però è la dichiarazione di Matteo Salvini, leader della Lega Nord, in seguito all'evento. Riporto qui la sua frase lasciata su Facebook, social network che il leghista usa con frequenza per segnalare tutto quello che fanno di male gli immigrati, aizzando non poco i suoi fan.
Ecco la dichiarazione, che merita un attento studio (i grassetti sono miei):
"Chi uccide, stupra o aggredisce un altro essere umano va punito. Punto. A prescindere dal colore della pelle. Sei bianco, sei nero, sei rosa e ammazzi qualcuno senza motivo? In galera, la violenza non ha giustificazione. Il ragazzo nigeriano a Fermo non doveva morire, una preghiera per lui. È sempre più evidente che l'immigrazione clandestina fuori controllo, anzi l'invasione organizzata, non porterà nulla di buono. Controlli, limiti, rispetto, regole e pene certe: chiediamo troppo?"
Salvini nelle ultime ore è stato spronato da molti a dire qualcosa sul caso di Fermo. Lui, sempre così pronto a prendersela con gli immigrati per qualunque ragione diffondendo anche varie bufale, sembrava in difficoltà nel dover ammettere che in questa circostanza sono gli italiani dalla parte del torto.
Ecco allora che ti tira fuori una dichiarazione semplicemente oscena, costruita con una struttura retorica ben nota. Che punta a colpevolizzare in maniera indiretta e subdola la vittima. Prima ti riscalda segnalando che non importa il colore della pelle (bravo), che chi sbaglia deve pagare (giusto). Poi ti spara il classico "ma", in cui ti ricorda che se Emmanuel non fosse venuto in Italia allora sarebbe ancora vivo.
Di più, ti appiccica l'etichetta di immigrato clandestino, anzi di invasore, glissando su piccoli dettagli irrilevanti quali la tua storia personale che parla di una fuga da Boko Haram e di figli ammazzati.
Se questo tipo di dichiarazione non vi fa schifo e anzi vi sembra intelligente, provate a cambiarne i soggetti mantenendo la struttura. Potremmo dire: "Povera donna stuprata, ma se non si fosse vestita in modo tanto provocante..." oppure: "Povero ragazzo crivellato di colpi, ma se non avesse girato per quel quartiere malfamato..." o magari: "Povero giudice fatto saltare in aria, ma se si fosse fatto gli affari suoi..." per chiudere con "Non dovevano picchiare quei gay, ma potevano anche evitare di baciarsi in pubblico no?".
Nessuna vergogna?
Ps. Un saluto a tutti i lettori arrivati qui attraverso la pagina Facebook di Matteo Salvini che sta riflettendo sul querelarmi o meno. Criticate pure nei commenti, ma le minacce verranno censurate quindi risparmiatevi la fatica di lasciarle grazie
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
CRONACA
Fermo, dietro la morte di Emmanuel c’è un mandante
Cronaca
di Alex Corlazzoli | 7 luglio 2016
COMMENTI (161)
Profilo blogger
Alex Corlazzoli
Maestro e giornalista
Da quando ho letto la storia di Emmanuel, il nigeriano ucciso per aver difeso la sua compagna dalle frasi razziste di un fanatico, non riesco a trovare una sola risposta ma ho tante domande: perché siamo arrivati a questo punto? Che penserà in queste ore quel 40enne che ha appellato con un “scimmia” la moglie di Emmanuel per poi scaraventarsi su di lui colpevole di aver difeso la sua compagna? Chi è quest’uomo che usa calci e pugni contro un altro uomo al punto da ammazzarlo?
La triste storia di Emmanuel è diventata patrimonio di tutti noi ma chi è l’aggressore? Non mi interessa sapere se è un ultras, uno di estrema destra o altro ancora: ha una moglie? Ha dei figli? Una madre, un padre? Che istruzione ha avuto? Che lavoro fa uno così nella vita?
E ancora: nessuno ha visto nulla? L’episodio non è avvenuto in periferia ma in centro: non c’era una sola persona in quel momento? O forse qualcuno ha preferito voltare le spalle, chiudere gli occhi, tappare le orecchie?
Non basta: chi è Emmanuel per noi? Chi è l’altro? Chi è quell’uomo venuto da lontano? Ce lo chiediamo quando incontriamo i tanti Emmanuel della storia per la strada o forse ci fermiamo solo a giudicare il fatto che hanno in mano un cellulare?
Se quel violento avesse saputo la storia di Emmanuel e della sua bimba uccisa all’età di due anni dai terroristi di Boko Haram, avrebbe apostrofato ugualmente la moglie con quel “scimmia”? Ma quel violento sa dov’è la Nigeria? Sa cos’è Boko Haram?
E quanti di noi conoscono la storia dei Paesi da dove arrivano questi uomini? Un tempo erano tutti “marocchini” quelli che vedevamo suonare al campanello di casa nostra. Oggi son tutti “profughi” o persino “clandestini”.
Ma chi ha permesso che in Italia si diffondesse tanto odio? C’è un mandante di questa strage razzista? Forse il mandante è più razzista di chi ha dato calci e pugni ad Emmanuel? Forse indossa la maschera di una avvenente signora che non esita a pronunciare la parola “clandestini” davanti ad una telecamere o di qualche politicante pronto a tirar fuori ogni volta la giaculatoria dei “clandestini” per guadagnare qualche voto in cambio di una società sempre più ignorante?
Oggi mi vergogno ancora una volta di essere italiano. Mi vergogno per chi tra i commenti all’articolo di Giulia Zaccariello su ilfattoquotidiano.it, filosofeggia sul sostantivo razzista mentre la moglie di Emmanuel ha scelto di donare gli organi del marito.
Emmanuel è il volto di un santo. Il “paradiso” l’ha attraversato su questa terra. Ma mi resta una domanda: e ora? E noi?
Emmanuel farà la fine di Abdoul Guiebre? Di lui, di quel 19enne ucciso a sprangate perché aveva rubato un paio di biscotti dal bancone di un bar, non ci resta nemmeno il ricordo.
Per quanto tempo permetteremo ancora ai mandanti di queste stragi di fare propaganda d’ignoranza?
Emmanuel ci ha dato una lezione di vita santa. A lui l’Italia dovrebbe almeno i funerali di Stato.
Fermo, dietro la morte di Emmanuel c’è un mandante
Cronaca
di Alex Corlazzoli | 7 luglio 2016
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Alex Corlazzoli
Maestro e giornalista
Da quando ho letto la storia di Emmanuel, il nigeriano ucciso per aver difeso la sua compagna dalle frasi razziste di un fanatico, non riesco a trovare una sola risposta ma ho tante domande: perché siamo arrivati a questo punto? Che penserà in queste ore quel 40enne che ha appellato con un “scimmia” la moglie di Emmanuel per poi scaraventarsi su di lui colpevole di aver difeso la sua compagna? Chi è quest’uomo che usa calci e pugni contro un altro uomo al punto da ammazzarlo?
La triste storia di Emmanuel è diventata patrimonio di tutti noi ma chi è l’aggressore? Non mi interessa sapere se è un ultras, uno di estrema destra o altro ancora: ha una moglie? Ha dei figli? Una madre, un padre? Che istruzione ha avuto? Che lavoro fa uno così nella vita?
E ancora: nessuno ha visto nulla? L’episodio non è avvenuto in periferia ma in centro: non c’era una sola persona in quel momento? O forse qualcuno ha preferito voltare le spalle, chiudere gli occhi, tappare le orecchie?
Non basta: chi è Emmanuel per noi? Chi è l’altro? Chi è quell’uomo venuto da lontano? Ce lo chiediamo quando incontriamo i tanti Emmanuel della storia per la strada o forse ci fermiamo solo a giudicare il fatto che hanno in mano un cellulare?
Se quel violento avesse saputo la storia di Emmanuel e della sua bimba uccisa all’età di due anni dai terroristi di Boko Haram, avrebbe apostrofato ugualmente la moglie con quel “scimmia”? Ma quel violento sa dov’è la Nigeria? Sa cos’è Boko Haram?
E quanti di noi conoscono la storia dei Paesi da dove arrivano questi uomini? Un tempo erano tutti “marocchini” quelli che vedevamo suonare al campanello di casa nostra. Oggi son tutti “profughi” o persino “clandestini”.
Ma chi ha permesso che in Italia si diffondesse tanto odio? C’è un mandante di questa strage razzista? Forse il mandante è più razzista di chi ha dato calci e pugni ad Emmanuel? Forse indossa la maschera di una avvenente signora che non esita a pronunciare la parola “clandestini” davanti ad una telecamere o di qualche politicante pronto a tirar fuori ogni volta la giaculatoria dei “clandestini” per guadagnare qualche voto in cambio di una società sempre più ignorante?
Oggi mi vergogno ancora una volta di essere italiano. Mi vergogno per chi tra i commenti all’articolo di Giulia Zaccariello su ilfattoquotidiano.it, filosofeggia sul sostantivo razzista mentre la moglie di Emmanuel ha scelto di donare gli organi del marito.
Emmanuel è il volto di un santo. Il “paradiso” l’ha attraversato su questa terra. Ma mi resta una domanda: e ora? E noi?
Emmanuel farà la fine di Abdoul Guiebre? Di lui, di quel 19enne ucciso a sprangate perché aveva rubato un paio di biscotti dal bancone di un bar, non ci resta nemmeno il ricordo.
Per quanto tempo permetteremo ancora ai mandanti di queste stragi di fare propaganda d’ignoranza?
Emmanuel ci ha dato una lezione di vita santa. A lui l’Italia dovrebbe almeno i funerali di Stato.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Se in un Tg si dedicano 47 minuti ai fatti di Dallas e meno di due minuti al caso Alfano, l'obiettivo è chiaro.
Da tempo è ritornato il dottor Goebbels e si ritorna a condizionare l'informazione di massa.
Ai fatti del governo si mette il silenziatore altrimenti Mussoloni & Soci della Banda del Giglio Tragico potrebbe fare le valigie per tornare a casa.
Ma è solo questo l'obiettivo di questi media di massa????
Uppure si tratta di ricreare un clima similare nello Stivalone????
La domanda diventa lecita leggendo quanto pubblica in questo momento in prima notizia il Fatto Quotidiano.it.
Minacce, proteste, violenze e raid incendiari
L’Italia xenofoba contro chi accoglie i migranti
Non solo Fermo. Dalla Calabria alla Valtellina, da Roma a Treviso, c’è una parte del Paese che si
oppone all’accoglienza, accusa chi ospita di farlo solo per il proprio interesse. E a volte passa ai fatti
Diritti
Non è una vita facile quella di chi, ha deciso di lavorare per l’accoglienza dei richiedenti asilo e di chi arriva sulle nostre coste. Da nord a sud, sono tanti coloro che raccontano episodi di intolleranza e fastidio, con cui devono convivere quotidianamente: si va dall’albergatore che si è visto recapitare lettere anonime con minacce di morte, a quello che ha perso i clienti abituali che poco gradivano la presenza di africani nella stanza accanto, fino alle diverse manifestazioni organizzate contro l’apertura di centri per immigrati
di Giulia Zaccariello
Da tempo è ritornato il dottor Goebbels e si ritorna a condizionare l'informazione di massa.
Ai fatti del governo si mette il silenziatore altrimenti Mussoloni & Soci della Banda del Giglio Tragico potrebbe fare le valigie per tornare a casa.
Ma è solo questo l'obiettivo di questi media di massa????
Uppure si tratta di ricreare un clima similare nello Stivalone????
La domanda diventa lecita leggendo quanto pubblica in questo momento in prima notizia il Fatto Quotidiano.it.
Minacce, proteste, violenze e raid incendiari
L’Italia xenofoba contro chi accoglie i migranti
Non solo Fermo. Dalla Calabria alla Valtellina, da Roma a Treviso, c’è una parte del Paese che si
oppone all’accoglienza, accusa chi ospita di farlo solo per il proprio interesse. E a volte passa ai fatti
Diritti
Non è una vita facile quella di chi, ha deciso di lavorare per l’accoglienza dei richiedenti asilo e di chi arriva sulle nostre coste. Da nord a sud, sono tanti coloro che raccontano episodi di intolleranza e fastidio, con cui devono convivere quotidianamente: si va dall’albergatore che si è visto recapitare lettere anonime con minacce di morte, a quello che ha perso i clienti abituali che poco gradivano la presenza di africani nella stanza accanto, fino alle diverse manifestazioni organizzate contro l’apertura di centri per immigrati
di Giulia Zaccariello
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