La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Francia, arrestato un jihadista: aveva esplosivi e bandiera Isis
Arrestato un 23enne radicalizzato nei dintorni di Parigi: la polizia francese pensava che fosse un topo d'appartamenti
Chiara Sarra - Mar, 19/07/2016 - 10:23
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Esplosivi e una bandiera Isis sul telefono. Un ritrovamento inquietante alla luce della strage di Nizza quello avvenuto nella casa di un 23enne a Boissy Saint Léger, nella regione di Parigi.
La polizia francese lo ha arrestato nella notte tra domenica e lunedì. Il giovane era noto ai servizi segreti per la sua radicalizzazione e lavorava con un veicolo con conducente in affitto (Ncc). Il ministro della Giustizia, Jean-Jacques Urvoas ha sottolineato a Europe1 che questa operazione dimostra che polizia e giustizia "lavorano" e che non è vero che "fra due attentati non avviene nulla", ma non ha voluto commentare le indagini.
Pare che in casa dell'uomo siano stati trovati due candelotti di dinamite, fili e detonatori funzionanti e conservati in condizioni pericolose (soprattutto visto il caldo di questi ultimi giorni) e una carta d'identità rubata giovedì scorso. A far scattare la perquisizione, però, non è stato il sospetto di azioni terroristiche, ma un banale controllo scattato dopo le denunce di furti in casa da parte di alcuni suoi clienti: la polizia sospettava che l'uomo approfittasse delle informazioni rilasciate da chi accompagnava in aeroporto per svaligiare le loro case.
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Francia, arrestato un jihadista: aveva esplosivi e bandiera Isis
Arrestato un 23enne radicalizzato nei dintorni di Parigi: la polizia francese pensava che fosse un topo d'appartamenti
Chiara Sarra - Mar, 19/07/2016 - 10:23
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Esplosivi e una bandiera Isis sul telefono. Un ritrovamento inquietante alla luce della strage di Nizza quello avvenuto nella casa di un 23enne a Boissy Saint Léger, nella regione di Parigi.
La polizia francese lo ha arrestato nella notte tra domenica e lunedì. Il giovane era noto ai servizi segreti per la sua radicalizzazione e lavorava con un veicolo con conducente in affitto (Ncc). Il ministro della Giustizia, Jean-Jacques Urvoas ha sottolineato a Europe1 che questa operazione dimostra che polizia e giustizia "lavorano" e che non è vero che "fra due attentati non avviene nulla", ma non ha voluto commentare le indagini.
Pare che in casa dell'uomo siano stati trovati due candelotti di dinamite, fili e detonatori funzionanti e conservati in condizioni pericolose (soprattutto visto il caldo di questi ultimi giorni) e una carta d'identità rubata giovedì scorso. A far scattare la perquisizione, però, non è stato il sospetto di azioni terroristiche, ma un banale controllo scattato dopo le denunce di furti in casa da parte di alcuni suoi clienti: la polizia sospettava che l'uomo approfittasse delle informazioni rilasciate da chi accompagnava in aeroporto per svaligiare le loro case.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Germania, l'afghano con l'ascia era stato accolto da famiglia
Il 17enne afghano che ha attaccato i passeggeri su un treno in Germania era un richiedente asilo accolto da una famiglia. Nella sua camera una bandiera dell'Isis
Chiara Sarra - Mar, 19/07/2016 - 09:38
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È arrivato due anni fa in Germania come minore non accompagnato. Un anno fa ha richiesto asilo ed è stato prima ospitato in un di Ochsenfurt (piccola località a circa 30 chilometri a Wurzburg, nel sud del Paese) e poi accolto da una famiglia.
Ma il giovane 17enne afghano ha ripagato l'accoglienza tedesca salendo su un treno regionale e cercando di fare a pezzi i passeggeri.
È quello che è successo ieri sera quando, intorno alle 22,10, il ragazzo è salito sul convoglio armato di accetta e si è scagliato contro i passeggeri, al grido di "Allah Akbar". Poi ha cercato di scappare, ma nella zona si trovavano alcuni agenti delle forze speciali che hanno sparato e lo hanno ucciso. Nella sua camera è stata torvata una bandiera dell’Isis dipinta a mano. Finora, assicurano gli investigatori, non aveva mai avuto comportamenti tali da richiamare l'attenzione degli apparati di sicurezza. "Stiamo cercando di capire cosa è successo negli ultimi mesi o nelle ultime settimane", ha spiegato il ministro della Baviera.
Quattro i feriti, tutti cittadini di Hong Kong, ora in gravi condizioni: si tratta di un uomo di 62 anni, la moglie 58enne, la figlia di 27 e il fidanzato 31enne della giovane. Salvo invece il figlio 17enne. Altre 14 persone sono state trovate in stato di choc. "C'era sangue ovunque", raccontano i testimoni, "Sembrava un macello".
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Germania, l'afghano con l'ascia era stato accolto da famiglia
Il 17enne afghano che ha attaccato i passeggeri su un treno in Germania era un richiedente asilo accolto da una famiglia. Nella sua camera una bandiera dell'Isis
Chiara Sarra - Mar, 19/07/2016 - 09:38
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È arrivato due anni fa in Germania come minore non accompagnato. Un anno fa ha richiesto asilo ed è stato prima ospitato in un di Ochsenfurt (piccola località a circa 30 chilometri a Wurzburg, nel sud del Paese) e poi accolto da una famiglia.
Ma il giovane 17enne afghano ha ripagato l'accoglienza tedesca salendo su un treno regionale e cercando di fare a pezzi i passeggeri.
È quello che è successo ieri sera quando, intorno alle 22,10, il ragazzo è salito sul convoglio armato di accetta e si è scagliato contro i passeggeri, al grido di "Allah Akbar". Poi ha cercato di scappare, ma nella zona si trovavano alcuni agenti delle forze speciali che hanno sparato e lo hanno ucciso. Nella sua camera è stata torvata una bandiera dell’Isis dipinta a mano. Finora, assicurano gli investigatori, non aveva mai avuto comportamenti tali da richiamare l'attenzione degli apparati di sicurezza. "Stiamo cercando di capire cosa è successo negli ultimi mesi o nelle ultime settimane", ha spiegato il ministro della Baviera.
Quattro i feriti, tutti cittadini di Hong Kong, ora in gravi condizioni: si tratta di un uomo di 62 anni, la moglie 58enne, la figlia di 27 e il fidanzato 31enne della giovane. Salvo invece il figlio 17enne. Altre 14 persone sono state trovate in stato di choc. "C'era sangue ovunque", raccontano i testimoni, "Sembrava un macello".
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
COSE TURCHE
TURCHIA
Ahmet Sik: "Non esiste più nessuno che possa fermare Erdogan"
Intervista all'intellettuale, incarcerato in passato, per aver scritto un libro sul contributo del movimento gulenista alla presa di potere del presidente. Che ora invece vuole distruggere i suoi ex alleati
DI FEDERICA BIANCHI
19 luglio 2016
FACEBOOK
Istanbul - "Se c'è davvero Fethullah Gülen dietro questo tentativo di golpe, allora ha offerto a Erdogan una grande opportunita, un vero dono di Dio come lui stesso ha detto". A parlare, nel primo giorno in cui mette piede fuori casa, la camicia bianca stropicciata e lo sguardo insicuro, è Ahmet Sik, 45 anni, giornalista e intellettuale finito un anno in carcere per avere scritto un libro sul funzionamento del movimento Gulenista, una sorta di P2 turca, con il cui aiuto il presidente Recep Tayyip Erdogan è salito al potere e che ora è determinato a distruggere.
“Non è un caso che a finire in carcere adesso siano magistrati e avvocati di alto rango”, racconta in un caffe tra i vicoli alberati e contorti dietro piazza Taksim: “Il clerico islamista Fethullah Gülen aveva piazzato i suoi uomini 30 anni fa e adesso sono tutti ai vertici della polizia, della magistratura, dell’esercito e dell’intelligence. Erdogan conosce molti di loro perche sono stati suoi alleati in passato”.
Come mai non sono riusciti a portare a termine il golpe?
"Non sono abbastanza potenti all’interno dell’esercito. La purga effettuata nel 2009 dal governo in alleanza con i gulenisti ha lasciato molti militari scossi e arrabbiati. Furono arrestati molti generali non fedeli a Gülen o al governo. La scusa fu che un’organizzazione ultrascolarista chiamata Ergenekon, dal nome mitologico di una remota valle turca, stava complottando per rovesciare lo Stato. Ovviamente piu tardi si scoprì che non era vero ma nel frattempo tutti gli uomini non fedeli furono rimossi dall’incarico. Il colpo di stato è fallito perché all’interno dell’esercito ci sono diverse correnti di pensiero: ormai sono 15 anni che l’esercito non è più un blocco compatto ma diviso in fazioni in lotta tra loro. I tempi sono cambiati."
Certo è che i numeri dei militari arrestati sono impressionanti…
"Oltre 8 mila persone solo nell’esercito, più i giudici e i poliziotti e i funzionari pubblici. Quasi 20 mila persone in pochi giorni. La cosa ridicola però è che tra i generali arrestati adesso ce ne sono alcuni che furono arrestati anche nel 2009 quando furono messi sotto accusa dai gulenisti. Adesso sono invece accusati di essere gulenisti. Ridicolo! Erdogan sta semplicemente cogliendo l’occasione per fare fuori tutti coloro che non sono suoi fedelissimi."
Un nome?
"Oktay Huduti. Questo è il generale che venerdì notte intimò ai suoi di tornare in caserma ma adesso è sotto arresto. Apparentemente è stata trovata una lista di incarichi che sarebbero stati distribuiti ai ribelli se il golpe avrebbe avuto successo e c’era anche il suo nome. Forse ha cambiato idea dopo che è scattato il golpe. Non si sa. Fa parte del mistero sul perché l’operazione è fallita."
Ci sono anche 8mila poliziotti rimossi dall’incarico…
Certo, e le purghe continueranno. I prossimi saranno gli accademici. Il Capo del Consiglio dell’Educazione Superiore, Mehnet Ali Yekta, ha già chiesto a tutti i rettori di rimuovere i professori gulenisti. Si tratta di un’operazione che in Turchia rientra nei parametri della legalità anche se ormai quei parametri sono molto, molto vaghi.
Il quadro democratico è in caduta libera?
La situazione sta peggiorando velocemente. Ormai Erdogan e i suoi possono fare qualsiasi cosa contro i loro oppositori. Hanno compilato intere liste di oppositori prendendo i nomi direttamente da Twitter, analizzando i commenti contrari. In questa atmosfera non è possibile essere neutrali. O si è con loro o contro di loro. Non c’è più spazio in Turchia per gli indipendenti.
Vuol dire che tra le migliaia di persone incarcerate o allontanate dal lavoro ci sono anche liberali e indipendenti? Perché i giornali turchi non denunciano i casi di manifesta irregolarità?
Ma certo che ci sono! Però non ci sono giornali o canali televisivi disposti a pubblicare le loro storie. E tutti i media maggiori sono sotto il controllo di Erdogan. Con questo colpo di stato fallito la democrazia, che era già agonizzante, sarà ulteriormente ridotta. Adesso non esiste più nessuno che possa fermare Erdogan dal governare da solo. Domani potranno arrestare me oppure deportare un giornalsita straniero, come accadde durante le protste di Gezi Park. Non esiste più un confine netto tra legale e illegale. Erdogan ha come modello personale Vladimir Putin e come modello di stato il Qatar. Quello sarà il futuro della Turchia.
Non ha pensato a lasciare il paese?
Questa è la mia terra. Non sono io che me ne devo andare.
© Riproduzione riservata 19 luglio 2016
http://espresso.repubblica.it/internazi ... =HEF_RULLO
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COSE TURCHE
TURCHIA
Ahmet Sik: "Non esiste più nessuno che possa fermare Erdogan"
Intervista all'intellettuale, incarcerato in passato, per aver scritto un libro sul contributo del movimento gulenista alla presa di potere del presidente. Che ora invece vuole distruggere i suoi ex alleati
DI FEDERICA BIANCHI
19 luglio 2016
Istanbul - "Se c'è davvero Fethullah Gülen dietro questo tentativo di golpe, allora ha offerto a Erdogan una grande opportunita, un vero dono di Dio come lui stesso ha detto". A parlare, nel primo giorno in cui mette piede fuori casa, la camicia bianca stropicciata e lo sguardo insicuro, è Ahmet Sik, 45 anni, giornalista e intellettuale finito un anno in carcere per avere scritto un libro sul funzionamento del movimento Gulenista, una sorta di P2 turca, con il cui aiuto il presidente Recep Tayyip Erdogan è salito al potere e che ora è determinato a distruggere.
“Non è un caso che a finire in carcere adesso siano magistrati e avvocati di alto rango”, racconta in un caffe tra i vicoli alberati e contorti dietro piazza Taksim: “Il clerico islamista Fethullah Gülen aveva piazzato i suoi uomini 30 anni fa e adesso sono tutti ai vertici della polizia, della magistratura, dell’esercito e dell’intelligence. Erdogan conosce molti di loro perche sono stati suoi alleati in passato”.
Come mai non sono riusciti a portare a termine il golpe?
"Non sono abbastanza potenti all’interno dell’esercito. La purga effettuata nel 2009 dal governo in alleanza con i gulenisti ha lasciato molti militari scossi e arrabbiati. Furono arrestati molti generali non fedeli a Gülen o al governo. La scusa fu che un’organizzazione ultrascolarista chiamata Ergenekon, dal nome mitologico di una remota valle turca, stava complottando per rovesciare lo Stato. Ovviamente piu tardi si scoprì che non era vero ma nel frattempo tutti gli uomini non fedeli furono rimossi dall’incarico. Il colpo di stato è fallito perché all’interno dell’esercito ci sono diverse correnti di pensiero: ormai sono 15 anni che l’esercito non è più un blocco compatto ma diviso in fazioni in lotta tra loro. I tempi sono cambiati."
Certo è che i numeri dei militari arrestati sono impressionanti…
"Oltre 8 mila persone solo nell’esercito, più i giudici e i poliziotti e i funzionari pubblici. Quasi 20 mila persone in pochi giorni. La cosa ridicola però è che tra i generali arrestati adesso ce ne sono alcuni che furono arrestati anche nel 2009 quando furono messi sotto accusa dai gulenisti. Adesso sono invece accusati di essere gulenisti. Ridicolo! Erdogan sta semplicemente cogliendo l’occasione per fare fuori tutti coloro che non sono suoi fedelissimi."
Un nome?
"Oktay Huduti. Questo è il generale che venerdì notte intimò ai suoi di tornare in caserma ma adesso è sotto arresto. Apparentemente è stata trovata una lista di incarichi che sarebbero stati distribuiti ai ribelli se il golpe avrebbe avuto successo e c’era anche il suo nome. Forse ha cambiato idea dopo che è scattato il golpe. Non si sa. Fa parte del mistero sul perché l’operazione è fallita."
Ci sono anche 8mila poliziotti rimossi dall’incarico…
Certo, e le purghe continueranno. I prossimi saranno gli accademici. Il Capo del Consiglio dell’Educazione Superiore, Mehnet Ali Yekta, ha già chiesto a tutti i rettori di rimuovere i professori gulenisti. Si tratta di un’operazione che in Turchia rientra nei parametri della legalità anche se ormai quei parametri sono molto, molto vaghi.
Il quadro democratico è in caduta libera?
La situazione sta peggiorando velocemente. Ormai Erdogan e i suoi possono fare qualsiasi cosa contro i loro oppositori. Hanno compilato intere liste di oppositori prendendo i nomi direttamente da Twitter, analizzando i commenti contrari. In questa atmosfera non è possibile essere neutrali. O si è con loro o contro di loro. Non c’è più spazio in Turchia per gli indipendenti.
Vuol dire che tra le migliaia di persone incarcerate o allontanate dal lavoro ci sono anche liberali e indipendenti? Perché i giornali turchi non denunciano i casi di manifesta irregolarità?
Ma certo che ci sono! Però non ci sono giornali o canali televisivi disposti a pubblicare le loro storie. E tutti i media maggiori sono sotto il controllo di Erdogan. Con questo colpo di stato fallito la democrazia, che era già agonizzante, sarà ulteriormente ridotta. Adesso non esiste più nessuno che possa fermare Erdogan dal governare da solo. Domani potranno arrestare me oppure deportare un giornalsita straniero, come accadde durante le protste di Gezi Park. Non esiste più un confine netto tra legale e illegale. Erdogan ha come modello personale Vladimir Putin e come modello di stato il Qatar. Quello sarà il futuro della Turchia.
Non ha pensato a lasciare il paese?
Questa è la mia terra. Non sono io che me ne devo andare.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
COSE TURCHE
A destra ci tengono a metterla sul piano religioso.
Così si aumenta la confusione e non se ne verrà a capo tanto facilmente.
I fan di Erdogan assaltano i simboli della cristianità
Attaccati la chiesa dove è stato ucciso don Santoro, a Trebisonda, e il tempio protestante di Malatya
Serena Sartini - Mar, 19/07/2016 - 11:58
commenta
Il clima di tensione in Turchia, all'indomani del tentativo fallito di un colpo di stato, si ripercuote anche sui luoghi delle minoranze cristiane.
Nel mirino sono finite due chiese, simbolo del sangue versato dai cristiani uccisi in Anatolia. La prima è la chiesa di Santa Maria a Trebisonda, dove il 5 febbraio di dieci anni fa, fu ucciso don Andrea Santoro, sacerdote romano inviato «Fidei donum» in Turchia. Il secondo attacco è avvenuto nella chiesa protestante di Malatya, la città dove il 18 aprile del 2007 furono sgozzati tre cristiani evangelici, i turchi Necati Aydin e Ugur Yuksel e il tedesco Tilmann Geske, brutalmente assassinati nella sede della casa editrice Zirve, di cui erano collaboratori.
A dare notizia degli assalti è stato il sito Sat7Turk, il canale turco di Sat7, network che rappresenta la voce più significativa dei cristiani in Medio Oriente, e rilanciato da Mondo e Missione, la rivista del Pontificio Istituto Missioni Estere. Gli attacchi sarebbero avvenuti lo scorso 16 luglio, durante le manifestazioni a sostegno di Erdogan: nel caso della chiesa protestante, sono state scagliate pietre contro le finestre dell'edificio, mandandole in frantumi. A Trebisonda, invece, dove le manifestazioni in favore dell'Akp sono state particolarmente imponenti, una decina di persone si sono dirette verso la chiesa dove fu ucciso don Santoro (e ora retta da un gesuita francese) cercando di forzarne l'ingresso, senza tuttavia riuscire a entrare perché alcuni vicini musulmani hanno lanciato l'allarme. Non ci sono stati feriti, ma solamente lievi danni ad edifici in quel momento vuoti.
Tuttavia è preoccupante il carattere intimidatorio che avviene in luoghi altamente simbolici per la minoranza cristiana in Turchia. «Tutti noi condanniamo gli episodi di violenza dice al Giornale Maddalena Santoro, sorella di don Andrea si tratta di assalti ciechi contro chi, nel pensiero di alcuni, sono contro il governo turco. Ma occorre fare attenzione, da parte nostra e da parte loro, a non creare queste contrapposizioni fra chi sostiene Erdogan e chi no. Si tratta di desiderare il rispetto per tutti i cittadini; tutti sono uguali, tutti hanno diritto all'accoglienza, al rispetto, al riconoscimento. Era questo il sogno di don Andrea, di un Paese segnato dal dialogo e dalla fratellanza. Condanniamo l'episodio di violenza ma non bisogna aggiungere violenza a violenza perché altrimenti non ci sarà via d'uscita. Il discorso, in questo caso, non è religioso, ma unicamente politico: c'è un desiderio di supremazia, di affermazione. Noi vorremmo invece l'affermazione di un Paese democratico, come avviene negli altri Paesi europei». Le violenze che si sono create con il tentativo di golpe in Turchia sono state condannate anche da tutti i leader religiosi del Paese. «Il terrore e la violenza, da chiunque e da dovunque vengano, non devono mai essere legittimati e difesi- si legge in una dichiarazione congiunta - Uccidere anche solo una persona significa uccidere l'intera umanità e non può essere assolutamente accettato». La dichiarazione è firmata dal direttore degli affari religiosi Mehmet Gormez, dal patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, dal rabbino capo della comunità ebraica turca, Izak Haleva, e dal patriarca armeno Aram Atesyan. Il vicario apostolico di Anatolia, monsignor Paolo Bizzeti, ha invitato ad «abbassare i toni» e a «cercare di comprendere quali siano le cause del malessere» all'origine del golpe fallito.
«Dove vivo io la situazione è tranquilla ha detto il vescovo ai microfoni della Radio Vaticana ma naturalmente c'è molta tensione. È difficile, anche per noi, comprendere le reali dimensioni di questo scontro e quindi bisogna essere molto cauti. Anche se la stragrande maggioranza delle persone è sicuramente pacifica e vive tranquillamente, non si può però negare che, in questi ultimi tempi, è stata praticata una politica dell'odio, dello scontro e questo evidentemente a un certo momento porta a una deflagrazione più grande. L'unica cosa intelligente da fare è non esasperare i toni». Tuttavia c'è chi teme che il fallito tentativo di un colpo di stato non faccia altro che rafforzare il potere di Erdogan, con un conseguente indebolimento di tutte le minoranze religiose.
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COSE TURCHE
A destra ci tengono a metterla sul piano religioso.
Così si aumenta la confusione e non se ne verrà a capo tanto facilmente.
I fan di Erdogan assaltano i simboli della cristianità
Attaccati la chiesa dove è stato ucciso don Santoro, a Trebisonda, e il tempio protestante di Malatya
Serena Sartini - Mar, 19/07/2016 - 11:58
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Il clima di tensione in Turchia, all'indomani del tentativo fallito di un colpo di stato, si ripercuote anche sui luoghi delle minoranze cristiane.
Nel mirino sono finite due chiese, simbolo del sangue versato dai cristiani uccisi in Anatolia. La prima è la chiesa di Santa Maria a Trebisonda, dove il 5 febbraio di dieci anni fa, fu ucciso don Andrea Santoro, sacerdote romano inviato «Fidei donum» in Turchia. Il secondo attacco è avvenuto nella chiesa protestante di Malatya, la città dove il 18 aprile del 2007 furono sgozzati tre cristiani evangelici, i turchi Necati Aydin e Ugur Yuksel e il tedesco Tilmann Geske, brutalmente assassinati nella sede della casa editrice Zirve, di cui erano collaboratori.
A dare notizia degli assalti è stato il sito Sat7Turk, il canale turco di Sat7, network che rappresenta la voce più significativa dei cristiani in Medio Oriente, e rilanciato da Mondo e Missione, la rivista del Pontificio Istituto Missioni Estere. Gli attacchi sarebbero avvenuti lo scorso 16 luglio, durante le manifestazioni a sostegno di Erdogan: nel caso della chiesa protestante, sono state scagliate pietre contro le finestre dell'edificio, mandandole in frantumi. A Trebisonda, invece, dove le manifestazioni in favore dell'Akp sono state particolarmente imponenti, una decina di persone si sono dirette verso la chiesa dove fu ucciso don Santoro (e ora retta da un gesuita francese) cercando di forzarne l'ingresso, senza tuttavia riuscire a entrare perché alcuni vicini musulmani hanno lanciato l'allarme. Non ci sono stati feriti, ma solamente lievi danni ad edifici in quel momento vuoti.
Tuttavia è preoccupante il carattere intimidatorio che avviene in luoghi altamente simbolici per la minoranza cristiana in Turchia. «Tutti noi condanniamo gli episodi di violenza dice al Giornale Maddalena Santoro, sorella di don Andrea si tratta di assalti ciechi contro chi, nel pensiero di alcuni, sono contro il governo turco. Ma occorre fare attenzione, da parte nostra e da parte loro, a non creare queste contrapposizioni fra chi sostiene Erdogan e chi no. Si tratta di desiderare il rispetto per tutti i cittadini; tutti sono uguali, tutti hanno diritto all'accoglienza, al rispetto, al riconoscimento. Era questo il sogno di don Andrea, di un Paese segnato dal dialogo e dalla fratellanza. Condanniamo l'episodio di violenza ma non bisogna aggiungere violenza a violenza perché altrimenti non ci sarà via d'uscita. Il discorso, in questo caso, non è religioso, ma unicamente politico: c'è un desiderio di supremazia, di affermazione. Noi vorremmo invece l'affermazione di un Paese democratico, come avviene negli altri Paesi europei». Le violenze che si sono create con il tentativo di golpe in Turchia sono state condannate anche da tutti i leader religiosi del Paese. «Il terrore e la violenza, da chiunque e da dovunque vengano, non devono mai essere legittimati e difesi- si legge in una dichiarazione congiunta - Uccidere anche solo una persona significa uccidere l'intera umanità e non può essere assolutamente accettato». La dichiarazione è firmata dal direttore degli affari religiosi Mehmet Gormez, dal patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, dal rabbino capo della comunità ebraica turca, Izak Haleva, e dal patriarca armeno Aram Atesyan. Il vicario apostolico di Anatolia, monsignor Paolo Bizzeti, ha invitato ad «abbassare i toni» e a «cercare di comprendere quali siano le cause del malessere» all'origine del golpe fallito.
«Dove vivo io la situazione è tranquilla ha detto il vescovo ai microfoni della Radio Vaticana ma naturalmente c'è molta tensione. È difficile, anche per noi, comprendere le reali dimensioni di questo scontro e quindi bisogna essere molto cauti. Anche se la stragrande maggioranza delle persone è sicuramente pacifica e vive tranquillamente, non si può però negare che, in questi ultimi tempi, è stata praticata una politica dell'odio, dello scontro e questo evidentemente a un certo momento porta a una deflagrazione più grande. L'unica cosa intelligente da fare è non esasperare i toni». Tuttavia c'è chi teme che il fallito tentativo di un colpo di stato non faccia altro che rafforzare il potere di Erdogan, con un conseguente indebolimento di tutte le minoranze religiose.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
COSE TURCHE
“Erdogan si è fatto il golpe”
LUG 19, 2016 12 COMMENTI PUNTI DI VISTA ELENA BARLOZZARI
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Si allarga la cerchia di chi sospetta Erdogan di “autogolpe”. Troppe le cose che non tornano, così anche il presidente della Repubblica Araba di Siria Bashar al Assad – in occasione della riunione di domenica a Damasco con la delegazione del Fronte Arabo Porgressista (Fap) – ha concentrato la sua attenzione sugli evidenti benefici che il putsh fallito ha comportato per il sultano della mezzaluna.
Per approfondire: Perché il golpe è fallito
Il capo di Stato, al termine dei colloqui con il presidente Fap Najah Wakim, si è “sbottonato” con il quotidiano libanese Al-Akbhar facendo il punto sui recenti sviluppi della situazione turca.
Da quando Recep Tayyip Erdogan ha ripreso le redini del paese ha dato il via a purghe ferocissime. A due giorni dal mancato golpe, i dati ufficiali diffusi dal ministro degli Esteri turco parlano di 6mila presunti cospiratori arrestati. Molti dei quali, secondo Reuters che cita le dichiarazioni rilasciate stamani dal commissario europeo Johannes Hahn, ben prima del tentato colpo di mano, erano già inseriti nella lista nera delle persone non gradite al sultano.
Proprio su questo ragiona Bashar che invita a riflettere sui vantaggi ottenuti da Erdogan. Nelle ore che hanno seguito il tentato colpo di stato, Recep, ha addirittura chiesto agli Usa l’estradizione del suo acerrimo nemico il predicatore Fethullah Gulen accusandolo di essere il deus ex machina della cospirazione.
Per approfondire: Inizia il massacro dei curdi in Turchia?
Le parole del leader siriano sembrano ventilare l’ipotesi di un coinvolgimento di Ankara nel golpe fallito dello scorso venerdì. “Sebbene il quadro sia molto complesso e poco chiaro – ha detto Assad – non dobbiamo escludere la possibilità che Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco, si sia servito dell’accaduto per eliminare avversari militari, istituzioni giudiziarie e politiche”.
Nelle dichiarazioni di Bashar non è mancato anche il riferimento al conflitto siriano. Il presidente ha ricordato che “il futuro della Siria è legato al campo di battaglia” escludendo ogni possibilità di negoziazione o “riconciliazione con i gruppi terroristici sostenuti dall’estero”. La massima autorità siriana, che si è mostrata ottimista rispetto alla definitiva riconquista di Aleppo, ha anche ringraziato la Russia, l’Iran e il Movimento della Resistenza Islamica in Libano (Hezbollah) per il sostegno dato in questi mesi cruciali.
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“Erdogan si è fatto il golpe”
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Si allarga la cerchia di chi sospetta Erdogan di “autogolpe”. Troppe le cose che non tornano, così anche il presidente della Repubblica Araba di Siria Bashar al Assad – in occasione della riunione di domenica a Damasco con la delegazione del Fronte Arabo Porgressista (Fap) – ha concentrato la sua attenzione sugli evidenti benefici che il putsh fallito ha comportato per il sultano della mezzaluna.
Per approfondire: Perché il golpe è fallito
Il capo di Stato, al termine dei colloqui con il presidente Fap Najah Wakim, si è “sbottonato” con il quotidiano libanese Al-Akbhar facendo il punto sui recenti sviluppi della situazione turca.
Da quando Recep Tayyip Erdogan ha ripreso le redini del paese ha dato il via a purghe ferocissime. A due giorni dal mancato golpe, i dati ufficiali diffusi dal ministro degli Esteri turco parlano di 6mila presunti cospiratori arrestati. Molti dei quali, secondo Reuters che cita le dichiarazioni rilasciate stamani dal commissario europeo Johannes Hahn, ben prima del tentato colpo di mano, erano già inseriti nella lista nera delle persone non gradite al sultano.
Proprio su questo ragiona Bashar che invita a riflettere sui vantaggi ottenuti da Erdogan. Nelle ore che hanno seguito il tentato colpo di stato, Recep, ha addirittura chiesto agli Usa l’estradizione del suo acerrimo nemico il predicatore Fethullah Gulen accusandolo di essere il deus ex machina della cospirazione.
Per approfondire: Inizia il massacro dei curdi in Turchia?
Le parole del leader siriano sembrano ventilare l’ipotesi di un coinvolgimento di Ankara nel golpe fallito dello scorso venerdì. “Sebbene il quadro sia molto complesso e poco chiaro – ha detto Assad – non dobbiamo escludere la possibilità che Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco, si sia servito dell’accaduto per eliminare avversari militari, istituzioni giudiziarie e politiche”.
Nelle dichiarazioni di Bashar non è mancato anche il riferimento al conflitto siriano. Il presidente ha ricordato che “il futuro della Siria è legato al campo di battaglia” escludendo ogni possibilità di negoziazione o “riconciliazione con i gruppi terroristici sostenuti dall’estero”. La massima autorità siriana, che si è mostrata ottimista rispetto alla definitiva riconquista di Aleppo, ha anche ringraziato la Russia, l’Iran e il Movimento della Resistenza Islamica in Libano (Hezbollah) per il sostegno dato in questi mesi cruciali.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
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COSE TURCHE
FURBO QUESTO "SULTANO". SEMBRA ADDIRITTURA UN SULTANO NAPOLETANO.(per furbizia)
QUESTA E' DIVENTATA UNA SUPER DITTATURA MA IL MONDO OCCIDENTALE HA GIRATO LA FACCIA DALL'ALTRA PARTE
TURCHIA, IL CONTRO-GOLPE DI ERDOGAN
Rimossi 35mila docenti, tutti i rettori e 492 imam
Quasi 10mila arresti, revocata la licenza a 20 media. Il presidente: “Gulen terrorista come Bin Laden”
AL JAZEERA: “ALLE 20 I SERVIZI SEGRETI AVVERTIRONO IL PRESIDENTE DEL COLPO DI STATO” (di S. Hamadi)
turchia-pppp
Mondo
Il contro-golpe di Erdogan procede senza sosta. Dopo aver neutralizzato il colpo di Stato organizzato da una parte dell’esercito, il presidente ha dato il via a una nuova ondata di repressione in tutto il Paese. Il numero di arresti è salito oggi a 9.322. E proseguono le “purghe”: sospesi 15.200 insegnanti pubblici, mentre i servizi segreti hanno sospeso 100 agenti. Allontanati 492 imam e docenti di religione. Divieto di funerale islamico per i golpisti uccisi. E non solo: il Consiglio supremo radiotelevisivo ha annullato le licenze a “tutte le emittenti di radio e televisione che hanno dato sostegno ai cospiratori golpisti”
^^^^^^
Turchia, continua contro-golpe: 9mila arresti, sospesi 15mila docenti e cacciati 492 imam. “Gulen come Bin Laden”
Mondo
Il presidente Recep Tayyip Erdogan attacca l'esule suo ex alleato che ritiene essere il mandante del tentato colpo di Stato. Revocate le licenze d'insegnamento a 21mila docenti di scuole private e a 20 emittenti radio e tv. Il partito d'opposizione Mhp pronto a votare sì alla pena di morte
di F. Q. | 19 luglio 2016
COMMENTI (324)
Il contro-golpe di Tayyip Recep Erdogan procede senza sosta. Dopo aver neutralizzato nella notte tra venerdì e sabato il colpo di Stato organizzato da una parte dell’esercito, il presidente ha dato il via a una nuova ondata di arresti ed epurazioni in tutto il Paese. Dopo la riconsegna obbligatoria di armi e distintivi da parte di oltre 7mila agenti di polizia, il vicepremier e portavoce del governo di Ankara, Numan Kurtulmus, ha fatto sapere che il numero delle persone arrestate con l’accusa di complicità nel fallito golpe è salito a 9.322. E proseguono anche le “purghe”.
A causa di sospetti legami con la rete che fa capo a Fetullah Gulen, ex alleato e oggi nemico numero uno di Erdogan, il ministero dell’Educazione turco ha annunciato di aver sospeso 15.200 dipendenti e revocato la licenza d’insegnamento a 21 mila docenti che lavorano in scuole private, molte delle quali sono ritenute vicine alla rete di Gulen. Il Consiglio per l’alta educazione (Yok), organo costituzionale responsabile della supervisione delle università turche, ha chiesto poi le dimissioni dei 1.577 rettori che guidano gli atenei nel Paese. Tra questi, 1.176 sono di università pubbliche e il resto di fondazioni universitarie. La Presidenza turca per gli Affari religiosi (Diyanet), massima autorità islamica che dipende dallo Stato, ha inoltre annunciato di aver allontanato 492 dipendenti – tra cui imam e docenti di religione. Divieto anche di funerale islamico per i golpisti uccisi.
Epurazioni in corso anche al Ministero della Famiglia e delle Politiche sociali, che – scrive l’agenzia di stampa Anadolu – ha sospeso 393 dipendenti. La scure del governo si abbatte anche sul sistema dell’informazione: il Consiglio supremo radiotelevisivo della Turchia (Rtuk) ha annullato oggi le licenze a “tutte le emittenti di radio e televisione che hanno dato sostegno ai cospiratori golpisti”, misura che colpisce circa 20 media legati a Gulen. Nella lista sono incluse Bugün TV e Samanyolu Haber, note per diffondere le idee del magnate. E mentre i servizi segreti, da parte loro, sospendono dal servizio circa 100 agenti, un tribunale di Istanbul ha rinviato a giudizio 278 persone con l’accusa di essere coinvolte nel tentativo di golpe.
In mattinata Erdogan ha parlato a una folla di persone radunate davanti alla sua residenza a Istanbul nel quartiere di Kisikl, paragonando l’imam e magnate Fethullah Gulen, che ritiene essere il “mandante” del tentato golpe, a Bin Laden e anticipando che mercoledì 20 luglio, dopo la riunione del Consiglio di sicurezza di Ankara, sarà annunciata una importante decisione, che non ha voluto anticipare. Il capo dello Stato e torna anche sulla possibilità di introdurre la pena di morte di golpisti.
Un’ipotesi sulla quale si era scontrato a distanza con Angela Merkel, ma che assume contorni realistici sempre più realistici. Devlet Bahceli, leader del partito d’opposizione Mhp, ha infatti dichiarato che la proposta riceverebbe anche il sostegno dei suoi 40 deputati. “Se l’Akp (di Erdogan) è pronto – ha detto – anche noi lo siamo. Consideriamo la pena di morte e tutto ciò che è necessario”. E Erdogan ha ricordato che “la pena di morte c’è negli Stati Uniti, in Russia, in Cina e in diversi Paesi nel mondo. Solo in Europa non c’è”. In Turchia era stata eliminata, “ma non ci sono statuti irrevocabili”.
Interrogatori e rinvii a giudizio - Tra le persone rinviate a giudizio ci sono 13 ufficiali e soldati di alto rango, tutti accusati di “crimine contro il governo” e di “essere membri di un’organizzazione terroristica armata”. Tra loro ci sono anche 2 piloti, che a novembre parteciparono alle operazioni di abbattimento del jet russo al confine siriano. Un incidente dal quale è nata la crisi con Mosca, che è in via di risoluzione dopo che a fine giugno Erdogan ha inviato una lettera di scuse a Putin. Secondo l’Ufficio del procuratore capo di Istanbul, altri 900 sospetti sono ancora sotto interrogatorio. Secondo l’articolo 309 del Codice penale turco, chiunque venga riconosciuto colpevole di queste accuse “sarà punito con l’ergastolo”.
Erdogan in un’intervista tv ha ricordato anche la notte del tentato colpo di Stato in cui si trovava nel resort di Marmaris. “Se fossi rimasto” lì “10 o 15 minuti in più – ha detto – sarei stato ucciso o catturato”. Il presidente, poi, rilancia il progetto di modifica di piazza Taksim, che aveva scatenato nel 2013 la rivolta di Gezi Park. “Che lo vogliano o meno – ha detto – ricostruiremo la caserma ottomana, il primo teatro dell’opera al posto del Centro Culturale Ataturk e una moschea a piazza Taksim“.
“Gulen come Bin Laden” - Erdogan torna anche a parlare di Gulen, che vive in Pennsylvania. “Ora, io vorrei chiedere ai media internazionali: se avessero intervistato Bin Laden quando le torri gemelle sono state attaccate, cosa avreste pensato?”. Il premier turco Binali Yildirim conferma poi l’invio della richiesta ufficiale agli Stati Uniti per la sua estradizione, ai quali è stato chiesto di smetterla di “proteggerlo”. Una richiesta che finora Washington ha negato di avere ricevuto. E anche le Forze Armate di Ankara appoggiano la tesi del ruolo di Gulen. In un comunicato scrivono che i servizi segreti turchi informarono i vertici dell’esercito sulla preparazione di un tentativo di golpe alle 4 di venerdì pomeriggio, diverse ore prima del suo inizio. Lo stato maggiore dell’esercito, in una nota pubblicata sul suo sito, ribadisce che la maggior parte dei membri delle forze armate turche non aveva niente a che fare con il fallito tentativo di golpe.
Golpe, 264 vittime e 1.532 feriti – Secondo l’ultimo conteggio reso pubblico dall’agenzia stampa Anadolu, sono almeno 264 le persone morte nel fallito colpo di Stato. Tra quanti sono morti nel contrastare il tentato golpe ci sono 62 poliziotti, 5 soldati e 173 civili leali al governo, cui si aggiungono 1.532 feriti. Tra quanti invece vi hanno preso parte, 24 morti e 48 feriti. Tra i civili, 78 sono morti nella capitale, 94 a Istanbul. Sono 623 i civili feriti ancora in ospedale.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Totò - Un turco napoletano - Finale film
https://www.youtube.com/watch?v=8Mi0bKWvMAE
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
COSE TURCHE
QUALE MIGLIORE OCCASIONE DI QUESTA PER FARE QUELLO CHE STA FACENDO IL SULTANO DI ANKARA.
Turchia, arrestate o epurate 79.995 persone
Obama telefona a Erdogan: ‘Rispetti democrazia’
Diecimila arresti, 35mila docenti rimossi, rettori e imam silurati. Revocata la licenza a 20 media
AL JAZEERA: “ALLE 20 I SERVIZI SEGRETI AVVERTIRONO IL PRESIDENTE DEL COLPO DI STATO” (di S. Hamadi)
obama-erdogan-pp
Mondo
Il contro-golpe di Erdogan procede senza sosta. Dopo aver neutralizzato il colpo di Stato organizzato da una parte dell’esercito, il presidente ha dato il via a una nuova ondata di repressione in tutto il Paese. Il numero di arresti è salito oggi a 9.322. E proseguono le “purghe”: sospesi 15.200 insegnanti pubblici, mentre i servizi segreti hanno sospeso 100 agenti. Allontanati 492 imam e docenti di religione. Divieto di funerale islamico per i golpisti uccisi. E non solo: il Consiglio supremo radiotelevisivo ha annullato le licenze a “tutte le emittenti di radio e televisione che hanno dato sostegno ai cospiratori golpisti”
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Turchia, continua contro-golpe: 9mila arresti, sospesi 36mila docenti. Obama: “Ankara rispetti la democrazia”
Mondo
Il presidente Recep Tayyip Erdogan attacca l'esule suo ex alleato Fetullah Gulen che accusa di essere il mandante del tentato colpo di Stato. Revocate le licenze d'insegnamento a 21mila docenti di scuole private e a 20 emittenti radio e tv. Nel complesso gli arresti e le epurazioni riguardano circa 80mila persone. Il partito d'opposizione Mhp pronto a votare sì alla pena di morte. Dagli Usa un monito e un'offerta: "Vi daremo aiuto nelle indagini sul tentato golpe"
di F. Q. | 19 luglio 2016
COMMENTI (707)
L’invito che suona come un monito: Ankara rispetti la democrazia. Ma anche la mano tesa: Washington è pronta a collaborare alle indagini sui responsabili del golpe. Il portavoce della Cara Bianca, Josh Earnest, ha reso noto che Barack Obama ha parlato con Recep Tayyip Erdogan, offrendogli appoggio nelle indagini sul tentato colpo di stato ma chiedendo che il governo mostri moderazione e rispetti lo stato di diritto: “Il principio della democrazia – ha detto – va rispettato anche mentre vengono condotte indagini”, come quelle in corso sui responsabili e partecipanti al fallito golpe.
La Casa Bianca ha fatto sapere, inoltre, che il governo turco ha depositato dei documenti sull’imam Fetullah Gulen, riferendo che nel colloquio tra Obama ed Erdogan è stato discusso lo status di Gulen, che vive da anni negli Usa e di cui Ankara vuole l’estradizione per il presunto coinvolgimento nel tentato golpe. “Se e quando gli Usa riceveranno una richiesta di estradizione dalla Turchia per l’imam Gulen essa sarà esaminata in base al trattato di estradizione”, ha spiegato Earnest. Ora il dipartimento di Stato e quello della Giustizia esamineranno questi documenti per vedere se essi costituiscono una richiesta formale di estradizione.
Turchia, continua il controgolpe: 80mila tra epurazioni e arresti – Le parole di Obama arrivano nel pieno del contro-golpe che Erdogan sta portando avanti in queste ore. Dopo aver neutralizzato nella notte tra venerdì e sabato il colpo di Stato organizzato da una parte dell’esercito, il presidente ha dato il via a una nuova ondata di arresti ed epurazioni in tutto il Paese. Dopo la riconsegna obbligatoria di armi e distintivi da parte di oltre 7mila agenti di polizia, il vicepremier e portavoce del governo di Ankara, Numan Kurtulmus, ha fatto sapere che il numero delle persone arrestate con l’accusa di complicità nel fallito golpe è salito a 9.322. E proseguono anche le “purghe”.
A causa di sospetti legami con la rete che fa capo a Gulen, il ministero dell’Educazione turco ha annunciato di aver sospeso 15.200 dipendenti e revocato la licenza d’insegnamento a 21 mila docenti che lavorano in scuole private. Il Consiglio per l’alta educazione (Yok), organo costituzionale responsabile della supervisione delle università turche, ha chiesto poi le dimissioni dei 1.577 rettori che guidano gli atenei nel Paese. Tra questi, 1.176 sono di università pubbliche e il resto di fondazioni universitarie. La Presidenza turca per gli Affari religiosi (Diyanet), massima autorità islamica che dipende dallo Stato, ha inoltre annunciato di aver allontanato 492 dipendenti – tra cui imam e docenti di religione. Divieto anche di funerale islamico per i golpisti uccisi.
Epurazioni in corso anche al Ministero della Famiglia e delle Politiche sociali, che – scrive l’agenzia di stampa Anadolu – ha sospeso 393 dipendenti. La scure del governo si abbatte anche sul sistema dell’informazione: il Consiglio supremo radiotelevisivo della Turchia (Rtuk) ha annullato oggi le licenze a “tutte le emittenti di radio e televisione che hanno dato sostegno ai cospiratori golpisti”, misura che colpisce circa 20 media legati a Gulen. Nella lista sono incluse Bugün TV e Samanyolu Haber, note per diffondere le idee del magnate. E mentre i servizi segreti, da parte loro, sospendono dal servizio circa 100 agenti, un tribunale di Istanbul ha rinviato a giudizio 278 persone con l’accusa di essere coinvolte nel tentativo di golpe. Nel complesso gli arresti e le epurazioni riguardano circa 80mila persone.
In mattinata Erdogan ha parlato a una folla di persone radunate davanti alla sua residenza a Istanbul nel quartiere di Kisikl, paragonando l’imam e magnate Fethullah Gulen, che ritiene essere il “mandante” del tentato golpe, a Bin Laden e anticipando che mercoledì 20 luglio, dopo la riunione del Consiglio di sicurezza di Ankara, sarà annunciata una importante decisione, che non ha voluto anticipare. Il capo dello Stato e torna anche sulla possibilità di introdurre la pena di morte di golpisti.
Un’ipotesi sulla quale si era scontrato a distanza con Angela Merkel, ma che assume contorni realistici sempre più realistici. Devlet Bahceli, leader del partito d’opposizione Mhp, ha infatti dichiarato che la proposta riceverebbe anche il sostegno dei suoi 40 deputati. “Se l’Akp (di Erdogan) è pronto – ha detto – anche noi lo siamo. Consideriamo la pena di morte e tutto ciò che è necessario”. E Erdogan ha ricordato che “la pena di morte c’è negli Stati Uniti, in Russia, in Cina e in diversi Paesi nel mondo. Solo in Europa non c’è”. In Turchia era stata eliminata, “ma non ci sono statuti irrevocabili”.
Interrogatori e rinvii a giudizio - Tra le persone rinviate a giudizio ci sono 13 ufficiali e soldati di alto rango, tutti accusati di “crimine contro il governo” e di “essere membri di un’organizzazione terroristica armata”. Tra loro ci sono anche 2 piloti, che a novembre parteciparono alle operazioni di abbattimento del jet russo al confine siriano. Un incidente dal quale è nata la crisi con Mosca, che è in via di risoluzione dopo che a fine giugno Erdogan ha inviato una lettera di scuse a Putin. Secondo l’Ufficio del procuratore capo di Istanbul, altri 900 sospetti sono ancora sotto interrogatorio. Secondo l’articolo 309 del Codice penale turco, chiunque venga riconosciuto colpevole di queste accuse “sarà punito con l’ergastolo”.
Erdogan in un’intervista tv ha ricordato anche la notte del tentato colpo di Stato in cui si trovava nel resort di Marmaris. “Se fossi rimasto” lì “10 o 15 minuti in più – ha detto – sarei stato ucciso o catturato”. Il presidente, poi, rilancia il progetto di modifica di piazza Taksim, che aveva scatenato nel 2013 la rivolta di Gezi Park. “Che lo vogliano o meno – ha detto – ricostruiremo la caserma ottomana, il primo teatro dell’opera al posto del Centro Culturale Ataturk e una moschea a piazza Taksim“.
“Gulen come Bin Laden” - Erdogan torna anche a parlare di Gulen, che vive in Pennsylvania. “Ora, io vorrei chiedere ai media internazionali: se avessero intervistato Bin Laden quando le torri gemelle sono state attaccate, cosa avreste pensato?”. Il premier turco Binali Yildirim conferma poi l’invio della richiesta ufficiale agli Stati Uniti per la sua estradizione, ai quali è stato chiesto di smetterla di “proteggerlo”. Una richiesta che finora Washington ha negato di avere ricevuto. E anche le Forze Armate di Ankara appoggiano la tesi del ruolo di Gulen. In un comunicato scrivono che i servizi segreti turchi informarono i vertici dell’esercito sulla preparazione di un tentativo di golpe alle 4 di venerdì pomeriggio, diverse ore prima del suo inizio. Lo stato maggiore dell’esercito, in una nota pubblicata sul suo sito, ribadisce che la maggior parte dei membri delle forze armate turche non aveva niente a che fare con il fallito tentativo di golpe.
Golpe, 264 vittime e 1.532 feriti – Secondo l’ultimo conteggio reso pubblico dall’agenzia stampa Anadolu, sono almeno 264 le persone morte nel fallito colpo di Stato. Tra quanti sono morti nel contrastare il tentato golpe ci sono 62 poliziotti, 5 soldati e 173 civili leali al governo, cui si aggiungono 1.532 feriti. Tra quanti invece vi hanno preso parte, 24 morti e 48 feriti. Tra i civili, 78 sono morti nella capitale, 94 a Istanbul. Sono 623 i civili feriti ancora in ospedale.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... e/2917509/
MENTRE IL MONDO OCCIDENTALE CANTA:
https://www.youtube.com/watch?v=mhLnxiSxp24
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
COSE TURCHE
QUALE MIGLIORE OCCASIONE DI QUESTA PER FARE QUELLO CHE STA FACENDO IL SULTANO DI ANKARA.
Turchia, arrestate o epurate 79.995 persone
Obama telefona a Erdogan: ‘Rispetti democrazia’
Diecimila arresti, 35mila docenti rimossi, rettori e imam silurati. Revocata la licenza a 20 media
AL JAZEERA: “ALLE 20 I SERVIZI SEGRETI AVVERTIRONO IL PRESIDENTE DEL COLPO DI STATO” (di S. Hamadi)
obama-erdogan-pp
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Il contro-golpe di Erdogan procede senza sosta. Dopo aver neutralizzato il colpo di Stato organizzato da una parte dell’esercito, il presidente ha dato il via a una nuova ondata di repressione in tutto il Paese. Il numero di arresti è salito oggi a 9.322. E proseguono le “purghe”: sospesi 15.200 insegnanti pubblici, mentre i servizi segreti hanno sospeso 100 agenti. Allontanati 492 imam e docenti di religione. Divieto di funerale islamico per i golpisti uccisi. E non solo: il Consiglio supremo radiotelevisivo ha annullato le licenze a “tutte le emittenti di radio e televisione che hanno dato sostegno ai cospiratori golpisti”
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Turchia, continua contro-golpe: 9mila arresti, sospesi 36mila docenti. Obama: “Ankara rispetti la democrazia”
Mondo
Il presidente Recep Tayyip Erdogan attacca l'esule suo ex alleato Fetullah Gulen che accusa di essere il mandante del tentato colpo di Stato. Revocate le licenze d'insegnamento a 21mila docenti di scuole private e a 20 emittenti radio e tv. Nel complesso gli arresti e le epurazioni riguardano circa 80mila persone. Il partito d'opposizione Mhp pronto a votare sì alla pena di morte. Dagli Usa un monito e un'offerta: "Vi daremo aiuto nelle indagini sul tentato golpe"
di F. Q. | 19 luglio 2016
COMMENTI (707)
L’invito che suona come un monito: Ankara rispetti la democrazia. Ma anche la mano tesa: Washington è pronta a collaborare alle indagini sui responsabili del golpe. Il portavoce della Cara Bianca, Josh Earnest, ha reso noto che Barack Obama ha parlato con Recep Tayyip Erdogan, offrendogli appoggio nelle indagini sul tentato colpo di stato ma chiedendo che il governo mostri moderazione e rispetti lo stato di diritto: “Il principio della democrazia – ha detto – va rispettato anche mentre vengono condotte indagini”, come quelle in corso sui responsabili e partecipanti al fallito golpe.
La Casa Bianca ha fatto sapere, inoltre, che il governo turco ha depositato dei documenti sull’imam Fetullah Gulen, riferendo che nel colloquio tra Obama ed Erdogan è stato discusso lo status di Gulen, che vive da anni negli Usa e di cui Ankara vuole l’estradizione per il presunto coinvolgimento nel tentato golpe. “Se e quando gli Usa riceveranno una richiesta di estradizione dalla Turchia per l’imam Gulen essa sarà esaminata in base al trattato di estradizione”, ha spiegato Earnest. Ora il dipartimento di Stato e quello della Giustizia esamineranno questi documenti per vedere se essi costituiscono una richiesta formale di estradizione.
Turchia, continua il controgolpe: 80mila tra epurazioni e arresti – Le parole di Obama arrivano nel pieno del contro-golpe che Erdogan sta portando avanti in queste ore. Dopo aver neutralizzato nella notte tra venerdì e sabato il colpo di Stato organizzato da una parte dell’esercito, il presidente ha dato il via a una nuova ondata di arresti ed epurazioni in tutto il Paese. Dopo la riconsegna obbligatoria di armi e distintivi da parte di oltre 7mila agenti di polizia, il vicepremier e portavoce del governo di Ankara, Numan Kurtulmus, ha fatto sapere che il numero delle persone arrestate con l’accusa di complicità nel fallito golpe è salito a 9.322. E proseguono anche le “purghe”.
A causa di sospetti legami con la rete che fa capo a Gulen, il ministero dell’Educazione turco ha annunciato di aver sospeso 15.200 dipendenti e revocato la licenza d’insegnamento a 21 mila docenti che lavorano in scuole private. Il Consiglio per l’alta educazione (Yok), organo costituzionale responsabile della supervisione delle università turche, ha chiesto poi le dimissioni dei 1.577 rettori che guidano gli atenei nel Paese. Tra questi, 1.176 sono di università pubbliche e il resto di fondazioni universitarie. La Presidenza turca per gli Affari religiosi (Diyanet), massima autorità islamica che dipende dallo Stato, ha inoltre annunciato di aver allontanato 492 dipendenti – tra cui imam e docenti di religione. Divieto anche di funerale islamico per i golpisti uccisi.
Epurazioni in corso anche al Ministero della Famiglia e delle Politiche sociali, che – scrive l’agenzia di stampa Anadolu – ha sospeso 393 dipendenti. La scure del governo si abbatte anche sul sistema dell’informazione: il Consiglio supremo radiotelevisivo della Turchia (Rtuk) ha annullato oggi le licenze a “tutte le emittenti di radio e televisione che hanno dato sostegno ai cospiratori golpisti”, misura che colpisce circa 20 media legati a Gulen. Nella lista sono incluse Bugün TV e Samanyolu Haber, note per diffondere le idee del magnate. E mentre i servizi segreti, da parte loro, sospendono dal servizio circa 100 agenti, un tribunale di Istanbul ha rinviato a giudizio 278 persone con l’accusa di essere coinvolte nel tentativo di golpe. Nel complesso gli arresti e le epurazioni riguardano circa 80mila persone.
In mattinata Erdogan ha parlato a una folla di persone radunate davanti alla sua residenza a Istanbul nel quartiere di Kisikl, paragonando l’imam e magnate Fethullah Gulen, che ritiene essere il “mandante” del tentato golpe, a Bin Laden e anticipando che mercoledì 20 luglio, dopo la riunione del Consiglio di sicurezza di Ankara, sarà annunciata una importante decisione, che non ha voluto anticipare. Il capo dello Stato e torna anche sulla possibilità di introdurre la pena di morte di golpisti.
Un’ipotesi sulla quale si era scontrato a distanza con Angela Merkel, ma che assume contorni realistici sempre più realistici. Devlet Bahceli, leader del partito d’opposizione Mhp, ha infatti dichiarato che la proposta riceverebbe anche il sostegno dei suoi 40 deputati. “Se l’Akp (di Erdogan) è pronto – ha detto – anche noi lo siamo. Consideriamo la pena di morte e tutto ciò che è necessario”. E Erdogan ha ricordato che “la pena di morte c’è negli Stati Uniti, in Russia, in Cina e in diversi Paesi nel mondo. Solo in Europa non c’è”. In Turchia era stata eliminata, “ma non ci sono statuti irrevocabili”.
Interrogatori e rinvii a giudizio - Tra le persone rinviate a giudizio ci sono 13 ufficiali e soldati di alto rango, tutti accusati di “crimine contro il governo” e di “essere membri di un’organizzazione terroristica armata”. Tra loro ci sono anche 2 piloti, che a novembre parteciparono alle operazioni di abbattimento del jet russo al confine siriano. Un incidente dal quale è nata la crisi con Mosca, che è in via di risoluzione dopo che a fine giugno Erdogan ha inviato una lettera di scuse a Putin. Secondo l’Ufficio del procuratore capo di Istanbul, altri 900 sospetti sono ancora sotto interrogatorio. Secondo l’articolo 309 del Codice penale turco, chiunque venga riconosciuto colpevole di queste accuse “sarà punito con l’ergastolo”.
Erdogan in un’intervista tv ha ricordato anche la notte del tentato colpo di Stato in cui si trovava nel resort di Marmaris. “Se fossi rimasto” lì “10 o 15 minuti in più – ha detto – sarei stato ucciso o catturato”. Il presidente, poi, rilancia il progetto di modifica di piazza Taksim, che aveva scatenato nel 2013 la rivolta di Gezi Park. “Che lo vogliano o meno – ha detto – ricostruiremo la caserma ottomana, il primo teatro dell’opera al posto del Centro Culturale Ataturk e una moschea a piazza Taksim“.
“Gulen come Bin Laden” - Erdogan torna anche a parlare di Gulen, che vive in Pennsylvania. “Ora, io vorrei chiedere ai media internazionali: se avessero intervistato Bin Laden quando le torri gemelle sono state attaccate, cosa avreste pensato?”. Il premier turco Binali Yildirim conferma poi l’invio della richiesta ufficiale agli Stati Uniti per la sua estradizione, ai quali è stato chiesto di smetterla di “proteggerlo”. Una richiesta che finora Washington ha negato di avere ricevuto. E anche le Forze Armate di Ankara appoggiano la tesi del ruolo di Gulen. In un comunicato scrivono che i servizi segreti turchi informarono i vertici dell’esercito sulla preparazione di un tentativo di golpe alle 4 di venerdì pomeriggio, diverse ore prima del suo inizio. Lo stato maggiore dell’esercito, in una nota pubblicata sul suo sito, ribadisce che la maggior parte dei membri delle forze armate turche non aveva niente a che fare con il fallito tentativo di golpe.
Golpe, 264 vittime e 1.532 feriti – Secondo l’ultimo conteggio reso pubblico dall’agenzia stampa Anadolu, sono almeno 264 le persone morte nel fallito colpo di Stato. Tra quanti sono morti nel contrastare il tentato golpe ci sono 62 poliziotti, 5 soldati e 173 civili leali al governo, cui si aggiungono 1.532 feriti. Tra quanti invece vi hanno preso parte, 24 morti e 48 feriti. Tra i civili, 78 sono morti nella capitale, 94 a Istanbul. Sono 623 i civili feriti ancora in ospedale.
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MENTRE IL MONDO OCCIDENTALE CANTA:
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
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COSE TURCHE
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Turchia, la repressione di Erdogan è più democratica del golpe fallito?
Mondo
di Daniela Gaudenzi | 19 luglio 2016
COMMENTI (21)
Daniela Gaudenzi
Esperta di giustizia, liberacittadinanza.it
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Se questi sono gli effetti del “ritorno alla democrazia” in Turchia e cioè una geometrica potenza repressiva che si sta abbattendo nel paese con rastrellamenti, epurazioni, condizioni di detenzione al di fuori di qualsiasi parametro di civiltà nei confronti di funzionari pubblici, magistrati e poliziotti “infedeli” accomunati ai militari golpisti, che rappresentano una sparuta minoranza, sembra lecito domandarsi se “il golpe” avrebbe potuto produrre qualcosa di peggio.
Non ci sono solo i numeri di per sè impressionanti, dagli oltre 8700 dipendenti del ministero degli Interni rimossi fino ai 2745 magistrati fermati, sospesi e poi arrestati o le immagini raggelanti di prigionieri seminudi, ammassati con le mani legate e riversi al suolo in spazi asfissianti, che rimandano a situazioni tristemente note ed inequivocabili.
C’è insieme alla singolare prontezza nella redazione delle liste di proscrizione, compilate evidentemente per tempo, il tenore delle accuse che descrivono i magistrati “infedeli” come esecutori delle trame perpetrate dagli Usa dall’ex-sodale di Erdogan ora paladino dei diritti civili e autoesiliato Fethullah Gülem.
Ma più di tutto, e come era già ampiamente palpabile nelle ore concitate del tentativo del golpe e della “mobilitazione del popolo” che si è precipitato ad invadere le strade e le piazze al richiamo di Erdogan e dei muezzin suoi provvidenziali megafoni, c’è l’uso deformato e micidiale che il presidente-sultano sta facendo indisturbato dell’investitura popolare, impugnata come una clava contro i più elementari principi dello stato di diritto e delle democrazie liberali.
Dai tempi ormai lontani di “le moschee le nostre caserme… i fedeli i nostri soldati” e cioè i versi che declamava più di dieci anni fa, Erdogan è riuscito anche grazie al suo processo di apparente islamizzazione “moderata”, a trasformare nei “suoi soldati” una buona parte cittadini turchi che ora, incitata dallo stesso regime, democratico solo nell’involucro, reclama a gran voce il ritorno della pena di morte. E dunque Erdogan si domanda ad altissima voce: possiamo noi ignorare una richiesta che proviene forte e spontanea dal popolo?
Per ora l’Europa, con la voce di Angela Merkel, ha avvertito Erdogan che la Turchia può dimenticare definitivamente l’Europa se dovesse reintrodurre la pena di morte e Kerry ha assicurato che la “Nato vigilerà sul comportamento di Ankara”.
Ma dato che non mancano precedenti di “arrendevolezza” sulla difesa dei diritti e delle più elementari libertà individuali quando si ha bisogno di alleanze considerate strategiche come è oggi sul fronte dell’immigrazione quella con la Turchia, forse è il caso che a vigilare sia in primo luogo l’opinione pubblica internazionale e cioè ognuno di noi.
Tanto più per il livello dell’informazione che, non saprei dire se per sprovvedutezza o per naturale allineamento al vincitore (e nel caso del “golpe” turco non ci voleva uno stratega per prevedere che Erdogan avrebbe spianato i quattro gatti rivoltosi) ha dato un’immagine eroica e spontanea del popolo che “a mani nude” fermava i carri armati sul Bosforo.
In pole position, come da tradizione, il servizio pubblico con Rainews 24 dove Di Bella non ha lesinato paragoni storici con piazza Tienanmen e persino con Praga e Budapest. Con la piccola differenza che qui i rapporti di forza, al di là di ciò che appariva ma che il giornalista degno del nome dovrebbe saper decifrare, erano ribaltati e le conseguenze, una repressione indiscriminata e il pericolosissimo rafforzamento di Erdogan, facilmente prevedibili.
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COSE TURCHE
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Turchia, la repressione di Erdogan è più democratica del golpe fallito?
Mondo
di Daniela Gaudenzi | 19 luglio 2016
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Daniela Gaudenzi
Esperta di giustizia, liberacittadinanza.it
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Se questi sono gli effetti del “ritorno alla democrazia” in Turchia e cioè una geometrica potenza repressiva che si sta abbattendo nel paese con rastrellamenti, epurazioni, condizioni di detenzione al di fuori di qualsiasi parametro di civiltà nei confronti di funzionari pubblici, magistrati e poliziotti “infedeli” accomunati ai militari golpisti, che rappresentano una sparuta minoranza, sembra lecito domandarsi se “il golpe” avrebbe potuto produrre qualcosa di peggio.
Non ci sono solo i numeri di per sè impressionanti, dagli oltre 8700 dipendenti del ministero degli Interni rimossi fino ai 2745 magistrati fermati, sospesi e poi arrestati o le immagini raggelanti di prigionieri seminudi, ammassati con le mani legate e riversi al suolo in spazi asfissianti, che rimandano a situazioni tristemente note ed inequivocabili.
C’è insieme alla singolare prontezza nella redazione delle liste di proscrizione, compilate evidentemente per tempo, il tenore delle accuse che descrivono i magistrati “infedeli” come esecutori delle trame perpetrate dagli Usa dall’ex-sodale di Erdogan ora paladino dei diritti civili e autoesiliato Fethullah Gülem.
Ma più di tutto, e come era già ampiamente palpabile nelle ore concitate del tentativo del golpe e della “mobilitazione del popolo” che si è precipitato ad invadere le strade e le piazze al richiamo di Erdogan e dei muezzin suoi provvidenziali megafoni, c’è l’uso deformato e micidiale che il presidente-sultano sta facendo indisturbato dell’investitura popolare, impugnata come una clava contro i più elementari principi dello stato di diritto e delle democrazie liberali.
Dai tempi ormai lontani di “le moschee le nostre caserme… i fedeli i nostri soldati” e cioè i versi che declamava più di dieci anni fa, Erdogan è riuscito anche grazie al suo processo di apparente islamizzazione “moderata”, a trasformare nei “suoi soldati” una buona parte cittadini turchi che ora, incitata dallo stesso regime, democratico solo nell’involucro, reclama a gran voce il ritorno della pena di morte. E dunque Erdogan si domanda ad altissima voce: possiamo noi ignorare una richiesta che proviene forte e spontanea dal popolo?
Per ora l’Europa, con la voce di Angela Merkel, ha avvertito Erdogan che la Turchia può dimenticare definitivamente l’Europa se dovesse reintrodurre la pena di morte e Kerry ha assicurato che la “Nato vigilerà sul comportamento di Ankara”.
Ma dato che non mancano precedenti di “arrendevolezza” sulla difesa dei diritti e delle più elementari libertà individuali quando si ha bisogno di alleanze considerate strategiche come è oggi sul fronte dell’immigrazione quella con la Turchia, forse è il caso che a vigilare sia in primo luogo l’opinione pubblica internazionale e cioè ognuno di noi.
Tanto più per il livello dell’informazione che, non saprei dire se per sprovvedutezza o per naturale allineamento al vincitore (e nel caso del “golpe” turco non ci voleva uno stratega per prevedere che Erdogan avrebbe spianato i quattro gatti rivoltosi) ha dato un’immagine eroica e spontanea del popolo che “a mani nude” fermava i carri armati sul Bosforo.
In pole position, come da tradizione, il servizio pubblico con Rainews 24 dove Di Bella non ha lesinato paragoni storici con piazza Tienanmen e persino con Praga e Budapest. Con la piccola differenza che qui i rapporti di forza, al di là di ciò che appariva ma che il giornalista degno del nome dovrebbe saper decifrare, erano ribaltati e le conseguenze, una repressione indiscriminata e il pericolosissimo rafforzamento di Erdogan, facilmente prevedibili.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
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