La Terza Guerra Mondiale

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camillobenso
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LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA





Papa Francesco: "Ingiusto identificare l'islam con il terrorismo e la violenza"
Papa Francesco nega il legame tra islam e jihadismo: "So come la pensano i musulmani cercano la pace e l'incontro". E avverte: "Vedo violenze anche in Italia ad opera di cattolici"


Sergio Rame - Lun, 01/08/2016 - 00:01
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"Non è giusto e non è vero identificare l'islam con il terrorismo e la violenza".


In volo di ritorno dalla Polonia, dove in questi giorni ha partecipato alla 31esima Giornata mondiale della gioventù, papa Francesco ha negato che ci sia un legame tra l'islam e il terrorismo. E, nel giorno in cui i musulmani hanno pregato in chiesa con i cristiani, ha assicurato: "Gli islamici cercano la pace e l'incontro".

Durante la conferenza stampa sul volo da Cracovia, papa Francesco ha spiegato ai giornalisti che non gli piace parlare di violenza islamica: "Tutti i giorni sui giornali vedo violenze anche in Italia ad opera di cattolici battezzati". "Se io parlo di violenza islamica devo parlare anche di violenza cattolica - ha poi spiegato - ma non tutti i cristiani sono violenti così come non tutti gli islamici lo sono". In quasi tutte le religioni, secondo il Santo Padre, "c'è un piccolo gruppetto fondamentalista, anche noi lo abbiamo". Bergoglio ha ricordato di aver recentemente parlato con il Grande Imam di al Azhar, Ahmad al-Tayyib. "So come la pensano - ha puntualizzato - cercano la pace e l'incontro".

Papa Francesco ha poi raccontato del nunzio di un Paese africano che gli ha rivelava come nella capitale, dove questo opera, "c'è una coda di gente per la porta santa per il Giubileo e alcuni si accostano ai confessionali". "Cattolici anche, ma la maggior parte va avanti, avanti a pregare l'altare della Madonna - ha detto il Pontefice - questi sono musulmani che vogliono fare il giubileo. In Centrafrica sono andato da loro e anche l'imam è salito sulla papamobile - ha continuato - si può convivere bene". Eppure il fondamentalismo c'è. E allora Bergoglio ha chiesto: "Quanti giovani che noi europei abbiamo lasciato vuoti di ideali che non hanno lavoro e vanno alla droga, all'alcol e si arruolano in gruppi fondamentalisti?".

Durante la conferenza stampa in diversi hanno voluto sapere perché, dopo gli attentati rivendicati dall'Isis e l'uccisione di padre Jacques Hammel, papa Francesco abbia sempre parlato di terrorismo senza mai citare l'islam. "Il terrorismo è dappertutto - ha ribattuto Bergoglio - il terrorismo cresce quando non c'è un'altra opzione mentre al centro dell'economia mondiale c'è il dio denaro e si caccia via la meraviglia del creato, l'uomo e la donna - ha concluso - questo è un terrorismo di base, contro tutta l'umanità".
camillobenso
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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA



IO, QUESTA MINACCIA NON LA SOTTOVALUTEREI TROPPO!!!!!!



1 AGO 2016 13:14
“ROMPIAMO LA CROCE”


- LA RIVISTA DELL’ISIS, DABIQ, PUBBLICA UN ARTICOLO

-APPELLO IN INGLESE IN CUI INVITA I “SOLDATI NASCOSTI” AD ATTACCARE I “CROCIATI”: “TRA QUESTA PUBBLICAZIONE E IL PROSSIMO MASSACRO I CROCIATI CAPIRANNO PERCHÉ I MUSULMANI LI ODIANO E LI COMBATTONO”




Da http://www.quotidiano.net

Un militante Isis con la bandiera del Califfato abbatte una croce sul tetto di una chiesa. E sotto la scritta-appello "Rompiamo la croce". E' l'agghiacciante copertina di Dabiq, la rivista ideologica dello Stato islamico, che ha deciso di lanciare la sua anti-crociata proprio nel giorno in cui cristiani e musulmani pregano insieme contro il terrore, a Rouen ma anche in molte chiese italiane.

All'interno della rivista - scritta in inglese - l'articolo invita i 'soldati nascosti' ad attaccare i 'crociati'. E praticamente tutto il numero è dedicato a spiegare perché si deve fare la guerra ai cristiani. In un passaggio si arriva a invitare i cristiani a leggere Dabiq: "Tra questa pubblicazione di Dabiq e il prossimo massacro che verrà eseguito contro di loro dai soldati nascosti del califfato - ai quali viene ordinato di attaccare senza ritardi - i crociati possono leggere perché i musulmani li odiano e li combattono".


Inoltre vengono raccontate le storie di combattenti originari di America, Canada, Finlandia e Trinidad che si sono convertiti e viene lanciato un appello ai cosiddetti 'lupi solitari' a colpire. Nello stesso numero della rivista compare anche la condanna come apostata del soldato musulmano americano morto in Iraq nel 2004. Il giornale pubblica la foto della sua tomba al cimitero di Arlington. Il caso del soldato fa discutere in america per la polemica tra i genitori del giovane ufficiale e Donald Trump.
camillobenso
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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA




E’ più che lecito chiederci: “Ma quanto può durare la teoria di Francesco che intende chiarire che questa non è una guerra di religione ma una guerra ordinaria, anche se oggi si combatte con il terrore?????"

Sui due campi, quello falsamente islamico e quello falsamente cattolico, c’è chi lavora per arrivare allo scontro.

Il Giornale ha digerito malamente la posizione di Francesco, che inneggia alla pace.

Sallusti e Feltri ambiscono ad un papa guerriero che guidi le truppe cattoliche contro gli islamici.

Basta osservare i titoli de Il Giornale.it in questo momento, alle ore 18,30 del 1° di agosto del 2016.

Libia, pioggia di bombe Usa
contro i tagliagole del Califfo

Il Pentagono conferma l’intervento dei caccia. Colpite postazioni della Sirte: “Raid chiesto dal governo libico”
(Quindi, tutto a posto, tutto regolare se l’ha richiesto il governo libico ndt)
Di Claudio Torre
16 minuti fa

^^^^

Abbattuto elicottero russo:
ribelli fanno scempio dei corpi

Matteo Carnelietto
2 ore fa

^^^^^

I cristiani sono sotto attacco

Sostieni il reportage degli Occhi della Guerra
Fausto Biloslavo
3ore fa

^^^^^

Prete, non gli dà i soldi
Il richiedente asilo lo accoltella

Sergio Rame
11 minuti fa

NB. L’articolo è ripreso anche da Dagospia:

1 AGO 2016 17:37
DURA LA VITA DEL PRETE

- IN BELGIO UN RICHIEDENTE ASILO SI PRESENTA ALLA PORTA DI PADRE JOS VANDERLEE PER CHIEDERGLI DEI SOLDI MA QUANDO IL SACERDOTE SI RIFIUTA, L’IMMIGRATO ESTRAE UNA LAMA E LO ACCOLTELLA


Sergio Rame per http://www.ilgiornale.it

Prima ha voluto fare una doccia, poi ha battuto cassa pretendendo un po' di soldi. E quando Jos Vanderlee, un prete di 66 anni, si è rifiutato, l'immigrato ha estratto la lama e lo ha accoltellato per poi darsi alla fuga e sparire nel nulla. Fortunatamente il prete di Lanaken (Belgio) è rimasto ferito soltanto alle mani e se l'è cavata con una semplice medicazione. Ma l'aggressione, che sembra non aver nulla a che fare con lo Stato islamico, rilancia l'allarme nel cuore dell'Europa dopo la brutale uccisione di padre Jacques Hamel, sgozzato da due tagliagole dell'Isis nelle chiesa di Saint-Etienne du Rouvray.

La procura provinciale ha già aperto un'inchiesta penale. L'aggressione subita dal sacerdote a Lanaken, cittadina di 8mila abitanti del Limburgo belga situata sul confine con i Paesi Bassi, da parte di un richiedente asilo non può passare sotto traccia. C'è, infatti, bisogno di fare chiarezza su quellio che è successo.

Sebbene il portavoce della Procura provinciale si sia fiondato a spiegare che l'aggressore non ha probabilmente "alcun legame con lo Stato Islamico" o con altre organizzazioni estremistiche né "con gli attacchi terroristici che hanno interessato l'Europa", in particolare quello di martedì scorso nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, il momento storico impone chiarezza. Perché, anche se dovesse emergere che il folle gesto non ha nulla a che fare col fondamentalismo islamico, l'accoltellamento di un altro prete fa emergere un odio che non può e non deve essere taciuto


Secondo una prima ricostruzione dei fatti, l'immigrato si sarebbe presentato a casa del religioso, che ha alle spalle quarant'anni di ministero, per chiedergli aiuto e la possibilità di potersi fare una doccia. Jos Vanderlee ha acconsentito ma, una volta lavatosi, il richiedente asilo gli ha intimato che gli venisse consegnata immediatamente una somma cospicua di denaro. Ricevutone un rifiuto, ha colpito il sacerdote con un coltello, ferendolo in maniera lieve alla mano sinistra, e si è dileguato. La vittima è stata ricoverata in ospedale, ma le sue condizioni non destano preoccupazioni e "potrebbe essere dimessa già domani".

L'assalitore, ufficialmente non ancora identificato, avrebbe chiesto asilo alla vicina Olanda e non risulta essere ospite del locale centro di accoglienza per profughi.
camillobenso
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Libia, caccia Usa bombardano l’Isis a Sirte
Al Sarraj: “Raid richiesti dal governo libico”

“Abbiamo chiesto sostegno diretto, inflitte pesanti perdite ai miliziani”, ha annunciato il capo del governo voluto dall’Onu. Pentagono: “Sull’operazione ok di Obama, avanti a oltranza”. Il plauso della Farnesina

Mondo
Il governo di unità libico ha chiesto ufficialmente a Washington di bombardare l’Isis a Sirte. Lo ha annunciato il premier Fayez Al Sarraj, che ha precisato che “oggi caccia americani hanno effettuato dei raid aerei contro l’Isis a Sirte conformemente alla richiesta presentata dal Consiglio presidenziale del governo di intesa nazionale”. Sarraj ha confermato il “rifiuto del suo governo ad ogni tipo di ingerenza straniera senza mandato o autorizzazione del governo di intesa nazionale”. Peter Cook, portavoce del Pentagono: “Operazione autorizzata da Obama




Libia, Usa bombardano roccaforte Isis su richiesta del governo di Al Sarraj

Mondo
L'annuncio è arrivato da Tripoli. Pochi minuti più tardi la conferma del Pentagono. Il premier ha rivelato che il suo esecutivo aveva chiesto un "sostegno diretto agli Stati Uniti per effettuare raid aerei contro l’Isis a Sirte", scrive il sito Alwasat, confermando il "rifiuto del suo governo ad ogni tipo di ingerenza straniera senza mandato o autorizzazione"
di F. Q. | 1 agosto 2016
COMMENTI

La notizia è arrivata da Tripoli. Pochi minuti più tardi la conferma del Pentagono: il governo di unità libico promosso dalle Nazioni Unite e insediatosi a Tripoli ha chiesto ufficialmente agli Stati Uniti di bombardare l’Isis a Sirte. Lo ha annunciato il premier Fayez Al Sarraj, in conferenza stampa citato dai media locali, affermando che i primi bombardamenti sulla città natale di Muammar Gheddafi, controllata da gruppi affiliati allo Stato Islamico, sono stati effettuati oggi. L’aviazione Usa aveva già condotto attacchi aerei in Libia, l’ultimo dei quali contro un campo di addestramento del gruppo jihadista nella città di Sabrata a febbraio.

Nel suo discorso in tv, Sarraj ha precisato che “oggi caccia americani hanno effettuato dei raid aerei contro l’Isis a Sirte conformemente alla richiesta presentata dal Consiglio presidenziale del governo di intesa nazionale ed in coordinamento con la ‘Operation Room’ dell’operazione Al Bunyan al Marsous” a Sirte.

Sarraj ha rivelato che il suo governo aveva chiesto un “sostegno diretto agli Stati Uniti per effettuare raid aerei contro l’Isis a Sirte”, scrive il sito Alwasat, confermando il “rifiuto del suo governo ad ogni tipo di ingerenza straniera senza mandato o autorizzazione del governo di intesa nazionale”.

“L’aviazione Usa ha colpito alcune postazioni dell’Isis a Sirte – ha aggiunto – infliggendo loro pesanti perdite“. Questo “aiuto solo aereo sarà limitato ad un asso di tempo ben determinato, nell’are di Sirte e della sua periferia” e “non ci saranno presenze militari Usa sul terreno”.

Conferma dei bombardamenti è arrivata anche dal Pentagono. Il portavoce Peter Cook ha sottolineato che i “raid di precisione” puntano a negare allo Stato Islamico “paradisi sicuri” e sono stati autorizzati dal presidente americano, Barack Obama, su raccomandazione del segretario alla Difesa, Ash Carter. “Altri bombardamenti continueranno sino a quando il governo di unità nazionale libico lo richiederà”, “non è prevista una scadenza in questo preciso momento” e “ci sarà un accordo attento e coordinato” con le autorità libiche ” per consentire loro di “compiere un’avanzata decisiva e strategica”, ha detto ancora Cook, secondo il quale nella città costiera ci sono circa “1.000 combattenti” del califfato.

La notizia arriva dopo che nei giorni scorsi i media libici hanno riportato di un messaggio del comando dell’operazione Al-Bunyan Al-Marsous al governo di Al Sarraj chiedendo l’ausilio di raid aerei Usa nella battaglia contro l’Is anella città costiera. Nel messaggio, secondo quanto riportato da diversi media libici, l’operazione Al-Bunyan Al-Marsous chiede l’intervento Usa sulla base di coordinate fornite delle forze fedeli a Serraj presenti sul terreno.

Il primo plauso all’operazione parte da Roma: “L’Italia valuta positivamente le operazioni aeree avviate oggi dagli Stati Uniti su alcuni obiettivi di Daesh a Sirte” – si legge in una nota della Farnesina – esse avvengono su richiesta del governo” guidato da Fayez al Sarraj “a sostegno delle forze fedeli al governo, nel comune obiettivo di contribuire a ristabilire la pace e la sicurezza in Libia”, prosegue il testo. L’Italia sostiene il governo guidato da Sarraj e “lo incoraggia a realizzare le iniziative necessarie per ridare stabilità e pace al popolo libico”.

L’Italia, da parte sua, è stata informata ma non ha partecipato alle operazioni, hanno riferito all’ANSA fonti qualificate, secondo cui i caccia da sorveglianza e ricognizione italiani non hanno supportato il blitz, né gli aerei americani sono partiti da basi situate in territorio italiano.

di F. Q. | 1 agosto 2016
camillobenso
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Terrorismo, la violenza come affermazione di sé per l’adolescente immigrato
Società
di Patrizia Mattioli | 1 agosto 2016
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Patrizia Mattioli
Psicologa e psicoterapeuta

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Nizza, Wurzburg, Monaco, Rouen, solo per citare i fatti più recenti, episodi di cui sono protagonisti immigrati di seconda o terza generazione con problematiche psichiche importanti. Si discute sul ruolo che possono avere le difficoltà di integrazione nella costruzione dei problemi e del comportamento deviante dell’immigrato, di quanto influisca il grado di accoglienza o rifiuto del paese ospitante.

Il rifiuto non è sempre presente nelle storie degli adolescenti immigrati e il disagio che vivono nei sentimenti di esclusione ed emarginazione a volte è il risultato di una percepita amplificazione di ciò che effettivamente accade, di un vissuto persecutorio di fronte ai comportamenti dei coetanei. A scuola ho conosciuto ragazzi, immigrati di seconda generazione, che vivono convinti che nessuno sia realmente interessato a loro, nonostante gli sforzi dei compagni di classe di coinvolgerli in attività comuni, e i tentativi degli insegnanti di scuoterli dal loro torpore e isolamento, di offrirsi come punti di riferimento o come interpreti con i loro stessi genitori con i quali spesso non condividono la lingua, per spiegare e sensibilizzarli al problema del figlio.

Gli insegnanti non fanno finta di niente, fanno quello che possono. Non dico che non ci sia qualcuno che si tira indietro, ma per la maggior parte non è così. La sospensione che vive l’adolescente immigrato gli impedisce di appartenere veramente sia alla cultura di origine che a quella di accoglienza e il senso di esclusione e non appartenenza che ne deriva è profondo. L’identità precaria crea uno stato di insicurezza e incertezza che rende difficile la costruzione di progetti personali e qualche volta anche solo avere un’idea di futuro.

La mancanza di prospettiva futura crea terreno fertile per progetti deliranti che offrano una qualche idea di realizzazione anche a costo della vita propria e altrui, vita che per altro sembra avere poco valore in queste condizioni, privilegiando l’idea di protagonismo. Il terrorismo non deve far altro poi che attribuirsi il fatto e approfittare di quanto accade per fortificarsi.

Si possono fare tante analisi degli ultimi eventi. Ognuno ritiene di maggiore rilievo una lettura dell’accaduto o un’altra: quella politica piuttosto che quella sociale, quella ideologica, religiosa o economica piuttosto che psicologica, come se questi fattori potessero essere separati. Evidentemente è la concomitanza di tutti a creare le condizioni per questi drammatici fatti. Nei casi più recenti il detonatore ultimo è sembrato quello psicologico: costruire un’immagine di sé di grande criminale come riscatto dei torti subiti – nel caso di Monaco-, incanalare la propria sofferenza, ormai divenuta follia, contro un ambiente esterno indifferenziato, nemico - come è accaduto a Nizza.

Tutto questo con il doppio (grottesco) “vantaggio” della delirante rivalsa, di cui non si riuscirà a vedere l’effetto, su un ambiente ritenuto ostile e rifiutante e dell’affermazione di un’identità frammentaria e inconsistente. Sarebbe bene che le problematiche attuali fossero affrontate in maniera integrata da politica, economia, sociologia, religione, psicologia e soprattutto che la politica e l’economia nel progettare soluzioni, considerassero il ruolo degli aspetti relazionali, in generale psicologici, nella costruzione dei grandi problemi.

È un discorso che spesso non piace, forse perché situazioni complicate potrebbero avere soluzioni troppo semplici?

di Patrizia Mattioli | 1 agosto 2016
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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I FALSI CATTOLICI FREMONO. SIA GUERRA SANTA CONTRO L'ISLAM.

BECHIS SCOMUNICA FRANCESCO.





2 AGO 2016 12:36
FAI IL PAPA COME SI DEVE - BECHIS “SCOMUNICA” BERGOGLIO: “ORA ESAGERA UN PO': NEGA CHE I TAGLIAGOLE SIANO MUSULMANI E LI PARAGONA AI CATTOLICI CHE UCCIDONO LE MOGLI. CI SAREMMO ASPETTATI UN COMMENTO COSÌ DA UNA LAURA BOLDRINI DELLA PORTA ACCANTO, NON DA UN PAPA. E SULL'OCCIDENTE IN DECADENZA PARLA COME L'ISIS”



Franco Bechis per “Libero Quotidiano”

Quando il Papa si concede due chiacchiere con la stampa in aereo durante i viaggi ufficiali si esprime a braccio, dice cose semplici un po' come gli vengono in mente, traduce a modo suo mentalmente quel che gli verrebbe in spagnolo, e talvolta scappa qualcosa che magari non avrebbe detto in quel modo in un incontro ufficiale. È come se il Papa facesse quattro chiacchiere al bar.


Pur tenendo presente questa situazione particolare, non pochi cristiani devono avere fatto un salto sulla sedia leggendo i resoconti dell'ultima chiacchierata sull'Islam. «A me non piace parlare di violenza islamica», avrebbe detto Francesco, «perché tutti i giorni vedo violenze anche in Italia, quando qualcuno uccide la fidanzata e la suocera, questi sono cattolici battezzati, sono violenti, sono cattolici».


Un paragone che lascia di stucco, perché nessuno dei fidanzati o dei generi battezzati (come delle fidanzate o nuore, perché ogni tanto delinquono pure loro) risulta abbia mai ucciso in nome di Dio, perché Dio glielo aveva chiesto, ed é questo che fa la differenza con i terroristi protagonisti delle stragi di questi anni.

Ci saremmo aspettati un commento così da una Laura Boldrini della porta accanto, non da un Papa. Francesco però non si é fermato lì, e ha aggiunto: «Si parla di violenza islamica ma non è che tutti gli islamici sono violenti e tutti i cattolici sono violenti. Non si può fare una macedonia. Credo che in quasi tutte le religioni ci siano piccoli gruppetti di fondamentalisti. Anche noi abbiamo i fondamentalisti. Il fondamentalismo può anche arrivare ad uccidere con la chiacchiera oltre che con il coltello, come dice l' apostolo Giacomo».

ALTRO CHE CHIACCHIERE
Ho visto, inneggiando il proprio Dio, uomini sgozzare altri uomini legati e inginocchiati davanti a loro, li ho visti crocifiggere altri uomini e mentre erano ancora vivi, lì appesi, amputare loro una mano o una gamba fra urla disperate; li ho visti, sempre dicendo che il loro Dio era grande, bruciare altri uomini in gabbie da cui non potevano scappare; li ho visti sgozzare bambini come adulti; li ho visti uccidere un cristiano, in piedi con le mani legate dietro la schiena, dicendogli di scappare davanti a un carro armato che lo inseguiva, e con il cingolato che lo ha travolto schiacciandogli corpo e testa divenuta poltiglia perché tutto questo è stato rigorosamente filmato e accompagnato da canti che celebravano Allah.


Ho visto e sinceramente mi sfugge il parallelo con le chiacchiere malevole di qualche beghina di paese, che talvolta - è possibile - possono complicare e perfino rovinare vite altrui. Ma torniamo alle parole del Papa sull'aereo: «Sul fondamentalismo mi domando: quanti sono i giovani che noi europei abbiamo lasciato vuoti di ideali e così si dirigono verso la droga e l'alcol? Poi si arruolano nei gruppi fondamentalisti. L'Isis possiamo dire che é uno stato islamico per come si presenta, ma poi ci fa vedere la sua identità che è violenta. Non si può dire e non è giusto che l'Islam sia identificato con il terrorismo».

Qui quel riferimento all'alcol e alla droga si unisce a quell' altra interpretazione - un po' marxista - che il Pontefice ha dato nei giorni scorsi sul terrorismo islamista provocato da guerre per potere e soldi. Decadenza dei costumi e vuoto di ideali che si mescola a un potere avido e spietato.


È la stessa identica analisi che fa nel suo ultimo numero (che per altro ha come titolo di copertina «Spezzate la croce», invitando alla guerra contro i cristiani) la rivista dell' Isis «Dabiq» che spiega con quelle esatte parole (e con dotti articoli teologici) perché bisogna uccidere i cristiani: il potere avido e spietato, la decadenza dei costumi che passa attraverso alcol, droga e soprattutto omosessualità, unioni civili, la fine della paternità e della maternità naturale. Quel che qui dice il Papa è vero, anche se è identico a quel che sostiene l'Isis. L' odio nei nostri confronti di milioni di islamici che abitano terre insanguinate e bombardate dall' Occidente ha ben poco di teologico ed è reale.

Anche noi odieremmo così se fosse accaduto a noi. E quell'odio che si trasmette di generazione in generazione è humus che rende fertile quel che cercano i terroristi dell'Islam e che rende difficilissima l'integrazione nei nostri paesi.


LA KAMIKAZE É NUDA
È un fatto, non opinabile, che chi oggi compie le stragi che abbiamo vissuto in Francia, in Belgio, in Germania, in Iraq, in Libia, in Nigeria, in Bangladesh, in Pakistan e in gran parte del mondo, uccida in nome di Dio. È terrorismo religioso, di natura islamica. Che ha dietro i suoi imam che incitano al martirio, che talvolta invitano a nascondersi per non essere riconoscibili fra gli infedeli, che hanno sempre più largo proselitismo. Ci sono imam che sono stati protagonisti di lunghi dibattiti teologici su un argomento che ci fa rabbrividire: può una donna diventare kamikaze?

Il problema era uno solo: una donna deve vivere coperta, nascondendo le sue nudità. Facendosi esplodere c' era il rischio che un seno nudo restasse integro, visibile, contraddicendo ai precetti dell' islam. Gli imam hanno discusso a lungo, poi deciso che l' attentato valeva ben un seno nudo. Ora è evidente che l' islam non sia questo, come dice il Papa. Ma che cosa è l' islam? A chi puoi chiedere una diversità, un segnale, una rottura da quell' humus su cui si innesta la propaganda terrorista?


Non lo sai, perché non c' è una guida spirituale o gerarchica unica e indiscutibile. Se ci provi accade quel che si è visto domenica: qualcuno (pochissimi) viene a darti solidarietà a messa e altri (quasi tutti) no. Ma fra quegli altri ce ne sono probabilmente tanti che in una chiesa non metterebbero mai piede, ma non hanno in testa di uccidere un cristiano. E allora? Devi cavartela da te, e non é sbagliato il paragone con gli anni di piombo e le leggi speciali che riuscirono ad isolare con la paura di finire i propri anni in carcere anche solo per una adesione ideale i terroristi da quel retroterra politico e culturale rosso o nero su cui campavano.


LA GRANDE PAURA
Per il Papa però questa soluzione non vale. Lui guida più di un miliardo di cattolici in ogni paese del mondo. Milioni di loro sono in mezzo a islamici che li odiano, e che non sono affatto pacifici. Ogni giorno ci sono martiri cristiani lì. Questo il Papa lo sa e - sono sicuro - sa anche che il terrorismo di oggi ha natura soprattutto religiosa. Francesco ha la responsabilità di quei cattolici sulle sue spalle, tutto può augurarsi meno che una guerra di religione. Capisco così la prudenza che usa, il desiderio di non accendere fiamme con le sue parole. Magari esagera un po' a minimizzare, i paragoni fatti non sono così riusciti. Però capisco
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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I FALSI CATTOLICI FREMONO. SIA GUERRA SANTA CONTRO L'ISLAM.

BECHIS SCOMUNICA FRANCESCO.





2 AGO 2016 12:36
FAI IL PAPA COME SI DEVE - BECHIS “SCOMUNICA” BERGOGLIO: “ORA ESAGERA UN PO': NEGA CHE I TAGLIAGOLE SIANO MUSULMANI E LI PARAGONA AI CATTOLICI CHE UCCIDONO LE MOGLI. CI SAREMMO ASPETTATI UN COMMENTO COSÌ DA UNA LAURA BOLDRINI DELLA PORTA ACCANTO, NON DA UN PAPA. E SULL'OCCIDENTE IN DECADENZA PARLA COME L'ISIS”



Franco Bechis per “Libero Quotidiano”

Quando il Papa si concede due chiacchiere con la stampa in aereo durante i viaggi ufficiali si esprime a braccio, dice cose semplici un po' come gli vengono in mente, traduce a modo suo mentalmente quel che gli verrebbe in spagnolo, e talvolta scappa qualcosa che magari non avrebbe detto in quel modo in un incontro ufficiale. È come se il Papa facesse quattro chiacchiere al bar.


Pur tenendo presente questa situazione particolare, non pochi cristiani devono avere fatto un salto sulla sedia leggendo i resoconti dell'ultima chiacchierata sull'Islam. «A me non piace parlare di violenza islamica», avrebbe detto Francesco, «perché tutti i giorni vedo violenze anche in Italia, quando qualcuno uccide la fidanzata e la suocera, questi sono cattolici battezzati, sono violenti, sono cattolici».


Un paragone che lascia di stucco, perché nessuno dei fidanzati o dei generi battezzati (come delle fidanzate o nuore, perché ogni tanto delinquono pure loro) risulta abbia mai ucciso in nome di Dio, perché Dio glielo aveva chiesto, ed é questo che fa la differenza con i terroristi protagonisti delle stragi di questi anni.

Ci saremmo aspettati un commento così da una Laura Boldrini della porta accanto, non da un Papa. Francesco però non si é fermato lì, e ha aggiunto: «Si parla di violenza islamica ma non è che tutti gli islamici sono violenti e tutti i cattolici sono violenti. Non si può fare una macedonia. Credo che in quasi tutte le religioni ci siano piccoli gruppetti di fondamentalisti. Anche noi abbiamo i fondamentalisti. Il fondamentalismo può anche arrivare ad uccidere con la chiacchiera oltre che con il coltello, come dice l' apostolo Giacomo».

ALTRO CHE CHIACCHIERE
Ho visto, inneggiando il proprio Dio, uomini sgozzare altri uomini legati e inginocchiati davanti a loro, li ho visti crocifiggere altri uomini e mentre erano ancora vivi, lì appesi, amputare loro una mano o una gamba fra urla disperate; li ho visti, sempre dicendo che il loro Dio era grande, bruciare altri uomini in gabbie da cui non potevano scappare; li ho visti sgozzare bambini come adulti; li ho visti uccidere un cristiano, in piedi con le mani legate dietro la schiena, dicendogli di scappare davanti a un carro armato che lo inseguiva, e con il cingolato che lo ha travolto schiacciandogli corpo e testa divenuta poltiglia perché tutto questo è stato rigorosamente filmato e accompagnato da canti che celebravano Allah.


Ho visto e sinceramente mi sfugge il parallelo con le chiacchiere malevole di qualche beghina di paese, che talvolta - è possibile - possono complicare e perfino rovinare vite altrui. Ma torniamo alle parole del Papa sull'aereo: «Sul fondamentalismo mi domando: quanti sono i giovani che noi europei abbiamo lasciato vuoti di ideali e così si dirigono verso la droga e l'alcol? Poi si arruolano nei gruppi fondamentalisti. L'Isis possiamo dire che é uno stato islamico per come si presenta, ma poi ci fa vedere la sua identità che è violenta. Non si può dire e non è giusto che l'Islam sia identificato con il terrorismo».

Qui quel riferimento all'alcol e alla droga si unisce a quell' altra interpretazione - un po' marxista - che il Pontefice ha dato nei giorni scorsi sul terrorismo islamista provocato da guerre per potere e soldi. Decadenza dei costumi e vuoto di ideali che si mescola a un potere avido e spietato.


È la stessa identica analisi che fa nel suo ultimo numero (che per altro ha come titolo di copertina «Spezzate la croce», invitando alla guerra contro i cristiani) la rivista dell' Isis «Dabiq» che spiega con quelle esatte parole (e con dotti articoli teologici) perché bisogna uccidere i cristiani: il potere avido e spietato, la decadenza dei costumi che passa attraverso alcol, droga e soprattutto omosessualità, unioni civili, la fine della paternità e della maternità naturale. Quel che qui dice il Papa è vero, anche se è identico a quel che sostiene l'Isis. L' odio nei nostri confronti di milioni di islamici che abitano terre insanguinate e bombardate dall' Occidente ha ben poco di teologico ed è reale.

Anche noi odieremmo così se fosse accaduto a noi. E quell'odio che si trasmette di generazione in generazione è humus che rende fertile quel che cercano i terroristi dell'Islam e che rende difficilissima l'integrazione nei nostri paesi.


LA KAMIKAZE É NUDA
È un fatto, non opinabile, che chi oggi compie le stragi che abbiamo vissuto in Francia, in Belgio, in Germania, in Iraq, in Libia, in Nigeria, in Bangladesh, in Pakistan e in gran parte del mondo, uccida in nome di Dio. È terrorismo religioso, di natura islamica. Che ha dietro i suoi imam che incitano al martirio, che talvolta invitano a nascondersi per non essere riconoscibili fra gli infedeli, che hanno sempre più largo proselitismo. Ci sono imam che sono stati protagonisti di lunghi dibattiti teologici su un argomento che ci fa rabbrividire: può una donna diventare kamikaze?

Il problema era uno solo: una donna deve vivere coperta, nascondendo le sue nudità. Facendosi esplodere c' era il rischio che un seno nudo restasse integro, visibile, contraddicendo ai precetti dell' islam. Gli imam hanno discusso a lungo, poi deciso che l' attentato valeva ben un seno nudo. Ora è evidente che l' islam non sia questo, come dice il Papa. Ma che cosa è l' islam? A chi puoi chiedere una diversità, un segnale, una rottura da quell' humus su cui si innesta la propaganda terrorista?


Non lo sai, perché non c' è una guida spirituale o gerarchica unica e indiscutibile. Se ci provi accade quel che si è visto domenica: qualcuno (pochissimi) viene a darti solidarietà a messa e altri (quasi tutti) no. Ma fra quegli altri ce ne sono probabilmente tanti che in una chiesa non metterebbero mai piede, ma non hanno in testa di uccidere un cristiano. E allora? Devi cavartela da te, e non é sbagliato il paragone con gli anni di piombo e le leggi speciali che riuscirono ad isolare con la paura di finire i propri anni in carcere anche solo per una adesione ideale i terroristi da quel retroterra politico e culturale rosso o nero su cui campavano.


LA GRANDE PAURA
Per il Papa però questa soluzione non vale. Lui guida più di un miliardo di cattolici in ogni paese del mondo. Milioni di loro sono in mezzo a islamici che li odiano, e che non sono affatto pacifici. Ogni giorno ci sono martiri cristiani lì. Questo il Papa lo sa e - sono sicuro - sa anche che il terrorismo di oggi ha natura soprattutto religiosa. Francesco ha la responsabilità di quei cattolici sulle sue spalle, tutto può augurarsi meno che una guerra di religione. Capisco così la prudenza che usa, il desiderio di non accendere fiamme con le sue parole. Magari esagera un po' a minimizzare, i paragoni fatti non sono così riusciti. Però capisco
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LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA





Erdogan minaccia l'Italia. È alta tensione con Renzi
Erdogan attacca l'Ue e Mogherini. Poi minaccia l'Italia: "L'indagine su mio figlio mina i rapporti". L'ira di Renzi: "I giudici rispondono alla Costituzione non a lui"


Sergio Rame - Mar, 02/08/2016 - 17:50
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Nervi tesissimi tra Ankara e Roma. Se da una parte il presidente Recep Tayyip Erdogan attacca a testa bassa l'Unione europea e Federica Mogherini per la posizione presa durante il golpe, arrivando addirittura a minacciare la tenuta dell'accodo sui migranti, dall'altra sfida Matteo Renzi e la magistratura italiana criticando le indagini che i giudici di Bologna stanno portando avanti sul figlio Bilal.


"Così - ha intimato il presidente russo - si mettono a rischio i rapporti con l'Italia". Da Palazzo Chigi, però, è arrivata una risposta secca: "I nostri giudici rispondono alla Costituzione, non a Erdogan".

L'attacco a Bruxelles
In una intevista esclusiva a Rai News 24, Erdogan, ha attaccato l'Unione Europea e il suo capo della diplomazia, Federica Mogherini, per come hanno reagito al golpe in Turchia. "In Turchia c'è stato un golpe contro la democrazia che ha fatto 238 martiri e nessuno è venuto qui". "E Mogherini - ha, poi, aggiunto il presidente turco - non avrebbe dovuto parlare da fuori: 'Mogherini prima di tutto - ha detto idealmente rivolto alla diplomatica italiana - saresti dovuta venire in Turchia'". "Se viene bombardato il Parlamento italiano che cosa succede? La Mogherini, che è italiana, come reagisce? Dice che hanno fatto bene, che è preoccupata dai processi che ne deriverebbero? Ora vi chiedo una cosa - ha incalzato - l'Occidente è dalla parte della democrazia o del golpe?".

Le minacce all'Italia
Erdogan se l'è presa anche con i giudici di Bologna che stanno indagando il figlio per riciclaggio. "Si occupino piuttosto della mafia", ha tuonato ai microfoni di Rai News 24 mettendo in guardia che la vicenda giudiziaria potrebbe "mettere a rischio i rapporti con l'Italia". E ha ricordato che il figlio, "se tornasse in Italia potrebbe essere arrestato, perché c'è un'inchiesta aperta nei suoi confronti". "Perché? Non c'è una risposta - continua Erdogan - e quando tu chiedi perché non ti rispondono. Mio figlio dovrebbe tornare a Bologna per terminare il dottorato. In quella città mi chiamano 'dittatore' e fanno cortei per il Pkk. Perché non intervengono? È questo lo stato di diritto?". Quindi ha lanciato un avvertimento netto a Renzi: "La sua vicenda potrebbe mettere in difficoltà persino le nostre relazioni con l'Italia. Mio figlio è un uomo brillante e viene accusato di riciclaggio di denaro. Che si occupino di mafia in Italia e non di mio figlio".

La replica dell'Italia
Renzi ha risposto duramente agli attacchi e alle minacce di Erdogan. "In Italia c'è una magistratura autonoma e indipendente che agisce secondo le leggi e che combatte tutte le forme di illegalità - ha tuonato il premier - i giudici italiani rispondono alla Costituzione italiana e non al presidente turco. Chiamiamo questo sistema 'Stato di Diritto' e ne siamo orgoglioso". Durissima anche la presa di posizione della Farnesina che, in una nota, ha sottolineato "come in Italia sia in vigore lo stato di diritto e il pieno rispetto dell'autonomia della magistratura". "Magistratura che insieme alle forze dell'ordine è impegnata con successo nel contrasto alla mafia e non ha certo bisogno per farlo dell'incoraggiamento da parte di alcuno", si legge nella nota che, comunque, ribadisce "la ferma condanna del tentativo di colpo di stato del 15 luglio" e conferma "la preoccupazione comune all'intera Europa per gli accadimenti in corso".
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LIBRE news

Carpeoro: siate consapevoli, e aprirete una falla nel sistema

Scritto il 03/8/16 • nella Categoria: idee Condividi


Qual è lo schema della manipolazione?

E’ anch’esso uno schema rituale.

Io ho sempre pensato che il potere, quello che Saba Sardi chiama “dominio”, agisca sulle persone in cinque fasi, che sono quasi un rito.

Queste cinque fasi sono sempre le stesse, e si chiamano: astrazione, estrazione, ostruzione, istruzione, distruzione.

Sono azioni, per questo hanno tutte la stessa desinenza.

Perché astrazione? Perché bisogna creare il vuoto.

E quindi, il primo schema della manipolazione è quello di togliere l’individuo da una realtà che può capire, può farlo pensare, può renderlo autonomo nei confronti del pensiero.

Quindi la prima cosa che devo fare è: fargli il vuoto intorno, e possibilmente anche il vuoto dentro.

E questo lo faccio astraendolo dalla realtà, cioè facendo delle operazioni di astrazione.

Fatto questo, poi c’è l’estrazione: dopo che l’ho messo in un mondo finto, di plastica, devo comunque estrarlo da un contesto dove lui possa tornare; devo creargli una finta casa: dopo che gli tolto la casa vera, devo costruirgliene attorno una finta, fatta di fondali cinematografici, di effetti speciali.

E questa è l’estrazione.

Questa casa, che gli ho costruito attorno, piena di cose posticce, poi devo rendergliela unica e invalicabile: e quindi devo fare un’operazione di ostruzione, cioè devo rendere impossibile tornare indietro.

Poi devo trasformare questa persona, adattarla al meccanismo-ingranaggio generale che ho creato, e questa operazione si chiama istruzione.

E poi, dopo, c’è la fase finale, che si chiama distruzione, e si può considerare a livello individuale ma anche non individuale.

Un grande iniziato, che si chiamava Isaac Newton, fece 5 pagine di previsioni, tra l’altro ripubblicate recentemente dalla fondazione a lui dedicata, che ha pubblicato tutto i suoi atti inediti in un sito Internet.

Newton era anche un matematico, scopritore del cosiddetto calcolo infinitesimale.

Facendo conteggi, Isaac Newton ha collocato la possibilità della fine del mondo nel 2060: quanto è lontano il 2060?

Una stima del ministero americano dell’ambiente, basata sull’elevazione dell’area priva di ossigeno degli oceani – si chiama “area della morte”, è la fase più profonda e completamente priva di ossigeno, di luce, di possibilità di vita – rivela che questa fascia, nell’ultimo secolo, si è elevata del 400%.

Provate a pensare a cosa succede se muoiono completamente gli oceani.

E, se questo work in progress va avanti così, questa stima degli americani porta all’incirca al 2060.

Il che vuol dire che Newton con la matematica ci sapeva fare.

Tutte le operazioni dei millenni di vita dell’uomo che conosciamo sono dominati dal pensiero magico.

Della nostra avventura conosciuta, rispetto ai 22 milioni di anni di storia scientifica della vita e dell’universo, quanti anni conosciamo, analiticamente? Cinquemila? Settemila? Diecimila?

Nella storia generale dell’universo, i diecimila anni di cammino dell’uomo che conosciamo cosa sono? Un pulviscolo.

Noi, siccome abbiamo l’epos, li dilatiamo, pensiamo che chissà che storia sia.

Ma non è mica tutta questa grande storia.

Né sarebbe un esempio di vita lunga di una civiltà, se morisse dopo diecimila anni (credo che la dominazione dei dinosauri sulla Terra sia mille volte tanto, centomila volte tanto).

Queste migliaia di anni che conosciamo, della nostra vita, sono anni di implemento delle conseguenze del pensiero magico.

Gradualmente, abbiamo trasferito tutte le nostre risorse, tutto il nostro cammino evolutivo e tutta la nostra creatività dalla possibilità di un pensiero simbolico alla scelta del pensiero magico.

Se una persona è malata di cancro, tra un medico e una cartomante preferisce il medico.

Ma se non è ancora malata di cancro, sceglie la cartomante.

Il nostro problema è che, quando eravamo sani, abbiamo scelto la magia.

Adesso che malati lo siamo, chissà, forse… Però è molto difficile.

Gesù Cristo nel Vangelo dice che bisogna scegliere la via stretta, ma noi non scegliamo sempre la via stretta.

E’ talmente difficile imparare a considerare le nostre possibilità di espansione individuale come collegate alle nostre capacità, alla nostra vita, alle opportunità reali che abbiamo, che gli ultimi anni che stiamo vivendo sono il record dei superenalotti, delle lotterie.

Non siamo più abituati a mettere in concatenazione la nostra felicità – il nostro lavoro, la nostra creatività – al merito.

Se uno pensa ad arricchirsi, questo è il prodotto di un pensiero magico: perché, prima di pensare a come arricchirsi, dovrebbe valutare perché arricchirsi.

Non siamo più abituati a collegare nemmeno l’arricchimento al merito, ad un valore, a una differenza: basta andare dal tabaccaio.

Noi oggi abbiamo queste altre ritualità.

Abbiamo distaccato, trasformato il sacro.Noi oggi siamo schiavi di idoli diversi.

Sempre di idolatria si tratta, ma abbiamo sostituito il sacro come ricerca con il sacro come autoasserzione.

Abbiamo cioè trasformato il sacro in qualcosa che si definisce da sé, non in qualcosa che definiamo noi.

E questa operazione di idolatria è abilmente descritta nella Bibbia quando gli ebrei si ritrovano ad adorare il Vitello d’Oro, mentre Mosè gli porta giù dalla montagna delle leggi.

La differenza è tra adorare il Vitello d’Oro e proseguire in un percorso per cui il tuo capo spirituale ti porta giù delle leggi.

Sapete, le leggi non sono una cosa qualunque: sono lì per regolare la nostra vita.

Certo, non sempre ci sono delle buone leggi: è per questo che Mosè se le fa dare da Dio.

Non voglio entrare nella polemica su Jahvè-Dio sollevata da Biglino, col quale peraltro sono in buonissimi rapporti.

Qui interpreto Dio come simbolo: una entità suprema che dà la legge, sottolinea quanto sia importante, una legge.

E quando Mosè scende con le leggi, quelli sono già passati al Vitello d’Oro.

Questo non descrive forse il pensiero magico e il pensiero simbolico?

Non me la sono inventata io, questa scelta tra il Magus e il Magister: nell’antichità, la troviate enne volte.

Si è trasferita in tutto.

Si è trasferita nella nostra vita sociale.

Noi oggi continuiamo a inseguire un politico che ci risolva dei problemi, che ci attribuisca dei diritti.

Ma io non voglio un politico che mi risolva i problemi. Voglio un politico che metta me in condizione di risolverli.

Non è pensiero magico?

Qui c’è una politica che vi ha tolto i vostri diritti, cioè la possibilità di risolvere da voi i vostri problemi.

E qualunque tipo di politico viene e dice: non ti preoccupare, te li risolvo io.

Nessuno ti dice: non ti preoccupare, perché creeremo condizioni perché te li risolva tu.

E’ lì che poi falliscono le democrazie.

Perché uno non mi può spacciare una democrazia sostitutiva per una democrazia rappresentativa.

Sono due cose diverse.

Qui, le nostre vite sono state delegate per procura notarile, irrevocabile.

Ma io non voglio delegare la mia vita, io voglio avere da te il diritto di farmela da solo, la mia vita.

E questo diritto tu non me lo dai.

E sembra quasi che sia giusto, scontato, che tu non me lo dia.

Nessuno si chiede: ma perché nessun politico mi dice come sarò in condizione, io, di fare le cose?

Sulla base di una nostra pigrizia, di una nostra graduale astrazione dalla vita concreta e dalle regole democratiche, ci danno ormai per scontato che i problemi ce li deve risolvere qualcun altro.

In pari con un’altra cosa: che la colpa è sempre di qualcun altro.

E’ in parallelo: da un lato ti dicono che i problemi te li risolvono loro, dall’altro ti spiegano che, comunque, la colpa è sempre di tizio – Gelli, Sindona, Craxi, Totò Riina, è sempre colpa degli altri.

Dobbiamo entrare nella logica che il cambiamento è nostro: siamo noi che dobbiamo diventare dei soggetti rivoluzionari.

Il che non significa che non saremo più propensi a sacralizzare, ritualizzare e simboleggiare delle cose; significa che, quando lo facciamo, lo dobbiamo fare consapevolmente.

Il margine è tutto lì, tra consapevolezza e inconsapevolezza.

In quante ore della nostra giornata facciamo cose di cui siamo pienamente consapevoli?

Numeriamo le azioni di una nostra giornata, e verifichiamo alla fine che conto ne esce.

Secondo me si farebbero delle belle scoperte, ma questa non è una funzione che Facebook ha previsto; quindi non ve ne accorgerete mai, perché un diario non lo tenete più.

Immaginate che su Facebook ci sia una funzione “verifica consapevolezza” – ma Facebook quella funzione non la metterà mai, perché fa parte dell’altro meccanismo, dell’altro versante.

E se scopriste che il 90% della vostra vita è fatto di atti inconsapevoli?

La consapevolezza comporta automaticamente una falla nel sistema di potere.

Questo è un potere che vive sull’inconsapevolezza.


E’ questa è l’unica vera rivoluzione, l’unica chiave rivoluzionaria della nostra vita.

(Gianfranco Carpeoro, estratto della conferenza “Riti, rituali e quotidianità, il vero e il falso”, tenuta a Curtarolo, Padova, il 17 maggio 2016).
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Corea del Nord, missile balistico cade nelle acque del Giappone. Tokyo: “Stato di allerta”
Mondo
Al momento non sembrano essere stati segnalati danni sul territorio giapponese, mentre si è riunita la task force per condurre ulteriori analisi nell’ufficio del premier Shinzo Abe. Il ministero della Difesa di Tokyo ha confermato che uno dei due missili lanciato è atterrato nelle acque territoriali del Giappone, a 250 chilometri a ovest della penisola di Oga, nella prefettura di Akita, dopo aver sorvolato il mar del Giappone per circa 1.000 chilometri. Se accertato sarebbe la prima volta dal 1998 che un razzo raggiunge le acque territoriali dell’arcipelago giapponese
di F. Q. | 3 agosto 2016
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La Corea del Nord ha lanciato un missile balistico dalla costa nord orientale. Il test segue quello di metà luglio, quando tre missili vennero lanciati coprendo una distanza di 500-600 chilometri prima di cadere nelle acque del mar del Giappone. E proprio il ministro della Difesa giapponese Gen Nakatani ha ordinato lo stato d’allerta alle proprie forze di autodifesa (Sdf).

Al momento non sembrano essere stati segnalati danni sul territorio giapponese, mentre si è riunita la task force per condurre ulteriori analisi nell’ufficio del premier Shinzo Abe. Il ministero della Difesa di Tokyo ha confermato che uno dei due missili lanciato è atterrato nelle acque territoriali del Giappone, a 250 chilometri a ovest della penisola di Oga, nella prefettura di Akita, dopo aver sorvolato il mar del Giappone per circa 1.000 chilometri. Se accertato sarebbe la prima volta dal 1998 che un razzo raggiunge le acque territoriali dell’arcipelago giapponese.


L’agenzia sud coreana Yonhap, citando una fonte militare, ha indicato che si tratta di un missile a medio raggio del tipo Rodong con una gittata di 1.300 chilometri. Il primo razzo sarebbe esploso subito dopo il lancio. Tokyo ha protestato nei confronti di Pyongyang, ribadendo come l’azione “sia contraria alle risoluzioni delle Nazioni Unite e azzardata dal punto di vista della sicurezza di volo per le flotte commerciali”.

Il 19 luglio la Corea del Nord aveva effettuato un altro lancio in una simulazione di attacchi contro porti e aeroporti in Corea del Sud. Secondo fonti militari sudcoreane e americane, in quel caso, si è trattato di due missili di corto e uno di medio raggio, lanciati dalla provincia settentrionale di Hwanghae, caduti nel mar del Giappone dopo un volo di 500-600 chilometri. Il regime di Pyongyang aveva fatto sapere che al lancio fosse presente il leader Kim Jong-un, assieme al comandante delle Forze strategiche dell’esercito popolare di Corea Kim Rak-gyom.

di F. Q. | 3 agosto 2016
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