Economia

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camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

marcorossi • 2 ore fa
un nuovo miracolo italiano.......ahahahahah

buffoni
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Il Reverendo • 2 ore fa
Il governo è come mio figlio di 7 anni.. È sempre colpa degli altri.
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Roberto Altiri Il Reverendo • un'ora fa
E: della situazione internazionale, della brexit (che ormai è come il prezzemolo), della congiunzione astrale, delle macchie solari, dei cinquestelle (che ci stanno semrpe bene), ecc. ecc.
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ROBERTO Il Reverendo • 2 ore fa
Magari qualche volta il pargolo dice anche la verità (non sarà sempre colpa sua), ma questo governo in effetti prima le combina e poi dice che è colpa del terrorismo e tanti altri bla, bla.... Pensa che oggi i nostri governanti si sono spinti a dire che la nostra defaillance economica e dovuta in causa alla Gran Bretagna.
Fidati che il ragazzino di 7 anni è più affidabile del Renzi e del suo staff napolitanico.
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camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

SPECCHIO, SPECCHIO, DELLE MIE BRAME, CHI E' IL POPOLO PIU' MERLO DEL REAME???????


Debito pubblico record: è salito di altri 77 miliardi

L'economia arranca. Anzi, si ferma del tutto. Le tasse rimangono alte. E il debito pubblico segna un altro allarmante balzo in avanti


Angelo Scarano - Ven, 12/08/2016 - 11:14
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L'economia arranca. Anzi, si ferma del tutto. Le tasse rimangono alte.


E il debito pubblico segna un altro allarmante balzo in avanti. Nei primi sei mesi dell'anno, infatti, è aumentato di 77 miliardi di euro rispetto l'anno scorso, segnando così l'ennesimo imbarazzante record.

Il debito delle amministrazioni pubbliche a giugno si è attestato a 2.248,8 miliardi. Rispetto al mese precedente c'è stato un aumento di 7 miliardi. A giugno, come dimostra Bankitalia nel supplemento al bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito, c'è stato un nuovo record dopo quello segnato a maggio, quando il debito pubblico era di 2.241,8 miliardi. "L'incremento del debito - si legge nel report - è inferiore a quello delle disponibilità liquide del Tesoro (19,8 miliardi a 92,5 miliardi), riflettendo l'avanzo di cassa (12,0 miliardi) e l'effetto complessivo dell'emissione di titoli sopra la pari, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del tasso di cambio dell'euro (0,8 miliardi)".

Se si va a guardare nel dettaglio dei sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 9,3 miliardi, quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 2,3 miliardi. Nei primi sei mesi del 2016, il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato di 77,2 miliardi. L'incremento riflette il fabbisogno (24,8 miliardi) e l'aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (56,8 miliardi); complessivamente gli effetti dell'emissione di titoli sopra la pari, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del tasso di cambio dell'euro hanno ridotto il debito per 4,4 miliardi.
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Conti pubblici, a giugno nuovo record del debito: 2.248 miliardi dai 2.241 di maggio
Numeri & News
La Banca d'Italia segnala che quello delle amministrazioni centrali è aumentato di 9,3 miliardi, mentre quello degli enti locali è diminuito di 2,3 miliardi
di F. Q. | 12 agosto 2016
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Nuovo record del debito pubblico a giugno: 2.248,8 miliardi dai 2.241 di maggio. Il dato emerge dal supplemento Finanza pubblica del bollettino statistico della Banca d’Italia. Nei primi sei mesi dell’anno il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato in totale di 77,2 miliardi. L’incremento riflette il fabbisogno (24,8 miliardi) e l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro, pari a 56,8 miliardi.

Gli effetti dell’emissione di titoli sopra la pari, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione del tasso di cambio dell’euro hanno ridotto il debito per 4,4 miliardi.

Il dato rilevato a giugno rappresenta il nuovo massimo storico. Per quanto riguarda i sottosettori, la banca centrale segnala che il debito delle amministrazioni centrali è aumentato nel mese di 9,3 miliardi, mentre quello delle amministrazioni locali è diminuito di 2,3 miliardi.
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Crescita zero, ora i conti sballano di 8-10 miliardi
E Renzi si prepara a un nuovo scontro con la Ue
I dati sul Pil rendono più costoso rispettare gli obiettivi. Per evitare una manovra recessiva il governo
vuole chiedere altra flessibilità. Calenda: “Lo sconto non può essere solo una tantum”. L’incognita Mps
renzi 990
Economia & Lobby
Déjà vu. A sei mesi dal redde rationem con Bruxelles per ottenere spazi di flessibilità sui conti pubblici per il 2016, il governo Renzi è al punto di partenza. E, lungi dal rispettare gli impegni presi per avere il via libera a circa 13,6 miliardi di deficit aggiuntivo, intende invece chiedere alla Ue di sforare ancora una volta. Rispetto alla scorsa primavera, però, averla di nuovo vinta appare più complicato. Perché oggi sul tavolo c’è anche il dossier Monte dei Paschi di Siena, di cui nel frattempo il Tesoro è diventato primo socio. In caso di fallimento del piano di salvataggio privato, per ricapitalizzare la banca sarà necessario un intervento dello Stato

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Conti pubblici, riparte pressing del governo sulla Ue: “Altra flessibilità per 8 miliardi”. Ma stavolta c’è l’incognita Mps
Conti pubblici, riparte pressing del governo sulla Ue: “Altra flessibilità per 8 miliardi”. Ma stavolta c’è l’incognita Mps
Economia
Con il pil fermo, rispettare gli impegni presi con la Commissione sul contenimento del rapporto deficit/pil diventa più costoso. E per farlo bisognerebbe ridurre le risorse da dedicare a misure espansive. Renzi per ora tace, ma stando a quanto hanno anticipato Calenda e Gozi intende andare di nuovo allo scontro. In autunno però ci sarà anche il redde rationem sulla banca senese
di F. Q.
| 15 agosto 2016
COMMENTI (167)
343

Déjà vu. A sei mesi dal redde rationem con Bruxelles per ottenere ampi spazi di flessibilità sui conti pubblici per il 2016, il governo Renzi è al punto di partenza. E, lungi dal rispettare gli impegni presi per avere il via libera a circa 13,6 miliardi di deficit aggiuntivo, intende invece chiedere alla Ue di poter sforare ancora una volta. Rispetto alla scorsa primavera, però, averla di nuovo vinta dalla Commissione appare più complicato. Perché oggi sul tavolo c’è anche il dossier Monte dei Paschi di Siena, di cui nel frattempo il Tesoro con il suo 4,02% è diventato primo socio. In caso di fallimento del complesso piano di salvataggio privato annunciato a fine luglio, per ricapitalizzare la banca sarà necessario un intervento dello Stato con soldi pubblici. Non prima di aver imposto perdite ad azionisti e obbligazionisti subordinati, a meno di non riaprire anche su questo le trattative con i partner europei.


Governo al bivio tra riduzione del deficit e misure espansive – Un passo indietro. I dati sul pil del secondo trimestre diffusi venerdì scorso dall’Istat, secondo cui l’economia italiana è al palo, non solo rendono irraggiungibile l’obiettivo di crescita dell’1,2% contenuto nel Def, ma rendono anche molto più costoso ridurre il rapporto deficit/pil all’1,8% e il debito/pil dal 132,7 al 132,4%. Obiettivi, questi, il cui raggiungimento è stato chiesto dalla Commissione a maggio come contropartita per garantire la flessibilità chiesta per il 2016. Con il denominatore (il pil) è più basso del previsto, il rapporto tende ad aumentare e per contenerlo servono più risorse. Per quanto riguarda il debito, che in valori assoluti continua ad aggiornare i record storici, il governo conta di abbatterlo almeno un po’ con i proventi delle privatizzazioni. Per contenere il deficit, considerato che 15 miliardi sono già impegnati per disinnescare le clausole di salvaguardia (aumenti automatici di Iva e accise) bisognerebbe invece inevitabilmente togliere risorse alle “misure espansive” – taglio dell‘Ires, incentivi fiscali per investimenti e ricerca – che l’esecutivo vuol mettere in pista nella prossima legge di Bilancio, nonostante quelle varate finora non abbiano ottenuto i risultati sperati.

La scelta di Renzi: non ridurre il deficit/pil e andare di nuovo allo scontro – Il premier e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan tacciono, ma nel weekend ferragostano Repubblica ha attribuito a Renzi il seguente “mantra”: “Non saranno dei vincoli europei a mnadare l’Italia per la terza volta in recessione”. E vari esponenti dell’esecutivo hanno spiegato chiaramente qual è l’orientamento di Palazzo Chigi: una manovra recessiva è fuori discussione, tanto più che andrà presentata poche settimane prima del referendum costituzionale cruciale per Renzi. “Abbiamo già ottenuto molta flessibilità, intendiamo chiederne ancora, tutta quella possibile”, ha anticipato il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda a La Stampa, definendo “sbagliata” la decisione dell’Ecofin di concedere solo una volta (e l’Italia le ha appunto ottenute per quest’anno) le attenuanti che aprono la strada a sconti sul risanamento. Concetto ribadito domenica a Repubblica dal sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi (“Ci troviamo di fronte a una situazione nuova, più negativa, determinata da fattori che non si possono ignorare” per cui “la flessibilità (…) la vogliamo, nel rispetto delle regole vigenti”). L’unico a frenare è stato il titolare delle Infrastrutture, Graziano Delrio, secondo cui “ottenuta la flessibilità in Europa, ora l’obiettivo è spingere forte sugli investimenti pubblici“, dopo che il Cipe la settimana scorsa ha sbloccato 39 miliardi di cui 13,4, a valere sul Fondo di sviluppo coesione, per il Mezzogiorno.

Meno margini sulle pensioni e sfuma l’anticipo del taglio Irpef - Morale: Renzi vuol chiedere alla Ue di poter mantenere il rapporto deficit/pil intorno al 2,3% anziché ridurlo all’1,8%. La differenza vale circa 8 miliardi, che verrebbero utilizzati per finanziare le voci di uscita della prossima manovra. Repubblica lunedì ipotizza che la cifra possa arrivare fino a 10 miliardi, con il deficit/pil al 2,4 per cento. In ogni caso è destinato a sfumare l’anticipo al 2017 del taglio dell’Irpef (in calendario per il 2018), perché anticiparlo non è più proponibile, e si riducono i margini per gli interventi sulle pensioni (anticipo dell’uscita dal lavoro, ampliamento della no tax area e della platea che riceve la quattordicesima, scivolo per i lavoratori precoci e per chi ha svolto mestieri usuranti). “Quando la crescita rallenta, bisogna parlare meno di misure redistributive sulle pensioni e più di misure fiscali a favore di investimenti e lavoro”, ha messo le mani avanti il viceministro dell’Economia Enrico Zanetti. A settembre non resta che attendersi un nuovo scontro con i vertici Ue. Antipasto il 22 agosto, quando a Ventotene è in programma un trilaterale tra Renzi, la cancelliera Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande.
camillobenso
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Re: Economia

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Crescita, in otto mesi stime sul pil 2016 dimezzate: così tra annunci e revisioni sono passate da +1,6 a +0,8%
Economia
A gennaio il premier ha definito "assolutamente alla nostra portata" l'obiettivo di crescere dell'1,6%. Poi rallentamento internazionale e Brexit hanno innescato una parabola discendente. In aprile il governo ha inserito nel Def una previsione del +1,2%, ma per l'Fmi un +1% è già troppo ottimistico. Dopo il referendum britannico Confindustria e Prometeia hanno però avvertito che non supereremo il +0,8%. Stima confermata alla luce del dato sul secondo trimestre
di Chiara Brusini | 12 agosto 2016
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Più informazioni su: Bail In, Banche, Brexit, Crescita Economica, Deficit, Matteo Renzi, Pil
Le emergenze degli ultimi mesi, dal terrorismo alla Brexit passando per le turbolenze sul sistema bancario, hanno fatto passare in secondo piano le preoccupazioni per l’andamento del pil. Il premier Matteo Renzi ha smesso di parlarne, preferendo concentrarsi sul referendum, la necessità di un rafforzamento della Ue, la situazione delle banche e il bail in. Eppure, come messo in evidenza mercoledì da un editoriale del Financial Times, il vero problema dell’Italia è “la persistente mancanza di crescita economica“. Ma ora, a pochi giorni da Ferragosto, ignorare l’elefante nella stanza diventa impossibile. Perché la stima preliminare dell’Istat, secondo cui nel secondo trimestre il prodotto interno lordo è rimasto al palo, rende irraggiungibile l’obiettivo di un +1,2% per l’intero 2016 messo nero su bianco dal governo nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile. Per non parlare di quel +1,6% che Renzi, intervenendo a Porta a Porta il 21 gennaio, aveva definito un traguardo “assolutamente alla nostra portata”, dopo il +0,6% (+0,7% su dati grezzi) del 2015.


In otto mesi, complice un contesto internazionale sempre più debole e l’inflazione ai minimi termini nell’Eurozona, le previsioni sul pil 2016 in arrivo dai centri di ricerca italiani e dagli organismi internazionali hanno seguito una parabola discendente senza freni. Ora, stando ai principali think tank alle agenzie di rating, l’asticella oscilla tra +0,8 e +0,9 per cento, circa la metà di quello che Palazzo Chigi sperava a inizio anno. Ai primi febbraio le prospettive apparivano ancora rosee: la Commissione Ue, pur rivedendo le stime al ribasso, dava credito a un +1,4%, scrivendo che l’economia italiano avrebbe “guadagnato slancio col rafforzarsi della domanda interna” e la caduta dei prezzi del petrolio, che avrebbero compensato il rallentamento dell’export”. Tempo quindici giorni e, il 18 febbraio, l’Ocse frenava, limando le previsioni a un +1%, 0,4 punti in meno rispetto all’outlook di novembre.

L’8 aprile il governo ha preso atto solo in parte della frenata, inserendo nel Def – il documento su cui si incardina la politica economica – un target dell’1,2% contro la precedente stima di +1,6%. Peccato che quattro giorni dopo il Fondo monetario internazionale, allineandosi all’Ocse, abbia sancito che la Penisola poteva contare al massimo su un +1%. Un mese dopo, 3 maggio, è arrivato anche il ritocco al ribasso di Bruxelles: da +1,4 a +1,1 per cento. Previsione confermata il 17 maggio dall’Istat nel rapporto sulle prospettive per l’economia italiana nel 2016.

Salto in avanti al 7 giugno: gli analisti dell’istituto di statistica, nella loro nota mensile, hanno preso atto che “l’indicatore composito anticipatore dell’economia ha segnato un ulteriore calo, suggerendo il rallentamento nel ritmo di crescita dell’attività economica nel breve termine” perché “ai risultati positivi registrati nel primo trimestre si affiancano alcuni segnali di debolezza nelle aspettative delle imprese e negli ordinativi del settore manifatturiero”.

Il 23 giugno gli elettori del Regno Unito hanno votato in maggioranza a favore della Brexit. Il giorno dopo le borse europee sono crollate (per Milano si è tratatto del tonfo peggiore della storia) mentre si concretizzavano i timori sul possibile impatto dell’uscita di Londra sulle altre economie Ue. Una settimana dopo il Centro studi di Confindustria ha messo nero su bianco che le conseguenze per l’Italia saranno pesanti: la previsione di crescita per il 2016 è stata rivista da +1,4 a +0,8%, mentre quella per il 2017 è stata portata addirittura a +0,6%, meno della metà del precedente 1,3%. Il 6 luglio il centro studi Prometeia ha confermato: per il 2016 ci si dovrà accontentare di un +0,8 per cento. Il 12 luglio anche l’Fmi ha tagliato le stime, concedendo però a Roma di sperare in un +0,9 per cento.

Il 15 luglio Bankitalia non ha potuto che prendere atto che non si andrà oltre l’1%. Il 26 dall’Ufficio parlamentare di bilancio è arrivata la pietra tombale: “Una crescita 2016 dell’1,2%, come ipotizzato nel Def, appare non raggiungibile”, e scontando un ultimo trimestre in espansione contenuta, il tasso di crescita 2016 si collocherebbe “poco sotto l’1%”. Il 27 luglio, mentre anche Fitch tagliava la stima per il 2016 riducendola a +0,8%, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha ammesso che il secondo trimestre si è chiuso con una crescita congiunturale “dello 0,1/0,2%”, con un rallentamento legato alla “debolezza delle economie emergenti e l’incertezza per l’esito del referendum sulla Brexit“. Il dato diffuso venerdì dall’Istat, come si è visto, è ben peggiore.

Gli effetti sull’andamento dell’intero anno saranno esaminati “in dettaglio nella Nota di aggiornamento del Def” attesa per settembre, aveva detto Padoan. E le previsioni saranno giocoforza tagliate. Paolo Mameli, senior economist della direzione centrale studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, ha già fatto sapere che alla luce della battuta d’arresto anche se il pil nella seconda parte dell’anno tornasse a crescere “di 0,1-0,2%” la crescita media del 2016 si fermerebbe “sotto l’1%, a 0,8%, comunque in miglioramento rispetto allo 0,6% dello scorso anno”. Un miglioramento potrebbe far capolino nel 2017, “ma difficilmente anche l’anno prossimo la crescita si collocherà sopra l’1%”.
camillobenso
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Re: Economia

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AMMISSIONI POSTUME DI UN EX DEMOCRISTIANO



Cirino Pomicino: privatizzando, abbiamo condannato l’Italia

Scritto il 25/8/16 • nella Categoria: Recensioni Condividi


“Abbiamo svenduto l’Italia ai privati. Io non ero d’accordo, però facevo il ministro”. Parola di Paolo Cirino Pomicino, democristiano di lungo corso, travolto anche lui dalla ruspa di Tangentopoli.

«Quando l’autore di un libro ha avuto un ruolo politico, le sue pagine più interessanti di quello che scrive sono quelle di testimonianza», scrive Nico Perrone, presentando “La repubblica delle giovani marmotte”, il libro-memoriale in cui l’ex esponente andreottiano ripercorre le scelte fatali di quegli anni così decisivi per l’Italia di oggi: il cedimento alle pressioni straniere e la scelta di consegnare a colossi privati i settori strategici della struttura economica del nostro paese.

Proprio quell’economia mista, ricorda uno specialista come Nino Galloni, aveva permesso all’Italia – attraverso l’investimento pubblico – di potenziare in modo impressionante il settore privato.

L’Italia era diventata una potenza da G5, la sua manifattura-record ostacolava l’export tedesco.

Non a caso Helmut Kohl pretese l’allontamento di Galloni, che allora era consulente di Andreotti, cioè il capo del governo di cui Cirino Pomicino faceva parte.

Bisognava “fare l’Europa” smontando l’Italia per favorire la Germania: anche a questo servì Mani Pulite.

Cirino Pomicino, annota Nico Perrone sul blog di Aldo Giannuli, esordì nella Dc a Napoli a metà degli anni ‘70, divenendo poi deputato, ministro, e per cinque anni (2004-2009) eurodeputato.

«Ha patito disavventure gravi: ma per un uomo politico possono far parte del mestiere». Cirino Pomicino ha scelto di non parlarne, «tenendosene il ricordo dentro di sé, con conseguenze anche sul funzionamento del suo cuore, che ha avuto necessità di un trapianto».

Ma dopo gli intervalli processuali e ospedalieri, ha ripreso a fare politica.

«E quando la Prima Repubblica – che fu anche sua – non c’è stata più, è riuscito a farsi eleggere ancora.

Non sono esperienze da poco».

Del volume che ora è in libreria, «quello che più interessa, oggi, è il ricordo della sua esperienza nel ruolo di ministro del bilancio e della programmazione economica».

Siamo nel periodo che va dal 22 luglio 1989 al 28 giugno 1992, presidente del Consiglio è Giulio Andreotti, a capo di un governo composto da Dc e Psi, Pli e Psdi.

«In quel momento si decise di dare inizio alla privatizzazione delle partecipazioni azionarie dello Stato italiano».

Si capisce molto bene che Cirino Pomicino non condivideva quella politica, che avrebbe messo sul libero mercato quasi l’intero patrimonio di partecipazioni economiche dello Stato italiano.

«Pomicino avrebbe voluto sviluppi che non fossero di cessione quasi globale delle partecipazioni azionarie possedute dal governo italiano (allora, il controllo avveniva attraverso il ministero delle partecipazioni statali)».

Invece, le aziende controllate dallo Stato vennero rapidamente privatizzate, quasi tutte.

«La base di partenza di quella politica – qui è la contraddizione – fu una decisione del Consiglio dei ministri alla quale aveva preso parte lo stesso Cirino Pomicino, allora ministro», con al Tesoro il banchiere Guido Carli.

Il governo era dimissionario dal 24 aprile, ma nella sua lunga “prorogatio”, mantenendo ancora i suoi poteri, fu fatto quel passo.

«Oggi, a mente fredda, Cirino Pomicino giudica come uno sbaglio quella decisione, e ricorda – giustamente – che nessun altro paese occidentale ha mai fatto qualcosa di simile: per esempio, Germania e Francia mai hanno ceduto al mercato il controllo di quelle componenti dell’economia nazionale ritenuti d’interesse “strategico”».

In Italia invece si fece tutto il contrario, e molto in fretta: «E’ stata una corsa verso l’economia privata, guidata da quella decisione del governo Andreotti e attuata poi per diversi anni dai governi – di Romano Prodi, Carlo Azeglio Ciampi, Giuliano Amato e Lamberto Dini».

Col governo Prodi, nel 1998, si è ceduta perfino la quota di maggioranza nell’Eni, il complesso petrolifero-industriale-finanziario al quale l’Italia doveva in gran parte il suo ingresso nel novero delle grandi potenze economiche mondiali, che allora si chiamava G7, annota Perrone.

E adesso? Non se ne parla più. «È però prezioso che un protagonista di allora faccia conoscere il suo postumo giudizio rispetto a quello che si è fatto: è stato un protagonista che capiva e che l’economia la studiava, pur provenendo da una formazione medica».


Oggi, contiuna Perrone, Cirino Pomicino «appare un po’ pentito di quella stagione. Racconta com’è andata, e ci fa capire che quella decisione, sul piano economico degli introiti per le azioni cedute, non ha avuto gli effetti miracolosi che si erano annunciati.

Mentre per l’Italia, la perdita rispetto ad altri paesi occidentali, sul piano economico e finanziario, è rimasta tutta intera».
camillobenso
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Re: Economia

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La Premiata banda CAZZONI & CAZZONI (C.&C.)



La ripresa non c’è: crescita zero nel 2° trimestre
Istat: giù industria (-0,6%), su agricoltura (+0,5)

Neppure un decimale in più rispetto a gennaio-marzo 2016, l’istituto gela le speranze del governo
La manifattura deprime l’economia, stazionari i consumi interni. Padoan da Cernobbio: “Ma pil aumenta”

Economia & Lobby
L’Istat conferma la crescita zero dell’economia italiana. Nel secondo trimestre del 2016 il pil è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente. L’aumento del pil finora acquisito nel 2016 è dello 0,7%. Il Def del governo, che dovrà essere rivisto a settembre, riporta un 2016 a + 1,2%, ovviamente impossibile da ottenere se la crescita rimarrà a zero. Le statistiche Istat mostrano incrementi congiunturali per il valore aggiunto di agricoltura (0,5%) e servizi (0,2%) mentre diminuisce (-0,6%) quello dell’industria
•L’ECONOMISTA: “CONTROPRODUCENTI LE PRESSIONI DEL TESORO A POCHI GIORNI DA DIFFUSIONE DEI DATI ISTAT” (DI C. BRUSINI)


^^^^^^^^^

NEL PAESE DEI PINOCCHIONI


Pil, Istat conferma ripresa zero nel 2° trimestre 2016. Giù l’industria, cresce l’agricoltura. Padoan: “Ma crescita c’è”

Numeri & News
Neppure un decimale di aumento fra aprile-giugno e gennaio-marzo. Rivista invece al rialzo la crescita rispetto al secondo trimestre 2015: da più 0,7 a +0,8%. E' la manifattura a deprimere il prodotto interno, stazionari i consumi interni. Da Cernobbio il commento del ministro dell'Economia: "Il problema è globale"
di F. Q. | 2 settembre 2016
COMMENTI



Più informazioni su: Crescita Economica, Istat, Pier Carlo Padoan, Pil
L’Istat conferma la crescita zero dell’economia italiana. Nel secondo trimestre del 2016 il pil, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente. L’Istat ha invece rivisto al rialzo la stima di crescita delpil del secondo trimestre 2016 rispetto al secondo trimestre 2015. In base ai nuovi calcoli, l’economia italiana è cresciuta nel periodo dello 0,8% contro il +0,7% indicato in via preliminare il 12 agosto scorso. L’aumento del pil finora acquisito nel 2016 è dello 0,7% (la stima preliminare del 12 agosto parlava di +0,6). Il Def del governo, che dovrà essere rivisto a settembre, riporta un 2016 a + 1,2%, ovviamente impossibile da ottenere se la crescita rimarrà a zero.
”Il pil è in crescita. Questo è il mio commento”, ha affermato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, prima del suo intervento al forum Ambrosetti. L’Istat gela però le speranze espresse dal governo nei giorni scorsi, da Matteo Renzi al Tesoro, che auspicavano di sentire oggi dai tecnici dell’Istituto di statistica almeno un più zero virgola qualcosa. Nel suo intervento sulle rive del Lago di Como, il ministro ha affermato: “Il problema della crescita globale sembra ancora lontano dall’essere risolto. Le cause della bassa crescita sono più profonde e più complesse di quello che possiamo pensare. Le soluzioni nazionali per quanto attuate da Paesi grandi e potenti hanno dei grossi limiti e sono meno efficienti di quelle coordinate”.
Le statistiche Istat mostrano incrementi congiunturali per il valore aggiunto di agricoltura (0,5%) e servizi (0,2%) mentre diminuisce (-0,6%) quello dell’industria. Fra i servizi si rilevano settori in flessione e settori in espansione: incrementi significativi riguardano le attività professionali e di supporto (0,5%) e quelle del comparto del commercio, trasporto e alloggio (0,4%); all’opposto, il calo più marcato riguarda le attività finanziarie e assicurative (-0,6%).
Dal lato della domanda interna, spiega l’Istat, i consumi nazionali sono stazionari in termini congiunturali, sintesi di un aumento dello 0,1% dei consumi delle famiglie e di un calo dello 0,3% della spesa della pubblica amministrazione, mentre gli investimenti fissi lordi hanno registrato una flessione dello 0,3%. Le importazioni sono aumentate dell’1,5% e le esportazioni dell’1,9%.
di F. Q. | 2 settembre 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09 ... e/3009132/
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Rilevazioni Sui giornali escono critiche all’istituto di statistica, però Matteo smentisce
Dati economici, le pagelle che i governi
vorrebbero tanto avere sotto controllo


» MARCO MARONI

Resta solo da capire da chi
sia venuta, se non dal capo
del governo, la critica all'Istituto
di statistica. “All'Istat sono
organizzati come trent'anni
fa. Chiaro che poi quando
arriva il momento di rivedere
le statistiche le devono rialzare.
È un modo di lavorare vecchio”.
Queste le parole che sarebbero
filtrate giovedì da Palazzo
Chigi, riportate ieri dal
quotidiano Repubblica.
L’ISTITUTO, insomma, farebbe
male il suo lavoro, danneggiando
l'immagine del governo.
Nello specifico, l'oggetto
della polemica sarebbe il peso
relativo dei settori manifattura
e servizi: la previsione iniziale
del trimestre (per il secondo
trimestre 2016 quella uscita
il 12 agosto) sarebbe fatta
basandosi più che altro sui dati
della manifattura, mettendo
solo nella revisione successiva,
uscita ieri e
più accurata, il
peso giusto dei
servizi, che ormai
valgono più
di due terzi del
Pil italiano.
La revisione
divulgata ieri
non ha portato le
attese buone notizie
al governo
sul dato congiunturale
(ultimo
t r i m e s t r e s u
quello precedente), era zero il
12 agosto e zero rimane. È accaduto
invece il miracolo di un
miglioramento, di un soffio
(vedere articolo in alto),
de ll’anda men to
della crescita acquisita
per l'intero
2016: dallo
0,6% allo 0,7%,
una circostanza
che permette al
premier e al ministro
dell'Economia
Pier Carlo
Padoan di parlare
comunque di
crescita.
C’è da domandarsi
se davvero
l'Istituto nazionale di statistica
faccia i calcoli senza tener
nel dovuto conto il settore dei
servizi. “I dati preliminari, che
prima di essere pubblicati in Italia
sono mandati all'Eurostat
–spiega un dirigente dell'Istituto,
disponibile a parlare dietro
anonimato – sono una
pre-stima che non si basa su
dati d'indagine, quanto su modelli
matematici”. In pratica, si
fanno le previsioni in base all'andamento
passato dell'economia.
CHIARO CHE quando la statistica
viene aggiornata con i dati
reali delle indagini, ci possano
essere degli scostamenti.
“L'Istat è tra gli uffici statistica
internazionali ritenuti più affidabili
e la metodologia è aggiornata
continuamente – di -
ce ancora la fonte al Fatto –se
le frasi riportate sono vere,
probabilmente la polemica ha
un'altra origine: Palazzo Chigi
ha avuto i dati, come succede
spesso, prima che fossero pubblici,
e visto che aveva dichiarato
di aspettarsi una crescita,
ha reagito con disappunto, criticando
l'Istituto”.
Vero è anche che le statistiche
vanno prese per quello che
sono, indicatori indispensabili
alla programmazione e importanti
per l’opinione pubblica,
ma con risultati che di-
pendono anche dai dati che si
sceglie di inserire e dai calcoli
che se ne fanno.
UN PRECEDENTEdi critica governativa
all’istituto è quello
d el l’ex ministro dell’E co nomia
Giulio Tremonti. A un’as -
semblea della Confcommercio
nel 2009 disse: “Voi avete
idea di come si fanno le statistiche
Istat? Con un campione
di mille telefonate. Ti chiamano
a casa e ti dicono: ‘Sei disoccupato?’,
risposta: ‘Vai a
quel paese!’… rilevazione Istat:
Molto disoccupato”.
Tremonti delegittimava un’istituzione
che per statuto lavora
in autonomia. L’Istat
raccolse mille e 200 firme in
un appello in difesa della credibilità
della statistica ufficiale,
considerata un bene essenziale
per la democrazia. Firme
che furono consegnate al
presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano.
È VERO CHE nelle statistiche
sul lavoro, per risultare occupato
è sufficiente che l'intervistato
abbia lavorato un'ora
nella settimana in cui viene interpellato.
Non è una stranezza
concepita dall'Istat, sono le
regole di rilevazione fissate da
Eurostat, l’ente statistico europeo
cui l’Istat si attiene, sia
che le cose vadano male, sia
che vadano bene. L’approccio
sul lavoro risente evidentemente
dell' impostazione economica
liberista dell’U n io n e
europea, in cui deregolamentazione
del mercato del lavoro
e precariato sono considerati
fattori di crescita.
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Da pagina 2 e 3 del Fatto Oggi in edicola
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

La figuraccia di Renzi
e Padoan: il Pil è fermo

Economia Nonostante
le pressioni degli ultimi
giorni, l’Istat conferma
lo zero, ma rivede
le stime sull’anno
E Palazzo Chigi respira

» CARLO DI FOGGIA
Nel secondo trimestre
di quest’anno, l’eco -
nomia italiana espressa
con il Prodotto
interno lordo (Pil) è rimasta
ferma. A nulla è servita
la “spinta” che il governo ha
provato a dare ai numeri prima
che l’Istat li diffondesse
pubblicamente ieri: un’i n g erenza
che ha avuto il risultato
di trasformare un dato atteso
in una figuraccia. Tecnicismi
a parte, questi numeri sono una
pessima notizia e stridono
con la narrazione di Palazzo
Chigi.
ANDIAMO con ordine. L’Istat
conferma la stima preliminare
del Pil diffusa il 12 agosto scorso:
dopo il +0,3% del primo, nel
secondo trimestre la variazione
è zero. Problema: già la prima
volta il governo non l'aveva
presa bene e nei giorni scorsi
ha usato il dato positivo sul fatturato
dei servizi, che fanno
buona parte del Pil, per far uscire
veline in forma di “fonti
del Tesoro” che parlavano di
“dato incoraggiante” c he
“promette una crescita economica
di segno positivo e non
zero”; non bastasse, giovedì ha
fatto sentire il suo peso anche
il premier: “Penso – ha detto
Renzi a Rtl 102.5 –che domani
ci sarà un segno positivo perché
ad esempio i servizi sono
cresciuti e quindi è probabile
l’aumento”. Un invito all'Istituto
nazionale di statistica –la
cui autonomia sarebbe un baluardo
da difendere – a dargli
uno zero virgola in più da vendersi.
E invece nulla, economia
ferma. Il governo fece la
stesso lo scorso anno in vista
dei dati del terzo trimestre.
Tutto finito? Non proprio:
qualcosa in effetti è successo
sull’andamento anno su anno.
Il tema va spiegato per capire il
clima di sospetto indotto da
Tesoro e Palazzo Chigi. Nella
stima preliminare di agosto, il
Pil era aumentato dello 0,7%
rispetto al trimestre 2015, ma
in quella definitiva di ieri l'Istat
l’ha rivista a +0,8%. Com’è
possibile? Semplicemente
perché primo e secondo trimestre
2016 sono stati rivisti al
rialzo (di circa 200 milioni di
euro) e il secondo trimestre
2015 al ribasso (50 milioni). In
questo modo il trend anno su
anno sale e la “crescita già acquisita”
– il dato finale del Pil
2016 se non crescesse nei prossimi
due trimestri – passa dal
+0,6% della stima preliminare
al +0,7% diffuso ieri. Nessuna
ingerenza, per carità, la revisione
dei dati è prassi ordina
ordinaria
dell'Istat (non solo sui conti
economici), ma ovviamente il
governo ha enfatizzato questa
cosa per spiegare che “l'eco -
nomia sta crescendo, è un fatto”(
Renzi) e che “il Pil cresce”
(Padoan) e così alimentando il
sospetto. Sarà, ma per centrare
il +1,2% finale stimato dal
governo ad aprile, il Pil dovrebbe
crescere dello 0,5% in
ognuno dei prossimi due trimestri:
non accade dal 2010.
Probabile, specie se il 2015 dovesse
essere rivisto al ribasso
(succede spesso negli ultimi
anni) che ci si fermi a +0,8%.
E veniamo ai numeri di ieri.
Nel secondo trimestre 2016
l’unico apporto positivo al Pil
arriva dalla domanda estera
(+0,2%), quella interna – al
netto delle scorte (la produzione
che resta in magazzino)
–è negativa (-0,1%). Complice
il blocco degli appalti creato
dal nuovo codice, cala la spesa
della Pubblica amministrazione,
ma particolarmente grave
è il costante declino dei consumi
negli ultimi trimestri, così
come gli investimenti fissi
lordi (-0,3%) nonostante i miliardi
per i super ammortamenti
concessi dal governo.
Senza il boom dell’auto (leggi
Fiat) il dato sarebbe anche
peggiore: il trenddegli investimenti
privati è lo stesso di fine
2013 (governo Letta). E il futuro
non promette nulla di
buono, visto che Istat, Ufficio
pubblico di bilancio, Banca
d'Italia, Fmi etc. prevedono un
rallentamento dell’economia
nella seconda parte dell'anno
(si è visto già con l’occupazio -
ne a luglio). Com’è noto, al premier
“gli zero virgola non interessano”,
e infatti va allargato
lo sguardo (grafico sopra):
dal 2013 il Pil è comatoso e rispetto
al periodo pre-crisi del
2008 è inferiore di quasi il 9%;
di circa il 4% rispetto al 2011 e
alla fine del 2005: così sta un’economia
che negli ultimi sei
anni ha perso un quarto della
sua produzione industriale.
MENOcrescita significa meno
entrate per lo Stato e quindi il
deficit salirà. Eppure il buco
nei conti pubblici sarà meno
grave di quanto sarebbe logico
supporre se nel futuro si confermasse
un altro dato che ieri
ha sorpreso gli esperti: la strepitosa
crescita del “deflatore
del Pil”, che misura la variazione
dei prezzi dell’ec on omia
(non solo quelli al consumo,
cioè l’inflazione, che sono
a zero): più è alto più sale il Pil
nominale, su cui si calcolano i
rapporti deficit/Pil e debito/
Pil che tanto interessano a
mercati e Bruxelles. L’indica -
tore segna +1,3% nel semestre,
superiore perfino alle stime
già ottimiste del governo, circostanza
mai verificatasi negli
ultimi anni. Anche qui senza
pensare male.
© RIPRODUZIONE RISERVATA


Da pagina 2 del Fatto Oggi in edicola
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

PINOCCHIO NON FUNZIONA PIU' NEANCHE COME VENDITORE DI PENTOLE BUCATE.






il manifesto 3.9.16
La decrescita infelice
Pil a zero, il governo è fermo
Crisi. L’Istat conferma la crescita zero nel secondo trimestre del 2016 e ritocca a +0,8% il dato annuo. Male l'industria, i servizi insufficienti. Il governo smart si ritrova in una palude. Per Renzi l’Italia prosegue una «lunga marcia» nella stagnazione: «Il Pil va meglio, ma non significa che va bene»
di Roberto Ciccarelli


Il cavallo è stremato e si rifiuta di bere: la crescita nel secondo trimestre del 2016 (aprile-giugno) è zero anche se ieri l’Istat ha rivisto al rialzo la stima di crescita del Pil del secondo trimestre 2016 rispetto al secondo trimestre 2015.

In base ai nuovi calcoli, la crescita acquisita per il 2016 è salita allo 0,7 per cento (era stimata allo 0,6).

Sull’anno il Pil è allo 0,8% e non allo 0,7% indicato in via preliminare il 12 agosto scorso.

La revisione al rialzo non è tuttavia bastata a far scattare il segno più nella variazione congiunturale.

In euro il Pil è salito rispetto alle stime diffuse il 12 agosto scorso di 213 milioni: passando da 389,022 miliardi a 389,235 miliardi.

L’Istat ha ritoccato anche il livello del Pil relativo al primo trimestre, la base per calcolare la crescita (da 388,988 miliardi a 389,147 miliardi).

Il guadagno ha assottigliato il margine di aumento registrato nel secondo trimestre.

A questi calcoli è appeso il governo: ogni variazione millesimale è un colpo al cuore.

Solo ad aprile aveva previsto nel Def la crescita all’1,2 per cento del Pil, ora è allo 0,8 come nel 2015.

E c’è una cattiva notizia: con questo ritmo la crescita dell’1,4% preventivata per il 2017 sarà una chimera.

Le previsioni del governo sono tutte sbagliate, la sua corsa sta finendo in una palude.

Nelle ultime tre settimane, tra palazzo Chigi e viale XX settembre, c’è stata la danza del decimale per allontanare questo spettro.

Il ritmo è stato così indiavolato che martedì 30 agosto dal ministero dell’economia hanno anticipato di 72 ore la stima dell’Istat.

Stima che di solito resta segreta fino alle 10 del giorno in cui viene comunicata.


L’impazienza, per non dire il nervosismo, del governo sono arrivati al punto da prevedere una crescita di segno positivo nel secondo trimestre capace di raggiungere l’agognato 1% sul Pil annuo.

Nelle slide presentate da Renzi tre giorni fa per illustrare i risultati dei suoi primi 30 mesi compariva una crescita all’1%, immancabile.


Aneddoti che vanno oggi ricordati come un tentativo di ipnotizzare la realtà.


I dannati fatti economici continuano a non rispondere al premier.

Un tempo Renzi aveva la passione per l’ornitologia fantastica.

Ieri ha lasciato in pace i gufi e ha parlato di ciclisti che si rialzano in coda al gruppo che corre verso il nulla.


Le previsioni del Mef sono state smentite dall’Istat e la crescita non allieterà gli spiriti a Natale.

Il saltino dello 0,1% è dovuto all’aumento congiunturale del fatturato dell’agricoltura e dei servizi.

Quest’ultimo è stato evocato dallo stesso Renzi per dare una ragione al suo slide-show.

Purtroppo c’è stata una controspinta: i servizi finanziari e assicurativi si sono mossi in direzione opposta a quella auspicata sia a livello congiunturale, -0,6%, che annuo, -1,8%.

La flessione ha sminuito l’apporto dovuto dai servizi vagheggiato dal Mef il 30 agosto. Ancora più chiari i dati sui consumi fermi e il calo degli investimenti.

Nel secondo trimestre 2016 si sono registrati contributi nulli per i consumi delle famiglie e delle istituzioni sociali private e per gli investimenti fissi lordi e un contributo negativo (-0,1 punti percentuali) per la spesa della pubblica amministrazione.

Variazioni negative ci sono state anche nell’industria in senso stretto (-0,8%) e nel settore degli altri servizi (-0,1%).

Gli investimenti delle imprese «in macchinari, attrezzature e prodotti vari» sono diminuiti nel secondo trimestre 2016 dello 0,8% rispetto al trimestre precedente e dello 0,3% rispetto allo stesso periodo del 2015.

Gli investimenti in costruzioni sono fermi su base congiunturale e aumentano dell’1,2% su base tendenziale.

Nel complesso gli investimenti fissi lordi sono diminuiti dello 0,3% rispetto al primo trimestre e sono aumentati del 2,1% rispetto al secondo trimestre 2015.


Dal Forum Ambrosetti a Cernobbio ieri Renzi ha riscoperto Mao e la rivoluzione cinese: «L’Italia prosegue la sua lunga marcia.


Il fatto che il Pil italiano vada meglio degli altri anni è un dato di fatto – ha detto Renzi – Andare meglio non significa andare bene».

Anche perché chi vuole fare meglio, spesso fa peggio: un detto che si adatta a questo esecutivo.

«La crescita c’è, anche se è debole» ha detto Padoan che si è impegnato a usare le risorse «in modo selettivo», a sostenere «gli investimenti e la produttività», «con un occhio alle esigenze dei pensionati».


Reazioni surreali per le opposizioni, ieri scatenate: «#RenziValeZero, come la crescita del Pil» ha scritto in un tweet Beppe Grillo che deve far dimenticare il caos romano.

«A ottobre gli italiani subiranno una Legge di Stabilità lacrime e sangue per tappare i buchi di Renzi» sostiene Brunetta (Forza Italia).


«Economia ferma, governo immobile» sostiene Scotto (Sinistra Italiana).


Ma anche la surrealtà avrà un ruolo da oggi fino all’autunno: in ballo c’è la nuova flessibilità da ottenere a Bruxelles e la necessità di sembrare normali nel paese in cui i cavalli non bevono.
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