LA SFIDA del REFERENDUM
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM
PREMIATO PUTTANIFICIO TRICOLORE
Scriveva così, su Repubblica, Ilvo Diamanti, venerdì scorso.
Lega Nord e Forza Italia non arrivano al 12 e anche in una coalizione, con l’Italicum, non approderebbero al ballottaggio.
Mentre, sempre su Repubblica, Carmelo Lopapa oggi scrive:
Silvio Berlusconi lascia anzitempo il San Raffaele e ritrova quel che resta di Forza Italia spaccato a metà, nella migliore delle ipotesi. Alla tolda di comando sono saliti ormai Gianni Letta con Ennio Doris e Fedele Confalonieri, col supporto di Niccolò Ghedini, pronti a imprimere una svolta anche nella strategia, nella linea politica da tenere nei rapporti col governo Renzi, nella campagna referendaria ormai in pieno svolgimento.
Dopo più di 22 anni Silvietto, pressato dalla troika Gianni Letta, Fidel Confalonieri ed Ennio Doris, potrebbe gettare definitivamente la maschera e tentare di salvare le sue aziende a scapito della ormai strabollita “Farsa Italia”.
Ma un conto è avere interessi diretti con Mediaset, altro invece è destino dei forza italioti.
Dopo mesi in cui è stato gettato fango sul centrosinistra a guida renziana, diventa evidente anche al più scemo dei merli azzurri dello zoccolo duro, che la manovra in atto serve solo al Gruppo Mediaset e non alla sopravvivenza del centro destra.
Falsamente è stato sbandierato che si tratta di centro sinistra, ma in effetti si tratta di un centro destra alternativo.
Ma i merli boccaloni lo capiranno?????
Come andrà a finire è una domanda da porre alla Sibilla Cumana.
Scrive ancora Carmelo Lopapa:
Quel che tutti hanno notato è che non è partita, né è previsto che parta, alcuna campagna "vera" per il No al referendum di ottobre sulla riforma costituzionale. A parte i pasdaran alla Brunetta, insomma, nessuno dei berlusconiani si mobiliterà per allestire banchetti sulle spiagge. Per non dire dell' ampio risalto, e per nulla critico, del Giornale di Sallusti all' uscita pro Renzi di Confalonieri (nell' intervista recente alla Stampa). Segno che la famiglia e l' azienda hanno le idee ben chiare sul futuro. Per l' ultima parola si attende il Cavaliere, che domani al San Raffaele affronterà gli ultimi esami, se l' esito sarà positivo gli sarà consentito di lasciare l' ospedale con dieci giorni di anticipo.
Inoltre:
Salvini e Meloni stiano tranquilli, sappiamo da che parte stare e non staremo certo con Renzi» scrivono insieme Carfagna, Micciché e Prestigiacomo. «Siamo stanchi di subire lezioni ogni giorni da Salvini» insorge Gasparri. «Non è questo il momento di mettersi a litigare, il futuro è il centrodestra» dice la Santanché. Ma Forza Italia - complice l' intervento al cuore e l' inabissamento temporaneo del leader - sembra nel pieno di una virata che ne cambierà le prospettive, oltre che i dirigenti al vertice
Gasparri, Santanchè, Carfagna, Micciché, Prestigiacomo e Brunetta, se accettassero di piegare la testa ed andare con Renzi, possono dire addio alla prossima legislatura.
La stanchezza dei burattinai ciarlatani che si collocano solo per la poltrona, sta pesando anche a destra.
Ipotizzando che “Farsa Italia si spacchi esattamente a metà il Caimano venderebbe l’appoggio al Referendum in cambio di che cosa????
Anche se Renzi cedesse sul cambio dell’Italicum e tramutasse il premio alla lista in premio alla coalizione, il centro destra non avrebbe comunque i numeri.
E allora lo zoccolo duro voterebbe solo per salvare Mediaset ed il Gruppo Mediolanum???
Merli scemi si, ma fino a questo punto?
Comunque, la mossa di Fidel potrebbe mettere a rischio il Referendum di ottobre.
Dopo che i sondaggi dell’ultima settimana che avevano visto “Farsa Italia” schierarsi per il NO, mettevano al sicuro il risultato, tutto ritorna problematico.
IL “CENTROSINISTRA” RENZIANO SUPPORTATO DAL NUOVO NAZARENO, DA VERDINI, DA ALFANO.
QUEL FAC-SIMILE DI SINISTRA DEM, DOMANI QUANDO SI RIUNIRA’ CON MUSSOLONI FARA’ FINTA DI NIENTE ANCORA UNA VOLTA DI PIU’??????????????????????????????????????????????????
Scriveva così, su Repubblica, Ilvo Diamanti, venerdì scorso.
Lega Nord e Forza Italia non arrivano al 12 e anche in una coalizione, con l’Italicum, non approderebbero al ballottaggio.
Mentre, sempre su Repubblica, Carmelo Lopapa oggi scrive:
Silvio Berlusconi lascia anzitempo il San Raffaele e ritrova quel che resta di Forza Italia spaccato a metà, nella migliore delle ipotesi. Alla tolda di comando sono saliti ormai Gianni Letta con Ennio Doris e Fedele Confalonieri, col supporto di Niccolò Ghedini, pronti a imprimere una svolta anche nella strategia, nella linea politica da tenere nei rapporti col governo Renzi, nella campagna referendaria ormai in pieno svolgimento.
Dopo più di 22 anni Silvietto, pressato dalla troika Gianni Letta, Fidel Confalonieri ed Ennio Doris, potrebbe gettare definitivamente la maschera e tentare di salvare le sue aziende a scapito della ormai strabollita “Farsa Italia”.
Ma un conto è avere interessi diretti con Mediaset, altro invece è destino dei forza italioti.
Dopo mesi in cui è stato gettato fango sul centrosinistra a guida renziana, diventa evidente anche al più scemo dei merli azzurri dello zoccolo duro, che la manovra in atto serve solo al Gruppo Mediaset e non alla sopravvivenza del centro destra.
Falsamente è stato sbandierato che si tratta di centro sinistra, ma in effetti si tratta di un centro destra alternativo.
Ma i merli boccaloni lo capiranno?????
Come andrà a finire è una domanda da porre alla Sibilla Cumana.
Scrive ancora Carmelo Lopapa:
Quel che tutti hanno notato è che non è partita, né è previsto che parta, alcuna campagna "vera" per il No al referendum di ottobre sulla riforma costituzionale. A parte i pasdaran alla Brunetta, insomma, nessuno dei berlusconiani si mobiliterà per allestire banchetti sulle spiagge. Per non dire dell' ampio risalto, e per nulla critico, del Giornale di Sallusti all' uscita pro Renzi di Confalonieri (nell' intervista recente alla Stampa). Segno che la famiglia e l' azienda hanno le idee ben chiare sul futuro. Per l' ultima parola si attende il Cavaliere, che domani al San Raffaele affronterà gli ultimi esami, se l' esito sarà positivo gli sarà consentito di lasciare l' ospedale con dieci giorni di anticipo.
Inoltre:
Salvini e Meloni stiano tranquilli, sappiamo da che parte stare e non staremo certo con Renzi» scrivono insieme Carfagna, Micciché e Prestigiacomo. «Siamo stanchi di subire lezioni ogni giorni da Salvini» insorge Gasparri. «Non è questo il momento di mettersi a litigare, il futuro è il centrodestra» dice la Santanché. Ma Forza Italia - complice l' intervento al cuore e l' inabissamento temporaneo del leader - sembra nel pieno di una virata che ne cambierà le prospettive, oltre che i dirigenti al vertice
Gasparri, Santanchè, Carfagna, Micciché, Prestigiacomo e Brunetta, se accettassero di piegare la testa ed andare con Renzi, possono dire addio alla prossima legislatura.
La stanchezza dei burattinai ciarlatani che si collocano solo per la poltrona, sta pesando anche a destra.
Ipotizzando che “Farsa Italia si spacchi esattamente a metà il Caimano venderebbe l’appoggio al Referendum in cambio di che cosa????
Anche se Renzi cedesse sul cambio dell’Italicum e tramutasse il premio alla lista in premio alla coalizione, il centro destra non avrebbe comunque i numeri.
E allora lo zoccolo duro voterebbe solo per salvare Mediaset ed il Gruppo Mediolanum???
Merli scemi si, ma fino a questo punto?
Comunque, la mossa di Fidel potrebbe mettere a rischio il Referendum di ottobre.
Dopo che i sondaggi dell’ultima settimana che avevano visto “Farsa Italia” schierarsi per il NO, mettevano al sicuro il risultato, tutto ritorna problematico.
IL “CENTROSINISTRA” RENZIANO SUPPORTATO DAL NUOVO NAZARENO, DA VERDINI, DA ALFANO.
QUEL FAC-SIMILE DI SINISTRA DEM, DOMANI QUANDO SI RIUNIRA’ CON MUSSOLONI FARA’ FINTA DI NIENTE ANCORA UNA VOLTA DI PIU’??????????????????????????????????????????????????
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM
E INTANTO ...
M5s, a Mira introdotti i referendum senza quorum sulle decisioni locali
Nel comune in provincia di Venezia sarà sufficiente raccogliere 1.600 firme per tre diverse forme di consultazione popolare: quello per valutare una decisione dell'amministrazione, quello per avanzare una proposta su materie di interesse locale e quello per cambiare una norma vigente
di Giuseppe Pietrobelli | 4 luglio 2016
COMMENTI (5)
28
Più informazioni su: Beppe Grillo, Movimento 5 Stelle, Referendum, Veneto
La nuova frontiera della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e all’amministrazione dei Comuni è il referendum senza quorum. A fare da apripista in questa forma di democrazia diretta senza filtri è il consiglio comunale di Mira, una città di oltre 38mila abitanti a una quindicina di chilometri da Venezia. Un tempo era una roccaforte “rossa”, ma nel 2012 la poltrona di sindaco fu conquistata da un giovane candidato del M5s, Alvise Maniero, che già allora aveva promesso che avrebbe fatto approvare decisioni amministrative direttamente ai cittadini. Quattro anni dopo, ecco il via libera alla riforma dello statuto comunale.
Il referendum senza quorum è stato approvato dai soli rappresentanti del M5s, mentre le minoranze si sono affrettate a denunciare il rischio di un depauperamento di spazi democratici. Adesso potrebbe essere introdotto in tutti i comuni a Cinque Stelle, come auspicato da Beppe Grillo, secondo cui “il quorum è un furto di democrazia”.
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Bisognerà aspettare un mese perché lo statuto entri in vigore a Mira. Dopo di allora, sarà sufficiente raccogliere 1.600 firme per tre diverse forme di referendum: quello consultivo per valutare una decisione dell’amministrazione, quello propositivo per avanzare una proposta su materie di interesse locale e quello abrogativo per cambiare una norma vigente. Il limite numerico esiste solo nella fase di presentazione, non in quella di approvazione.
Il sindaco Maniero gioca d’anticipo e replica a quanti già denunciano il rischio di una espropriazione di potere del corpo elettorale. “Il quorum zero – dice – è molto importante da un punto di vista culturale. A decidere è chi vota. Il futuro della nostra città viene messo nelle mani di chi partecipa. È un approccio perfettamente contrario rispetto a chi, anche tra le più alte cariche dello Stato, invita al non voto oppure gioisce per un quorum non raggiunto”. Il riferimento, nient’affatto nascosto, è al recente referendum sulle trivellazioni.
Gli argomenti che possono essere assoggettati al referendum devono essere strettamente locali. Per arrivare all’approvazione, in consiglio comunale si è dovuta attendere la terza seduta, quando bastava la maggioranza semplice e non più una maggioranza qualificata. Contro le obiezioni della minoranza, il sindaco ha detto: “Dare voce ai cittadini è uno dei punti fondamentali del nostro programma per arrivare al bilancio partecipato. I cittadini devono contare sempre di più e noi vogliamo responsabilizzarli, educandoli a decidere. Mi lascia perplesso chi guarda con tanto orrore agli strumenti di partecipazione diretta”.
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Sull’altra sponda le critiche non si sono fatte attendere. “E’ uno spot, più che un esempio di democrazia: le possibilità per incidere nelle scelte sono veramente poche. E poi si introduce un modo per fare prendere a pochi le decisioni per tutti” ha detto Maurizio Barberini, consigliere del Pd. “Se per assurdo vanno a votare in dieci, quei dieci decideranno per tutti?” è il commento di Roberto Marcato, ex sindaco e capogruppo della lista civica “Noi per Mira”.
Il referendum pone anche questioni di rilievo costituzionale, proprio a causa della mancanza di una soglia di validità (come in Gran Bretagna). Ad esempio, la legge di riforma costituzionale del governo Renzi prevede nei referendum abrogativi la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera, se le firme raccolte sono almeno 800 mila.. Negli ordinamenti regionali ci sono diversi quorum: spesso è la maggioranza degli aventi diritto, ma anche la maggioranza dei votanti delle ultime regionali (Toscana), il 40 per cento degli aventi diritto (Provincia di Bolzano) o un terzo degli elettori (Sardegna).
M5s, a Mira introdotti i referendum senza quorum sulle decisioni locali
Nel comune in provincia di Venezia sarà sufficiente raccogliere 1.600 firme per tre diverse forme di consultazione popolare: quello per valutare una decisione dell'amministrazione, quello per avanzare una proposta su materie di interesse locale e quello per cambiare una norma vigente
di Giuseppe Pietrobelli | 4 luglio 2016
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Più informazioni su: Beppe Grillo, Movimento 5 Stelle, Referendum, Veneto
La nuova frontiera della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e all’amministrazione dei Comuni è il referendum senza quorum. A fare da apripista in questa forma di democrazia diretta senza filtri è il consiglio comunale di Mira, una città di oltre 38mila abitanti a una quindicina di chilometri da Venezia. Un tempo era una roccaforte “rossa”, ma nel 2012 la poltrona di sindaco fu conquistata da un giovane candidato del M5s, Alvise Maniero, che già allora aveva promesso che avrebbe fatto approvare decisioni amministrative direttamente ai cittadini. Quattro anni dopo, ecco il via libera alla riforma dello statuto comunale.
Il referendum senza quorum è stato approvato dai soli rappresentanti del M5s, mentre le minoranze si sono affrettate a denunciare il rischio di un depauperamento di spazi democratici. Adesso potrebbe essere introdotto in tutti i comuni a Cinque Stelle, come auspicato da Beppe Grillo, secondo cui “il quorum è un furto di democrazia”.
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Bisognerà aspettare un mese perché lo statuto entri in vigore a Mira. Dopo di allora, sarà sufficiente raccogliere 1.600 firme per tre diverse forme di referendum: quello consultivo per valutare una decisione dell’amministrazione, quello propositivo per avanzare una proposta su materie di interesse locale e quello abrogativo per cambiare una norma vigente. Il limite numerico esiste solo nella fase di presentazione, non in quella di approvazione.
Il sindaco Maniero gioca d’anticipo e replica a quanti già denunciano il rischio di una espropriazione di potere del corpo elettorale. “Il quorum zero – dice – è molto importante da un punto di vista culturale. A decidere è chi vota. Il futuro della nostra città viene messo nelle mani di chi partecipa. È un approccio perfettamente contrario rispetto a chi, anche tra le più alte cariche dello Stato, invita al non voto oppure gioisce per un quorum non raggiunto”. Il riferimento, nient’affatto nascosto, è al recente referendum sulle trivellazioni.
Gli argomenti che possono essere assoggettati al referendum devono essere strettamente locali. Per arrivare all’approvazione, in consiglio comunale si è dovuta attendere la terza seduta, quando bastava la maggioranza semplice e non più una maggioranza qualificata. Contro le obiezioni della minoranza, il sindaco ha detto: “Dare voce ai cittadini è uno dei punti fondamentali del nostro programma per arrivare al bilancio partecipato. I cittadini devono contare sempre di più e noi vogliamo responsabilizzarli, educandoli a decidere. Mi lascia perplesso chi guarda con tanto orrore agli strumenti di partecipazione diretta”.
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Sull’altra sponda le critiche non si sono fatte attendere. “E’ uno spot, più che un esempio di democrazia: le possibilità per incidere nelle scelte sono veramente poche. E poi si introduce un modo per fare prendere a pochi le decisioni per tutti” ha detto Maurizio Barberini, consigliere del Pd. “Se per assurdo vanno a votare in dieci, quei dieci decideranno per tutti?” è il commento di Roberto Marcato, ex sindaco e capogruppo della lista civica “Noi per Mira”.
Il referendum pone anche questioni di rilievo costituzionale, proprio a causa della mancanza di una soglia di validità (come in Gran Bretagna). Ad esempio, la legge di riforma costituzionale del governo Renzi prevede nei referendum abrogativi la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera, se le firme raccolte sono almeno 800 mila.. Negli ordinamenti regionali ci sono diversi quorum: spesso è la maggioranza degli aventi diritto, ma anche la maggioranza dei votanti delle ultime regionali (Toscana), il 40 per cento degli aventi diritto (Provincia di Bolzano) o un terzo degli elettori (Sardegna).
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM
"Referendum il 6 novembre": ora Renzi prende tempo
La data per il referendum fissata al 6 novembre in un vertice fra Renzi e Mattarella. Ma resta il nodo in caso di crisi di governo: con che legge andare a votare?
Ivan Francese - Ven, 08/07/2016 - 10:53
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Per il referendum costituzionale ci sarebbe già una data: il 6 novembre.
Rinviato, ma non eccessivamente, rispetto all'ipotesi iniziale di ottobre.
È questo il giorno x per la sorte del governo e di Matteo Renzi, che sarebbe stato fissato ieri durante l'incontro fra il presidente del Consiglio e il Capo dello Stato Sergio Mattarella al Quirinale.
Secondo La Stampa premier e Presidente avrebbero trovato un'intesa per la prima domenica di novembre. La prima opzione sarebbe stata quella di convocare gli italiani alle urne nell'ultimo finesettimana di ottobre, ma la concomitanza con la solennità di Tutti i Santi ha spinto il governo ad escludere una data che avrebbe favorito l'astensionismo.
Già nelle scorse settimane alcuni parlamentari di peso del Pd avevano ventilato l'ipotesi di spostare la data del referendum addirittura alla primavera del 2017.
I rischi di crisi di governo
Nel frattempo Renzi deve ben calcolare i rischi di fronda interna, con decine di senatori delle formazioni minori che a vario titolo appoggiano il governo che sarebbero pronti a uno sgambetto, nel timore di non venire rieletti se si dovesse andare a votare con l'Italicum.
Il nodo della legge elettorale
In caso di crisi di governo, spiega sempre il quotidiano torinese, il presidente del Consiglio spingerebbe per tornare subito alle urne, con l'Italicum alla Camera e il proporzionale ("Consultellum") al Senato. Mattarella, invece, preferirebbe posticipare un eventuale ritorno al voto a dopo l'intervento definitivo sulla legge elettorale. Per votare, spiegano dal Colle, serve maggior chiarezza.
La data per il referendum fissata al 6 novembre in un vertice fra Renzi e Mattarella. Ma resta il nodo in caso di crisi di governo: con che legge andare a votare?
Ivan Francese - Ven, 08/07/2016 - 10:53
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Per il referendum costituzionale ci sarebbe già una data: il 6 novembre.
Rinviato, ma non eccessivamente, rispetto all'ipotesi iniziale di ottobre.
È questo il giorno x per la sorte del governo e di Matteo Renzi, che sarebbe stato fissato ieri durante l'incontro fra il presidente del Consiglio e il Capo dello Stato Sergio Mattarella al Quirinale.
Secondo La Stampa premier e Presidente avrebbero trovato un'intesa per la prima domenica di novembre. La prima opzione sarebbe stata quella di convocare gli italiani alle urne nell'ultimo finesettimana di ottobre, ma la concomitanza con la solennità di Tutti i Santi ha spinto il governo ad escludere una data che avrebbe favorito l'astensionismo.
Già nelle scorse settimane alcuni parlamentari di peso del Pd avevano ventilato l'ipotesi di spostare la data del referendum addirittura alla primavera del 2017.
I rischi di crisi di governo
Nel frattempo Renzi deve ben calcolare i rischi di fronda interna, con decine di senatori delle formazioni minori che a vario titolo appoggiano il governo che sarebbero pronti a uno sgambetto, nel timore di non venire rieletti se si dovesse andare a votare con l'Italicum.
Il nodo della legge elettorale
In caso di crisi di governo, spiega sempre il quotidiano torinese, il presidente del Consiglio spingerebbe per tornare subito alle urne, con l'Italicum alla Camera e il proporzionale ("Consultellum") al Senato. Mattarella, invece, preferirebbe posticipare un eventuale ritorno al voto a dopo l'intervento definitivo sulla legge elettorale. Per votare, spiegano dal Colle, serve maggior chiarezza.
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM
DIFENDERE IL COLPO DI STATO CON I DENTI
9 luglio 2016 | di Veronica Bencivenga e Fabio Capasso
Referendum, Boschi vs Travaglio: “Sulle riforme mente”
“Sulle riforme Travaglio mente”. Così il ministro per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi intervenuta a Napoli in occasione dell’apertura della campagna referendaria per il ‘si’. “Ho sentito in televisione un noto giornalista, Marco Travaglio, ascoltato da molte persone – spiega il Ministro – dire che se passa la riforma costituzionale ci vogliono molte più firme per fare i referendum abrogativi, ma questo – continua il ministro – non è vero”. Quando proviamo ad avvicinare il ministro Boschi al termine dell’intervento per chiederle chiarimenti e ricordarle che da mesi Travaglio le chiede un confronto pubblico sull’argomento, la ministra non risponde e tira dritto protetta dalle sue guardie del corpo. All’evento era presenta anche il Governatore della Campania Vincenzo De Luca in compagnia del figlio Piero (nominato coordinatore scientifico del comitato per il sì al referendum) intervenuto al dibattito. A De Luca abbiamo chiesto se si fosse scusato con il sindaco di Roma Virginia Raggi dopo averla definita ‘bambolina imbambolata’ e lui ci ha gentilmente invitato ad “andare a fare un bagno” di Veronica Bencivenga e Fabio Capasso
VIDEO
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/07/ ... co/542520/
9 luglio 2016 | di Veronica Bencivenga e Fabio Capasso
Referendum, Boschi vs Travaglio: “Sulle riforme mente”
“Sulle riforme Travaglio mente”. Così il ministro per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi intervenuta a Napoli in occasione dell’apertura della campagna referendaria per il ‘si’. “Ho sentito in televisione un noto giornalista, Marco Travaglio, ascoltato da molte persone – spiega il Ministro – dire che se passa la riforma costituzionale ci vogliono molte più firme per fare i referendum abrogativi, ma questo – continua il ministro – non è vero”. Quando proviamo ad avvicinare il ministro Boschi al termine dell’intervento per chiederle chiarimenti e ricordarle che da mesi Travaglio le chiede un confronto pubblico sull’argomento, la ministra non risponde e tira dritto protetta dalle sue guardie del corpo. All’evento era presenta anche il Governatore della Campania Vincenzo De Luca in compagnia del figlio Piero (nominato coordinatore scientifico del comitato per il sì al referendum) intervenuto al dibattito. A De Luca abbiamo chiesto se si fosse scusato con il sindaco di Roma Virginia Raggi dopo averla definita ‘bambolina imbambolata’ e lui ci ha gentilmente invitato ad “andare a fare un bagno” di Veronica Bencivenga e Fabio Capasso
VIDEO
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/07/ ... co/542520/
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM
Renzi adesso trema davvero
Il sì al referendum è sceso al 37%: 13 punti meno rispetto a quattro mesi fa. Un crollo vertiginoso di consensi per il premier
Luca Romano - Lun, 11/07/2016 - 09:03
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Il terreno su cui si sta muovendo Matteo Renzi è sempre più fragile. Come i sondaggi a favore del sì al referendum.
La scelta del premier di trasformare la consultazione in una sorta di redde rationem è stato un clamoroso autogol. Una strategia controproducente certificata anche dall'ultimo sondaggio di Ilvo Diamanti pubblicato su Repubblica.
Infatti, secondo le rilevazioni di Demos, "lo scorso febbraio si esprimeva a favore della riforma una maggioranza molto ampia: 50%. Mentre i contrari erano la metà, 24%. Poco meno di quanti non rispondevano, perché indecisi, oppure perché la materia risultava loro poco comprensibile. Oggi, però, la prospettiva appare molto più incerta. Il sostegno alla riforma, infatti, è sceso al 37%: 13 punti meno di 4 mesi fa. Mentre l'opposizione è, parallelamente, salita al 30%. Insieme, è cresciuta anche la componente di quanti non si esprimono: 33%. La distanza, a favore del Sì, dunque, è calata sensibilmente: da 26 a 7 punti", si legge su Repubblica.
Insomma, adesso Renzi trema davvero.
Il sì al referendum è sceso al 37%: 13 punti meno rispetto a quattro mesi fa. Un crollo vertiginoso di consensi per il premier
Luca Romano - Lun, 11/07/2016 - 09:03
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Il terreno su cui si sta muovendo Matteo Renzi è sempre più fragile. Come i sondaggi a favore del sì al referendum.
La scelta del premier di trasformare la consultazione in una sorta di redde rationem è stato un clamoroso autogol. Una strategia controproducente certificata anche dall'ultimo sondaggio di Ilvo Diamanti pubblicato su Repubblica.
Infatti, secondo le rilevazioni di Demos, "lo scorso febbraio si esprimeva a favore della riforma una maggioranza molto ampia: 50%. Mentre i contrari erano la metà, 24%. Poco meno di quanti non rispondevano, perché indecisi, oppure perché la materia risultava loro poco comprensibile. Oggi, però, la prospettiva appare molto più incerta. Il sostegno alla riforma, infatti, è sceso al 37%: 13 punti meno di 4 mesi fa. Mentre l'opposizione è, parallelamente, salita al 30%. Insieme, è cresciuta anche la componente di quanti non si esprimono: 33%. La distanza, a favore del Sì, dunque, è calata sensibilmente: da 26 a 7 punti", si legge su Repubblica.
Insomma, adesso Renzi trema davvero.
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM
QUESTO REFERENDUM STA LASCIANDO MOLTI CADAVERI SUL TERRENO.
DOPO CACCIARI, CHE DOPO TANTI ANNI NON SA PIU' ESSERE CONVINCENTE, MA PASTICCIONE E CONFUSO, OGGI E' LA VOLTA DEL PROF. CAMPI, CHE IN PASSATO SI E' MOSTRATO PIUTTOSTO EQUILIBRATO, IN QUESTO CASO MOSTRA PARECCHI LIMITI, MAI ESTERNATI IN PASSATO.
OGNUNO HA IL DIRITTO DI PENSARLA COME CREDE, MA IN QUESTO CASO IL POLITOLOGO POTREBBE CONVINCERE SOLO DEI GATTI DI MARMO.
HA PERSO IL SUO SMALTO.
11 luglio 2016 | di Gisella Ruccia
Referendum riforme, Gomez vs Campi: “Personalizzazione di Renzi? Mossa stupida”. “C’ha messo la faccia”
Vis-à-vis a serrato a Omnibus (La7) tra Peter Gomez, direttore de ilfattoquotidiano.it, e Alessandro Campi, docente di Storia del Pensiero Politico all’Università di Perugia, sulle riforme costituzionali. Ad aprire il dibattito è Campi, che critica le accuse di “personalizzazione” dello scontro referendario al presidente del Consiglio: “Renzi ci ha messo la faccia e lo si accusa di aver trasformato il referendum in un plebiscito. E’ inevitabile che un processo così importante sia giocato intorno a una persona. Basti ricordare la riforma francese del 1962; quelle erano le riforme di De Gaulle, non di un gruppetto di costituzionalisti”. E aggiunge: “Quella della personalizzazione è la critica più insensata che si possa fare. A me non spaventano gli elementi di personalizzazione della riforma e le accuse veementi che si fanno. Anzi, spero che Renzi abbia la coerenza di andare fino in fondo”. Non ci stanno né Daniela Preziosi, firma de Il Manifesto, né Gomez che replica: “La cronaca non sbaglia: è stato Renzi a dichiarare apertamente che, se avesse perso il referendum, avrebbe lasciato la presidenza del Consiglio e la politica. Possiamo dire che dal punto di vista politico è stata una mossa stupida? Secondo me, sì“. “Evidentemente Renzi pensa che c’è un pezzo di Paese disposto a seguirlo” – ribatte Campi – “Voglio sperare che, oltre a quello anti-renziano, esista il fronte renziano”. “Quando sei al potere” – osserva Gomez – “c’è più gente che ti critica che altro. Scommettere sul futuro della Repubblica, legandolo alle proprie sorti personali, è un errore. Prima che Napolitano si svegliasse, pensavamo tutti che le riforme costituzionali fossero materia del Parlamento e non del governo“. “Finché sono state materia del Parlamento non si sono mai fatte in questo Paese“, controbatte il docente. “Non è vero” – puntualizza il direttore del Fatto online – “Il Titolo V della Costituzione è un disastro che è stato fatto dal centrosinistra. Il pareggio di bilancio è stato fatto da tutto il Parlamento. Dobbiamo essere precisi, altrimenti serviamo la propaganda. Di riforme costituzionali sono state fatte molte in questo Paese. Anche il centrodestra ci ha provato con la devolution, ma la riforma fu bocciata dai cittadini. Cercare di intestarsi delle cose non vere non va bene. Poi discutiamo nel merito però la storia e la cronaca dicono che alcune delle cose da lei dette non sono vere”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/07/ ... ia/542930/
DOPO CACCIARI, CHE DOPO TANTI ANNI NON SA PIU' ESSERE CONVINCENTE, MA PASTICCIONE E CONFUSO, OGGI E' LA VOLTA DEL PROF. CAMPI, CHE IN PASSATO SI E' MOSTRATO PIUTTOSTO EQUILIBRATO, IN QUESTO CASO MOSTRA PARECCHI LIMITI, MAI ESTERNATI IN PASSATO.
OGNUNO HA IL DIRITTO DI PENSARLA COME CREDE, MA IN QUESTO CASO IL POLITOLOGO POTREBBE CONVINCERE SOLO DEI GATTI DI MARMO.
HA PERSO IL SUO SMALTO.
11 luglio 2016 | di Gisella Ruccia
Referendum riforme, Gomez vs Campi: “Personalizzazione di Renzi? Mossa stupida”. “C’ha messo la faccia”
Vis-à-vis a serrato a Omnibus (La7) tra Peter Gomez, direttore de ilfattoquotidiano.it, e Alessandro Campi, docente di Storia del Pensiero Politico all’Università di Perugia, sulle riforme costituzionali. Ad aprire il dibattito è Campi, che critica le accuse di “personalizzazione” dello scontro referendario al presidente del Consiglio: “Renzi ci ha messo la faccia e lo si accusa di aver trasformato il referendum in un plebiscito. E’ inevitabile che un processo così importante sia giocato intorno a una persona. Basti ricordare la riforma francese del 1962; quelle erano le riforme di De Gaulle, non di un gruppetto di costituzionalisti”. E aggiunge: “Quella della personalizzazione è la critica più insensata che si possa fare. A me non spaventano gli elementi di personalizzazione della riforma e le accuse veementi che si fanno. Anzi, spero che Renzi abbia la coerenza di andare fino in fondo”. Non ci stanno né Daniela Preziosi, firma de Il Manifesto, né Gomez che replica: “La cronaca non sbaglia: è stato Renzi a dichiarare apertamente che, se avesse perso il referendum, avrebbe lasciato la presidenza del Consiglio e la politica. Possiamo dire che dal punto di vista politico è stata una mossa stupida? Secondo me, sì“. “Evidentemente Renzi pensa che c’è un pezzo di Paese disposto a seguirlo” – ribatte Campi – “Voglio sperare che, oltre a quello anti-renziano, esista il fronte renziano”. “Quando sei al potere” – osserva Gomez – “c’è più gente che ti critica che altro. Scommettere sul futuro della Repubblica, legandolo alle proprie sorti personali, è un errore. Prima che Napolitano si svegliasse, pensavamo tutti che le riforme costituzionali fossero materia del Parlamento e non del governo“. “Finché sono state materia del Parlamento non si sono mai fatte in questo Paese“, controbatte il docente. “Non è vero” – puntualizza il direttore del Fatto online – “Il Titolo V della Costituzione è un disastro che è stato fatto dal centrosinistra. Il pareggio di bilancio è stato fatto da tutto il Parlamento. Dobbiamo essere precisi, altrimenti serviamo la propaganda. Di riforme costituzionali sono state fatte molte in questo Paese. Anche il centrodestra ci ha provato con la devolution, ma la riforma fu bocciata dai cittadini. Cercare di intestarsi delle cose non vere non va bene. Poi discutiamo nel merito però la storia e la cronaca dicono che alcune delle cose da lei dette non sono vere”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/07/ ... ia/542930/
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM
La Stampa 18.7.16
Idea Pd, far slittare il referendum a fine novembre
Finanziaria e voto Usa due momenti chiave
di Carlo Bertini
Cosa c’entrano le elezioni americane dell’8 novembre con la data del referendum italiano? Potrebbero entrarci pure quelle. I più spiritosi del Pd la chiamano scherzosamente «operazione win win», per proprietà linguistica transitiva, cioè «vincente comunque», perché consisterebbe in un semplice calcolo, tutto a fini elettorali: il voto che potrebbe costare la poltrona a Renzi e che dunque potrebbe minare la stabilità europea, andrebbe fissato dopo quello americano, e non il 6 novembre cui ha fatto riferimento il premier.
Le elezioni americane
È una suggestione ma la dice lunga sul fatto che sulla data del referendum ancora in bilico, nel Pd tutte le armi vengono analizzate dai vari strateghi. Perché «se vince Trump, scatta la paura, tutti a gridare attenti ai populismi e quindi effetto di trascinamento automatico sul rischio grillini. Se vince la Clinton, va bene lo stesso, può scattare l’effetto trascinamento del vento dei Democratici», sorride Francesco Boccia prima di entrare in aula. È solo una delle suggestioni che potrebbe ispirare chi volesse consigliare il premier di far slittare la data del referendum italico oltre metà novembre. Tutte giocano sulla circostanza non secondaria che forse i margini potrebbero esserci per restare nei termini di legge entro cui convocare le urne: la Cassazione potrebbe forse terminare le operazioni di controllo sulle firme a metà settembre, calcolando i tempi di eventuali ricorsi; dunque la scadenza (dai 50 ai 70 giorni) entro cui fissare il referendum sarebbe rispettata anche se si finisse in coda a novembre.
Legge di bilancio blindata
La ragione più seria per arrivare così in fondo sarebbe però quella di mettere in sicurezza la legge di bilancio con il voto di una delle due Camere: perché così nel caso di vittoria dei no e di caduta del governo, gli scossoni sarebbero in certa misura più contenuti. Già è assodato infatti che il governo userà la finanziaria d’autunno come «il propulsore» del referendum (copyright Francesco Verducci, coordinatore dei «giovani turchi») ovvero il razzo che può far scattare la navicella verso lo spazio luminoso della vittoria. Grazie ad una misura forte che incida sulle fasce sociali più disagiate: tutto è ancora prematuro, ma potrebbe essere su temi caldi come le pensioni o sul fisco.
La legge di bilancio, quella che sostituirà la legge di stabilità, ha nuove regole: niente misure localistiche e micro-settoriali, eliminando così il “suk” parlamentare; e deve arrivare alle Camere il 20 ottobre. Dunque l’annuncio «propulsore» del governo è garantito e un pacchetto di misure sociali sarebbe utile alla campagna referendaria, inserendo il sì o il no alle riforme in un progetto complessivo. Correndo, la legge di bilancio potrebbe essere approvata in aula entro il 18 novembre o anche prima, spiegano quelli che maneggiano il calendario. Perciò non è escluso alla fine che il referendum possa tenersi il 20 o il 27 novembre. E magari anche con una benedizione del Colle, che potrebbe gradire la scelta di mettere in sicurezza il provvedimento più importante del governo, che anche l’Europa attende.
Idea Pd, far slittare il referendum a fine novembre
Finanziaria e voto Usa due momenti chiave
di Carlo Bertini
Cosa c’entrano le elezioni americane dell’8 novembre con la data del referendum italiano? Potrebbero entrarci pure quelle. I più spiritosi del Pd la chiamano scherzosamente «operazione win win», per proprietà linguistica transitiva, cioè «vincente comunque», perché consisterebbe in un semplice calcolo, tutto a fini elettorali: il voto che potrebbe costare la poltrona a Renzi e che dunque potrebbe minare la stabilità europea, andrebbe fissato dopo quello americano, e non il 6 novembre cui ha fatto riferimento il premier.
Le elezioni americane
È una suggestione ma la dice lunga sul fatto che sulla data del referendum ancora in bilico, nel Pd tutte le armi vengono analizzate dai vari strateghi. Perché «se vince Trump, scatta la paura, tutti a gridare attenti ai populismi e quindi effetto di trascinamento automatico sul rischio grillini. Se vince la Clinton, va bene lo stesso, può scattare l’effetto trascinamento del vento dei Democratici», sorride Francesco Boccia prima di entrare in aula. È solo una delle suggestioni che potrebbe ispirare chi volesse consigliare il premier di far slittare la data del referendum italico oltre metà novembre. Tutte giocano sulla circostanza non secondaria che forse i margini potrebbero esserci per restare nei termini di legge entro cui convocare le urne: la Cassazione potrebbe forse terminare le operazioni di controllo sulle firme a metà settembre, calcolando i tempi di eventuali ricorsi; dunque la scadenza (dai 50 ai 70 giorni) entro cui fissare il referendum sarebbe rispettata anche se si finisse in coda a novembre.
Legge di bilancio blindata
La ragione più seria per arrivare così in fondo sarebbe però quella di mettere in sicurezza la legge di bilancio con il voto di una delle due Camere: perché così nel caso di vittoria dei no e di caduta del governo, gli scossoni sarebbero in certa misura più contenuti. Già è assodato infatti che il governo userà la finanziaria d’autunno come «il propulsore» del referendum (copyright Francesco Verducci, coordinatore dei «giovani turchi») ovvero il razzo che può far scattare la navicella verso lo spazio luminoso della vittoria. Grazie ad una misura forte che incida sulle fasce sociali più disagiate: tutto è ancora prematuro, ma potrebbe essere su temi caldi come le pensioni o sul fisco.
La legge di bilancio, quella che sostituirà la legge di stabilità, ha nuove regole: niente misure localistiche e micro-settoriali, eliminando così il “suk” parlamentare; e deve arrivare alle Camere il 20 ottobre. Dunque l’annuncio «propulsore» del governo è garantito e un pacchetto di misure sociali sarebbe utile alla campagna referendaria, inserendo il sì o il no alle riforme in un progetto complessivo. Correndo, la legge di bilancio potrebbe essere approvata in aula entro il 18 novembre o anche prima, spiegano quelli che maneggiano il calendario. Perciò non è escluso alla fine che il referendum possa tenersi il 20 o il 27 novembre. E magari anche con una benedizione del Colle, che potrebbe gradire la scelta di mettere in sicurezza il provvedimento più importante del governo, che anche l’Europa attende.
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM
Renzi sta poco sereno:
Prodi non fa votare Sì
L’ex primo ministro e
fondatore dell’Ulivo non
apprezza la riforma Boschi,
ma è preoccupato
dall’idea che una sua presa
di posizione troppo netta
possa finire per destabilizzare
i mercati e l’Europa
Dalla prima pagina de IL FATTO QUOTIDIANO, di oggi 17 Agosto 2016.
Di conseguenza nasce la necessità impellente di chiedere al fondatore dell’Ulivo una scelta.
Caro Romano, la Repubblica è morente e la Democrazia è andata a farsi benedire.
Questa è l’ora delle scelte.
Vengono prima i mercati e l’Europa che ha fallito secondo i principii dei fondatori, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Robert Schuman, Paul-Henri Spaak, Altiero Spinelli, oppure dobbiamo piegarci al dictat della JP Morgan che ha una visione fascista delle Costituzioni europee nate dopo la Seconda Guerra Mondiale??????
JP Morgan all’Eurozona: “Sbarazzatevi delle costituzioni antifasciste”
18 giugno 2013, di Redazione Wall Street Italia
NEW YORK (WSI) – Gli economisti del gigante finanziario americano JP Morgan lo dicono senza troppi fronzoli ai governi europei: “Dovete liberarvi delle vostre costituzioni sinistroide e anti fasciste”.
Lo si legge in un documento di 16 pagine in cui vengono elencate le modifiche da apportare nell’area euro per riuscire a sopravvivere alla crisi del debito.
Oltre alla parte sul buon lavoro fatto sin qui, la sezione piu’ interessante riguarda il lavoro che resta ancora da fare in termini di deleveraging delle banche e di alleggerimento del debito sovrano e delle famiglie.
Le riforme strutturali piu’ urgenti, oltre a quelle politiche, sono secondo la banca quelle in termini di riduzione dei costi del lavoro, di aumento della flessibilita’ e della liberta’ di licenziare, di privatizzazione, di deregolamentazione, di liberalizzazione dei settori industriali “protetti” dallo stato.
VEDI:
http://www.wallstreetitalia.com/jp-morg ... ifasciste/
Prodi non fa votare Sì
L’ex primo ministro e
fondatore dell’Ulivo non
apprezza la riforma Boschi,
ma è preoccupato
dall’idea che una sua presa
di posizione troppo netta
possa finire per destabilizzare
i mercati e l’Europa
Dalla prima pagina de IL FATTO QUOTIDIANO, di oggi 17 Agosto 2016.
Di conseguenza nasce la necessità impellente di chiedere al fondatore dell’Ulivo una scelta.
Caro Romano, la Repubblica è morente e la Democrazia è andata a farsi benedire.
Questa è l’ora delle scelte.
Vengono prima i mercati e l’Europa che ha fallito secondo i principii dei fondatori, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Robert Schuman, Paul-Henri Spaak, Altiero Spinelli, oppure dobbiamo piegarci al dictat della JP Morgan che ha una visione fascista delle Costituzioni europee nate dopo la Seconda Guerra Mondiale??????
JP Morgan all’Eurozona: “Sbarazzatevi delle costituzioni antifasciste”
18 giugno 2013, di Redazione Wall Street Italia
NEW YORK (WSI) – Gli economisti del gigante finanziario americano JP Morgan lo dicono senza troppi fronzoli ai governi europei: “Dovete liberarvi delle vostre costituzioni sinistroide e anti fasciste”.
Lo si legge in un documento di 16 pagine in cui vengono elencate le modifiche da apportare nell’area euro per riuscire a sopravvivere alla crisi del debito.
Oltre alla parte sul buon lavoro fatto sin qui, la sezione piu’ interessante riguarda il lavoro che resta ancora da fare in termini di deleveraging delle banche e di alleggerimento del debito sovrano e delle famiglie.
Le riforme strutturali piu’ urgenti, oltre a quelle politiche, sono secondo la banca quelle in termini di riduzione dei costi del lavoro, di aumento della flessibilita’ e della liberta’ di licenziare, di privatizzazione, di deregolamentazione, di liberalizzazione dei settori industriali “protetti” dallo stato.
VEDI:
http://www.wallstreetitalia.com/jp-morg ... ifasciste/
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM
20 agosto 2016 | di F. Q.
Referendum, il No spiegato da Alessandro Pace. 1# – “La riforma è un azzardo, ecco perché”
Alessandro Pace, emerito di Diritto costituzionale all’Università La Sapienza di Roma e presidente del Comitato per il No, spiega la sua contrarietà alla riforma Boschi-Renzi analizzandola a partire dalla “violazione della sentenza n. 1 del 2014 della Corte Costituzionale”, quella che ha bocciato il Porcellum. “In quella sentenza la Corte si è espressa in merito al principio di continuità degli organi costituzionali affermando che non è a tempo indeterminato, e che la legislatura poteva proseguire con un termine massimo di tre mesi. Ragioni economiche hanno consigliato di proseguire oltre quel termine, ma aprire addirittura un percorso di riforma costituzionale è stato un vero e proprio azzardo“. Il Costituzionalista spiega inoltre perché una revisione avviata attraverso l’iniziativa dell’esecutivo, e non del Parlamento, è viziata dall’impronta politica che il governo imprime ad essa. Nei prossimi video, la “violazione dei principi supremi: la sovranità popolare”, “la violazione del principio di eguaglianza e di razionalità e ragionevolezza”, “il rapporto squilibrato Stato-Regioni”, “la forma di governo del premierato assoluto” e “l’inesistente semplificazione del procedimento legislativo”.
Video di Amely Video
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/08/ ... he/553813/
Referendum, il No spiegato da Alessandro Pace. 1# – “La riforma è un azzardo, ecco perché”
Alessandro Pace, emerito di Diritto costituzionale all’Università La Sapienza di Roma e presidente del Comitato per il No, spiega la sua contrarietà alla riforma Boschi-Renzi analizzandola a partire dalla “violazione della sentenza n. 1 del 2014 della Corte Costituzionale”, quella che ha bocciato il Porcellum. “In quella sentenza la Corte si è espressa in merito al principio di continuità degli organi costituzionali affermando che non è a tempo indeterminato, e che la legislatura poteva proseguire con un termine massimo di tre mesi. Ragioni economiche hanno consigliato di proseguire oltre quel termine, ma aprire addirittura un percorso di riforma costituzionale è stato un vero e proprio azzardo“. Il Costituzionalista spiega inoltre perché una revisione avviata attraverso l’iniziativa dell’esecutivo, e non del Parlamento, è viziata dall’impronta politica che il governo imprime ad essa. Nei prossimi video, la “violazione dei principi supremi: la sovranità popolare”, “la violazione del principio di eguaglianza e di razionalità e ragionevolezza”, “il rapporto squilibrato Stato-Regioni”, “la forma di governo del premierato assoluto” e “l’inesistente semplificazione del procedimento legislativo”.
Video di Amely Video
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/08/ ... he/553813/
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM
Il Costituzionalista spiega inoltre perché una revisione avviata attraverso l’iniziativa dell’esecutivo, e non del Parlamento, è viziata dall’impronta politica che il governo imprime ad essa.
(Vedi post precedente)
Alessandro Pace ha perfettamente ragione.
Ma quanti sono gli italiani in grado di capirlo, se anche il filosofo Massimo Cacciari, riconosce molti difetti alla modifica Boschi-Renzi ma vota ugualmente SI??????
(Vedi post precedente)
Alessandro Pace ha perfettamente ragione.
Ma quanti sono gli italiani in grado di capirlo, se anche il filosofo Massimo Cacciari, riconosce molti difetti alla modifica Boschi-Renzi ma vota ugualmente SI??????
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