referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
REFERENDUM, LA PRESSIONE È SOLO ALL’INIZIO
MINACCE FINANZIARIE
Prima Renzi ha provato
a separare i suoi destini
da quelli della riforma, ora
invece la linea è : “O vince
il Sì o sarà l’apocalisse
» ALFIERO GRANDI
Il referendum deve accettare o respingere le modifiche della Costituzione della legge Renzi-Boschi. Per mesi il
referendum è diventato un plebiscito su Renzi, dal cui esito dipenderebbe la vita del governo.
Qualcuno ha spiegato al premier che un referendum all’insegna del “con me o contro di me” presenta rischi per la sopravvivenza del governo.
Tanto più che i risultati del governo sono quasi inesistenti.
Dopo i consigli di prudenza, interpretati da Renzi con l’accusa al No di personalizzare contro di lui, come nella favola del lupo e dell’agnello, la musica avrebbe dovuto cambiare.
NON È SUCCESSO perché sul referendum vengono caricati ricatti e tensioni inaccettabili.
Dopo le banche di affari internazionali, che hanno da tempo nel mirino le
democrazie uscite dalla Resistenza, ora entrano in campo poteri economici e finanziari internazionali che evocano sfracelli economici se dovesse vincere il No.
Nelle prossime settimane la pressione aumenterà.
Ne vedremo delle belle.
Prima i parlamentari italiani, con legittimazione discutibile, hanno approvato lo scasso della Costituzione sotto il ricatto del “tutti a casa”.
Ora il ricatto si trasferisce sull’intero Paese: o approvate le modifiche, o arriveranno disgrazie di ogni natura.
Malgrado ricatti crescenti l’esito del referendum non è scontato.
C’è chi propone modifiche della legge elettorale (Italicum) in
cambio del Sì alle modifiche costituzionali.
Un legame stretto tra i provvedimenti c’è, non a caso dalla legge elettorale è stato tolto il
Senato.
Il risultato delle due leggi è un premierato forte, un governo a cui l’unica camera, che dà la fiducia,
è subalterna, un Senato ridotto a dopolavoro di lusso per consiglieri regionali, un accentramento
di poteri a danno delle Regioni e Comuni con vincoli sempre più stretti, un sistema elettorale
simile al porcellum, che per i due terzi consente ai capi partito, non agli elettori, di nominare
i deputati, nessun senatore verrà più eletto.
La legge elettorale con il premio di maggioranza crea differenze nel valore del voto
degli elettori.
Il principio dell’articolo 48 (il voto è e g u a l e ) v i e n e svuotato dal combinato
delle modifiche della Cost i t u z i o n e e da ll’Italicum.
È il destino dei princìpi della prima parte della Costituzione.
Nessuno ha il coraggio di rottamarli ma si tenta di svuotarli con le modifiche della
seconda parte e con l’Italicum.
Così si ribalta l’attuale Costituzione, rendendo il parlamento subalterno al governo. Per questo
non basta cambiare l’Italicum, ma vanno bocciate anzitutto le modifiche
della Costituzione.
Non pochi sostenitori del Sì ammettono che le modifiche della Costituzione
sono mal scritte, a volte sbagliate, ma rispondono fiduciosi che il prossimo parlamento provvederà
agli aggiustamenti, sembrano ignorare che sarà quello nominato con l’Italicum. La Costituzione
andrebbe scritta con cura, ma è inaccettabile che chi ha sbagliato sia protagonista delle
future correzioni.
DEPUTATI e senatori Pd, compresi alcuni che hanno votato le modifiche
costituzionali, si sono schierati ora per il No.
Franco Monaco, storico esponente ulivista, ha motivato la scelta in polemica con Arturo
Parisi e dimostrando che la coerenza tra questi testi e il programma dell’Ulivo è inventato.
Il tentativo di scambiare modifiche all’Italicum e voto Sì nel referendum sottovaluta che entrambi
i testi sono inaccettabili e la loro combinazione accentua l’accentramento dei poteri nelle
mani del governo e del Presidente del consiglio.
Fin dall’11 gennaio 2016 il Comitato per il No ha avanzato le critiche di merito, perchè conta l’og -
getto su cui si vota e sulla Costituzione tutti dovrebbero giudicare il merito e non votare per altre
ragioni, o peggio sotto ricatto.
*vice presidente comitato per il No
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MINACCE FINANZIARIE
Prima Renzi ha provato
a separare i suoi destini
da quelli della riforma, ora
invece la linea è : “O vince
il Sì o sarà l’apocalisse
» ALFIERO GRANDI
Il referendum deve accettare o respingere le modifiche della Costituzione della legge Renzi-Boschi. Per mesi il
referendum è diventato un plebiscito su Renzi, dal cui esito dipenderebbe la vita del governo.
Qualcuno ha spiegato al premier che un referendum all’insegna del “con me o contro di me” presenta rischi per la sopravvivenza del governo.
Tanto più che i risultati del governo sono quasi inesistenti.
Dopo i consigli di prudenza, interpretati da Renzi con l’accusa al No di personalizzare contro di lui, come nella favola del lupo e dell’agnello, la musica avrebbe dovuto cambiare.
NON È SUCCESSO perché sul referendum vengono caricati ricatti e tensioni inaccettabili.
Dopo le banche di affari internazionali, che hanno da tempo nel mirino le
democrazie uscite dalla Resistenza, ora entrano in campo poteri economici e finanziari internazionali che evocano sfracelli economici se dovesse vincere il No.
Nelle prossime settimane la pressione aumenterà.
Ne vedremo delle belle.
Prima i parlamentari italiani, con legittimazione discutibile, hanno approvato lo scasso della Costituzione sotto il ricatto del “tutti a casa”.
Ora il ricatto si trasferisce sull’intero Paese: o approvate le modifiche, o arriveranno disgrazie di ogni natura.
Malgrado ricatti crescenti l’esito del referendum non è scontato.
C’è chi propone modifiche della legge elettorale (Italicum) in
cambio del Sì alle modifiche costituzionali.
Un legame stretto tra i provvedimenti c’è, non a caso dalla legge elettorale è stato tolto il
Senato.
Il risultato delle due leggi è un premierato forte, un governo a cui l’unica camera, che dà la fiducia,
è subalterna, un Senato ridotto a dopolavoro di lusso per consiglieri regionali, un accentramento
di poteri a danno delle Regioni e Comuni con vincoli sempre più stretti, un sistema elettorale
simile al porcellum, che per i due terzi consente ai capi partito, non agli elettori, di nominare
i deputati, nessun senatore verrà più eletto.
La legge elettorale con il premio di maggioranza crea differenze nel valore del voto
degli elettori.
Il principio dell’articolo 48 (il voto è e g u a l e ) v i e n e svuotato dal combinato
delle modifiche della Cost i t u z i o n e e da ll’Italicum.
È il destino dei princìpi della prima parte della Costituzione.
Nessuno ha il coraggio di rottamarli ma si tenta di svuotarli con le modifiche della
seconda parte e con l’Italicum.
Così si ribalta l’attuale Costituzione, rendendo il parlamento subalterno al governo. Per questo
non basta cambiare l’Italicum, ma vanno bocciate anzitutto le modifiche
della Costituzione.
Non pochi sostenitori del Sì ammettono che le modifiche della Costituzione
sono mal scritte, a volte sbagliate, ma rispondono fiduciosi che il prossimo parlamento provvederà
agli aggiustamenti, sembrano ignorare che sarà quello nominato con l’Italicum. La Costituzione
andrebbe scritta con cura, ma è inaccettabile che chi ha sbagliato sia protagonista delle
future correzioni.
DEPUTATI e senatori Pd, compresi alcuni che hanno votato le modifiche
costituzionali, si sono schierati ora per il No.
Franco Monaco, storico esponente ulivista, ha motivato la scelta in polemica con Arturo
Parisi e dimostrando che la coerenza tra questi testi e il programma dell’Ulivo è inventato.
Il tentativo di scambiare modifiche all’Italicum e voto Sì nel referendum sottovaluta che entrambi
i testi sono inaccettabili e la loro combinazione accentua l’accentramento dei poteri nelle
mani del governo e del Presidente del consiglio.
Fin dall’11 gennaio 2016 il Comitato per il No ha avanzato le critiche di merito, perchè conta l’og -
getto su cui si vota e sulla Costituzione tutti dovrebbero giudicare il merito e non votare per altre
ragioni, o peggio sotto ricatto.
*vice presidente comitato per il No
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
AGLI ITALIANI DEVE ESSERE BEN CHIARO QUESTO CONCETTO.
Insomma: Matteo Renzi potrebbe non farcela. Con questo abbiamo ora la certificazione assoluta che Renzi rappresenta simultaneamente, in Italia, il pensiero unico della globalizzazione neo-liberista e il disegno delle elites globali di cancellare le sovranità nazionali insieme agli ultimi residui di democrazia rappresentativa che ancora non sono stati cancellati dai parlamenti occidentali.
Sembra proprio questa la vera preoccupazione imperiale e dei suoi esegeti: che non riesca in Italia il tentativo di cancellare la democrazia della Costituzione in vigore e sostituirla con un regime vero e proprio che garantisca per una lunga fase la tranquilla gestione del potere italiano da parte della finanza internazionale.
Berlusconi è stato l'uomo ideale, per le élite della finanza internazionale, per smantellare l'Italia del secondo novecento.
Per continuare a operare indisturbati verso la meta finale, hanno fatto credere che stava mandando per aria l'Italia e che quindi necessitava un uomo nuovo.
Ma l'uomo nuovo scelto dalle élite ed imposto già nell'estate del 2011, era Mario Monti.
In pratica un loro uomo di fiducia, presente in Bildelberg, nella Trilaleterale, in Aspen.
Esaurito il suo compitino di distruzione del welfare, tramite il loro uomo al vertice nelle istituzioni, l'ex agente CIA e membro della Loggia Massonica Three Eyes, Giorgio Napolitano, è stato piazzato Enrico Letta, anche lui appartenente alle stesse organizzazioni in cui era affiliato Monti.
Di diritto, anche se forse non era all'altezza perchè si è dimostrato una mozzarella, il posto di Letta spettava a Bersani.
Ma Re Giorgio, ha trafficato secondo gli ordini ricevuti dall'alto.
Bersani aveva ancora il sangue troppo rosso per andare a governare ed interrompere il disegno di distruzione della democrazia.
Quindi scelsero Letta, perché appartenente a Bildelberg, alla Trilalaterale, ad Aspen.
Ma molto probabilmente Letta era un pò restio alla distruzione della democrazia.
Con i casi sopravvenuti della Banca Etruria e non solo, faceva al caso delle élite, il Bullo di Rignano.
Grande Mega Spara Palle, disposto a tutto per il potere.
Adesso il disegno potrebbe andare in frantumi, e le èlite sono preoccupate perchè già in vista del traguardo.
Siamo passati dalla dominazione nazista del 1943, a quella delle èlite della finanza internazionale di questi anni.
La libertà ci è costata cara nel 1945.
Non la si può svendere in questo modo.
Adesso tocca a noi dicendo un NO secco al prossimo refenzum.
Il fascismo non deve tornare, nè con Mussoloni, nè con altri.
Insomma: Matteo Renzi potrebbe non farcela. Con questo abbiamo ora la certificazione assoluta che Renzi rappresenta simultaneamente, in Italia, il pensiero unico della globalizzazione neo-liberista e il disegno delle elites globali di cancellare le sovranità nazionali insieme agli ultimi residui di democrazia rappresentativa che ancora non sono stati cancellati dai parlamenti occidentali.
Sembra proprio questa la vera preoccupazione imperiale e dei suoi esegeti: che non riesca in Italia il tentativo di cancellare la democrazia della Costituzione in vigore e sostituirla con un regime vero e proprio che garantisca per una lunga fase la tranquilla gestione del potere italiano da parte della finanza internazionale.
Berlusconi è stato l'uomo ideale, per le élite della finanza internazionale, per smantellare l'Italia del secondo novecento.
Per continuare a operare indisturbati verso la meta finale, hanno fatto credere che stava mandando per aria l'Italia e che quindi necessitava un uomo nuovo.
Ma l'uomo nuovo scelto dalle élite ed imposto già nell'estate del 2011, era Mario Monti.
In pratica un loro uomo di fiducia, presente in Bildelberg, nella Trilaleterale, in Aspen.
Esaurito il suo compitino di distruzione del welfare, tramite il loro uomo al vertice nelle istituzioni, l'ex agente CIA e membro della Loggia Massonica Three Eyes, Giorgio Napolitano, è stato piazzato Enrico Letta, anche lui appartenente alle stesse organizzazioni in cui era affiliato Monti.
Di diritto, anche se forse non era all'altezza perchè si è dimostrato una mozzarella, il posto di Letta spettava a Bersani.
Ma Re Giorgio, ha trafficato secondo gli ordini ricevuti dall'alto.
Bersani aveva ancora il sangue troppo rosso per andare a governare ed interrompere il disegno di distruzione della democrazia.
Quindi scelsero Letta, perché appartenente a Bildelberg, alla Trilalaterale, ad Aspen.
Ma molto probabilmente Letta era un pò restio alla distruzione della democrazia.
Con i casi sopravvenuti della Banca Etruria e non solo, faceva al caso delle élite, il Bullo di Rignano.
Grande Mega Spara Palle, disposto a tutto per il potere.
Adesso il disegno potrebbe andare in frantumi, e le èlite sono preoccupate perchè già in vista del traguardo.
Siamo passati dalla dominazione nazista del 1943, a quella delle èlite della finanza internazionale di questi anni.
La libertà ci è costata cara nel 1945.
Non la si può svendere in questo modo.
Adesso tocca a noi dicendo un NO secco al prossimo refenzum.
Il fascismo non deve tornare, nè con Mussoloni, nè con altri.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
MUSSOLONI, FUGGITO DAL REPARTO DI NEURO-PSICHIATRIA INFANTILE TIENE ANCORA SOTTO SCACCO LO STIVALE.
MA QUANDO I MERLI TRICOLORI RINSAVIRANNO?????
Renzi alla Versiliana: “Si vota nel 2018, comunque vada referendum”. E chiede “scusa” a B.
Referendum Costituzionale
Renzi interviene sui possibili scenari della consultazione di ottobre escludendo elezioni anticipate. Alla vigilia del vertice con Merkel e Hollande ricorda fa autocritica: "Abbiamo sbagliato a ridere di Berlusconi". Sull'esodo che sta mettendo a dura prova l'Italia: "Non siamo soli, ho perso molti voti ma non mi pento"
di F. Q. | 21 agosto 2016
COMMENTI (55)
515
Più informazioni su: Elezioni Anticipate, Matteo Renzi, Referendum, Silvio Berlusconi
“Si vota nel 2018 comunque vada il referendum”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, stasera al Caffè della Versiliana. L’annuncio risponde alle aspettative di un altro annuncio, quello a più volte fatto da Renzi, per cui un esito negativo della consultazione di ottobre avrebbe determinato la conseguenze delle sue dimissioni. Con l’uscita di oggi il presidente del Consiglio ha voluto chiarire che la sconfitta non determinerà, invece, un’automatico scioglimento delle Camere, opzione che spetterebbe comunque al Presidente della Repubblica, previe consultazioni, e nelle more di avere una nuova legge elettorale. E quindi la strada tracciata dal premier e segretario Pd sarebbe quella di non andare al voto ma tentare un esecutivo di transizione per traguardare la scadenza naturale della legislatura che sarà, appunto, nel 2018. Fin qui, in realtà, nessuna sorpresa ma un chiaro messaggio a chi carica l’appuntamento di molte speranze circa un ritorno alle urne. Sul punto, Renzi ha ribadito di aver sbagliato a personalizzare la consultazione.
Il rimedio passa per una serie di messaggi, concessioni e ammiccamenti che Renzi rivolge sia alla platea della kermesse di centrodestra sia alla sinistra divisa su molti temi, che tra poco più di un mese potrebbero fare davvero la differenza nelle urne. Ricucire, la parola d’ordine. Che passa anche per delle “scuse” a Silvio Berlusconi. Alla vigilia del vertice di Ventotene con Merkel e Hollande per rilanciare l’Europa Renzi ha voluto sottolineare come, a suo dire, è cambiata la percezione dell’Italia, non senza un mea culpa. “Allora presidente del consiglio era Berlusconi… vi ricordate l’immagine di Sarkozy e della Merkel che sorridono? Ecco, oggi la situazione è cambiata, l’Italia è tornata nel gruppo di testa, l’Italia sta tra i paesi che decidono, però la partita è tutta da scrivere ancora…”. “Probabilmente anche noi quando sorridevamo di Berlusconi abbiamo sbagliato – ammette – E contemporaneamente dico che c’è grande bisogno che l’Italia tutta intera possa portare un suo contributo perché l’Ue non sia solo tecnocratica”. Quanto a portare a casa risultati, “non lo so, io ci sto provando – aggiunge Renzi – Due anni fa se parlavi di investimenti e lotta all’austerity si mettevano a ridere, oggi sono argomenti della gente, oggi quando si parla di investimenti in cultura, innovazione digitale… sembra qualcosa si muova”.
I messaggi alla platea dei moderati continuano su un altro filo. L’immigrazione, ad esempio, tema che sicuramente non porta a Renzi molti consensi da quella parte. Il premier lo sa e prova a spiegare le scelte del suo governo toccando i temi dell’orgoglio, dei numeri e della pietas. “L’Europa ha tanto bisogno dei valori dell’Italia”. Poi numeri e considerazioni “politiche” sull’emergenza in corso. “La Germania lo scorso anno ha avuto 1 milione e 170mila arrivi. La Germania ha avuto 8-9 volte quelli che abbiamo avuto noi. Quest’anno ne sta arrivando qualcuno meno, 102mila contro 106mila dello scorso anno nello stesso periodo. Non siamo da soli, se guardate ai numeri ci deve essere la consapevolezza che questo è un problema europeo”. E ancora: “Io lo so che ho perso dei voti ma quando vedo un bambino che rischia di annegare, la prima cosa è che quel bambino dev’essere salvato”. Altro tema caro ai potenziali elettori del centrodestra: le tasse. “Mi dicono, e alcuni anche dal mio partito, che non bisogna ridurre le tasse…io mi metto le mani nei capelli!”. Quindi i risultati sull’economia. Con l’ammissione: “Non va benissimo, è ripartito il mercato del lavoro. Spero di arrivare a fine anno a uno, uno e due di Pil. Ma bisogna far ripartire gli investimenti: è questione di fiducia”.
Renzi non manca di chiederla alla sinistra, tentando di riparare gli strappi più forti in corso. Ad esempio con l’Anpi cui tende la mano, dopo le polemiche roventi sugli spazi negati all’associazione dei Partigiani alle Feste dell’Unità. Renzi lancia il ramoscello d’ulivo invitando il presidente Carlo Smuraglia a un confronto. “Il presidente dell’Anpi dice tutti i giorni che non vogliamo l’Anpi alla festa dell’Unità. Decida lui come dove e quando: io lo invito, sabato e domenica prossimi, a un confronto pacato sul referendum. Non è possibile che si continui a dire che noi non vogliamo un confronto”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, alla Versiliana a Marina di Pietrarsa. “Gli italiani non devono dire sì a me, ma si potrà semplificare e avere un sistema che funzioni meglio?”, ha affermato ancora Renzi.
MA QUANDO I MERLI TRICOLORI RINSAVIRANNO?????
Renzi alla Versiliana: “Si vota nel 2018, comunque vada referendum”. E chiede “scusa” a B.
Referendum Costituzionale
Renzi interviene sui possibili scenari della consultazione di ottobre escludendo elezioni anticipate. Alla vigilia del vertice con Merkel e Hollande ricorda fa autocritica: "Abbiamo sbagliato a ridere di Berlusconi". Sull'esodo che sta mettendo a dura prova l'Italia: "Non siamo soli, ho perso molti voti ma non mi pento"
di F. Q. | 21 agosto 2016
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Più informazioni su: Elezioni Anticipate, Matteo Renzi, Referendum, Silvio Berlusconi
“Si vota nel 2018 comunque vada il referendum”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, stasera al Caffè della Versiliana. L’annuncio risponde alle aspettative di un altro annuncio, quello a più volte fatto da Renzi, per cui un esito negativo della consultazione di ottobre avrebbe determinato la conseguenze delle sue dimissioni. Con l’uscita di oggi il presidente del Consiglio ha voluto chiarire che la sconfitta non determinerà, invece, un’automatico scioglimento delle Camere, opzione che spetterebbe comunque al Presidente della Repubblica, previe consultazioni, e nelle more di avere una nuova legge elettorale. E quindi la strada tracciata dal premier e segretario Pd sarebbe quella di non andare al voto ma tentare un esecutivo di transizione per traguardare la scadenza naturale della legislatura che sarà, appunto, nel 2018. Fin qui, in realtà, nessuna sorpresa ma un chiaro messaggio a chi carica l’appuntamento di molte speranze circa un ritorno alle urne. Sul punto, Renzi ha ribadito di aver sbagliato a personalizzare la consultazione.
Il rimedio passa per una serie di messaggi, concessioni e ammiccamenti che Renzi rivolge sia alla platea della kermesse di centrodestra sia alla sinistra divisa su molti temi, che tra poco più di un mese potrebbero fare davvero la differenza nelle urne. Ricucire, la parola d’ordine. Che passa anche per delle “scuse” a Silvio Berlusconi. Alla vigilia del vertice di Ventotene con Merkel e Hollande per rilanciare l’Europa Renzi ha voluto sottolineare come, a suo dire, è cambiata la percezione dell’Italia, non senza un mea culpa. “Allora presidente del consiglio era Berlusconi… vi ricordate l’immagine di Sarkozy e della Merkel che sorridono? Ecco, oggi la situazione è cambiata, l’Italia è tornata nel gruppo di testa, l’Italia sta tra i paesi che decidono, però la partita è tutta da scrivere ancora…”. “Probabilmente anche noi quando sorridevamo di Berlusconi abbiamo sbagliato – ammette – E contemporaneamente dico che c’è grande bisogno che l’Italia tutta intera possa portare un suo contributo perché l’Ue non sia solo tecnocratica”. Quanto a portare a casa risultati, “non lo so, io ci sto provando – aggiunge Renzi – Due anni fa se parlavi di investimenti e lotta all’austerity si mettevano a ridere, oggi sono argomenti della gente, oggi quando si parla di investimenti in cultura, innovazione digitale… sembra qualcosa si muova”.
I messaggi alla platea dei moderati continuano su un altro filo. L’immigrazione, ad esempio, tema che sicuramente non porta a Renzi molti consensi da quella parte. Il premier lo sa e prova a spiegare le scelte del suo governo toccando i temi dell’orgoglio, dei numeri e della pietas. “L’Europa ha tanto bisogno dei valori dell’Italia”. Poi numeri e considerazioni “politiche” sull’emergenza in corso. “La Germania lo scorso anno ha avuto 1 milione e 170mila arrivi. La Germania ha avuto 8-9 volte quelli che abbiamo avuto noi. Quest’anno ne sta arrivando qualcuno meno, 102mila contro 106mila dello scorso anno nello stesso periodo. Non siamo da soli, se guardate ai numeri ci deve essere la consapevolezza che questo è un problema europeo”. E ancora: “Io lo so che ho perso dei voti ma quando vedo un bambino che rischia di annegare, la prima cosa è che quel bambino dev’essere salvato”. Altro tema caro ai potenziali elettori del centrodestra: le tasse. “Mi dicono, e alcuni anche dal mio partito, che non bisogna ridurre le tasse…io mi metto le mani nei capelli!”. Quindi i risultati sull’economia. Con l’ammissione: “Non va benissimo, è ripartito il mercato del lavoro. Spero di arrivare a fine anno a uno, uno e due di Pil. Ma bisogna far ripartire gli investimenti: è questione di fiducia”.
Renzi non manca di chiederla alla sinistra, tentando di riparare gli strappi più forti in corso. Ad esempio con l’Anpi cui tende la mano, dopo le polemiche roventi sugli spazi negati all’associazione dei Partigiani alle Feste dell’Unità. Renzi lancia il ramoscello d’ulivo invitando il presidente Carlo Smuraglia a un confronto. “Il presidente dell’Anpi dice tutti i giorni che non vogliamo l’Anpi alla festa dell’Unità. Decida lui come dove e quando: io lo invito, sabato e domenica prossimi, a un confronto pacato sul referendum. Non è possibile che si continui a dire che noi non vogliamo un confronto”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, alla Versiliana a Marina di Pietrarsa. “Gli italiani non devono dire sì a me, ma si potrà semplificare e avere un sistema che funzioni meglio?”, ha affermato ancora Renzi.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
DIGITANDO SU GOOGLE:
PERCHE' LO CHIAMAVANO IL BOMBA, COMPARE:
Donzelli: «Lo chiamavano il Bomba: vi svelo il Renzi segreto che ...
http://www.secoloditalia.it/2016/.../do ... va-i-fasci...
22 feb 2016 - Donzelli: «Lo chiamavano il Bomba: vi svelo il Renzi segreto che votava ... alle donne di famiglia, perché la Fidi di Toscana spa, della Regione, ...
Quando Renzi al liceo voleva cacciare Forlani - Corriere.it
http://www.corriere.it › Politica
16 feb 2014 - Renzi (a destra, con camicia bianca, giacca e cravatta) il giorno della cresima. A l liceo lo chiamavano il Bomba, perché le sparava grosse.
Renzi il Bomba | Facebook
https://it-it.facebook.com/Renzi-il-Bom ... 758561024/
Renzi il Bomba. Piace a 165 persone. "il bomba", "il Bugia", "Mat-teoria", "il Tuttologo", "Flipper" Al liceo lo chiamavano il bomba perchè le sparava...
'Quel ragazzo si farà'. Su Matteo Renzi il peggio uscito sulla stampa ...
espresso.repubblica.it/.../quel-ragazzo-si-fara-su-matteo-renzi-il-peggio-uscito-sulla-st...
18 feb 2014 - "Al liceo lo chiamavamo il Bomba, perché le sparava grosse..." (Un ex compagno di classe intervistato da un'emittente fiorentina, Lady Radio).
Fenomenologia di Matteo "il Bomba" Renzi - Sconfini.eu
http://www.sconfini.eu/attualita/52.../ ... renzi.html
Fenomenologia di Matteo "il Bomba" Renzi ... Perché i suoi compagni di classe lo chiamavano così? ... Ma non è solo lo spirito di spararle grosse ad unirli.
Il "Bomba" Matteo Renzi le spara ancora grosse! - Stop Censura
http://www.stopcensura.com/2014/02/il-b ... ncora.html
16 feb 2014 - "Al liceo lo chiamavano il Bomba, perché le sparava grosse", almeno è quello che racconta un ex compagno di classe durante una telefonata ...
La parabola di Renzi: da "il Bomba" al petardo del Gottardo - Il ...
http://www.ildiscrimine.com/la-parabola ... -gottardo/
01 mag 2016 - A scuola – l'ho già scritto – lo chiamavano “il Bomba”, per la sua abitudine di .... Perché – mentre Renzi ascriveva all'Italia il possesso del San ...
Matteo Renzi che "le sparava grosse". E a 17 anni voleva cacciare ...
http://www.blitzquotidiano.it/.../matte ... eva-caccia...
16 feb 2014 - FIRENZE – Matteo Renzi al liceo era chiamato “il Bomba” perché “le ... L'inglese lo parla con accento toscano e non ha fatto master all'estero.
Renzi detto il Bomba: a 17 anni le sparava grosse contro Forlani
http://www.wakeupnews.eu/renzi-detto-il ... e-forlani/
16 feb 2014 - Tags: Arnaldo Forlani, il Bomba, liceo, matteo renzi, rottamatore ... caratteriali, che accompagneranno lo sviluppo e la maturazione di ognuno.
PERCHE' LO CHIAMAVANO IL BOMBA, COMPARE:
Donzelli: «Lo chiamavano il Bomba: vi svelo il Renzi segreto che ...
http://www.secoloditalia.it/2016/.../do ... va-i-fasci...
22 feb 2016 - Donzelli: «Lo chiamavano il Bomba: vi svelo il Renzi segreto che votava ... alle donne di famiglia, perché la Fidi di Toscana spa, della Regione, ...
Quando Renzi al liceo voleva cacciare Forlani - Corriere.it
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16 feb 2014 - Renzi (a destra, con camicia bianca, giacca e cravatta) il giorno della cresima. A l liceo lo chiamavano il Bomba, perché le sparava grosse.
Renzi il Bomba | Facebook
https://it-it.facebook.com/Renzi-il-Bom ... 758561024/
Renzi il Bomba. Piace a 165 persone. "il bomba", "il Bugia", "Mat-teoria", "il Tuttologo", "Flipper" Al liceo lo chiamavano il bomba perchè le sparava...
'Quel ragazzo si farà'. Su Matteo Renzi il peggio uscito sulla stampa ...
espresso.repubblica.it/.../quel-ragazzo-si-fara-su-matteo-renzi-il-peggio-uscito-sulla-st...
18 feb 2014 - "Al liceo lo chiamavamo il Bomba, perché le sparava grosse..." (Un ex compagno di classe intervistato da un'emittente fiorentina, Lady Radio).
Fenomenologia di Matteo "il Bomba" Renzi - Sconfini.eu
http://www.sconfini.eu/attualita/52.../ ... renzi.html
Fenomenologia di Matteo "il Bomba" Renzi ... Perché i suoi compagni di classe lo chiamavano così? ... Ma non è solo lo spirito di spararle grosse ad unirli.
Il "Bomba" Matteo Renzi le spara ancora grosse! - Stop Censura
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16 feb 2014 - "Al liceo lo chiamavano il Bomba, perché le sparava grosse", almeno è quello che racconta un ex compagno di classe durante una telefonata ...
La parabola di Renzi: da "il Bomba" al petardo del Gottardo - Il ...
http://www.ildiscrimine.com/la-parabola ... -gottardo/
01 mag 2016 - A scuola – l'ho già scritto – lo chiamavano “il Bomba”, per la sua abitudine di .... Perché – mentre Renzi ascriveva all'Italia il possesso del San ...
Matteo Renzi che "le sparava grosse". E a 17 anni voleva cacciare ...
http://www.blitzquotidiano.it/.../matte ... eva-caccia...
16 feb 2014 - FIRENZE – Matteo Renzi al liceo era chiamato “il Bomba” perché “le ... L'inglese lo parla con accento toscano e non ha fatto master all'estero.
Renzi detto il Bomba: a 17 anni le sparava grosse contro Forlani
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Renzi mette le mani avanti: "Si vota nel 2018 comunque vada il referendum"
Il premier allontana ancora l'ipotesi dimissioni in caso di vittoria del No al referendum. Ma si becca i fischi: "Pinocchio"
Chiara Sarra - Dom, 21/08/2016 - 21:06
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Ormai sembra chiaro: Matteo Renzi non ha nessuna intenzione di lasciare lo scranno in autunno se dovesse vincere il "No" al referendum costituzionale.
Lo ha ribadito a Paolo Del Debbio che lo ha intervistato a La Versiliana: "Noi ce le abbiamo nel 2018 le elezioni", ha spiegato. "Comunque vada il referendum?", ha chiesto il giornalista. E il premier ha ripetuto: "Ce le abbiamo nel 2018".
Poi ha strigliato il partito, da sempre spaccato proprio sul referendum, ricordando che in vista del voto è necessario prendere una decisione unitaria. "Il Pd vota Sì, poi chi vuole votare no lo faccia non è che lo si può rincorrere con i forconi", ha detto Renzi, "C'è chi dice bah, chi dice forse, chi non lo so ma un partito deve dire qual è la sua posizione. Come si fa? Bisogna avere un'idea, bisogna metterci l'anima, come si fa a dire non lo so, siamo il partito più grande d'Europa".
Duro anche l'attacco a Massimo D'Alema: "Fatevi una domanda e datevi una risposta. Se D'Alema avesse messo lo stesso impegno per combattere Berlusconi... e del resto D'Alema sta in compagnia di Berlusconi a votare per il No. D'Alema pesca sempre la carta di attaccare quello più vicino, prima è toccato a Prodi. E la riforma di D'Alema era molto più dura, il governo aveva molti più poteri. Se D'Alema vuole fare la battaglia per difendere i posti e magari tornare in parlamento auguri, ma non si utilizzi il referendum per cercare la rivincita al congresso".
Ma dal pubblico per Renzi non ci sono solo applausi. Molti i fischi, qualcuno ha persino urlato "Pinocchio". Grida alle quali Renzi - ormai forse abituato alla contestazioni - ha risposto senza scomporsi: "È una grande figura toscana di Collodi e la storia finisce anche bene". E ancora ne ha approfittato per farsi lo spot: "Tu che parli di pinocchi sappi che se uno fa il dipendente pubblico, timbra il cartellino e poi se ne va, con le regole che abbiamo messo, in 48 ore è licenziato. La regola c'era anche prima ma era il dirigente a decidere. Ora se il dirigente non lo licenzia, noi licenziamo il dirigente".
Il premier allontana ancora l'ipotesi dimissioni in caso di vittoria del No al referendum. Ma si becca i fischi: "Pinocchio"
Chiara Sarra - Dom, 21/08/2016 - 21:06
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Ormai sembra chiaro: Matteo Renzi non ha nessuna intenzione di lasciare lo scranno in autunno se dovesse vincere il "No" al referendum costituzionale.
Lo ha ribadito a Paolo Del Debbio che lo ha intervistato a La Versiliana: "Noi ce le abbiamo nel 2018 le elezioni", ha spiegato. "Comunque vada il referendum?", ha chiesto il giornalista. E il premier ha ripetuto: "Ce le abbiamo nel 2018".
Poi ha strigliato il partito, da sempre spaccato proprio sul referendum, ricordando che in vista del voto è necessario prendere una decisione unitaria. "Il Pd vota Sì, poi chi vuole votare no lo faccia non è che lo si può rincorrere con i forconi", ha detto Renzi, "C'è chi dice bah, chi dice forse, chi non lo so ma un partito deve dire qual è la sua posizione. Come si fa? Bisogna avere un'idea, bisogna metterci l'anima, come si fa a dire non lo so, siamo il partito più grande d'Europa".
Duro anche l'attacco a Massimo D'Alema: "Fatevi una domanda e datevi una risposta. Se D'Alema avesse messo lo stesso impegno per combattere Berlusconi... e del resto D'Alema sta in compagnia di Berlusconi a votare per il No. D'Alema pesca sempre la carta di attaccare quello più vicino, prima è toccato a Prodi. E la riforma di D'Alema era molto più dura, il governo aveva molti più poteri. Se D'Alema vuole fare la battaglia per difendere i posti e magari tornare in parlamento auguri, ma non si utilizzi il referendum per cercare la rivincita al congresso".
Ma dal pubblico per Renzi non ci sono solo applausi. Molti i fischi, qualcuno ha persino urlato "Pinocchio". Grida alle quali Renzi - ormai forse abituato alla contestazioni - ha risposto senza scomporsi: "È una grande figura toscana di Collodi e la storia finisce anche bene". E ancora ne ha approfittato per farsi lo spot: "Tu che parli di pinocchi sappi che se uno fa il dipendente pubblico, timbra il cartellino e poi se ne va, con le regole che abbiamo messo, in 48 ore è licenziato. La regola c'era anche prima ma era il dirigente a decidere. Ora se il dirigente non lo licenzia, noi licenziamo il dirigente".
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Referendum, Renzi prova la retromarcia sulle dimissioni. Nuova fiducia o governo di scopo come piano B per restare in sella
Referendum Costituzionale
"Il referendum? Comunque vada si vota nel 2018". E nessuna risposta sulle conseguenze per lui in caso di sconfitta. Poche parole di Renzi, più che mai sfuggenti, aprono scenari inediti sul destino del governo e dell’intera legislatura in caso di vittoria del “no”. Così, nelle ultime uscite del premier, si intravvede il segno di un possibile piano B che passa per una nuova fiducia o un governo di scopo comunque vigilato dal segretario del Pd. Ecco le ipotesi
di Thomas Mackinson | 22 agosto 2016
COMMENTI (1455)
Restare in sella fino alla fine, anche in caso di sconfitta. Con o senza dimissioni, magari con una nuova fiducia o un governo di scopo. In ogni caso, l’inizio di una marcia indietro. Poche parole di Renzi, più che mai sfuggenti, aprono scenari inediti sul destino del governo e dell’intera legislatura in caso di vittoria del “no” al referendum di ottobre: “Comunque vada si voterà nel 2018″. Parole scandite dal premier durante il suo intervento alla Versiliana cui non ha fatto seguito, come altre volte, l’impegno a dimettersi prontamente in caso di sconfitta. Anzi, a precisa domanda Renzi stavolta non risponde ma glissa. Una coincidenza, forse. Ma l’analisi politica porta a cogliere in quelle parole il segno di una posizione nuova del premier che pur di restare attaccato alla poltrona potrebbe davvero cambiare tutto, anche modificare radicalmente il copione della politica dei prossimi mesi e anni. Se di questo davvero si tratta, le ipotesi per raggiungere lo scopo di permanere a Palazzo Chigi o comunque segnare le sorti della legislatura sono diverse. Con diverse dosi di spregiudicatezza e di rischio.
Nuova fiducia, dimissioni o governo di scopo
Quella più radicale, condivisa dai maggiori quotidiani, fa pensare a una vera e propria retromarcia del premier. Per arrivare a “votare nel 2018″, in caso di sconfitta, Renzi potrebbe salire al Quirinale. Il presidente Sergio Mattarella, in assenza di un voto di sfiducia all’esecutivo, potrebbe rinviare il Presidente del Consiglio alle Camere dove potrebbe ottenere una nuova fiducia, magari sospinta dal timore di molti degli eletti di perdere la poltrona, oppure di consegnare la parola agli elettori e ritrovarsi poi un governo a Cinque Stelle.
Se così fosse, la vita del governo Renzi potrebbe proseguire – magari traballando – fino alla data auspicata. Questa ipotesi si fonderebbe sulla paura di perdere nelle urne e sulla sicurezza di avere i voti in Parlamento. Che arriverebbero anche a fronte di una sonora sconfitta. Sempre in caso di sconfitta, Renzi potrebbe non reggere la pressione delle opposizioni su Mattarella e cedere. Ma restando segretario del Pd, partito che alla Camera ha la maggioranza, potrebbe ridare le carte per un nuovo governo, magari di transizione, sempre a trazione renziana, che guada la tempesta fino al 2018. O almeno abbastanza da mandare in porto la legge elettorale, magari riscritta proprio con le forze che sosterranno questo esecutivo “di scopo” o di “unità nazionale”. Centristi e centro destra ai quali ieri, forse non ha caso, ha riservato molte cortesie, compresa l’autocritica per conto del centrosinistra alla vigilia del vertice con Merkel e Hollande: “Abbiamo sbagliato a ridere di Berlusconi”.
Anche il Pd deve decrittare l’uscita
Anche nel Pd, dove il referendum è atteso come un regolamento di conti, si cerca di decrittare le parole di Renzi. Più d’uno avrà tirato un sospiro di sollievo. Chi gli è più vicino assicura che le parole del premier non sottendono trabocchetti o giochi di palazzo. Perché, dicono, sono certi che vincerà il “sì”. E giurano che anche Renzi lo sia. Altri segnali sembrano però indicare che la certezza traballa e piani alternativi non sono poi così superflui. “Ho sbagliato a personalizzare il referendum”, è tornato a dire ieri il premier-segretario. Una specie di esorcismo che da solo non basta a rimuovere lo spettro della sconfitta e delle conseguenze degli impegni assunti. Parare il colpo a sinistra è dunque l’altra urgenza. Nello stesso intervento alla Versiliana, del resto, Renzi non ha perso l’occasione di ribadire alla minoranza interna e all’arcinemico Massimo D’Alema che “il referendum non sarà una rivincita sul congresso del partito, per difendere le poltrone e magari tornare in Parlamento”. Come a dire che, anche in caso di sconfitta, lui resterà in sella come segretario del Partito Democratico. E segnerà comunque la prosecuzione della legislatura da protagonista, non da “sconfitto”. Come nelle profezie che si auto-avverano, con la dovuta strategia.
Per i commenti della Vox populi, al solito vedi dopo l'articolo. 1455 da pubblicare sono troppi.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
ASILO ETRURIA
22 agosto 2016 | di Mario Ventriglia
Renzi, il “se perdo me ne vado” cambia idea. Eppure ci credeva, ecco le solenni promesse
Non dite che non ci credeva. “Se perdo il referendum costituzionale considererò fallita la mia esperienza in politica“, diceva e ripeteva – e confermava – Matteo Renzi fino a pochi giorni fa, prima di cambiare idea e dichiarare: “Al voto nel 2018, comunque vada il referendum“. E fino all’altro ieri, per ribadirlo tirava in ballo anche “quelli che quando finisce un’elezione vanno davanti alle telecamere e spiegano che gli elettori non ci hanno capito. Pezzo di ignorante, sei tu che non ti sei spiegato”. Insomma, convinto. Talmente convinto che se dovessero prevalere i No l’Italia si dovrà accontentare di un premier che non lascia pur considerandosi politicamente fallito
VIDEO:
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/08/ ... se/554034/
22 agosto 2016 | di Mario Ventriglia
Renzi, il “se perdo me ne vado” cambia idea. Eppure ci credeva, ecco le solenni promesse
Non dite che non ci credeva. “Se perdo il referendum costituzionale considererò fallita la mia esperienza in politica“, diceva e ripeteva – e confermava – Matteo Renzi fino a pochi giorni fa, prima di cambiare idea e dichiarare: “Al voto nel 2018, comunque vada il referendum“. E fino all’altro ieri, per ribadirlo tirava in ballo anche “quelli che quando finisce un’elezione vanno davanti alle telecamere e spiegano che gli elettori non ci hanno capito. Pezzo di ignorante, sei tu che non ti sei spiegato”. Insomma, convinto. Talmente convinto che se dovessero prevalere i No l’Italia si dovrà accontentare di un premier che non lascia pur considerandosi politicamente fallito
VIDEO:
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/08/ ... se/554034/
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
DI CIALTRONI NE ABBIAMO VISTI TANTI IN QUESTI SETTANT'ANNI.
MA COME QUESTO MAI. NELLA GALASSIA GLI PUO' FARE CONCORRENZA SOLO TRUMP.
Quando Renzi in Senato disse: "Se perdo il referendum, lascio"
Ora il premier ha cambiato idea sul referendum e ha messo le mani avanti. Ma a gennaio diceva: "Se perdo, mi dimetto per dignità"
Domenico Ferrara - Mar, 23/08/2016 - 17:40
commenta
La coerenza: quella virtù facile da sventolare ma difficile da mantenere. In politica, è una trappola su cui si incappa spesso, salvo poi infischiarsene di quello che si è detto il giorno prima.
Ne sa qualcosa, o almeno dovrebbe, il premier Matteo Renzi.
E se non lo rammenta, lo aiutiamo noi pubblicando di seguito uno stralcio del discorso che pronunciò in Senato il 20 gennaio parlando della riforma costituzionale e del referendum.
Parole chiarissime, nette, perentorie, pronunciate con veemenza e determinazione.
Adesso il capo del governo ha cambiato idea e sta cercando di spersonalizzare il risultato della consultazione popolare.
Ma qualche mese fa ecco cosa diceva:
Il discorso di Renzi in Senato
"Ho personalmente affermato davanti alla stampa e lo ribadisco qui davanti alle senatrici e ai senatori che nel caso in cui perdessi il referendum, considererei conclusa la mia esperienza politica.
L'ho fatto perché credo profondamente in un valore che è il valore della dignità del proprio impegno nella cosa pubblica, penso che quando qualcuno in questo dibattito ha scomodato il personalismo ignorando che c'è una grande distinzione tra il personalismo e la personalizzazione, lasciatevelo dire da chi è cresciuto con Mounier, col pensiero del personalismo comunitario, non è che perché uno ha Twitter allora ha dimenticato i punti di riferimento e i padri nobili del pensiero da cui proviene, ma il punto chiave di questa discussione oggi non è la personalizzazione esasperata, non è il tentativo di trasformare un referendum in un plebiscito, è recuperare quel filo di credibilità della persona e dell'impegno politico.
Come è possibile immaginare dopo una cavalcata così emozionante e straordinaria unica in 70 anni di potere andare a un referendum su quella che è la madre di tutte le riforme e di non trarne le eventuali conseguenze qualora non vi fosse un voto positivo.
Come è possibile non prendere atto che è terminata la stagione dell'impegno politico fatto a prescindere dal consenso dei cittadini, come è possibile immaginare che in un momento come quello che noi stiamo vivendo non possiamo provare a rendere palese ed evidente la grandezza della sfida di fronte alla quale ci troviamo, questa sfida dimostra che il potere che noi esercitiamo e dal quale non ci nascondiamo, perché la parola potere non è una paroal né positiva né negativa, è uno strumento di servizio a favore di una idea e di un processo di cambiamento del paese, il potere che noi esercitiamo ha un senso se viene messo in campo per cambiare l'Italia. Io prendo qui l'impegno esplicito, in caso di sconfitta trarremo le conseguenze ma dico anche che proprio per questo motivo sarà affascinante vedere le stesse facce gaudenti di adesso il giorno dopo il referendum quando i cittadini con la riforma avranno dimostrato da che parte sta l'Italia: sta dalla parte di chi ci crede, di chi ci prova, di chi non passa il tempo a lamentarsi, questa è l'Italia che sta ripartendo.
Nei momenti chiave del mio impegno politico come questo mi capita di ripensare alla mia formazione educativa legata allo scoutismo con una espressione programmatica che molti conoscono anche in questa aula per esperienza personale.
Pongo il mio onore nel meritare fiducia...".
VIDEO:
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 98340.html
MA COME QUESTO MAI. NELLA GALASSIA GLI PUO' FARE CONCORRENZA SOLO TRUMP.
Quando Renzi in Senato disse: "Se perdo il referendum, lascio"
Ora il premier ha cambiato idea sul referendum e ha messo le mani avanti. Ma a gennaio diceva: "Se perdo, mi dimetto per dignità"
Domenico Ferrara - Mar, 23/08/2016 - 17:40
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La coerenza: quella virtù facile da sventolare ma difficile da mantenere. In politica, è una trappola su cui si incappa spesso, salvo poi infischiarsene di quello che si è detto il giorno prima.
Ne sa qualcosa, o almeno dovrebbe, il premier Matteo Renzi.
E se non lo rammenta, lo aiutiamo noi pubblicando di seguito uno stralcio del discorso che pronunciò in Senato il 20 gennaio parlando della riforma costituzionale e del referendum.
Parole chiarissime, nette, perentorie, pronunciate con veemenza e determinazione.
Adesso il capo del governo ha cambiato idea e sta cercando di spersonalizzare il risultato della consultazione popolare.
Ma qualche mese fa ecco cosa diceva:
Il discorso di Renzi in Senato
"Ho personalmente affermato davanti alla stampa e lo ribadisco qui davanti alle senatrici e ai senatori che nel caso in cui perdessi il referendum, considererei conclusa la mia esperienza politica.
L'ho fatto perché credo profondamente in un valore che è il valore della dignità del proprio impegno nella cosa pubblica, penso che quando qualcuno in questo dibattito ha scomodato il personalismo ignorando che c'è una grande distinzione tra il personalismo e la personalizzazione, lasciatevelo dire da chi è cresciuto con Mounier, col pensiero del personalismo comunitario, non è che perché uno ha Twitter allora ha dimenticato i punti di riferimento e i padri nobili del pensiero da cui proviene, ma il punto chiave di questa discussione oggi non è la personalizzazione esasperata, non è il tentativo di trasformare un referendum in un plebiscito, è recuperare quel filo di credibilità della persona e dell'impegno politico.
Come è possibile immaginare dopo una cavalcata così emozionante e straordinaria unica in 70 anni di potere andare a un referendum su quella che è la madre di tutte le riforme e di non trarne le eventuali conseguenze qualora non vi fosse un voto positivo.
Come è possibile non prendere atto che è terminata la stagione dell'impegno politico fatto a prescindere dal consenso dei cittadini, come è possibile immaginare che in un momento come quello che noi stiamo vivendo non possiamo provare a rendere palese ed evidente la grandezza della sfida di fronte alla quale ci troviamo, questa sfida dimostra che il potere che noi esercitiamo e dal quale non ci nascondiamo, perché la parola potere non è una paroal né positiva né negativa, è uno strumento di servizio a favore di una idea e di un processo di cambiamento del paese, il potere che noi esercitiamo ha un senso se viene messo in campo per cambiare l'Italia. Io prendo qui l'impegno esplicito, in caso di sconfitta trarremo le conseguenze ma dico anche che proprio per questo motivo sarà affascinante vedere le stesse facce gaudenti di adesso il giorno dopo il referendum quando i cittadini con la riforma avranno dimostrato da che parte sta l'Italia: sta dalla parte di chi ci crede, di chi ci prova, di chi non passa il tempo a lamentarsi, questa è l'Italia che sta ripartendo.
Nei momenti chiave del mio impegno politico come questo mi capita di ripensare alla mia formazione educativa legata allo scoutismo con una espressione programmatica che molti conoscono anche in questa aula per esperienza personale.
Pongo il mio onore nel meritare fiducia...".
VIDEO:
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 98340.html
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
L’economista americano
Stiglitz: «Meglio cancellare il referendum
Si rischia un esito disastroso per la Ue»
Per Joseph Stiglitz,
economista americano e
premio Nobel nel 2001, il
referendum costituzionale
che si terrà in Italia in
autunno «è un grosso
rischio», perché potrebbe
avere «un esito disastroso»
per la moneta unica e il
progetto europeo. Per questo
motivo, ha detto Stiglitz in
un’intervista al sito di
informazione Business
Insider, l’opzione migliore
per assicurare la stabilità
dell’Unione Europea sarebbe
quella di «cancellarlo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL MOTIVO NON E' MOLTO CHIARO, E STIGLIZ NON AIUTA A CAPIRLO.
L'ECONOMISTA AMERICANO PERO' SAPPIA CHE SI METTE CONTRO LA JP MORGAN E TUTTI COLORO CHE VOGLIONO UN TRANQUILLO PERIODO DI SOTTOMISSIONE ALLE LOGGE MASSONICHE DEVIATE ED ALL'ECONOMIA SPECULATIVA FINANZIARIA.
COMUNQUE IL MAL DI PANZA VERREBBE SOLO A MUSSOLONI E BOSCHI.
Stiglitz: «Meglio cancellare il referendum
Si rischia un esito disastroso per la Ue»
Per Joseph Stiglitz,
economista americano e
premio Nobel nel 2001, il
referendum costituzionale
che si terrà in Italia in
autunno «è un grosso
rischio», perché potrebbe
avere «un esito disastroso»
per la moneta unica e il
progetto europeo. Per questo
motivo, ha detto Stiglitz in
un’intervista al sito di
informazione Business
Insider, l’opzione migliore
per assicurare la stabilità
dell’Unione Europea sarebbe
quella di «cancellarlo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL MOTIVO NON E' MOLTO CHIARO, E STIGLIZ NON AIUTA A CAPIRLO.
L'ECONOMISTA AMERICANO PERO' SAPPIA CHE SI METTE CONTRO LA JP MORGAN E TUTTI COLORO CHE VOGLIONO UN TRANQUILLO PERIODO DI SOTTOMISSIONE ALLE LOGGE MASSONICHE DEVIATE ED ALL'ECONOMIA SPECULATIVA FINANZIARIA.
COMUNQUE IL MAL DI PANZA VERREBBE SOLO A MUSSOLONI E BOSCHI.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
camillobenso ha scritto:DI CIALTRONI NE ABBIAMO VISTI TANTI IN QUESTI SETTANT'ANNI.
MA COME QUESTO MAI. NELLA GALASSIA GLI PUO' FARE CONCORRENZA SOLO TRUMP.
Quando Renzi in Senato disse: "Se perdo il referendum, lascio"
Ora il premier ha cambiato idea sul referendum e ha messo le mani avanti. Ma a gennaio diceva: "Se perdo, mi dimetto per dignità"
Domenico Ferrara - Mar, 23/08/2016 - 17:40
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La coerenza: quella virtù facile da sventolare ma difficile da mantenere. In politica, è una trappola su cui si incappa spesso, salvo poi infischiarsene di quello che si è detto il giorno prima.
Ne sa qualcosa, o almeno dovrebbe, il premier Matteo Renzi.
E se non lo rammenta, lo aiutiamo noi pubblicando di seguito uno stralcio del discorso che pronunciò in Senato il 20 gennaio parlando della riforma costituzionale e del referendum.
Parole chiarissime, nette, perentorie, pronunciate con veemenza e determinazione.
Adesso il capo del governo ha cambiato idea e sta cercando di spersonalizzare il risultato della consultazione popolare.
Ma qualche mese fa ecco cosa diceva:
Il discorso di Renzi in Senato
"Ho personalmente affermato davanti alla stampa e lo ribadisco qui davanti alle senatrici e ai senatori che nel caso in cui perdessi il referendum, considererei conclusa la mia esperienza politica.
L'ho fatto perché credo profondamente in un valore che è il valore della dignità del proprio impegno nella cosa pubblica, penso che quando qualcuno in questo dibattito ha scomodato il personalismo ignorando che c'è una grande distinzione tra il personalismo e la personalizzazione, lasciatevelo dire da chi è cresciuto con Mounier, col pensiero del personalismo comunitario, non è che perché uno ha Twitter allora ha dimenticato i punti di riferimento e i padri nobili del pensiero da cui proviene, ma il punto chiave di questa discussione oggi non è la personalizzazione esasperata, non è il tentativo di trasformare un referendum in un plebiscito, è recuperare quel filo di credibilità della persona e dell'impegno politico.
Come è possibile immaginare dopo una cavalcata così emozionante e straordinaria unica in 70 anni di potere andare a un referendum su quella che è la madre di tutte le riforme e di non trarne le eventuali conseguenze qualora non vi fosse un voto positivo.
Come è possibile non prendere atto che è terminata la stagione dell'impegno politico fatto a prescindere dal consenso dei cittadini, come è possibile immaginare che in un momento come quello che noi stiamo vivendo non possiamo provare a rendere palese ed evidente la grandezza della sfida di fronte alla quale ci troviamo, questa sfida dimostra che il potere che noi esercitiamo e dal quale non ci nascondiamo, perché la parola potere non è una paroal né positiva né negativa, è uno strumento di servizio a favore di una idea e di un processo di cambiamento del paese, il potere che noi esercitiamo ha un senso se viene messo in campo per cambiare l'Italia. Io prendo qui l'impegno esplicito, in caso di sconfitta trarremo le conseguenze ma dico anche che proprio per questo motivo sarà affascinante vedere le stesse facce gaudenti di adesso il giorno dopo il referendum quando i cittadini con la riforma avranno dimostrato da che parte sta l'Italia: sta dalla parte di chi ci crede, di chi ci prova, di chi non passa il tempo a lamentarsi, questa è l'Italia che sta ripartendo.
Nei momenti chiave del mio impegno politico come questo mi capita di ripensare alla mia formazione educativa legata allo scoutismo con una espressione programmatica che molti conoscono anche in questa aula per esperienza personale.
Pongo il mio onore nel meritare fiducia...".
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http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 98340.html
COME POSSONO GLI ITALIANI ACCETTARE TUTTO QUESTO??????????
QUALCUNO E' IN GRADO DI SPIEGARMELO???????
Chi c’è in linea
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