Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
FINO AL PROSSIMO TERREMOTO
I DATI, COME SPESSO ACCADE IN QUESTO STRAMALEDETTO PAESE, NON CORRISPONDONO MAI.
IN QUESTE ORE BASTA CAMBIARE IL SITO DI INFORMAZIONE, E SI COSTATA CHE OGNUNO SPARA I SUOI DATI.
LA FONTE, IN VIA TEORICA, DOVREBBE ESSERE LO STATO.
MA COME SI POTREBBE CREDERE SE IL MAGO ALFANO HA DICHIARATO CHE HANNO FATTO "UN MIRACOLO CIVILE".
ANGELINO, ADESSO, COME PADRE PIO FA MIRACOLI.
O SE LI INVENTA.
26 AGO 2016 15:28
UN FIUME DI DENARO, UNA MONTAGNA DI MACERIE - MILIARDI SPESI PER LE RICOSTRUZIONI DOPO I TERREMOTI, SOLO 180 MILIONI PER METTERE IN SICUREZZA QUEL 60% DI EDIFICI NON A NORMA. E IN MOLTE REGIONI I FONDI SONO BLOCCATI, COME IN SICILIA, TERRA DI DEVASTANTI SCOSSE - PER GLI ESPERTI, SOLO PER GLI EDIFICI PUBBLICI SERVIREBBERO 40 MILIARDI
Antonio Fraschilla per ''la Repubblica''
Un fiume di denaro dopo il sisma per ricostruire quanto distrutto. Pochi spiccioli per la messa in sicurezza di un patrimonio abitativo tra i più vecchi e cadenti d' Europa. Nel Paese dei terremoti per la prevenzione sono stati stanziati appena 950 milioni di euro solo dopo i fatti dell' Aquila. E di questi fondi sono stati impegnati e solo in parte spesi, per l' adeguamento degli edifici non più di 180 milioni mentre in alcuni Regioni i fondi sono quasi del tutto bloccati: come in Sicilia, una delle aree più in pericolo del Paese.
Il risultato? Ogni giorno dovrebbero pregare che la scossa non arrivi da loro oltre 24 milioni di italiani, il 40% della popolazione, che vivono in 4,7 milioni di edifici ad elevato rischio sismico.
Di questi immobili, 2,1 milioni sono stati realizzati prima del 1971, quando non esisteva alcuna norma edilizia in materia. «Ormai è assodato che il 70-80 per cento degli edifici pubblici e privati in Italia non è adeguato a reggere un terremoto - dice Alessandro Martelli, ex dirigente dell' Enea - comunque anche le abitazioni realizzate dopo il '71 non sono sicure: una volta ho perforato con un dito un pilastro di un asilo in Sicilia, a Collesano, che era stato appena ricostruito.
Perfino gli immobili recenti in molti casi non sono a norma. Ma tanto tra qualche giorno nessuno si ricorderà della prevenzione e un vero piano antisismico in questo Paese non si farà mai».
Secondo gli esperti per mettere in sicurezza solo gli edifici pubblici, considerando che la metà delle scuole e degli ospedali non è a norma, occorrerebbero 40 miliardi di euro: «Questa è una cifra al ribasso, ma almeno così in venti anni ci metteremmo in sicurezza», dice Mauro Grassi, direttore della Struttura "Italia sicura" di Palazzo Chigi. Se si allarga l' orizzonte anche alle case private, gli ingegneri parlando addirittura di 93 miliardi.
Nel frattempo lo Stato non ha nemmeno un dipartimento unico che si occupa di prevenzione sismica e monitoraggio degli edifici. Le competenze sono disperse in mille rivoli tra ministero Infrastrutture, Protezione civile, Enea, geni civili e alla fine nessuno sa rispondere con dati ufficiali e certi a una semplice domanda: quanti soldi sono stati spesi in prevenzione del rischio sismico, per fare cosa, in quale aree e perché?
Dal Dopoguerra a oggi lo Stato ha stanziato 150 miliardi di euro per ricostruire le zone colpite dal sisma e se si allarga l' orizzonte al dissesto idrogeologico la cifra sale a 250 miliardi. Ma per la messa in sicurezza degli edifici nel resto del Paese il primo finanziamento arriva solo dopo il terremoto dell' Aquila nel 2009, quando il governo Berlusconi impegna 950 milioni nel «fondo per la prevenzione del rischio sismico». Soldi serviti in gran parte per la mappatura dei terreni e delle zone rosse.
E per gli edifici? Al momento, e sono trascorsi sette anni, sono stati impegnati e non tutti spesi non più di 180 milioni per circa 250 interventi. Una goccia nel mare. Ma c' è di più. In molte regioni la spesa è vicina allo zero: in Sicilia i 10 milioni di euro per la mappatura dei terreni sono ancora bloccati. Il motivo? In una Regione che ha un bilancio da 24 miliardi di euro non sono state trovate le somme per cofinanziare il progetto e adesso si aspetta la nuova pioggia di fondi Europei.
E dire che i numeri sugli edifici a rischio crollo nel Paese sono drammatici. Secondo una ricerca dell' Ance ci sono 4,7 milioni di edifici privati ad elevato rischio sismico nelle regioni più esposte ai terremoti, 5,5 milioni se si aggiungono quelli pubblici. In queste palazzine vivono 24 milioni di persone, la gran parte concentrate in Campania e Sicilia. In generale nel Paese secondo l' Istat vi sono 7 milioni di immobili realizzati prima del 1971 e di questi 2,1 milioni sono in pessimo stato.
Una relazione parlamentare della commissione Sanità denuncia l' esistenza di 500 ospedali a rischio crollo (il 75 per cento di quelli in funzione). Le scuole? «La metà sono insicure e non a norma - dice Salvo Cocina, ex ingegnere della protezione civile esperto del settore - la verità è che occorrerebbe avere il coraggio di abbattere le scuole degli anni Settanta e Sessanta e realizzarne di nuove».
Sulla prevenzione l' Italia non ha un piano e ha agito sempre con interventi spot. L' ultimo quello nella scorsa Finanziaria che ha esteso gli sgravi fiscali in materia di ristrutturazione anche a interventi sulla prevenzione dei terremoti. Ma la norma non è stata pubblicizzata: «E in ogni caso va estesa anche ai condomini, altrimenti serve a poco - dice il presidente dell' Ance, Claudio De Albertis - Quello che occorrerebbe davvero è però un programma di grandi interventi nell' edilizia pubblica e privata ».
Da sempre l' Italia è scossa da terremoti e ancora si parla di piani e programmi d' intervento da varare. Nel frattempo non è nemmeno obbligatorio per ogni abitazione avere la scheda tecnica sul rischio sismico: così chi compra una casa non sa nemmeno se andrà a vivere sotto un tetto sicuro.
I DATI, COME SPESSO ACCADE IN QUESTO STRAMALEDETTO PAESE, NON CORRISPONDONO MAI.
IN QUESTE ORE BASTA CAMBIARE IL SITO DI INFORMAZIONE, E SI COSTATA CHE OGNUNO SPARA I SUOI DATI.
LA FONTE, IN VIA TEORICA, DOVREBBE ESSERE LO STATO.
MA COME SI POTREBBE CREDERE SE IL MAGO ALFANO HA DICHIARATO CHE HANNO FATTO "UN MIRACOLO CIVILE".
ANGELINO, ADESSO, COME PADRE PIO FA MIRACOLI.
O SE LI INVENTA.
26 AGO 2016 15:28
UN FIUME DI DENARO, UNA MONTAGNA DI MACERIE - MILIARDI SPESI PER LE RICOSTRUZIONI DOPO I TERREMOTI, SOLO 180 MILIONI PER METTERE IN SICUREZZA QUEL 60% DI EDIFICI NON A NORMA. E IN MOLTE REGIONI I FONDI SONO BLOCCATI, COME IN SICILIA, TERRA DI DEVASTANTI SCOSSE - PER GLI ESPERTI, SOLO PER GLI EDIFICI PUBBLICI SERVIREBBERO 40 MILIARDI
Antonio Fraschilla per ''la Repubblica''
Un fiume di denaro dopo il sisma per ricostruire quanto distrutto. Pochi spiccioli per la messa in sicurezza di un patrimonio abitativo tra i più vecchi e cadenti d' Europa. Nel Paese dei terremoti per la prevenzione sono stati stanziati appena 950 milioni di euro solo dopo i fatti dell' Aquila. E di questi fondi sono stati impegnati e solo in parte spesi, per l' adeguamento degli edifici non più di 180 milioni mentre in alcuni Regioni i fondi sono quasi del tutto bloccati: come in Sicilia, una delle aree più in pericolo del Paese.
Il risultato? Ogni giorno dovrebbero pregare che la scossa non arrivi da loro oltre 24 milioni di italiani, il 40% della popolazione, che vivono in 4,7 milioni di edifici ad elevato rischio sismico.
Di questi immobili, 2,1 milioni sono stati realizzati prima del 1971, quando non esisteva alcuna norma edilizia in materia. «Ormai è assodato che il 70-80 per cento degli edifici pubblici e privati in Italia non è adeguato a reggere un terremoto - dice Alessandro Martelli, ex dirigente dell' Enea - comunque anche le abitazioni realizzate dopo il '71 non sono sicure: una volta ho perforato con un dito un pilastro di un asilo in Sicilia, a Collesano, che era stato appena ricostruito.
Perfino gli immobili recenti in molti casi non sono a norma. Ma tanto tra qualche giorno nessuno si ricorderà della prevenzione e un vero piano antisismico in questo Paese non si farà mai».
Secondo gli esperti per mettere in sicurezza solo gli edifici pubblici, considerando che la metà delle scuole e degli ospedali non è a norma, occorrerebbero 40 miliardi di euro: «Questa è una cifra al ribasso, ma almeno così in venti anni ci metteremmo in sicurezza», dice Mauro Grassi, direttore della Struttura "Italia sicura" di Palazzo Chigi. Se si allarga l' orizzonte anche alle case private, gli ingegneri parlando addirittura di 93 miliardi.
Nel frattempo lo Stato non ha nemmeno un dipartimento unico che si occupa di prevenzione sismica e monitoraggio degli edifici. Le competenze sono disperse in mille rivoli tra ministero Infrastrutture, Protezione civile, Enea, geni civili e alla fine nessuno sa rispondere con dati ufficiali e certi a una semplice domanda: quanti soldi sono stati spesi in prevenzione del rischio sismico, per fare cosa, in quale aree e perché?
Dal Dopoguerra a oggi lo Stato ha stanziato 150 miliardi di euro per ricostruire le zone colpite dal sisma e se si allarga l' orizzonte al dissesto idrogeologico la cifra sale a 250 miliardi. Ma per la messa in sicurezza degli edifici nel resto del Paese il primo finanziamento arriva solo dopo il terremoto dell' Aquila nel 2009, quando il governo Berlusconi impegna 950 milioni nel «fondo per la prevenzione del rischio sismico». Soldi serviti in gran parte per la mappatura dei terreni e delle zone rosse.
E per gli edifici? Al momento, e sono trascorsi sette anni, sono stati impegnati e non tutti spesi non più di 180 milioni per circa 250 interventi. Una goccia nel mare. Ma c' è di più. In molte regioni la spesa è vicina allo zero: in Sicilia i 10 milioni di euro per la mappatura dei terreni sono ancora bloccati. Il motivo? In una Regione che ha un bilancio da 24 miliardi di euro non sono state trovate le somme per cofinanziare il progetto e adesso si aspetta la nuova pioggia di fondi Europei.
E dire che i numeri sugli edifici a rischio crollo nel Paese sono drammatici. Secondo una ricerca dell' Ance ci sono 4,7 milioni di edifici privati ad elevato rischio sismico nelle regioni più esposte ai terremoti, 5,5 milioni se si aggiungono quelli pubblici. In queste palazzine vivono 24 milioni di persone, la gran parte concentrate in Campania e Sicilia. In generale nel Paese secondo l' Istat vi sono 7 milioni di immobili realizzati prima del 1971 e di questi 2,1 milioni sono in pessimo stato.
Una relazione parlamentare della commissione Sanità denuncia l' esistenza di 500 ospedali a rischio crollo (il 75 per cento di quelli in funzione). Le scuole? «La metà sono insicure e non a norma - dice Salvo Cocina, ex ingegnere della protezione civile esperto del settore - la verità è che occorrerebbe avere il coraggio di abbattere le scuole degli anni Settanta e Sessanta e realizzarne di nuove».
Sulla prevenzione l' Italia non ha un piano e ha agito sempre con interventi spot. L' ultimo quello nella scorsa Finanziaria che ha esteso gli sgravi fiscali in materia di ristrutturazione anche a interventi sulla prevenzione dei terremoti. Ma la norma non è stata pubblicizzata: «E in ogni caso va estesa anche ai condomini, altrimenti serve a poco - dice il presidente dell' Ance, Claudio De Albertis - Quello che occorrerebbe davvero è però un programma di grandi interventi nell' edilizia pubblica e privata ».
Da sempre l' Italia è scossa da terremoti e ancora si parla di piani e programmi d' intervento da varare. Nel frattempo non è nemmeno obbligatorio per ogni abitazione avere la scheda tecnica sul rischio sismico: così chi compra una casa non sa nemmeno se andrà a vivere sotto un tetto sicuro.
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Re: Come se ne viene fuori ?
FINO AL PROSSIMO TERREMOTO
Terremoto Centro Italia – Consigli inutili per la politica
di Marco Travaglio | 26 agosto 2016
| Commenti
Avvertenza per i lettori: questo articolo è quasi certamente inutile, come tutti quelli che abbiamo scritto (non solo noi) dopo i terremoti in Emilia, in Abruzzo, in Umbria ecc.. Però, non avendo altra arma che la penna, lo scriviamo anche questa volta. Nella segreta speranza che un domani, chissà, una classe dirigente finalmente degna di questo nome ne ritrovi qualche brandello in fondo a un cassetto, o in una bottiglia alla deriva nel mare.
I terremoti non si possono prevedere con esattezza, ma prevenire con oculatezza sì. I terremoti non si possono evitare, ma molte delle loro conseguenze sì. I terremoti non sono eventi inaspettati: non si sa di preciso quando arriveranno, ma si sa che prima o poi arriveranno e anche dov’è più probabile che arrivino (anche se il territorio italiano è quasi tutto a rischio). I terremoti sono tragiche fatalità, ma i morti quasi mai. Tant’è che in Giappone o in California – due delle aree a maggiore rischio sismico del mondo – la scossa di magnitudo 6 che l’altroieri ha polverizzato interi paesi uccidendo centinaia di persone e lasciandone all’addiaccio migliaia avrebbe provocato danni e vittime infinitamente più limitati. Così come a Norcia, ricostruita e messa a norma dopo i terremoti del ’79 e del ’97: è a due passi dall’epicentro dell’altra notte, ma non piange morti.
Il premier Matteo Renzi ha fatto bene quel poco che poteva fare: ha usato parole misurate e non retoriche, ha evitato le passerelle di ministri a favore di telecamera, ha annunciato una ricostruzione rapida ed efficiente. Il Giornale ha titolato “Forza italiani. Forza Renzi”, ripetendo un’assurdità che già sosteneva a suo tempo B. quando comandava lui: e cioè che l’opposizione avrebbe dovuto sparire in nome dell’unità nazionale, avallando a prescindere qualunque scelta del governo. Ora, l’unità nazionale è già garantita dai volontari che si precipitano a dare una mano ai soccorritori e dai cittadini che mettono mano al portafogli per aiutare le popolazioni colpite. Ma le forze politiche possono assicurarla facendo bene il loro mestiere: chi governa trovi i soldi per fare il necessario, le opposizioni controllino che questo avvenga evitando di mettersi di traverso per sabotare le misure giuste, ma contrastando quelle che dovessero rivelarsi sbagliate. Le cose da fare non sono un mistero: sono note dalla notte dei tempi. Manca soltanto una classe dirigente all’altezza che non pensi alle elezioni di domani, ma alle generazioni del futuro.
1. I soldi. La prima è trovare i fondi per la prevenzione. Il miliardo in 10 anni stanziato dalla legge post-L’Aquila e i 44 milioni previsti per il 2016 sono uno scandalo. È vero che il Patto di stabilità europeo è troppo rigido e disegnato su misura dei paesi europei al riparo dal pericolo sismico, dunque a danno di quelli più pericolanti, come Italia e Grecia (le agevolazioni fiscali concesse ai comuni terremotati vengono regolarmente bocciate dalla Commissione Ue come “aiuti di Stato” indebiti). Ma prima di buttare la palla in tribuna a Bruxelles, è il caso di fare tutto il possibile in casa nostra. Anzitutto, basta una volta per tutte con le grandi opere e i grandi eventi inutili. Niente Ponte sullo Stretto (che fra l’altro sorgerebbe su una faglia super-sismica), Tav Torino-Lione, Orte-Mestre, Terzo Valico, niente Olimpiadi 2024 e così via. Le decine di miliardi risparmiati saranno preziosi per mettere in sicurezza territorio ed edifici, a partire da quelli pubblici. Se le case private sono mal costruite è già grave, ma se scuole, asili, ospizi e ospedali crollano in testa ai cittadini è doppiamente inaccettabile. I costruttori criminali ci saranno sempre, ma lo Stato non può fare il serial killer.
2. Tante piccole opere. Per rendere sicuri gli edifici pubblici, occorrono almeno 100 miliardi. Finora questa cifra è stata usata per seminare sfiducia e rassegnazione: siccome tutti insieme non li troveremo mai, inutile cominciare a cercarli. Ma, come disse nel ’96 l’allora sottosegretario alla Protezione civile Franco Barberi, basterebbe “un flusso costante di 2-3 mila miliardi all’anno” per mettere al riparo i 24 milioni di italiani delle zone a più alto rischio. Facciamo 4 miliardi di euro l’anno: tanti quanti prima B., poi Letta, infine Renzi hanno gettato dalla finestra abolendo la tassa sulla prima casa. Che va ripristinata subito (esentando solo i meno abbienti) e destinata a rendere antisismiche le nostre città. Con l’aggiunta dei risparmi dalle grandi opere inutili, in 10 anni ce la si può fare. Ma bisogna partire subito, finanziando adeguatamente l’ecobonus: ora limitato alle singole abitazioni, va esteso a edifici interi, blocchi urbani omogenei, strutture pubbliche e imprese da adeguare (le case fuori norma sono il 70%). Diversamente dalla ricostruzione, la prevenzione è un affare (per ogni euro speso prima, se ne risparmiano 4 o 5 dopo). Un grande Piano per la sicurezza urbana e la conservazione del patrimonio culturale, con contributi pubblici e privati e appalti controllati dall’Anac, rilancerebbe non solo l’edilizia, ma anche la crescita del Pil e soprattutto dei posti di lavoro: ne creano molti di più tante piccole opere che poche cattedrali nel deserto. Se poi il governo volesse revocare i tagli ai fondi dei Vigili del Fuoco, depredati negli ultimi dieci anni di risorse preziose per il turn over e l’addestramento, farebbe cosa utile.
3. Scuola di prevenzione. Siccome, nei terremoti come nelle alluvioni e nelle frane, un morto su due è dovuto a reazioni e comportamenti sbagliati durante l’evento, la prevenzione va insegnata nelle scuole, con esercitazioni periodiche aperte anche alle famiglie. In Giappone questa è la normalità: ciascuno sa cosa fare in caso di catastrofe. In Italia c’è chi muore perché non si mette al riparo di un muro portante, di uno stipite, di una scrivania, ma corre per le scale o scende in strada sotto la casa che crolla, o magari quando l’acqua sale si rifugia in cantina anziché sul tetto.
4. Repressione. Le ricostruzioni sono sempre state, a eccezione del Friuli, dei clamorosi fallimenti, infatti continuiamo a pagarle tutte, compresa quella del Belice (dal 1968!). In tutto sono costate 160 miliardi, di cui 70 solo per il dopo-terremoto in Campania. Spese folli, soldi a comuni mai sfiorati da scosse, clientele, ruberie, mafierie e tangenti. La malaimprenditoria che prima costruisce sulla e con la sabbia, per poi ricostruire (spesso sulla e con la sabbia) va colpita non solo con gare d’appalto regolari, trasparenti e controllate, ma anche con una repressione implacabile. Così come la malapolitica sua complice. Perciò c’entra molto col terremoto anche la riforma della prescrizione, bloccata da due anni in Parlamento: quanti costruttori ladri sarebbero tagliati fuori dalle gare se non l’avessero fatta franca tirando in lungo i tempi dei loro processi? La prescrizione deve fermarsi al momento del rinvio a giudizio, o al massimo della condanna in primo grado. E i reati contro l’ambiente, puniti per finta con ridicole ammende, devono diventare gravi come quelli contro la persona, viste le stragi che provocano. Altrimenti, fra qualche mese, ascolteremo nella solita intercettazione il solito ladrone che sghignazza sul terremoto pregustando il solito appalto truccato. E non potremo farci niente.
Ecco: se il governo è pronto a varare questo pacchetto di riforme, finalmente utili ai cittadini e non ai soliti noti, l’unità nazionale avrà un senso anche in politica. E opporsi sarà non solo sbagliato, ma criminale. Se invece arriveranno i soliti annunci seguiti dai soliti bruscolini, opporsi sarà giusto e doveroso.
Ps. Qualcuno ci chiede se le Feste del Fatto Quotidiano, a Roma il 27-28 agosto e alla Versiliana il 2-4 settembre, si terranno ugualmente. La risposta è: sì, e a maggior ragione. Saranno l’occasione per riflettere su questi e altri temi cruciali, e anche per raccogliere fondi tra i lettori e gli amici nella sottoscrizione che oggi lanciamo per ricostruire a regola d’arte la scuola di Amatrice. Alla quale devolveremo il ricavato delle due manifestazioni. Vi aspettiamo.
di Marco Travaglio | 26 agosto 2016
Terremoto Centro Italia – Consigli inutili per la politica
di Marco Travaglio | 26 agosto 2016
| Commenti
Avvertenza per i lettori: questo articolo è quasi certamente inutile, come tutti quelli che abbiamo scritto (non solo noi) dopo i terremoti in Emilia, in Abruzzo, in Umbria ecc.. Però, non avendo altra arma che la penna, lo scriviamo anche questa volta. Nella segreta speranza che un domani, chissà, una classe dirigente finalmente degna di questo nome ne ritrovi qualche brandello in fondo a un cassetto, o in una bottiglia alla deriva nel mare.
I terremoti non si possono prevedere con esattezza, ma prevenire con oculatezza sì. I terremoti non si possono evitare, ma molte delle loro conseguenze sì. I terremoti non sono eventi inaspettati: non si sa di preciso quando arriveranno, ma si sa che prima o poi arriveranno e anche dov’è più probabile che arrivino (anche se il territorio italiano è quasi tutto a rischio). I terremoti sono tragiche fatalità, ma i morti quasi mai. Tant’è che in Giappone o in California – due delle aree a maggiore rischio sismico del mondo – la scossa di magnitudo 6 che l’altroieri ha polverizzato interi paesi uccidendo centinaia di persone e lasciandone all’addiaccio migliaia avrebbe provocato danni e vittime infinitamente più limitati. Così come a Norcia, ricostruita e messa a norma dopo i terremoti del ’79 e del ’97: è a due passi dall’epicentro dell’altra notte, ma non piange morti.
Il premier Matteo Renzi ha fatto bene quel poco che poteva fare: ha usato parole misurate e non retoriche, ha evitato le passerelle di ministri a favore di telecamera, ha annunciato una ricostruzione rapida ed efficiente. Il Giornale ha titolato “Forza italiani. Forza Renzi”, ripetendo un’assurdità che già sosteneva a suo tempo B. quando comandava lui: e cioè che l’opposizione avrebbe dovuto sparire in nome dell’unità nazionale, avallando a prescindere qualunque scelta del governo. Ora, l’unità nazionale è già garantita dai volontari che si precipitano a dare una mano ai soccorritori e dai cittadini che mettono mano al portafogli per aiutare le popolazioni colpite. Ma le forze politiche possono assicurarla facendo bene il loro mestiere: chi governa trovi i soldi per fare il necessario, le opposizioni controllino che questo avvenga evitando di mettersi di traverso per sabotare le misure giuste, ma contrastando quelle che dovessero rivelarsi sbagliate. Le cose da fare non sono un mistero: sono note dalla notte dei tempi. Manca soltanto una classe dirigente all’altezza che non pensi alle elezioni di domani, ma alle generazioni del futuro.
1. I soldi. La prima è trovare i fondi per la prevenzione. Il miliardo in 10 anni stanziato dalla legge post-L’Aquila e i 44 milioni previsti per il 2016 sono uno scandalo. È vero che il Patto di stabilità europeo è troppo rigido e disegnato su misura dei paesi europei al riparo dal pericolo sismico, dunque a danno di quelli più pericolanti, come Italia e Grecia (le agevolazioni fiscali concesse ai comuni terremotati vengono regolarmente bocciate dalla Commissione Ue come “aiuti di Stato” indebiti). Ma prima di buttare la palla in tribuna a Bruxelles, è il caso di fare tutto il possibile in casa nostra. Anzitutto, basta una volta per tutte con le grandi opere e i grandi eventi inutili. Niente Ponte sullo Stretto (che fra l’altro sorgerebbe su una faglia super-sismica), Tav Torino-Lione, Orte-Mestre, Terzo Valico, niente Olimpiadi 2024 e così via. Le decine di miliardi risparmiati saranno preziosi per mettere in sicurezza territorio ed edifici, a partire da quelli pubblici. Se le case private sono mal costruite è già grave, ma se scuole, asili, ospizi e ospedali crollano in testa ai cittadini è doppiamente inaccettabile. I costruttori criminali ci saranno sempre, ma lo Stato non può fare il serial killer.
2. Tante piccole opere. Per rendere sicuri gli edifici pubblici, occorrono almeno 100 miliardi. Finora questa cifra è stata usata per seminare sfiducia e rassegnazione: siccome tutti insieme non li troveremo mai, inutile cominciare a cercarli. Ma, come disse nel ’96 l’allora sottosegretario alla Protezione civile Franco Barberi, basterebbe “un flusso costante di 2-3 mila miliardi all’anno” per mettere al riparo i 24 milioni di italiani delle zone a più alto rischio. Facciamo 4 miliardi di euro l’anno: tanti quanti prima B., poi Letta, infine Renzi hanno gettato dalla finestra abolendo la tassa sulla prima casa. Che va ripristinata subito (esentando solo i meno abbienti) e destinata a rendere antisismiche le nostre città. Con l’aggiunta dei risparmi dalle grandi opere inutili, in 10 anni ce la si può fare. Ma bisogna partire subito, finanziando adeguatamente l’ecobonus: ora limitato alle singole abitazioni, va esteso a edifici interi, blocchi urbani omogenei, strutture pubbliche e imprese da adeguare (le case fuori norma sono il 70%). Diversamente dalla ricostruzione, la prevenzione è un affare (per ogni euro speso prima, se ne risparmiano 4 o 5 dopo). Un grande Piano per la sicurezza urbana e la conservazione del patrimonio culturale, con contributi pubblici e privati e appalti controllati dall’Anac, rilancerebbe non solo l’edilizia, ma anche la crescita del Pil e soprattutto dei posti di lavoro: ne creano molti di più tante piccole opere che poche cattedrali nel deserto. Se poi il governo volesse revocare i tagli ai fondi dei Vigili del Fuoco, depredati negli ultimi dieci anni di risorse preziose per il turn over e l’addestramento, farebbe cosa utile.
3. Scuola di prevenzione. Siccome, nei terremoti come nelle alluvioni e nelle frane, un morto su due è dovuto a reazioni e comportamenti sbagliati durante l’evento, la prevenzione va insegnata nelle scuole, con esercitazioni periodiche aperte anche alle famiglie. In Giappone questa è la normalità: ciascuno sa cosa fare in caso di catastrofe. In Italia c’è chi muore perché non si mette al riparo di un muro portante, di uno stipite, di una scrivania, ma corre per le scale o scende in strada sotto la casa che crolla, o magari quando l’acqua sale si rifugia in cantina anziché sul tetto.
4. Repressione. Le ricostruzioni sono sempre state, a eccezione del Friuli, dei clamorosi fallimenti, infatti continuiamo a pagarle tutte, compresa quella del Belice (dal 1968!). In tutto sono costate 160 miliardi, di cui 70 solo per il dopo-terremoto in Campania. Spese folli, soldi a comuni mai sfiorati da scosse, clientele, ruberie, mafierie e tangenti. La malaimprenditoria che prima costruisce sulla e con la sabbia, per poi ricostruire (spesso sulla e con la sabbia) va colpita non solo con gare d’appalto regolari, trasparenti e controllate, ma anche con una repressione implacabile. Così come la malapolitica sua complice. Perciò c’entra molto col terremoto anche la riforma della prescrizione, bloccata da due anni in Parlamento: quanti costruttori ladri sarebbero tagliati fuori dalle gare se non l’avessero fatta franca tirando in lungo i tempi dei loro processi? La prescrizione deve fermarsi al momento del rinvio a giudizio, o al massimo della condanna in primo grado. E i reati contro l’ambiente, puniti per finta con ridicole ammende, devono diventare gravi come quelli contro la persona, viste le stragi che provocano. Altrimenti, fra qualche mese, ascolteremo nella solita intercettazione il solito ladrone che sghignazza sul terremoto pregustando il solito appalto truccato. E non potremo farci niente.
Ecco: se il governo è pronto a varare questo pacchetto di riforme, finalmente utili ai cittadini e non ai soliti noti, l’unità nazionale avrà un senso anche in politica. E opporsi sarà non solo sbagliato, ma criminale. Se invece arriveranno i soliti annunci seguiti dai soliti bruscolini, opporsi sarà giusto e doveroso.
Ps. Qualcuno ci chiede se le Feste del Fatto Quotidiano, a Roma il 27-28 agosto e alla Versiliana il 2-4 settembre, si terranno ugualmente. La risposta è: sì, e a maggior ragione. Saranno l’occasione per riflettere su questi e altri temi cruciali, e anche per raccogliere fondi tra i lettori e gli amici nella sottoscrizione che oggi lanciamo per ricostruire a regola d’arte la scuola di Amatrice. Alla quale devolveremo il ricavato delle due manifestazioni. Vi aspettiamo.
di Marco Travaglio | 26 agosto 2016
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Re: Come se ne viene fuori ?
FINO AL PROSSIMO TERREMOTO
CRONACA
Terremoto, dopo le lacrime il governo agisca
Cronaca
di Fabio Marcelli | 26 agosto 2016
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Fabio Marcelli
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Renzi ha dichiarato che non vuole polemiche sul terremoto devastatore che ha fatto centinaia di vittime nel Centro Italia, perché questo è il momento delle lacrime. La pretesa mi sembra assolutamente irragionevole. Se è vero infatti che questo è il momento di piangere le vittime, non possiamo certo limitarci a questo, dato che si tratta di eventi purtroppo ricorrenti: sarebbe ora che il popolo italiano e soprattutto chi lo governa imparassero dai disastri, così come avviene nel resto del mondo, dal Cile al Giappone.
Certo sarebbe ingeneroso dare le colpe a Renzi, per quanto palesemente inadeguato egli sia a guidare il nostro Paese. Le responsabilità infatti risalgono indietro nel tempo fino ai governi democristiani e a quelli del primo centrosinistra per poi riguardare quelli che li hanno seguiti, da Berlusconi, al centrosinistra, a Monti, a Letta e a quello attuale. E sono responsabilità gravi. Basti citare che le zone colpite sono zone a forte rischio sismico e che i lavori per mettere in sicurezza gli edifici sono al momento all’uno per cento di quello che sarebbe necessario, secondo i dati raccolti da Il Manifesto.
E non ci vengano a raccontare che i soldi non ci sono. Quanti ne vengono impunemente sperperati per opere inutili e dannose come il Tav? Quanti ne vorrebbero buttare per tenere le Olimpiadi a Roma, frenati solo dalla ferma opposizione di Virginia Raggi e della sua Giunta? Quanti ne sprecano per gli F-35? Quanti per le elemosine pre e post elettorali? Quanti per le demagogiche riduzioni di imposte e i finanziamenti a fondo perduto alle imprese? Quanti per una riforma costituzionale inutile e anzi dannosa che occupa la maggioranza del tempo e la cui inevitabile bocciatura viene irresponsabilmente indicata come fonti di disastri mentre non si fa assolutamente nulla per prevenire i disastri veri? Per non parlare del fatto che i terremoti ci costano cifre enormemente superiori a quelle che sarebbero sufficienti a prevenirli, come ci dice perfino Libero.
E la prevenzione riguarda solo uno degli aspetti del problema, sia pure un aspetto fondamentale. Cosa fa il governo per sostenere lo sforzo dei vigili del fuoco e della protezione civile?Anziché rafforzarli, creando così occupazione utile e di alta qualità sociale, li debilita, lesinando necessari investimenti in uomini e mezzi. Quando invece la salvaguardia e la messa in sicurezza del territorio dovrebbero costituire oggetto di un piano nazionale di investimenti pubblici di grandi dimensioni. Ma anche qui siamo frenati dall’Europa degli usurai guidati dalla Merkel.
Manca anche un’educazione di massa sul miglior modo di reagire di fronte a sciagure che pure si ripresentano periodicamente.
Per finire questa triste rassegna di tragiche e criminali manchevolezze, quali garanzie ci sono che la ricostruzione, come avvenuto sempre in questi casi e da ultimo all’Aquila non si traduca in occasione di corruzione e indebiti profitti? Si può ipotizzare con molto fondamento che non siano mancati, anche in questo caso, ignobili individui pronti a fregarsi le mani per la soddisfazione e la prospettiva di facili guadagni di fronte alla morte e alle sofferenze delle popolazioni colpite. L’unica garanzia sarà nel controllo popolare e nella partecipazione democratica, ma scarso aiuto ci si può aspettare al riguardo da un governo come questo, pronto come pochi altri a sottomettersi ai voleri di qualsiasi privato e scarsamente attento ai diritti dei cittadini.
Se questo, quindi, è purtroppo il momento delle lacrime, deve essere anche il momento della solidarietà con le popolazioni colpite, della rabbia per le responsabilità della sciagura e soprattutto dell’intelligenza per evitare che, come un assurdo supplizio di Tantalo cui siamo sottoposti per l’insipienza di governanti che hanno “altre priorità”, il popolo italiano debba periodicamente continuare a pagare un prezzo di sangue per eventi di cui non si possono certamente incolpare solo fattori naturali e imprevedibili.
CRONACA
Terremoto, dopo le lacrime il governo agisca
Cronaca
di Fabio Marcelli | 26 agosto 2016
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Fabio Marcelli
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Renzi ha dichiarato che non vuole polemiche sul terremoto devastatore che ha fatto centinaia di vittime nel Centro Italia, perché questo è il momento delle lacrime. La pretesa mi sembra assolutamente irragionevole. Se è vero infatti che questo è il momento di piangere le vittime, non possiamo certo limitarci a questo, dato che si tratta di eventi purtroppo ricorrenti: sarebbe ora che il popolo italiano e soprattutto chi lo governa imparassero dai disastri, così come avviene nel resto del mondo, dal Cile al Giappone.
Certo sarebbe ingeneroso dare le colpe a Renzi, per quanto palesemente inadeguato egli sia a guidare il nostro Paese. Le responsabilità infatti risalgono indietro nel tempo fino ai governi democristiani e a quelli del primo centrosinistra per poi riguardare quelli che li hanno seguiti, da Berlusconi, al centrosinistra, a Monti, a Letta e a quello attuale. E sono responsabilità gravi. Basti citare che le zone colpite sono zone a forte rischio sismico e che i lavori per mettere in sicurezza gli edifici sono al momento all’uno per cento di quello che sarebbe necessario, secondo i dati raccolti da Il Manifesto.
E non ci vengano a raccontare che i soldi non ci sono. Quanti ne vengono impunemente sperperati per opere inutili e dannose come il Tav? Quanti ne vorrebbero buttare per tenere le Olimpiadi a Roma, frenati solo dalla ferma opposizione di Virginia Raggi e della sua Giunta? Quanti ne sprecano per gli F-35? Quanti per le elemosine pre e post elettorali? Quanti per le demagogiche riduzioni di imposte e i finanziamenti a fondo perduto alle imprese? Quanti per una riforma costituzionale inutile e anzi dannosa che occupa la maggioranza del tempo e la cui inevitabile bocciatura viene irresponsabilmente indicata come fonti di disastri mentre non si fa assolutamente nulla per prevenire i disastri veri? Per non parlare del fatto che i terremoti ci costano cifre enormemente superiori a quelle che sarebbero sufficienti a prevenirli, come ci dice perfino Libero.
E la prevenzione riguarda solo uno degli aspetti del problema, sia pure un aspetto fondamentale. Cosa fa il governo per sostenere lo sforzo dei vigili del fuoco e della protezione civile?Anziché rafforzarli, creando così occupazione utile e di alta qualità sociale, li debilita, lesinando necessari investimenti in uomini e mezzi. Quando invece la salvaguardia e la messa in sicurezza del territorio dovrebbero costituire oggetto di un piano nazionale di investimenti pubblici di grandi dimensioni. Ma anche qui siamo frenati dall’Europa degli usurai guidati dalla Merkel.
Manca anche un’educazione di massa sul miglior modo di reagire di fronte a sciagure che pure si ripresentano periodicamente.
Per finire questa triste rassegna di tragiche e criminali manchevolezze, quali garanzie ci sono che la ricostruzione, come avvenuto sempre in questi casi e da ultimo all’Aquila non si traduca in occasione di corruzione e indebiti profitti? Si può ipotizzare con molto fondamento che non siano mancati, anche in questo caso, ignobili individui pronti a fregarsi le mani per la soddisfazione e la prospettiva di facili guadagni di fronte alla morte e alle sofferenze delle popolazioni colpite. L’unica garanzia sarà nel controllo popolare e nella partecipazione democratica, ma scarso aiuto ci si può aspettare al riguardo da un governo come questo, pronto come pochi altri a sottomettersi ai voleri di qualsiasi privato e scarsamente attento ai diritti dei cittadini.
Se questo, quindi, è purtroppo il momento delle lacrime, deve essere anche il momento della solidarietà con le popolazioni colpite, della rabbia per le responsabilità della sciagura e soprattutto dell’intelligenza per evitare che, come un assurdo supplizio di Tantalo cui siamo sottoposti per l’insipienza di governanti che hanno “altre priorità”, il popolo italiano debba periodicamente continuare a pagare un prezzo di sangue per eventi di cui non si possono certamente incolpare solo fattori naturali e imprevedibili.
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Re: Come se ne viene fuori ?
L’odio per gli islamici, su Il Giornale, non si ferma neppure davanti al terremoto e alle sue conseguenze.
Odio che il trafiletto finale su MILITIA CHRISTI, non risolve.
26 AGO 2016 11:49
ECUMENICI NEL MEDIOEVO
- NON C'È SOLO MILITIA CHRISTI PER CUI IL TERREMOTO È COLPA DELLE UNIONI CIVILI, IL SITO DEI MUSULMANI 'MODERATI' IN ITALIA SPIEGA IL SISMA SECONDO L'ISLAM (TUTTO VERO): ''I DISASTRI NATURALI SONO A CAUSA DELL'IDOLATRIA E DEI PECCATI, E COME DICE ALLAH, 'QUALUNQUE VENTURA VI COLPISCA, SARÀ CONSEGUENZA DI QUELLO CHE AVETE FATTO''
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Paolo Bracalini per ''il Giornale''
Non c' è solo la spiegazione scientifica dei sismologi e dei geologi, c' è anche l' interpretazione islamica sulle vere ragioni del terremoto che ha devastato il centro Italia. La teoria arriva da un sito di musulmani residenti in Italia, «Sì all' Islam in Italia», che conta più di 43mila seguaci su
«Indubbiamente i terremoti che stanno accadendo in questi giorni sono tra i segni che Allah usa per spaventare i Suoi servi - si legge -. I terremoti e tutte le altre cose che accadono e che provocano danni e ferite alle persone sono a causa dello Shirk (l' idolatria, la falsa fede, ndr) e dei peccati, come Allah dice: Qualunque sventura vi colpisca, sarà conseguenza di quello che avranno fatto le vostre mani ».
La distruzione causata dal sisma non è casuale, né un evento solamente naturale, dietro ci sono la volontà di Allah e le colpe dei peccatori infedeli. Il post viene condiviso da centinaia di persone: Ibrahim residente a Milano, Mohammed che vive a Parma, Hamza che invece lavora a Padenghe sul Garda, Mehdi di Bergamo e molti altri.
Il terremoto come punizione di Allah del resto trova riscontri in diverse sure del Corano, citate dal sito islamista a conforto della propria spiegazione. Una (Al-A' rf, 96) dice: «Se gli abitanti di queste città avessero creduto e avessero avuto timor di Allah, avremmo diffuso su di loro le benedizioni dal cielo e dalla terra. Invece tacciarono di menzogna e li colpimmo per ciò che avevano fatto».
Un' altra ancora (Al-Ankabt, 40): «Ognuno colpimmo per il suo peccato: contro alcuni mandammo ciclone, altri furono trafitti dal Grido, altri facemmo inghiottire dalla terra e altri annegammo. Allah non fece loro torto: furono essi a far torto a loro stessi».
Il concetto è chiaro anche se non viene detto in modo esplicito dal sito: chi è morto sotto le macerie si era macchiato di un grave peccato, non credere in Allah, e quindi se l' è cercata.
Il sito «Sì all' Islam in Italia» cita a riprova un commentatore coranico del XIV secolo: «A volte Allah dà alla terra il permesso di respirare, il che avviene quando accadono forti terremoti; questo fa si che le persone si sentano spaventate, così si pentono, abbandonano i peccati, pregano Allah e provano rammarico per i loro peccati».
La soluzione per evitare le catastrofi come quella che ha raso al suolo Amatrice e altri paesi del centro Italia, più che costruire abitazioni antisismiche, è la conversione all' islam: «Quello che devono fare i Musulmani e gli altri che sono responsabili e sani di mente, è di pentirsi ad Allah, aderire fermamente alla Sua Religione ed evitare tutto ciò che Egli ha proibito, in modo che possano essere indenni e raggiungere la salvezza da tutti i mali di questo mondo e dell' Altro: è così che Allah allontanerà da loro ogni male, e li benedirà con ogni bene».
Nei commenti alla pagina Facebook, oltre ai ringraziamenti ad Allah «che ci fa vedere questi segni», c' è chi fa notare che tra i morti ci potrebbe essere anche qualche italiano di fede musulmana.
Risposta degli amministratori (ignoti) del sito islamista: «L' articolo parla in generale. Si riferisce ai musulmani e ai non musulmani». Il sito (che come immagine profilo ha una cartina dove il nome «Israele» è barrato e al suo posto compare «Palestina») avvisa anche che «la Moschea di Rieti ha offerto immediata accoglienza e supporto logistico ai terremotati», mentre «Islamic Relief Italia sta già operando in coordinamento con la Protezione Civile, per far affluire prontamente i primi soccorsi».
La spiegazione religiosa al terremoto non è peraltro prerogativa islamica. Anche «Militia Christi» si avventura in un' interpretazione altrettanto sconcertante, con un tweet («La tragedia del terremoto ci interroghi sui nostri peccati e sull' abominio delle unioni civili») poi cancellato e goffamente smentito. Mentre il post sul terremoto come castigo di Allah resta lì, senza che Facebook (inflessibile sui contenuti politicamente scorretti) intervenga.
Odio che il trafiletto finale su MILITIA CHRISTI, non risolve.
26 AGO 2016 11:49
ECUMENICI NEL MEDIOEVO
- NON C'È SOLO MILITIA CHRISTI PER CUI IL TERREMOTO È COLPA DELLE UNIONI CIVILI, IL SITO DEI MUSULMANI 'MODERATI' IN ITALIA SPIEGA IL SISMA SECONDO L'ISLAM (TUTTO VERO): ''I DISASTRI NATURALI SONO A CAUSA DELL'IDOLATRIA E DEI PECCATI, E COME DICE ALLAH, 'QUALUNQUE VENTURA VI COLPISCA, SARÀ CONSEGUENZA DI QUELLO CHE AVETE FATTO''
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Non c' è solo la spiegazione scientifica dei sismologi e dei geologi, c' è anche l' interpretazione islamica sulle vere ragioni del terremoto che ha devastato il centro Italia. La teoria arriva da un sito di musulmani residenti in Italia, «Sì all' Islam in Italia», che conta più di 43mila seguaci su
«Indubbiamente i terremoti che stanno accadendo in questi giorni sono tra i segni che Allah usa per spaventare i Suoi servi - si legge -. I terremoti e tutte le altre cose che accadono e che provocano danni e ferite alle persone sono a causa dello Shirk (l' idolatria, la falsa fede, ndr) e dei peccati, come Allah dice: Qualunque sventura vi colpisca, sarà conseguenza di quello che avranno fatto le vostre mani ».
La distruzione causata dal sisma non è casuale, né un evento solamente naturale, dietro ci sono la volontà di Allah e le colpe dei peccatori infedeli. Il post viene condiviso da centinaia di persone: Ibrahim residente a Milano, Mohammed che vive a Parma, Hamza che invece lavora a Padenghe sul Garda, Mehdi di Bergamo e molti altri.
Il terremoto come punizione di Allah del resto trova riscontri in diverse sure del Corano, citate dal sito islamista a conforto della propria spiegazione. Una (Al-A' rf, 96) dice: «Se gli abitanti di queste città avessero creduto e avessero avuto timor di Allah, avremmo diffuso su di loro le benedizioni dal cielo e dalla terra. Invece tacciarono di menzogna e li colpimmo per ciò che avevano fatto».
Un' altra ancora (Al-Ankabt, 40): «Ognuno colpimmo per il suo peccato: contro alcuni mandammo ciclone, altri furono trafitti dal Grido, altri facemmo inghiottire dalla terra e altri annegammo. Allah non fece loro torto: furono essi a far torto a loro stessi».
Il concetto è chiaro anche se non viene detto in modo esplicito dal sito: chi è morto sotto le macerie si era macchiato di un grave peccato, non credere in Allah, e quindi se l' è cercata.
Il sito «Sì all' Islam in Italia» cita a riprova un commentatore coranico del XIV secolo: «A volte Allah dà alla terra il permesso di respirare, il che avviene quando accadono forti terremoti; questo fa si che le persone si sentano spaventate, così si pentono, abbandonano i peccati, pregano Allah e provano rammarico per i loro peccati».
La soluzione per evitare le catastrofi come quella che ha raso al suolo Amatrice e altri paesi del centro Italia, più che costruire abitazioni antisismiche, è la conversione all' islam: «Quello che devono fare i Musulmani e gli altri che sono responsabili e sani di mente, è di pentirsi ad Allah, aderire fermamente alla Sua Religione ed evitare tutto ciò che Egli ha proibito, in modo che possano essere indenni e raggiungere la salvezza da tutti i mali di questo mondo e dell' Altro: è così che Allah allontanerà da loro ogni male, e li benedirà con ogni bene».
Nei commenti alla pagina Facebook, oltre ai ringraziamenti ad Allah «che ci fa vedere questi segni», c' è chi fa notare che tra i morti ci potrebbe essere anche qualche italiano di fede musulmana.
Risposta degli amministratori (ignoti) del sito islamista: «L' articolo parla in generale. Si riferisce ai musulmani e ai non musulmani». Il sito (che come immagine profilo ha una cartina dove il nome «Israele» è barrato e al suo posto compare «Palestina») avvisa anche che «la Moschea di Rieti ha offerto immediata accoglienza e supporto logistico ai terremotati», mentre «Islamic Relief Italia sta già operando in coordinamento con la Protezione Civile, per far affluire prontamente i primi soccorsi».
La spiegazione religiosa al terremoto non è peraltro prerogativa islamica. Anche «Militia Christi» si avventura in un' interpretazione altrettanto sconcertante, con un tweet («La tragedia del terremoto ci interroghi sui nostri peccati e sull' abominio delle unioni civili») poi cancellato e goffamente smentito. Mentre il post sul terremoto come castigo di Allah resta lì, senza che Facebook (inflessibile sui contenuti politicamente scorretti) intervenga.
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Re: Come se ne viene fuori ?
L’ultimo libro di Salvatore Settis è “Costituzione! Perché attuarla è meglio che cambiarla” (Einaudi).
Il Fatto 26.8.16
Salvatore Settis “La prima grande opera è la messa in sicurezza, non il falso sviluppo fatto di Tav, Ponti sullo Stretto e autostrade inutili”
intervista di Silvia Truzzi
Non è il momento delle polemiche”, si sente ripetere in queste ore di macerie e numeri neri come la morte. Ma è proprio il rispetto per chi ha perso tutto – vita, amici, case e futuro – che impone riflessioni. Salvatore Settis – archeologo, ex direttore della Normale di Pisa, ex presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, un curriculum sterminato che va dal Getty Center di Los Angeles allo European Research Council – da tempo si occupa della tutela del paesaggio e sabato sarà ospite per un dibattito sul referendum costituzionale alla festa del Fatto di Roma. Perché è la Carta che all’articolo 9 spiega che la Repubblica italiana “tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione”. O almeno dovrebbe.
Professore, da tempo lei ha lanciato un allarme sulla tutela del paesaggio. Forse non sufficientemente ascoltato.
Non sono certo il primo ad averlo fatto. Nel 1980, dopo il terremoto dell’Irpinia, Giovanni Urbani scriveva: “Non è necessaria nessuna competenza in economia per sapere quale sarà il saldo di una politica economica che non si è mai degnata di far entrare nei propri conti i costi del dissesto geologico, del disordine urbanistico e della incuria verso il patrimonio edilizio storico. Ci vorrebbe assai poco per calcolare il danno economico che incombe sulla penisola ove persistesse, come purtroppo certamente persisterà, l’assenza di ogni politica di difesa del suolo e di consolidamento preventivo dell’edilizia storica”. Parole che paiono scritte oggi e che invano richiamai dopo il terremoto d’Abruzzo (2009) e dopo quello d’Emilia (2012), sostenendo, se posso autocitarmi, che la prima grande opera di cui il Paese ha bisogno è la messa in sicurezza del proprio territorio. Vale ora più che mai.
Il caso di Norcia – epicentro della seconda scossa dell’altra notte – dimostra che dove s’interviene per mettere in sicurezza gli edifici, i danni sono limitati.
Confrontiamo due dati: dopo il terremoto di Reggio Emilia del 1996 la Soprintendenza mise in sicurezza campanili e monumenti, e lo fece così bene da farli resistere al sisma del 2012. Nel 2012, invece, si è lasciato crollare il campanile di Novi Modenese e si è abbattuto con la dinamite quello di Poggio Renatico. Quel che è cambiato in questi anni non è la legge, ma la prassi berlusconiana instaurata dopo il terremoto d’Abruzzo. Da quel che accadrà ora ad Amatrice si capirà se questo governo è più fedele alla legge o all’ideologia delle cosiddette new town.
Dal Belice continuiamo a spendere solo per ricostruire. Ma oltre il 60% degli edifici italiani è stato costruito prima che entrassero in vigore le normative anti-sismiche.
Come facciamo per la salute del nostro corpo, così l’Italia dovrebbe fare per il proprio territorio: prevenire, prima che curare. Che cosa ci impedisce di farlo? Risposta: la colpevole rincorsa al falso sviluppo fatto di devastanti Tav, ponti sullo Stretto, inutili autostrade, opere pubbliche da farsi nell’interesse non dei cittadini ma delle imprese. La corruzione legata a molte di queste opere la dice lunga sul perché esse continuano a essere al centro dei progetti della politica.
Armando Zambrano, presidente dell'Ordine degli ingegneri, ha detto: “In Europa ci si preoccupa più del risparmio energetico che della p r e v e nzione antisismica perché i Paesi a maggior rischio sono praticamente solo Italia e Grecia”.
Italia e Grecia sono i Paesi della “periferia meridionale” citati nel documento JP Morgan (maggio 2013) come bisognosi di riforme costituzionali che riducano la spesa sociale e la tutela dei lavoratori (l’Italia è anzi ricordata espressamente). Mostrando i muscoli al largo di Ventotene, Renzi sarà stato un po’ imbarazzato per questa definizione dell’Italia come “periferica”? E per prenderla da un altro lato: che Europa è mai questa, se non si cura della tutela della vita dei cittadini e della sorte dei monumenti storici in Grecia e in Italia?
Le spese per la ricostruzione non sono considerate straordinarie e sono dunque sottoposte a vincoli di bilancio. Torniamo sempre allo stesso punto: questi principi – ora di rango costituzionale grazie alla riforma dell’articolo 81 della Carta – entrano in concorrenza con i diritti più importanti come sicurezza e salute.
Nonostante il nuovo articolo 81 della Carta stravolto dal governo Monti, resta in piedi “la primarietà del valore estetico-culturale, che non può essere subordinato ad altri valori, compresi quelli economici, ma deve essere capace di influire profondamente sull’ordine economico-sociale”, secondo più d’una sentenza della Corte costituzionale (per esempio la 151/1986). E se questo è vero per i monumenti, lo è a maggior ragione per la salute e la vita dei cittadini. Non posso credere che il governo calpesterà questa necessaria gerarchia di valori.
Il Fatto 26.8.16
Salvatore Settis “La prima grande opera è la messa in sicurezza, non il falso sviluppo fatto di Tav, Ponti sullo Stretto e autostrade inutili”
intervista di Silvia Truzzi
Non è il momento delle polemiche”, si sente ripetere in queste ore di macerie e numeri neri come la morte. Ma è proprio il rispetto per chi ha perso tutto – vita, amici, case e futuro – che impone riflessioni. Salvatore Settis – archeologo, ex direttore della Normale di Pisa, ex presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, un curriculum sterminato che va dal Getty Center di Los Angeles allo European Research Council – da tempo si occupa della tutela del paesaggio e sabato sarà ospite per un dibattito sul referendum costituzionale alla festa del Fatto di Roma. Perché è la Carta che all’articolo 9 spiega che la Repubblica italiana “tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione”. O almeno dovrebbe.
Professore, da tempo lei ha lanciato un allarme sulla tutela del paesaggio. Forse non sufficientemente ascoltato.
Non sono certo il primo ad averlo fatto. Nel 1980, dopo il terremoto dell’Irpinia, Giovanni Urbani scriveva: “Non è necessaria nessuna competenza in economia per sapere quale sarà il saldo di una politica economica che non si è mai degnata di far entrare nei propri conti i costi del dissesto geologico, del disordine urbanistico e della incuria verso il patrimonio edilizio storico. Ci vorrebbe assai poco per calcolare il danno economico che incombe sulla penisola ove persistesse, come purtroppo certamente persisterà, l’assenza di ogni politica di difesa del suolo e di consolidamento preventivo dell’edilizia storica”. Parole che paiono scritte oggi e che invano richiamai dopo il terremoto d’Abruzzo (2009) e dopo quello d’Emilia (2012), sostenendo, se posso autocitarmi, che la prima grande opera di cui il Paese ha bisogno è la messa in sicurezza del proprio territorio. Vale ora più che mai.
Il caso di Norcia – epicentro della seconda scossa dell’altra notte – dimostra che dove s’interviene per mettere in sicurezza gli edifici, i danni sono limitati.
Confrontiamo due dati: dopo il terremoto di Reggio Emilia del 1996 la Soprintendenza mise in sicurezza campanili e monumenti, e lo fece così bene da farli resistere al sisma del 2012. Nel 2012, invece, si è lasciato crollare il campanile di Novi Modenese e si è abbattuto con la dinamite quello di Poggio Renatico. Quel che è cambiato in questi anni non è la legge, ma la prassi berlusconiana instaurata dopo il terremoto d’Abruzzo. Da quel che accadrà ora ad Amatrice si capirà se questo governo è più fedele alla legge o all’ideologia delle cosiddette new town.
Dal Belice continuiamo a spendere solo per ricostruire. Ma oltre il 60% degli edifici italiani è stato costruito prima che entrassero in vigore le normative anti-sismiche.
Come facciamo per la salute del nostro corpo, così l’Italia dovrebbe fare per il proprio territorio: prevenire, prima che curare. Che cosa ci impedisce di farlo? Risposta: la colpevole rincorsa al falso sviluppo fatto di devastanti Tav, ponti sullo Stretto, inutili autostrade, opere pubbliche da farsi nell’interesse non dei cittadini ma delle imprese. La corruzione legata a molte di queste opere la dice lunga sul perché esse continuano a essere al centro dei progetti della politica.
Armando Zambrano, presidente dell'Ordine degli ingegneri, ha detto: “In Europa ci si preoccupa più del risparmio energetico che della p r e v e nzione antisismica perché i Paesi a maggior rischio sono praticamente solo Italia e Grecia”.
Italia e Grecia sono i Paesi della “periferia meridionale” citati nel documento JP Morgan (maggio 2013) come bisognosi di riforme costituzionali che riducano la spesa sociale e la tutela dei lavoratori (l’Italia è anzi ricordata espressamente). Mostrando i muscoli al largo di Ventotene, Renzi sarà stato un po’ imbarazzato per questa definizione dell’Italia come “periferica”? E per prenderla da un altro lato: che Europa è mai questa, se non si cura della tutela della vita dei cittadini e della sorte dei monumenti storici in Grecia e in Italia?
Le spese per la ricostruzione non sono considerate straordinarie e sono dunque sottoposte a vincoli di bilancio. Torniamo sempre allo stesso punto: questi principi – ora di rango costituzionale grazie alla riforma dell’articolo 81 della Carta – entrano in concorrenza con i diritti più importanti come sicurezza e salute.
Nonostante il nuovo articolo 81 della Carta stravolto dal governo Monti, resta in piedi “la primarietà del valore estetico-culturale, che non può essere subordinato ad altri valori, compresi quelli economici, ma deve essere capace di influire profondamente sull’ordine economico-sociale”, secondo più d’una sentenza della Corte costituzionale (per esempio la 151/1986). E se questo è vero per i monumenti, lo è a maggior ragione per la salute e la vita dei cittadini. Non posso credere che il governo calpesterà questa necessaria gerarchia di valori.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Se si mette sempre sullo stesso piano le autostrade (non che comunque queste non servano mai) e le ferrovie, che con quelle hanno un gap che non esiste in nessuno stato europeo, non credo che si potrà migliorare di molto la qualità della vita. Ancora non hanno inventato il teletrasporto.
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Re: Come se ne viene fuori ?
LA SFIDA. NON CHIACCHIERE, MA FATTI
Mattarella: “Non vi abbandoneremo”
Terremoto Centro Italia, le vittime salgono a 291. Mattarella: “Non vi abbandoneremo”. Il vescovo: “Signore, che si fa?” – Cronaca ora per ora e foto
Iniziate alle 11:30 le esequie di 35 dei 49 marchigiani morti. Il prelato: "Stare insieme è la scialuppa di salvataggio nel mare in tempesta". Nel giorno di lutto nazionale il capo dello Stato ha visitato Amatrice, dove si contano 224 morti, e Accumoli. Alla piccola Giorgia, salvata dopo 16 ore tra le macerie, ha regalato una bambola. Il sindaco Pirozzi: "Lei potrebbe essere ricordato come il presidente della ricostruzione a tempo di record"
di F. Q. | 27 agosto 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08 ... o/2998384/
Mattarella: “Non vi abbandoneremo”
Terremoto Centro Italia, le vittime salgono a 291. Mattarella: “Non vi abbandoneremo”. Il vescovo: “Signore, che si fa?” – Cronaca ora per ora e foto
Iniziate alle 11:30 le esequie di 35 dei 49 marchigiani morti. Il prelato: "Stare insieme è la scialuppa di salvataggio nel mare in tempesta". Nel giorno di lutto nazionale il capo dello Stato ha visitato Amatrice, dove si contano 224 morti, e Accumoli. Alla piccola Giorgia, salvata dopo 16 ore tra le macerie, ha regalato una bambola. Il sindaco Pirozzi: "Lei potrebbe essere ricordato come il presidente della ricostruzione a tempo di record"
di F. Q. | 27 agosto 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08 ... o/2998384/
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Re: Come se ne viene fuori ?
LA SFIDA. NON CHIACCHIERE, MA FATTI
Mattarella: “Non vi abbandoneremo”
Se a metterlo in evidenza sono quelli de Il Giornale, che per la parte che sostengono sono esperti, "Presidente Mattarella come intende non abbandonare quelle popolazioni??????"
"I rischi ci sono, inutile nasconderlo. E la ricostruzione post terremoto è storicamente il boccone ghiotto di consorterie criminali e comitati d'affari collusi".
"La ricostruzione post terremoto boccone ghiotto per la mafia"
Il procuratore antimafia Roberti: "Non si ripeterà lo scandalo Irpinia. Abbiamo il modello dell'Aquila, che ha funzionato. Siamo pronti"
Luca Romano - Dom, 28/08/2016 - 08:30
commenta
"I rischi ci sono, inutile nasconderlo. E la ricostruzione post terremoto è storicamente il boccone ghiotto di consorterie criminali e comitati d'affari collusi".
A dirlo, in una intervista a Repubblica, è il procuratore Antimafia Franco Roberti, che aggiunge: "Però va detto che abbiamo alle spalle gruppi di contrasto consolidati, esperienza, attività importanti. E abbiamo il modello dell'Aquila, che ha funzionato. Siamo pronti".
Secondo il procuratore, che seguì in prima persona come pm di Napoli il terremoto dell'Irpinia oggi "l'esperienza e le acquisizioni scientifiche e giudiziarie ci dicono che se una casa è costruita bene, se sono state rispettate le norme anti sismiche, di fronte a un evento drammatico quel corpo di fabbrica può lesionarsi, incrinarsi: ma non può polverizzarsi e implodere. Ecco perché, senza azzardare previsioni, immagino ci sia molto da approfondire". I rischi di infiltrazioni mafiose, perché sottolinea Roberti "i guadagni dei clan cominciano proprio dal calcestruzzo scadente", "sono sempre alti ma l'esperienza drammatica del sisma a L'Aquila ci lascia anche un modello importante che ha funzionato bene".
Il magistrato parla infatti di "un modello costruito da tutti insieme, dal lavoro della Procura distrettuale della città colpita, dal monitoraggio della Procura nazionale antimafia, dagli uffici giudiziari competenti e naturalmente dall'Anticorruzione ". Sulla collaborazione con l'Anac infine precisa "l'Anticorruzione fa bene il suo lavoro di prevenzione della corruzione, nella acquisizione e gestione degli appalti. Mentre la procura nazionale svolge il suo monitoraggio sugli eventuali collegamenti mafiosi delle imprese che concorrono agli appalti".
Mattarella: “Non vi abbandoneremo”
Se a metterlo in evidenza sono quelli de Il Giornale, che per la parte che sostengono sono esperti, "Presidente Mattarella come intende non abbandonare quelle popolazioni??????"
"I rischi ci sono, inutile nasconderlo. E la ricostruzione post terremoto è storicamente il boccone ghiotto di consorterie criminali e comitati d'affari collusi".
"La ricostruzione post terremoto boccone ghiotto per la mafia"
Il procuratore antimafia Roberti: "Non si ripeterà lo scandalo Irpinia. Abbiamo il modello dell'Aquila, che ha funzionato. Siamo pronti"
Luca Romano - Dom, 28/08/2016 - 08:30
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"I rischi ci sono, inutile nasconderlo. E la ricostruzione post terremoto è storicamente il boccone ghiotto di consorterie criminali e comitati d'affari collusi".
A dirlo, in una intervista a Repubblica, è il procuratore Antimafia Franco Roberti, che aggiunge: "Però va detto che abbiamo alle spalle gruppi di contrasto consolidati, esperienza, attività importanti. E abbiamo il modello dell'Aquila, che ha funzionato. Siamo pronti".
Secondo il procuratore, che seguì in prima persona come pm di Napoli il terremoto dell'Irpinia oggi "l'esperienza e le acquisizioni scientifiche e giudiziarie ci dicono che se una casa è costruita bene, se sono state rispettate le norme anti sismiche, di fronte a un evento drammatico quel corpo di fabbrica può lesionarsi, incrinarsi: ma non può polverizzarsi e implodere. Ecco perché, senza azzardare previsioni, immagino ci sia molto da approfondire". I rischi di infiltrazioni mafiose, perché sottolinea Roberti "i guadagni dei clan cominciano proprio dal calcestruzzo scadente", "sono sempre alti ma l'esperienza drammatica del sisma a L'Aquila ci lascia anche un modello importante che ha funzionato bene".
Il magistrato parla infatti di "un modello costruito da tutti insieme, dal lavoro della Procura distrettuale della città colpita, dal monitoraggio della Procura nazionale antimafia, dagli uffici giudiziari competenti e naturalmente dall'Anticorruzione ". Sulla collaborazione con l'Anac infine precisa "l'Anticorruzione fa bene il suo lavoro di prevenzione della corruzione, nella acquisizione e gestione degli appalti. Mentre la procura nazionale svolge il suo monitoraggio sugli eventuali collegamenti mafiosi delle imprese che concorrono agli appalti".
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Re: Come se ne viene fuori ?
I SIGNORI DELLA TRUFFA.
INIZIA COSI’ L’ARTICOLO SUL CONFRONTO SETTIS – NARDELLA ALLA FESTA DEL FATTO A ROMA:
Io voto Sì perché la Costituzione si può cambiare e sono convinto che questa riforma la cambi in meglio, lo faccio anche per il futuro dei miei tre figli”. Un appello a favore della riforma costituzionale come tanti che si sentono in questi mesi, ma con una particolarità: il sindaco di Firenze Dario Nardella lo pronuncia alla festa del Fatto Quotidiano, a Roma, davanti a quasi mille persone
che sembrano essere molto più d’accordo con Salvatore Settis, venuto a rappresentare il fronte del No.
CON LA BOCCA RACCONTANO CHE CAMBIANO IL MONDO, MA IN PRATICA SONO STATICI COME LA TORRE DI PISA. INTENDONO MANTENERE L’ESISTENTE, SE NON MUTARLO IN PEGGIO.
MUSSOLONI NON HA MOLTO TEMPO PER DIMOSTRARE CON I FATTI LA VOLONTA’ DI CAMBIARE.
DOPO DUE ANNI E MEZZO HA LETTERALMENT FALLITO.
HA SOLO POCHI GIORNI PER METTERE IN CAMPO QUELLE RIFORME PER LA RICOSTRUZIONE DEL DOPO TERREMOTO.
TRA L’ALTRO DOVRA’ DIMOSTRARE DI SAPER ANDARE CONTRO LA MAFIA.
IL CHIACCHIERONE AVRA’ IL CORAGGIO DI FARE TANTO?????
INIZIA COSI’ L’ARTICOLO SUL CONFRONTO SETTIS – NARDELLA ALLA FESTA DEL FATTO A ROMA:
Io voto Sì perché la Costituzione si può cambiare e sono convinto che questa riforma la cambi in meglio, lo faccio anche per il futuro dei miei tre figli”. Un appello a favore della riforma costituzionale come tanti che si sentono in questi mesi, ma con una particolarità: il sindaco di Firenze Dario Nardella lo pronuncia alla festa del Fatto Quotidiano, a Roma, davanti a quasi mille persone
che sembrano essere molto più d’accordo con Salvatore Settis, venuto a rappresentare il fronte del No.
CON LA BOCCA RACCONTANO CHE CAMBIANO IL MONDO, MA IN PRATICA SONO STATICI COME LA TORRE DI PISA. INTENDONO MANTENERE L’ESISTENTE, SE NON MUTARLO IN PEGGIO.
MUSSOLONI NON HA MOLTO TEMPO PER DIMOSTRARE CON I FATTI LA VOLONTA’ DI CAMBIARE.
DOPO DUE ANNI E MEZZO HA LETTERALMENT FALLITO.
HA SOLO POCHI GIORNI PER METTERE IN CAMPO QUELLE RIFORME PER LA RICOSTRUZIONE DEL DOPO TERREMOTO.
TRA L’ALTRO DOVRA’ DIMOSTRARE DI SAPER ANDARE CONTRO LA MAFIA.
IL CHIACCHIERONE AVRA’ IL CORAGGIO DI FARE TANTO?????
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Re: Come se ne viene fuori ?
"In Italia avverranno terremoti 30 volte più forti di questo"
In Italia i geologi si aspettano terremoti con energia 30 volte più forte di quello di Amatrice
Luca Romano - Sab, 27/08/2016 - 17:36
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In Italia i geologi si aspettano terremoti con energia 30 volte più forte di quello di Amatrice.
Non si può sapere quando, né dove di preciso, ma di sicuro avverranno. L'allarme arriva dal sismologo Antonio Piersanti dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. "I terremoti degli ultimi anni hanno portato in sé delle grandi tragedie, con un elevato numero di vittime, ma purtroppo la Terra ci sta dando degli avvertimenti - rimarca Piersanti all'Adnkronos - perché in Italia avverranno dei terremoti più forti di questo. Abbiamo la certezza che arriveranno a magnitudo 7, che equivale a un fattore + 30 di energia liberata rispetto a una magnitudo 6.0 come quello di Amatrice". I sismi che sono attesi "saranno, per intensità simili a quello dell'Irpinia nel 1980, al sisma di Messina e Reggio Calabria nel 1908" spiega ancora Piersanti che, a fronte di queste evenienze, lancia un monito "bisogna essere preparati adeguatamente in termini di qualità dell'edificato". In Italia, del resto, si perde facilmente la memoria. "Il fatto che dal terremoto dell'Irpinia del 1980 a quello di Colfiorito del 1997, non ci sono stati sismi molto forti - aggiunge - se da una parte è stata una fortuna, dall'altra ha fatto sì che si sia persa la memoria in un momento in cui l'economia italiana cresceva molto e si facevano investimenti. Dal 1997 invece i terremoti di una certa intensità si sono ripetuti con una maggior frequenza, nel 2002 San Giuliano di Puglia, nel 2009 L'Aquila, nel 2012 l'Emilia Romagna e quest'anno il terremoto di Amatrice. Quanto alla zona di Norcia, che pur essendo equidistante dall'epicentro rispetto ad Amatrice e Accumoli, ha subito pochi danni, il sismologo conferma che ciò è dovuto "di sicuro alla qualità del costruito ma è possibile che a Norcia ci siano stati fenomeni più favorevoli (tecnicamente la direttività e gli effetti di sito) e quindi hanno prodotto danni minori". Questi parametri, che in qualche modo vanno a influenzare la distruttività di un terremoto, però possono essere studiati successivamente, alle volte occorrono settimane e quindi, per ora "sono solo ipotesi che andranno confermate". A Norcia, d'altra parte, la qualità del costruito è migliore in virtù dei processi di adeguamento e di ricostruzione successivi ai terremoti della Val Nerina del 1979 e di Colfiorito del 1997. Un modello a cui guardare è sicuramente il Giappone. "Un obiettivo difficile da raggiungere - dichiara infine Piersanti - ma è importante puntare verso quella meta. Anche se è chiaro che il patrimonio edilizio del Giappone era ed è diverso e magari per loro, è più semplice".
In Italia i geologi si aspettano terremoti con energia 30 volte più forte di quello di Amatrice
Luca Romano - Sab, 27/08/2016 - 17:36
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In Italia i geologi si aspettano terremoti con energia 30 volte più forte di quello di Amatrice.
Non si può sapere quando, né dove di preciso, ma di sicuro avverranno. L'allarme arriva dal sismologo Antonio Piersanti dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. "I terremoti degli ultimi anni hanno portato in sé delle grandi tragedie, con un elevato numero di vittime, ma purtroppo la Terra ci sta dando degli avvertimenti - rimarca Piersanti all'Adnkronos - perché in Italia avverranno dei terremoti più forti di questo. Abbiamo la certezza che arriveranno a magnitudo 7, che equivale a un fattore + 30 di energia liberata rispetto a una magnitudo 6.0 come quello di Amatrice". I sismi che sono attesi "saranno, per intensità simili a quello dell'Irpinia nel 1980, al sisma di Messina e Reggio Calabria nel 1908" spiega ancora Piersanti che, a fronte di queste evenienze, lancia un monito "bisogna essere preparati adeguatamente in termini di qualità dell'edificato". In Italia, del resto, si perde facilmente la memoria. "Il fatto che dal terremoto dell'Irpinia del 1980 a quello di Colfiorito del 1997, non ci sono stati sismi molto forti - aggiunge - se da una parte è stata una fortuna, dall'altra ha fatto sì che si sia persa la memoria in un momento in cui l'economia italiana cresceva molto e si facevano investimenti. Dal 1997 invece i terremoti di una certa intensità si sono ripetuti con una maggior frequenza, nel 2002 San Giuliano di Puglia, nel 2009 L'Aquila, nel 2012 l'Emilia Romagna e quest'anno il terremoto di Amatrice. Quanto alla zona di Norcia, che pur essendo equidistante dall'epicentro rispetto ad Amatrice e Accumoli, ha subito pochi danni, il sismologo conferma che ciò è dovuto "di sicuro alla qualità del costruito ma è possibile che a Norcia ci siano stati fenomeni più favorevoli (tecnicamente la direttività e gli effetti di sito) e quindi hanno prodotto danni minori". Questi parametri, che in qualche modo vanno a influenzare la distruttività di un terremoto, però possono essere studiati successivamente, alle volte occorrono settimane e quindi, per ora "sono solo ipotesi che andranno confermate". A Norcia, d'altra parte, la qualità del costruito è migliore in virtù dei processi di adeguamento e di ricostruzione successivi ai terremoti della Val Nerina del 1979 e di Colfiorito del 1997. Un modello a cui guardare è sicuramente il Giappone. "Un obiettivo difficile da raggiungere - dichiara infine Piersanti - ma è importante puntare verso quella meta. Anche se è chiaro che il patrimonio edilizio del Giappone era ed è diverso e magari per loro, è più semplice".
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