DI TUTTO E DI PIU'
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Re: DI TUTTO E DI PIU'
Oggi, 24, luglio, 2016, LIBRE si occupa di medicina anziché di geopolitica.
Non mi sento arruolato nell'antiamericanismo militante a prescindere alla Giulietto Chiesa.
Ma articoli come questo, con accuse ben precise, meritano l'attenzione dell'approfondimento mirato a orientarsi verso la verità, in mezzo al Kaos in cui viviamo.
Quindi ognuno prenda con le dovute pinze quanto traspare dall'articolo e valuti singolarmente se sia il caso di dargli credito, oppure no.
LIBRE news
Nazi-medicine, la chemioterapia e gli altri 7 farmaci letali
Scritto il 24/7/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«È ora di prendere la medicina, amore». «Ma mamma, mi fa sentire strano e molto male e non mi fa stare meglio». «Beh, è quello che ha prescritto il dottore, quindi dobbiamo prenderla». Ti hanno mai detto di ascoltare la tua pancia? C’è una ragione per questo. In realtà, più di una. Molti farmaci “occidentali” sono prodotti in laboratorio utilizzando sostanze chimiche, sono altamente sperimentali e, peggio ancora, non sono mai testati sugli esseri umani, se non nel momento stesso in cui vengono loro prescritti, applicati o iniettati. Gli umani sono gli ultimi porcellini d’India in America, mentre Big Pharma intasca trilioni in profitti. Come si è arrivati a questo? La risposta è semplice: dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli scienziati nazisti appena usciti di prigione furono assunti a lavorare su prodotti farmaceutici, vaccini, chemioterapia e additivi chimici alimentari, al fine di alimentare il più insidioso business del pianeta – la medicina allopatica. E non è una teoria complottista. L’orrore dell’Olocausto in Germania è stato portato avanti, su scala ridotta, negli Stati Uniti, per denaro.Pensateci. Non esiste alcuna altra ragione per la quale le aziende farmaceutiche statunitensi dovessero impiegare assassini di massa condannati per occupare le posizioni più alte in Bayer, Basf e Hoechst. Fritz ter Meer, condannato per omicidio di massa, ha scontato solo 5 anni in prigione, dopo i quali è comodamente diventato il presidente del consiglio di sorveglianza della Bayer (sì, quella Bayer che fabbrica i medicinali per bambini nonché la famosa aspirina). Carl Wurster della Basf contribuì a creare il gas Zyklon-B, il potente pesticida utilizzato per giustiziare milioni di ebrei – questo mostro è andato a lavorare sulla chemioterapia, la più grande truffa medica del secolo. Kurt Blome, che partecipò all’uccisione di ebrei tramite “macabri esperimenti”, fu reclutato nel 1951 dalla divisione chimica dell’esercito Usa per lavorare sulla guerra chimica. Capite?In altre parole, i malefici semi di Big Pharma, che la Fda chiama medicina, sono stati piantati inizialmente negli Stati Uniti 65 anni fa. Molti degli “scienziati pazzi” che torturarono esseri umani innocenti durante l’Olocausto sono stati impiegati e promossi dai presidenti americani per spingere con forza la cosiddetta “medicina occidentale”, il cui scopo ultimo è la creazione di malattia e la cura dei suoi sintomi per profitto. Ascoltate bene, amici, perché questi sono gli 8 farmaci più pericolosi sul pianeta Terra. Si chiama “Guerra contro i deboli”.
#1. Ssri (Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, ndt) – altamente sperimentali, nessuna prova di sicurezza o efficacia, possono bloccare completamente la serotonina portando a pensieri suicidi e persino ad atti omicidi e suicidi orrendi.
#2. Vaccino Mpr (morbillo, parotite, rosolia) – associato ad autismo e ad altri disordini del sistema nervoso centrale e ad una miriade di problemi di salute. Quando il virus vivo del morbillo entra nel corpo, il sistema immunitario è seriamente compromesso, ed altri adiuvanti chimici ed ingredienti geneticamente modificati attaccano l’organismo del bambino causando esiti permanenti e talvolta fatali.
#3. Vaccino antinfluenzale – contiene fino a 50.000 parti per miliardo (ppb) di mercurio, oltre a formaldeide, glutammato monosodico (Gms) e alluminio. Può causare interruzioni di gravidanza e aborti spontanei.
#4. Antibiotici – distruggono la flora batterica intestinale benefica e quindi indeboliscono gravemente il sistema immunitario. I medici prescrivono antibiotici impropriamente per le infezioni virali peggiorando ulteriormente la situazione!
#5. Vaccino anti-Hpv (papillomavirus umano) – noto per mandare le ragazzine in shock anafilattico e coma. Migliaia di famiglie hanno citato in giudizio i produttori per milioni di dollari per danni alla salute cronici e permanenti.
#6. Chemioterapia – devasta il sistema immunitario e spesso porta allo sviluppo di nuovi tumori, specialmente del sangue. Gli scienziati nazisti sapevano negli anni ‘50 che la chemioterapia fa regredire solo temporaneamente il cancro, per ripresentarsi con maggior forza in altre parti del corpo! (Anche qui, la medicina occidentale definisce questo un successo).
#7. Vaccino antirotavirus “RotaTeq” – il vaccino (orale) estremamente nocivo contiene ceppi virali ivi (G1, G2, G3, G4 e P1), insieme all’altamente tossico polisorbato 80 e siero bovino fetale. Contiene inoltre frammenti di circovirus porcino – un virus che infetta i maiali.
#8. Vaccino antipolio (orale e iniettato) – È un fatto nudo e crudo e spaventoso che milioni di americani siano stati inoculati con il cancro contenuto nel vaccino antipolio. Non solo, le versioni orale e nasale del vaccino hanno diffuso la polio in India e lasciato molti bambini paralizzati a vita.
Certo, le persone sono paranoiche riguardo alle malattie infettive e per un motivo ben preciso. L’industria medica americana ha esacerbato i peggiori casi registrati, per spaventare a morte tutti quanti affinché si facciano iniettare i loro carcinogeni per “protezione”. Questo è un racket ed è illegale, ma i produttori di vaccini sono immuni alle cause, protetti da un enorme fondo nero e dal loro tribunale segreto. Se voi o vostro figlio venite gravemente danneggiati dai vaccini, non potete citare il produttore del vaccino. Dovrete portare il caso all’Office of Special Masters della U.S. Court of Federal Claims, comunemente definito il segretissimo “Tribunale dei vaccini”. Questo “tribunale” corrotto gestisce un programma di risarcimento senza colpa (sì, avete letto bene), che funziona come tribunale alternativo ai vostri diritti costituzionali. Fu creato fin dal 1986, dopo che le aziende farmaceutiche persero enormi profitti in cause legali di alto profilo dovute a vaccini che avevano causato gravi danni a un certo numero di bambini, i quali ebbero convulsioni e danno cerebrale in seguito al vaccino Dtp (difterite-tetano-pertosse, ndt). Prima ancora di valutare se ingoiare o iniettarvi un’altra volta tossine chimiche chiamate “medicina”, andate almeno da un medico naturopata e scoprite se il vostro problema di salute ha una base alimentare, perché è molto probabile che sia così.
(S.D.Welss, “Gli 8 farmaci più pericolosi del pianeta: ne state prendendo qualcuno?”, da “Naturalnews” del 30 giugno 2016, tradotto da Emanuela Lorenzi per “Come Don Chisciotte”).
Non mi sento arruolato nell'antiamericanismo militante a prescindere alla Giulietto Chiesa.
Ma articoli come questo, con accuse ben precise, meritano l'attenzione dell'approfondimento mirato a orientarsi verso la verità, in mezzo al Kaos in cui viviamo.
Quindi ognuno prenda con le dovute pinze quanto traspare dall'articolo e valuti singolarmente se sia il caso di dargli credito, oppure no.
LIBRE news
Nazi-medicine, la chemioterapia e gli altri 7 farmaci letali
Scritto il 24/7/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«È ora di prendere la medicina, amore». «Ma mamma, mi fa sentire strano e molto male e non mi fa stare meglio». «Beh, è quello che ha prescritto il dottore, quindi dobbiamo prenderla». Ti hanno mai detto di ascoltare la tua pancia? C’è una ragione per questo. In realtà, più di una. Molti farmaci “occidentali” sono prodotti in laboratorio utilizzando sostanze chimiche, sono altamente sperimentali e, peggio ancora, non sono mai testati sugli esseri umani, se non nel momento stesso in cui vengono loro prescritti, applicati o iniettati. Gli umani sono gli ultimi porcellini d’India in America, mentre Big Pharma intasca trilioni in profitti. Come si è arrivati a questo? La risposta è semplice: dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli scienziati nazisti appena usciti di prigione furono assunti a lavorare su prodotti farmaceutici, vaccini, chemioterapia e additivi chimici alimentari, al fine di alimentare il più insidioso business del pianeta – la medicina allopatica. E non è una teoria complottista. L’orrore dell’Olocausto in Germania è stato portato avanti, su scala ridotta, negli Stati Uniti, per denaro.Pensateci. Non esiste alcuna altra ragione per la quale le aziende farmaceutiche statunitensi dovessero impiegare assassini di massa condannati per occupare le posizioni più alte in Bayer, Basf e Hoechst. Fritz ter Meer, condannato per omicidio di massa, ha scontato solo 5 anni in prigione, dopo i quali è comodamente diventato il presidente del consiglio di sorveglianza della Bayer (sì, quella Bayer che fabbrica i medicinali per bambini nonché la famosa aspirina). Carl Wurster della Basf contribuì a creare il gas Zyklon-B, il potente pesticida utilizzato per giustiziare milioni di ebrei – questo mostro è andato a lavorare sulla chemioterapia, la più grande truffa medica del secolo. Kurt Blome, che partecipò all’uccisione di ebrei tramite “macabri esperimenti”, fu reclutato nel 1951 dalla divisione chimica dell’esercito Usa per lavorare sulla guerra chimica. Capite?In altre parole, i malefici semi di Big Pharma, che la Fda chiama medicina, sono stati piantati inizialmente negli Stati Uniti 65 anni fa. Molti degli “scienziati pazzi” che torturarono esseri umani innocenti durante l’Olocausto sono stati impiegati e promossi dai presidenti americani per spingere con forza la cosiddetta “medicina occidentale”, il cui scopo ultimo è la creazione di malattia e la cura dei suoi sintomi per profitto. Ascoltate bene, amici, perché questi sono gli 8 farmaci più pericolosi sul pianeta Terra. Si chiama “Guerra contro i deboli”.
#1. Ssri (Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, ndt) – altamente sperimentali, nessuna prova di sicurezza o efficacia, possono bloccare completamente la serotonina portando a pensieri suicidi e persino ad atti omicidi e suicidi orrendi.
#2. Vaccino Mpr (morbillo, parotite, rosolia) – associato ad autismo e ad altri disordini del sistema nervoso centrale e ad una miriade di problemi di salute. Quando il virus vivo del morbillo entra nel corpo, il sistema immunitario è seriamente compromesso, ed altri adiuvanti chimici ed ingredienti geneticamente modificati attaccano l’organismo del bambino causando esiti permanenti e talvolta fatali.
#3. Vaccino antinfluenzale – contiene fino a 50.000 parti per miliardo (ppb) di mercurio, oltre a formaldeide, glutammato monosodico (Gms) e alluminio. Può causare interruzioni di gravidanza e aborti spontanei.
#4. Antibiotici – distruggono la flora batterica intestinale benefica e quindi indeboliscono gravemente il sistema immunitario. I medici prescrivono antibiotici impropriamente per le infezioni virali peggiorando ulteriormente la situazione!
#5. Vaccino anti-Hpv (papillomavirus umano) – noto per mandare le ragazzine in shock anafilattico e coma. Migliaia di famiglie hanno citato in giudizio i produttori per milioni di dollari per danni alla salute cronici e permanenti.
#6. Chemioterapia – devasta il sistema immunitario e spesso porta allo sviluppo di nuovi tumori, specialmente del sangue. Gli scienziati nazisti sapevano negli anni ‘50 che la chemioterapia fa regredire solo temporaneamente il cancro, per ripresentarsi con maggior forza in altre parti del corpo! (Anche qui, la medicina occidentale definisce questo un successo).
#7. Vaccino antirotavirus “RotaTeq” – il vaccino (orale) estremamente nocivo contiene ceppi virali ivi (G1, G2, G3, G4 e P1), insieme all’altamente tossico polisorbato 80 e siero bovino fetale. Contiene inoltre frammenti di circovirus porcino – un virus che infetta i maiali.
#8. Vaccino antipolio (orale e iniettato) – È un fatto nudo e crudo e spaventoso che milioni di americani siano stati inoculati con il cancro contenuto nel vaccino antipolio. Non solo, le versioni orale e nasale del vaccino hanno diffuso la polio in India e lasciato molti bambini paralizzati a vita.
Certo, le persone sono paranoiche riguardo alle malattie infettive e per un motivo ben preciso. L’industria medica americana ha esacerbato i peggiori casi registrati, per spaventare a morte tutti quanti affinché si facciano iniettare i loro carcinogeni per “protezione”. Questo è un racket ed è illegale, ma i produttori di vaccini sono immuni alle cause, protetti da un enorme fondo nero e dal loro tribunale segreto. Se voi o vostro figlio venite gravemente danneggiati dai vaccini, non potete citare il produttore del vaccino. Dovrete portare il caso all’Office of Special Masters della U.S. Court of Federal Claims, comunemente definito il segretissimo “Tribunale dei vaccini”. Questo “tribunale” corrotto gestisce un programma di risarcimento senza colpa (sì, avete letto bene), che funziona come tribunale alternativo ai vostri diritti costituzionali. Fu creato fin dal 1986, dopo che le aziende farmaceutiche persero enormi profitti in cause legali di alto profilo dovute a vaccini che avevano causato gravi danni a un certo numero di bambini, i quali ebbero convulsioni e danno cerebrale in seguito al vaccino Dtp (difterite-tetano-pertosse, ndt). Prima ancora di valutare se ingoiare o iniettarvi un’altra volta tossine chimiche chiamate “medicina”, andate almeno da un medico naturopata e scoprite se il vostro problema di salute ha una base alimentare, perché è molto probabile che sia così.
(S.D.Welss, “Gli 8 farmaci più pericolosi del pianeta: ne state prendendo qualcuno?”, da “Naturalnews” del 30 giugno 2016, tradotto da Emanuela Lorenzi per “Come Don Chisciotte”).
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Re: DI TUTTO E DI PIU'
Panama Papers, l'Africa saccheggiata dalle offshore dei potenti
La nuova inchiesta giornalistica internazionale svela 1.400 società anonime utilizzate per spogliare le risorse naturali del continente nero. Petrolio, gas, oro, diamanti: ecco come i soldi sottratti alle popolazioni in miseria finiscono nei paradisi fiscali. Tra corruzioni, guerre, colpi di stato e riciclaggio di denaro sporco
DI PAOLO BIONDANI, MAURO MUNAFÒ, MARCO PRATELLESI E LEO SISTI
25 luglio 2016
Ecco i nuovi Panama Papers: l'Africa saccheggiata dalle offshore dei potenti. Tre mesi dopo aver svelato migliaia di società anonime utilizzate dai ricchi del mondo per spostare profitti e patrimoni nei paradisi fiscali a tassazione bassissima o nulla, una nuova inchiesta internazionale dei giornalisti associati al consorzio Icij mette a nudo gli affari segreti di politici, militari, dirigenti statali, manager e imprenditori che si spartiscono le enormi risorse naturali del Continente nero.
Attraverso l'analisi dei documenti riservati dell'archivio di Mossack Fonseca, lo studio legale con base a Panama specializzato nella creazione di anonime società-schermo per migliaia di clienti di tutto il pianeta, i giornalisti aderenti all'International Consortium of Investigative Journalists, di cui fa parte l'Espresso in esclusiva per l'Italia, hanno identificato oltre 1.400 offshore collegate direttamente alle ricchezze dell'Africa.
Lo studio Mossack Fonseca ha lavorato per tre ex ministri nigeriani del petrolio, che hanno usato le società offshore per comprare imbarcazioni e ville a Londra. Secondo Oxfam, il 12 per cento del Pil del Paese viene perduto in flussi finanziari illeciti
Sono società che permettono ai titolari di sfruttare materie prime e risorse naturali in ben 44 dei 54 Stati africani: soprattutto petrolio, gas, oro, diamanti e altri metalli preziosi. Attraverso le offshore, i profitti vengono sottratti alle popolazioni locali e dirottati in lontani paradisi fiscali come British Virgin Islands, Seychelles o Dubai. Il regime legale di segretezza che caratterizza queste società- cassaforte aveva finora garantito il più assoluto anonimato ai ricchissimi proprietari delle 1.400 offshore, utilizzate anche per nascondere l'identità dei protagonisti di colossali casi di corruzione e riciclaggi di denaro sporco. Alcuni di questi affari africani sono al centro anche di indagini giudiziarie avviate dalle autorità africane o da magistrati di altri Paesi come Stati Uniti, Svizzera, Gran Bretagna e Italia.
PanamAfrica è il nome in codice di questa nuova inchiesta giornalistica, che parte sempre dall'archivio delle società registrate fino al 2015 dallo studio Mossack Fonseca: oltre 120 mila offshore costituite dai professionisti di Panama ma collocate anche in molti altri paradisi fiscali. Dopo gli articoli pubblicati nel maggio e aprile scorsi sulle società-cassaforte utilizzate per finalità di evasione o elusione fiscale, PanamAfrica ora spiega come le offshore vengono utilizzate per spogliare il Continente nero delle sue ricchissime risorse, mentre milioni di uomini, donne e bambini africani sono costretti a vivere in condizioni disumane, tra fame, miseria, disastri ambientali, terrorismo e guerre spesso collegate a inconfessabili moventi economici.
Gli articoli pubblicati a partire da oggi sul sito de l'Espresso documentano i primi risultati di questa nuova inchiesta giornalistica internazionale. Ci sono le offshore segrete dei faccendieri che hanno ottenuto da ministri corrotti le licenze per sfruttare i giacimenti di gas e petrolio in Algeria o le miniere della Repubblica Democratica del Congo. C'è l a storia del playboy, amico di molte stelle del cinema e della musica, che è diventato miliardario con il petrolio in Nigeria , dove ora è sotto accusa per una rovinosa bancarotta da 1.800 milioni di dollari. Ci sono i retroscena economici dei grandi safari : ogni anno milioni di turisti visitano le savane nella convinzione di beneficiare la popolazione locale, mentre i profitti vengono in realtà dirottati all'estero in anonimi forzieri offshore. E c'è la vera storia dei diamanti insanguinati della Sierra Leone .
All'inchiesta PanamAfrica hanno partecipato oltre quaranta giornalisti di testate europee e africane appartenenti a venti nazioni diverse.
Tag
PANAMAPAPERS AFRICA CORRUZIONE TANGENTI
© Riproduzione riservata 25 luglio 2016
Quando leggi queste notizie e vedi migliaia di africani fuggire o morire per allontanarsi dai propri paesi natii ti chiedi se sia possibile permettere che ciò continui nell'indifferenza degli stati democratici più potenti del mondo ( compresa la Cina ).
E allora se esiste l'ONU smascheriamo i finti democratici e cerchiamo di intervenire fin che siamo in tempo.
vedi anche
espresso.repubblica.it/internazionale/2016/07/24/news/panama-papers-petrolio-oro-e-diamanti-cosi-gli-affari-offshore-impoveriscono-l-africa-1.278385
La nuova inchiesta giornalistica internazionale svela 1.400 società anonime utilizzate per spogliare le risorse naturali del continente nero. Petrolio, gas, oro, diamanti: ecco come i soldi sottratti alle popolazioni in miseria finiscono nei paradisi fiscali. Tra corruzioni, guerre, colpi di stato e riciclaggio di denaro sporco
DI PAOLO BIONDANI, MAURO MUNAFÒ, MARCO PRATELLESI E LEO SISTI
25 luglio 2016
Ecco i nuovi Panama Papers: l'Africa saccheggiata dalle offshore dei potenti. Tre mesi dopo aver svelato migliaia di società anonime utilizzate dai ricchi del mondo per spostare profitti e patrimoni nei paradisi fiscali a tassazione bassissima o nulla, una nuova inchiesta internazionale dei giornalisti associati al consorzio Icij mette a nudo gli affari segreti di politici, militari, dirigenti statali, manager e imprenditori che si spartiscono le enormi risorse naturali del Continente nero.
Attraverso l'analisi dei documenti riservati dell'archivio di Mossack Fonseca, lo studio legale con base a Panama specializzato nella creazione di anonime società-schermo per migliaia di clienti di tutto il pianeta, i giornalisti aderenti all'International Consortium of Investigative Journalists, di cui fa parte l'Espresso in esclusiva per l'Italia, hanno identificato oltre 1.400 offshore collegate direttamente alle ricchezze dell'Africa.
Lo studio Mossack Fonseca ha lavorato per tre ex ministri nigeriani del petrolio, che hanno usato le società offshore per comprare imbarcazioni e ville a Londra. Secondo Oxfam, il 12 per cento del Pil del Paese viene perduto in flussi finanziari illeciti
Sono società che permettono ai titolari di sfruttare materie prime e risorse naturali in ben 44 dei 54 Stati africani: soprattutto petrolio, gas, oro, diamanti e altri metalli preziosi. Attraverso le offshore, i profitti vengono sottratti alle popolazioni locali e dirottati in lontani paradisi fiscali come British Virgin Islands, Seychelles o Dubai. Il regime legale di segretezza che caratterizza queste società- cassaforte aveva finora garantito il più assoluto anonimato ai ricchissimi proprietari delle 1.400 offshore, utilizzate anche per nascondere l'identità dei protagonisti di colossali casi di corruzione e riciclaggi di denaro sporco. Alcuni di questi affari africani sono al centro anche di indagini giudiziarie avviate dalle autorità africane o da magistrati di altri Paesi come Stati Uniti, Svizzera, Gran Bretagna e Italia.
PanamAfrica è il nome in codice di questa nuova inchiesta giornalistica, che parte sempre dall'archivio delle società registrate fino al 2015 dallo studio Mossack Fonseca: oltre 120 mila offshore costituite dai professionisti di Panama ma collocate anche in molti altri paradisi fiscali. Dopo gli articoli pubblicati nel maggio e aprile scorsi sulle società-cassaforte utilizzate per finalità di evasione o elusione fiscale, PanamAfrica ora spiega come le offshore vengono utilizzate per spogliare il Continente nero delle sue ricchissime risorse, mentre milioni di uomini, donne e bambini africani sono costretti a vivere in condizioni disumane, tra fame, miseria, disastri ambientali, terrorismo e guerre spesso collegate a inconfessabili moventi economici.
Gli articoli pubblicati a partire da oggi sul sito de l'Espresso documentano i primi risultati di questa nuova inchiesta giornalistica internazionale. Ci sono le offshore segrete dei faccendieri che hanno ottenuto da ministri corrotti le licenze per sfruttare i giacimenti di gas e petrolio in Algeria o le miniere della Repubblica Democratica del Congo. C'è l a storia del playboy, amico di molte stelle del cinema e della musica, che è diventato miliardario con il petrolio in Nigeria , dove ora è sotto accusa per una rovinosa bancarotta da 1.800 milioni di dollari. Ci sono i retroscena economici dei grandi safari : ogni anno milioni di turisti visitano le savane nella convinzione di beneficiare la popolazione locale, mentre i profitti vengono in realtà dirottati all'estero in anonimi forzieri offshore. E c'è la vera storia dei diamanti insanguinati della Sierra Leone .
All'inchiesta PanamAfrica hanno partecipato oltre quaranta giornalisti di testate europee e africane appartenenti a venti nazioni diverse.
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Quando leggi queste notizie e vedi migliaia di africani fuggire o morire per allontanarsi dai propri paesi natii ti chiedi se sia possibile permettere che ciò continui nell'indifferenza degli stati democratici più potenti del mondo ( compresa la Cina ).
E allora se esiste l'ONU smascheriamo i finti democratici e cerchiamo di intervenire fin che siamo in tempo.
vedi anche
espresso.repubblica.it/internazionale/2016/07/24/news/panama-papers-petrolio-oro-e-diamanti-cosi-gli-affari-offshore-impoveriscono-l-africa-1.278385
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Re: DI TUTTO E DI PIU'
LIBRE news
Api a rischio estinzione, un insetticida ne uccide lo sperma
Scritto il 01/8/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
La natura sabotata dal “genocidio delle api”, in derastico calo negli ultimi decenni e in particolare negli ultimi anni. Ora si scopre che la colpa è anche di un potente insetticida recentemente introdotto, che disabiliterebbe le facoltà riproduttive degli insetti che presiedono largamente alla funzione strategica dell’impollinazione. Secondo una nuova ricerca, uno degli insetticidi più diffusi ha come effetto collaterale di uccidere una percentuale significativa dello sperma delle api, offrendo così una possibile spiegazione per la drastica diminuzione nella popolazione mondiale di api, scrive “Rt” in un post tradotto da Massimo Mazzucco su “Luogo Comune”. Un gruppo di scienziati svizzeri ha indagato su come una categoria di insetticidi neuro-attivi, chiamati “neonicotinoidi”, possa danneggiare le api. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati sul “Royal Society B’s journal Proceedings”. L’esperimento ha mostrato che i maschi delle api che consumavano polline trattato con neonicotinoidi producevano il 39% in meno di sperma di quelli che non erano stati esposti alle stesse sostanze.Secondo la ricerca, «il diffuso utilizzo profilattico dei neonicotinoidi potrebbe avere sottovalutato effetti contraccettivi sugli insetti, limitandone la capacità di conservazione». I ricercatori dell’università di Berna hanno commentato che «le funzioni riproduttive non sono state pienamente interrotte, ma è diventato chiaramente più difficile per le api regina concepire, accoppiandosi con maschi che hanno perso parte della loro forza virile». Al di là degli effetti negativi sullo sperma, prosegue “Russia Today”, anche la durata vitale delle api che sono state in contatto con l’insetticida si è ridotta da 22 a 15 giorni. Questo problema è stato attribuito al malfunzionamento del sistema immunitario. «Studi recenti – prosegue il report scientifico elvetico – hanno rivelato che i composti agrochimici sono in grado di invalidare la funzione immunitaria. È quindi possibile che i maschi esposti al neonicotinoidi abbiano visto ridurre le proprie capacità di detossificazione, riducendo così la durata della loro vita».Le colonie di insetti da pollinazione si stanno depopolando in Europa e Nord America, in un processo chiamato “sindrome dello spopolamento degli alveari”, nel quale la maggioranza delle api operaie abbandonano la regina e le altre api immature, nonostante ci sia per loro una grande abbondanza di cibo di cui nutrirsi, conclude il post di “Rt” tradotto da Mazzucco. «Questo disordine ha portato a significative perdite economiche, dal momento in cui le api ed altri insetti sono responsabili per la pollinazione di tre quarti delle coltivazioni mondiali». Traduzione economica piuttosto immediata, che rende l’idea delle dimensioni anche numeriche del problema: «Nel 2013 i contadini che devono affittare le api per l’impollinazione hanno dovuto affrontare un aumento di costi del 20% circa, dovuto alla scarsità di api».
Api a rischio estinzione, un insetticida ne uccide lo sperma
Scritto il 01/8/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
La natura sabotata dal “genocidio delle api”, in derastico calo negli ultimi decenni e in particolare negli ultimi anni. Ora si scopre che la colpa è anche di un potente insetticida recentemente introdotto, che disabiliterebbe le facoltà riproduttive degli insetti che presiedono largamente alla funzione strategica dell’impollinazione. Secondo una nuova ricerca, uno degli insetticidi più diffusi ha come effetto collaterale di uccidere una percentuale significativa dello sperma delle api, offrendo così una possibile spiegazione per la drastica diminuzione nella popolazione mondiale di api, scrive “Rt” in un post tradotto da Massimo Mazzucco su “Luogo Comune”. Un gruppo di scienziati svizzeri ha indagato su come una categoria di insetticidi neuro-attivi, chiamati “neonicotinoidi”, possa danneggiare le api. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati sul “Royal Society B’s journal Proceedings”. L’esperimento ha mostrato che i maschi delle api che consumavano polline trattato con neonicotinoidi producevano il 39% in meno di sperma di quelli che non erano stati esposti alle stesse sostanze.Secondo la ricerca, «il diffuso utilizzo profilattico dei neonicotinoidi potrebbe avere sottovalutato effetti contraccettivi sugli insetti, limitandone la capacità di conservazione». I ricercatori dell’università di Berna hanno commentato che «le funzioni riproduttive non sono state pienamente interrotte, ma è diventato chiaramente più difficile per le api regina concepire, accoppiandosi con maschi che hanno perso parte della loro forza virile». Al di là degli effetti negativi sullo sperma, prosegue “Russia Today”, anche la durata vitale delle api che sono state in contatto con l’insetticida si è ridotta da 22 a 15 giorni. Questo problema è stato attribuito al malfunzionamento del sistema immunitario. «Studi recenti – prosegue il report scientifico elvetico – hanno rivelato che i composti agrochimici sono in grado di invalidare la funzione immunitaria. È quindi possibile che i maschi esposti al neonicotinoidi abbiano visto ridurre le proprie capacità di detossificazione, riducendo così la durata della loro vita».Le colonie di insetti da pollinazione si stanno depopolando in Europa e Nord America, in un processo chiamato “sindrome dello spopolamento degli alveari”, nel quale la maggioranza delle api operaie abbandonano la regina e le altre api immature, nonostante ci sia per loro una grande abbondanza di cibo di cui nutrirsi, conclude il post di “Rt” tradotto da Mazzucco. «Questo disordine ha portato a significative perdite economiche, dal momento in cui le api ed altri insetti sono responsabili per la pollinazione di tre quarti delle coltivazioni mondiali». Traduzione economica piuttosto immediata, che rende l’idea delle dimensioni anche numeriche del problema: «Nel 2013 i contadini che devono affittare le api per l’impollinazione hanno dovuto affrontare un aumento di costi del 20% circa, dovuto alla scarsità di api».
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Re: DI TUTTO E DI PIU'
Corriere 31.8.16
I cento anni di Kirk Douglas: sogno come Don Chisciotte
«Ero nemico dei maccartisti, oggi lotto contro ogni razzismo»
intervista di Giovanna Grassi
Los Angeles. «Spartacus» ha quasi cent’anni, li compirà il 9 dicembre e oggi è fiero soprattutto dei libri che scrive. Nulla ha sconfitto Kirk Douglas, l’interprete maschile premiato dall’Oscar (alla carriera, 1996) più anziano e ancora vivente e che la Ucla (l’Università di Los Angeles) celebra con la retrospettiva Kirk: A Centennial Celebration all’Hammer Museum’s Billy Wilder Theater.
Kirk non si arrende, con la moglie Anne Buydens, sposata nel 1954, è attivissimo in campo filantropico, va a Downtown portando da mangiare a chi ne ha bisogno ed è felice se qualcuno gli dice di aver letto i suoi romanzi, le sue memorie, le sue confessioni in My Strock of Luck in cui, con note di umorismo, racconta i malanni che ha subito e, da ultimo, un piccolo libro che gli è particolarmente caro.
Che cosa scrive in «Life Could Be Verse» ?
«Narro l’amore che ho ricevuto e che ho dato. Gli attori sono come bambini, rifiutano di crescere, giocano a fare i soldati, i cowboy, i navigatori. Possono diventare ricchi, conquistare la fama, ma nulla li rende felici sino a che, davvero, non arrivano a conoscere chi sono nella loro più autentica essenza».
I giovani affollano la sala dove si proiettano film memorabili da «Il grande campione» (1949) a «Chimere» del 1950 interpretati prima della sua dura presa di posizione contro la caccia ai comunisti negli anni del maccartismo...
«In tutti quei momenti cupi io ho puntato un pollice verso contro ogni ingiustizia, discriminazione, emarginazione. Oggi lotto sempre contro la parola razzismo. Sono subito andato a vedere L’ultima parola — La vera storia di Dalton Trumbo, con Brian Cranston e gli ho detto che ero dispiaciuto di una cosa sola. Non essere stato chiamato a interpretare me stesso in una sequenza».
Che cosa l’ha sempre aiutata nei momenti difficili?
«Nella mia lunga vita non ho perso l’umorismo. Quando la salute mi ha reso difficile il parlare... (cosa può fare un attore quando gli viene tolta la voce?) ho proposto a tutti i miei amici produttori un ritorno al cinema muto».
Lei è molto legato a suo figlio Michael...
«Il mio libro ultimo di poesie e racconti è dedicato anche ai nipoti che mi ha dato. L’ho perdonato con una risata quando mi disse che ero troppo vecchio per il film che stava producendo, Qualcuno volò sul nido del cuculo , e diede la parte al bravissimo Jack Nicholson».
Lei ama ancora andare al cinema. Che cosa vuole dire ai giovani?
«A quelli che mi vengono a trovare per qualche tesi su Hollywood dico di non pensare mai al box office e ricordo loro che i film definiti non commerciali dai mogul del mio tempo, sono entrati nella storia del cinema».
Ha nostalgia dei tempi d’oro di Hollywood?
«Nostalgia è una parola che rifuggo. Mi mancano tanti colleghi, se ne sono andati tutti, da ultima la mia amica Nancy Reagan. Penso a Burt Lancaster e a Tony Curtis in I vichinghi . Certo, i western mi stimolavano ma sono legato, in fondo, a tutti i miei film e mi sono sempre piaciute le commedie musicali».
Ha sempre amato la musica?
«Sì e i grandi direttori d’orchestra e musicisti sono le persone che, a volte, ho invidiato perché entravano nel mistero della musica. È stato un onore conoscere Zubin Mehta, cito un solo nome, potrei dirne tanti altri. Altro che il palcoscenico, i grandi musicisti e direttori d’orchestra hanno un podio ».
Forse, tra i suoi film, ce n’è uno speciale?
«Penso a Il compromesso di Elia Kazan, grandissimo regista alla pari di Stanley Kubrick e Vincent Minnelli. C’erano Faye Dunaway, che a Los Angeles spesso ancora sento, e Deborah Kerr. Elia aveva tratto il film dal suo romanzo The Arrangement . C’era un uomo in quel romanzo, io cercai di riportarlo in tutta la sua complessità, nei suoi sogni ed errori, nel suo percorso sentimentale e intellettuale. C’era l’America intorno a lui, a noi, con i suoi sogni e i suoi incubi. Io credo a un’America democratica, forte, coraggiosa».
Ha scritto in passato una lettera aperta agli uomini che aspirano a diventare presidenti degli Stati Uniti.Vuole riassumere il concetto più importante?
«Ho ricordato i tempi del Ku Klux Khan, il fatto che il nostro presidente Obama, eletto due volte abita in una casa che era stata costruita dagli schiavi. Non possiamo cancellare errori gravissimi, ma dobbiamo per gli Usa e per il mondo sempre bandire ogni forma di discriminazione. Papa Francesco, ad esempio, lo dico da ebreo che lo ammira, è una grande persona valida per tutte le religioni» .
Lei è una leggenda, ma ama dialogare con tutti sui social media…
«No, non mi sento mai una leggenda e continuo a guardare avanti, non indietro. I social media sono utili. Per comunicare cose di cui siamo orgogliosi, per ridere dei falsi necrologi che ci danno per morti prima che il nostro tempo sia finito. O per pubblicare anche belle notizie in tempi in cui tutti privilegiano quelle più cupe... Resto un sognatore, un po’ come Don Chisciotte».
I cento anni di Kirk Douglas: sogno come Don Chisciotte
«Ero nemico dei maccartisti, oggi lotto contro ogni razzismo»
intervista di Giovanna Grassi
Los Angeles. «Spartacus» ha quasi cent’anni, li compirà il 9 dicembre e oggi è fiero soprattutto dei libri che scrive. Nulla ha sconfitto Kirk Douglas, l’interprete maschile premiato dall’Oscar (alla carriera, 1996) più anziano e ancora vivente e che la Ucla (l’Università di Los Angeles) celebra con la retrospettiva Kirk: A Centennial Celebration all’Hammer Museum’s Billy Wilder Theater.
Kirk non si arrende, con la moglie Anne Buydens, sposata nel 1954, è attivissimo in campo filantropico, va a Downtown portando da mangiare a chi ne ha bisogno ed è felice se qualcuno gli dice di aver letto i suoi romanzi, le sue memorie, le sue confessioni in My Strock of Luck in cui, con note di umorismo, racconta i malanni che ha subito e, da ultimo, un piccolo libro che gli è particolarmente caro.
Che cosa scrive in «Life Could Be Verse» ?
«Narro l’amore che ho ricevuto e che ho dato. Gli attori sono come bambini, rifiutano di crescere, giocano a fare i soldati, i cowboy, i navigatori. Possono diventare ricchi, conquistare la fama, ma nulla li rende felici sino a che, davvero, non arrivano a conoscere chi sono nella loro più autentica essenza».
I giovani affollano la sala dove si proiettano film memorabili da «Il grande campione» (1949) a «Chimere» del 1950 interpretati prima della sua dura presa di posizione contro la caccia ai comunisti negli anni del maccartismo...
«In tutti quei momenti cupi io ho puntato un pollice verso contro ogni ingiustizia, discriminazione, emarginazione. Oggi lotto sempre contro la parola razzismo. Sono subito andato a vedere L’ultima parola — La vera storia di Dalton Trumbo, con Brian Cranston e gli ho detto che ero dispiaciuto di una cosa sola. Non essere stato chiamato a interpretare me stesso in una sequenza».
Che cosa l’ha sempre aiutata nei momenti difficili?
«Nella mia lunga vita non ho perso l’umorismo. Quando la salute mi ha reso difficile il parlare... (cosa può fare un attore quando gli viene tolta la voce?) ho proposto a tutti i miei amici produttori un ritorno al cinema muto».
Lei è molto legato a suo figlio Michael...
«Il mio libro ultimo di poesie e racconti è dedicato anche ai nipoti che mi ha dato. L’ho perdonato con una risata quando mi disse che ero troppo vecchio per il film che stava producendo, Qualcuno volò sul nido del cuculo , e diede la parte al bravissimo Jack Nicholson».
Lei ama ancora andare al cinema. Che cosa vuole dire ai giovani?
«A quelli che mi vengono a trovare per qualche tesi su Hollywood dico di non pensare mai al box office e ricordo loro che i film definiti non commerciali dai mogul del mio tempo, sono entrati nella storia del cinema».
Ha nostalgia dei tempi d’oro di Hollywood?
«Nostalgia è una parola che rifuggo. Mi mancano tanti colleghi, se ne sono andati tutti, da ultima la mia amica Nancy Reagan. Penso a Burt Lancaster e a Tony Curtis in I vichinghi . Certo, i western mi stimolavano ma sono legato, in fondo, a tutti i miei film e mi sono sempre piaciute le commedie musicali».
Ha sempre amato la musica?
«Sì e i grandi direttori d’orchestra e musicisti sono le persone che, a volte, ho invidiato perché entravano nel mistero della musica. È stato un onore conoscere Zubin Mehta, cito un solo nome, potrei dirne tanti altri. Altro che il palcoscenico, i grandi musicisti e direttori d’orchestra hanno un podio ».
Forse, tra i suoi film, ce n’è uno speciale?
«Penso a Il compromesso di Elia Kazan, grandissimo regista alla pari di Stanley Kubrick e Vincent Minnelli. C’erano Faye Dunaway, che a Los Angeles spesso ancora sento, e Deborah Kerr. Elia aveva tratto il film dal suo romanzo The Arrangement . C’era un uomo in quel romanzo, io cercai di riportarlo in tutta la sua complessità, nei suoi sogni ed errori, nel suo percorso sentimentale e intellettuale. C’era l’America intorno a lui, a noi, con i suoi sogni e i suoi incubi. Io credo a un’America democratica, forte, coraggiosa».
Ha scritto in passato una lettera aperta agli uomini che aspirano a diventare presidenti degli Stati Uniti.Vuole riassumere il concetto più importante?
«Ho ricordato i tempi del Ku Klux Khan, il fatto che il nostro presidente Obama, eletto due volte abita in una casa che era stata costruita dagli schiavi. Non possiamo cancellare errori gravissimi, ma dobbiamo per gli Usa e per il mondo sempre bandire ogni forma di discriminazione. Papa Francesco, ad esempio, lo dico da ebreo che lo ammira, è una grande persona valida per tutte le religioni» .
Lei è una leggenda, ma ama dialogare con tutti sui social media…
«No, non mi sento mai una leggenda e continuo a guardare avanti, non indietro. I social media sono utili. Per comunicare cose di cui siamo orgogliosi, per ridere dei falsi necrologi che ci danno per morti prima che il nostro tempo sia finito. O per pubblicare anche belle notizie in tempi in cui tutti privilegiano quelle più cupe... Resto un sognatore, un po’ come Don Chisciotte».
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Re: DI TUTTO E DI PIU'
Repubblica 10.9.16
Quanto ci fa paura l’atomica di Kim
di Vittorio Zucconi
CON l’onda sismica di magnitudo 5.3 causata dall’esplosione sotterranea di una bomba atomica da 10 kilotoni, il piccolo principe pazzo Kim Jong-un ha commemorato il quindicesimo anniversario dell’11 settembre e aggiunto un altro ingrediente micidiale alla miscela esplosiva dell’incertezza globale.
Mattone dopo mattone, l’edificio che per mezzo secolo aveva rinchiuso i continenti in stanze separate ma contigue e impedito che terremoti locali divenissero tsunami apocalittici sta franando.
Se si alza lo sguardo dai problemi immediati e vicini e si osserva il panorama che il mondo presenta tre lustri dopo quel settembre, si vedono chiaramente le rovine di quello che le generazioni uscite dalla Seconda Guerra Mondiale avevano costruito.
Non sempre idealisticamente, ma sempre con un obiettivo pragmatico e ossessivo: la stabilità.
Nuovi attori, nuove forze, nuovi protagonisti hanno fatto irruzione nel campo che due superpotenze opposte ma complementari come Usa e Urss avevano controllato e dominato.
Ciascuno nei propri emisferi o continenti, giocando e scambiandosi pedine subalterne sugli scacchieri periferici in Africa, in Asia, in America Latina e Centrale, “aquile” e “orsi” non avevano mai sostanzialmente violato la legge della stabilità e del suo fondamentale corollario: la prevedibilità delle azioni altrui.
Colui che provò a sgarrare, il Kruscev dei missili a Cuba, fu prontamente rimosso.
Quando gli imperi si muovevano per riportare sotto il proprio tetto gli indisciplinati inquilini, l’altro condomino guardava e non interveniva.
Washington non mosse dito per fermare l’invasione dei ”Paesi Fratelli”, come Mosca di fronte al rovesciamento del compagno Allende o alle ripetute disfatte degli alleati arabi nelle guerre con Israele, armato e puntellato dal garante americano.
Anche in Vietnam, il Cremlino si limitò a dare agli Usa abbastanza corda per impiccarsi da soli.
Fu nel Natale del 1979, dall’insensata e disastrosa invasione sovietica dell’Afghanistan, che la scacchiera fissa del Grande Gioco cominciò a essere ribaltata.
Ne sprizzò l’acqua tossica dell’islamismo militare dei mujaheddin finanziati e armati dalla Cia, divenuti poi il nucleo di Al Qaeda e la centrale strategica dei due attacchi alle Torri Gemelle, fallito un primo e mostruosamente riuscito il secondo.
Dunque, l’orrore dell’11 settembre non segnò un “Cambio della Storia”, come si disse di fronte all’enormità dell’offesa e alla scomposta, insensata risposta dell’Amministrazione Bush.
Segnalò che la Storia era cambiata.
E noi non avevamo voluto vederlo.
Quindici anni dopo, vediamo benissimo un’Unione Europea che nel XXI secolo avrebbe dovuto consolidare l’unificazione politica e finanziaria attorno al nucleo dell’euro, stravolta dall’iniquità sociale crescente, spezzata da forze centrifughe interne e scossa alla radice dalla immensa spallata delle migrazioni di massa che producono il terrore dell’incertezza, del quanti, e per quanto, siano le legioni macilente dei poveri della Terra che accorrono.
Nessuno sa davvero che cosa voglia e fino a dove voglia spingersi il nuovo Zar di tutte le Russie tornato all’antica vocazione della marcia verso l’Ovest, quel Putin che sta cercando una formula per giustificare la propria rielezione nel 2018.
Nazioni appena sfuggite ai fili spinati del Socialismo Reale alzano tristemente e per disperazione muri e fili spinati.
Si destabilizza l’America a sud della frontiera Usa, nel Messico in balia dei narcos, nel Venezuela alla deriva tragica della dittatura madurista sbriciolata da un’inflazione del 700 per cento all’anno, in quel Brasile che fino a ieri sembrava, con Russia, India e Cina, la sponda di quel sistema dei Paesi Bric, con ambizioni di soppiantare Stati Uniti ed Europa.
Sono emerse prepotenti le economie di India e Cina, ma né l’India, ancora gigante economico e nano politico, né la Cina, condannata alla crescita senza sosta e tentata dalla sfida aeronavale alle flotte americane nei mari vicini, offrono prospettive di certezze e di prevedibilità.
Su tutto, si stende l’arco sinistro di una proliferazione nucleare fuori controllo forse arginata in Iran, ma che ha nel Pakistan sempre sull’orlo del fondamentalismo religioso e del doppiogiochismo una potenza già realizzata.
E nello stato penitenziario nordcoreano ha il jolly deciso a sparigliare ogni tentativo di equilibrio e di razionalità, chiuso nella propria paranoia.
Non si tratta più di distribuire attestati di “buoni” e di “cattivi”, di “nostri” e di “loro”come nella vecchia partita del bipolarismo globale, che è finito, esattamente come sta finendo nelle democrazie occidentali il bipolarismo partitico.
Non c’è più, o è sempre più labile, quel muro ideale, un tempo reale, che ci rendeva più sicuri stando “al di qua”, come disse Enrico Berliguer.
Oggi noi, e ancor di più i nostri figli, siamo al di qua come al di là dei muri, a cavallo del tempo imbizzarrito, sentendoci profughi in casa nostra, stranieri in patria, orfani di vecchie certezze e figli di nuove paure.
In questo si annida il timore che in tanti suscita l’uomo che potrebbe assumere la guida dell’ultima democrazia ancora bipolare, gli Stati Uniti: Donald Trump.
Non è il suo essere di destra, o xenofobo, o bugiardo, o istrionico a spaventare.
È il suo essere imprevedibile e instabile in un mondo che ha disperatamene bisogno di prevedibilità e di stabilità.
Quanto ci fa paura l’atomica di Kim
di Vittorio Zucconi
CON l’onda sismica di magnitudo 5.3 causata dall’esplosione sotterranea di una bomba atomica da 10 kilotoni, il piccolo principe pazzo Kim Jong-un ha commemorato il quindicesimo anniversario dell’11 settembre e aggiunto un altro ingrediente micidiale alla miscela esplosiva dell’incertezza globale.
Mattone dopo mattone, l’edificio che per mezzo secolo aveva rinchiuso i continenti in stanze separate ma contigue e impedito che terremoti locali divenissero tsunami apocalittici sta franando.
Se si alza lo sguardo dai problemi immediati e vicini e si osserva il panorama che il mondo presenta tre lustri dopo quel settembre, si vedono chiaramente le rovine di quello che le generazioni uscite dalla Seconda Guerra Mondiale avevano costruito.
Non sempre idealisticamente, ma sempre con un obiettivo pragmatico e ossessivo: la stabilità.
Nuovi attori, nuove forze, nuovi protagonisti hanno fatto irruzione nel campo che due superpotenze opposte ma complementari come Usa e Urss avevano controllato e dominato.
Ciascuno nei propri emisferi o continenti, giocando e scambiandosi pedine subalterne sugli scacchieri periferici in Africa, in Asia, in America Latina e Centrale, “aquile” e “orsi” non avevano mai sostanzialmente violato la legge della stabilità e del suo fondamentale corollario: la prevedibilità delle azioni altrui.
Colui che provò a sgarrare, il Kruscev dei missili a Cuba, fu prontamente rimosso.
Quando gli imperi si muovevano per riportare sotto il proprio tetto gli indisciplinati inquilini, l’altro condomino guardava e non interveniva.
Washington non mosse dito per fermare l’invasione dei ”Paesi Fratelli”, come Mosca di fronte al rovesciamento del compagno Allende o alle ripetute disfatte degli alleati arabi nelle guerre con Israele, armato e puntellato dal garante americano.
Anche in Vietnam, il Cremlino si limitò a dare agli Usa abbastanza corda per impiccarsi da soli.
Fu nel Natale del 1979, dall’insensata e disastrosa invasione sovietica dell’Afghanistan, che la scacchiera fissa del Grande Gioco cominciò a essere ribaltata.
Ne sprizzò l’acqua tossica dell’islamismo militare dei mujaheddin finanziati e armati dalla Cia, divenuti poi il nucleo di Al Qaeda e la centrale strategica dei due attacchi alle Torri Gemelle, fallito un primo e mostruosamente riuscito il secondo.
Dunque, l’orrore dell’11 settembre non segnò un “Cambio della Storia”, come si disse di fronte all’enormità dell’offesa e alla scomposta, insensata risposta dell’Amministrazione Bush.
Segnalò che la Storia era cambiata.
E noi non avevamo voluto vederlo.
Quindici anni dopo, vediamo benissimo un’Unione Europea che nel XXI secolo avrebbe dovuto consolidare l’unificazione politica e finanziaria attorno al nucleo dell’euro, stravolta dall’iniquità sociale crescente, spezzata da forze centrifughe interne e scossa alla radice dalla immensa spallata delle migrazioni di massa che producono il terrore dell’incertezza, del quanti, e per quanto, siano le legioni macilente dei poveri della Terra che accorrono.
Nessuno sa davvero che cosa voglia e fino a dove voglia spingersi il nuovo Zar di tutte le Russie tornato all’antica vocazione della marcia verso l’Ovest, quel Putin che sta cercando una formula per giustificare la propria rielezione nel 2018.
Nazioni appena sfuggite ai fili spinati del Socialismo Reale alzano tristemente e per disperazione muri e fili spinati.
Si destabilizza l’America a sud della frontiera Usa, nel Messico in balia dei narcos, nel Venezuela alla deriva tragica della dittatura madurista sbriciolata da un’inflazione del 700 per cento all’anno, in quel Brasile che fino a ieri sembrava, con Russia, India e Cina, la sponda di quel sistema dei Paesi Bric, con ambizioni di soppiantare Stati Uniti ed Europa.
Sono emerse prepotenti le economie di India e Cina, ma né l’India, ancora gigante economico e nano politico, né la Cina, condannata alla crescita senza sosta e tentata dalla sfida aeronavale alle flotte americane nei mari vicini, offrono prospettive di certezze e di prevedibilità.
Su tutto, si stende l’arco sinistro di una proliferazione nucleare fuori controllo forse arginata in Iran, ma che ha nel Pakistan sempre sull’orlo del fondamentalismo religioso e del doppiogiochismo una potenza già realizzata.
E nello stato penitenziario nordcoreano ha il jolly deciso a sparigliare ogni tentativo di equilibrio e di razionalità, chiuso nella propria paranoia.
Non si tratta più di distribuire attestati di “buoni” e di “cattivi”, di “nostri” e di “loro”come nella vecchia partita del bipolarismo globale, che è finito, esattamente come sta finendo nelle democrazie occidentali il bipolarismo partitico.
Non c’è più, o è sempre più labile, quel muro ideale, un tempo reale, che ci rendeva più sicuri stando “al di qua”, come disse Enrico Berliguer.
Oggi noi, e ancor di più i nostri figli, siamo al di qua come al di là dei muri, a cavallo del tempo imbizzarrito, sentendoci profughi in casa nostra, stranieri in patria, orfani di vecchie certezze e figli di nuove paure.
In questo si annida il timore che in tanti suscita l’uomo che potrebbe assumere la guida dell’ultima democrazia ancora bipolare, gli Stati Uniti: Donald Trump.
Non è il suo essere di destra, o xenofobo, o bugiardo, o istrionico a spaventare.
È il suo essere imprevedibile e instabile in un mondo che ha disperatamene bisogno di prevedibilità e di stabilità.
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Re: DI TUTTO E DI PIU'
Il Sole 10.9.16
L’atomica di Kim
La follia del dittatore, l’ambiguità di Pechino
La Cina condanna il test ma appoggia il regime in chiave anti-Usa
di Ugo Tramballi
Per il tono enfatico e lo sguardo trionfante dell’annunciatrice della tv di stato, sembrava un divertente remake del Daily Show di Jon Stewart. Invece c’era poco da ridere: la settantatreenne Ri Chun-hee, l’inaffondabile annunciatrice di tre Kim (il fondatore Il-sung, il figlio Jong-il e il nipote Jong-un, attuale leader), spiegava al mondo che la lunga marcia nucleare della Corea del Nord è inarrestabile, nonostante le minacce e le sanzioni.
L’ultimo dei cinque test nucleari sotterranei in dieci anni è stato il più potente di tutti: equivalente a una decina di kilotoni. Di gran lunga inferiore ai 15 dell’energia emanata dalla bomba su Hiroshima e nulla rispetto alla capacità distruttiva degli arsenali di oggi. Ma con questo esperimento la Corea del Nord si avvicina sempre di più all’arma assoluta: la bomba capace di stare nella testata di un missile che abbia capacità balistiche. Cioè intercontinentali, cioè senza limiti di gittata: oltre la Corea del Sud, il Giappone, fino alle coste pacifiche degli Stati Uniti.
Questa follia non sarebbe possibile senza l’ambiguità della Cina e quelle che ritiene siano le sue prerogative strategiche. «Forte opposizione» al test nordcoreano, hanno di nuovo ripetuto ieri a Pechino, ed è indubbio che siano preoccupati anche loro. Ma lungo la frontiera tra i due Paesi i commerci non sono stati interrotti, nonostante la Cina avesse aderito alle precedenti sanzioni. E ancora la settimana scorsa al G20 Xi Jinping aveva ripetuto a Barack Obama la sua forte opposizione al nuovo sistema anti-missilistico installato dalla Corea del Sud. L’obiettivo del “Thaad” (Terminal High Altitude Area Defense) è soprattutto creare uno scudo che protegga dalle eventuali tentazioni del giovane Kim. Ma per la Cina è una minaccia alla capacità di deterrenza del suo arsenale nucleare.
Poiché nessuna potenza atomica pensa seriamente di utilizzare le sue testate, da decenni il gioco fra di loro è fondato sulla capacità teorica di distruzione che ognuno possiede: a dispetto dei trattati internazionali contro la proliferazione, un Paese che ha questa capacità conta più di chi non ce l’ha. È per questo che la vuole anche la Corea del Nord, nonostante sia alla fame. In questa logica qualsiasi cosa rappresenti una deterrenza alla capacità distruttiva di un arsenale nazionale – come uno scudo antimissile – è una minaccia quasi simile a un attacco nucleare vero.
La Cina dunque preferisce una Corea del Nord con la bomba, piuttosto che una Corea del Sud capace di vanificare la bomba cinese. Non solo. Se Pyongyang non fosse così militarmente minacciosa, ora anche col nucleare, ci sarebbero più opportunità per far cadere il regime e riunificare la penisola in una Corea democratica guidata da Seul. Un’altra ipotesi che la Cina non tollera: gli Stati Uniti, garanti della sicurezza coreana del Sud, non sarebbero più al 38° parallelo, ma alle frontiere cinesi. Già nel 1950 Mao entrò in guerra accanto a Kim Il-sung per impedire che gli americani raggiungessero le sue frontiere.
Le preoccupazioni geopolitiche di Xi Jinping sono molto simili a quelle di Vladimir Putin da quando la Polonia e le repubbliche baltiche sono membri della Nato e le esercitazioni dell’Alleanza atlantica si fanno a pochi chilometri dai confini russi. Tutto questo ha come fondamento la convinzione cinese di poter controllare il regime coreano del Nord, il giovane Kim e la sua casta militare: potrebbe essere il punto debole del pensiero strategico cinese.
L’atomica di Kim
La follia del dittatore, l’ambiguità di Pechino
La Cina condanna il test ma appoggia il regime in chiave anti-Usa
di Ugo Tramballi
Per il tono enfatico e lo sguardo trionfante dell’annunciatrice della tv di stato, sembrava un divertente remake del Daily Show di Jon Stewart. Invece c’era poco da ridere: la settantatreenne Ri Chun-hee, l’inaffondabile annunciatrice di tre Kim (il fondatore Il-sung, il figlio Jong-il e il nipote Jong-un, attuale leader), spiegava al mondo che la lunga marcia nucleare della Corea del Nord è inarrestabile, nonostante le minacce e le sanzioni.
L’ultimo dei cinque test nucleari sotterranei in dieci anni è stato il più potente di tutti: equivalente a una decina di kilotoni. Di gran lunga inferiore ai 15 dell’energia emanata dalla bomba su Hiroshima e nulla rispetto alla capacità distruttiva degli arsenali di oggi. Ma con questo esperimento la Corea del Nord si avvicina sempre di più all’arma assoluta: la bomba capace di stare nella testata di un missile che abbia capacità balistiche. Cioè intercontinentali, cioè senza limiti di gittata: oltre la Corea del Sud, il Giappone, fino alle coste pacifiche degli Stati Uniti.
Questa follia non sarebbe possibile senza l’ambiguità della Cina e quelle che ritiene siano le sue prerogative strategiche. «Forte opposizione» al test nordcoreano, hanno di nuovo ripetuto ieri a Pechino, ed è indubbio che siano preoccupati anche loro. Ma lungo la frontiera tra i due Paesi i commerci non sono stati interrotti, nonostante la Cina avesse aderito alle precedenti sanzioni. E ancora la settimana scorsa al G20 Xi Jinping aveva ripetuto a Barack Obama la sua forte opposizione al nuovo sistema anti-missilistico installato dalla Corea del Sud. L’obiettivo del “Thaad” (Terminal High Altitude Area Defense) è soprattutto creare uno scudo che protegga dalle eventuali tentazioni del giovane Kim. Ma per la Cina è una minaccia alla capacità di deterrenza del suo arsenale nucleare.
Poiché nessuna potenza atomica pensa seriamente di utilizzare le sue testate, da decenni il gioco fra di loro è fondato sulla capacità teorica di distruzione che ognuno possiede: a dispetto dei trattati internazionali contro la proliferazione, un Paese che ha questa capacità conta più di chi non ce l’ha. È per questo che la vuole anche la Corea del Nord, nonostante sia alla fame. In questa logica qualsiasi cosa rappresenti una deterrenza alla capacità distruttiva di un arsenale nazionale – come uno scudo antimissile – è una minaccia quasi simile a un attacco nucleare vero.
La Cina dunque preferisce una Corea del Nord con la bomba, piuttosto che una Corea del Sud capace di vanificare la bomba cinese. Non solo. Se Pyongyang non fosse così militarmente minacciosa, ora anche col nucleare, ci sarebbero più opportunità per far cadere il regime e riunificare la penisola in una Corea democratica guidata da Seul. Un’altra ipotesi che la Cina non tollera: gli Stati Uniti, garanti della sicurezza coreana del Sud, non sarebbero più al 38° parallelo, ma alle frontiere cinesi. Già nel 1950 Mao entrò in guerra accanto a Kim Il-sung per impedire che gli americani raggiungessero le sue frontiere.
Le preoccupazioni geopolitiche di Xi Jinping sono molto simili a quelle di Vladimir Putin da quando la Polonia e le repubbliche baltiche sono membri della Nato e le esercitazioni dell’Alleanza atlantica si fanno a pochi chilometri dai confini russi. Tutto questo ha come fondamento la convinzione cinese di poter controllare il regime coreano del Nord, il giovane Kim e la sua casta militare: potrebbe essere il punto debole del pensiero strategico cinese.
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Re: DI TUTTO E DI PIU'
Corriere 12.9.16
Dove sono andati socialisti e democristiani
risponde Sergio Romano
I socialisti esistono ancora nel nostro Paese? Bisogna riconoscere che gli esiti non brillanti delle esperienze dei socialisti nella vita sociale e politica non sono tutti dovuti alla malizia degli avversari. Credo che la causa di tanti insuccessi sia stata anzitutto la mancanza di una cultura delle regole. È questo il fattore che ha condannato molti uomini di questo partito e ne ha deciso la sorte nel 1993 insieme a quella della Democrazia cristiana. Non è certo motivo di orgoglio per molti che, dopo aver militato sotto l’emblema del garofano, con disinvoltura si sono piegati ad altre correnti e partiti e movimenti nuovi in Forza Italia, nel Ncd, nel Partito democratico, anziché unirsi in una sola aggregazione politica. Oggi, nel 2016, è lecito chiedersi se i socialisti esistano in Italia, se si identifichino nella sinistra, se abbiano gli stessi valori del passato, se difendano i nostri disoccupati, i giovani, i precari, i pensionati, i poveri, i lavoratori che perdono il posto di lavoro e non sanno come affrontare la vita. Se esistono perché non fanno sentire la loro voce? Perché non sono franchi e leali con chi per tanti anni ha creduto nei valori del socialismo? Perché a livello nazionale, ma anche nelle regioni e nei paesi non si riesce più a unire i socialisti in un unico partito? Forse gli ideali del socialismo sono eclissati e scomparsi nel nostro Paese?
Antonio Guarnieri
Caro Guarnieri
Un vecchio democristiano potrebbe esprimersi negli stessi termini. Anche la Dc ha fatto la stessa fine. Anche il partito di Don Sturzo, di De Gasperi e dei «cavalli di razza» della «Prima repubblica» si è sbriciolato. Anche i democristiani hanno trovato alloggio in case diverse.
Il risultato è un Paese alquanto differente dai suoi partner dell’Ue. Mentre il sistema politico delle maggiori democrazie europee ha funzionato per molti anni grazie alla collaborazione o all’alternanza di due forze politiche — i social democratici e i popolari — l’Italia è stata governata da partiti geneticamente nuovi e diversi. Forza Italia è stata generosamente accolta nella famiglia dei popolari europei per ragioni di convenienza politica, ma è un partito personale, troppo dipendente dal carisma e dagli interessi di un leader anomalo che è stato più incline a intrecciare relazioni con personaggi autoritari (Putin, Erdogan, Orban), piuttosto che con il cancelliere tedesco e altri leader popolari europei. Il Partito democratico è il risultato di un matrimonio, non sempre felice, fra la sinistra democristiana e una componente del Partito comunista. Non è social-democratico e molti dei suoi esponenti rifiuterebbero sprezzantemente una tale definizione.
Questa doppia anomalia ha privato l’Italia di quel rapporto fra cugini politici che è alla base del funzionamento del Parlamento europeo di Strasburgo. Naturalmente, caro Guarnieri, le analisi sono interessanti, ma le recriminazioni sul latte versato, come dicono gli inglesi, sono inutili. Questa è l’Italia uscita dai travagli di Tangentopoli e dalla stagione in cui qualche magistrato avrebbe voluto rovesciare il Paese come un calzino. Non ci resta che prenderne atto e cercare di migliorarla .
Dove sono andati socialisti e democristiani
risponde Sergio Romano
I socialisti esistono ancora nel nostro Paese? Bisogna riconoscere che gli esiti non brillanti delle esperienze dei socialisti nella vita sociale e politica non sono tutti dovuti alla malizia degli avversari. Credo che la causa di tanti insuccessi sia stata anzitutto la mancanza di una cultura delle regole. È questo il fattore che ha condannato molti uomini di questo partito e ne ha deciso la sorte nel 1993 insieme a quella della Democrazia cristiana. Non è certo motivo di orgoglio per molti che, dopo aver militato sotto l’emblema del garofano, con disinvoltura si sono piegati ad altre correnti e partiti e movimenti nuovi in Forza Italia, nel Ncd, nel Partito democratico, anziché unirsi in una sola aggregazione politica. Oggi, nel 2016, è lecito chiedersi se i socialisti esistano in Italia, se si identifichino nella sinistra, se abbiano gli stessi valori del passato, se difendano i nostri disoccupati, i giovani, i precari, i pensionati, i poveri, i lavoratori che perdono il posto di lavoro e non sanno come affrontare la vita. Se esistono perché non fanno sentire la loro voce? Perché non sono franchi e leali con chi per tanti anni ha creduto nei valori del socialismo? Perché a livello nazionale, ma anche nelle regioni e nei paesi non si riesce più a unire i socialisti in un unico partito? Forse gli ideali del socialismo sono eclissati e scomparsi nel nostro Paese?
Antonio Guarnieri
Caro Guarnieri
Un vecchio democristiano potrebbe esprimersi negli stessi termini. Anche la Dc ha fatto la stessa fine. Anche il partito di Don Sturzo, di De Gasperi e dei «cavalli di razza» della «Prima repubblica» si è sbriciolato. Anche i democristiani hanno trovato alloggio in case diverse.
Il risultato è un Paese alquanto differente dai suoi partner dell’Ue. Mentre il sistema politico delle maggiori democrazie europee ha funzionato per molti anni grazie alla collaborazione o all’alternanza di due forze politiche — i social democratici e i popolari — l’Italia è stata governata da partiti geneticamente nuovi e diversi. Forza Italia è stata generosamente accolta nella famiglia dei popolari europei per ragioni di convenienza politica, ma è un partito personale, troppo dipendente dal carisma e dagli interessi di un leader anomalo che è stato più incline a intrecciare relazioni con personaggi autoritari (Putin, Erdogan, Orban), piuttosto che con il cancelliere tedesco e altri leader popolari europei. Il Partito democratico è il risultato di un matrimonio, non sempre felice, fra la sinistra democristiana e una componente del Partito comunista. Non è social-democratico e molti dei suoi esponenti rifiuterebbero sprezzantemente una tale definizione.
Questa doppia anomalia ha privato l’Italia di quel rapporto fra cugini politici che è alla base del funzionamento del Parlamento europeo di Strasburgo. Naturalmente, caro Guarnieri, le analisi sono interessanti, ma le recriminazioni sul latte versato, come dicono gli inglesi, sono inutili. Questa è l’Italia uscita dai travagli di Tangentopoli e dalla stagione in cui qualche magistrato avrebbe voluto rovesciare il Paese come un calzino. Non ci resta che prenderne atto e cercare di migliorarla .
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Re: DI TUTTO E DI PIU'
13 SET 2016 12:44
IL MIO NOME E’ OMERTA’
- I GENITORI DELLA RAGAZZINA DI MELITO PORTO SALVO VIOLENTATA PER TRE ANNI DA OTTO GIOVANI DEL LUOGO SAPEVANO TUTTO MA HANNO TACIUTO: “SE AVESSIMO PARLATO AVREMMO DOVUTO LASCIARE IL PAESE”
- SONO PARENTI DI UNO DEGLI AGUZZINI, FIGLIO DI UN BOSS
http://www.dagospia.com/rubrica-29/cron ... 131930.htm
Carlo Macrì per il “Corriere della Sera”
Sapevano delle violenze sessuali subite dalla loro figlia all' epoca tredicenne, ma non hanno denunciato i violentatori. «Le rivelazioni dei fatti avrebbero provocato discredito della famiglia e forse saremmo dovuti andare ad abitare in un altro paese». Così si è giustificata la madre di Maddalena (nome di fantasia) quando l' avvocato della famiglia le ha consigliato di sporgere querela.
Nel descrivere la vicenda di Melito Porto Salvo, paese di diecimila anime sul versante ionico, a pochi chilometri da Reggio Calabria, il giudice delle indagini preliminari Barbara Bennato, che ha mandato in carcere otto ragazzi del luogo, tra cui un minorenne, con l' accusa di stupro, si è soffermata sull' isolamento patito dalla vittima.
Scrive il gip: «La ragazzina si era sentita sola, senza alcuna protezione e, pur sopraffatta dalla rabbia per l' abbandono dei genitori, si era trovata nelle condizioni di dover subire in silenzio un penoso rosario di violenze, atteggiamento paradossalmente impostole a protezione dell' incolumità degli stessi genitori, distratti e inadeguatamente interessati alla sua crescita evolutiva».
«Per vergogna», insomma, i genitori di Maddalena, hanno lasciato la loro figlia in balia dei suoi violentatori per tre anni. La coppia era sul punto di separarsi. Maddalena conosceva bene i suoi aguzzini: era imparentata addirittura con il «capo» del gruppo, quel Giovanni Iamonte, figlio di Remigio attualmente al 41 bis, considerato dagli inquirenti il boss dell' omonima famiglia di 'ndrangheta che gestisce le attività criminali a Melito Porto Salvo. Il padre della giovane infatti è cugino di Remigio, mentre la mamma ha lavorato alle dipendenze del boss per anni.
In questa storia la scuola ha avuto un ruolo determinante. È grazie a un tema svolto in classe dalla vittima, che frequentava il liceo delle Scienze umane e linguistiche a Reggio Calabria, che è stato possibile far emergere la storia di Maddalena. Con i carabinieri di Melito che hanno indagato la ragazzina ha ricostruito la sua vicenda iniziando proprio dal tema. Ecco cosa ha riferito: «(...) fino a che un giorno a scuola la mia professoressa d' italiano ci dà un tema dove dovevamo parlare del ruolo che avevano avuto i nostri genitori nella nostra vita (...). E io nonostante non abbia detto niente per proteggere anche loro ero arrabbiata con loro perché comunque loro non se ne sono mai accorti di niente (...). Come fai a non accorgertene che tua figlia sta attraversando un periodo difficile, una difficoltà... niente completamente».
I carabinieri allertati da telefonate anonime che parlavano di violenza sessuale su una minorenne del luogo, avevano fatto delle indagini riuscendo a individuare la ragazzina. Più volte avevano sentito in caserma i suoi genitori. Mai, però, era arrivata un' ammissione o la disponibilità di questi ultimi a denunciare. Anzi, i militari hanno registrato un «atteggiamento reticente e ondivago» della madre.
Un avvocato amico di famiglia era riuscito a fissare un appuntamento con il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Gaetano Calogero Paci per formalizzare la querela. La mamma di Maddalena si era detta disponibile poi, però, aveva fatto marcia indietro, «manifestando il suo disappunto per l' operato del legale».
E mentre la madre si rifiutava di denunciare i violentatori di sua figlia, il padre raccontava ai carabinieri particolari agghiaccianti sul comportamento della ragazzina, senza però voler mai denunciare quello che pure aveva visto. «Ho riscontrato sul corpo di mia figlia delle piccole cicatrici all' interno delle gambe e sui polsi; mia moglie mi ha riferito che sono dei tagli che si procurava a scopo autolesivo con dei coltelli e che pertanto è stata costretta a nascondere».
IL MIO NOME E’ OMERTA’
- I GENITORI DELLA RAGAZZINA DI MELITO PORTO SALVO VIOLENTATA PER TRE ANNI DA OTTO GIOVANI DEL LUOGO SAPEVANO TUTTO MA HANNO TACIUTO: “SE AVESSIMO PARLATO AVREMMO DOVUTO LASCIARE IL PAESE”
- SONO PARENTI DI UNO DEGLI AGUZZINI, FIGLIO DI UN BOSS
http://www.dagospia.com/rubrica-29/cron ... 131930.htm
Carlo Macrì per il “Corriere della Sera”
Sapevano delle violenze sessuali subite dalla loro figlia all' epoca tredicenne, ma non hanno denunciato i violentatori. «Le rivelazioni dei fatti avrebbero provocato discredito della famiglia e forse saremmo dovuti andare ad abitare in un altro paese». Così si è giustificata la madre di Maddalena (nome di fantasia) quando l' avvocato della famiglia le ha consigliato di sporgere querela.
Nel descrivere la vicenda di Melito Porto Salvo, paese di diecimila anime sul versante ionico, a pochi chilometri da Reggio Calabria, il giudice delle indagini preliminari Barbara Bennato, che ha mandato in carcere otto ragazzi del luogo, tra cui un minorenne, con l' accusa di stupro, si è soffermata sull' isolamento patito dalla vittima.
Scrive il gip: «La ragazzina si era sentita sola, senza alcuna protezione e, pur sopraffatta dalla rabbia per l' abbandono dei genitori, si era trovata nelle condizioni di dover subire in silenzio un penoso rosario di violenze, atteggiamento paradossalmente impostole a protezione dell' incolumità degli stessi genitori, distratti e inadeguatamente interessati alla sua crescita evolutiva».
«Per vergogna», insomma, i genitori di Maddalena, hanno lasciato la loro figlia in balia dei suoi violentatori per tre anni. La coppia era sul punto di separarsi. Maddalena conosceva bene i suoi aguzzini: era imparentata addirittura con il «capo» del gruppo, quel Giovanni Iamonte, figlio di Remigio attualmente al 41 bis, considerato dagli inquirenti il boss dell' omonima famiglia di 'ndrangheta che gestisce le attività criminali a Melito Porto Salvo. Il padre della giovane infatti è cugino di Remigio, mentre la mamma ha lavorato alle dipendenze del boss per anni.
In questa storia la scuola ha avuto un ruolo determinante. È grazie a un tema svolto in classe dalla vittima, che frequentava il liceo delle Scienze umane e linguistiche a Reggio Calabria, che è stato possibile far emergere la storia di Maddalena. Con i carabinieri di Melito che hanno indagato la ragazzina ha ricostruito la sua vicenda iniziando proprio dal tema. Ecco cosa ha riferito: «(...) fino a che un giorno a scuola la mia professoressa d' italiano ci dà un tema dove dovevamo parlare del ruolo che avevano avuto i nostri genitori nella nostra vita (...). E io nonostante non abbia detto niente per proteggere anche loro ero arrabbiata con loro perché comunque loro non se ne sono mai accorti di niente (...). Come fai a non accorgertene che tua figlia sta attraversando un periodo difficile, una difficoltà... niente completamente».
I carabinieri allertati da telefonate anonime che parlavano di violenza sessuale su una minorenne del luogo, avevano fatto delle indagini riuscendo a individuare la ragazzina. Più volte avevano sentito in caserma i suoi genitori. Mai, però, era arrivata un' ammissione o la disponibilità di questi ultimi a denunciare. Anzi, i militari hanno registrato un «atteggiamento reticente e ondivago» della madre.
Un avvocato amico di famiglia era riuscito a fissare un appuntamento con il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Gaetano Calogero Paci per formalizzare la querela. La mamma di Maddalena si era detta disponibile poi, però, aveva fatto marcia indietro, «manifestando il suo disappunto per l' operato del legale».
E mentre la madre si rifiutava di denunciare i violentatori di sua figlia, il padre raccontava ai carabinieri particolari agghiaccianti sul comportamento della ragazzina, senza però voler mai denunciare quello che pure aveva visto. «Ho riscontrato sul corpo di mia figlia delle piccole cicatrici all' interno delle gambe e sui polsi; mia moglie mi ha riferito che sono dei tagli che si procurava a scopo autolesivo con dei coltelli e che pertanto è stata costretta a nascondere».
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Re: DI TUTTO E DI PIU'
Domani, 29 settembre, Silvietto compie 80, voi cosa gli regalate?????
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