Renzi

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camillobenso
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Re: Renzi

Messaggio da camillobenso »

5 SET 2016 18:00
RENZI HA BUONE SPERANZE! (DI TORNARSENE PRESTO A CASA?)

- DA PALAZZO CHIGI SEGNALI DI OTTIMISMO SUL REFERENDUM: SARA’ PERCHE’ HANNO INTENZIONE DI RINVIARLO? SPUNTA LA DATA DEL 13 DICEMBRE

- SI VOTA DOPO LA STABILITA' MA IN PIENO AUMENTO DI CAPITALE DI MPS


- DALLA CONSULTA RACCONTANO DI UNA PROBABILE BOCCIATURA DELL’ITALICUM (E MATTEO EVITEREBBE IL BALLOTTAGGIO CON DI MAIO)




Dagonota

E se la data del referendum costituzionale finisse nel Calendario dell'Avvento? Il rischio c'è ed è meno fantasioso di quel che sembra. Ed a farlo capire è proprio il premier cazzone.

"Il referendum sulle riforme deve essere fissato a norma di legge entro il 13 ottobre, e a quel punto dal giorno in cui verrà fissato, decorrono tra i 50 e 70 giorni di tempo", ha detto Renzi in Cina.

I cinquanta giorni finiscono il 23 novembre; e la prima data utile potrebbe essere domenica 27 novembre. I 70 giorni, invece, finirebbero il 13 dicembre, Santa Lucia: in pieno calendario dell'Avvento. E la domenica utile potrebbe essere l'11 dicembre.


Se la consultazione slittasse fino a dicembre (ipotesi che MariaEtruria Boschi non ha escluso), Sergio Mattarella sarebbe contento. Per Santa Lucia, verosimilmente, la sessione di bilancio è agli sgoccioli; con la Legge di Stabilità sulla strada dell'approvazione definitiva (con voto di fiducia, ovviamente). In tal modo, verrebbero disinnescati i rischi di instabilità finanziaria conseguenti ad una vittoria del "no".


In compenso, il voto referendario arriverebbe proprio nel mezzo dell'aumento di capitale del Monte dei Paschi. Quanti investitori saranno pronti a sottoscrivere l'operazione di fronte all'instabilità politica?

E se non dovesse decollare l'operazione targata Jp Morgan, chi pagherebbe il conto sarebbero i piccoli risparmiatori che - nel tempo - hanno investito i propri denari nelle obbligazioni subordinate della banca senese. Ammontano a 2 miliardi.

Tanto per avere un termine di paragone: i risparmiatori rimasti fregati dal fallimento delle 4 banche hanno rimesso 300 milioni.

Ugo Magri per “la Stampa”


Sensazioni autunnali positive nel mondo renziano. Vengono, pare, dagli umori captati a fine agosto nelle feste dell' Unità. Dai clamorosi autogol grillini di inizio settembre. Ma soprattutto dal piglio operativo con cui Renzi si è tuffato nella ricostruzione post-terremoto.
Nemmeno i fedelissimi si spingono a sognare lo stesso boom di consensi che Berlusconi registrò dopo il sisma del 2009, quando aveva in pugno l' Italia prima di rovinare tutto con le sue «feste eleganti»; però «l' aria sta cambiando in meglio» scommettono speranzosi i vertici del Pd.


Contribuisce al nuovo clima la retromarcia del premier sul referendum, l' onesta ammissione (chissà quanto gli sarà costata) che fu uno sbaglio personalizzarlo. Rispetto a due mesi fa Renzi precisa che non cascherebbe il mondo se vincesse il «no», e si guarda bene dal ripetere che lui se ne andrebbe un minuto dopo. Nemmeno ci dice esattamente quando andremo a votare.

Il governo ha un altro mese di tempo per fissare la data, pare se la voglia prendere comoda. Pure questa apparente «nonchalance» fa parte della stessa strategia rasserenante: serve a dirottare l' attenzione altrove. Mario Monti certifica all' Huffington Post: «Renzi è più umile e maturo».

Una mina sotto il sistema

Ma prima del referendum c' è un' altra data, il 4 ottobre, che potrebbe letteralmente sbriciolare il sistema politico , rendendolo ingovernabile. Quel giorno la Consulta si riunirà per esaminare i ricorsi contro l'«Italicum». Anche qui l' aria sembra cambiata. Mentre prima dell' estate i cosiddetti esperti erano arci-convinti che la Corte avrebbe salvato la legge senza nemmeno entrare nel merito, adesso sono sicuri del contrario. Si è diffusa cioè la convinzione che il 4 ottobre saranno giudicati ammissibili i ricorsi.

E che nella stessa seduta, o in una successiva, i 15 giudici impugneranno il «machete» contro la «madre di tutte le riforme» (celebre definizione renziana della legge).


La paura dei «poteri forti»
Difficile accertare su cosa si fondi questa nuova certezza.
La giurisprudenza della Corte autorizza qualunque conclusione, in un senso e nell' altro.

Per un verso ribadisce il principio di rappresentatività che, nota Luciano Violante, sembra fare a pugni con il ballottaggio dell'«Italicum», in cui può vincere perfino un candidato premier con il 25 cento dei voti; dall' altro lato però la Consulta (vedi la sentenza 275/2014, relatore Giuliano Amato) esalta i ballottaggi come strumento di democrazia, sia pure a livello locale; insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte.


Pare tuttavia che autorevoli personaggi della politica, in grado di sondare i giudici della Corte, abbiano percepito a fine agosto un giudizio molto critico verso la legge elettorale, più netto tra quei membri della Consulta che vennero nominati ai tempi di Napolitano. Il Presidente emerito teme, insieme a buona fetta dell'«establishment», che l'«Italicum» possa spalancare la strada ai grillini, grazie al premio di maggioranza. Ecco perché si torna a sentire profumo di proporzionale: se la Corte boccia il ballottaggio, ai «poteri forti» passa la paura.

Rischio di figuraccia
Il premier non se lo augura. Falso che una bocciatura dell'«Italicum» gli farebbe comodo. Lui adora le scommesse e ritiene che, nel duello secco con Di Maio, un domani potrebbe vincere. E poi, il ritorno al proporzionale sarebbe una sconfitta politica, una figuraccia colossale, quasi peggio che perdere il referendum. Ma l' ultima parola non ce l' ha lui.
camillobenso
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Re: Renzi

Messaggio da camillobenso »

PIAZZA GRANDE »11
Martedì 6 Settembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |


RENZI BLOB: LO LEGGI
E HAI LE VERTIGINI

DANIELA RANIERI

Cresce l’Italia. Mai arrendersi,
mai: questa
la lezione dello Squalo.
Il Dottore non finisce
mai di stupire. Un
Paese più semplice e più giusto.
Basta un Sì. Pronti per il #matteorisponde?
Scrivete a bellezza@
governo.it. L’Italia deve essere
come l’iPhone: facile e bella.
Poche chiacchiere. Viva Tania, viva
l’Italia. Con buona pace di chi
vorrebbe farci mangiare insetti e
non bistecche alla fiorentina.
Questo è il tempo delle riforme,
non dei proclami. Non si chiama
ottimismo, si chiama speranza.
Non si chiama comunicazione, si
chiama politica.
Higuain, mamma mia. Noi restiamo
nel Pd, la bandiera ce l’ab -
biamo tatuata nel cuore. Io non
propongo uno s t or y t el l i ng . Io se
perdo vado a casa. Mille Leopolde
per spiegare come stiamo facendo
ripartire l’Italia. Forte l’Italia che
decide. Questa enews parte dalla
Siberia. Giorno dopo
giorno, passo dopo
passo. Nella vicenda di
Dacca siamo sia vittime
sia desiderosi di ripartenza.
O le regole
valgono sempre o non
valgono mai. Noi stiamo
rimettendo in piedi
l’Italia. L’Italia che ci
crede. Contro chi dice
sempre no. Fatti, non
parole. Quello che abbiamo
fatto nel corso
dei secoli. Sbloccare le
opere pubbliche e private
è la priorità. Combattere
l’odio a tutti i livelli
è la priorità.
La lotta ai cambiamenti
climatici è la
priorità. L’edilizia scolastica è la
priorità. La tranquillità dei risparmiatori
italiani è la priorità. La finale
di volley è la priorità. Se viene
Tim Cook di Apple lo ricevo. L’Italia
che dice Sì. In fin dei conti
questa è la sfida dell’Italia, no?
Buon compleanno, Vespa! Abbiamo
presentato a Palazzo Chigi
con Elkann e Marchionne la nuova
Giulia. Grandissimo mister Ranieri
#pazzesco. Io voglio bloccare
i ladri, non le opere. Il problema
non è cosa accade a me ma al Paese.
In due milioni per il #matteorisponde,
più che una trasmissione
tv! Dalla democrazia dei veti alla
democrazia dei voti. A me fanno
pena quelli che si odiano. Se perdo
con che faccia rimango. Stiamo
tornando a fare l’Italia. Basta un
Sì. Io chiedo che ci siano sentenze.
Viva i prodotti italiani, viva la qualità!
La democrazia non è sotto as
sedio.
Ormai Pompei è come l’Expo.
Che bella l’Italia che vince le
sfide. Abbiamo portato fuori dalla
politica dalle banche. Io non ne
posso più di chi all’estero ci deride.
Il tunnel del Brennero lo abbiamo
sbloccato noi.
E CHE BOTTO,i 1.500 stile. Il governo
delle lobby lo dicono a qualcun
altro. Ho parlato al telefono col
primo ministro Giapponese. Ho
fatto la tesi su Giorgio La Pira. Ciao
Bud Spencer. Un pensiero ai troll e
fake: deve essere una vita terribile
la vostra. Il 29 ottobre inaugureremo
la Nuvola di Fuksas. Bagnoli
è un luogo incredibile. Nisida è un
luogo magnifico. L’Italia è un Paese
magnifico. Che paese fantastico
è la Colombia. Firenze è una città
strepitosa.
Milano è troppo bella. Roma è
una città straordinaria. Capalbio è
una bellissima località.
Aspetto che il Campobasso
torni ad avere
grandi risultati. Un saluto
agli amici gufi. Il
no si spiega solo con
l’odio nei miei confronti.
C’è tanta voglia
di Italia nel mondo.
Facciamo la festa
dell’Unità nei luoghi di
Montalbano. Non dettare
l’agenda ma cambiare
l’agenda. Non esiste
più Roncobilaccio.
L’Italia ha 90 miliardi
di mercato potenziale
di ital ian
s ou n d in g . Sul tema ci
vuole un po' più di education.
Vi auguro di essere
followere non pecoroni. Costi
quel che costi. Italy’s come back.
Con le camionette dell’esercito,
ma anche con i maestri elementari.
La moda ci insegna il futuro
d el l’Italia. Questo è un progetto
che potremmo definire petaloso.
C’è un sacco di gente splendida al
Sud. Il Pd che fa il Pd. A chi dice me
ne vado io dico un parola di 4 lettere:
ciao.
Ho preso qualche chilo. Ridurre
i costi e pure i posti. Non cambiare
tutto ma cambiare tutti. Orgoglio
tricolore e si va in finale.
Compagni e amici, sulla comunicazione
come siamo messi? La
Brembo di Alberto Bombassei: i
migliori freni del mondo. Nelle
Marche ho conosciuto la vera forza
di Arena. C’è un’Italia che dice
sì. Non ci fermeremo. C’è bisogno
di allegria. Un Pd protagonista e
non comparsa. La realtà non è
quella descritta dai gufi. Un triplete
di opportunità internazionali.
Noi stiamo coi fidanzati che
hanno perso l’amore della loro vita.
A chi volesse vincere la medaglia
d’oro n.200, dico che non c’è
molto tempo. L’Italia è un po' come
il David di Michelangelo. Chi
vota no ha paura di perdere il posto.
Bravo mister, bravi tutti. Se
vince il No non c’è l’invasione delle
cavallette.
Partita da infarto, ma che bellezza
l'Italia del volley! La superficialità
non paga mai. Avanti tutta.
Questa riforma è la riforma degli
italiani. L’Italia non dimentica.
Ma grazie dal profondo del cuore a
@mafaldina88. Adesso Amatrice,
il dolore dei Funerali e il #luttonazionale.
Un sorriso, Matteo.
(Frasi pronunciate, scritte e twittate
dal presidente del Consiglio
durante l’ultimo anno)
camillobenso
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Re: Renzi

Messaggio da camillobenso »

L'ultimo annuncio di Renzi: ​"Più soldi a pensioni minime"
Il premier anticipa la legge di Stabilità 2017: "Andare prima in pensione costerà pochissimo"


Luca Romano - Mar, 06/09/2016 - 21:23
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"Gli 80 euro sono una misura che cerchiamo di dare come messaggio di equità. Quest'anno faremo un intervento per chi prende poco di pensione e sarà nella legge di stabilità del 2017.


Metteremo più denari in tasca a chi di pensione prende poco poco. Chi prende due pensioni, non li prenderà: vale il totale. È una misura che è stata fatta in passato, il governo Prodi aveva fatto una sorta di quattordicesima per chi prende meno di 750 euro al mese e ne intasca in più 50-40. Noi ragioniamo su questa ipotesi". Matteo Renzi, durante la registrazione di Porta a Porta che andrà in onda questa sera su Rai 1, torna sul tema pensioni e annuncia: "Una mano a chi ha la pensione minima e trovare il modo di agevolare chi vuole andare in pensione e gli mancano due o tre anni. Una sorta di scivolo. Tutti quelli che stanno tre anni prima della pensione, se accettano, possono decidere autonomamente se andarsene. Loro non tirano fuori una lira. Rinunciano a una quota di venti, trenta euro e vanno in pensione un anno prima. Chi è a tre anni dalla pensione potrà decidere di andare prima e lasciare il lavoro, rinunciando a una quota di pensione. Questo anticipo pensionistico è la seconda misura sulle pensioni che inseriremo nella legge di Stabilità 2017".

Renzi sul referendum
"Non ci ho ripensato, ma per non personalizzare non parlo più del mio futuro". Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sull'eventualità di sue dimissioni in caso di vittoria del no al referendum istituzionale. "Non c'è nessun articolo della riforma che cambia i poteri del Presidente del Consiglio. Sia che vinca il sì sia che vinca il no il Presidente del Consiglio rimane con gli stessi poteri". E poi ha precisato: "Dicono che è la riforma di Renzi, ma è esattamente l'opposto: è il parlamento che l'ha votata e che ha apportato modifiche rispetto al testo originario." Infine, in merito alla data Renzi ha detto: "Direi a naso che si voterà per il referendum tra il 15 novembre e il 5 dicembre. Entro il 25 settembre fissiamo la data del referendum che sarà tra i 50 e i 70 giorni successivi".

"Pronti a cambiare l'Italiacum"
"Noi siamo pronti a cambiare l'Italicum se ci sono i numeri in Parlamento. Sia che la Corte Costituzionale dica sì, sia che dica no", ha detto Renzi rispondendo a una domanda su cosa accadrà se il 4 ottobre la Consulta boccerà una parte della legge elettorale. "Io sono per le preferenze, ma mi va bene anche il collegio uninominale", ha aggiunto.

"Non ci sarà più un caso L'Aquila"
Il premier poi ha parlato anche del post-terremoto: "A tutte le forze politiche dico: litighiamo su tutto ma non litighiamo sul progetto Casa Italia. Possiamo fare un percorso bipartisan tutti insieme. Su Casa Italia, scegliendo i migliori, si può dimostrare che siamo i numeri uno sull'emergenza ma anche sulla prevenzione. Il problema non sono i soldi: ci sono, bisogna spenderli bene ed evitare che la gente ci mangi sopra, che siano fatti interventi a capocchia. Non ho detto cifre, non inizierò a farlo adesso. L'Italia era il Paese in cui 900 Comuni diventavano 600. Non ci sarà più un caso L'Aquila".

Renzi poi preannuncia sgravi fiscali anche a sostegno delle "partite Iva", che possano avere "un risparmio di mille euro l'anno", con l'obiettivo di "raggiungere 500mila partite Iva". E poi si pone come obiettivo "l'adeguamento contrattuale" dei dipendenti pubblici e lo sblocco dell'adeguamento salariale".
camillobenso
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Re: Renzi

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DOPO PIU' DI DUE ANNI, D'ALEMA E MARCHESI DI ACCORGONO DI MUSSOLONI,

MEGLIO TARDI CHE MAI???????????





POLITICA
Renzi e Mussolini, un confronto

Politica
di Roberto Marchesi | 8 settembre 2016
COMMENTI (90)
• 207




Roberto Marchesi
Politologo, studioso di macroeconomia
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Il nostro incomparabile numero uno governativo non manca occasione di lamentare la farraginosa lentezza del nostro sistema politico-legislativo che gli procura tanti affanni nella sua premura di governare l’Italia. Si sa che lui attribuisce allamancanza di potere e di continuità dei governi italiani la causa principale delle crisi che affliggono il nostro sistema istituzionale, vediamo allora se questo è vero mettendo a confronto il potere di cui lui attualmente gode con quello del dittatore Mussolini che, più o meno per le stesse ragioni, ha governato il ben noto ventennio fascista.
Mussolini era il capo indiscusso del governo dopo avere, in accordo col re, abolito i poteri del parlamento (cioè il potere legislativo, che lui aveva incorporato nel governo), ma aveva sopra di sé il Capo dello Stato (il re), che ha sempre mantenuto il potere di affidare l’incarico di governare a un altro qualora al governo in carica fosse venuta a mancare la fiducia (come infatti fece il 25/7/1943 quando Mussolini venne sfiduciato dal suo Gran Consiglio).

Renzi, avendo ereditato il potere in un regime di democrazia formalmente perfetta, ha ricevuto l’incarico di governare da unCapo dello Stato che lui stesso ha fatto nominare (per una serie di circostanze istituzionali), tramite un Parlamento da lui numericamente controllato grazie alle elezioni generali di due anni prima quando, in realtà, nessun elettore poteva essere a conoscenza del suo programma di riforme.
Già ora quindi Renzi ha, sotto il profilo istituzionale, una somma di poteri persino superiore a quelli che aveva Mussolini, ma sul piano delle riforme quelle che Mussolini ha avviato con la presa del potere erano già note a tutti da tempo, mentre quelle di Renzi ancora oggi sono note nella sostanza solo a pochi addetti ai lavori.
Relativamente al potere che Renzi concentra già ora sulla sua persona, lui come capo del governo è già a capo del potere esecutivo ed essendo lui anche il capo del partito di maggioranza (come segretario del partito), controlla di fatto anche il potere legislativo del Parlamento. Quindi ha lo stesso potere esecutivo e legislativo di Mussolini, che però fin dall’inizio del suo regime, per ripristinare e mantenere l’ordine nel paese, aveva sospeso anche la libertà di stampa e di opinione, imponendo la censura su tutto ciò che veniva pubblicato o trasmesso via radio (non c’era ancora la Tv). Questo in teoria dava al regime di Mussolini un grande vantaggio rispetto a quello che Renzi dispone oggi, ma la censura, che ridicolmente gli intellettuali del tempo battezzaronoMinCulPop (Ministero della Cultura Popolare) ebbe persino effetto contrario rispetto a quanto si proponeva di evitare.
Quindi sono pari? No, oltre all’inefficacia della censura di Mussolini occorre anche valutare la vergognosa mancanza di rispetto che il corrente premier ha verso gli attuali elettori, ai quali regala, con la stessa disinvoltura del Minculpop fascista, lo stesso livello di informazione che Mussolini regalava ai sudditi del re.
Renzi però ha recentemente commesso il gravissimo errore di dichiarare spavaldamente che se la sua maxi-riforma costituzionale fosse stata bocciata dagli elettori lui si sarebbe dimesso non solo dalla poltrona di premier, ma anche da quella di politico. Quindi ora si trova ora nell’imbarazzante vicolo cieco che qualora perdesse nel referendum, lui dovrebbe rinunciare non solo all’idea di riformare in modo mai visto al mondo le istituzioni democratiche italiane, ma proprio anche a quel faticoso coagulo di poteri ai quali, francamente, ci stava proprio prendendo gusto.
Ecco allora che, per eliminare questo infausto rischio, avvia un capillare controllo dell’informazione cercando di raggiungere in ogni modo possibile proprio quei distratti cittadini che normalmente rinunciano a capire la fastidiosa politica e preferiscono avvinghiarsi al diritto costituzionale della libertà di voto semplicemente votando chi appare più convincente. E cosa c’è di più facile per lui, che poter accaparrarsi il voto anche del gran numero di queste persone così politicamente ingenue?
Già, ma come si fa a raggiungerli e convincerli? Le informative pubbliche sul voto e i banchetti elettorali potrebbero non bastare, inoltre sono proprio i luoghi che i nostri cari onesti sempliciottievitano di frequentare. Allora non resta che raggiungerli là dove costoro ci sono quasi sempre: nei telegiornali.
Ecco quindi che, telecomandati o meno, arrivano nuovi direttori di testata su tutti i telegiornali Rai, ora minuziosamente normalizzati con informazioni di area governativa. Stessa cosa accade anche ai cosiddetti programmi di “approfondimento”, che comunque vengono seguiti di norma solo da chi ha già fatto la propria scelta politica. Infatti Renzi, ad evitare che chi gli è contrario continui ad alimentare la sua contrarietà assistendo alle spiegazioni di chi è meglio informato, approva (a sua insaputa) la cancellazione di tutte le trasmissioni che gli possono dare fastidio.
E per vie traverse gli arriva il sostegno anche dei principali quotidiani e settimanali italiani: Corriere, La Stampa, Repubblica l’Espresso e altri (ma non il Fatto Quotidiano!) che sono tutti confluiti ormai nella linea filo-liberista e filo-capitalista che domina ormai da tempo le politiche europee e che comprende anche le linee riformatrici di cui Renzi è ora orgoglioso paladino.
Di fatto quindi Renzi, anche se non lo dichiara, sta già esercitando, come Mussolini, una rigorosa censura sul diritto dei cittadini ad essere correttamente informati sulla politica e sulle riforme. Pertanto si trova ad avere già ora persino più potere formale di Mussolini.
Dove vuole arrivare? Vuole forse un completo plagio di massa col quale esercitare un controllo sul popolo elettore persino superiore alla ormai ridicola censura dei dittatori?
Caro Marchesi
come sai condivido gran parte del tuo punto di vista su Renzi. Per quanto riguarda l’informazione e le libertà civili no. E non a mio avviso una questione di opinioni, ma di fatti.
1) In Italia è permesso ampiamente dissentire, non si va in prigione o si viene puniti per questo.
2) L’informazione ha evidenti problemi, ma l’esistenza stessa de ilfattoquotidiano.it, e di decine e decine di siti, dimostra che la situazione è completamente diversa.
3) Le elezioni restano libere così come la libertà di associazione (per esempio il M5s).
Peter Gomez
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09 ... o/2993119/
camillobenso
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Re: Renzi

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DOPO PIU' DI DUE ANNI, D'ALEMA E MARCHESI DI ACCORGONO DI MUSSOLONI,

MEGLIO TARDI CHE MAI???????????





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Renzi e Mussolini, un confronto

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Il nostro incomparabile numero uno governativo non manca occasione di lamentare la farraginosa lentezza del nostro sistema politico-legislativo che gli procura tanti affanni nella sua premura di governare l’Italia. Si sa che lui attribuisce allamancanza di potere e di continuità dei governi italiani la causa principale delle crisi che affliggono il nostro sistema istituzionale, vediamo allora se questo è vero mettendo a confronto il potere di cui lui attualmente gode con quello del dittatore Mussolini che, più o meno per le stesse ragioni, ha governato il ben noto ventennio fascista.
Mussolini era il capo indiscusso del governo dopo avere, in accordo col re, abolito i poteri del parlamento (cioè il potere legislativo, che lui aveva incorporato nel governo), ma aveva sopra di sé il Capo dello Stato (il re), che ha sempre mantenuto il potere di affidare l’incarico di governare a un altro qualora al governo in carica fosse venuta a mancare la fiducia (come infatti fece il 25/7/1943 quando Mussolini venne sfiduciato dal suo Gran Consiglio).

Renzi, avendo ereditato il potere in un regime di democrazia formalmente perfetta, ha ricevuto l’incarico di governare da unCapo dello Stato che lui stesso ha fatto nominare (per una serie di circostanze istituzionali), tramite un Parlamento da lui numericamente controllato grazie alle elezioni generali di due anni prima quando, in realtà, nessun elettore poteva essere a conoscenza del suo programma di riforme.
Già ora quindi Renzi ha, sotto il profilo istituzionale, una somma di poteri persino superiore a quelli che aveva Mussolini, ma sul piano delle riforme quelle che Mussolini ha avviato con la presa del potere erano già note a tutti da tempo, mentre quelle di Renzi ancora oggi sono note nella sostanza solo a pochi addetti ai lavori.
Relativamente al potere che Renzi concentra già ora sulla sua persona, lui come capo del governo è già a capo del potere esecutivo ed essendo lui anche il capo del partito di maggioranza (come segretario del partito), controlla di fatto anche il potere legislativo del Parlamento. Quindi ha lo stesso potere esecutivo e legislativo di Mussolini, che però fin dall’inizio del suo regime, per ripristinare e mantenere l’ordine nel paese, aveva sospeso anche la libertà di stampa e di opinione, imponendo la censura su tutto ciò che veniva pubblicato o trasmesso via radio (non c’era ancora la Tv). Questo in teoria dava al regime di Mussolini un grande vantaggio rispetto a quello che Renzi dispone oggi, ma la censura, che ridicolmente gli intellettuali del tempo battezzaronoMinCulPop (Ministero della Cultura Popolare) ebbe persino effetto contrario rispetto a quanto si proponeva di evitare.
Quindi sono pari? No, oltre all’inefficacia della censura di Mussolini occorre anche valutare la vergognosa mancanza di rispetto che il corrente premier ha verso gli attuali elettori, ai quali regala, con la stessa disinvoltura del Minculpop fascista, lo stesso livello di informazione che Mussolini regalava ai sudditi del re.
Renzi però ha recentemente commesso il gravissimo errore di dichiarare spavaldamente che se la sua maxi-riforma costituzionale fosse stata bocciata dagli elettori lui si sarebbe dimesso non solo dalla poltrona di premier, ma anche da quella di politico. Quindi ora si trova ora nell’imbarazzante vicolo cieco che qualora perdesse nel referendum, lui dovrebbe rinunciare non solo all’idea di riformare in modo mai visto al mondo le istituzioni democratiche italiane, ma proprio anche a quel faticoso coagulo di poteri ai quali, francamente, ci stava proprio prendendo gusto.
Ecco allora che, per eliminare questo infausto rischio, avvia un capillare controllo dell’informazione cercando di raggiungere in ogni modo possibile proprio quei distratti cittadini che normalmente rinunciano a capire la fastidiosa politica e preferiscono avvinghiarsi al diritto costituzionale della libertà di voto semplicemente votando chi appare più convincente. E cosa c’è di più facile per lui, che poter accaparrarsi il voto anche del gran numero di queste persone così politicamente ingenue?
Già, ma come si fa a raggiungerli e convincerli? Le informative pubbliche sul voto e i banchetti elettorali potrebbero non bastare, inoltre sono proprio i luoghi che i nostri cari onesti sempliciottievitano di frequentare. Allora non resta che raggiungerli là dove costoro ci sono quasi sempre: nei telegiornali.
Ecco quindi che, telecomandati o meno, arrivano nuovi direttori di testata su tutti i telegiornali Rai, ora minuziosamente normalizzati con informazioni di area governativa. Stessa cosa accade anche ai cosiddetti programmi di “approfondimento”, che comunque vengono seguiti di norma solo da chi ha già fatto la propria scelta politica. Infatti Renzi, ad evitare che chi gli è contrario continui ad alimentare la sua contrarietà assistendo alle spiegazioni di chi è meglio informato, approva (a sua insaputa) la cancellazione di tutte le trasmissioni che gli possono dare fastidio.
E per vie traverse gli arriva il sostegno anche dei principali quotidiani e settimanali italiani: Corriere, La Stampa, Repubblica l’Espresso e altri (ma non il Fatto Quotidiano!) che sono tutti confluiti ormai nella linea filo-liberista e filo-capitalista che domina ormai da tempo le politiche europee e che comprende anche le linee riformatrici di cui Renzi è ora orgoglioso paladino.
Di fatto quindi Renzi, anche se non lo dichiara, sta già esercitando, come Mussolini, una rigorosa censura sul diritto dei cittadini ad essere correttamente informati sulla politica e sulle riforme. Pertanto si trova ad avere già ora persino più potere formale di Mussolini.
Dove vuole arrivare? Vuole forse un completo plagio di massa col quale esercitare un controllo sul popolo elettore persino superiore alla ormai ridicola censura dei dittatori?
Caro Marchesi
come sai condivido gran parte del tuo punto di vista su Renzi. Per quanto riguarda l’informazione e le libertà civili no. E non a mio avviso una questione di opinioni, ma di fatti.
1) In Italia è permesso ampiamente dissentire, non si va in prigione o si viene puniti per questo.
2) L’informazione ha evidenti problemi, ma l’esistenza stessa de ilfattoquotidiano.it, e di decine e decine di siti, dimostra che la situazione è completamente diversa.
3) Le elezioni restano libere così come la libertà di associazione (per esempio il M5s).
Peter Gomez
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Re: Renzi

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PERSONAGGI
Matteo Renzi e Massimo D'Alema, l'eterna lotta dei due nemici del cuore
Finalmente i pianeti si sono allineati, mettendo in perfetta opposizione il premier e l'ex premier attorno alla battaglia sul referendum. Scontro a lungo rimandato: già nel 2012, i due dovevano fronteggiarsi alle primarie. Ma ci mise lo zampino Bersani
DI SUSANNA TURCO
09 settembre 2016


Matteo Renzi e Massimo D'Alema, l'eterna lotta dei due nemici del cuore
Era da almeno tre anni che lo si cercava, adesso – per la gioia dei venditori di pop corn - l'allineamento tra i pianeti è arrivato: Renzi contro D'Alema, D'Alema contro Renzi. Finalmente. Il capo del sì contro il capo del no: già più volte in polemica fra loro, ma adesso in rotonda, perfetta opposizione grazie al referendum, occasione costituzionale per celebrare uno scontro troppo a lungo rimandato.

"Sono un suo ammiratore perché riesce a sostenere qualsiasi cosa". "Fa battaglia politica per un risentimento personale". "Sulle sciocchezze non rispondo". "Una parte della responsabilità del pasticcio Mps è della sinistra". "Non fa che ripetere le stesse battute". Ora le polemiche e gli attacchi come questi si sprecano, e rimbombano, da Milano e da Reggio Emilia, dal teatro Farnese a Palazzo Chigi. S'invera non soltanto il quarto o quinto round del combattimento, ma appunto quel che ne appare l'apoteosi. Nella quale c'è da notare un senso di inevitabile, in qualche modo testimoniato dall' interscambiabilità dei ruoli (oltreché dei fedelissimi). Come nella battuta, di Renzi, sull' "amore" tra D'Alema e Berlusconi, che avrebbe potuto tranquillamente essere pronunciata da D'Alema, sull' "amore" tra Renzi e Berlusconi, con tutti gli annessi nazarenici del caso.

Insomma, pareva scritto nelle stelle. Nell'irresistibile attrazione che può esserci tra chi ha bisogno di cercarsi un nemico perché ciò è parte del proprio programma politico, e chi ha bisogno di cercarsi un nemico perché ciò è parte del proprio programma esistenziale. Erano destinati ad incontrarsi, a diventare i nemici preferiti l'uno dell'altro. Tanto più dacché rimasti dialetticamente orfani dei rispettivi nemici precedenti, perché poi anche ad essere nemici serve una cura e una dedizione che non tutti sono disposti ad apparecchiare.

In occasione del lancio della campagna dei comitati per il No a Roma, Massimo D'Alema ha illustrato le possibili riforme che potrebbero essere prese in considerazione dal governo anche in caso di sconfitta del Sì al referendum costituzionale. video di Fabio Butera





Per ritrovare un tale allineamento dei pianeti si è dovuto però aspettare quasi quattro anni. Il grande scontro tra Renzi e D'Alema, in effetti, avrebbe dovuto celebrarsi con l'occasione delle primarie 2012, le prime cui partecipò l'allora sindaco di Firenze.

Anche l'ex premier, cosiddetto lider Maximo, voleva allora candidarsi, ma fu convinto a non farlo dal segretario Pd, Pier Luigi Bersani. Tolta così dal tavolo la carta D'Alema – contro la quale Renzi avrebbe avuto il grande appeal di poter dire "votatemi, contro di lui" – Bersani quelle primarie le vinse. Ma, disgraziatamente, fu l'ultima cosa che vinse davvero: e, con la mezza sconfitta delle politiche nel febbraio 2013, non si trovò più nella posizione di poter ricambiare il favore a D'Alema. Che infatti restò senza ruoli consoni a lui e alle sue ambizioni, e si dovette acconciare a combattere da rottamato le successive primarie, quelle 2013, per interposta persona (Gianni Cuperlo) e senza in fondo alcun gusto.

Guarda i giochi del caso: adesso, la ridiscesa in combattimento di Massimo D'Alema contro il referendum di Renzi mette in difficoltà proprio Bersani. L'ex smacchiatore di giaguari risulta in effetti stretto a tenaglia: nel referendum è lo stimato capo del Ni, ruolo non carismatico per definizione. Renzi non lo attacca, perché come bersaglio D'Alema è certamente più vantaggioso, se non altro per chi crede nell'adagio del dove c'è Max c'è sconfitta. E D'Alema spazio ad altri oppositori non ne lascia, visto che è questo neo-protagonismo il suo margine in più per rientrare in campo. I due nemici del cuore sono dunque anche in qualche modo alleati, e si tengono su l'un con l'altro come certi equilibristi, in attesa che il benedetto referendum disegni gli equilibri per la prossima guerra.

http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... =HEF_RULLO
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Re: Renzi

Messaggio da camillobenso »

LA PRIMA PAGINA DE IL GIORNALE DI OGGI.
10 SETTEMBRE 2016

Berlino a Renzi:
stupido
e irresponsabile

http://www.giornalone.it/prima_pagina_il_giornale/



Da che pulpito la predica
Se davvero Hollande avesse deciso di mettersi alla testa dei paesi anti Merkel, be' allora vorrebbe dire che una volta tanto un socialista fa una cosa intelligente


Alessandro Sallusti - Sab, 10/09/2016 - 14:11
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Matteo Renzi si allea con francesi, portoghesi, spagnoli e greci contro l'euro-austerità e i tedeschi non gliela mandano a dire: «Hollande e Renzi irresponsabili, manipolati da Tsipras», ha commentato Weber, capogruppo dei Popolari al parlamento europeo.


«Quando i socialisti si incontrano non viene mai fuori nulla intelligente», ha rincarato la dose Schäuble, ministro delle Finanze tedesco.

Per Berlino il nostro premier sarebbe quindi irresponsabile e stupido, alla faccia della millantata amicizia personale di Renzi con la cancelliera Merkel. Nella sostanza il giudizio dei tedeschi sarebbe condivisibile, ma per ben altri motivi che riguardano l'incapacità di gestire i problemi del fronte interno e di essere stato fino a ora ininfluente sul piano europeo. Il problema che ieri hanno posto i leader mediterranei, e che tanto ha fatto infuriare i nordici, è invece reale: la ricetta imposta dalla Merkel agli Stati della comunità non funziona ed è la prima causa della non crescita.

Ribellarsi alla «locomotiva» non è quindi sbagliato, anzi semmai andava fatto molto tempo fa. Perché assecondare i tedeschi nella loro pretesa egemonica non ha prodotto alcun risultato. La rigidità imposta sul salvataggio della Grecia ha portato Atene a un fallimento dieci volte più oneroso; l'ostracismo alla politica espansiva della Banca centrale a guida Mario Draghi ha vanificato gli effetti dell'enorme liquidità immessa sui mercati; non avere capito che l'immigrazione era la vera emergenza europea, prima, e la politica delle «porte aperte», poi, sta mandando in frantumi la coesione sociale e alimentando partiti e movimenti radicali; trattare gli inglesi come inutili accessori dell'Europa continentale ha prodotto la Brexit. Per non parlare della politica estera, prona agli interessi dell'America obamiana che certo non coincidono con i nostri (basti pensare alla rottura con Putin che Berlusconi era riuscito faticosamente a portare nell'orbita occidentale).

Noi «irresponsabili» e «stupidi»? Da che pulpito viene la predica. Se davvero Hollande, fosse solo per salvare il salvabile della sua disastrosa presidenza, avesse deciso di mettersi alla testa dei paesi anti Merkel, be' allora vorrebbe dire che una volta tanto un socialista fa una cosa intelligente.
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Re: Renzi

Messaggio da camillobenso »

10 SET 2016 15:07
L’ULTIMA POLPETTA AVVELENATA DI RENZI: SU 140MILA RISPARMIATORI ROVINATI DAL DECRETO SALVA

-BANCHE NE VERRANNO RIMBORSATI SOLO 4MILA (E NON SI SA ANCORA QUANDO)



- IL FONDO ISTITUITO A DICEMBRE NON E’ ANCORA ENTRATO IN FUNZIONE --



Fabrizio Boschi per “il Giornale"



Su 140mila risparmiatori rovinati dal decreto salva-banche del governo nel novembre 2015 (dei quali 12.500 acquirenti di titoli), ne verranno rimborsati, si e no, 4mila. E ancora non si sa quando. Ecco servita l' ultima polpetta avvelenata di Renzi a chi ha comprato obbligazioni dalle quattro banche fallite (Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara e CariChieti).

Ad annunciare la cattiva notizia è Letizia Giorgianni presidente dell' Associazione vittime del salva banche che, insieme agli altri dell' associazione, da mesi si batte in giro per l' Italia e con le proprie risorse per veder riconosciuti i loro diritti violati.

L' incontro dell' altro ieri con Banca d' Italia e con il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) istituito a dicembre 2015 con il compito di provvedere ai rimborsi dei risparmiatori truffati e che dopo nove mesi non è ancora pienamente in funzione, è stato un fallimento su tutta la linea. Come una la gara a chi se ne lava le mani per primo.

«Il vice presidente del Fitd ci ha detto che non è neppure stato interpellato nel procedimento di legislatura - spiega Giorgianni - e ci hanno fatto intendere, neppure troppo velatamente, di non aver assolutamente intenzione di tirare fuori soldi, quindi verosimilmente faranno di tutto per rimborsare meno persone possibili. Lo scenario che si apre è quindi quello di una miriade di richieste rifiutate».


Ma siccome al peggio non c' è mai fine «ci è stato confermato che basterà inviare la domanda per la richiesta del rimborso per essere preclusa automaticamente la possibilità di poter accedere all' arbitrato, anche in caso di diniego della domanda di rimborso forfettario» e che dall' interpretazione della legge fatta dal Fidt «sono esclusi dal rimborso quei risparmiatori che hanno acquistato i bond delle quattro banche fallite non in contropartita diretta ossia quelli acquistati dal cliente di una banca diversa da quella che li ha emessi».

Il tutto quando ancora non sono usciti i decreti attuativi per l' arbitrato e la scadenza per i rimborsi promessa da Renzi (il 30 giugno) è già passata da un pezzo. «Ci hanno spiegato che non sono nemmeno stati ultimati i programmi informatici in grado di calcolare ed erogare i rimborsi, e sono già trascorsi 70 giorni».


Il tempo in certi casi è un buon dottore e per questo Renzi ha interesse a lasciarlo correre: pur di salvare banche, banchieri amici e parenti dei ministri, preferisce passare sopra alle vite di un manipolo di persone che, politicamente, sono poco rilevanti. Vedremo se al voto questa valutazione gli darà ragione oppure torto. Beffa della beffa: l' esclusione di altri 1.500 risparmiatori dai fantomatici rimborsi è stata concordata con 14 associazioni dei consumatori, ovvero le stesse alle quali molti di loro pagano la tessera.

Battaglia sui numeri ieri mattina a CoffeeBreak su La7 dove Luigi Marattin, sul cui bigliettino da visita si legge «consigliere economico del presidente del Consiglio» è stato inviato da Renzi per bastonare quegli ingordi dei risparmiatori che rivogliono i loro quattrini. Il semisconosciuto emissario si è però duramente scontrato con la Giorgianni. «Eh ma dobbiamo metterci d' accordo: lo Stato non può rimborsare un investimento azionario andato male, eh», attacca risentito Marattin.



Peccato che, per ora, a non essere rimborsati non siano solo quegli sprovveduti degli azionisti, ma tutti quanti. «Se abbiamo parlato di management truffaldino - ribatte Giorgianni - è perché anche gli azionisti hanno i loro diritti e non possono essere esclusi. Ma qui stiamo parlando anche dell' esclusione della maggior parte degli obbligazionisti, vuoi per reddito, vuoi perché hanno firmato le obbligazioni dopo il 14 giugno del 2014, cioè dopo l' uscita della direttiva europea. E le banche si sono guardate bene da informarli».

«Non abbiamo mai detto che sarebbero stati rimborsati tutti», si giustifica Marattin. «Quando Renzi dice che ci sono vincoli europei, perché questi vincoli si sono fatti valere per Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara e CariChieti e non per altre banche che sono state salvate col fondo interbancario?», ribatte Giorgianni.

«Sulle banche il mondo del giornalismo ha dormito», ha accusato il premier l' altra sera a Porta a Porta. Ma non tutti i giornalisti dormono.
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Re: Renzi

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Il ballerino Renzi: ​re delle giravolte
L'Italicum è soltanto l'ultimo di una lunga serie di cambi di opinione e di annunci smentiti dai fatti


Domenico Ferrara - Sab, 10/09/2016 - 20:10
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"Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione". Semmai un giorno Matteo Renzi volesse farsi un tatuaggio, potrebbe pensare a questo aforisma.


Perché le volte in cui ha detto una cosa e il contrario della stessa sono infinite. L'ultima è quella dell'Italicum. Prima il premier ha lottato con tutte le sue forze per imporre e difendere questa legge elettorale e ora dice che è pronto a cambiarla, cogliendo l'invito di Napolitano e tendendo la mano alla minoranza democratica.

Un po' come quando in una intervista a Daria Bignardi promise che non sarebbe mai andato a Palazzo Chigi "per inciuci di palazzo" per poi presentarsi a Palazzo Chigi per mezzo degli stessi inciuci. O come quando criticava il rimpasto, "perché fa tanto vecchio stile", per poi attuarlo come un democristiano della prima ora. O come quando diceva: "Se vinco io, mai più larghe intese", salvo poi confermare la maggioranza del governo uscente. O quando sentenziò: "Berlusconi game over" e poi si vide costretto a scendere a patti con lui. O come quando a gennaio nell'aula del Senato disse che se avesse perso il referendum si sarebbe dimesso per dignità salvo poi cambiare idea e poi tornare nuovamente sui suoi passi.

Renzi è il premier delle giravolte. E degli annunci smentiti dai fatti. "Via i partiti dai Cda e dalla Rai". Ricordate quando lo disse? Ecco, poi però si dedicò all'infornata degli amici degli amici. Nel 2012 a Servizio Pubblico sosteneva che l'articolo 18 non fosse un problema, poi gli dichiarò guerra una volta al governo. Disse di voler abolire Equitalia e non lo fece. Decise di commissariare Roma senza passare dalle tante osannate primarie.

Si pronunciò da sindaco sul conflitto di interessi dicendo che se fosse andato al governo avrebbe fatto una legge in materia, salvo poi andare al governo e non fare nulla nonostante il ministro Maria Elena Boschi avesse annunciato: "Porteremo in Aula già nelle prossime settimane il conflitto di interessi". E che dire del canone Rai?. Nel marzo 2015, Renzi spiegò di "appartenere a una cultura che vorrebbe eliminare il canone", ma poi si dimenticò della cultura e optò per la spalmatura in bolletta dell'odiato obolo.

Il Ponte sullo stretto? "Sicuramente il ponte verrà fatto, basta con questo derby, l'importante è che prima portiamo a casa i risultati delle opere incompiute. Io non ho niente contro il ponte, anzi, sarà utile. Ma bisogna capire la tempistica", Renzi dixit. Nel 2012 però, a Sulmona per la sua prima tappa del tour abruzzese per le primarie, sentenziò: ''Continuano a parlare dello Stretto di Messina, ma io dico che gli otto miliardi li dessero alle scuole per la realizzazione di nuovi edifici e per rendere più moderne e sicure''. Il Ponte intanto è ancora solo un pensiero.

Se ci spostiamo poi sulle persone, anche lì le idee di Renzi sono volatili e fluttuanti. Un esempio su tutti? "Verdini non è il mio tipo", disse nel 2011parlando dell'ingresso dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze nella società dell'aeroporto di Firenze. Salvo poi scoprire l'amore al Senato sulle unioni civili dove il Pd diventa "forte di un accordo con il gruppo di Verdini perché sono gli unici che ci hanno dato da subito una mano insieme a Sel". Insomma, Renzi è rovescio di se stesso.
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Re: Renzi

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COME PINOCCHIO,...... "SONO SINCERO"


Italicum, la giravolta di Renzi: "Cambiamolo, sono sincero"
Il diktat di Napolitano: "L'Italicum va cambiato". Renzi promette: "Parliamone". Ma rischia di essere l'ennesimo bluff


Sergio Rame - Sab, 10/09/2016 - 17:03
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Che sia una reale apertura o uno dei suoi soliti bluff lo scopriremo solo nelle prossime settimane.


Ma, ai microfoni di TeleNorba, Matteo Renzi ha aperto alla minoranza dem che chiede una modifica della riforma elettorale. "L'Italicum non piace? E che problema c'è - ha detto il presidente del Consiglio - discutiamola, approfondiamola, ma facciamo una legge elettorale migliore di questa, non accetteremmo mai una legge elettorale peggiore di questa. La mia apertura è vera, sincera". Una mossa estrema per conservare la poltrona in un momento di massima difficoltà.

Le parole di Renzi suonano come una apertura dopo il diktat di Giorgio Napolitano. "Dovrebbe essere interesse di Renzi - ha spiegato oggi l'ex capo dello Stato in una intervista a Repubblica - promuovere una ricognizione tra le forze parlamentari per capire quale possa essere il terreno di incontro per apportare modifiche alla legge elettorale". Quella chiesta da Napolitano è, in primis, una apertura nei confronti dei "ribelli" dem che da tempo gli chiedono di rivedere l'impianto dell'Italicum. Eppure sono stati proprio Renzi e l'allora presidente della Repubblica Napolitano a volere a ogni costo questa legge elettorale. Tanto che l'hanno disegnata su misura di un Pd che alle europee aveva sfondato il muro del 40% grazie alla mancia degli 80 euro.

"Il governo ha imposto questa legge elettorale e l'ha sempre difesa a spada tratta - tuona il presidente dei deputati azzurri, Renato Brunetta - adesso il premier mai eletto sembra aver cambiato idea pur di restare attaccato alla poltrona". A dispetto di quanto detto e ridetto nelle scorse settimane, infatti Renzi sembrerebbe pronto a intervenre subito per cambiare l'architettura dell'Italicum. "Io non do importanza alla decisione della Consulta, anche se dice sì, noi siamo pronti a cambiarlo se serve - spiega ai microfoni di TeleNorba - una legge elettorale la si può cambiare in tre mesi, in cinque mesi, una riforma costituzionale 'no'".
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