LA SFIDA del REFERENDUM

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camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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MA GUARDA UN PO',.......CHE STRANO....................



Referendum, l'ambasciatore Usa: "Col no Italia fa passo indietro"

L'ambasciatore Usa scende in campo per sostenere il "sì" al referendum: "All'Italia serve stabilità"


Rachele Nenzi - Mar, 13/09/2016 - 12:03
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Se al referendum vince il no l'Italia fa "un grosso passo indietro".


A schierarsi a favore di Matteo Renzi e del suo governo è oggi l’ambasciatore Usa a Roma, John R. Phillips che annuncia così il suo endorsement a favore del sì.

"Quello che serve all’Italia è la stabilità e le riforme assicurano stabilità. Per questo il referendum apre una speranza", ha detto il diplomatico parlando ad un convegno del centro di studi americani su Brexit, "Molti ceo di grandi imprese Usa guardano con grande interesse al referendum. Il sì sarebbe una speranza per l’Italia, mentre se vincesse il no sarebbe un passo indietro. Mi viene chiesto spesso dai governatori delle Regioni italiane quale sia il modo migliore per attrarre investimenti americani sui loro territori e la mia risposta è sempre una: serve stabilità politica. In Italia ci sono stati 63 governi in 70 anni e questo non è un fatto positivo. Renzi ha assicurato un periodo di governo abbastanza lungo".

Philips ha ricordato che il premier italiano sarà alla Casa Bianca da Barack Obama il 18 ottobre e ha aggiunto che "èun grande onore che sia stato invitato per l’ultima cena di Stato dell’amministrazione Obama. Gli Usa apprezzano moltissino la sua leadership e la considerano molto importante".
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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GLI AMERICANI CI HANNO MINACCIATO CON CARESTIE E CAVALLETTE SE VOTIAMO NO.

MA PERCHE' QUESTI CITTADINI ITALIANI DOVREBBERO VOTARE SI?????





14 SET 2016 18:29
BANCHE FALLITE

- IL PIANO DEL PREMIER CAZZARO NON DECOLLA: SU 10MILA RISPARMIATORI FREGATI, SOLO 500 HANNO ATTIVATO LA PROCEDURA PER IL RIMBORSO

- LE DOMANDE ARRIVATE FINORA AL FONDO TUTELA DEI DEPOSITI PERALTRO SONO INCOMPLETE

- INTANTO NON CI SONO ANCORA COMPRATORI PER LE 4 GOOD BANK - I SINDACATI PREOCCUPATI




Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"



C'è tempo fino al 31 dicembre per presentare le «istanze» di rimborso. Per ora, tuttavia, la complessa macchina per gli indennizzi ai cosiddetti sbancati è partita col freno a mano. Ieri il Fondo di tutela dei depositi - l' organismo chiamato a gestire i risarcimenti agli obbligazionisti di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara - ha reso noti i primi numeri della procedura. Numeri che provano come la questione sia stata gestita nel peggiore dei modi. Il solito pasticcio all' italiana.

Finora sono solo 500 i clienti di quei quattro istituti, rimasti fregati con il salvataggio dello scorso novembre (col quale sono stati azzerati i bond subordinati), ad aver presentato la domanda di ristoro. Pochi, se si pensa che la faccenda riguarda 10.559 persone. Di questi, tuttavia, circa 8.000 dovranno scegliere strade diverse: l' arbitrato (ma mancano ancora i decreti per consentire all' Autorità anticorruzione di avviare l' iter) oppure l' ordinaria causa in tribunale.


Gli indennizzi, secondo il decreto del governo di Matteo Renzi, non sono accessibili a tutti. Solo chi ha redditi fino a 30mila euro e aveva investito quasi tutti i suoi risparmi nei titoli di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara diventati carta straccia, quasi un anno fa.

Renzi continua a scaricare la responsabilità: secondo il premier gli sbancati «anno dovuto pagare un prezzo per le regole europee, che io personalmente non condivido». Colpa di Bruxelles, dice. Sta di fatto che lo stesso presidente del consiglio aveva promesso di risolvere il caso in tempi rapidi, assicurando che il percorso dei risarcimenti sarebbe stato completato in pochissimo tempo. E invece nessuno, fra i risparmiatori traditi, ha visto un centesimo.


Quanto agli indennizzi (che arriveranno fino all' 80% della somma investita), il Fondo interbancario ha precisato, tra altro, che «molte delle richieste» ricevute sono incomplete: di qui la richiesta di «integrazione» della documentazione che rende senza dubbio più ingarbugliata la questione. Anche perché nelle prossime settimane potrebbero arrivare le altre istanze (in teoria ne mancano circa 2mila). Una mole di carta che corre il rischio di rallentare le verifiche documentali.

Frattanto, non è chiaro il destino delle quattro banche salvate col «fallimento pilotato» imposto da governo e Banca d' Italia. È ancora aperta la «gara» per la presentazione delle offerte.

Le proposte economiche arrivate a via Nazionale a luglio - messe sul tavolo da fondi e avvoltoi internazionali - non erano adeguate (meno di 400 milioni su circa 1,5 miliardi di valore stimato) e la stessa autorità di vigilanza ha riaperto i termini. L' opzione che a palazzo Koch è più caldeggiata è quella di un solo acquirente per l' intero pacchetto. Oltre al destino dei correntisti, c' è anche il futuro dei lavoratori. Tant' è che il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ieri ha detto che «la priorità è la salvaguardia dei livelli occupazionali: eventuali disoccupati sarebbero cittadini italiani e non di altri paesi europei».


I movimenti e i contatti fra autorità e banchieri sono diventati più frenetici in questi giorni. Del resto, la nuova scadenza per le offerte è vicina: il 30 settembre. Anche se il presidente dei quattro istituti, Roberto Nicastro, ha dichiarato che «non sono esclusi tempi supplementari».

E mentre le good bank riducono le perdite a 134 milioni nel primo semestre, i negoziati proseguono con player stranieri e anche italiani: in questo senso, si parla di Ubibanca come possibile cavaliere bianco. Secondo gli esperti di Equita, l' acquisto delle quattro good bank, costringerebbe il top management di Ubi a chiedere un sacrificio ai soci, con un aumento di capitale che si aggirerebbe attorno al mezzo miliardo di euro.


Ma se questo fosse il prezzo finale, sarebbero dolori per Intesa, Unicredit e lo stesso istituto guidato da Victor Massiah che lo scorso anno avevano anticipato, con un finanziamento ponte, ben 1,6 miliardi a Etruria, Chieti, Ferrara e Marche per evitare l' interruzione delle attività. Un saldo pesantemente negativo per l' operazione che si trasformerebbe in un' altra mazzata per il sistema bancario italiano.
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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REFERENDUM COSTITUZIONALE
Referendum, la partita è ogni giorno più inquinata

Referendum Costituzionale
di Daniela Gaudenzi | 14 settembre 2016
COMMENTI (61)


Daniela Gaudenzi
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Non si sentiva davvero la mancanza di un’ulteriore interferenza nella campagna referendaria nella quale non sono in gioco né “la stabilità” del paese, né il futuro politico di Matteo Renzi di cui in tanti preferiremmo di non dovercene occupare, né il volume degli investimenti stranieri in Italia più collegabile a fattori molto concreti come l’efficienza della PA, la celerità della giustizia civile, il ripristino della legalità nelle aree controllate dalla criminalità organizzata.

Ogni giorno che ci avvicina alla fatidica data, peraltro sempre più incerta e suscettibile di tutti gli slittamenti di comodo per il governo visto che il fronte del Sì nonostante lo strapotere di cui gode non è per niente sicuro di vincere, allontana il cittadino dall’oggetto del voto e lo schiaccia sotto una mostruosa mole di propagandanemmeno lontanamente pertinente per convincerlo che se la riforma non passa il paese sprofonda in un baratro senza fine: un allarme terroristico che rimanda alle paure cosmiche da anno mille.

Dopo “il fronte europeo” che ci imporrebbe la riforma costituzionale, un baluardo anche contro il terrorismo secondo Maria Elena Boschi, e dopo “i giornaloni” esteri economici e non è arrivato l’ambasciatore americano che guardacaso frequenta assiduamente la Toscana a sentenziare “L’Italia deve avere stabilità di governo se vuole attrarre gli investimenti stranieri“.

Nel merito si tratta di una considerazione banale e superflua oltre che indebita che non avrebbe avuto nessuna ragione d’essere se il nostro presidente del Consiglio non avesse usato una cosa molto seria come la riforma della Costituzione per blindare la sua permanenza a palazzo Chigi salvo la retromarcia, imposta dal calo vertiginoso del suo consenso, e fuori tempo massimo.


Come ha ricordato puntualmente anche Bersani da Floris la cosiddetta “personalizzazione” del voto referendario ha creato tutte le condizioni per favorire la spirale speculativa e le manovre connesse. Senza contare che è stata qualcosa di molto più grave dal punto di vista istituzionale e cioè il tentativo dell’esecutivo di condizionare la libertà di scelta sul merito del quesito, già occultato dagli slogan preconfezionati del fronte del Sì, con presunte conseguenze negative e non collegabili come la caduta del governo o il voto anticipato che, peraltro a Costituzione vigente, non sono nelle mani di Renzi.


Ha fatto bene Mattarella, pur con la sua flebile voce, a ricordare sommessamente da Sofia che “l’evento è seguito anche all’estero,ma la sovranità spetta agli elettori“. E per smorzare un po’ l’impatto dell’intervento dell’ambasciatore Usa, che forse in questo momento farebbe meglio ad occuparsi della campagna elettorale più scadente degli ultimi cinquant’anni nel suo paese, è andato un po’ oltre e ha fatto riferimento al coinvolgimento europeo sulla Brexit.

In area di governo è tutta una gara a ridimensionare l’uscita di Phillips, propiziata più o meno direttamente dalla propaganda renziana e per zittire i comitati per il No che hanno denunciato la gravità dell’ingerenza.

A Tagadà nelle vesti di pompiere Nicola Latorre si è arrampicato sugli specchi per mettere sullo stesso piano il referendum sulla Brexit che coinvolgeva direttamente i paesi europei e che aveva un oggetto prevalentemente economico con quello che riscrive maldestramente la nostra Costituzione, ci affibbia un Senato non eletto e prevede un iter legislativo caotico. E fino ad ora, mentre si moltiplicano le manovre incrociate su Italicum e date interconnesse, grazie al prepotente ritorno in scena dell’emerito bis-presidente, non abbiamo nessun elemento di certezza sul giorno in cui eserciteremo la nostra molto citata “sovranità popolare”.
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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NON DORMIRE SUGLI ALLORI


Il sondaggio di Mentana del lunedì, vede una diminuizione degli incerti a favore del NO.

SI 30,1 %
NO 34,1 %
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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1 OTT 2016 16:03
NAPOLITANO SEMPRE PIÙ NONNO BABYSITTER DI RENZI : ‘’NON SI È PARTITI BENE: SI SONO COMMESSI MOLTI ERRORI CHE HANNO FACILITATO LA CAMPAGNA DEL NO. TANTO PERSONE SI SONO OPPOSTE ALLA RIFORMA PERCHÈ ERANO CONTRO RENZI"


- CONTRO RENZI, ZAGREBELSKY EVOCA LA COSTITUZIONE DI BOKASSA



1. REFERENDUM, NAPOLITANO: 'TANTI ERRORI HANNO FACILITATO NO. CON SÌ PARLAMENTO TORNA DEGNO'

Ansa.it - "Non si è partiti bene: si sono commessi molti errori che hanno facilitato la campagna del No". Lo afferma il presidente emerito Giorgio Napolitano parlando alla scuola di formazione politica del Pd. "Se vince il referendum istituzionale, avremo la possibilità di tornare a rendere il Parlamento un luogo degno", ha detto Napolitano. "Tra decreti e fiducie - ha aggiunto - il Parlamento è stato ridotto uno straccio. Tutto questo può finire con questa riforma".
"Sì, Renzi ha capito. Ma il tempo conta, ed è tanto che persone si sono opposte alla riforma perchè erano contro Renzi".
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

camillobenso ha scritto:1 OTT 2016 16:03
NAPOLITANO SEMPRE PIÙ NONNO BABYSITTER DI RENZI : ‘’NON SI È PARTITI BENE: SI SONO COMMESSI MOLTI ERRORI CHE HANNO FACILITATO LA CAMPAGNA DEL NO. TANTO PERSONE SI SONO OPPOSTE ALLA RIFORMA PERCHÈ ERANO CONTRO RENZI"


- CONTRO RENZI, ZAGREBELSKY EVOCA LA COSTITUZIONE DI BOKASSA



1. REFERENDUM, NAPOLITANO: 'TANTI ERRORI HANNO FACILITATO NO. CON SÌ PARLAMENTO TORNA DEGNO'

Ansa.it - "Non si è partiti bene: si sono commessi molti errori che hanno facilitato la campagna del No". Lo afferma il presidente emerito Giorgio Napolitano parlando alla scuola di formazione politica del Pd. "Se vince il referendum istituzionale, avremo la possibilità di tornare a rendere il Parlamento un luogo degno", ha detto Napolitano. "Tra decreti e fiducie - ha aggiunto - il Parlamento è stato ridotto uno straccio. Tutto questo può finire con questa riforma".
"Sì, Renzi ha capito. Ma il tempo conta, ed è tanto che persone si sono opposte alla riforma perchè erano contro Renzi".



2. E ZAGREBELSKY EVOCA LA COSTITUZIONE DI BOKASSA
Fabrizio Roncone per Corriere.it

Sono arrivati puntuali e nei camerini de La7 , al trucco, è andata così.
Il premier: di ritorno da Gerusalemme e in palla, molto sicuro, molte pacche sulle spalle, sorrisi, ironia (e comunque è quasi impossibile accorgersi di quando gli gira storto; ci riescono in pochi, e tra i pochi c' è Filippo Sensi, il portavoce, che però non te lo direbbe nemmeno sotto tortura).

Il professore: con l' aria che ti aspetti, le rughe severe da giurista di rango assoluto, da ex presidente della Consulta, da celebre ispiratore di appelli politici e, adesso, da lider maximo nella campagna del «No» al referendum costituzionale.

Matteo Renzi esce in corridoio: «Oh, ragazzi… Cominciamo?». Enrico Mentana guarda l' orologio.
Sì: il primo grande confronto della campagna referendaria può iniziare.
Sigla.

(A questo punto, dovete tenere a mente due sole cose: Renzi ha molta più dimestichezza con le telecamere; ma il professor Gustavo Zagrebelsky insegna Diritto costituzionale.
Quindi, in qualche modo, partono alla pari).

E partono con scintille. Renzi prova ad andare piano, diplomatico. Zagrebelsky replica affilato: «Beh, intanto mai avrei potuto sperare di incontrare il premier in persona, al massimo il ministro Boschi… Anzi, se poi può mettere una buona parola pure con il ministro…».

Prende fiato, e prosegue: «Rilevo inoltre che il premier ha cambiato idea su gufi, rosiconi e parrucconi: altrimenti non avrebbe perso tempo, stasera, con uno di loro…». Renzi, sguardo di fuoco. Deglutisce. Glielo leggi in faccia che si sta ripetendo: stai calmo, Matteo, calmo. «Prof, venga al merito».
Mentana gongola.


Dopo venti minuti, la sensazione è questa: il professore cerca di buttarla sul tecnico, usa termini che probabilmente comprende un ascoltatore su cinque e continua a graffiare: «Anche lei è un costituzionalista, Renzi, no?»; ma Renzi non cade nella provocazione e, invece, accetta lo scontro: dimostrando di maneggiare argomenti, concetti, Costituzione.

«Del resto, professore, io ho studiato Diritto costituzionale sui suoi libri…». Gli argomenti di Zagrebelsky: dice che con la riforma rischiamo di passare da una democrazia a una oligarchia e che il ping-pong delle leggi tra Camera e Senato non deriva dal bicameralismo, ma dalle forze politiche; poi, evoca la Costituzione di Bokassa. È così che, lentamente, il confronto scivola allora su un terreno più congeniale a Renzi. Quello del botta e risposta. Della velocità dialettica. Del comizio tivù.


Battute. Il professore: «Ma mi ascolta?». Il premier: «Lei deve fare pace con se stesso, con i suoi articoli e le sue interviste». Il professore: «Quando parlo, scusi: perché mi guarda così? Io dico solo che lei, Renzi, vuole regole per essere più forte…». Il premier: «Va bene: posso annunciarle che, come Pd, prenderemo l' iniziativa per cambiare l' Italicum. Dunque, questo dibattito che stiamo facendo potrebbe anche essere inutile…».

In realtà, con il trascorrere dei minuti, il dibattito diventa scivoloso, inafferrabile, in qualche passaggio francamente incomprensibile (Mentana, in un paio di circostanze, costretto a tradurre i concetti del professore). Comunque: Renzi, sempre più sicuro. Zagrebelsky, sempre più dottorale.

Cinque minuti a parlare di Leopoldo Elia. Altri cinque dedicati al «bicameralismo paritario». Più volte citato Silvio Berlusconi (Zagrebelsky con smorfie piene d'un miscuglio di fastidio e disprezzo). Poi Renzi annuncia: «Comunque il sistema dei "capilista" bloccati non piace neanche a me. È una delle cose che vorrei cambiare.E quanto a Berlusconi: sa perché è finito il patto del Nazareno? Perché sono libero. E infatti adesso Berlusconi voterà "No" al referendum: come lei, professore».

Mentana manda la pubblicità.
Si riprende con il professor Zagrebelsky che torna con toni ancora più tragici. Se ne accorge: «Mhmm… So che mi state per interrompere…». E Renzi: «No. Però lei non è che può fare il professore che interroga, eh?».
Sono le 23.15.
Mentana, ci pensi tu?
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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Il Financial Times ci ripensa e si schiera per il "No"
Una vera e propria inversione a U. Il Financial Times dopo aver tifato per il "Sì" adesso si schiera col fronte del No


Claudio Torre - Mar, 04/10/2016 - 21:12
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Una vera e propria inversione a U. Il Financial Times dopo aver tifato per il "Sì" adesso si schiera col fronte del No.


Tony Barber, che solo qualche mese fa aveva sprecato fiumi di inchiostro per osannare il "sì" adesso punta il dito contro la riforma fortemente voluta dal premier: "Faranno poco per migliorare la qualità del governo, della legislazione e della politica", perché "quello di cui l'Italia ha bisogno non sono più leggi da approvare più rapidamente ma meno leggi e migliori". L'editorialista è chiaro: il punto è che "le riforme costituzionali faranno ben poco per migliorare la qualità del governo, della legislazione e della politica".

Poi cita qualche esempio: "Il Parlamento italiano ha approvato più leggi di Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito. Nonostante Renzi non abbia la maggioranza al Senato, il suo governo ha approvato la riforma del mercato del lavoro e le agevolazioni fiscali che sono al centro del suo programma". Infine la bocciatura chiara del Sì al referendum: "È una cattiva riforma", che consegna il potere "alla maggioranza per cinque anni".
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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....LA TRUFFA ALL'ITALIANA......





Referendum, ricorso al Tar: "Quel quesito è una truffa
A presentare il ricorso M5S e Sinistra Italiana: "La domanda è ingannevole e potrebbe confonde gli elettori"


Luca Romano - Mer, 05/10/2016 - 14:08
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Scatta il ricorso al Tar. "Il quesito così formulato finisce per tradursi in una sorta di spot pubblicitario, tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del Governo che ha preso l’iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale".


Così gli avvocati Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi (che attualmente difendono i ricorrenti messinesi dinanzi alla Consulta nel giudizio per l’incostituzionalità dell’Italicum), motivano il ricorso al Tar contro la scheda per il referendum costituzionale del 4 dicembre. I due legali lo fanno nella loro qualità di elettori e di esponenti del Comitato Liberali x il NO e del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e i senatori Vito Claudio Crimi (Mov5Stelle) e Loredana De Petris (Sinistra Italiana-SEL), anche nella loro qualità di delegati di un gruppo di senatori richiedenti il referendum costituzionale oppositivo. Il motivo del ricorso è abbastanza chiaro e punta proprio su come è formulata la domanda. I ricorrenti lamentano che il quesito predisposto dal Quirinale "non tiene conto di quanto stabilito dall’art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione degli articoli revisionati e di ciò che essi concernono". Il quesito referendario "predisposto dagli Uffici del Quirinale, su proposta del Governo, oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, alcuni dei quali ben più importanti di quelli citati (come la nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione, che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il c. d. contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria".

Poi Crimi rincara la dose: "Il testo del quesito, infatti, contrariamente a quanto previsto dall’art. 16 della Legge n. 352 del 1970 non specifica l’indicazione degli articoli oggetto di revisione e di ciò che essi concernono e risulta, pertanto, palesemente ingannevole per i cittadini. Quindi vista dunque, la delicatezza della materia oggetto del referendum, ovvero la nostra Costituzione ed i nostri diritti fondamentali, è necessario modificare il testo inserito sulla scheda di votazione che è totalmente fuorviante dalla realtà e rappresenta per i cittadini una vera e propria truffa" spiega il portavoce dei cittadini al Senato. Insomma il quesito referendario potrebbe subire qualche modifica e soprattutto perché gli elettori possano comprendere davvero su cosa viene chiesto il loro voto.
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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…………………………...............………………………..NO
Il presidente della Repubblica sarà eletto da deputati e senatori (730 in tutto), ma i secondi saranno così pochi (100) da risultare ininfluenti rispetto ai primi (630). Comanderà la Camera cioè il premier che la Controlla. Dalla settima votazione bastano i 3/5 dei partecipanti al voto: anche 220 elettori su 366 (quorum minimo).

…………………………...............………………………..NO
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

L’INIZIATIVA
“Noi, studenti
di tutta Italia,
in piazza
per il nostro No”

» MARTINA CARPANI *
Siamo studenti, da
mesi mobilitati per
rispondere alle passerelle
del governo nelle università
e nelle
scuole. Ci
siamo attivati
sui
litorali e
con il porta
a porta.
E ora, scendiamo
in piazza
e vi invitiamo a scendere in
piazza con noi il 7 ottobre
per iniziare il nostro autunno
contro la “deforma”
costituzionale. Abbiamo
già subito troppe riforme
calate dall’alto, dalla Buona
Scuola al Jobs Act e lo
Sblocca Italia, che ha tolto
decisionalità ai nostri territori.
Ora, con la scusa
della “ve lo cit à”, si accentra
il potere e si rende il
Parlamento ostaggio degli
interessi del partito di
maggioranza, eletto con
l’Italicum. Siamo stanchi
di subire. Questa riforma
serve solo a rendere più
veloci le decisioni dell’1%
sulle nostre vite. Noi studenti
non siamo conservatori,
ma riteniamo che le
priorità del Paese siano altre:
l’istruzione, il lavoro,
la sanità, l’ambiente. Questa
riforma non serve a
nessuno. E votiamo No
perché vogliamo che il dibattito
esca dai talk show
ed entri nelle strade e nelle
case.
*Coordinatrice Nazionale
Rete della Conoscenza
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