IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
L’INTERVISTA
Gianfranco Pasquino ”Napolitano entri nel merito della legge di riforma”
“Guerra? No, i toni li alzano quelli del Sì”
» SILVIA TRUZZI
Guerra”, c’informa il direttore
di Repubblica, è la parola
che più spesso è stata evocata
durante il suo colloquio
apparso sul giornale di
ieri con Giorgio Napolitano.
Abbiamo chiesto al professor
Pasquino, professore emerito
di Scienza politica dell’Alma
Mater schierato per il No, cosa
pensa delle dichiarazioni
“p a c i f is t e ” del presidente emerito.
“Ci sono errori di partenza.
È stato l’esecut ivo,
dall’inizio, a chiedere il referendum
che invece secondo
l’articolo 138 è uno strumento
agibile da 5 consigli regionali,
un quinto dei parlamentari e
500mila elettori. Il governo
doveva dire: noi facciamo la
riforma, il Parlamento la approva
e gli oppositori facciano
il loro mestiere”.
Napolitano ha detto: “Forse
bisogna riflettere se fu giusto
prevedere nell’apposita
mozione parlamentare, la
facoltà di sottoporre comunque
a referendum il testo
di riforma”.
Il referendum è una possibilità
accordata alle minoranze
dalla Costituzione, non è una
concessione. È uno strumento,
tecnicamente, oppositivo.
Secondo il Presidente, Renzi
ha sbagliato a personalizzare,
ma è ingiustificabile
anche la personalizzazione
alla rovescia operata dalle
opposizioni ”facendo del referendum
il terreno di un attacco
radicale a chi guida il
Pd e il governo del Paese”.
È sbagliata la sequenza. Renzi
ha rivendicato le riforme e ha
ripetutamente affermato che
in caso di sconfitta si sarebbe
dimesso. Da subito, nei miei
interventi, ho usato la parola
plebiscito. Tanto è vero che
Napolitano mi ha chiesto, a
voce, ragione di questo termine.
E poi lui, in un’intervista
alla Stampa, ha parlato di “e ccesso
di personalizzazione”.
Tutto parte dal premier.
“La riforma non è né di Renzi
né di Napolitano”.
Il ministro Boschi e lo stesso
Renzi hanno detto che è stato
il Capo dello Stato, nel conferire
il mandato
al governo, a
chiedere le riforme.
Dopo di
che io gli chiedo:
sono queste le
tue riforme? Avresti fatto esattamente
queste riforme?
Ne dico una: ti riconosci nel
fatto che il Presidente della
Repubblica nomina 5 senatori
in una Camera che dovrebbe
essere delle Regioni e rappresenta
gli enti territoriali e
non la Nazione? Dovrebbe rispondere
punto per punto. E
non lo fa.
Secondo Napolitano, “m e ttere
a rischio la continuità
del governo
oggi es
p o n e i l
Paese a ser
i e i n cog
ni te”. La
cosa è div
e n t a t a
più grave
dopo il referen
du m
b r i t a n n ico.
Il governo
inglese ha risolto
il problema
in due settimane! E se
vincesse il No, Renzi non dovrebbe
far altro che andare da
Matterella e dirgli di formare
un nuovo governo, con la
stessa maggioranza, ma con
un presidente del Consiglio
diverso. Non vedo drammi.
Insomma, c’è questa guerra
o no?
No, guerra no. Sento toni sopra
le righe, e più dalla parte
del Sì. Non capisco l’e s a s p erazione:
dopo dovremo comunque
convivere. Ricordo
un deplorevole articolo firmato
da Salvatore Vassallo ed
Elisabetta Gualmini , in cui si
diceva che tra i firmatari del
manifesto per il No 14 erano
stati giudici costituzionali e
dieci avevano goduto delle
vorticose rotazioni alla presidenza
della Consulta basate
sull’anzianità e sono “e m e r iti”,
con annessi privilegi. E facevano
notare che, tra questi
supersaggi, l’età media supera
gli 81 anni. Cioè vecchi illustri,
carichi di onori e forse
anche di denaro: uno dei punti
più bassi toccati dalla propaganda
del Sì.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Da il Fatto del 11 settembre 2016
Gianfranco Pasquino ”Napolitano entri nel merito della legge di riforma”
“Guerra? No, i toni li alzano quelli del Sì”
» SILVIA TRUZZI
Guerra”, c’informa il direttore
di Repubblica, è la parola
che più spesso è stata evocata
durante il suo colloquio
apparso sul giornale di
ieri con Giorgio Napolitano.
Abbiamo chiesto al professor
Pasquino, professore emerito
di Scienza politica dell’Alma
Mater schierato per il No, cosa
pensa delle dichiarazioni
“p a c i f is t e ” del presidente emerito.
“Ci sono errori di partenza.
È stato l’esecut ivo,
dall’inizio, a chiedere il referendum
che invece secondo
l’articolo 138 è uno strumento
agibile da 5 consigli regionali,
un quinto dei parlamentari e
500mila elettori. Il governo
doveva dire: noi facciamo la
riforma, il Parlamento la approva
e gli oppositori facciano
il loro mestiere”.
Napolitano ha detto: “Forse
bisogna riflettere se fu giusto
prevedere nell’apposita
mozione parlamentare, la
facoltà di sottoporre comunque
a referendum il testo
di riforma”.
Il referendum è una possibilità
accordata alle minoranze
dalla Costituzione, non è una
concessione. È uno strumento,
tecnicamente, oppositivo.
Secondo il Presidente, Renzi
ha sbagliato a personalizzare,
ma è ingiustificabile
anche la personalizzazione
alla rovescia operata dalle
opposizioni ”facendo del referendum
il terreno di un attacco
radicale a chi guida il
Pd e il governo del Paese”.
È sbagliata la sequenza. Renzi
ha rivendicato le riforme e ha
ripetutamente affermato che
in caso di sconfitta si sarebbe
dimesso. Da subito, nei miei
interventi, ho usato la parola
plebiscito. Tanto è vero che
Napolitano mi ha chiesto, a
voce, ragione di questo termine.
E poi lui, in un’intervista
alla Stampa, ha parlato di “e ccesso
di personalizzazione”.
Tutto parte dal premier.
“La riforma non è né di Renzi
né di Napolitano”.
Il ministro Boschi e lo stesso
Renzi hanno detto che è stato
il Capo dello Stato, nel conferire
il mandato
al governo, a
chiedere le riforme.
Dopo di
che io gli chiedo:
sono queste le
tue riforme? Avresti fatto esattamente
queste riforme?
Ne dico una: ti riconosci nel
fatto che il Presidente della
Repubblica nomina 5 senatori
in una Camera che dovrebbe
essere delle Regioni e rappresenta
gli enti territoriali e
non la Nazione? Dovrebbe rispondere
punto per punto. E
non lo fa.
Secondo Napolitano, “m e ttere
a rischio la continuità
del governo
oggi es
p o n e i l
Paese a ser
i e i n cog
ni te”. La
cosa è div
e n t a t a
più grave
dopo il referen
du m
b r i t a n n ico.
Il governo
inglese ha risolto
il problema
in due settimane! E se
vincesse il No, Renzi non dovrebbe
far altro che andare da
Matterella e dirgli di formare
un nuovo governo, con la
stessa maggioranza, ma con
un presidente del Consiglio
diverso. Non vedo drammi.
Insomma, c’è questa guerra
o no?
No, guerra no. Sento toni sopra
le righe, e più dalla parte
del Sì. Non capisco l’e s a s p erazione:
dopo dovremo comunque
convivere. Ricordo
un deplorevole articolo firmato
da Salvatore Vassallo ed
Elisabetta Gualmini , in cui si
diceva che tra i firmatari del
manifesto per il No 14 erano
stati giudici costituzionali e
dieci avevano goduto delle
vorticose rotazioni alla presidenza
della Consulta basate
sull’anzianità e sono “e m e r iti”,
con annessi privilegi. E facevano
notare che, tra questi
supersaggi, l’età media supera
gli 81 anni. Cioè vecchi illustri,
carichi di onori e forse
anche di denaro: uno dei punti
più bassi toccati dalla propaganda
del Sì.
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Da il Fatto del 11 settembre 2016
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
QUA, CARO AMBASCIATORE PHILLIPS, QUELLO CHE LEI CHIAMA ENDORSEMENT, SI CHIAMA RICATTO.
“Referendum, se vince il no addio investimenti”
Così l’ambasciatore Usa fa l’endorsement a Renzi
john phillips pp
Referendum Costituzionale
A una settimana dalla visita di Matteo Renzi alla Casa Bianca, l’ambasciatore americano fa il suo endorsement alle riforme del premier. E a quella più importante: il referendum. Secondo lui una vittoria del no sarebbe un “passo indietro” per attrarre gli investimenti stranieri in Italia. Resta una “decisione italiana”, precisa Phillips, ma “l’Italia deve garantire di avere una stabilità di governo” proprio per attrarre investimenti. Perché, prosegue Phillips, “63 governi in 63 anni non danno garanzie”
“Referendum, se vince il no addio investimenti”
Così l’ambasciatore Usa fa l’endorsement a Renzi
john phillips pp
Referendum Costituzionale
A una settimana dalla visita di Matteo Renzi alla Casa Bianca, l’ambasciatore americano fa il suo endorsement alle riforme del premier. E a quella più importante: il referendum. Secondo lui una vittoria del no sarebbe un “passo indietro” per attrarre gli investimenti stranieri in Italia. Resta una “decisione italiana”, precisa Phillips, ma “l’Italia deve garantire di avere una stabilità di governo” proprio per attrarre investimenti. Perché, prosegue Phillips, “63 governi in 63 anni non danno garanzie”
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
camillobenso ha scritto:QUA, CARO AMBASCIATORE PHILLIPS, QUELLO CHE LEI CHIAMA ENDORSEMENT, SI CHIAMA RICATTO.
“Referendum, se vince il no addio investimenti”
Così l’ambasciatore Usa fa l’endorsement a Renzi
john phillips pp
Referendum Costituzionale
A una settimana dalla visita di Matteo Renzi alla Casa Bianca, l’ambasciatore americano fa il suo endorsement alle riforme del premier. E a quella più importante: il referendum. Secondo lui una vittoria del no sarebbe un “passo indietro” per attrarre gli investimenti stranieri in Italia. Resta una “decisione italiana”, precisa Phillips, ma “l’Italia deve garantire di avere una stabilità di governo” proprio per attrarre investimenti. Perché, prosegue Phillips, “63 governi in 63 anni non danno garanzie”
^^^^^^^
Referendum, “se vince il no, passo indietro e addio investimenti”. Così l’ambasciatore Usa fa l’endorsement a Renzi
Referendum Costituzionale
Phillips: "E' una decisione italiana, ma l'Italia deve garantire di avere una stabilità di governo". Il premier alla Casa Bianca il 18 ottobre. Salvini: "Il diplomatico si faccia gli affari suoi". Forza Italia: "Più che un auspicio, è un'entrata a gamba tesa negli affari interni italiani. Intervenga Mattarella". Sinistra Italiana: "Dopo lo svizzero Marchionne, gli americani"
di F. Q. | 13 settembre 2016
COMMENTI (385)
Una vittoria del no al referendum costituzionale sarebbe un “passo indietro” per attrarre gli investimenti stranieri in Italia. E’ il parere dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, John Phillips, che è intervenuto a un convegno a Roma. Resta una “decisione italiana”, precisa l’ambasciatore, ma “l’Italia deve garantire di avere una stabilità di governo” proprio per attrarre investimenti. Perché, prosegue Phillips, “63 governi in 63 anni non danno garanzie”. Per Phillips, “il referendum offre una speranza e una opportunità per la stabilità di governo”. E quindi soprattutto per questo le grandi aziende “stanno osservando” quanto avviene in Italia. Tra le altre cose l’ambasciatore americano ha spiegato che Renzi “ha svolto un ruolo importante ed è considerato con grandissima stima da Obama che apprezza la sua leadership”. Il 18 ottobre il presidente del Consiglio italiana andrà a Washington per una cena di Stato alla Casa Bianca.
Una presa di posizione che fa arrabbiare chi è nel campo dei contrari alle riforme costituzionali volute da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. “Il signor ambasciatore Usa si faccia gli affari suoi e non interferisca, come troppe volte è già accaduto in passato, nelle vicende interne italiane – dichiara il segretario della Lega Nord Matteo Salvini – Spero che a novembre vinca Trump che ha già garantito che si occuperà delle questioni di casa sua. Se a votare sì al referendum sono i massoni, i banchieri e i poteri forti allora ancora più convintamente ci schieriamo per il no, ovvero per la libertà e il bene degli italiani”. Si aggiunge anche una buona parte di Forza Italia, che interviene con tre ex ministri.
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Renato Brunetta ✔ @renatobrunetta
#referendum Ricordiamo all'ambasciatore americano Phillips l'art. 1 della nostra Costituzione: la sovranità appartiene al popolo...italiano
11:31 - 13 Set 2016
37 37 Retweet 34 34 Mi piace
“Più che un auspicio – dice il senatore Altero Matteoli – è un’entrata a gamba tesa ingiustificata negli affari interni dell’Italia, eseguita su delega di un presidente alla fine del suo mandato”. “Ricordiamo all’ambasciatore americano Phillips l’articolo 1 della nostra Costituzione: la sovranità appartiene al popolo…italiano” aggiunge il capogruppo berlusconiano alla Camera Renato Brunetta. “Convinti che la saldezza delle alleanze occidentali sia fondamentale per un Paese come l’Italia, ma anche che oggi come oggi Putin valga mille volte Obama – chiude il cerchio il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri – riteniamo che l’Italia non sia una colonia e che non sia compito dell’ambasciatore americano in Italia pronunciarsi sul referendum costituzionale”. Gasparri chiede le scuse di Phillips, “che dimostra una mentalità padronale degna di altri tempi”. Ma è anche l’altro fronte del no a saltare sulla sedia.
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nicola fratoianni @NFratoianni
Dopo marchionne residente in Svizzera arriva anche il #si del l'ambasciatore americano. Tutto per l'interesse degli italiani. #noidiciamoNo
12:16 - 13 Set 2016
46 46 Retweet 44 44 Mi piace
“Dopo Marchionne residente in Svizzera oggi arriva anche il Sì dell’ambasciatore statunitense nel nostro Paese. Tutto naturalmente per l’interesse degli italiani. #noidiciamoNo” ribadisce Nicola Fratoianni, componente dell’esecutivo di Sinistra Italiana.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
LA CAMPAGNA DI BENITO - PINOCCHIO MUSSOLONI NON STA ANDANDO BENE, COME AVEVA PROMESSO IL PINOCCHIONE AL CONFERIMENTO DELL'INCARICO, QUANDO FACEVA TUTTO FACILE, PUR DI DIVENTARE DUCE.
ADESSO LA SOLITA ELITE, ENTRA IN FUNZIONE PER SOSTENERE IL PINOCCHIONE.
GLI AMERICANI GUARDINO IN CASA PROPRIA, PERCHE' NON ERANO MAI CADUTI COSI' IN BASSO PER UN'ELEZIONE DEL PRESIDENTE.
13 SET 2016 12:17
LO ZIO SAM VOTA "SI"
- L'AMBASCIATA USA METTE IL NASO SUL REFERENDUM: "IL NO SAREBBE UN PASSO INDIETRO PER GLI INVESTIMENTI STRANIERI IN ITALIA"
- ENDORSEMENT O INGERENZA?
da Ansa
1 - REFERENDUM: AMB. USA, 'NO' SAREBBE UN PASSO INDIETRO
Il 'no' al referendum sulla riforma costituzionale "sarebbe un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia". Lo ha detto l'ambasciatore Usa in Italia John Phillips intervenendo ad un incontro sulle relazioni transatlantiche organizzato oggi a Roma all'istituto di studi americani.
"Il referendum è una decisione italiana" ma il Paese "deve garantire stabilità politica. Sessantatrè governi in 63 anni non danno garanzia", ha aggiunto Phillips. Il voto sulle riforme costituzionali, ha insistito, "offre una speranza sulla stabilità di governo per attrarre gli investitori".
2 - AMBASCIATORE USA, OBAMA HA GRANDISSIMA STIMA DI RENZI
"Renzi ha svolto un compito importante ed è considerato con grandissima stima da Obama, che apprezza la sua leadership". Lo ha detto l'ambasciatore Usa in Italia John Phillips ad un incontro sulle relazioni transatlantiche ricordando che il presidente del Consiglio andrà negli Stati Uniti il 18 ottobre prossimo in occasione della cena di Stato offerta alla Casa Bianca dal presidente Usa Barack Obama.
ADESSO LA SOLITA ELITE, ENTRA IN FUNZIONE PER SOSTENERE IL PINOCCHIONE.
GLI AMERICANI GUARDINO IN CASA PROPRIA, PERCHE' NON ERANO MAI CADUTI COSI' IN BASSO PER UN'ELEZIONE DEL PRESIDENTE.
13 SET 2016 12:17
LO ZIO SAM VOTA "SI"
- L'AMBASCIATA USA METTE IL NASO SUL REFERENDUM: "IL NO SAREBBE UN PASSO INDIETRO PER GLI INVESTIMENTI STRANIERI IN ITALIA"
- ENDORSEMENT O INGERENZA?
da Ansa
1 - REFERENDUM: AMB. USA, 'NO' SAREBBE UN PASSO INDIETRO
Il 'no' al referendum sulla riforma costituzionale "sarebbe un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia". Lo ha detto l'ambasciatore Usa in Italia John Phillips intervenendo ad un incontro sulle relazioni transatlantiche organizzato oggi a Roma all'istituto di studi americani.
"Il referendum è una decisione italiana" ma il Paese "deve garantire stabilità politica. Sessantatrè governi in 63 anni non danno garanzia", ha aggiunto Phillips. Il voto sulle riforme costituzionali, ha insistito, "offre una speranza sulla stabilità di governo per attrarre gli investitori".
2 - AMBASCIATORE USA, OBAMA HA GRANDISSIMA STIMA DI RENZI
"Renzi ha svolto un compito importante ed è considerato con grandissima stima da Obama, che apprezza la sua leadership". Lo ha detto l'ambasciatore Usa in Italia John Phillips ad un incontro sulle relazioni transatlantiche ricordando che il presidente del Consiglio andrà negli Stati Uniti il 18 ottobre prossimo in occasione della cena di Stato offerta alla Casa Bianca dal presidente Usa Barack Obama.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
2 - AMBASCIATORE USA, OBAMA HA GRANDISSIMA STIMA DI RENZI
OBAMA SI E' SPUTTANATO A VITA,......E GLI AMERICANI PURE
https://www.youtube.com/watch?v=Ooi-BVYtGz8
OBAMA SI E' SPUTTANATO A VITA,......E GLI AMERICANI PURE
https://www.youtube.com/watch?v=Ooi-BVYtGz8
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
VEDI RAPPRESENTAZIONE DAGOSPIA, CHE FA ARRICCIARE IL NASO AI MERLI RENZINI
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 131934.htm
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 131934.htm
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
«Facciamo in modo che vada come nel 1946 – auspica “Contropiano” – e che anche questo monarca, peraltro del tutto privo di “investiture divine” o popolari, si tolga dai coglioni».
DA CONTROPIANO
LIBRE news
Referendum: la super-finanza teme per il suo uomo, Renzi
Scritto il 15/9/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Se il referendum controcostituzionale in Italia è più importante della Brexit e se a sostenerlo è il “Wall Street Journal” è proprio il caso di dire che nel nostro paese il gioco si va facendo duro».
Lo sostiene Sergio Cararo in un editoriale su “Contropiano”, partendo dal monitoraggio che “Repubblica” ha effettuato sulla stampa inglese: il quadro che emerge non è sorprendente ma decisamente inquietante, scrive Cararo, ricordando il monito di Jamie Dimon, Ceo di Jp Morgan, contro le costituzioni “troppo socialiste” dei paesi euromediterranei, senza contare «gli articoli terroristici prima del referendum britannico sulla Brexit».
Se la grande stampa anglosassone – dall’“Economist” al “New York Times” – rispecchia la voce del massimo potere finanziario mondiale, dopo «una serie di articoli preoccupati della situazione economica italiana», adesso a far paura è l’incerta sopravvivenza del governo Renzi, con le possibili ripercussioni sull’Unione Europea.
E il grande timore, naturalmente, si chiama referendum.
Per il “Wall Street Journal”, il voto d’autunno in Italia è «probabilmente più importante del Brexit».
Infatti, «i mercati sono concentrati sulla posta in gioco politica del referendum».
Una bocciatura degli elettori – altamente probabile, stando ai sondaggi – potrebbe travolgere Renzi.
Il vero costo per l’Italia? Il prolungamento della stagnazione economica, col peggioramento del debito pubblico e delle sofferenze bancarie.
Se la “Reuters” parla di «stabilità a rischio in Italia», il “New York Times” evidenzia tre possibili scenari negativi connessi al referendum sulla Costituzione.
Primo scenario: il referendum viene bocciato, Renzi si dimette, il Senato sopravvive e il sistema elettorale diventa proporzionale, rendendo ancora più difficile capire chi comanda: nuove elezioni, con Camera e Senato potenzialmente in mano a maggioranze diverse, e quindi ingovernabilità assoluta.
Oppure: Renzi sopravvive, ma deve accordarsi con Forza Italia sulla legge elettorale, trascurando l’economia e facendo “volare” i 5 Stelle.
O ancora, terzo scenario: se Renzi non riesce a risollevare l’economia, il M5S vince nel 2018.
O meglio stravince, «vista la debolezza del nuovo Senato».
Anche per il “Financial Times” Renzi ha sbagliato a personalizzare il referendum: «Molti italiani coglieranno l’occasione per votare contro», sperando di mandarlo a casa.
Unica via d’uscita: Bruxelles deve concedere a Renzi più spazio, allentando la morsa dell’austerity sull’Italia.
«Avrà effetto questa campagna di pressione e allarmismo dei giornali legati alle corporations sul referendum di autunno?», si domanda Cararo.
«Alla luce di come è andata con la Brexit potrebbe non funzionare. Ma gli inglesi, prima di arrivare al compromesso con la monarchia, almeno la testa di un re l’avevano tagliata.
Altrettanto è accaduto in Francia.
Si tratta di paesi dove la forza dell’identità del citoyen che ha diritto di decidere sulle sorti del proprio Stato è ancora molto consistente».
In Italia invece non siamo andato oltre i referendum, come quello – pur decisivo – del 1946, su monarchia o repubblica.
«Facciamo in modo che vada come nel 1946 – auspica “Contropiano” – e che anche questo monarca, peraltro del tutto privo di “investiture divine” o popolari, si tolga dai coglioni».
DA CONTROPIANO
LIBRE news
Referendum: la super-finanza teme per il suo uomo, Renzi
Scritto il 15/9/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Se il referendum controcostituzionale in Italia è più importante della Brexit e se a sostenerlo è il “Wall Street Journal” è proprio il caso di dire che nel nostro paese il gioco si va facendo duro».
Lo sostiene Sergio Cararo in un editoriale su “Contropiano”, partendo dal monitoraggio che “Repubblica” ha effettuato sulla stampa inglese: il quadro che emerge non è sorprendente ma decisamente inquietante, scrive Cararo, ricordando il monito di Jamie Dimon, Ceo di Jp Morgan, contro le costituzioni “troppo socialiste” dei paesi euromediterranei, senza contare «gli articoli terroristici prima del referendum britannico sulla Brexit».
Se la grande stampa anglosassone – dall’“Economist” al “New York Times” – rispecchia la voce del massimo potere finanziario mondiale, dopo «una serie di articoli preoccupati della situazione economica italiana», adesso a far paura è l’incerta sopravvivenza del governo Renzi, con le possibili ripercussioni sull’Unione Europea.
E il grande timore, naturalmente, si chiama referendum.
Per il “Wall Street Journal”, il voto d’autunno in Italia è «probabilmente più importante del Brexit».
Infatti, «i mercati sono concentrati sulla posta in gioco politica del referendum».
Una bocciatura degli elettori – altamente probabile, stando ai sondaggi – potrebbe travolgere Renzi.
Il vero costo per l’Italia? Il prolungamento della stagnazione economica, col peggioramento del debito pubblico e delle sofferenze bancarie.
Se la “Reuters” parla di «stabilità a rischio in Italia», il “New York Times” evidenzia tre possibili scenari negativi connessi al referendum sulla Costituzione.
Primo scenario: il referendum viene bocciato, Renzi si dimette, il Senato sopravvive e il sistema elettorale diventa proporzionale, rendendo ancora più difficile capire chi comanda: nuove elezioni, con Camera e Senato potenzialmente in mano a maggioranze diverse, e quindi ingovernabilità assoluta.
Oppure: Renzi sopravvive, ma deve accordarsi con Forza Italia sulla legge elettorale, trascurando l’economia e facendo “volare” i 5 Stelle.
O ancora, terzo scenario: se Renzi non riesce a risollevare l’economia, il M5S vince nel 2018.
O meglio stravince, «vista la debolezza del nuovo Senato».
Anche per il “Financial Times” Renzi ha sbagliato a personalizzare il referendum: «Molti italiani coglieranno l’occasione per votare contro», sperando di mandarlo a casa.
Unica via d’uscita: Bruxelles deve concedere a Renzi più spazio, allentando la morsa dell’austerity sull’Italia.
«Avrà effetto questa campagna di pressione e allarmismo dei giornali legati alle corporations sul referendum di autunno?», si domanda Cararo.
«Alla luce di come è andata con la Brexit potrebbe non funzionare. Ma gli inglesi, prima di arrivare al compromesso con la monarchia, almeno la testa di un re l’avevano tagliata.
Altrettanto è accaduto in Francia.
Si tratta di paesi dove la forza dell’identità del citoyen che ha diritto di decidere sulle sorti del proprio Stato è ancora molto consistente».
In Italia invece non siamo andato oltre i referendum, come quello – pur decisivo – del 1946, su monarchia o repubblica.
«Facciamo in modo che vada come nel 1946 – auspica “Contropiano” – e che anche questo monarca, peraltro del tutto privo di “investiture divine” o popolari, si tolga dai coglioni».
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Referendum Costituzionale
Referendum, confronto Renzi-Anpi. Smuraglia: “Carta stravolta”. Il premier: “Democrazia a rischio? Presa in giro”
Referendum Costituzionale
In 4mila a Bologna per seguire quella che sarebbe stata una "finalissima", se si fosse votato a ottobre. Il presidente dell'associazione dei partigiani resta più sul merito ed è più pacato. Il presidente-segretario scivola un po' di più sulla politica, finendo per parlare di jobs act. E poi elenca i partigiani che votano a favore, facendo arrabbiare l'ex partigiano: "Cattivo gusto"
di Diego Pretini | 15 settembre 2016
COMMENTI
Sarebbe stata la finalissima, se il voto fosse stato a ottobre (e invece non si sa). La madre di tutte le partite: i partigiani che non vogliono che si stravolga la loro Costituzione calibrata al milligrammo contro i rottamatori che vogliono fabbricare il futuro con semplicità, energia, velocità, forse fretta. Dopo che i renziani di ogni ordine e grado si sono occupati per mesi di cosa decideva, diceva, faceva l’Anpi sul referendum costituzionale, il presidente-segretario mantirenzi smuraglia 1ene la promessa e si concede al faccia a faccia: il sapore è quello dell’evento se non altro perché Renzi che si confronta testa-testa con qualcun altro è un inedito da quando è a Palazzo Chigi. Non bastano le sedie, centinaia di persone restano in piedi. Sono in 4mila a seguire la finalissima Renzi-Smuraglia, nonostante la pioggia, nonostante la materia sia complicatissima.
Alla fine della sfida con Carlo Smuraglia, avvocato ex partigiano, 93 anni eppure un ragazzino, tutti se ne vanno con le stesse idee di prima e d’altra parte nessuno si immaginava una cosa diversa. Ma se Renzi voleva davvero “scrivere la storia dei prossimi anni”, come aveva promesso poche ore prima in televisione, di sicuro non ha smuragliacominciato dalla serata della Festa dell’Unità di Bologna. Smuraglia scandisce, non alza la voce, aspetta il suo turno, se ne frega se qualche ultrà del sì, da così in basso, lo fischia o gli grida sopra. Renzi invece tiene il volume al massimo, arrossisce, si agita sulla sedia, si avvicina e si allontana il microfono come un vocalist. Ricorre all’attacco personale (“Sei stato parlamentare – dice a Smuraglia – perché non hai tagliato i deputati?”). Mette in mezzo beghe da giornaletti di cortile, peraltro già stantie di giorni (“L’Anpi non mi ha difeso quando mi ha attaccato la Gazzetta di Lucca“). Va fuori tema, anzi offtopic come direbbe il suo dizionario twitter: parla di D’Alema (D’Alema, ancora), di Grillo, delle unioni civili, perfino del jobs act (“Dovete dire grazie a chi ci ha creduto”). Bordata di fischi, “parliamo di referendum” scongiurano Lerner e Smuraglia, prima che la situazione trascenda.
Ma Renzi non resiste e alla fine anche lui fa il renziano, come fece la Boschi: elenca gli iscritti all’Anpi che annunciato il loro sì. I partigiani veri, ancora. Smuraglia resta deluso, una volta di più: “E ‘ una cosa di cattivo gusto parlare di quelli che votano sì e di quelli che votano no – dice in un’intervista al FattoTv nel video che segue – non si dovrebbe fare”.
Il merito, il merito, il merito. Sul merito resta più spesso Smuraglia, Renzi è attratto fatalmente dalla propaganda, che non è una parolaccia, ma è un’altra cosa, una cosa da politici. Il presidente dell’Anpi è avvantaggiato, forse, perché ha fatto per decenni l’avvocato. Il presidente del Consiglio è svantaggiato perché è più abituato ai comizi e agli slogan che non alle spiegazioni in punta di diritto. Però entrambi hanno la dote di parlare chiaro, da subito. “Ci schieriamo sul referendum – dice Smuraglia – perché nel nostro statuto c’è come obiettivo la difesa della Costituzione e questa è una riforma che vuole stravolgere il suo spirito”. Del governo e del suo presidente, ribadisce un attimo dopo, non ce ne frega nulla, anche nel 2006 “vincemmo il referendum e Berlusconi è rimasto”. E dall’altra parte il segretario del Pd parla di questo confronto più o meno come se fosse benedetto dal cielo perché bisogna togliere di mezzo “molte falsità”. “Si può votare sì, si può votare No. Ma dire che è in gioco la democrazia è una presa in giro per il popolo italiano”.
Confronto bello e civile con l’Anpi. Orgoglioso del dibattito che il @pdnetwork offre all’Italia. E adesso @bastaunsi per cambiare davvero!
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 15 settembre 2016
Il punto forte di Smuraglia è che “abbiamo perso molto tempo per una riforma fatta male”. Quello di Renzi è il solito: finora nessuno aveva mai fatto nulla e la riforma snellisce il corpaccione delle istituzioni dai “barocchismi” (dice così) e taglia un po’ di posti e di costi dei politici. Smuraglia spara all’articolo 70, ormai cavallo di battaglia del no: “Ve lo leggo” dice serio alle 22,31. A Lerner per poco non viene un coccolone: “No, vorremmo chiudere alle 11!”. Poi mira al Senato, “svirilizzato” lo chiama, “con pochi componenti, che sono non elettivi ed eletti non si sa come”. Ricorda che c’è una legge che prevede che i prof universitari vadano in aspettativa se eletti, mentre sindaci e consiglieri farebbero il doppio mestiere, “a mezzo tempo come si dice in Toscana”: Renzi non è l’unico toscano sul palco, Smuraglia ha vissuto parecchio a Pisa. Vuole smascherare quelle che gli sembrano specchietti per le allodole: ”Come si può incoraggiare la partecipazione aumentando da 50mila a 150mila le firme per leggi di iniziativa popolare?”.
Renzi replica che il referendum “riduce le poltrone, non gli spazi di democrazia”, in un Paese “con un eccesso politici e poca politica”. Di giochi di parole ne ha per tutti i gusti. Quando Smuraglia ricorda la forma scritta della nuova Costituzione – che fa venire il fiatone – lui fa il pieno di applausi dei suoi, sottolineando con sollievo che almeno “dalla crisi della democrazia si è passati alla crisi dell’ortografia”.
Se le danno, infine, soprattutto sul bicameralismo. “Non lo volevano paritario né la Dc né il Pci, cari amici e compagni” occhieggia il presidente del Consiglio. “Non si creano più due Camere, una viene ridotta quasi allo zero – risponde Smuraglia – Se si vuole ridurre il numero dei parlamentari si fa un’operazione trasversale, si riduce il numero sia alla Camera sia al Senato. Invece qui si tagliano solo 200 senatori. I deputati rimangono 630. Se si vogliono togliere poltrone, togliamole un po’ dappertutto”. Renzi replica come se davanti avesse Brunetta, o Fraccaro: “Pensi che sia stata una cosa semplice fare quello che per anni si è solo promesso e mai realizzato? Non ho memoria di tuoi atti parlamentari in cui hai proposto di dimezzare il numero dei parlamentari”. Ma l’arma della rottamazione stasera è spuntata. Al galantuomo di 93 anni, che combatte per una volta di più solo perché ci crede e non perché vuole una poltrona, della politica dei partiti gliene importa zero. Con lui, non può attaccare.
Gli applausi e i fischi si dividono equamente, non sono un metro di giudizio da tenere di conto in un confronto che sul palco è stato più civile di come vivono e vivranno la campagna elettorale le rispettive basi: da tifosi. Ci sono quelli del sì con i cartelli e gli slogan, nonni e nipoti insieme, ci sono quelli del no con il fazzoletto tricolore al collo, nonni e nipoti insieme. La claque di Renzi contesta Smuraglia fino a fischiare – forse per caso – anche quando cita Calamandrei, che alla Festa dell’Unità dovrebbe avere come minimo delle gigantografie. In un’altra occasione Renzi fa l’ospite, mantiene la forza di esibire il suo fair play. Interrompe Smuraglia per zittire qualche verso bovino che proviene dalla folla. “Abbiate il rispetto di ascoltare il presidente dell’Anpi” dice al microfono. E che cavolo (o forse peggio), conclude fuori dal microfono. Ma anche qui Smuraglia, l’ex combattente, non fa un plissé: “Non c’è problema. Non mi ha mai tolto la parola nessuno”.
di Diego Pretini | 15 settembre 2016
VIDEO N° 3:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09 ... o/3036335/
Referendum, confronto Renzi-Anpi. Smuraglia: “Carta stravolta”. Il premier: “Democrazia a rischio? Presa in giro”
Referendum Costituzionale
In 4mila a Bologna per seguire quella che sarebbe stata una "finalissima", se si fosse votato a ottobre. Il presidente dell'associazione dei partigiani resta più sul merito ed è più pacato. Il presidente-segretario scivola un po' di più sulla politica, finendo per parlare di jobs act. E poi elenca i partigiani che votano a favore, facendo arrabbiare l'ex partigiano: "Cattivo gusto"
di Diego Pretini | 15 settembre 2016
COMMENTI
Sarebbe stata la finalissima, se il voto fosse stato a ottobre (e invece non si sa). La madre di tutte le partite: i partigiani che non vogliono che si stravolga la loro Costituzione calibrata al milligrammo contro i rottamatori che vogliono fabbricare il futuro con semplicità, energia, velocità, forse fretta. Dopo che i renziani di ogni ordine e grado si sono occupati per mesi di cosa decideva, diceva, faceva l’Anpi sul referendum costituzionale, il presidente-segretario mantirenzi smuraglia 1ene la promessa e si concede al faccia a faccia: il sapore è quello dell’evento se non altro perché Renzi che si confronta testa-testa con qualcun altro è un inedito da quando è a Palazzo Chigi. Non bastano le sedie, centinaia di persone restano in piedi. Sono in 4mila a seguire la finalissima Renzi-Smuraglia, nonostante la pioggia, nonostante la materia sia complicatissima.
Alla fine della sfida con Carlo Smuraglia, avvocato ex partigiano, 93 anni eppure un ragazzino, tutti se ne vanno con le stesse idee di prima e d’altra parte nessuno si immaginava una cosa diversa. Ma se Renzi voleva davvero “scrivere la storia dei prossimi anni”, come aveva promesso poche ore prima in televisione, di sicuro non ha smuragliacominciato dalla serata della Festa dell’Unità di Bologna. Smuraglia scandisce, non alza la voce, aspetta il suo turno, se ne frega se qualche ultrà del sì, da così in basso, lo fischia o gli grida sopra. Renzi invece tiene il volume al massimo, arrossisce, si agita sulla sedia, si avvicina e si allontana il microfono come un vocalist. Ricorre all’attacco personale (“Sei stato parlamentare – dice a Smuraglia – perché non hai tagliato i deputati?”). Mette in mezzo beghe da giornaletti di cortile, peraltro già stantie di giorni (“L’Anpi non mi ha difeso quando mi ha attaccato la Gazzetta di Lucca“). Va fuori tema, anzi offtopic come direbbe il suo dizionario twitter: parla di D’Alema (D’Alema, ancora), di Grillo, delle unioni civili, perfino del jobs act (“Dovete dire grazie a chi ci ha creduto”). Bordata di fischi, “parliamo di referendum” scongiurano Lerner e Smuraglia, prima che la situazione trascenda.
Ma Renzi non resiste e alla fine anche lui fa il renziano, come fece la Boschi: elenca gli iscritti all’Anpi che annunciato il loro sì. I partigiani veri, ancora. Smuraglia resta deluso, una volta di più: “E ‘ una cosa di cattivo gusto parlare di quelli che votano sì e di quelli che votano no – dice in un’intervista al FattoTv nel video che segue – non si dovrebbe fare”.
Il merito, il merito, il merito. Sul merito resta più spesso Smuraglia, Renzi è attratto fatalmente dalla propaganda, che non è una parolaccia, ma è un’altra cosa, una cosa da politici. Il presidente dell’Anpi è avvantaggiato, forse, perché ha fatto per decenni l’avvocato. Il presidente del Consiglio è svantaggiato perché è più abituato ai comizi e agli slogan che non alle spiegazioni in punta di diritto. Però entrambi hanno la dote di parlare chiaro, da subito. “Ci schieriamo sul referendum – dice Smuraglia – perché nel nostro statuto c’è come obiettivo la difesa della Costituzione e questa è una riforma che vuole stravolgere il suo spirito”. Del governo e del suo presidente, ribadisce un attimo dopo, non ce ne frega nulla, anche nel 2006 “vincemmo il referendum e Berlusconi è rimasto”. E dall’altra parte il segretario del Pd parla di questo confronto più o meno come se fosse benedetto dal cielo perché bisogna togliere di mezzo “molte falsità”. “Si può votare sì, si può votare No. Ma dire che è in gioco la democrazia è una presa in giro per il popolo italiano”.
Confronto bello e civile con l’Anpi. Orgoglioso del dibattito che il @pdnetwork offre all’Italia. E adesso @bastaunsi per cambiare davvero!
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 15 settembre 2016
Il punto forte di Smuraglia è che “abbiamo perso molto tempo per una riforma fatta male”. Quello di Renzi è il solito: finora nessuno aveva mai fatto nulla e la riforma snellisce il corpaccione delle istituzioni dai “barocchismi” (dice così) e taglia un po’ di posti e di costi dei politici. Smuraglia spara all’articolo 70, ormai cavallo di battaglia del no: “Ve lo leggo” dice serio alle 22,31. A Lerner per poco non viene un coccolone: “No, vorremmo chiudere alle 11!”. Poi mira al Senato, “svirilizzato” lo chiama, “con pochi componenti, che sono non elettivi ed eletti non si sa come”. Ricorda che c’è una legge che prevede che i prof universitari vadano in aspettativa se eletti, mentre sindaci e consiglieri farebbero il doppio mestiere, “a mezzo tempo come si dice in Toscana”: Renzi non è l’unico toscano sul palco, Smuraglia ha vissuto parecchio a Pisa. Vuole smascherare quelle che gli sembrano specchietti per le allodole: ”Come si può incoraggiare la partecipazione aumentando da 50mila a 150mila le firme per leggi di iniziativa popolare?”.
Renzi replica che il referendum “riduce le poltrone, non gli spazi di democrazia”, in un Paese “con un eccesso politici e poca politica”. Di giochi di parole ne ha per tutti i gusti. Quando Smuraglia ricorda la forma scritta della nuova Costituzione – che fa venire il fiatone – lui fa il pieno di applausi dei suoi, sottolineando con sollievo che almeno “dalla crisi della democrazia si è passati alla crisi dell’ortografia”.
Se le danno, infine, soprattutto sul bicameralismo. “Non lo volevano paritario né la Dc né il Pci, cari amici e compagni” occhieggia il presidente del Consiglio. “Non si creano più due Camere, una viene ridotta quasi allo zero – risponde Smuraglia – Se si vuole ridurre il numero dei parlamentari si fa un’operazione trasversale, si riduce il numero sia alla Camera sia al Senato. Invece qui si tagliano solo 200 senatori. I deputati rimangono 630. Se si vogliono togliere poltrone, togliamole un po’ dappertutto”. Renzi replica come se davanti avesse Brunetta, o Fraccaro: “Pensi che sia stata una cosa semplice fare quello che per anni si è solo promesso e mai realizzato? Non ho memoria di tuoi atti parlamentari in cui hai proposto di dimezzare il numero dei parlamentari”. Ma l’arma della rottamazione stasera è spuntata. Al galantuomo di 93 anni, che combatte per una volta di più solo perché ci crede e non perché vuole una poltrona, della politica dei partiti gliene importa zero. Con lui, non può attaccare.
Gli applausi e i fischi si dividono equamente, non sono un metro di giudizio da tenere di conto in un confronto che sul palco è stato più civile di come vivono e vivranno la campagna elettorale le rispettive basi: da tifosi. Ci sono quelli del sì con i cartelli e gli slogan, nonni e nipoti insieme, ci sono quelli del no con il fazzoletto tricolore al collo, nonni e nipoti insieme. La claque di Renzi contesta Smuraglia fino a fischiare – forse per caso – anche quando cita Calamandrei, che alla Festa dell’Unità dovrebbe avere come minimo delle gigantografie. In un’altra occasione Renzi fa l’ospite, mantiene la forza di esibire il suo fair play. Interrompe Smuraglia per zittire qualche verso bovino che proviene dalla folla. “Abbiate il rispetto di ascoltare il presidente dell’Anpi” dice al microfono. E che cavolo (o forse peggio), conclude fuori dal microfono. Ma anche qui Smuraglia, l’ex combattente, non fa un plissé: “Non c’è problema. Non mi ha mai tolto la parola nessuno”.
di Diego Pretini | 15 settembre 2016
VIDEO N° 3:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09 ... o/3036335/
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
non si ha il coraggio di dire che diminuire il numero dei parlamentari è una grande puttanata contenuta nel programma P2 perche danneggia gli equilibri.I costituzionalisti avvertivano che il senato aveva bisogno di un numero fra i 150 e 200 membri per non compromettere gli equilibri.Ma poi diminuire il numero dei deputati comporta il rischio di maggioranze risicate ostaggio di pochi deputati.L'uk ha 650 deputati alla camera dei comuni e 1000 alla camera alta la Francia 630 all'assemblea nazionale e 325 al senato
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
la cosa più saggià è fare una riforma elettorale che al senato non assegni a nessun partito la maggioranza.In questo modo si ampliano gli scarti per eleggere gli organi di garanzia e non è possibile fare più riforme costituzionali a maggioranza semplice.Solo così la fine del bicameralismo perfetto è possibile
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