IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
il manifesto 29.9.16
Rino Formica: il voto sarà una bomba, come il referendum sulla Repubblica
Intervista. L’ex ministro: «Renzi autolesionista, ha sommato tutti i problemi del Paese. Se vince il No la cultura cattolica vigilerà»
intervista di Daniela Preziosi
«Il referendum sarà una bomba, sarà come quello sulla Repubblica. Scaverà nel tempo e porrà il problema della postdemocrazia dei partiti: senza democrazia o con più democrazia?». Domanda lancinante, e Rino Formica non ha dubbi: vincerà il No. Il socialista più volte ministro, uomo dalle celeberrime definizioni fulminanti – «la politica è sangue e merda» – è presidente onorario del comitato dei ’socialisti per il No’. Ma la «bomba» non è una profezia apocalittica da tifoso di un fronte. La «bomba» viene sganciata alla fine di un alto volo su molte «quistioni» (lo dice come lo diceva Gramsci). La principale: «La contro-riforma Renzi-Boschi rende irreversibile l’effetto disastroso dell’erosione del principio di rigidità costituzionale», insomma, tradotto, punta «a tornare allo Statuto Albertino, una costituzione flessibile, che poteva essere modificata con legge ordinaria e che consentì di cambiare la forma di stato. Tant’è che con lo statuto Albertino morì lo stato liberale e s’impose il fascismo». E tutto a sua volta per modificare la prima parte della Carta, «quella di norme valoriali che ha una sua ideologia politica di fondo: è una terza via. Che vincola i governi all’equità nella distribuzione, a una politica fiscale progressiva».
Cosa le fa credere che vincerà il no?
Il fronte del no è un minestrone di tante verdure diverse. Ma ormai la somma delle difficoltà del paese formano un agglomerato così vasto che alla prima occasione si può creare un rovesciamento, non senza sbocco, ma al buio.
Anche lei vede il rischio dell’autoritarismo?
No, uno peggiore: l’assenza di democrazia totale, l’anarchismo.
E se invece vincerà il no ci sarà il caos di cui parla Confindustria?
Ma no. Non dimentichiamo che ai vertici delle istituzioni, e dietro, in Italia c’è sempre l’antica millenaria saggezza.
Del presidente Mattarella?
Del mondo cattolico. E siccome non si può fare il papa re, ci sarà un governatore papalino. La grandezza della Chiesa è l’intercambiabilità dei personaggi dove quello che viene dopo non è mai in continuità con quello di prima perché è la scelta ad hoc per il tempo. La loro regola è ’c’è un tempo per’.
Ma Renzi non è uno della stessa parrocchia?
Ma no, Renzi viene da un mondo minore, di periferia. I toscani sono, senza offesa, i napoletani del centro-nord. Sono imbroglioni, mercanti e banchieri, massoni e cattolici, guelfi e ghibellini.
Per noi laici non c’è salvezza senza Chiesa?
I laici devono avere l’intelligenza di usare la risorsa di recupero di fiato che offre la Chiesa.
Per recuperare consenso in vista del referendum Renzi farà una finanziaria elettorale?
Alla storia degli elettori che si vendono per una mancia credo poco. Negli anni ’50 andavamo nella Bari vecchia e dicevamo: andate dai monarchici, prendetevi le scarpe e poi votategli contro. Succedeva così.
Ma ai vostri tempi le finanziarie elettorali le facevate.
No, facevamo un’altra cosa. Il ministro del Tesoro usciva da Palazzo Chigi con una riserva per poter concedere poco ai partiti di governo e molto al Pci. Per i comuni, la previdenza sociale, le pensioni. Il prezzo che si pagava per avere una grande opposizione che però non andava oltre.
Torniamo al dopo voto. Il Pd cambierà gestione?
Bersani oggi rappresenta l’area degli ingiustamente umiliati. E come diceva Che Guevara, gli umiliati sono una forza indomabile. Ma la vittoria del No aprirà la riorganizzazione di tutto il sistema politico. Tutta la realtà umiliata nel Pd e soprattutto quella, grande, stomacata. Che è la realtà vera dei 5 stelle. Gli stomacati di tutto il sistema, e anche della sinistra larga.
Per ora però questa sinistra larga è una galassia dispersa, divisa, rissosa.
Non importa. Il No sarà una sveglia. Non un fulmine ma un suono di campane. Gli ufficiali si vedranno sul campo.
Dica la verità, quando Renzi ha parlato di Ponte sullo Stretto le è venuto in mente Berlusconi o Craxi?
Ma no, Craxi era inorganico ai poteri costituiti. Renzi invece sceglie disinvoltamente tutti i giorni un potere da accattivarsi. Non ha il senso dello Stato, è un premier che va a dire ’caro Pietro’ al presidente di un’azienda che è in causa con lo Stato. Ormai crede di essere un re sole. Perché chi non è intelligente va a Palazzo Chigi ed è preso dalle vertigini dell’altezza. Perché tutti fanno capo lì, tutti vogliono qualcosa. E siccome lui non è in condizione di selezionare, sceglie secondo le convenienze. Oggi con i sindacati è finita, poi ha bisogno del consenso, allora riapre la Sala Verde. Poi la richiuderà.
Renzi passerà come è passato Berlusconi, che oggi ha ottant’anni?
Berlusconi è stato un traghettatore dalla politica dogmatica alla politica fru-fru dello spettacolo. Ma era uno spettacolo simpatico. Quello di oggi invece è uno spettacolo triste perché è sfacciatamente sprezzante nei confronti degli imbrogliati. Ma certo Berlusconi è il padre di Renzi, un figlio venuto male, un modello di strada.
Rino Formica: il voto sarà una bomba, come il referendum sulla Repubblica
Intervista. L’ex ministro: «Renzi autolesionista, ha sommato tutti i problemi del Paese. Se vince il No la cultura cattolica vigilerà»
intervista di Daniela Preziosi
«Il referendum sarà una bomba, sarà come quello sulla Repubblica. Scaverà nel tempo e porrà il problema della postdemocrazia dei partiti: senza democrazia o con più democrazia?». Domanda lancinante, e Rino Formica non ha dubbi: vincerà il No. Il socialista più volte ministro, uomo dalle celeberrime definizioni fulminanti – «la politica è sangue e merda» – è presidente onorario del comitato dei ’socialisti per il No’. Ma la «bomba» non è una profezia apocalittica da tifoso di un fronte. La «bomba» viene sganciata alla fine di un alto volo su molte «quistioni» (lo dice come lo diceva Gramsci). La principale: «La contro-riforma Renzi-Boschi rende irreversibile l’effetto disastroso dell’erosione del principio di rigidità costituzionale», insomma, tradotto, punta «a tornare allo Statuto Albertino, una costituzione flessibile, che poteva essere modificata con legge ordinaria e che consentì di cambiare la forma di stato. Tant’è che con lo statuto Albertino morì lo stato liberale e s’impose il fascismo». E tutto a sua volta per modificare la prima parte della Carta, «quella di norme valoriali che ha una sua ideologia politica di fondo: è una terza via. Che vincola i governi all’equità nella distribuzione, a una politica fiscale progressiva».
Cosa le fa credere che vincerà il no?
Il fronte del no è un minestrone di tante verdure diverse. Ma ormai la somma delle difficoltà del paese formano un agglomerato così vasto che alla prima occasione si può creare un rovesciamento, non senza sbocco, ma al buio.
Anche lei vede il rischio dell’autoritarismo?
No, uno peggiore: l’assenza di democrazia totale, l’anarchismo.
E se invece vincerà il no ci sarà il caos di cui parla Confindustria?
Ma no. Non dimentichiamo che ai vertici delle istituzioni, e dietro, in Italia c’è sempre l’antica millenaria saggezza.
Del presidente Mattarella?
Del mondo cattolico. E siccome non si può fare il papa re, ci sarà un governatore papalino. La grandezza della Chiesa è l’intercambiabilità dei personaggi dove quello che viene dopo non è mai in continuità con quello di prima perché è la scelta ad hoc per il tempo. La loro regola è ’c’è un tempo per’.
Ma Renzi non è uno della stessa parrocchia?
Ma no, Renzi viene da un mondo minore, di periferia. I toscani sono, senza offesa, i napoletani del centro-nord. Sono imbroglioni, mercanti e banchieri, massoni e cattolici, guelfi e ghibellini.
Per noi laici non c’è salvezza senza Chiesa?
I laici devono avere l’intelligenza di usare la risorsa di recupero di fiato che offre la Chiesa.
Per recuperare consenso in vista del referendum Renzi farà una finanziaria elettorale?
Alla storia degli elettori che si vendono per una mancia credo poco. Negli anni ’50 andavamo nella Bari vecchia e dicevamo: andate dai monarchici, prendetevi le scarpe e poi votategli contro. Succedeva così.
Ma ai vostri tempi le finanziarie elettorali le facevate.
No, facevamo un’altra cosa. Il ministro del Tesoro usciva da Palazzo Chigi con una riserva per poter concedere poco ai partiti di governo e molto al Pci. Per i comuni, la previdenza sociale, le pensioni. Il prezzo che si pagava per avere una grande opposizione che però non andava oltre.
Torniamo al dopo voto. Il Pd cambierà gestione?
Bersani oggi rappresenta l’area degli ingiustamente umiliati. E come diceva Che Guevara, gli umiliati sono una forza indomabile. Ma la vittoria del No aprirà la riorganizzazione di tutto il sistema politico. Tutta la realtà umiliata nel Pd e soprattutto quella, grande, stomacata. Che è la realtà vera dei 5 stelle. Gli stomacati di tutto il sistema, e anche della sinistra larga.
Per ora però questa sinistra larga è una galassia dispersa, divisa, rissosa.
Non importa. Il No sarà una sveglia. Non un fulmine ma un suono di campane. Gli ufficiali si vedranno sul campo.
Dica la verità, quando Renzi ha parlato di Ponte sullo Stretto le è venuto in mente Berlusconi o Craxi?
Ma no, Craxi era inorganico ai poteri costituiti. Renzi invece sceglie disinvoltamente tutti i giorni un potere da accattivarsi. Non ha il senso dello Stato, è un premier che va a dire ’caro Pietro’ al presidente di un’azienda che è in causa con lo Stato. Ormai crede di essere un re sole. Perché chi non è intelligente va a Palazzo Chigi ed è preso dalle vertigini dell’altezza. Perché tutti fanno capo lì, tutti vogliono qualcosa. E siccome lui non è in condizione di selezionare, sceglie secondo le convenienze. Oggi con i sindacati è finita, poi ha bisogno del consenso, allora riapre la Sala Verde. Poi la richiuderà.
Renzi passerà come è passato Berlusconi, che oggi ha ottant’anni?
Berlusconi è stato un traghettatore dalla politica dogmatica alla politica fru-fru dello spettacolo. Ma era uno spettacolo simpatico. Quello di oggi invece è uno spettacolo triste perché è sfacciatamente sprezzante nei confronti degli imbrogliati. Ma certo Berlusconi è il padre di Renzi, un figlio venuto male, un modello di strada.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Il 2 OTTOBRE AL BRANCALEONE LA SINISTRA ROMANA LANCIA LA SUA CAMPAGNA PER IL NO AL REFERENDUM
“Scuola, sanità, lavoro, partecipazione, beni pubblici. Per decenni la sinistra si è battuta per far rispettare e applicare temi e diritti che la Costituzione italiana esplicita in maniera chiara, ma che a volte, forse troppe volte, sono stati messi da parte e sovrastati da interessi di pochi poteri. Nel processo costituente, in cui gli uomini e le donne di sinistra hanno avuto un ruolo decisivo, furono inserite novità che per l’epoca furono rivoluzionarie e che ancora oggi, se venissero applicate potrebbero portare a una vera rivoluzione culturale del nostro Paese. Basti pensare al diritto alla salute, a quello al lavoro e all’abitare, all’introduzione del rifiuto della guerra e della possibilità per i cittadini di presentare proprie proposte di legge o bocciare quelle approvate tramite un referendum.
Oggi tutto questo si vuole stralciare e stravolgere. Si vuole comprimere la democrazia evitando che il popolo elegga i propri rappresentanti in Senato (che rimarrà con funzioni leggermente diverse), con elezioni di secondo grado come accade oggi per le Province. Si vuole aprire la strada alle privatizzazioni inserendo nel capitolo terzo un cavallo di troia per vanificare il percorso avviato con il referendum sull’acqua. Si cerca di smantellare quel che rimane del welfare statale, come sta accadendo per la sanità e l’istruzione.
In altre parole si vuole cambiare per estromettere il popolo dal processo decisionale. E non è un caso che si voglia un parlamento di nominati, si triplica il numero di firme necessarie per presentare proposte di leggi di iniziativa popolare o si innalza, a livelli quasi impossibili da raggiungere, l’asticella da superare per presentare un referendum abrogativo. In altre parole si vuole cambiare tutto per non cambiare niente.
Un uomo solo al comando potrebbe decidere le sorti del Paese, con un Parlamento che si limiterà a una funzione di ratifica delle leggi proposte dal Governo, come peraltro già fatto con l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Si parla di semplificazione dell’iter legislativo, ingarbugliando al contempo il processo di formazione delle leggi, proprio per lasciare al Governo mano libera su tutti i temi più delicati. D’altronde questo è quanto aveva chiesto qualche anno fa la JP Morgan, con le elite di tutta Europa che si sono immediatamente adeguate.
Il vero cambiamento come si può evincere non passa dalla riforma costituzionale. Il vero cambiamento lo si potrà avere solo con una vittoria del ‘NO’, avviando un vero processo di cambiamento delle politiche che devono avere come obiettivo l’applicazione della Costituzione in ogni sua parte. Se vince il “No” cambia tutto anche sul piano politico: persino un eventuale “Renzi bis” sarebbe costretto a rimettere in discussione l’ubriacatura oligarchica e decisionistica. Se vince il “Sì” tutto questo non cambia, anzi si consolida e cristallizza per sempre, portando alla nascita mascherata di una repubblica Semipresidenziale, anzichè Parlamentare, come più volte auspicato in passato da Craxi e Berlusconi.
Per ammissione degli stessi “padri costituenti 2.0″ (Boschi e Renzi) la riforma costituzionale poteva essere migliore. La carta fondamentale di ogni democrazia però dovrebbe essere perfetta. Per questo la sinistra, che riconosce i propri valori e ideali nella Costituzione attuale, non può stare da una parte a guardare, ma al contrario si impegnerà per il vero cambiamento, contro una modifica che vuole mantenere nelle mani di pochi il vero potere. Se vince il “No” non cambia la lettera della Costituzione, ma cambia radicalmente il segno delle riforme chieste dai cittadini.
Pensiamo che difendere la Costituzione richieda una larga partecipazione popolare, di tutte e tutti, anche per rilanciare la battaglia per la sua attuazione per affrontare i nuovi scenari come quello dei migranti e dell’Europa.
“Scuola, sanità, lavoro, partecipazione, beni pubblici. Per decenni la sinistra si è battuta per far rispettare e applicare temi e diritti che la Costituzione italiana esplicita in maniera chiara, ma che a volte, forse troppe volte, sono stati messi da parte e sovrastati da interessi di pochi poteri. Nel processo costituente, in cui gli uomini e le donne di sinistra hanno avuto un ruolo decisivo, furono inserite novità che per l’epoca furono rivoluzionarie e che ancora oggi, se venissero applicate potrebbero portare a una vera rivoluzione culturale del nostro Paese. Basti pensare al diritto alla salute, a quello al lavoro e all’abitare, all’introduzione del rifiuto della guerra e della possibilità per i cittadini di presentare proprie proposte di legge o bocciare quelle approvate tramite un referendum.
Oggi tutto questo si vuole stralciare e stravolgere. Si vuole comprimere la democrazia evitando che il popolo elegga i propri rappresentanti in Senato (che rimarrà con funzioni leggermente diverse), con elezioni di secondo grado come accade oggi per le Province. Si vuole aprire la strada alle privatizzazioni inserendo nel capitolo terzo un cavallo di troia per vanificare il percorso avviato con il referendum sull’acqua. Si cerca di smantellare quel che rimane del welfare statale, come sta accadendo per la sanità e l’istruzione.
In altre parole si vuole cambiare per estromettere il popolo dal processo decisionale. E non è un caso che si voglia un parlamento di nominati, si triplica il numero di firme necessarie per presentare proposte di leggi di iniziativa popolare o si innalza, a livelli quasi impossibili da raggiungere, l’asticella da superare per presentare un referendum abrogativo. In altre parole si vuole cambiare tutto per non cambiare niente.
Un uomo solo al comando potrebbe decidere le sorti del Paese, con un Parlamento che si limiterà a una funzione di ratifica delle leggi proposte dal Governo, come peraltro già fatto con l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Si parla di semplificazione dell’iter legislativo, ingarbugliando al contempo il processo di formazione delle leggi, proprio per lasciare al Governo mano libera su tutti i temi più delicati. D’altronde questo è quanto aveva chiesto qualche anno fa la JP Morgan, con le elite di tutta Europa che si sono immediatamente adeguate.
Il vero cambiamento come si può evincere non passa dalla riforma costituzionale. Il vero cambiamento lo si potrà avere solo con una vittoria del ‘NO’, avviando un vero processo di cambiamento delle politiche che devono avere come obiettivo l’applicazione della Costituzione in ogni sua parte. Se vince il “No” cambia tutto anche sul piano politico: persino un eventuale “Renzi bis” sarebbe costretto a rimettere in discussione l’ubriacatura oligarchica e decisionistica. Se vince il “Sì” tutto questo non cambia, anzi si consolida e cristallizza per sempre, portando alla nascita mascherata di una repubblica Semipresidenziale, anzichè Parlamentare, come più volte auspicato in passato da Craxi e Berlusconi.
Per ammissione degli stessi “padri costituenti 2.0″ (Boschi e Renzi) la riforma costituzionale poteva essere migliore. La carta fondamentale di ogni democrazia però dovrebbe essere perfetta. Per questo la sinistra, che riconosce i propri valori e ideali nella Costituzione attuale, non può stare da una parte a guardare, ma al contrario si impegnerà per il vero cambiamento, contro una modifica che vuole mantenere nelle mani di pochi il vero potere. Se vince il “No” non cambia la lettera della Costituzione, ma cambia radicalmente il segno delle riforme chieste dai cittadini.
Pensiamo che difendere la Costituzione richieda una larga partecipazione popolare, di tutte e tutti, anche per rilanciare la battaglia per la sua attuazione per affrontare i nuovi scenari come quello dei migranti e dell’Europa.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Da il Fatto Quotidiano
………………………...……………………………NO
Un Parlamento incostituzionale ha riformato la Costituzione e la legge elettorale a colpi di maggioranza, ma di minoranza travestita da maggioranza grazie al premio abusivo del Porcellum.
………………………...……………………………NO
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I risparmi del nuovo senato sono irrisori: tutto il Senato costa 540 milioni all’anno. La sua riforma ne farà risparmiare meno di 40. Bastava tagliare del 10% lo stipendio dei deputati e Senatori senza toccare la Costituzione.
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Un Parlamento incostituzionale ha riformato la Costituzione e la legge elettorale a colpi di maggioranza, ma di minoranza travestita da maggioranza grazie al premio abusivo del Porcellum.
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I risparmi del nuovo senato sono irrisori: tutto il Senato costa 540 milioni all’anno. La sua riforma ne farà risparmiare meno di 40. Bastava tagliare del 10% lo stipendio dei deputati e Senatori senza toccare la Costituzione.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
camillobenso ha scritto:Da il Fatto Quotidiano
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Un Parlamento incostituzionale ha riformato la Costituzione e la legge elettorale a colpi di maggioranza, ma di minoranza travestita da maggioranza grazie al premio abusivo del Porcellum.
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La riforma pregiudica il corretto funzionamento del Senato, creando senatori part-time che dividono il loro lavoro settimanale fra alcuni giorni dedicati alle funzioni legislative e gli altri riservati agli impegni in Comuni o Regioni. Svolgeranno male entrambi i compiti.
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La riforma della Costituzione è stata approvata grazie a ricatti politici e grazie al trasformismo: 325 passaggi da un partito all’altro a opera di 246 parlamentari in due anni.
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I risparmi del nuovo senato sono irrisori: tutto il Senato costa 540 milioni all’anno. La sua riforma ne farà risparmiare meno di 40. Bastava tagliare del 10% lo stipendio dei deputati e Senatori senza toccare la Costituzione.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Post trasmesso da una postazione Wi Fi esterna.
…………………………………………………………..NO
Con riforme e Italicum, il nuovo Parlamento sarà formato da membri in gran parte non eletti dai cittadini, ma nominati dalla casta: i due terzi dei deputati, con il meccanismo dei capilista bloccati e tutti i sentori scelti dai Consigli regionali e dal capo dello Stato.
…………………………………………………………..NO
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La “riforma” regala l’immunità Parlamentare a 100 fra sindaci(21), consiglieri regionali(74) e rappresentanti del Quirinale(5) che non hanno diritto a un simile privilegio.
…………………………………………………………..NO
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La “riforma” non abolisce il bicameralismo: continueremo ad avere una Camera con 630 deputati e un Senato ridotto da 315 a 100 membri) che si rimpalleranno le leggi con il classico sistema bicamerale, mentre in ben39 Stati nel mondo funziona benissimo il monocameralismo.
…………………………………………………………..NO
…………………………………………………………..NO
Hanno firmato per il NO tutti i più noti e autorevoli costituzionalisti italiani fra i quali 10 presidenti emeriti della Corte costituzionale (alcuni di loro fanno anche parte dei Comitati per il NO). Nessun giurista di quel livello è presente nei Comitati del SI.
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Con riforme e Italicum, il nuovo Parlamento sarà formato da membri in gran parte non eletti dai cittadini, ma nominati dalla casta: i due terzi dei deputati, con il meccanismo dei capilista bloccati e tutti i sentori scelti dai Consigli regionali e dal capo dello Stato.
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La “riforma” regala l’immunità Parlamentare a 100 fra sindaci(21), consiglieri regionali(74) e rappresentanti del Quirinale(5) che non hanno diritto a un simile privilegio.
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La “riforma” non abolisce il bicameralismo: continueremo ad avere una Camera con 630 deputati e un Senato ridotto da 315 a 100 membri) che si rimpalleranno le leggi con il classico sistema bicamerale, mentre in ben39 Stati nel mondo funziona benissimo il monocameralismo.
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Hanno firmato per il NO tutti i più noti e autorevoli costituzionalisti italiani fra i quali 10 presidenti emeriti della Corte costituzionale (alcuni di loro fanno anche parte dei Comitati per il NO). Nessun giurista di quel livello è presente nei Comitati del SI.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
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LIBRE news
Il potere è guerra. E pretende il nostro Sì al referendum
Scritto il 03/10/16 • nella Categoria: idee Condividi
Pensate che si tratti di un referendum normale, di quelli indetti in tempo di pace? «Cari amici, poiché ho 85 anni devo dirvi come sono andate le cose», premette Raniero La Valle, veterano della sinistra italiana. Molti credono che il mondo abbia cambiato volto dopo l’11 Settembre? Errore. Tutto è esploso almeno dieci anni prima, quando – alla caduta dell’Urss – si è deciso di «rispondere alla fine del comunismo portando un capitalismo aggressivo fino agli estremi confini della terra», promuovendolo «da ideologia a legge universale, da storicità a trascendenza». Vi spaventa Renzi con la sua riforma, da cui la battaglia sul referendum? Non è che l’ultimo gradino di una lunghissima scala in discesa: «Avevamo preteso di superare il conflitto di classe smontando i sindacati», e di «sfruttare la fine della contrapposizione militare tra i blocchi facendo del Terzo Mondo un teatro di conquista». La scelta decisiva? «Restauratrice e totalmente reazionaria». Questa: «Disarmare la politica e armare l’economia – non in un solo paese, ma in tutto il mondo». Globalizzazione a mano armata. Inaugurata da un sacrificio simbolico: la Guerra del Golfo del 1991. L’era della guerra totale come nuova normalità: la guerra dell’Occidente contro il resto del mondo.In un lungo intervento su “Repubblica” ripreso da “Micromega”, La Valle parte dall’Italia, dove «succede che undici persone al giorno muoiono annegate o asfissiate nelle stive dei barconi nel Mediterraneo, davanti alle meravigliose coste di Lampedusa». Qualcuno dice che nel 2050 i trasmigranti saranno 250 milioni. «E l’Italia che fa? Sfoltisce il Senato». L’ex parlamentare della Sinistra Indipendente non usa giri di parole: «E’ in corso una terza guerra mondiale non dichiarata, ma che fa vittime in tutto il mondo. Aleppo è rasa al suolo, la Siria è dilaniata, l’Iraq è distrutto, l’Afganistan devastato, i palestinesi sono prigionieri da cinquant’anni nella loro terra, Gaza è assediata, la Libia è in guerra». In Africa, in Medio Oriente e anche in Europa «si tagliano teste e si allestiscono stragi in nome di Dio. E l’Italia che fa? Toglie lo stipendio ai senatori». Nel resto del mondo, peraltro, lo spettacolo non è migliore: è appena fallito il G20 ad Hangzhou, in Cina. I “grandi della terra”, «che accumulano armi di distruzione di massa e si combattono nei mercati in tutto il mondo», non sanno che fare «per i profughi, per le guerre», non vogliono «evitare la catastrofe ambientale», né tantomeno «promuovere un’economia che tenga in vita sette miliardi e mezzo di abitanti della terra».L’unica cosa che decidono «è di disarmare la politica e di armare i mercati, di abbattere le residue restrizioni del commercio e delle speculazioni finanziarie, di legittimare la repressione politica e la reazione anticurda di Erdogan in Turchia e di commiserare la Merkel che ha perso le elezioni amministrative in Germania». E in tutto questo l’Italia che fa? «Fa eleggere i senatori dai consigli regionali». Ed è l’Italia a crescita zero, col 39% di giovani disoccupati, il lavoro precario, i licenziamenti in aumento: «I poveri assoluti sono quattro milioni e mezzo, la povertà relativa coinvolge tre milioni di famiglie e otto milioni e mezzo di persone». Il governo Renzi «fa una legge elettorale che esclude dal Parlamento il pluralismo ideologico e sociale, neutralizza la rappresentanza e concentra il potere in un solo partito e una sola persona». Si dice: ce lo chiede l’Europa, cioè il fantasma di un sogno lontano e completamente abortito. «Se questa è la distanza tra la riforma costituzionale e i bisogni reali del mondo, dell’Europa, del Mediterraneo e dell’Italia, la domanda è perché ci venga proposta una riforma così».La verità è rivoluzionaria, certo, ma bisogna conoscerla per tempo: «Il guaio della verità è che essa si viene a sapere troppo tardi, quando il tempo è passato». Esempio: «Se si fosse saputa in tempo la bugia sul mai avvenuto incidente del Golfo del Tonchino, la guerra del Vietnam non ci sarebbe stata, l’America non sarebbe diventata incapace di seguire la via di Roosevelt, di Truman, di Kennedy, e avrebbe potuto guidare l’edificazione democratica e pacifica del nuovo ordine mondiale inaugurato venti anni prima con la Carta di San Francisco». Idem: «Se si fosse conosciuta prima la bugia di Bush e di Blair, e saputo che le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein non c’erano, non sarebbe stato devastato il Medio Oriente, il terrorismo non avrebbe preso le forme totali dei combattenti suicidi in tutto il mondo». E ancora: «Se si fosse saputa la verità sul delitto e sui mandanti dell’uccisione di Moro, l’Italia si sarebbe salvata dalla decadenza in cui è stata precipitata».Dunque, insiste La Valle, la verità del referendum anti-Renzi va conosciuta “finché si è in tempo”. Il vantato risparmio sui costi della politica? Ridicolo: per la Ragioneria Generale dello Stato, il taglio della paga dei senatori vale appena 58 milioni, mentre il costo del Senato resta. Il risparmio sui tempi della politica? Illusione: il bicameralismo rimane, perché «si introducono sei diversi tipi di leggi e di procedure che ricadono su ambedue le Camere», creando «un intrico di passaggi tra Camera e Senato e un groviglio di competenze». Non è la legge Boschi il vero oggetto della consultazione: la verità è nascosta dietro le urne. Il referendum è «un evento di rivelazione che squarcia il velo sulla situazione com’è: è uno svelamento della vera lotta che si sta svolgendo nel mondo e della posta che è in gioco». Il voto è rivelatore dello stato del mondo. Bisogna trovare la sua verità nascosta, il suo vero “movente”, la sua vera premeditazione, partendo proprio da Renzi: ha ammesso che la riforma gli è stata “suggerita” da Napolitano. E prima ancora dalla Jp Morgan, che già nel 2013 accusava la nostra Costituzione di tutelare eccessivamente i diritti del lavoro e «la libertà di protestare contro le scelte non gradite del potere».E’ il diktat storico della Commissione Trilaterale fondata da Rockefeller: limitare la democrazia. «La stessa cosa vogliono ora i grandi poteri economici e finanziari mondiali, tanto è vero che sono scesi in campo i grandi giornali che li rappresentano, il “Financial Times” e il “Wall Street Journal”, i quali dicono che il No al referendum sarebbe una catastrofe come il Brexit inglese». Ci si è messo anche l’ambasciatore americano a Roma: se in Italia vincesse il No, gli “investitori” scapperebbero. I diritti del lavoro Renzi li ha già “sistemati” col Jobs Act. “Spegnendo” il Senato diverrebbe padrone dell’agenda parlamentare. E con l’Italicum – 340 deputati su 615 al partito di maggioranza, a prescindere dal numero di voti ottenuti – ne farebbe “un uomo solo al comando”: sfiduciare il governo, se pessimo, sarebbe prerogativa esclusiva del partito stesso, non più degli eletti. In più le nuove procedure introdotte «renderanno più difficili le forme di democrazia diretta come i referendum o le leggi di iniziativa popolare». Risultato: «Ci sarà una diminuzione della possibilità per i cittadini di intervenire nei confronti del potere». Si accorgeranno, “i cittadini”, che sono stati proprio loro a spingere Renzi fin lassù?Tra gli “indizi” che svelano la vera natura della sfida, Raniero La Valle cita la risposta di Romano Prodi, interrogato sul voto: non mi pronuncio, ha detto, perché altrimenti turbo i mercati e destabilizzo l’Italia in Europa. «Dunque non è una questione italiana, è una questione che riguarda l’Europa, è una questione che potrebbe turbare i mercati. Insomma è qualcosa che ha a che fare con l’assetto del mondo». Mondo che, continua La Valle, era già cambiato – in modo drastico – ben prima dell’11 settembre 2001. Per lo storico britannico Eric Hobsbawm, il “secolo breve” finì già nel 1991: lì fu dato inizio «a un nuovo secolo, a un nuovo millennio e a un nuovo regime che nella follia delle classi dirigenti di allora doveva essere quello definitivo», tant’è vero che l’economista Francis Fukuyama, beniamino della Trilaterale, lo definì come la “fine della storia”: il capitalismo senza più freni, che si finanziarizza e impone in tutto il mondo la legge del più forte. Un potere totalitario che abbatte diritti, conquiste sociali e sovranità democratiche. E attenzione: secondo La Valle «c’è una teoria molto attendibile secondo cui all’inizio di un’intera epoca storica, all’inizio di ogni nuovo regime, c’è un delitto fondatore».Ed ecco il punto: il sacrificio simbolico. Secondo l’antropololo francese René Girard, fin dall’inizio della storia della civiltà, il “delitto fondatore” è l’uccisione della vittima innocente. «Ossia c’è un sacrificio, grazie al quale viene ricomposta l’unità della società dilaniata dalle lotte primordiali». Per un padre dell’Illuminismo come il filosofo inglese Thomas Hobbes, lo Stato stesso viene fondato dall’atto di violenza con cui il Leviatano assume il monopolio della forza, ponendo fine alla lotta di tutti contro tutti e assicurando ai sudditi la vita in cambio della libertà. Anche secondo Freud, all’origine della società civile c’è un “delitto fondatore”: quello dell’uccisione del padre. «Se poi si va a guardare la storia – continua La Valle – si trovano molti “delitti fondatori”. Cesare molte volte viene ucciso, il delitto Matteotti è il delitto fondatore del fascismo, l’assassinio di Kennedy apre la strada al disegno di dominio globale della destra americana che si prepara a sognare, per il Duemila, “il nuovo secolo americano”». Da noi, «l’uccisione di Moro è il “delitto fondatore” dell’Italia che si pente delle sue conquiste democratiche e popolari».E qual è il “delitto fondatore” dell’attuale regime del capitalismo globale? Qual è il crimine sacrificale che “battezza” il nuovo regime planetario basato sul governo del denaro? Quale grande evento sdogana questa “economia che uccide”, istituzionalizzando un sistema in base al quale, perché qualcuno stia meglio, altri “devono” stare peggio? E’ la guerra, naturalmente: per la precisione la prima Guerra del Golfo, quella del 1991. «È a partire da quella svolta che è stato costruito il nuovo ordine mondiale», scrive Raniero La Valle, che cita una data precisa: il 26 novembre 1991. Quel giorno, il nuovo “regime” si presentò in Italia. Il ministro della difesa Rognoni illustrò in commissione, alla Camera, il Nuovo Modello di Difesa. La “nuova” guerra, quella di oggi. Svanito il nemico sovietico, la vecchia Nato non serviva più: tramontata la guerra fredda, veniva meno anche la deterrenza nucleare. Opportunità storica: investire nella pace e nello sviluppo i miliardi fino ad allora destinati ad armamenti ormai inutili. «Ma l’Occidente fa un’altra scelta: si riappropria della guerra e la esibisce a tutto il mondo nella spettacolare rappresentazione della prima Guerra del Golfo del 1991».Ci siamo: cambia la natura della Nato, il nemico non è pià l’Est ma il Sud. L’Occidente «cambia la visione strategica dell’alleanza e ne fa la guardia armata dell’ordine mondiale cercando di sostituirla all’Onu». Tramontano anche «gli ideali della comunità internazionale, che erano la sicurezza e la pace». Meglio la guerra, per assicurarsi in modo permanente l’accesso privilegiato alle materie prime, come il petrolio. Riflesso italiano: via l’esercito di leva, serve una milizia di professionisti. Da impiegare non più in Italia ma all’estero, nelle missioni “umanitarie”. Mediterraneo, Somalia, Medio Oriente, Golfo Persico: «La nuova contrapposizione è con l’Islam», a partire dal conflitto israelo-palestinese. «Chi ha detto che non abbiamo dichiarato guerra all’Islam? Noi l’abbiamo dichiarata nel 1991». Col Nuovo Modello di Difesa imposto all’Italia «non cambia solo la politica militare ma cambia la Costituzione, l’idea della politica, la ragion di Stato, le alleanze, i rapporti con l’Onu: viene istituzionalizzata la guerra e annunciato un periodo di conflitti ad alta probabilità di occorrenza che avranno l’Islam come nemico». In Parlamento «non si dovrebbe parlare d’altro», e invece «nessuno se ne accorge, il Modello di Difesa non giungerà mai in aula».Un modello-fantasma, sotterraneo ma pienamente operativo da subito: «Tutto quello che è avvenuto in seguito – dalla guerra nei Balcani alle Torri Gemelle all’invasione dell’Iraq, alla Siria, fino alla terza guerra mondiale a pezzi che oggi, come dice il Papa, è in corso – ne è stato la conseguenza e lo svolgimento». E allora, meglio si capisce, oggi, la verità del referendum renziano: «La nuova Costituzione è la quadratura del cerchio», avverte La Valle. «Gli istituti della democrazia non sono compatibili con la competizione globale, con la guerra permanente: chi vuole mantenerli è considerato un conservatore. Il mondo è il mercato; il mercato non sopporta altre leggi che quelle del mercato. Se qualcuno minaccia di fare di testa sua, i mercati si turbano». La politica? Si faccia da parte: «Non deve interferire sulla competizione e i conflitti di mercato. Se la gente muore di fame, e il mercato non la mantiene in vita, la politica non può intervenire, perché sono proibiti gli aiuti di Stato. Se lo Stato ci prova, o introduce leggi a difesa del lavoro o dell’ambiente, le imprese lo portano in tribunale e vincono la causa. Questo dicono i nuovi trattati del commercio globale».Si scrive referendum, ma si legge: ultimo appello. Per Raniero La Valle, votare No «è l’unica speranza di tenere aperta l’alternativa, di non dare per compiuto e irreversibile il passaggio dalla libertà della democrazia costituzionale alla schiavitù del mercato globale». Perché «sia la società selvaggia che, con il No, sia dichiarata in difetto e attraverso la lotta sia rimessa in pari con la Costituzione, la giustizia e il diritto». E’ toccato a Renzi indossare quella maschera, ma al suo posto poteva esseci chiunque altro. Certo, l’attuale premier si è dimostrato l’uomo giusto al posto giusto: «Ci vogliono poteri spicci e sbrigativi», per sgombrare il campo dagli ultimi inciampi rappresentati dalle Costituzioni che “ripudiano la guerra”. Tutto è guerra, ormai. Questa economia è guerra. Pefettamente mondializzata, a partire dal fatidico 1991, l’anno del “sacrificio” dell’Iraq che spalancò le porte alla nuova epoca fondata sulla violenza internazionale. Da allora, «la guerra è lo strumento supremo per difendere il mercato e far vincere nel mercato».
LIBRE news
Il potere è guerra. E pretende il nostro Sì al referendum
Scritto il 03/10/16 • nella Categoria: idee Condividi
Pensate che si tratti di un referendum normale, di quelli indetti in tempo di pace? «Cari amici, poiché ho 85 anni devo dirvi come sono andate le cose», premette Raniero La Valle, veterano della sinistra italiana. Molti credono che il mondo abbia cambiato volto dopo l’11 Settembre? Errore. Tutto è esploso almeno dieci anni prima, quando – alla caduta dell’Urss – si è deciso di «rispondere alla fine del comunismo portando un capitalismo aggressivo fino agli estremi confini della terra», promuovendolo «da ideologia a legge universale, da storicità a trascendenza». Vi spaventa Renzi con la sua riforma, da cui la battaglia sul referendum? Non è che l’ultimo gradino di una lunghissima scala in discesa: «Avevamo preteso di superare il conflitto di classe smontando i sindacati», e di «sfruttare la fine della contrapposizione militare tra i blocchi facendo del Terzo Mondo un teatro di conquista». La scelta decisiva? «Restauratrice e totalmente reazionaria». Questa: «Disarmare la politica e armare l’economia – non in un solo paese, ma in tutto il mondo». Globalizzazione a mano armata. Inaugurata da un sacrificio simbolico: la Guerra del Golfo del 1991. L’era della guerra totale come nuova normalità: la guerra dell’Occidente contro il resto del mondo.In un lungo intervento su “Repubblica” ripreso da “Micromega”, La Valle parte dall’Italia, dove «succede che undici persone al giorno muoiono annegate o asfissiate nelle stive dei barconi nel Mediterraneo, davanti alle meravigliose coste di Lampedusa». Qualcuno dice che nel 2050 i trasmigranti saranno 250 milioni. «E l’Italia che fa? Sfoltisce il Senato». L’ex parlamentare della Sinistra Indipendente non usa giri di parole: «E’ in corso una terza guerra mondiale non dichiarata, ma che fa vittime in tutto il mondo. Aleppo è rasa al suolo, la Siria è dilaniata, l’Iraq è distrutto, l’Afganistan devastato, i palestinesi sono prigionieri da cinquant’anni nella loro terra, Gaza è assediata, la Libia è in guerra». In Africa, in Medio Oriente e anche in Europa «si tagliano teste e si allestiscono stragi in nome di Dio. E l’Italia che fa? Toglie lo stipendio ai senatori». Nel resto del mondo, peraltro, lo spettacolo non è migliore: è appena fallito il G20 ad Hangzhou, in Cina. I “grandi della terra”, «che accumulano armi di distruzione di massa e si combattono nei mercati in tutto il mondo», non sanno che fare «per i profughi, per le guerre», non vogliono «evitare la catastrofe ambientale», né tantomeno «promuovere un’economia che tenga in vita sette miliardi e mezzo di abitanti della terra».L’unica cosa che decidono «è di disarmare la politica e di armare i mercati, di abbattere le residue restrizioni del commercio e delle speculazioni finanziarie, di legittimare la repressione politica e la reazione anticurda di Erdogan in Turchia e di commiserare la Merkel che ha perso le elezioni amministrative in Germania». E in tutto questo l’Italia che fa? «Fa eleggere i senatori dai consigli regionali». Ed è l’Italia a crescita zero, col 39% di giovani disoccupati, il lavoro precario, i licenziamenti in aumento: «I poveri assoluti sono quattro milioni e mezzo, la povertà relativa coinvolge tre milioni di famiglie e otto milioni e mezzo di persone». Il governo Renzi «fa una legge elettorale che esclude dal Parlamento il pluralismo ideologico e sociale, neutralizza la rappresentanza e concentra il potere in un solo partito e una sola persona». Si dice: ce lo chiede l’Europa, cioè il fantasma di un sogno lontano e completamente abortito. «Se questa è la distanza tra la riforma costituzionale e i bisogni reali del mondo, dell’Europa, del Mediterraneo e dell’Italia, la domanda è perché ci venga proposta una riforma così».La verità è rivoluzionaria, certo, ma bisogna conoscerla per tempo: «Il guaio della verità è che essa si viene a sapere troppo tardi, quando il tempo è passato». Esempio: «Se si fosse saputa in tempo la bugia sul mai avvenuto incidente del Golfo del Tonchino, la guerra del Vietnam non ci sarebbe stata, l’America non sarebbe diventata incapace di seguire la via di Roosevelt, di Truman, di Kennedy, e avrebbe potuto guidare l’edificazione democratica e pacifica del nuovo ordine mondiale inaugurato venti anni prima con la Carta di San Francisco». Idem: «Se si fosse conosciuta prima la bugia di Bush e di Blair, e saputo che le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein non c’erano, non sarebbe stato devastato il Medio Oriente, il terrorismo non avrebbe preso le forme totali dei combattenti suicidi in tutto il mondo». E ancora: «Se si fosse saputa la verità sul delitto e sui mandanti dell’uccisione di Moro, l’Italia si sarebbe salvata dalla decadenza in cui è stata precipitata».Dunque, insiste La Valle, la verità del referendum anti-Renzi va conosciuta “finché si è in tempo”. Il vantato risparmio sui costi della politica? Ridicolo: per la Ragioneria Generale dello Stato, il taglio della paga dei senatori vale appena 58 milioni, mentre il costo del Senato resta. Il risparmio sui tempi della politica? Illusione: il bicameralismo rimane, perché «si introducono sei diversi tipi di leggi e di procedure che ricadono su ambedue le Camere», creando «un intrico di passaggi tra Camera e Senato e un groviglio di competenze». Non è la legge Boschi il vero oggetto della consultazione: la verità è nascosta dietro le urne. Il referendum è «un evento di rivelazione che squarcia il velo sulla situazione com’è: è uno svelamento della vera lotta che si sta svolgendo nel mondo e della posta che è in gioco». Il voto è rivelatore dello stato del mondo. Bisogna trovare la sua verità nascosta, il suo vero “movente”, la sua vera premeditazione, partendo proprio da Renzi: ha ammesso che la riforma gli è stata “suggerita” da Napolitano. E prima ancora dalla Jp Morgan, che già nel 2013 accusava la nostra Costituzione di tutelare eccessivamente i diritti del lavoro e «la libertà di protestare contro le scelte non gradite del potere».E’ il diktat storico della Commissione Trilaterale fondata da Rockefeller: limitare la democrazia. «La stessa cosa vogliono ora i grandi poteri economici e finanziari mondiali, tanto è vero che sono scesi in campo i grandi giornali che li rappresentano, il “Financial Times” e il “Wall Street Journal”, i quali dicono che il No al referendum sarebbe una catastrofe come il Brexit inglese». Ci si è messo anche l’ambasciatore americano a Roma: se in Italia vincesse il No, gli “investitori” scapperebbero. I diritti del lavoro Renzi li ha già “sistemati” col Jobs Act. “Spegnendo” il Senato diverrebbe padrone dell’agenda parlamentare. E con l’Italicum – 340 deputati su 615 al partito di maggioranza, a prescindere dal numero di voti ottenuti – ne farebbe “un uomo solo al comando”: sfiduciare il governo, se pessimo, sarebbe prerogativa esclusiva del partito stesso, non più degli eletti. In più le nuove procedure introdotte «renderanno più difficili le forme di democrazia diretta come i referendum o le leggi di iniziativa popolare». Risultato: «Ci sarà una diminuzione della possibilità per i cittadini di intervenire nei confronti del potere». Si accorgeranno, “i cittadini”, che sono stati proprio loro a spingere Renzi fin lassù?Tra gli “indizi” che svelano la vera natura della sfida, Raniero La Valle cita la risposta di Romano Prodi, interrogato sul voto: non mi pronuncio, ha detto, perché altrimenti turbo i mercati e destabilizzo l’Italia in Europa. «Dunque non è una questione italiana, è una questione che riguarda l’Europa, è una questione che potrebbe turbare i mercati. Insomma è qualcosa che ha a che fare con l’assetto del mondo». Mondo che, continua La Valle, era già cambiato – in modo drastico – ben prima dell’11 settembre 2001. Per lo storico britannico Eric Hobsbawm, il “secolo breve” finì già nel 1991: lì fu dato inizio «a un nuovo secolo, a un nuovo millennio e a un nuovo regime che nella follia delle classi dirigenti di allora doveva essere quello definitivo», tant’è vero che l’economista Francis Fukuyama, beniamino della Trilaterale, lo definì come la “fine della storia”: il capitalismo senza più freni, che si finanziarizza e impone in tutto il mondo la legge del più forte. Un potere totalitario che abbatte diritti, conquiste sociali e sovranità democratiche. E attenzione: secondo La Valle «c’è una teoria molto attendibile secondo cui all’inizio di un’intera epoca storica, all’inizio di ogni nuovo regime, c’è un delitto fondatore».Ed ecco il punto: il sacrificio simbolico. Secondo l’antropololo francese René Girard, fin dall’inizio della storia della civiltà, il “delitto fondatore” è l’uccisione della vittima innocente. «Ossia c’è un sacrificio, grazie al quale viene ricomposta l’unità della società dilaniata dalle lotte primordiali». Per un padre dell’Illuminismo come il filosofo inglese Thomas Hobbes, lo Stato stesso viene fondato dall’atto di violenza con cui il Leviatano assume il monopolio della forza, ponendo fine alla lotta di tutti contro tutti e assicurando ai sudditi la vita in cambio della libertà. Anche secondo Freud, all’origine della società civile c’è un “delitto fondatore”: quello dell’uccisione del padre. «Se poi si va a guardare la storia – continua La Valle – si trovano molti “delitti fondatori”. Cesare molte volte viene ucciso, il delitto Matteotti è il delitto fondatore del fascismo, l’assassinio di Kennedy apre la strada al disegno di dominio globale della destra americana che si prepara a sognare, per il Duemila, “il nuovo secolo americano”». Da noi, «l’uccisione di Moro è il “delitto fondatore” dell’Italia che si pente delle sue conquiste democratiche e popolari».E qual è il “delitto fondatore” dell’attuale regime del capitalismo globale? Qual è il crimine sacrificale che “battezza” il nuovo regime planetario basato sul governo del denaro? Quale grande evento sdogana questa “economia che uccide”, istituzionalizzando un sistema in base al quale, perché qualcuno stia meglio, altri “devono” stare peggio? E’ la guerra, naturalmente: per la precisione la prima Guerra del Golfo, quella del 1991. «È a partire da quella svolta che è stato costruito il nuovo ordine mondiale», scrive Raniero La Valle, che cita una data precisa: il 26 novembre 1991. Quel giorno, il nuovo “regime” si presentò in Italia. Il ministro della difesa Rognoni illustrò in commissione, alla Camera, il Nuovo Modello di Difesa. La “nuova” guerra, quella di oggi. Svanito il nemico sovietico, la vecchia Nato non serviva più: tramontata la guerra fredda, veniva meno anche la deterrenza nucleare. Opportunità storica: investire nella pace e nello sviluppo i miliardi fino ad allora destinati ad armamenti ormai inutili. «Ma l’Occidente fa un’altra scelta: si riappropria della guerra e la esibisce a tutto il mondo nella spettacolare rappresentazione della prima Guerra del Golfo del 1991».Ci siamo: cambia la natura della Nato, il nemico non è pià l’Est ma il Sud. L’Occidente «cambia la visione strategica dell’alleanza e ne fa la guardia armata dell’ordine mondiale cercando di sostituirla all’Onu». Tramontano anche «gli ideali della comunità internazionale, che erano la sicurezza e la pace». Meglio la guerra, per assicurarsi in modo permanente l’accesso privilegiato alle materie prime, come il petrolio. Riflesso italiano: via l’esercito di leva, serve una milizia di professionisti. Da impiegare non più in Italia ma all’estero, nelle missioni “umanitarie”. Mediterraneo, Somalia, Medio Oriente, Golfo Persico: «La nuova contrapposizione è con l’Islam», a partire dal conflitto israelo-palestinese. «Chi ha detto che non abbiamo dichiarato guerra all’Islam? Noi l’abbiamo dichiarata nel 1991». Col Nuovo Modello di Difesa imposto all’Italia «non cambia solo la politica militare ma cambia la Costituzione, l’idea della politica, la ragion di Stato, le alleanze, i rapporti con l’Onu: viene istituzionalizzata la guerra e annunciato un periodo di conflitti ad alta probabilità di occorrenza che avranno l’Islam come nemico». In Parlamento «non si dovrebbe parlare d’altro», e invece «nessuno se ne accorge, il Modello di Difesa non giungerà mai in aula».Un modello-fantasma, sotterraneo ma pienamente operativo da subito: «Tutto quello che è avvenuto in seguito – dalla guerra nei Balcani alle Torri Gemelle all’invasione dell’Iraq, alla Siria, fino alla terza guerra mondiale a pezzi che oggi, come dice il Papa, è in corso – ne è stato la conseguenza e lo svolgimento». E allora, meglio si capisce, oggi, la verità del referendum renziano: «La nuova Costituzione è la quadratura del cerchio», avverte La Valle. «Gli istituti della democrazia non sono compatibili con la competizione globale, con la guerra permanente: chi vuole mantenerli è considerato un conservatore. Il mondo è il mercato; il mercato non sopporta altre leggi che quelle del mercato. Se qualcuno minaccia di fare di testa sua, i mercati si turbano». La politica? Si faccia da parte: «Non deve interferire sulla competizione e i conflitti di mercato. Se la gente muore di fame, e il mercato non la mantiene in vita, la politica non può intervenire, perché sono proibiti gli aiuti di Stato. Se lo Stato ci prova, o introduce leggi a difesa del lavoro o dell’ambiente, le imprese lo portano in tribunale e vincono la causa. Questo dicono i nuovi trattati del commercio globale».Si scrive referendum, ma si legge: ultimo appello. Per Raniero La Valle, votare No «è l’unica speranza di tenere aperta l’alternativa, di non dare per compiuto e irreversibile il passaggio dalla libertà della democrazia costituzionale alla schiavitù del mercato globale». Perché «sia la società selvaggia che, con il No, sia dichiarata in difetto e attraverso la lotta sia rimessa in pari con la Costituzione, la giustizia e il diritto». E’ toccato a Renzi indossare quella maschera, ma al suo posto poteva esseci chiunque altro. Certo, l’attuale premier si è dimostrato l’uomo giusto al posto giusto: «Ci vogliono poteri spicci e sbrigativi», per sgombrare il campo dagli ultimi inciampi rappresentati dalle Costituzioni che “ripudiano la guerra”. Tutto è guerra, ormai. Questa economia è guerra. Pefettamente mondializzata, a partire dal fatidico 1991, l’anno del “sacrificio” dell’Iraq che spalancò le porte alla nuova epoca fondata sulla violenza internazionale. Da allora, «la guerra è lo strumento supremo per difendere il mercato e far vincere nel mercato».
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
LA TRUFFA
Titolo di prima pagina del FATTO oggi in edicola:
REFERENDUM Gli incontri e i contatti per tenere in sella il premier amico
Patto del Biscione
Renzi- Confalonieri
E Mediaset vota Sì
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
LIBRE news
Barnard: si voti negli obitori, non è più l’Italia a decidere
Scritto il 06/10/16 • nella Categoria: idee Condividi
«Il prossimo referendum costituzionale è una pagliacciata», per un semplice motivo: si vota su una Costituzione e un Parlamento che sono già «morti, decomposti, e 4 metri sotto terra».
Paolo Barnard non ha dubbi: «Se vi dicessero la verità, i sostenitori (Renzi) e gli oppositori (Travaglio) il prossimo 4 dicembre dovrebbero mettere le urne negli obitori italiani, almeno sarebbe onesto».
I Renzi e i Travaglio, con “stellati” al seguito? «Fanno sempre la stessa cosa: vi spacciano come questioni di vita o di morte delle pagliacciate del solito pollaio Italia in cui razzolano anche loro», che però «ci fanno carriere e fama».
Attenzione: «Non vi indirizzano mai verso le verità fondamentali del mondo politico che conta davvero».
Mettiamocelo in testa, insiste Barnard sul suo blog: si andrà a votare per un Parlamento che non conta più niente, e per una Costituzione già neutralizzata da tempo, «di fronte invece al reale potere legislativo e costituzionale che sta in Ue».
Inutile girarci attorno: qualsiasi cosa decida l’Italia, dovrà prima avere l’ok da Bruxelles e Francoforte.
Perché fingere che così non sia, dando tanta importanza ad un voto il cui esito sarà comunque condizionato, a monte, dal vero potere?
Punti di vista, naturalmente.
C’è infatti chi ribalta il ragionamento: da qualche parte bisognerà pur cominciare, a dire “no”.
Anche se, nell’offerta politica dell’Italia di oggi, non esiste nemmeno l’ombra di un vero Piano-B, alternativo alla “resa” del paese, costretto a cedere la sua sovranità, secondo una fatale parabola: il divorzio tra Tesoro e Bankitalia firmato da Ciampi, l’adesione all’Unione Europea governata senza democrazia e l’ingresso nell’euro, moneta creata per devastare l’economia e produrre crisi.
Dal canto suo, Barnard ricorda che il Trattato di Lisbona, che è “di fatto” la Costituzione Europea, «ha sancito la supremazia della legge dell’Ue sopra qualsiasi legislazione nazionale».
Il Parlamento di Roma «non può più neppure decidere sulla legge di bilancio, senza che prima Renzi non l’abbia spedita a Bruxelles dalla Commissione Europea: ed è lei che decide sul testo finale, non Roma».
Questo lo decreta un altro trattato, il “Semestre Europeo”.
E, sempre secondo il Trattato di Lisbona, articolo 8c, «il Parlamento di Roma deve prima di tutto fare gli interessi della Ue in Italia, e solo dopo quelli nazionali».
«I nostri parlamentari – continua Barnard – hanno perso totalmente ogni discrezionalità di spesa e di tassazione, come un chirurgo che perda ospedale e bisturi, ed è accaduto quando la Ue ci ha costretti a mettere il pareggio di bilancio in Costituzione, cosa impostaci dal notorio Fiscal Compact».
E ancora: «La Costituzione del 1948 è stata dichiarata di grado B rispetto alla legge europea dalla Corte Europea di Giustizia (parte del Trattato di Lisbona)», la quale decreta, testualmente: “Nell’opinione 1/91 della Corte Europea di Giustizia, i Trattati europei sono descritti come la Carta Costituzionale di una Comunità Legale, per il beneficio della quale i singoli Stati ora limitano i propri diritti sovrani”.
Risultato: «Oggi abbiamo 26.560 leggi Ue più vincolanti rispetto a quelle votate dal Parlamento di Roma, 4.112 accordi che vincolano cittadini e aziende italiani, 10.337 verdetti della Corte Europea di Giustizia che vincolano le leggi e Costituzioni nazionali, 44.838 standard della Ue che sopprimono gli standard nazionali».
In totale, «più di 80.000 leggi e regolamenti Ue vincolanti, su cui il voto dell’elettore italiano non conta nulla».Peraltro – sempre in ossequio ai poteri forti che dominano l’oligarchia europea – l’Italia ha già provveduto, nel tempo, a smantellare parte della Costituzione “nata dalla Resistenza”.
Barnard la chiama «la defunta Costituzione italiana», anche per colpa dei sindacati, responsabili di «almeno 35 anni di mutande calate».
Poi il colpo di grazia, con l’arrivo dei trattati Ue vincolanti e sovranazionali, cosa che ha «reso carta straccia» 17 articoli della nostra Carta del 1948.
«Abbastanza», dice Barnard, per capire che «tutta ’sta immensa fanfara nazionale sul referendum è davvero un’idiozia montata come sempre per distrarre gli Italians polli da ciò che veramente ci fanno i Signori delle Guerre Ue, e per far le fortune di falsari come Renzi e Travaglio o stellati assortiti».
Per non parlare delle ultime prese per i fondelli: «I risparmi millantati dalla riforma Renzi sono due soldi bucati, mentre la Ue ci succhia 58 miliardi all’anno per le sue follie, e oltre 300 miliardi all’anno in ricchezza nazionale per la disoccupazione italiana dovuta alle austerità e alla moneta unica».
Il referendum del 4 dicembre?
«Negli obitori fa freddo, andate a votare col cappotto, Italians».
Barnard: si voti negli obitori, non è più l’Italia a decidere
Scritto il 06/10/16 • nella Categoria: idee Condividi
«Il prossimo referendum costituzionale è una pagliacciata», per un semplice motivo: si vota su una Costituzione e un Parlamento che sono già «morti, decomposti, e 4 metri sotto terra».
Paolo Barnard non ha dubbi: «Se vi dicessero la verità, i sostenitori (Renzi) e gli oppositori (Travaglio) il prossimo 4 dicembre dovrebbero mettere le urne negli obitori italiani, almeno sarebbe onesto».
I Renzi e i Travaglio, con “stellati” al seguito? «Fanno sempre la stessa cosa: vi spacciano come questioni di vita o di morte delle pagliacciate del solito pollaio Italia in cui razzolano anche loro», che però «ci fanno carriere e fama».
Attenzione: «Non vi indirizzano mai verso le verità fondamentali del mondo politico che conta davvero».
Mettiamocelo in testa, insiste Barnard sul suo blog: si andrà a votare per un Parlamento che non conta più niente, e per una Costituzione già neutralizzata da tempo, «di fronte invece al reale potere legislativo e costituzionale che sta in Ue».
Inutile girarci attorno: qualsiasi cosa decida l’Italia, dovrà prima avere l’ok da Bruxelles e Francoforte.
Perché fingere che così non sia, dando tanta importanza ad un voto il cui esito sarà comunque condizionato, a monte, dal vero potere?
Punti di vista, naturalmente.
C’è infatti chi ribalta il ragionamento: da qualche parte bisognerà pur cominciare, a dire “no”.
Anche se, nell’offerta politica dell’Italia di oggi, non esiste nemmeno l’ombra di un vero Piano-B, alternativo alla “resa” del paese, costretto a cedere la sua sovranità, secondo una fatale parabola: il divorzio tra Tesoro e Bankitalia firmato da Ciampi, l’adesione all’Unione Europea governata senza democrazia e l’ingresso nell’euro, moneta creata per devastare l’economia e produrre crisi.
Dal canto suo, Barnard ricorda che il Trattato di Lisbona, che è “di fatto” la Costituzione Europea, «ha sancito la supremazia della legge dell’Ue sopra qualsiasi legislazione nazionale».
Il Parlamento di Roma «non può più neppure decidere sulla legge di bilancio, senza che prima Renzi non l’abbia spedita a Bruxelles dalla Commissione Europea: ed è lei che decide sul testo finale, non Roma».
Questo lo decreta un altro trattato, il “Semestre Europeo”.
E, sempre secondo il Trattato di Lisbona, articolo 8c, «il Parlamento di Roma deve prima di tutto fare gli interessi della Ue in Italia, e solo dopo quelli nazionali».
«I nostri parlamentari – continua Barnard – hanno perso totalmente ogni discrezionalità di spesa e di tassazione, come un chirurgo che perda ospedale e bisturi, ed è accaduto quando la Ue ci ha costretti a mettere il pareggio di bilancio in Costituzione, cosa impostaci dal notorio Fiscal Compact».
E ancora: «La Costituzione del 1948 è stata dichiarata di grado B rispetto alla legge europea dalla Corte Europea di Giustizia (parte del Trattato di Lisbona)», la quale decreta, testualmente: “Nell’opinione 1/91 della Corte Europea di Giustizia, i Trattati europei sono descritti come la Carta Costituzionale di una Comunità Legale, per il beneficio della quale i singoli Stati ora limitano i propri diritti sovrani”.
Risultato: «Oggi abbiamo 26.560 leggi Ue più vincolanti rispetto a quelle votate dal Parlamento di Roma, 4.112 accordi che vincolano cittadini e aziende italiani, 10.337 verdetti della Corte Europea di Giustizia che vincolano le leggi e Costituzioni nazionali, 44.838 standard della Ue che sopprimono gli standard nazionali».
In totale, «più di 80.000 leggi e regolamenti Ue vincolanti, su cui il voto dell’elettore italiano non conta nulla».Peraltro – sempre in ossequio ai poteri forti che dominano l’oligarchia europea – l’Italia ha già provveduto, nel tempo, a smantellare parte della Costituzione “nata dalla Resistenza”.
Barnard la chiama «la defunta Costituzione italiana», anche per colpa dei sindacati, responsabili di «almeno 35 anni di mutande calate».
Poi il colpo di grazia, con l’arrivo dei trattati Ue vincolanti e sovranazionali, cosa che ha «reso carta straccia» 17 articoli della nostra Carta del 1948.
«Abbastanza», dice Barnard, per capire che «tutta ’sta immensa fanfara nazionale sul referendum è davvero un’idiozia montata come sempre per distrarre gli Italians polli da ciò che veramente ci fanno i Signori delle Guerre Ue, e per far le fortune di falsari come Renzi e Travaglio o stellati assortiti».
Per non parlare delle ultime prese per i fondelli: «I risparmi millantati dalla riforma Renzi sono due soldi bucati, mentre la Ue ci succhia 58 miliardi all’anno per le sue follie, e oltre 300 miliardi all’anno in ricchezza nazionale per la disoccupazione italiana dovuta alle austerità e alla moneta unica».
Il referendum del 4 dicembre?
«Negli obitori fa freddo, andate a votare col cappotto, Italians».
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
LA CRICCA E' STATA COSTRETTA A GETTARE LA MASCHERA
“Sosteniamo Renzi contro le minacce populiste”
Il commissario Ue spiana la strada al referendum
Il responsabile degli Affari economici Moscovici apre sulla flessibilità: “Rifugiati e terremoto sono
richieste precise e limitate”. E sul salvataggio delle banche prima del 4 dicembre dice: “Saremo d’aiuto”
Photo Roberto Monaldo / LaPresse
20-09-2015 Rome (Italy)
Tv program "In Mezz'Ora"
In the photo Pierre Moscovici
Economia & Lobby
In Italia “c’è una minaccia populista. E’ per questo chesosteniamo gli sforzi di Renzi affinché sia un partner forte all’interno dell’Ue”. Parola del commissario europeo agli Affari Economici, Pierre Moscovici, che ha rilasciato la dichiarazione nel corso di un’intervista a Bloomberg a margine dei lavori del Fondo Monetario Internazionale. “Ho fiducia che l’Italia, come sempre, se la caverà e risolverà i suoi problemi con il nostro aiuto”, ha detto ancora il commissario riferendosi ai problemi di bilancio e del sistema bancario
“Sosteniamo Renzi contro le minacce populiste”
Il commissario Ue spiana la strada al referendum
Il responsabile degli Affari economici Moscovici apre sulla flessibilità: “Rifugiati e terremoto sono
richieste precise e limitate”. E sul salvataggio delle banche prima del 4 dicembre dice: “Saremo d’aiuto”
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In Italia “c’è una minaccia populista. E’ per questo chesosteniamo gli sforzi di Renzi affinché sia un partner forte all’interno dell’Ue”. Parola del commissario europeo agli Affari Economici, Pierre Moscovici, che ha rilasciato la dichiarazione nel corso di un’intervista a Bloomberg a margine dei lavori del Fondo Monetario Internazionale. “Ho fiducia che l’Italia, come sempre, se la caverà e risolverà i suoi problemi con il nostro aiuto”, ha detto ancora il commissario riferendosi ai problemi di bilancio e del sistema bancario
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
camillobenso ha scritto:LA CRICCA E' STATA COSTRETTA A GETTARE LA MASCHERA
“Sosteniamo Renzi contro le minacce populiste”
Il commissario Ue spiana la strada al referendum
Il responsabile degli Affari economici Moscovici apre sulla flessibilità: “Rifugiati e terremoto sono
richieste precise e limitate”. E sul salvataggio delle banche prima del 4 dicembre dice: “Saremo d’aiuto”
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In Italia “c’è una minaccia populista. E’ per questo chesosteniamo gli sforzi di Renzi affinché sia un partner forte all’interno dell’Ue”. Parola del commissario europeo agli Affari Economici, Pierre Moscovici, che ha rilasciato la dichiarazione nel corso di un’intervista a Bloomberg a margine dei lavori del Fondo Monetario Internazionale. “Ho fiducia che l’Italia, come sempre, se la caverà e risolverà i suoi problemi con il nostro aiuto”, ha detto ancora il commissario riferendosi ai problemi di bilancio e del sistema bancario
Conti e banche, commissario Ue Moscovici spiana strada a referendum: “Minaccia populista, sosteniamo Renzi”
Lobby
In nome della lotta a presunti estremismi, l'Europa apre all'esecutivo italiano alla vigilia della prova di una legge di Stabilità che nelle premesse sarà a misura del referendum costituzionale. Via libera, con criterio, alla flessibilità per "la crisi di rifugiati o un terremoto o un Paese che soffre attacchi terroristici come il Belgio". Salgono anche le probabilità di una mano morbida su Mps: "Indulgenti? Direi piuttosto che saremo d'aiuto"
di F. Q. | 6 ottobre 2016
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In Italia “c’è una minaccia populista. E’ per questo che sosteniamo gli sforzi di Renzi affinché sia un partner forte all’interno dell’Ue”. Parola del commissario europeo agli Affari Economici, Pierre Moscovici, che ha rilasciato la dichiarazione nel corso di un’intervista a Bloomberg a margine dei lavori del Fondo Monetario Internazionale. “Ho fiducia che l’Italia, come sempre, se la caverà e risolverà i suoi problemi con il nostro aiuto”, ha detto il commissario riferendosi ai problemi di bilancio e del sistema bancario della Penisola. Non si è scomposto quando l’intervistatrice ha alzato il tiro chiedendo se Bruxelles sarà così “indulgente” da fare in modo che i problemi delle banche italiane, con il rischio di bail in che nel caso Mps si fa sempre più concreto, vengano risolti prima del referendum,. “Non abbiamo bisogno di essere indulgenti – ha risposto – siamo sempre seri, ma dobbiamo anche capire e cercare di essere d’aiuto. Ecco, non direi indulgenti, direi essere d’aiuto”. Ma le regole possono essere cambiate, possono essere violate, obietta l’intervistatrice. E il commissario francese lima ancora: nessun bisogno di rompere le regole, ma piuttosto c’è la “flessibilità all’interno delle regole e questa Commissione cerca di essere intelligente all’interno della cornice di regole”.
Flessibilità, del resto, è stata la parola chiave dell’intervento di Moscovici all’Atlantic Council a margine dei lavori del Fmi. Qui il commissario non si è esposto sulle spine del sistema bancario italiano che oltre al caso MontePaschi, contano anche quello di Unicredit e delle quattro banche salvate un anno fa e ancora da vendere. Ha invece dato una grande apertura sui conti pubblici del Paese e sul tema della flessibilità di cui ha tanta fame il governo Renzi in fase di stesura della legge di Stabilità, specie alla vigilia di un referendum che politicamente mal si sposa con le misure che i conti del Paese richiederebbero. “Abbiamo detto chiaramente cosa è la flessibilità nel gennaio 2015. Dobbiamo incoraggiare i Paesi che creano molti investimenti, lo abbiamo fatto con l’Italia. Aiutare i Paesi che portano avanti riforme strutturali affinché possano avere più tempo, lo abbiamo fatto con l’Italia – ha dichiarato Moscovici -. Abbiamo detto che saremmo pronti a considerare spese per la crisi di rifugiati o un terremoto o un Paese che soffre attacchi terroristici come il Belgio. Si tratta di flessibilità precise, limitate e chiaramente spiegate. In generale un Paese deve rispettare i criteri e ridurre il debito, è il principale problema di Italia e Belgio”.
Questo, populismi a parte, perché secondo Moscovici “questa commissione non vuole sanzionare. Le sanzioni sono sempre un fallimento. Lo sarebbe per le regole perché dimostra che non funzionano, lo sarebbe per un Paese”. Il segnale, sostiene il commissario, “sarebbe stato un disastro su Spagna e Portogallo, avrebbe indicato un fallimento, che non stiamo costruendo fiducia”. Moscovici si è quindi detto orgoglioso di non aver punito Spagna e Portogallo. “Non crediamo che le sanzioni vadano evitate se sono evitabili ma devono essere evitate se possiamo fare meglio”, ha aggiunto, Moscovici sostenendo che sanzionare è meglio avviare un dialogo e cercare un compromesso. Parole come il miele per il tandem Renzi – Padoan che si appresta a chiedere a Bruxelles nuovi spazi di bilancio nel Draft budgetary plan, il documento programmatico utilizzato da Bruxelles per esprimere il suo giudizio sulla manovra. Considerando le varie posizioni all’interno della Commissione, l’apertura non potrà probabilmente essere assoluta, ma l’Italia potrebbe godere di qualche decimale in più rispetto al 2,0% di deficit inserito nelle tabelle della Nota di aggiornamento al Def. Un compromesso che sembra ormai alle porte anche per le banche proprio mentre in Borsa il Monte dei Paschi, che dovrà presto chiedere 5 miliardi al mercato, continua a perdere valore: dopo l’ennesimo tonfo di giovedì 6 ottobre, il valore di mercato dell’istituto di credito senese di cui il Tesoro è il primo azionista, è scivolato sotto il mezzo miliardo, a circa 492 milioni di euro.
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