referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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SOLO I FASCISTI POSSONO CHIEDERE DI LIBERARCI DALLA NOSTRA COSTITUZIONE RITENUTA SINISTROIDE ED ANTI FASCISTA.


ANCHE ALCIDE DE GASPERI CHE NON ERA DI CERTO DI SINISTRA, SI RIVOLTA NELLA TOMBA A SENTIRE, DA ANTI FASCISTA, PRONUNCIARE ANCORA QUESTI DETTAMI FASCISTI.

MA QUANTI SONO IN ITALIA OGGI I FASCISTI. A SENTIRE I SONDAGGI DI LUNEDI' ALLA 7 DI MENTANA???????????????

ANCORA TROPPI





NEW YORK (WSI) – Gli economisti del gigante finanziario americano JP Morgan lo dicono senza troppi fronzoli ai governi europei: “Dovete liberarvi delle vostre costituzioni sinistroide e anti fasciste”.

Lo si legge in un documento di 16 pagine in cui vengono elencate le modifiche da apportare nell’area euro per riuscire a sopravvivere alla crisi del debito.

Oltre alla parte sul buon lavoro fatto sin qui, la sezione piu’ interessante riguarda il lavoro che resta ancora da fare in termini di deleveraging delle banche e di alleggerimento del debito sovrano e delle famiglie.

Le riforme strutturali piu’ urgenti, oltre a quelle politiche, sono secondo la banca quelle in termini di riduzione dei costi del lavoro, di aumento della flessibilita’ e della liberta’ di licenziare, di privatizzazione, di deregolamentazione, di liberalizzazione dei settori industriali “protetti” dallo stato.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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Abolizione Cnel, governo: “20 milioni di risparmi”
Ma ne costa 8,7. E il personale sarà trasferito

La cancellazione prevista dal referendum. Le cifre del ministro Boschi in Parlamento si riferiscono però
ai bilanci passati di un ente già svuotato. In più i 4 milioni per i dipendenti resteranno a carico dello Stato
boschi-cnel-pp
Palazzi & Potere
L’Ente, di fatto, è già svuotato. E il suo costo è più che dimezzato: la ministra Boschi parla di super-risparmio riferendosi al bilancio di 5 anni fa, mentre oggi è più che dimezzato. “Fabbrica di aria fritta e consulenze d’oro”. Gli hanno detto di tutto. Ecco la storia del Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro, e le ragioni per cui, anche in caso di vittoria del Sì, la sua fine non sarebbe davvero scritta
di Anna Morgantini
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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Lettere e risposte
Risponde Stefania Rossini
18 ott La campagna della paura
Cara Rossini,

la campagna referendaria mi spinge ad una considerazione sul metodo imperante sulla stampa e sui media in generale, la paura. Mi spiego: da più parti, opinionisti, economisti, ogni sorta di esperti, si sottolinea non tanto quali sarebbero i vantaggi del cambiamento, quanto si starebbe meglio, ma quali sarebbero i terribili guai del non cambiamento, nel caso della riforma costituzionale. Allora l’Unione Europea predice calamità, Confindustria abbandonerebbe l’Italia, gli investitori stranieri (quali? Non è certo nè specificato) fuggirebbero altrove, da ultimo cadrebbe ( o no?) il governo, e la tremenda instabilità ci trascinerebbe nel baratro della povertà. Quindi, chi già è strozzato dalla crisi, precario, disoccupato, anziano non può che votare per la “stabilità”, se vuole evitare guai peggiori.

Analogo ragionamento si applica, all’inverso, all’euro, e alla Unione Europea in generale: non si sono visti vantaggi tangibili dalla adozione della moneta comune, anzi, ma catastrofi e malanni colpirebbero chi se ne allontanasse: i britannici che hanno scelto la Brexit sono vecchi, razzisti, ignoranti, nostalgici dell’impero, sciovinisti...E chi critica l’euro, e le conseguenze nefaste della adesione alla antidemocratica UE vorrebbe spingere il Paese a un orrendo salto nel buio. Poco importa che il Regno Unito non sia alla fame dopo la Brexit mentre la Grecia sia allo stremo dopo essere rimasta nella UE, o che la Spagna, senza governo da un anno, non se la passi tanto male.

Il tratto comune è la paura, si tratta di fomentare ulteriore timore per il futuro in un paese vecchio, i cui pochi giovani emigrano sconsolati, mentre chi è di mezza età per la prima volta nella storia ha a carico sia i figli disoccupati o precari che i genitori non più autonomi, continuando a lavorare grazie alla signora Fornero e al sobrio Monti. E ci stupisce il consenso al razzista Salvini o ai neonazisti variamente connotati?

Redvet (Marco Pellegrini)


http://lettere-e-risposte.blogautore.es ... lla-paura/
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Agcom, in tv troppo Renzi e troppo governo. Richiamo a Rai, Mediaset, Sky e La7

Media & Regime
L'Autority di controllo giudica equilibrato lo spazio dato al sì e al no per il referendum, salvo una sanzione al Tg4 che dal 28 settembre al 16 ottobre ha dato il 75% del tempo ai favorevoli. Anche Studio aperto sbilanciato sul "Sì". Ma su gli altri temi politici intima a tutte le emittenti nazionali di ridurre l'esposizione del presidente del consiglio e dei suoi ministri e di garantire "un adeguato contradditorio tra le diverse forze politiche". Per il premier un'ora al giorno sullo schermo
di Thomas Mackinson | 19 ottobre 2016
COMMENTI (75)


Matteo Renzi che dilaga in tv in pieno regime di par condicio costa una bacchettata a Rai, Mediaset, Sky e La7. L’Agcom ha pubblicato i dati di monitoraggio della campagna referendaria nelle prime tre settimane dall’indizione dei comizi (28 settembre-16 ottobre). L’Autorità si è riunita ieri alle 16 e dopo una seduta fiume ha reso noti i dati preso decisioni che faranno discutere, non ultimo il richiamo formale al Tg4 per il divario di tempo concesso nelle sue edizioni a favore del “sì”, a riprova forse della fiacchezza della campagna di Forza Italia già oggetto di scontro nel centrodestra. L’Agcom ha riconosciuto “un comportamento sostanzialmente equilibrato da parte di quasi tutte le emittenti” nell’attribuzione di tempi di parola e tempi di notizia ai due schieramenti. Anche se Renzi – conteggiato come istituzione (Presidenza del Consiglio) – ha parlato per oltre otto ore (di cui quasi cinque in Rai, quasi tre a Mediaset) in meno di venti giorni, più di tutte le altre istituzioni messe insieme. Che sommato al tempo delle notizie a lui destinate su tutte le reti fanno 20 ore in 19 giorni, più di una una al giorno.




Si può poi sindacare che i Tg della Rai hanno dato tutti, chi più chi meno, uno spazio maggiore al “Sì”. I tempi di antenna (cioè di notizia + parola) parlano chiaro: il Tg3 ha regalato minuti preziosi ai favorevoli, in percentuale il 48,1% contro il 43,1%. Sette punti in più li regala il Tg2 mentre il Tg1 sembra più equilibrato (45,4-44,7). Anche RaiNews, la rete a maggior indice di servizio pubblico, risulta sbilanciata a favore della riforma: il suo tempo di antenna al “Sì” è stato di 5 ore 47 minuti (45%) contro poco più di cinque al “no” (44,7%).

Nell’emisfero delle emittenti private non va diversamente, salvo La7. Mediaset sembra tifare per il governo e la sua riforma. Il Tg4, come detto, viene richiamato perché il tempo di parola a favore del “Sì” tocca il 72,7% contro un misero 24,9% dedicato alle ragioni del “no”. Anche Studio Aperto tifa “Sì”: 50,1% del tempo di parola contro il 43 al “no”. Si dimostra più imparziale il Tg5 (45,1%-48,9). Cairo e La7 fanno il contrario: al no la rete dedica il 50% del suo tempo mentre al “sì” concede il 40-41%.

Le 110 pagine di tabelle di dettaglio sui tempi forniranno molti spunti, ma il punto è cosa succede quando l’oggetto del discorso non è il referendum e tuttavia l’ospite ne è il testimonial per eccellenza. Allora il conteggio si fa più complicato e il rischio di debordare rispetto all’imparzialità imposta per legge rilevantissimo. Non a caso Agcom ha – recita il comunicato – “ravvisato l’esigenza di limitare la presenza dei rappresentanti del Governo e del Presidente del Consiglio alla necessità di assicurare la completezza e l’imparzialità dell’informazione (ex legge 515/93) – fatta salva l’attualità della cronaca e dell’agenda politica – dall’altra, quella di garantire un adeguato contraddittorio tra le diverse forze politiche. Conseguentemente, l’Autorità ha adottato dei provvedimenti di richiamo nei confronti di Rai, Mediaset, Sky e La7”.

L’Autorità ha, inoltre, rivolto una raccomandazione generale a tutte le emittenti ad ampliare il tempo dedicato all’argomento referendario, un modo elegante per rispondere agli esposti presentati dal M5S e da Forza Italia contro la RAI, “ritenendo – si legge – il primo riassorbito dal provvedimento di richiamo sul pluralismo informativo dei soggetti politici e istituzionali e adottando un secondo provvedimento nei confronti di RAI3 finalizzato al rispetto dell’art. 8 del Regolamento della Commissione di vigilanza”.

di Thomas Mackinson | 19 ottobre 2016
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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LA LEGGE ACERBO 2.0


REFERENDUM
I renziani? Pensano già al Day After
Se vince il Sì nella consultazione del 4 dicembre, la tentazione del voto anticipato sarà irresistibile. Obiettivo: chiudere i giochi. In Italia e in Europa
DI MARCO DAMILANO
20 ottobre 2016
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I renziani? Pensano già al Day After
Un voto tira l’altro. E se in televisione, tutte le sere, va in onda Armageddon, il Giudizio universale, lo scontro tra il sì al referendum sulla riforma della Costituzione e il fronte del no, nei palazzi della politica si comincia a guardare al giorno dopo, il day after, la tappa successiva: una campagna elettorale lunga un anno, tutto il 2017.

«Il 25 marzo 2017, il giorno del vertice dei 27 paesi Ue a Roma, sarà la data spartiacque, cruciale, decisiva», ha detto Matteo Renzi alla Camera il 12 ottobre. Un nuovo passaggio del destino, dopo quello del 4 dicembre che assomiglia sempre di più, nei progetti del premier, alla prima tappa di una lunga corsa più che alla chiusura della partita. Per arrivare in volata al voto politico, a nuove elezioni. Da anticipare rispetto alla scadenza naturale della legislatura prevista per l’inizio del 2018.

Nessuno o quasi ne parla. Eppure l’idea che questo scenario sia possibile, anzi, probabile, sembra l’unica consapevolezza comune tra le due anime del Pd, il doppio partito che si combatte e dilania in Parlamento, in largo del Nazareno, nelle piazze e nei convegni. Il referendum del 4 dicembre, visto dall’interno del Pd, serve a dare le carte, vincenti e perdenti.

Poi i due fronti si organizzeranno di conseguenza, in vista del vero appuntamento che stabilirà la vita o la morte di un paio di generazioni politiche, il voto con il nuovo assetto istituzionale, in caso di vittoria del sì. O con un sistema politico senza più certezze, in caso di vittoria del no.

Chiedere a un renziano se nei calcoli del premier sia messo in conto il voto anticipato nel 2017 significa ottenere la stessa risposta che veniva data quando nel 2013 si domandava delle intenzioni di Renzi verso Enrico Letta: il governo sta lavorando, proseguirà... Eppure il calendario offre a Renzi un allineamento dei pianeti favorevole e irripetibile, un’occasione da non perdere.

Alla fine della primavera 2017 si voterà in Francia per il nuovo inquilino dell’Eliseo: l’attuale presidente François Hollande nei sondaggi è dato tra il 10 e il 13 per cento, in testa -almeno al primo turno - c’è Marine Le Pen. In autunno andrà al voto anche la Germania, con Angela Merkel in crescente difficoltà, nel suo partito e nell’elettorato. Con i due maggiori paesi dell’Unione europea in campagna elettorale sono sei mesi di instabilità politica assicurata: per Renzi uno spiraglio per inserirsi da protagonista nel grande gioco europeo, a patto di saperne approfittare. L’eventuale prevalenza del sì al referendum lo consacrerebbe agli occhi della comunità internazionale come uno degli ormai rari governanti in grado di chiedere un voto popolare sulle sue riforme e di vincerlo. Una successiva campagna elettorale lampo, con gli avversari del Movimento 5 Stelle e il centro-destra ancora in fase di riorganizzazione delle truppe, trasformerebbe Renzi nel premier più stabile d’Europa. Capace di riscrivere i rapporti di forza a Bruxelles quando si andrà a negoziare per riscrivere i trattati.

Con l’obiettivo di far diventare l’Italia renziana il pilastro della nuova Europa, con la Spagna dei governi all’italiana e l’Inghilterra ormai fuori. Senza la vittoria il 4 dicembre la macchina non si mette in movimento. Ma in caso opposto la tentazione di incassare tutta la posta con un clamoroso rilancio elettorale per Renzi diventerebbe irresistibile.

Anche l’altro Pd, quello della minoranza di Pier Luigi Bersani, lacerata tra mille convulsioni, tra il rischio dell’irrilevanza a restare dentro il Pd e quello dell’insignificanza elettorale a cercar fortuna fuori, mette nel conto che nei piani del premier ci siano le elezioni anticipate. L’ex segretario ne parla apertamente: «Se vince il no al referendum», ragiona Bersani, «le elezioni anticipate vengono cancellate dall’agenda: bisogna fare una legge elettorale per il Senato, che a quel punto resterebbe in vita con gli attuali poteri, e riscrivere l’Italicum. Se vince il sì, invece... Non venitemi però a raccontare storie. È un’illusione pensare che Renzi possa vincere il referendum e subito dopo le elezioni».

Le incognite sono tante, una in particolare: lo scioglimento anticipato del Parlamento passa dal Quirinale, non si indicono nuove elezioni se non è venuta meno la maggioranza parlamentare e Sergio Mattarella farà rispettare rigorosamente la norma costituzionale. C’è poi la sentenza della Consulta sull’Italicum, attesa per il dopo referendum. il tam tam dice che i giudici costituzionali si preparano a eliminare la parte della legge elettorale che riguarda i capilista bloccati e le candidature multiple, con un intervento che non richiederebbe un nuovo passaggio in Parlamento. Una bocciatura in blocco della legge renderebbe invece impossibili le elezioni anticipate. Lo stop alle tentazioni di gloria di Renzi. Il 4 dicembre si voterà anche su questo.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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Legge Acerbo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


La legge 18 novembre 1923, n. 2444, nota come Legge Acerbo (dal nome del deputato Giacomo Acerbo che ne redasse il testo)[1], fu una legge elettorale del Regno d'Italia, adottata dal Regno nelle elezioni politiche italiane del 1924.
Fu voluta da Benito Mussolini per assicurare al Partito Nazionale Fascista una solida maggioranza parlamentare



https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_Acerbo
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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LA LEGGE ACERBO 2.0



IL TAR DEL LAZIO BOCCIA IL RICORSO DEL QUESITO REFERENDARIO PRESENTATO DA M5S E SINISTRA ITALIANA.


INFATTI IL QUESITO DOVEVA ESSERE:

VOLETE VOI CHE BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI DIVENTI VOSTRO DUCE PER I PROSSIMI VENTI ANNI?
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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20 ottobre 2016 | di F. Q.
Referendum costituzionale, Italia risponde al piccolo Matteo (Renzi). Lo spot di SI per il No

Sinistra Italiana lancia lo spot per il “No” al referendum costituzionale del 4 dicembre. La clip è una risposta ironica alla propaganda di Matteo Renzi per il Si. Il video si apre con la letterina del bimbo Matteo (Renzi?) “Io ti prometto che ce la metterò tutta, però tu mi prometti che cambi”. A rispondere è lei, Italia: “io sono cambiata, oggi povertà e disuguaglinze sono aumentate – dice – e la sanità… se ti ammali? paghi!”, poi la conclusione: “Dillo anche ai tuoi genitori. Ci siamo fatti fregare troppe volte, stavolta no“


VIDEO:
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/10/ ... e=category
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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Obama ha tolto l’alibi a Renzi. Con il No l’Italia non crollerà
Endorsement - Il leader Usa in scadenza ha spiegato al premier di rimanere in sella: i catastrofismi dei fan del Sì restano privi di senso
Rotta chiara – La cerimonia di saluto a Renzi alla Casa BiancaMichelle e Agnese – AnsaRotta chiara – La cerimonia di saluto a Renzi alla Casa BiancaMichelle e Agnese – AnsaRotta chiara – La cerimonia di saluto a Renzi alla Casa Bianca Michelle e Agnese – Ansa

di Antonio Padellaro | 20 ottobre 2016
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L’Italia del No deve essere sommamente grata a Barack Obama che con quattro semplici paroline: “Renzi resti comunque vada” ha cancellato, speriamo definitivamente, la colossale psicofesseria del “Salto nel buio”, secondo cui l’eventuale sconfitta del Sì al referendum getterà il Paese negli oscuri abissi dell’ignoto, spazzando via governo e premier, creando un pericoloso vuoto di potere: una sorta di 8 settembre della democrazia con populisti e loro degni compari a gozzovigliare sulle macerie della Riforma costituzionale, della Stabilità e dunque della Repubblica.

Orrore. Nell’imbarazzante festicciola alla Casa Bianca (con il premier italiano e i suoi cari nella parte dei parenti poveri ammessi a tavola) il dato politico non è il grazioso endorsement di un presidente Usa (che tra l’altro sta per sloggiare) a favore del “Matteo giovane e bello”, con in cambio ringraziamenti fantozziani (“Oggi Obama ha organizzato anche il sole”, quanto è buono lei).

Per carità, da quelle parti ne hanno visti parecchi di veri o presunti statisti italiani presentarsi col cappello in mano a prendere ordini. La novità risiede invece nel combinato disposto tra il sostegno di Washington al Sì (che presumibilmente non sposterà un voto) e le precise disposizioni trasmesse a Roma se dovesse vincere il No.

Colpisce intanto e non poco che il grande alleato, nel momento in cui formula un sostegno sfacciato nei confronti di metà (a essere generosi) popolo italiano contro l’altra metà del popolo italiano interferendo pesantemente negli affari di quello che dovrebbe essere uno Stato sovrano, prenda in seria considerazione la sconfitta del proprio beniamino.

Il quale, nel mondo che conta non deve essere proprio considerato un campione vincente della politica, per capirci un Rosberg o un Marquez, alle luce delle continue spintarelle ricevute in prossimità del traguardo dalla Merkel o dal commissario europeo Moscovici o da JP Morgan o dalle agenzie di rating e ora perfino dalla Casa Bianca.

Resta il fatto che se vince il No Obama, o chi per lui, ha deciso e non si discute, che Renzi resterà ben piantato a Palazzo Chigi. Glielo hanno comunicato tra un agnolotto e una colatura di rafano, ma adesso dovranno dirlo anche a Sergio Mattarella. Perfino in quello sgorbio di nuova Carta costituzionale che porta il nome della Boschi non è previsto che il presidente della Repubblica italiana si adegui ai desiderata di uno Stato estero, ancorché superpotente.

Ma forse non ce ne sarà bisogno potendo il Quirinale rinviare il governo Renzi alle Camere o comunque rimetterlo rapidamente in sella fino alla scadenza naturale del 2018 non essendoci maggioranze alternative a quella esistente. Nel melodramma delle decisioni fatali che cominciò (ricordate?) con il lacrimevole: se perdo vado a casa e mi ritiro dalla politica per poi virare su più cauti propositi, lo scaltro giovanotto toscano non ha mai detto: se perdo lascio la segreteria del Pd. Infatti non ci si può liberare tanto facilmente di chi controlla il partito di maggioranza. Altro che salti nel buio. Più illuminati di così…

di Antonio Padellaro | 20 ottobre 2016
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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PERCHE' BERLUSCONI SI E SPINTO IN LA' FINO A FARE QUESTA AFFERMAZIONE????????



Referendum, il no di Berlusconi: "Da riforma pericolo dittatura"
Berlusconi su Facebook: "Riforma pasticciata, mal scritta e addirittura pericolosa". E avverte: "Potrebbe dar vita a una dittatura"


Sergio Rame - Ven, 21/10/2016 - 20:28
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"Noi diciamo 'no' perché questa è una riforma pasticciata, frettolosa, mal scritta, sbagliata e addirittura pericolosa, e non risolverebbe nessuno dei problemi dell'Italia".


Il "no" di Silvio Berlusconi alla riforma costituzionale del governo Renzi è netto (guarda il video). Il Cavaliere boccia, infatti, il ddl Boschi in tutto e per tutto. "Non renderebbe le istituzioni più efficienti e meno costose - spiega in un video messaggio sulla sua pagina Facebook - e soprattutto perché potrebbe dar vita a una deriva autoritaria, potrebbe dar vita alla dittatura di un uomo solo al comando, ad una dittatura della sinistra".

Referendum, Berlusconi: "Da riforma pericolo dittatura"
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Nella videointervista pubblicata sulla sua pagina Facebook, Berlusconi ribadisce il proprio "no" alle riforme fatte approvare da Matteo Renzi a suon di fiduce in parlamento. Adesso che la battaglia si sposta nelle urne, il premier difficilmente otterrà un'altra fiducia, quella degli italiani. Secondo i sondaggi, infatti, il fronte del "no" è in testa con il 52%. "Noi votiamo 'no' perché vogliamo aprire la possibilità ad una nuova, vera riforma che deve essere naturalmente condivisa", spiega Berlusconi. Che poi attacca Renzi: "Ha trasformato il referendum nell'ultima occasione di rilancio per ottenere quella legittimazione popolare che non ha mai avuto".

Berlusconi accusa Renzi di aver trasformato il referendum "in una sfida politica". "E quindi - spiega - il voto sul referendum, per sua scelta, è anche un voto sul governo, un voto che non può che essere negativo". Da qui l'appello ad andare a votare: "Non farlo non è il modo di esprimere il proprio dissenso ma rischia di essere un voto a favore, poiché questo è un referendum senza quorum che, per essere valido, non richiede la partecipazione di una percentuale minima di aventi diritto al voto".
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