referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Renzi dopo di me il diluvio.L'Italia ne ha passate di peggio quindi voto NO:
Paolo11
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Mentana contro Renzi: “Lettera agli italiani all’estero cerca rapporto unilaterale, così si falsa il referendum”
VIDEO:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... m/3184787/
di Mario Ventriglia | 11 novembre 2016
COMMENTI (248)
4,5 mila
Più informazioni su: Enrico Mentana, Italiani all'Estero, La7, Matteo Renzi, Referendum Costituzionale 2016
“Non si può rischiare di falsare questa consultazione cercando un rapporto unilaterale, che è possibile soltanto a chi guida l’istituzione governativa nei confronti degli italiani all’estero” – Così il direttore del Tg La7 Enrico Mentana, dopo che il premier Matteo Renzi ha inviato agli italiani residenti all’estero una lettera con le indicazioni e le istruzioni sulle modalità di voto per il referendum costituzionale. Secondo quanto si apprende, nella lettera sono precisate le ragioni per cui votare Sì, a partire dalla fine del bicameralismo paritario e la riduzione del numero dei parlamentari – “Teoricamente e seriamente ci vorrebbe una lettera, anzi una busta con dentro due lettere” – precisa il direttore – “Le ragioni del Sì e le ragioni del No, perché raggiungerli solo da un lato comporta il rischio veramente forte di avere qualcuno che nel dibattito referendario fa la parte del leone”
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di Mario Ventriglia | 11 novembre 2016
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“Non si può rischiare di falsare questa consultazione cercando un rapporto unilaterale, che è possibile soltanto a chi guida l’istituzione governativa nei confronti degli italiani all’estero” – Così il direttore del Tg La7 Enrico Mentana, dopo che il premier Matteo Renzi ha inviato agli italiani residenti all’estero una lettera con le indicazioni e le istruzioni sulle modalità di voto per il referendum costituzionale. Secondo quanto si apprende, nella lettera sono precisate le ragioni per cui votare Sì, a partire dalla fine del bicameralismo paritario e la riduzione del numero dei parlamentari – “Teoricamente e seriamente ci vorrebbe una lettera, anzi una busta con dentro due lettere” – precisa il direttore – “Le ragioni del Sì e le ragioni del No, perché raggiungerli solo da un lato comporta il rischio veramente forte di avere qualcuno che nel dibattito referendario fa la parte del leone”
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
VOTO DI SCAMBIO I fondi nella legge di Bilancio e le promesse di assunzioni
Renzi si compra
gli italiani all’estero
per 160 milioni
Dal governo una pioggia di aiuti a enti e associazioni che devono spingere il “Sì”tra i residenti fuori d a l l’Italia, decisivi per la vittoria il 4 dicembre
TECCE A PAG. 2 - 3
Renzi si compra
gli italiani all’estero
per 160 milioni
Dal governo una pioggia di aiuti a enti e associazioni che devono spingere il “Sì”tra i residenti fuori d a l l’Italia, decisivi per la vittoria il 4 dicembre
TECCE A PAG. 2 - 3
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
QUANDO LA DEMOCRAZIA SE N'E' ITA
Ue e Sudamerica,
i due obiettivi
del mega-tour del Sì
Ministri, deputati, dirigenti del Pd: tutti in giro per il mondo per sostenere la riforma Boschi (con l’aiuto delle ambasciate)
»WANDA MARRA
Ministri, parlamentari, dirigenti politici, persino funzionari di partito, da qui al 4 dicembre gireranno in tutto il mondo, novelli Apostoli del Sì. Obiettivo, convincere i 4 milioni e 23mila italiani che votano all’estero. Voti decisivi, come è chiaro a Matteo Renzi. Il Comitato “Basta un Sì”ha identificato le zone dove è più importante fare unapropaganda martellante:Germania, Inghilterra, Svizzera, Sudamerica. Basta seguire l’agenda del Ministro per le Riforme Costituzionali, Maria Elena Boschiper capirlo.Domani incontrerà prima la comunità italiana in Svizzeranella Casad’Italia diZurigo, poi sarà a Londra, al Campus dell’Im perial College a South Kensington. A settembre, aveva fatto un tour in Sudamerica: Buenos Aires, Montevideo, Porto Alegre, Brasilia e San Paolo. Il viaggio sarebbe stato motivato da incontri istituzionali. Ma in realtà (come ricorda anche un’in terrogazione presentata ieri dal senatore Gaetano Quagliariello alMinistro degliEsterie alMinistro dell’Interno) tante sono state le iniziative elettorali, organizzate grazie al supporto delle ambasciate: aBuenos Aires,per esempio,Boschi haincontrato gli italiani al Teatro Coliseo, accompagnata d al l’Ambasciatrice italiana a Buenos Aires, Teresa Castaldo (che avrebbe anche organizzato la cosa); a Montevideo l’annuncio
e l’invito alla comunità italiana all’ap puntamento presso la “Casa de los italianos”sarebbe stato diramato tramite il Primo Segretario dell’A m b asciata italiana in Uruguay, Antonio Poletti.Il Ministrosarebbepoi statoaccompagnato dall’Ambasciatore Gianni Piccato e dal Console generale Luis Cavalieri presso la sede di Gente d’Italia (un quotidianomolto diffuso tra gli italo-uruguaiani).
È APPENA tornatodopo una missione di tre giorni in Brasile e in Argentina Enzo Amendola, Sottosegretario agli Esteri. Oltre agli incontri a carattere istituzionale, a San Paolo ha visitato due scuole italiane (“Eugenio Montale”e “Dante Alighieri”), a Buenos Aires la scuola “Cristoforo Colombo”(incon tro che sarebbe stato pubblicizzato con una mail anche dal Consolato italiano) e le associazioni della collettività italiana, comea Rosario ea Cordoba. Guglielmo Vaccaro, schierato con il No, e in questi giorni impegnato in un tour argentino (ieri sera era a Rosario), ha denunciato che sia a Cordobache aBuenos Aires,i Consolati italiani hanno preso le distanze dagliincontri sulreferendum dove si parladel No. A Cordoba, il Console si sarebbe espresso sull’inop por tuni tà dell’incontro. Esiste unacircolare internadiramata dalla Farnesina (nel dettaglio dalla Direzione generale degli italiani all’estero) che dice che sotto elezioni i diplomatici non possonoprendere parteainiziative elettorali. Al di là della specifica violazione è chiaro che distinguere esattamente in quale ruolo vada unrappresentantedel governoèquestione di lana caprina. Per esempio, Mario Giro, anchelui Sottosegretario agliEsteri,èstato aCaracasaottobre, dove ha alternato incontri istituzionali, a un’iniziativa sul referendum, dove i diplomatici non erano presenti. Questione più di forma che di sostanza. La polemica era scoppiata quando Roberto Cociancich, senatore responsabile dei Comitati del Sì, era apparso in una locandina in Canada con l’amba sciatore. Anche lui gira parecchio: è stato anche in Svizzera, Inghilterra e Usa. Andrà anche in Belgio e Germania. Tra le attività previste, il volantinaggio al mercato.A Londra, doveferve l’at tività (si organizzano pure gli Apericena) è andato a inizio novembre anche il senatore dem Giorgio Tonini. In Belgio e Svizzera, sta girando il Sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi. Laura Garavini, eletta all’estero per il Pd, sta girando in Germania, Svizzera e Croazia. E ancora. Il deputato Pd Gennaro Migliore andrà a Colonia. Il senatore dem Andrea Marcucci in Svizzera. E le iniziative si moltiplicano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ue e Sudamerica,
i due obiettivi
del mega-tour del Sì
Ministri, deputati, dirigenti del Pd: tutti in giro per il mondo per sostenere la riforma Boschi (con l’aiuto delle ambasciate)
»WANDA MARRA
Ministri, parlamentari, dirigenti politici, persino funzionari di partito, da qui al 4 dicembre gireranno in tutto il mondo, novelli Apostoli del Sì. Obiettivo, convincere i 4 milioni e 23mila italiani che votano all’estero. Voti decisivi, come è chiaro a Matteo Renzi. Il Comitato “Basta un Sì”ha identificato le zone dove è più importante fare unapropaganda martellante:Germania, Inghilterra, Svizzera, Sudamerica. Basta seguire l’agenda del Ministro per le Riforme Costituzionali, Maria Elena Boschiper capirlo.Domani incontrerà prima la comunità italiana in Svizzeranella Casad’Italia diZurigo, poi sarà a Londra, al Campus dell’Im perial College a South Kensington. A settembre, aveva fatto un tour in Sudamerica: Buenos Aires, Montevideo, Porto Alegre, Brasilia e San Paolo. Il viaggio sarebbe stato motivato da incontri istituzionali. Ma in realtà (come ricorda anche un’in terrogazione presentata ieri dal senatore Gaetano Quagliariello alMinistro degliEsterie alMinistro dell’Interno) tante sono state le iniziative elettorali, organizzate grazie al supporto delle ambasciate: aBuenos Aires,per esempio,Boschi haincontrato gli italiani al Teatro Coliseo, accompagnata d al l’Ambasciatrice italiana a Buenos Aires, Teresa Castaldo (che avrebbe anche organizzato la cosa); a Montevideo l’annuncio
e l’invito alla comunità italiana all’ap puntamento presso la “Casa de los italianos”sarebbe stato diramato tramite il Primo Segretario dell’A m b asciata italiana in Uruguay, Antonio Poletti.Il Ministrosarebbepoi statoaccompagnato dall’Ambasciatore Gianni Piccato e dal Console generale Luis Cavalieri presso la sede di Gente d’Italia (un quotidianomolto diffuso tra gli italo-uruguaiani).
È APPENA tornatodopo una missione di tre giorni in Brasile e in Argentina Enzo Amendola, Sottosegretario agli Esteri. Oltre agli incontri a carattere istituzionale, a San Paolo ha visitato due scuole italiane (“Eugenio Montale”e “Dante Alighieri”), a Buenos Aires la scuola “Cristoforo Colombo”(incon tro che sarebbe stato pubblicizzato con una mail anche dal Consolato italiano) e le associazioni della collettività italiana, comea Rosario ea Cordoba. Guglielmo Vaccaro, schierato con il No, e in questi giorni impegnato in un tour argentino (ieri sera era a Rosario), ha denunciato che sia a Cordobache aBuenos Aires,i Consolati italiani hanno preso le distanze dagliincontri sulreferendum dove si parladel No. A Cordoba, il Console si sarebbe espresso sull’inop por tuni tà dell’incontro. Esiste unacircolare internadiramata dalla Farnesina (nel dettaglio dalla Direzione generale degli italiani all’estero) che dice che sotto elezioni i diplomatici non possonoprendere parteainiziative elettorali. Al di là della specifica violazione è chiaro che distinguere esattamente in quale ruolo vada unrappresentantedel governoèquestione di lana caprina. Per esempio, Mario Giro, anchelui Sottosegretario agliEsteri,èstato aCaracasaottobre, dove ha alternato incontri istituzionali, a un’iniziativa sul referendum, dove i diplomatici non erano presenti. Questione più di forma che di sostanza. La polemica era scoppiata quando Roberto Cociancich, senatore responsabile dei Comitati del Sì, era apparso in una locandina in Canada con l’amba sciatore. Anche lui gira parecchio: è stato anche in Svizzera, Inghilterra e Usa. Andrà anche in Belgio e Germania. Tra le attività previste, il volantinaggio al mercato.A Londra, doveferve l’at tività (si organizzano pure gli Apericena) è andato a inizio novembre anche il senatore dem Giorgio Tonini. In Belgio e Svizzera, sta girando il Sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi. Laura Garavini, eletta all’estero per il Pd, sta girando in Germania, Svizzera e Croazia. E ancora. Il deputato Pd Gennaro Migliore andrà a Colonia. Il senatore dem Andrea Marcucci in Svizzera. E le iniziative si moltiplicano.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
ULTIMI SCAMPOLI DI DEMOCRAZIA
BROGLI Il presidente dell’associazione “bellunesi nel mondo”racconta cos’è davvero il voto all’estero. Il ricorso ai giudici di due cittadini veneti
“In Sudamerica le schede
le comprano per 50 dollari”
»FERRUCCIO SANSA
Ve n e z i a
Cinquanta dollari per ogni scheda elettorale. Passavano delle persone, strada per strada, e chiedevano di comprare le schede degli italiani a ll ’es t e ro ”. Oscar De Bona, presidente dei bellunesi nel mondo ed ex assessore ai flussimigratori dellaRegione Veneto, racconta quello che gli hanno riferito tanti suoi associati: la compravendita di schede elettorali. Riferisce De Bona: “S u ccede in Brasile, dove soltanto i veneti sono decine di migliaia e a volte rappresentano la maggioranza della popolazione di intere cittadine. Ma abbiamo avuto segnalazioni anche dall’Argentina. E perfino dalla Svizzera, pur se in Europa il fenomeno è meno rilevante perché c’è più controllo”. In Veneto se ne parla da anni. Ogni volta che si vota arrivano segnalazioni da parenti eamici emigratilontano. Denunciano procedure approssimative, pasticci, quando non veri e propri tentativi di brogli. Ma stavolta qualcuno ha presentato un ricorso. A firmarlo Pier Michele Cellini, italiano iscritto a ll ’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), e Antonio Guadagnini, consigliere regionale di SiamoVeneto (indipendentista).
L’ATTO DI CITAZIONE tiene conto proprio dei racconti e delle denunce di tanti veneti nel mondo: “Abbiamo raccolto molte testimonianze di gente che ci ha riferito irregolarità. Ormai è chiaro: il sistema di voto degli italiani all’estero così com’è congegnato non va bene. È un colabrodo, non fornisce le minime garanzie contro brogli ed errori. L’articolo 48 della Costituzione dice che il voto deve essere personale, uguale, libero e segreto”, sostiene Guadagnini, “ma per i residenti all’estero nessuna di queste caratteristiche viene g a ra n t i t a”. Spiegazione: “Non è ‘personale’, in quanto non c’è alcun controllo durante l’esercizio del voto, e di conseguenza una persona può votare al posto di un’al tra. Non è ‘uguale’poiché votare all’interno di un seggio non è la stessa cosa che votare in un luogo scelto a piacere dopo aver ricevuto la scheda per posta. Non è ‘li b e r o ’, in
quanto la garanzia della libertà di voto si concretizza nell’assicurazione di poter esercitare tale diritto senza subire pressioni o minacce, fisiche o psicologiche. Garanzia che il voto per corrispondenza non fornisce”.E infine, concludono gli autori del ricorso, “il voto degli italiani all’estero non è ‘segre to’, in quanto solo un seggio può garantire la segretezza del voto”. Secondo il ricorso, la disciplina che regola il voto per posta deveessere dichiarata ncostituzionale. Ma se proprio dovesse essere considerata conformealla Carta,allora la possibilità di votare per corrispondenza dovrebbe essere estesa a tutti i cittadini, “come accade in Germania, dove ogni cittadino può scegliere il voto per corrispondenza”. Come ricordano Guadagninie Celliniilvoto degliitaliani fuori dai confini può essere decisivo, “soprattutto per questo referendum, visto che sarà ammesso anche il voto dei residenti temporanei all’estero, cioè quelli fuoriusciti da almeno tre mesi”. In numeri: gli italiani all’estero con diritto di voto all’ul timo referendum –quello sulle trivellazioni –e ra no 3.951.448, ma per la consultazione del prossimo 4 dicembre si è già toccata quota 4,1 milioni. La maggior parte in Europa (2,1 milioni) e Sud America (1,3). In pratica parliamo di circa l’8% dell’intero corpo elettorale (circa 51 milioni di aventi diritto al voto). Anche ponendo, come è avvenuto alle ultime consultazioni, che voti solo il 30 per cento di chi ha diritto tra i residenti all’estero, siamo sempre attorno al milione e tre
centomila persone. “Ho presentato ricorso - spiega Cellini, veneto che vive in Slovacchia - non perché io sia per il “sì”oppure per il “no”. Ideologia e idee politiche non c’entrano. Già in occasione dell’ultimo referendum non mi hanno convinto per niente le modalità di voto per noi italiani all’estero. Insomma, devi mettere il tuo voto in una scheda e spedirla. Ma non sai chi la aprirà, chi controllerà, chi garantirà la tua manifestazione di volontà. Non sai niente. E falsificare, commettere brogli potrebbe essere facilissimo”, spiega Cellini.
CO N C LU D E De Bona: “Ci ricordiamo degli italiani all’estero soltanto quando c’è in gioco una posta molto alta come la riforma della Costit u zi o n e”. E Guadagnini aggiunge: “Dare voce agli italiani che sono dovuti andare via non significa soltanto dargli in mano una scheda e poi magari farne chissà che cosa. Dobbiamo rispettare davvero la loro volontà di cittadini”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
BROGLI Il presidente dell’associazione “bellunesi nel mondo”racconta cos’è davvero il voto all’estero. Il ricorso ai giudici di due cittadini veneti
“In Sudamerica le schede
le comprano per 50 dollari”
»FERRUCCIO SANSA
Ve n e z i a
Cinquanta dollari per ogni scheda elettorale. Passavano delle persone, strada per strada, e chiedevano di comprare le schede degli italiani a ll ’es t e ro ”. Oscar De Bona, presidente dei bellunesi nel mondo ed ex assessore ai flussimigratori dellaRegione Veneto, racconta quello che gli hanno riferito tanti suoi associati: la compravendita di schede elettorali. Riferisce De Bona: “S u ccede in Brasile, dove soltanto i veneti sono decine di migliaia e a volte rappresentano la maggioranza della popolazione di intere cittadine. Ma abbiamo avuto segnalazioni anche dall’Argentina. E perfino dalla Svizzera, pur se in Europa il fenomeno è meno rilevante perché c’è più controllo”. In Veneto se ne parla da anni. Ogni volta che si vota arrivano segnalazioni da parenti eamici emigratilontano. Denunciano procedure approssimative, pasticci, quando non veri e propri tentativi di brogli. Ma stavolta qualcuno ha presentato un ricorso. A firmarlo Pier Michele Cellini, italiano iscritto a ll ’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), e Antonio Guadagnini, consigliere regionale di SiamoVeneto (indipendentista).
L’ATTO DI CITAZIONE tiene conto proprio dei racconti e delle denunce di tanti veneti nel mondo: “Abbiamo raccolto molte testimonianze di gente che ci ha riferito irregolarità. Ormai è chiaro: il sistema di voto degli italiani all’estero così com’è congegnato non va bene. È un colabrodo, non fornisce le minime garanzie contro brogli ed errori. L’articolo 48 della Costituzione dice che il voto deve essere personale, uguale, libero e segreto”, sostiene Guadagnini, “ma per i residenti all’estero nessuna di queste caratteristiche viene g a ra n t i t a”. Spiegazione: “Non è ‘personale’, in quanto non c’è alcun controllo durante l’esercizio del voto, e di conseguenza una persona può votare al posto di un’al tra. Non è ‘uguale’poiché votare all’interno di un seggio non è la stessa cosa che votare in un luogo scelto a piacere dopo aver ricevuto la scheda per posta. Non è ‘li b e r o ’, in
quanto la garanzia della libertà di voto si concretizza nell’assicurazione di poter esercitare tale diritto senza subire pressioni o minacce, fisiche o psicologiche. Garanzia che il voto per corrispondenza non fornisce”.E infine, concludono gli autori del ricorso, “il voto degli italiani all’estero non è ‘segre to’, in quanto solo un seggio può garantire la segretezza del voto”. Secondo il ricorso, la disciplina che regola il voto per posta deveessere dichiarata ncostituzionale. Ma se proprio dovesse essere considerata conformealla Carta,allora la possibilità di votare per corrispondenza dovrebbe essere estesa a tutti i cittadini, “come accade in Germania, dove ogni cittadino può scegliere il voto per corrispondenza”. Come ricordano Guadagninie Celliniilvoto degliitaliani fuori dai confini può essere decisivo, “soprattutto per questo referendum, visto che sarà ammesso anche il voto dei residenti temporanei all’estero, cioè quelli fuoriusciti da almeno tre mesi”. In numeri: gli italiani all’estero con diritto di voto all’ul timo referendum –quello sulle trivellazioni –e ra no 3.951.448, ma per la consultazione del prossimo 4 dicembre si è già toccata quota 4,1 milioni. La maggior parte in Europa (2,1 milioni) e Sud America (1,3). In pratica parliamo di circa l’8% dell’intero corpo elettorale (circa 51 milioni di aventi diritto al voto). Anche ponendo, come è avvenuto alle ultime consultazioni, che voti solo il 30 per cento di chi ha diritto tra i residenti all’estero, siamo sempre attorno al milione e tre
centomila persone. “Ho presentato ricorso - spiega Cellini, veneto che vive in Slovacchia - non perché io sia per il “sì”oppure per il “no”. Ideologia e idee politiche non c’entrano. Già in occasione dell’ultimo referendum non mi hanno convinto per niente le modalità di voto per noi italiani all’estero. Insomma, devi mettere il tuo voto in una scheda e spedirla. Ma non sai chi la aprirà, chi controllerà, chi garantirà la tua manifestazione di volontà. Non sai niente. E falsificare, commettere brogli potrebbe essere facilissimo”, spiega Cellini.
CO N C LU D E De Bona: “Ci ricordiamo degli italiani all’estero soltanto quando c’è in gioco una posta molto alta come la riforma della Costit u zi o n e”. E Guadagnini aggiunge: “Dare voce agli italiani che sono dovuti andare via non significa soltanto dargli in mano una scheda e poi magari farne chissà che cosa. Dobbiamo rispettare davvero la loro volontà di cittadini”.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
PIENONE Al Teatro Vittoria in centinaia per un incontro sulla riforma. Rodotà teme per la regolarità del voto all’estero, Zagrebelsky contro Napolitano: “Sulla revisione è andato oltre i suoi compiti”
Opporsi per cercare la rotta
A Roma platea rossa per il No
»LUCA DE CAROLIS
Si ritrovano per dire No. E forse dicono No anche per ritrovarsi, per darsi una rotta. In una fredda domenica mattina in centinaia riempiono il teatro Vittoria al Testaccio, antico cuore di Roma, per Le ragioni del No, dibattito organizzato dalla rivista Mi cro meg a e da ll’europarlamentare Curzio Maltese. Ed è una mattinatarossa, neicolorie nelleparole. Perché sono rosse le poltrone, i maglioni e le sciarpe di tanti spettatori, la storia e le nostalgie di molti oratori.
C’È UNA FOLLA soprattutto di sinistra, di età media piuttosto alta, ad ascoltareGustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà e personalità come l’esperto di Politica economica Riccardo Petrella. Tutti alternativi al renzismo, rosso stinto. “Dob biamo ritrovare quello che siamo, questa sinistra riformista è più sconcia della destra vera” scandisce Moni Ovadia al microfono. Piovono applausi liberatori. Dal palco legge Il Manifesto di Ventotenedi Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, perché il sottotitolo dell’i ncontro è “la decostituzionalizzazione in atto in Europa”. Parole degli anni ’40 per immaginare un futuro dopo il 4 dicembre. Ma prima c’è da vincere il referendum. “P er ò la Rai non cidà voce, sono già saltati due programmi a cui dovevo partecipare”, ricorda Lorenza Carlassare. Ed è uno dei temi della giornata, la tv che non è imparziale. “Loro vogliono una società autoritaria, noi no: e soprattutto noi non parliamo per interesse, non chiediamo niente a nessuno”punge la costituzionalista: asciutta, come vuole la regola che prevede interventi di dieci minuti a testa. In pochi la rispettano, ma la platea regge.
AIUTA L’ATTORE Claudio Santamaria, il volto di Jeeg Robot, che tra un discorso e l’altro legge Piero Calamandrei, uno dei padri della Repubblica. Ma soprattutto infila una lettura tutta d’un fiato dell’articolo 70 della Carta riformata. Stordisce, lanuova norma.E Santamaria, con maglione bordeaux (“l’ho messo per caso”, ride) può infierire: “Pare uno sketch di Gigi Proietti”. Maltese invece punta il dito: “Matteo Renzi fa ciò che serve per stare al potere, è senza visione”. E ai microfoni del fattoquotidiano.it, precisa: “Lasua letteraagliitaliani all’estero è stata una violazione, ma anche la spia della sua paura”. Anna Falcone, vicepresidente del Comitatoper il No, parla già di futuro prossimo: “Il referendum deve essere un inizio, uno splendido giorno da cui partire per un vero cambiamento: il vecchio è questa riforma, che è una restauraz i o ne ”. Tocca al direttore di M ic ro me ga , Paolo Flores D'Arcais, che picchia contro “lasinistra nipotinadiBerlusconi”e prevede: “Negli ultimi giorni prima del voto ci sarà una manipolazione sulle tv, in programmi a cui noi non avremo accesso”. Quindi, la sua ricetta per il post voto: “Se vince il No serve un governo di coerenza costituzionale, con ministri presi dalla società civile:
Teatro Italicum “Sono d’a cco rdo col documento del Pd sulle mo d i f iche”, così il presidente del Consiglio su Rai3
T r io Da sin. Z agrebelsky con Santamaria e Paolo Flores d’A rca i s, direttore di Micromega, che ha organizzato l’eve nto Pi zz i
Dal palco Carlassare: “La Rai non ci dà voce”. E Maltese attacca Renzi: “Fa ciò che serve al potere”
CONTRO IL SINDACO: “VOTA SÌ” Salvini avverte Fi: “Pronti a uscire dalla giunta di Venezia”
qÈANCORAFURIBONDO per “il tradim e n to”dei forzisti a Padova, e allora già minaccia ritorsioni aVenezia, con dimissioni da assemblea e giunta. Dopo la caduta della giunta padovana delleghista Massimo Bitonci, affondatadalle dimissionidi 17consiglieri, tra cui due di Forza Italia, il leader del Carroccio Matteo Salvini mette nelmirino il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro,“c i v i co”che governa
assieme al centrodestra. Salvini gli imputa il Sì allariforma diMatteo Renzi,e comerisposta ventila ledimissioni diconsiglieri eassessori leghisti: “Neparlerò coni venetiin settimana, ma il mio pensiero è che se il sindaco Brugnaro dice che la riformacostituzionale fa schifo ma vota sì, beh allora lo faccia senza la Lega”. Brugnaro peròrischia poco,visto chei consiglieri del Carrocciosono solo due,e in giuntasolo la
vicesindaca Luciana Colle è ricollegabile direttamente alla Lega. Ma Salvini vuole comunque complicare la vita a Forza Italia e al sindaco, comunque vicino ai forzisti. Brugnaro però lancia segnali di pace: “Mi dispiace se Salvini è arrabbiato, ma credo non ci siano i motivi per minacciare conseguenze sulla giunta a Venezia perquella cheè unamia posizionepersonale sul referendum costituzionale”.
anche il M5s dovrà dire sì”. Lo stesso Movimento a cui Flores D’Arcais tira le orecchie per alcuni “errori”passati. E 4 o 5 in platea protestano. Arriva l’applauditissimo Rodotà: “Non c’è alcuna semplificazionein questariforma,tanto che i costituzionalisti non riescono a capire quanti saranno i procedimenti per fare le leggi, da 7 a 12”. Poi contesta un totem renziano: “Il cambiamento non è necessariamente benefico: lariforma èispirata da un realismo regressivo”. A margine, sempre al Fatto, dice: “La genuinità del voto all ’estero è un problema”. Il gran finale èper Zagrebelsky, che imbraccia la mazza ferrata contro Giorgio Napolitano: “Questa riforma è stata promossa dal presidente della Repubblica andando al di fuori dei suoi compiti. Mi ricordo i saggi al Quirinale da lui, per fortuna tu Lorenza ne sei uscita in tempo...”. Risate, applausi. E ancora il presidente emerito della Consulta: “La scienza costituzionale non si fa convocare”. Tra le pieghe, un dubbiopesante: “Speriamo di potere votare tra un mese, anche se i sondaggi andassero male a q u a l c un o ”. La gente si alza. Sperando di rivedersi, presto
Opporsi per cercare la rotta
A Roma platea rossa per il No
»LUCA DE CAROLIS
Si ritrovano per dire No. E forse dicono No anche per ritrovarsi, per darsi una rotta. In una fredda domenica mattina in centinaia riempiono il teatro Vittoria al Testaccio, antico cuore di Roma, per Le ragioni del No, dibattito organizzato dalla rivista Mi cro meg a e da ll’europarlamentare Curzio Maltese. Ed è una mattinatarossa, neicolorie nelleparole. Perché sono rosse le poltrone, i maglioni e le sciarpe di tanti spettatori, la storia e le nostalgie di molti oratori.
C’È UNA FOLLA soprattutto di sinistra, di età media piuttosto alta, ad ascoltareGustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà e personalità come l’esperto di Politica economica Riccardo Petrella. Tutti alternativi al renzismo, rosso stinto. “Dob biamo ritrovare quello che siamo, questa sinistra riformista è più sconcia della destra vera” scandisce Moni Ovadia al microfono. Piovono applausi liberatori. Dal palco legge Il Manifesto di Ventotenedi Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, perché il sottotitolo dell’i ncontro è “la decostituzionalizzazione in atto in Europa”. Parole degli anni ’40 per immaginare un futuro dopo il 4 dicembre. Ma prima c’è da vincere il referendum. “P er ò la Rai non cidà voce, sono già saltati due programmi a cui dovevo partecipare”, ricorda Lorenza Carlassare. Ed è uno dei temi della giornata, la tv che non è imparziale. “Loro vogliono una società autoritaria, noi no: e soprattutto noi non parliamo per interesse, non chiediamo niente a nessuno”punge la costituzionalista: asciutta, come vuole la regola che prevede interventi di dieci minuti a testa. In pochi la rispettano, ma la platea regge.
AIUTA L’ATTORE Claudio Santamaria, il volto di Jeeg Robot, che tra un discorso e l’altro legge Piero Calamandrei, uno dei padri della Repubblica. Ma soprattutto infila una lettura tutta d’un fiato dell’articolo 70 della Carta riformata. Stordisce, lanuova norma.E Santamaria, con maglione bordeaux (“l’ho messo per caso”, ride) può infierire: “Pare uno sketch di Gigi Proietti”. Maltese invece punta il dito: “Matteo Renzi fa ciò che serve per stare al potere, è senza visione”. E ai microfoni del fattoquotidiano.it, precisa: “Lasua letteraagliitaliani all’estero è stata una violazione, ma anche la spia della sua paura”. Anna Falcone, vicepresidente del Comitatoper il No, parla già di futuro prossimo: “Il referendum deve essere un inizio, uno splendido giorno da cui partire per un vero cambiamento: il vecchio è questa riforma, che è una restauraz i o ne ”. Tocca al direttore di M ic ro me ga , Paolo Flores D'Arcais, che picchia contro “lasinistra nipotinadiBerlusconi”e prevede: “Negli ultimi giorni prima del voto ci sarà una manipolazione sulle tv, in programmi a cui noi non avremo accesso”. Quindi, la sua ricetta per il post voto: “Se vince il No serve un governo di coerenza costituzionale, con ministri presi dalla società civile:
Teatro Italicum “Sono d’a cco rdo col documento del Pd sulle mo d i f iche”, così il presidente del Consiglio su Rai3
T r io Da sin. Z agrebelsky con Santamaria e Paolo Flores d’A rca i s, direttore di Micromega, che ha organizzato l’eve nto Pi zz i
Dal palco Carlassare: “La Rai non ci dà voce”. E Maltese attacca Renzi: “Fa ciò che serve al potere”
CONTRO IL SINDACO: “VOTA SÌ” Salvini avverte Fi: “Pronti a uscire dalla giunta di Venezia”
qÈANCORAFURIBONDO per “il tradim e n to”dei forzisti a Padova, e allora già minaccia ritorsioni aVenezia, con dimissioni da assemblea e giunta. Dopo la caduta della giunta padovana delleghista Massimo Bitonci, affondatadalle dimissionidi 17consiglieri, tra cui due di Forza Italia, il leader del Carroccio Matteo Salvini mette nelmirino il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro,“c i v i co”che governa
assieme al centrodestra. Salvini gli imputa il Sì allariforma diMatteo Renzi,e comerisposta ventila ledimissioni diconsiglieri eassessori leghisti: “Neparlerò coni venetiin settimana, ma il mio pensiero è che se il sindaco Brugnaro dice che la riformacostituzionale fa schifo ma vota sì, beh allora lo faccia senza la Lega”. Brugnaro peròrischia poco,visto chei consiglieri del Carrocciosono solo due,e in giuntasolo la
vicesindaca Luciana Colle è ricollegabile direttamente alla Lega. Ma Salvini vuole comunque complicare la vita a Forza Italia e al sindaco, comunque vicino ai forzisti. Brugnaro però lancia segnali di pace: “Mi dispiace se Salvini è arrabbiato, ma credo non ci siano i motivi per minacciare conseguenze sulla giunta a Venezia perquella cheè unamia posizionepersonale sul referendum costituzionale”.
anche il M5s dovrà dire sì”. Lo stesso Movimento a cui Flores D’Arcais tira le orecchie per alcuni “errori”passati. E 4 o 5 in platea protestano. Arriva l’applauditissimo Rodotà: “Non c’è alcuna semplificazionein questariforma,tanto che i costituzionalisti non riescono a capire quanti saranno i procedimenti per fare le leggi, da 7 a 12”. Poi contesta un totem renziano: “Il cambiamento non è necessariamente benefico: lariforma èispirata da un realismo regressivo”. A margine, sempre al Fatto, dice: “La genuinità del voto all ’estero è un problema”. Il gran finale èper Zagrebelsky, che imbraccia la mazza ferrata contro Giorgio Napolitano: “Questa riforma è stata promossa dal presidente della Repubblica andando al di fuori dei suoi compiti. Mi ricordo i saggi al Quirinale da lui, per fortuna tu Lorenza ne sei uscita in tempo...”. Risate, applausi. E ancora il presidente emerito della Consulta: “La scienza costituzionale non si fa convocare”. Tra le pieghe, un dubbiopesante: “Speriamo di potere votare tra un mese, anche se i sondaggi andassero male a q u a l c un o ”. La gente si alza. Sperando di rivedersi, presto
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Consultellum, se al referendum vince il No e si vota subito il Senato sarà paralizzato. Anche con un nuovo "Nazareno"
L'Huffington Post | Di Claudio Paudice
Se vincesse il No al referendum e si andasse a elezioni senza modificare la legge elettorale il Senato sarebbe "ingovernabile". Non basterebbero neanche le larghe intese per mettere in piedi una maggioranza in grado di dare la fiducia a un eventuale governo. In sintesi, senza modificare l'Italicum - la legge elettorale approvata in questa legislatura che definisce le regole solo per l'elezione dei deputati nella "speranza" che il 4 dicembre vinca il Sì - il Parlamento sarebbe paralizzato. E' quanto riporta una proiezione fatta da Scenari Politici che ha elaborato i sondaggi elettorali regione per regione arrivando a questa conclusione.
A Palazzo Madama l'elezione sarebbe regolate dal cosiddetto Consultellum, ovvero il Porcellum (la vecchia legge elettorale) depurato dai profili di incostituzionalità che sono stati cassati dalla Consulta con la sentenza del 4 dicembre 2013. In primis il premio di maggioranza che al Senato veniva attribuito su base regionale.
Elaborando i sondaggi, Scenari Politici arriva a definire il numero di senatori per ogni partito rispetto ad ogni regione. Il Partito Democratico otterrebbe 111 senatori, Forza Italia 43, la Lega 37, Fratelli d'Italia 9, il Movimento 5 Stelle 96, Alleanza Popolare 5. Anche ipotizzando un ritorno delle "grandi intese" e mettendo insieme i senatori di Pd e Fi si arriverebbe a quota 154, cifra ben lontana quindi dalla metà più uno dei seggi necessari per avere una maggioranza.
Palazzo Madama infatti oggi dispone di 320 seggi, di cui cinque riservati ai senatori a vita. Sarebbe necessario avere quindi una maggioranza di 161 parlamentari, difficilmente raggiungibile anche se si riuscisse a coinvolgere senatori di altri partiti minori di centrodestra (come ad esempio Ala di Denis Verdini) e altri esponenti delle autonomie, come il Südtiroler Volkspartei.
Per questo, se vince il No, modificare la legge elettorale approvata solo a maggio scorso, nella convinzione (o meglio supposizione) che al referendum la maggioranza degli elettori metteranno una ics sul Sì, sarà una strada obbligatoria. La riforma Boschi prevede la riduzione dell'assemblea a 100 senatori, scelti tra i consiglieri regionali e sindaci.
QUINDI dopo il 4 dicembre, vincendo il NO, bisognerà fare una nuova legge elettorale sia per il senato che per la camera. Sarebbe allora opportuno trovare una soluzione fin da adesso perché è conveniente per tutti avere un parlamento in grado di funzionare.
L'Huffington Post | Di Claudio Paudice
Se vincesse il No al referendum e si andasse a elezioni senza modificare la legge elettorale il Senato sarebbe "ingovernabile". Non basterebbero neanche le larghe intese per mettere in piedi una maggioranza in grado di dare la fiducia a un eventuale governo. In sintesi, senza modificare l'Italicum - la legge elettorale approvata in questa legislatura che definisce le regole solo per l'elezione dei deputati nella "speranza" che il 4 dicembre vinca il Sì - il Parlamento sarebbe paralizzato. E' quanto riporta una proiezione fatta da Scenari Politici che ha elaborato i sondaggi elettorali regione per regione arrivando a questa conclusione.
A Palazzo Madama l'elezione sarebbe regolate dal cosiddetto Consultellum, ovvero il Porcellum (la vecchia legge elettorale) depurato dai profili di incostituzionalità che sono stati cassati dalla Consulta con la sentenza del 4 dicembre 2013. In primis il premio di maggioranza che al Senato veniva attribuito su base regionale.
Elaborando i sondaggi, Scenari Politici arriva a definire il numero di senatori per ogni partito rispetto ad ogni regione. Il Partito Democratico otterrebbe 111 senatori, Forza Italia 43, la Lega 37, Fratelli d'Italia 9, il Movimento 5 Stelle 96, Alleanza Popolare 5. Anche ipotizzando un ritorno delle "grandi intese" e mettendo insieme i senatori di Pd e Fi si arriverebbe a quota 154, cifra ben lontana quindi dalla metà più uno dei seggi necessari per avere una maggioranza.
Palazzo Madama infatti oggi dispone di 320 seggi, di cui cinque riservati ai senatori a vita. Sarebbe necessario avere quindi una maggioranza di 161 parlamentari, difficilmente raggiungibile anche se si riuscisse a coinvolgere senatori di altri partiti minori di centrodestra (come ad esempio Ala di Denis Verdini) e altri esponenti delle autonomie, come il Südtiroler Volkspartei.
Per questo, se vince il No, modificare la legge elettorale approvata solo a maggio scorso, nella convinzione (o meglio supposizione) che al referendum la maggioranza degli elettori metteranno una ics sul Sì, sarà una strada obbligatoria. La riforma Boschi prevede la riduzione dell'assemblea a 100 senatori, scelti tra i consiglieri regionali e sindaci.
QUINDI dopo il 4 dicembre, vincendo il NO, bisognerà fare una nuova legge elettorale sia per il senato che per la camera. Sarebbe allora opportuno trovare una soluzione fin da adesso perché è conveniente per tutti avere un parlamento in grado di funzionare.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
LA NOTIZIA RIPRESA SUBITO DA DAGOSPIA
18 NOV 2016 16:08
MARKETTA PRO-RENZI DI IGNAZIO VISCO
- BANKITALIA PRENDE LA PALLA DI VETRO E PREVEDE “FORTE INSTABILITA’” DEI MERCATI IN COINCIDENZA CON IL REFERENDUM: ALLERTA SPREAD
- IN PIU’, METTE LE MANI AVANTI SU MPS: L’AUMENTO DI CAPITALE PRESENTA “RISCHI DI ATTUAZIONE”
- CHE S’HA DA FA' PE’ CAMPA’...
Da Il Sole 24 ore
Un forte picco della volatilità del mercato azionario italiano è atteso all'inizio di dicembre in corrispondenza con il referendum costituzionale. Lo scrive la Banca d'Italia nel rapporto sulla stabilità finanziaria. La volatilità è misurata sui prezzi delle opzioni sull'indice azionario; da un grafico pubblicato nel rapporto si vede un picco della volatilità implicita che a dicembre balza oltre il 4 per cento.
Dall'inizio dell'anno, osserva il rapporto di via Nazionale, c'è un differenziale elevato tra la volatilità implicita del mercato italiano e quella dell'area dell'euro. La forbice si è aperta all'inizio di quest'anno quando sono iniziate le vendite massicce sui titoli delle banche italiane. L'indice azionario, sottolinea via Nazionale, «continua a risentire della debolezza del settore bancario, per il quale le valutazioni degli investitori sulla redditività si mantengono sfavorevoli».
Bankitalia si è soffermata anche sul caso bancario più delicato del momento, quello di Mps. Monte dei Paschi, afferma Via Nazionale, sta cercando di realizzare un piano «complesso» e «i rischi di attuazione derivano principalmente dall'elevata volatilità che ha di recente caratterizzato i mercati azionari».
Il rapporto ricorda, prima di descrivere per sommi capi le caratteristiche dell'operazione che Rocca Salimbeni sta cercando di realizzare (cessione dell'intero portafoglio di sofferenze da coprire con un aumento di capitale da 5 miliardi), l'antefatto che ha portato all'adozione di quel piano «complesso»: la bocciatura allo stress test di luglio.
Mps è stata l'unica banca del campione a fallirlo nella situazione di stress (il Cet1 risultava addirittura negativo, ndr). Risultato negativo che secondo via Nazionale è dipeso «in larga misura» dalla metodologia utilizzata dall'Eba che «mal si adatta» a una banca come Mps per la quale «è in corso una profonda ristrutturazione».
18 NOV 2016 16:08
MARKETTA PRO-RENZI DI IGNAZIO VISCO
- BANKITALIA PRENDE LA PALLA DI VETRO E PREVEDE “FORTE INSTABILITA’” DEI MERCATI IN COINCIDENZA CON IL REFERENDUM: ALLERTA SPREAD
- IN PIU’, METTE LE MANI AVANTI SU MPS: L’AUMENTO DI CAPITALE PRESENTA “RISCHI DI ATTUAZIONE”
- CHE S’HA DA FA' PE’ CAMPA’...
Da Il Sole 24 ore
Un forte picco della volatilità del mercato azionario italiano è atteso all'inizio di dicembre in corrispondenza con il referendum costituzionale. Lo scrive la Banca d'Italia nel rapporto sulla stabilità finanziaria. La volatilità è misurata sui prezzi delle opzioni sull'indice azionario; da un grafico pubblicato nel rapporto si vede un picco della volatilità implicita che a dicembre balza oltre il 4 per cento.
Dall'inizio dell'anno, osserva il rapporto di via Nazionale, c'è un differenziale elevato tra la volatilità implicita del mercato italiano e quella dell'area dell'euro. La forbice si è aperta all'inizio di quest'anno quando sono iniziate le vendite massicce sui titoli delle banche italiane. L'indice azionario, sottolinea via Nazionale, «continua a risentire della debolezza del settore bancario, per il quale le valutazioni degli investitori sulla redditività si mantengono sfavorevoli».
Bankitalia si è soffermata anche sul caso bancario più delicato del momento, quello di Mps. Monte dei Paschi, afferma Via Nazionale, sta cercando di realizzare un piano «complesso» e «i rischi di attuazione derivano principalmente dall'elevata volatilità che ha di recente caratterizzato i mercati azionari».
Il rapporto ricorda, prima di descrivere per sommi capi le caratteristiche dell'operazione che Rocca Salimbeni sta cercando di realizzare (cessione dell'intero portafoglio di sofferenze da coprire con un aumento di capitale da 5 miliardi), l'antefatto che ha portato all'adozione di quel piano «complesso»: la bocciatura allo stress test di luglio.
Mps è stata l'unica banca del campione a fallirlo nella situazione di stress (il Cet1 risultava addirittura negativo, ndr). Risultato negativo che secondo via Nazionale è dipeso «in larga misura» dalla metodologia utilizzata dall'Eba che «mal si adatta» a una banca come Mps per la quale «è in corso una profonda ristrutturazione».
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
IL SI E IL NO SECONDO L'ESPRESSO
FAQ
Referendum, cosa succede se vince il Sì e cosa succede se vince il No
C'è il pericolo del crollo dei mercati? E Renzi in qualche caso lascerà veramente palazzo Chigi? Tra allarmismi e retroscena, il voto del 4 dicembre avrà comunque una serie di conseguenze. Abbiamo provato a ipotizzare i diversi scenari
DI LUCA SAPPINO
18 novembre 2016
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Cosa succede a palazzo Chigi se vince il Sì?
La maggior parte dei pronostici in caso di vittoria del Sì, vede Renzi restare al governo e al vertice del Pd. Più forte nei confronti della minoranza dem che - salvo Gianni Cuperlo - si è dichiarata per il No. C’è da dire, però, che i deputati più vicini al premier non sgomitano per confermare e anzi numerosi sono i «non commento» che abbiamo messo in fila. Tutto dunque può succedere, ma è in caso di vittoria del No che si verifecherebbero i cambiamenti più probabili.
E se vince il No Renzi lascia veramente il governo?
«Se si tratta di galleggiare, io non ci sto» ha detto in più occasioni il presidente del Consiglio. Quindi, se vince il No, Matteo Renzi dovrebbe lasciare palazzo Chigi. Ma non è detto neanche questo, perché tra i sostenitori del Sì che abbiamo sentito c’è ad esempio Gennaro Migliore, deputato dem - eletto con Sinistra e libertà - e sottosegretario alla Giustizia. Migliore ci ha spiegato che «la scadenza della legislatura è quella naturale e lo sarà in ogni caso». Dice così, Migliore, «perché il percorso di questa legislatura e del governo non deve esser legato all’esito del referendum», perché - in sostanza - non bisogna personalizzare. Ma tiene anche aperta la porta, Migliore, con queste parole, e lo sa benissimo, anche se rimane sul principio. «Quello che succederà», continua, «è legato alle circostanze politiche che seguiranno il referendum». Non sembra però così campato in aria quello che dice sicuro l’ex dem Pippo Civati: «Il destino politico di Renzi è legato alla riforma», dice ironico il deputato di Possibile, «ma vorrei rassicurare tutti: molto probabilmente la stessa maggioranza farà un nuovo governo e magari con Renzi premier».
E al Pd che succede?
Se con il No è probabile ma non certo che Renzi lasci palazzo Chigi, escluso è invece che lasci la guida del Pd, la sede nazionale di via del Nazareno. Si dovrà rassegnare la minoranza interna che vorrebbe in quegli uffici un segretario di garanzia fino a nuove primarie. Renzi sa benissimo, infatti, che in caso di vittoria del No le urne si avvicinano ma non sono immediate. Servirà infatti una nuova legge elettorale, visto che l’Italicum è pensato per la sola Camera dei Deputati, dando il Senato per riformato, e servirà dunque un governo - il suo o un altro - che duri almeno il tempo di fare questa riforma. Renzi si è detto contrario a «governicchi», per potersi sfilare da palazzo Chigi lasciando ad altri il compito. Da segretario del Pd potrà così mantenere le distanze «dalla palude», pur consentendo, alla fine, la nascita di un esecutivo-ponte. Franceschini, Calenda, Grasso. I candidati sono molti e tutto sommato equivalenti: tutti saranno trattati da Renzi come Enrico Letta.
E quindi quando si tornerà a votare?
Sciogliere le Camere e indire nuove elezioni è prerogativa del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che dovrà tenere conto dei malumori di Matteo Renzi, che si mostrerà ansioso di misurarsi con le urne, sapendo però - questo è il punto - che la linea del segretario dem non è detto sia gradita ai gruppi parlamentari, soprattutto a quelli del Pd, che sono i più numerosi, e sono stati eletti quando segretario era Bersani. È probabile, insomma, che il parlamento non voglia andare al voto e trovi, dandosi il legittimo obiettivo di una nuova legge elettorale, i numeri per un governo di scopo. Che potrebbe essere un governo Renzi, ma è più probabile sia, come detto, un governo dal profilo più istituzionale.
Ma l’Europa, in caso di bocciatura della riforma, cosa farà?
«L’Italia non è più considerata il problema d’Europa ma dobbiamo continuare a migliorarci» scrive Renzi nella lettera inviata agli italiani all’estero e in cui elenca le ragioni per cui bisogna votare sì. Prima fra tutte, il far «rispettare il nostro Paese fuori dai confini nazionali». Il presidente del Consiglio, dunque, ne fa una questione di affidabilità. E che la capacità dell’Italia di approvare le riforme sia importante per l'Europa, o almeno di una sua parte, è sicuramente vero. Meno vero è però che sia la riforma costituzionale quella a cui Germania e Commissione tengono di più. Anche con il bicameralismo perfetto, infatti, l’Italia ha riformato il mercato del lavoro e aumentato l’età pensionabile, ad esempio. Angela Merkel lo sa come lo sanno le istituzioni europee, che avevano chiesto espressamente queste riforme, nominate già nella celebre lettera del 2011. Il referendum costituzionale, dunque, non è la nostra Brexit anche se Matteo Renzi, sicuramente, avrebbe qualche credito in più da spendere portando a casa questo Sì.
Ma il Sì è un argine all’avanzata dei Trump d’Europa?
È quello che scrive, subito rilanciato dal comitato Bastaunsì, Michele Santoro. «Finalmente qualcuno ammette autorevolmente che l’apocalisse non è un’invenzione di Renzi e si può concretamente verificare», scrive il conduttore, citando il post con cui Beppe Grillo ha accolto entusiasta la vittoria di Trump, che sarebbe per l’ex comico e i suoi simile all’inevitabile avanzata del Movimento 5 stelle. I sostenitori del Sì, dunque, sostengono che l’approvazione della riforma sia uno stop ai populismi, a una possibile avanzata, in Italia, del Movimento 5 stelle e di Matteo Salvini, entrambi per il No.
Siamo però nel campo delle opinioni tant’è che altri, dal fronte del No, fanno notare che è invece il combinato disposto della riforma di Matteo Renzi e dell’Italicum a spianare la strada al Movimento 5 stelle e (ma è più lontano nei sondaggi) a un centrodestra a guida Matteo Salvini. La minoranza dem proprio per questo chiede da mesi di rivedere la legge elettorale (e si dice insoddisfatta del documento siglato da Gianni Cuperlo con la maggioranza). Tra Italicum e riforma per Bersani si rischia di «finire contro un muro». Non si capacita, Bersani, di «come faccia Renzi a non vedere quel che sta succedendo in Europa e nel mondo». «Come fa a non sentire quel che ribolle sotto di noi?», si chiede l’ex segretario dem: «Si comporta da irresponsabile. Il 2018 è lì che arriva. E se vince il Sì e lui tira dritto, senza cambiare l'Italicum, andiamo a finire contro un muro».
Con il No i mercati crolleranno?
Confindustria, a giugno, conquistando le prime pagine estive, ha fatto fare una proiezione al suo ufficio studi. La previsione è fosca e spinge il Sì: per gli industriali guidati da Vincenzo Boccia: «con il No l’Italia ripiomberebbe in recessione». Via sei punti di Pil in tre anni, 600mila posti di lavoro e, soprattutto, miliardi di investimenti esteri. Lo studio viene ancora citato da chi minaccia tempi bui in caso di vittoria del No. L’argomento è insomma in voga anche se i precedenti della Brexit e di Trump - più recente - dovrebbero suggerire maggiore prudenza. Anche su Trump, infatti, dopo i primi titoli allarmisti le agenzie hanno tutte battuto frasi incoraggianti. «I mercati hanno assorbito presto l'effetto negativo dell'elezione di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti», scrive ad esempio l’Ansa, il 9 novembre: «dopo un inizio in rosso, legati ai timori per le conseguenze delle scelte economiche annunciate dal magnate, le Borse europee hanno girato in positivo». La reazione dei mercati al voto del 4 dicembre è così un argomento come tanti altri, su cui dividersi. «Con le riforme sale il Pil, senza riforme sale lo spread», twitta ad esempio Matteo Renzi.
Ma anche Mediolanum ha scritto di un «allarmismo eccessivo». E lo ha fatto muovendo da posizioni non certo ostili al governo. Anzi. Gli analisti di Mediolanum si sono spinti a dire che l’unica preoccupazione per investitori dovrebbe esser la legge elettorale che rischia di essere un assist per i populismi nostrani, contrari alle altre riforme strutturale, quelle approvate e quelle ancora da approvare, che ai mercati interessano molto di più. Ecco che allora che una vittoria del Sì favorisce una stabilità politica, introducendo però l’incognita nel 2018. E la vittoria del No, al contrario, rende obbligatorio rivedere la legge elettorale, «legge elettorale disegnata per sostenere il premier, ma che ha finito per agevolare il Movimento 5 stelle».
Quello su cui però molti commentatori e analisti concordano è che l'indebolimento del governo potrebbe essere il pretesto utile a molti investitori per sfilarsi dalla delicata partita della banche italiane, tra l'aumento di capitale di Unicredit e il caso del Monte dei Paschi.
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REFERENDUM REFERENDUM COSTITUZIONALE FAQ
© Riproduzione riservata 18 novembre 2016
FAQ
Referendum, cosa succede se vince il Sì e cosa succede se vince il No
C'è il pericolo del crollo dei mercati? E Renzi in qualche caso lascerà veramente palazzo Chigi? Tra allarmismi e retroscena, il voto del 4 dicembre avrà comunque una serie di conseguenze. Abbiamo provato a ipotizzare i diversi scenari
DI LUCA SAPPINO
18 novembre 2016
Cosa succede a palazzo Chigi se vince il Sì?
La maggior parte dei pronostici in caso di vittoria del Sì, vede Renzi restare al governo e al vertice del Pd. Più forte nei confronti della minoranza dem che - salvo Gianni Cuperlo - si è dichiarata per il No. C’è da dire, però, che i deputati più vicini al premier non sgomitano per confermare e anzi numerosi sono i «non commento» che abbiamo messo in fila. Tutto dunque può succedere, ma è in caso di vittoria del No che si verifecherebbero i cambiamenti più probabili.
E se vince il No Renzi lascia veramente il governo?
«Se si tratta di galleggiare, io non ci sto» ha detto in più occasioni il presidente del Consiglio. Quindi, se vince il No, Matteo Renzi dovrebbe lasciare palazzo Chigi. Ma non è detto neanche questo, perché tra i sostenitori del Sì che abbiamo sentito c’è ad esempio Gennaro Migliore, deputato dem - eletto con Sinistra e libertà - e sottosegretario alla Giustizia. Migliore ci ha spiegato che «la scadenza della legislatura è quella naturale e lo sarà in ogni caso». Dice così, Migliore, «perché il percorso di questa legislatura e del governo non deve esser legato all’esito del referendum», perché - in sostanza - non bisogna personalizzare. Ma tiene anche aperta la porta, Migliore, con queste parole, e lo sa benissimo, anche se rimane sul principio. «Quello che succederà», continua, «è legato alle circostanze politiche che seguiranno il referendum». Non sembra però così campato in aria quello che dice sicuro l’ex dem Pippo Civati: «Il destino politico di Renzi è legato alla riforma», dice ironico il deputato di Possibile, «ma vorrei rassicurare tutti: molto probabilmente la stessa maggioranza farà un nuovo governo e magari con Renzi premier».
E al Pd che succede?
Se con il No è probabile ma non certo che Renzi lasci palazzo Chigi, escluso è invece che lasci la guida del Pd, la sede nazionale di via del Nazareno. Si dovrà rassegnare la minoranza interna che vorrebbe in quegli uffici un segretario di garanzia fino a nuove primarie. Renzi sa benissimo, infatti, che in caso di vittoria del No le urne si avvicinano ma non sono immediate. Servirà infatti una nuova legge elettorale, visto che l’Italicum è pensato per la sola Camera dei Deputati, dando il Senato per riformato, e servirà dunque un governo - il suo o un altro - che duri almeno il tempo di fare questa riforma. Renzi si è detto contrario a «governicchi», per potersi sfilare da palazzo Chigi lasciando ad altri il compito. Da segretario del Pd potrà così mantenere le distanze «dalla palude», pur consentendo, alla fine, la nascita di un esecutivo-ponte. Franceschini, Calenda, Grasso. I candidati sono molti e tutto sommato equivalenti: tutti saranno trattati da Renzi come Enrico Letta.
E quindi quando si tornerà a votare?
Sciogliere le Camere e indire nuove elezioni è prerogativa del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che dovrà tenere conto dei malumori di Matteo Renzi, che si mostrerà ansioso di misurarsi con le urne, sapendo però - questo è il punto - che la linea del segretario dem non è detto sia gradita ai gruppi parlamentari, soprattutto a quelli del Pd, che sono i più numerosi, e sono stati eletti quando segretario era Bersani. È probabile, insomma, che il parlamento non voglia andare al voto e trovi, dandosi il legittimo obiettivo di una nuova legge elettorale, i numeri per un governo di scopo. Che potrebbe essere un governo Renzi, ma è più probabile sia, come detto, un governo dal profilo più istituzionale.
Ma l’Europa, in caso di bocciatura della riforma, cosa farà?
«L’Italia non è più considerata il problema d’Europa ma dobbiamo continuare a migliorarci» scrive Renzi nella lettera inviata agli italiani all’estero e in cui elenca le ragioni per cui bisogna votare sì. Prima fra tutte, il far «rispettare il nostro Paese fuori dai confini nazionali». Il presidente del Consiglio, dunque, ne fa una questione di affidabilità. E che la capacità dell’Italia di approvare le riforme sia importante per l'Europa, o almeno di una sua parte, è sicuramente vero. Meno vero è però che sia la riforma costituzionale quella a cui Germania e Commissione tengono di più. Anche con il bicameralismo perfetto, infatti, l’Italia ha riformato il mercato del lavoro e aumentato l’età pensionabile, ad esempio. Angela Merkel lo sa come lo sanno le istituzioni europee, che avevano chiesto espressamente queste riforme, nominate già nella celebre lettera del 2011. Il referendum costituzionale, dunque, non è la nostra Brexit anche se Matteo Renzi, sicuramente, avrebbe qualche credito in più da spendere portando a casa questo Sì.
Ma il Sì è un argine all’avanzata dei Trump d’Europa?
È quello che scrive, subito rilanciato dal comitato Bastaunsì, Michele Santoro. «Finalmente qualcuno ammette autorevolmente che l’apocalisse non è un’invenzione di Renzi e si può concretamente verificare», scrive il conduttore, citando il post con cui Beppe Grillo ha accolto entusiasta la vittoria di Trump, che sarebbe per l’ex comico e i suoi simile all’inevitabile avanzata del Movimento 5 stelle. I sostenitori del Sì, dunque, sostengono che l’approvazione della riforma sia uno stop ai populismi, a una possibile avanzata, in Italia, del Movimento 5 stelle e di Matteo Salvini, entrambi per il No.
Siamo però nel campo delle opinioni tant’è che altri, dal fronte del No, fanno notare che è invece il combinato disposto della riforma di Matteo Renzi e dell’Italicum a spianare la strada al Movimento 5 stelle e (ma è più lontano nei sondaggi) a un centrodestra a guida Matteo Salvini. La minoranza dem proprio per questo chiede da mesi di rivedere la legge elettorale (e si dice insoddisfatta del documento siglato da Gianni Cuperlo con la maggioranza). Tra Italicum e riforma per Bersani si rischia di «finire contro un muro». Non si capacita, Bersani, di «come faccia Renzi a non vedere quel che sta succedendo in Europa e nel mondo». «Come fa a non sentire quel che ribolle sotto di noi?», si chiede l’ex segretario dem: «Si comporta da irresponsabile. Il 2018 è lì che arriva. E se vince il Sì e lui tira dritto, senza cambiare l'Italicum, andiamo a finire contro un muro».
Con il No i mercati crolleranno?
Confindustria, a giugno, conquistando le prime pagine estive, ha fatto fare una proiezione al suo ufficio studi. La previsione è fosca e spinge il Sì: per gli industriali guidati da Vincenzo Boccia: «con il No l’Italia ripiomberebbe in recessione». Via sei punti di Pil in tre anni, 600mila posti di lavoro e, soprattutto, miliardi di investimenti esteri. Lo studio viene ancora citato da chi minaccia tempi bui in caso di vittoria del No. L’argomento è insomma in voga anche se i precedenti della Brexit e di Trump - più recente - dovrebbero suggerire maggiore prudenza. Anche su Trump, infatti, dopo i primi titoli allarmisti le agenzie hanno tutte battuto frasi incoraggianti. «I mercati hanno assorbito presto l'effetto negativo dell'elezione di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti», scrive ad esempio l’Ansa, il 9 novembre: «dopo un inizio in rosso, legati ai timori per le conseguenze delle scelte economiche annunciate dal magnate, le Borse europee hanno girato in positivo». La reazione dei mercati al voto del 4 dicembre è così un argomento come tanti altri, su cui dividersi. «Con le riforme sale il Pil, senza riforme sale lo spread», twitta ad esempio Matteo Renzi.
Ma anche Mediolanum ha scritto di un «allarmismo eccessivo». E lo ha fatto muovendo da posizioni non certo ostili al governo. Anzi. Gli analisti di Mediolanum si sono spinti a dire che l’unica preoccupazione per investitori dovrebbe esser la legge elettorale che rischia di essere un assist per i populismi nostrani, contrari alle altre riforme strutturale, quelle approvate e quelle ancora da approvare, che ai mercati interessano molto di più. Ecco che allora che una vittoria del Sì favorisce una stabilità politica, introducendo però l’incognita nel 2018. E la vittoria del No, al contrario, rende obbligatorio rivedere la legge elettorale, «legge elettorale disegnata per sostenere il premier, ma che ha finito per agevolare il Movimento 5 stelle».
Quello su cui però molti commentatori e analisti concordano è che l'indebolimento del governo potrebbe essere il pretesto utile a molti investitori per sfilarsi dalla delicata partita della banche italiane, tra l'aumento di capitale di Unicredit e il caso del Monte dei Paschi.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
IN BAVIERA
“La scheda non
è arrivata, ma
la pubblicità sì”
PAPPAIANNI A PAG.3
“La scheda non
è arrivata, ma
la pubblicità sì”
PAPPAIANNI A PAG.3
Chi c’è in linea
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