Renzi
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Re: Renzi
17 NOV 2016 18:05
TU CHIAMALI, SE VUOI, RIPOSIZIONAMENTI
- I SONDAGGI DANNO RENZI SPACCIATO E AL NAZARENO SCATTA LA CORSA ALLO SMARCAMENTO
- ANCHE DUE COPPIE DI MINISTRI, SOTTO SOTTO, SPERANO NELLA VITTORIA DEL “NO” E LA BOSCHI SCALPITA
- RENZI PRONTO AD ABDICARE SOLO A PADOAN -
Dagoreport
Altro che Patto della Crostata. A Roma va di scena il patto della pajata. Più s’avvicina la data del referendum, più si fomentano complotti: manco ai tempi dei Borgia. I sondaggi (negativi per il “si”) stanno esercitando una forza centrifuga dentro il Pd. Il cui unico risultato è quello di aumentare l’isolamento di Matteuccio. A cui sembra iniziare a venire meno financo il sostegno di personaggi del suo governo.
Così, escono allo scoperto le chiacchiere di corridoio, gli incontri più o meno segreti, i pellegrinaggi al Colle. Chi si vede con chi. Chi pensa già al congresso. Chi applica la tattica dei Vietcong in Parlamento.
Non è un caso che il premier (per mancanza di elezioni) abbia dovuto smentire due (e dico due) nuove tasse, introdotte dalla Commissione Bilancio di Montecitorio. A breve si attende la terza smentita per la tassa sui cani. Presiede quel simposio Francesco Boccia, lettiano di ferro, che non fa mistero con nessuno di attendere il premier alla prova del congresso; che vinca o meno il referendum.
Boccia ha fatto passare prima la cedolare secca su Air B&B, e poi l’unificazione nell’Imi della Tasi e dell’Imu. Renzi si è precipitato a smentire. Introdurre tasse in campagna elettorale è suicida per il governo. Ma Boccia (che, dicono, sia ancora iscritto al Pd) le ha avallate.
E che dire dei pellegrinaggi al Colle di Dario Franceschini accompagnato da Roberta Pinotti. Il ministero dei Beni culturali si era accreditato, in passato, con il Quirinale per sostituire Renzi. Poi, tali bramosie di potere le aveva riposte nel cassetto. Ed a 15 giorni dal referendum le ha rispolverate; con sempre al fianco il ministro della Difesa: entrambi in cerca di collocazione per il dopo-Renzi. E La Pinotti può sempre contare sul sostegno di Marco Minniti, sottosegretario alla presidenza con delega sui servizi segreti.
Ma non sarebbero gli unici a muoversi in tandem. Gira voce che un’altra coppia di ministri abbia idee bellicose per il dopo referendum. E sono Maurizio Martina e Graziano Delrio, dicono. A Roma si sussurra che i due si stiano baloccando su progetti arditi, qualora il Ducetto torni al baretto di Pontassieve realmente. Avrebbero raggiunto un accordo in base al quale uno va a Palazzo Chigi e l’altro alla segreteria del partito.
I loro arzigogoli onanistici, però, avrebbero lasciato tracce nei rispettivi territori. Tant’è che circola la diceria di un loro invito di votare “no” al referendum, così da accelerare l’uscita di Matteuccio da Palazzo Chigi.
Come nella Roma dei Borgia, però, non mancano le spie. Così Renzi viene informato più o meno in tempo reale delle mosse dei suoi ministri. Comprese di quelle della Boschi. Che, a quanto pare, non sarebbe più in sintonia piena e totale con il premier.
In questo clima, c’è spazio anche per Piercarlo Padoan. Dalle parti del suo ministero c’è chi crede realmente che se i “no” prevalessero nel referendum, Renzi potrebbe indicare il ministro dell’Economia quale suo sostituto per Palazzo Chigi. Tant’è che qualcuno, per fare un favore al suo ministro, voterebbe “no” il 4 dicembre
TU CHIAMALI, SE VUOI, RIPOSIZIONAMENTI
- I SONDAGGI DANNO RENZI SPACCIATO E AL NAZARENO SCATTA LA CORSA ALLO SMARCAMENTO
- ANCHE DUE COPPIE DI MINISTRI, SOTTO SOTTO, SPERANO NELLA VITTORIA DEL “NO” E LA BOSCHI SCALPITA
- RENZI PRONTO AD ABDICARE SOLO A PADOAN -
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Altro che Patto della Crostata. A Roma va di scena il patto della pajata. Più s’avvicina la data del referendum, più si fomentano complotti: manco ai tempi dei Borgia. I sondaggi (negativi per il “si”) stanno esercitando una forza centrifuga dentro il Pd. Il cui unico risultato è quello di aumentare l’isolamento di Matteuccio. A cui sembra iniziare a venire meno financo il sostegno di personaggi del suo governo.
Così, escono allo scoperto le chiacchiere di corridoio, gli incontri più o meno segreti, i pellegrinaggi al Colle. Chi si vede con chi. Chi pensa già al congresso. Chi applica la tattica dei Vietcong in Parlamento.
Non è un caso che il premier (per mancanza di elezioni) abbia dovuto smentire due (e dico due) nuove tasse, introdotte dalla Commissione Bilancio di Montecitorio. A breve si attende la terza smentita per la tassa sui cani. Presiede quel simposio Francesco Boccia, lettiano di ferro, che non fa mistero con nessuno di attendere il premier alla prova del congresso; che vinca o meno il referendum.
Boccia ha fatto passare prima la cedolare secca su Air B&B, e poi l’unificazione nell’Imi della Tasi e dell’Imu. Renzi si è precipitato a smentire. Introdurre tasse in campagna elettorale è suicida per il governo. Ma Boccia (che, dicono, sia ancora iscritto al Pd) le ha avallate.
E che dire dei pellegrinaggi al Colle di Dario Franceschini accompagnato da Roberta Pinotti. Il ministero dei Beni culturali si era accreditato, in passato, con il Quirinale per sostituire Renzi. Poi, tali bramosie di potere le aveva riposte nel cassetto. Ed a 15 giorni dal referendum le ha rispolverate; con sempre al fianco il ministro della Difesa: entrambi in cerca di collocazione per il dopo-Renzi. E La Pinotti può sempre contare sul sostegno di Marco Minniti, sottosegretario alla presidenza con delega sui servizi segreti.
Ma non sarebbero gli unici a muoversi in tandem. Gira voce che un’altra coppia di ministri abbia idee bellicose per il dopo referendum. E sono Maurizio Martina e Graziano Delrio, dicono. A Roma si sussurra che i due si stiano baloccando su progetti arditi, qualora il Ducetto torni al baretto di Pontassieve realmente. Avrebbero raggiunto un accordo in base al quale uno va a Palazzo Chigi e l’altro alla segreteria del partito.
I loro arzigogoli onanistici, però, avrebbero lasciato tracce nei rispettivi territori. Tant’è che circola la diceria di un loro invito di votare “no” al referendum, così da accelerare l’uscita di Matteuccio da Palazzo Chigi.
Come nella Roma dei Borgia, però, non mancano le spie. Così Renzi viene informato più o meno in tempo reale delle mosse dei suoi ministri. Comprese di quelle della Boschi. Che, a quanto pare, non sarebbe più in sintonia piena e totale con il premier.
In questo clima, c’è spazio anche per Piercarlo Padoan. Dalle parti del suo ministero c’è chi crede realmente che se i “no” prevalessero nel referendum, Renzi potrebbe indicare il ministro dell’Economia quale suo sostituto per Palazzo Chigi. Tant’è che qualcuno, per fare un favore al suo ministro, voterebbe “no” il 4 dicembre
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Re: Renzi
SI COMINCIA A TOCCARE CON MANO IL FASCISMO DEL TERZO MILLENNIO
MANDIAMOLI A CASA #IO VOTO NO
MEDIA & REGIME
Luca Lotti e la ‘cyber propaganda’, guai a criticare il governo. Si finisce in tribunale
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di Davide Vecchi | 16 novembre 2016
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Davide Vecchi
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Se sui social critichi l’operato del governo e sei pure sostenitore del Movimento 5 Stelle potresti finire sotto indagine. Sì, tu: cittadino qualunque. È successo negli ultimi giorni. E la cosa a me preoccupa molto. Perché illumina e bene quali siano le conseguenze del potere in mani incapaci di gestirlo nel rispetto dei limiti. Ad esempio la libertà d’espressione, l’articolo 21 della Costituzione, quella che proprio questi signori hanno riscritto. Sempre che quanto riportato da La Stampa questa mattina su una presunta rete di “cyber propaganda” sia vero. Per tale lo prende il Pd, che sulla base di quell’articolo ha presentato un’interrogazione al governo. Dunque riteniamolo corretto. Cosa racconta La Stampa?
È capitato che un esponente del governo si sia rivolto a una procura della Repubblica accusando alcuni utenti privati di fare propaganda contro il premier e a favore dei pentastellati. Una denuncia in piena regola presentata dal potente Luca Lotti – sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nonché braccio destro di Matteo Renzi – contro alcuni profili ritenuti “colpevoli” di fare propaganda politica. La procura è stata chiamata ad accertare se quegli utenti sono fake (finti) o pagati dalla Casaleggio. E il bello è che gli inquirenti gli avrebbero dato seguito e avviato delle approfondite indagini.
Badate: quei profili social non hanno minacciato o aggredito direttamente Lotti né altri esponenti dell’esecutivo. Forse qualche insulto, qualche fotomontaggio per canzonare il politico di turno. Leggendo La Stampa sembra che la causa sia l’aver preso apertamente una posizione, con toni anche aspri magari. Una posizione avversa al governo e a sostegno di un partito di opposizione. E mica in tv, sui quotidiani, ma semplicemente sui propri profili Facebook o Twitter. Certo, anticipo la contestazione: potrebbero essere pagati da Casaleggio e Grillo proprio per criticare il governo e fare propaganda. Quindi? Anche se fosse. Se applicassimo lo stesso assunto a tutti, gli stipendiati del Pd dovrebbero finire sotto indagine, quelli della Leopolda associati a una loggia massonica, i componenti dei comitati del Sì denunciati per pubblicità ingannevole porta a porta mentre Renzi e Maria Elena Boschi accusati di stalking mediatico.
Oppure il reato (per fortuna ancora inesistente) è proprio quello di essere apertamente contrari al partito del premier e al premier? Certo, è un’esasperazione. Ma esasperare un piccolo evento permette di comprenderne le conseguenze. I social di oggi sono le piazze di ieri. Vero, il contatto è più diretto. Si può andare sul profilo del presidente del Consiglio e insultarlo. Ma se capita il premier può difendersi legalmente. Anche se un rappresentante delle istituzioni, per il ruolo pubblico che ricopre, deve accettare critiche e pure qualche insulto: fa parte del “lavoro”. Se poi il partito di cui il premier è segretario ha persone che fanno altrettanto con i propri oppositori politici, allora il silenzio è l’unica via. A meno che non ci si senta superiori a tutti, anche alle regole. Pare proprio che questo Pd voglia scendere in campo commettendo falli e aspettandosi che l’arbitro fischi solo quelli degli avversari. E se quelli non li fanno, allora se l’inventi l’arbitro.
La principale “accusata” da Lotti (secondo La Stampa) è Beatrice Di Maio. Chi è? Una persona su Twitter. Nessuna parentela con Luigi Di Maio. E anche se fosse, cambierebbe poco: siamo ancora in uno Stato di diritto. L’articolo de La Stampa è dedicato per lo più a lei, il titolo è eloquente: “Ecco la cyber propaganda pro M5S. La procura indaga sull’account chiave”. L’account chiave sarebbe quello di Beatrice Di Maio. Nell’articolo si legge che Lotti ha presentato denuncia, ma non si capisce bene per quale reato; sembrerebbe diffamazione ma gli inquirenti vengono citati di sfuggita e in maniera assolutamente vaga (non un nome dei pm, non il modello del fascicolo, nulla) inoltre, se fosse diffamazione, sarebbe diretta a una singola persona e per eventi e parole specifici non certo a una presunta rete di “cyber propaganda”.
Comunque. Beatrice Di Maio ha quasi 14 mila follower che nell’articolo vengono spacciati come fossero un’enormità, ma vabbè. Attraverso questa rete diffonderebbe il verbo grillino. In pratica questa l’accusa. A lei poi sarebbero collegati altri profili, di altri utenti. Le loro colpe? Scrive La Stampa: “@BVito5s, Rottamiamo Renxit, account dedicato alla distruzione del premier. @Teladoiolanius (contenuti di destra, anti-immigrati e pro Trump), @Kilgore (bastonatura di avversari, politici o giornalisti) e @AndCappe (account vicinissimo a @Marpicoll, a sua volta ghost di @marionecomix, account delle vignette grilline di satira pesante a senso unico), o di recente @_sentifrux (Sentinella), @carlucci_cc (Claudia) e @setdamper”. Ora io sono andato a guardarli questi profili. Incuriosito. Marionecomix fa vignette pro Grillo. Kilgore è decisamente a favore del No al referendum, così come tanti altri del Pd lo sono a favore del Sì. Comunque il rischio è proprio questo: o si guarda tutti e si tutelano tutti o è limitare la libertà d’espressione.
Stamani il Pd, per mano di Emanuele Fiano, ha preso l’articolo de La Stampa e ne ha fatto un’interrogazione al governo (sigh), chiudendo il cerchio: dal governo al governo passando per il Pd. Usano il loro potere per limitare i cittadini sui social? Si potrà parlare solo bene del capo e delle sue politiche e criticare solo gli avversari? E a seconda del numero dei follower saranno introdotte delle pene? Luigi Di Maio ne ha 146 mila e non mi pare pro Renzi. Che vogliamo fargli? E a Pippo Civati che ne ha 274 mila ed è piuttosto a favore del No? Gli togliamo internet per un mese? Marco Travaglio poi, oltre ad andare in tv, nei teatri e dirigere un giornale critico nei confronti del governo, su Twitter ha quasi un milione e mezzo di persone che lo seguono e leggono. Interdetto dai social per sei mesi? O a vita? Siamo seri per favore. Vi prego. Basterebbe molto meno.
Credo che tutti debbano ritrovare dei toni civili sui social, mentre chi ci governa dovrebbe ritrovare il senso del limite e non abusare del proprio ruolo, tanto meno rivolgendosi a una procura contro dei singoli cittadini. Grillo paga qualcuno per fare propaganda? Non è reato. E se lo fosse lo commetterebbero tutti. I fake e troll e via dicendo del Pd sono ormai una corrente interna del partito. Siate seri. Vi prego.
MANDIAMOLI A CASA #IO VOTO NO
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Luca Lotti e la ‘cyber propaganda’, guai a criticare il governo. Si finisce in tribunale
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di Davide Vecchi | 16 novembre 2016
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È capitato che un esponente del governo si sia rivolto a una procura della Repubblica accusando alcuni utenti privati di fare propaganda contro il premier e a favore dei pentastellati. Una denuncia in piena regola presentata dal potente Luca Lotti – sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nonché braccio destro di Matteo Renzi – contro alcuni profili ritenuti “colpevoli” di fare propaganda politica. La procura è stata chiamata ad accertare se quegli utenti sono fake (finti) o pagati dalla Casaleggio. E il bello è che gli inquirenti gli avrebbero dato seguito e avviato delle approfondite indagini.
Badate: quei profili social non hanno minacciato o aggredito direttamente Lotti né altri esponenti dell’esecutivo. Forse qualche insulto, qualche fotomontaggio per canzonare il politico di turno. Leggendo La Stampa sembra che la causa sia l’aver preso apertamente una posizione, con toni anche aspri magari. Una posizione avversa al governo e a sostegno di un partito di opposizione. E mica in tv, sui quotidiani, ma semplicemente sui propri profili Facebook o Twitter. Certo, anticipo la contestazione: potrebbero essere pagati da Casaleggio e Grillo proprio per criticare il governo e fare propaganda. Quindi? Anche se fosse. Se applicassimo lo stesso assunto a tutti, gli stipendiati del Pd dovrebbero finire sotto indagine, quelli della Leopolda associati a una loggia massonica, i componenti dei comitati del Sì denunciati per pubblicità ingannevole porta a porta mentre Renzi e Maria Elena Boschi accusati di stalking mediatico.
Oppure il reato (per fortuna ancora inesistente) è proprio quello di essere apertamente contrari al partito del premier e al premier? Certo, è un’esasperazione. Ma esasperare un piccolo evento permette di comprenderne le conseguenze. I social di oggi sono le piazze di ieri. Vero, il contatto è più diretto. Si può andare sul profilo del presidente del Consiglio e insultarlo. Ma se capita il premier può difendersi legalmente. Anche se un rappresentante delle istituzioni, per il ruolo pubblico che ricopre, deve accettare critiche e pure qualche insulto: fa parte del “lavoro”. Se poi il partito di cui il premier è segretario ha persone che fanno altrettanto con i propri oppositori politici, allora il silenzio è l’unica via. A meno che non ci si senta superiori a tutti, anche alle regole. Pare proprio che questo Pd voglia scendere in campo commettendo falli e aspettandosi che l’arbitro fischi solo quelli degli avversari. E se quelli non li fanno, allora se l’inventi l’arbitro.
La principale “accusata” da Lotti (secondo La Stampa) è Beatrice Di Maio. Chi è? Una persona su Twitter. Nessuna parentela con Luigi Di Maio. E anche se fosse, cambierebbe poco: siamo ancora in uno Stato di diritto. L’articolo de La Stampa è dedicato per lo più a lei, il titolo è eloquente: “Ecco la cyber propaganda pro M5S. La procura indaga sull’account chiave”. L’account chiave sarebbe quello di Beatrice Di Maio. Nell’articolo si legge che Lotti ha presentato denuncia, ma non si capisce bene per quale reato; sembrerebbe diffamazione ma gli inquirenti vengono citati di sfuggita e in maniera assolutamente vaga (non un nome dei pm, non il modello del fascicolo, nulla) inoltre, se fosse diffamazione, sarebbe diretta a una singola persona e per eventi e parole specifici non certo a una presunta rete di “cyber propaganda”.
Comunque. Beatrice Di Maio ha quasi 14 mila follower che nell’articolo vengono spacciati come fossero un’enormità, ma vabbè. Attraverso questa rete diffonderebbe il verbo grillino. In pratica questa l’accusa. A lei poi sarebbero collegati altri profili, di altri utenti. Le loro colpe? Scrive La Stampa: “@BVito5s, Rottamiamo Renxit, account dedicato alla distruzione del premier. @Teladoiolanius (contenuti di destra, anti-immigrati e pro Trump), @Kilgore (bastonatura di avversari, politici o giornalisti) e @AndCappe (account vicinissimo a @Marpicoll, a sua volta ghost di @marionecomix, account delle vignette grilline di satira pesante a senso unico), o di recente @_sentifrux (Sentinella), @carlucci_cc (Claudia) e @setdamper”. Ora io sono andato a guardarli questi profili. Incuriosito. Marionecomix fa vignette pro Grillo. Kilgore è decisamente a favore del No al referendum, così come tanti altri del Pd lo sono a favore del Sì. Comunque il rischio è proprio questo: o si guarda tutti e si tutelano tutti o è limitare la libertà d’espressione.
Stamani il Pd, per mano di Emanuele Fiano, ha preso l’articolo de La Stampa e ne ha fatto un’interrogazione al governo (sigh), chiudendo il cerchio: dal governo al governo passando per il Pd. Usano il loro potere per limitare i cittadini sui social? Si potrà parlare solo bene del capo e delle sue politiche e criticare solo gli avversari? E a seconda del numero dei follower saranno introdotte delle pene? Luigi Di Maio ne ha 146 mila e non mi pare pro Renzi. Che vogliamo fargli? E a Pippo Civati che ne ha 274 mila ed è piuttosto a favore del No? Gli togliamo internet per un mese? Marco Travaglio poi, oltre ad andare in tv, nei teatri e dirigere un giornale critico nei confronti del governo, su Twitter ha quasi un milione e mezzo di persone che lo seguono e leggono. Interdetto dai social per sei mesi? O a vita? Siamo seri per favore. Vi prego. Basterebbe molto meno.
Credo che tutti debbano ritrovare dei toni civili sui social, mentre chi ci governa dovrebbe ritrovare il senso del limite e non abusare del proprio ruolo, tanto meno rivolgendosi a una procura contro dei singoli cittadini. Grillo paga qualcuno per fare propaganda? Non è reato. E se lo fosse lo commetterebbero tutti. I fake e troll e via dicendo del Pd sono ormai una corrente interna del partito. Siate seri. Vi prego.
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Re: Renzi
Dalla prima pagina del Fatto Quotidiano
ESCLUSIVO Non solo le minacce: anche i deliri in una riunione a porte chiuse
Il boss De Luca:
“Bindi va uccisa.
Io voglio i soldi,
me ne fotto del Sì”
Il presidente della Campania spiega ai sindaci del territorio che devono ricorrere alle loro clientele per portare voti all’esecutivo: “Grazie a Matteo qui arriva un fiume di denaro”
ESCLUSIVO Non solo le minacce: anche i deliri in una riunione a porte chiuse
Il boss De Luca:
“Bindi va uccisa.
Io voglio i soldi,
me ne fotto del Sì”
Il presidente della Campania spiega ai sindaci del territorio che devono ricorrere alle loro clientele per portare voti all’esecutivo: “Grazie a Matteo qui arriva un fiume di denaro”
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Re: Renzi
...FORSE, GRAZIE ALLE INTEMPERANZE DI "VINCIENZ" VERRA' FATTO FUORI PINOCCHIO MUSSOLONI....
ESCLUSIVO
Clientelismo per il Sì Il resoconto del “Fatto” di una riunione a porte chiuse del governatore della Campania: “Il premier ci ha dato milioni di euro”
“Della Costituzione me ne fotto
Qua arriverà un fiume di soldi”
»FABRIZIO D’E S P OS I TO
L’arma più antica per vincere il referendum: il clientelismo.
Con l’aggiunta di un colossale voto di scambio con il governo.
Vincenzo De Luca indica chiaramente il metodo da seguire e addita ai presenti un fulgido esempio: Franco Alfieri da Agropoli, in provincia di Salerno, già sindaco decaduto perché accusato di corruzione. “Prendiamo Franco Alfieri, notoriamente clientelare”.
Risate. Applausi. Tipica pausa deluchiana.
Il governatore della Campania riprende: “Come sa fare lui la clientela lo sappiamo. Una clientela organizzata, scientifica, razionale come Cristo comanda. Che cosa bella”. Altri applausi. “Ecco, l’impegno di Alfieri sarà di portare a votare la metà dei suoi concittadini, 4 mila persone su 8 mila. Li vogliovedere inblocco,armati, con le bandiere andare alle urne a votare il Sì. Franco, vedi tu come Madonna devi fare, offri una frittura di pesce, portali sulle barche, sugli yacht, fai come caXXo vuoi tu, ma non venire qui con un voto in meno di quelli che hai promesso”. Risata generale.
HOTEL RAMADA, Napoli, tre giorni fa, martedì 15 novembre. De Luca ha riunito trecento amministratori a lui
vicini e provenienti da ogni parte della Campania. Il suo è
un monologo di 25 minuti irresistibile e allucinante. Oltre la ben nota imitazione di Crozza. Il propellente che lo scatena è questo: “Non ci sonogiornalisti e possiamo parlare tra di noi”. In teoria, di fronte ci sono sindaci, assessori, consiglieri, tutti esponenti che,sempre inteoria, dovrebbero tutelare le loro comunità anziché fare campagna elettorale per il Sì. Accanto a De Luca siede Paolo Russo, un suo collaboratore. L’incipit è apocalittico: “Il 4 dicembre ci giochiamo l’Italia, se le cose vanno male l’esito sarà imprevedibile. A me interessa che manteniamo la Campania unita sugli interessi fondamentali”. Ecco quali: “In questo momento abbiamoun’interlocu zione privilegiata con il governo. Poi vi piace Renzi non vi piace Renzi a me non me ne fotte un caXXo”. Applauso. “Noi non abbiamo mai avuto un accidentedi niente,né coi governidi centrodestra,nédi centrosinistra. Abbiamofatto
una chiacchierata con Renzi. Gli abbiamo chiesto 270 milioni di euro per Bagnoli e ce li ha dati. Altri 50 e ce li ha dati. Mezzo miliardo per la Terra dei fuochi e ha detto sì: lui era terrorizzato per la reazione dellaLega maallafine cel’ha dato, nonostante la Ragioneria e De Vincenti. Abbiamo promesse di finanziamenti per Caserta, Pompei, Ercolano, Paestum. Sono arrivati fiumi di soldi: 2 miliardi e 700 milioni per il Patto per la Campania, altri 308 per Napoli, nonostante qualche squinternato (De Magistris, ndr). Ancora 600 milioni per Napoli. Che dobbiamo chiedere di più?”.
IL METODO del pragmatico baratto, laCostituzione in cambio dei soldi, ha quindi bisogno di uno sforzo massiccio: “Dob biamo mobilitarci, andare tutti porta a porta, per venti giorni non dovete pensare ad altro (si consideri che stiamo parlando
sempre di rappresentanti della cosa pubblica, ndr) e contrastare tutti gli argomenti del No, queste puttanate che dicono sul Senato. In America Trump ha vinto col 25 per cento sul 50 per cento dei votanti e in totale ha preso 600 mila voti meno della Clinton. Se fossesuccesso inItalia,apriti cielo: il fascismo, l’autoritari smo. La democrazia è il governo della minoranza più forte, l’idea che ognicittadino deve avere lasua rappresentanzaè u n’imbecillità. Trump col 25 per cento controlla la Camera, il Senato e la Corte costituzionale”. Per De Luca ogni sindaco o consigliere deve indire riunioni con imprenditori, profes
sionisti: “Per la prima volta qui in Campania useremo i fondi europei anche per gli studi p ro fe ss i on al i ”. Bisogna rivolgersi soprattutto alla sanità privata: “Ci sono 400 laboratori, sono tanti voti”. Spiega, infine, un altro trucco per convincere gli elettori: “Lo so, sono stato demagogico con il piano del lavoro regionale (20 milaposti promessi, ndr) maho fatto come Berlusconi quando propose di togliere l’Imu alla prima casa. In campagna elettorale non bisogna fare i conti altrimenti regaliamo il Sud ai Cinque Stelle. Mi ricordo un’altra campagna elettorale. Invitai Bersani”. Pausa. Riprende: “Già è complicato fare una manifestazione con Bersani.Gli dissi:‘Bersà stamma sentere, non ci presentiamo parlandodi crisi,cassintegrati, non deprimiamoli, sono imprenditori, piuttosto fai queste promesse: abolizione del ticket sanitario e pagamento immediato dei debiti della Pubblica amministrazione’. Lui mi rispose: ‘Ma i conti?’. Sapete come finì? Propose di abbassare l’uso del contante da mille euro a 500. Poi vi meravigliate se l’hanno fatto nuovo nuovo.
Ma vaffanculo Bersà. Mi raccomando, mettiamoci al lavoro e non perdiamo tempo col dibattito. Mandatemi fax con numeri realistici dei voti per il Sì. Fate il porta a porta e non pensate ad altro”.
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ESCLUSIVO
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“Della Costituzione me ne fotto
Qua arriverà un fiume di soldi”
»FABRIZIO D’E S P OS I TO
L’arma più antica per vincere il referendum: il clientelismo.
Con l’aggiunta di un colossale voto di scambio con il governo.
Vincenzo De Luca indica chiaramente il metodo da seguire e addita ai presenti un fulgido esempio: Franco Alfieri da Agropoli, in provincia di Salerno, già sindaco decaduto perché accusato di corruzione. “Prendiamo Franco Alfieri, notoriamente clientelare”.
Risate. Applausi. Tipica pausa deluchiana.
Il governatore della Campania riprende: “Come sa fare lui la clientela lo sappiamo. Una clientela organizzata, scientifica, razionale come Cristo comanda. Che cosa bella”. Altri applausi. “Ecco, l’impegno di Alfieri sarà di portare a votare la metà dei suoi concittadini, 4 mila persone su 8 mila. Li vogliovedere inblocco,armati, con le bandiere andare alle urne a votare il Sì. Franco, vedi tu come Madonna devi fare, offri una frittura di pesce, portali sulle barche, sugli yacht, fai come caXXo vuoi tu, ma non venire qui con un voto in meno di quelli che hai promesso”. Risata generale.
HOTEL RAMADA, Napoli, tre giorni fa, martedì 15 novembre. De Luca ha riunito trecento amministratori a lui
vicini e provenienti da ogni parte della Campania. Il suo è
un monologo di 25 minuti irresistibile e allucinante. Oltre la ben nota imitazione di Crozza. Il propellente che lo scatena è questo: “Non ci sonogiornalisti e possiamo parlare tra di noi”. In teoria, di fronte ci sono sindaci, assessori, consiglieri, tutti esponenti che,sempre inteoria, dovrebbero tutelare le loro comunità anziché fare campagna elettorale per il Sì. Accanto a De Luca siede Paolo Russo, un suo collaboratore. L’incipit è apocalittico: “Il 4 dicembre ci giochiamo l’Italia, se le cose vanno male l’esito sarà imprevedibile. A me interessa che manteniamo la Campania unita sugli interessi fondamentali”. Ecco quali: “In questo momento abbiamoun’interlocu zione privilegiata con il governo. Poi vi piace Renzi non vi piace Renzi a me non me ne fotte un caXXo”. Applauso. “Noi non abbiamo mai avuto un accidentedi niente,né coi governidi centrodestra,nédi centrosinistra. Abbiamofatto
una chiacchierata con Renzi. Gli abbiamo chiesto 270 milioni di euro per Bagnoli e ce li ha dati. Altri 50 e ce li ha dati. Mezzo miliardo per la Terra dei fuochi e ha detto sì: lui era terrorizzato per la reazione dellaLega maallafine cel’ha dato, nonostante la Ragioneria e De Vincenti. Abbiamo promesse di finanziamenti per Caserta, Pompei, Ercolano, Paestum. Sono arrivati fiumi di soldi: 2 miliardi e 700 milioni per il Patto per la Campania, altri 308 per Napoli, nonostante qualche squinternato (De Magistris, ndr). Ancora 600 milioni per Napoli. Che dobbiamo chiedere di più?”.
IL METODO del pragmatico baratto, laCostituzione in cambio dei soldi, ha quindi bisogno di uno sforzo massiccio: “Dob biamo mobilitarci, andare tutti porta a porta, per venti giorni non dovete pensare ad altro (si consideri che stiamo parlando
sempre di rappresentanti della cosa pubblica, ndr) e contrastare tutti gli argomenti del No, queste puttanate che dicono sul Senato. In America Trump ha vinto col 25 per cento sul 50 per cento dei votanti e in totale ha preso 600 mila voti meno della Clinton. Se fossesuccesso inItalia,apriti cielo: il fascismo, l’autoritari smo. La democrazia è il governo della minoranza più forte, l’idea che ognicittadino deve avere lasua rappresentanzaè u n’imbecillità. Trump col 25 per cento controlla la Camera, il Senato e la Corte costituzionale”. Per De Luca ogni sindaco o consigliere deve indire riunioni con imprenditori, profes
sionisti: “Per la prima volta qui in Campania useremo i fondi europei anche per gli studi p ro fe ss i on al i ”. Bisogna rivolgersi soprattutto alla sanità privata: “Ci sono 400 laboratori, sono tanti voti”. Spiega, infine, un altro trucco per convincere gli elettori: “Lo so, sono stato demagogico con il piano del lavoro regionale (20 milaposti promessi, ndr) maho fatto come Berlusconi quando propose di togliere l’Imu alla prima casa. In campagna elettorale non bisogna fare i conti altrimenti regaliamo il Sud ai Cinque Stelle. Mi ricordo un’altra campagna elettorale. Invitai Bersani”. Pausa. Riprende: “Già è complicato fare una manifestazione con Bersani.Gli dissi:‘Bersà stamma sentere, non ci presentiamo parlandodi crisi,cassintegrati, non deprimiamoli, sono imprenditori, piuttosto fai queste promesse: abolizione del ticket sanitario e pagamento immediato dei debiti della Pubblica amministrazione’. Lui mi rispose: ‘Ma i conti?’. Sapete come finì? Propose di abbassare l’uso del contante da mille euro a 500. Poi vi meravigliate se l’hanno fatto nuovo nuovo.
Ma vaffanculo Bersà. Mi raccomando, mettiamoci al lavoro e non perdiamo tempo col dibattito. Mandatemi fax con numeri realistici dei voti per il Sì. Fate il porta a porta e non pensate ad altro”.
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Re: Renzi
LA STORIA DI UN FALLIMENTO ANNUNCIATO
Dal Fattoquotidiano.it:
Dagli effetti del Jobs act alla crescita che stenta
I risultati economici dei 1000 giorni di governo
Previsioni sul Pil sempre al ribasso: l’Italia si appresta a chiudere il 2016 al penultimo posto tra i Paesi Ue
DAL DISCORSO DI INSEDIAMENTO A OGGI: ANNUNCI E FATTI SU SCUOLA, ART. 18, IMMUNITA’ AI POLITICI
Economia & Lobby
Il Jobs Act e gli sgravi per le assunzioni stabili, i cui effetti sono rapidamente finiti. Il bonus di 80 euro, l‘eliminazione dell’Imu e le agevolazioni fiscali per le imprese, compensate però in gran parte dal ritocco al ribasso di incentivi già esistenti. E ancora, la chimera della spending review e quella della crescita. Bilancio dei mille giorni di governo Renzi per quanto riguarda l’andamento delle principali variabili economiche (di Chiara Brusini). E quali altri impegni prese il premier al suo discorso di insediamento in cui ottenne la fiducia del Parlamento? Eccone alcuni
(di Thomas Mackinson)
Dal Fattoquotidiano.it:
Dagli effetti del Jobs act alla crescita che stenta
I risultati economici dei 1000 giorni di governo
Previsioni sul Pil sempre al ribasso: l’Italia si appresta a chiudere il 2016 al penultimo posto tra i Paesi Ue
DAL DISCORSO DI INSEDIAMENTO A OGGI: ANNUNCI E FATTI SU SCUOLA, ART. 18, IMMUNITA’ AI POLITICI
Economia & Lobby
Il Jobs Act e gli sgravi per le assunzioni stabili, i cui effetti sono rapidamente finiti. Il bonus di 80 euro, l‘eliminazione dell’Imu e le agevolazioni fiscali per le imprese, compensate però in gran parte dal ritocco al ribasso di incentivi già esistenti. E ancora, la chimera della spending review e quella della crescita. Bilancio dei mille giorni di governo Renzi per quanto riguarda l’andamento delle principali variabili economiche (di Chiara Brusini). E quali altri impegni prese il premier al suo discorso di insediamento in cui ottenne la fiducia del Parlamento? Eccone alcuni
(di Thomas Mackinson)
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Re: Renzi
STA AFFOGANDO E SI AGGANCIA ALLA CIAMBELLA DI SALVATAGGIO BUCATA DEI SUOI PADRONI
Ora Renzi ricatta gli italiani:
"Se vince il No sale lo spread"
Prima agita lo spauracchio dei mercati: "Con il Sì sale il pil". Poi apre: "Se vince il No verificherò la situazione politica"
di Andrea Indini
14 minuti fa
Ora Renzi ricatta gli italiani:
"Se vince il No sale lo spread"
Prima agita lo spauracchio dei mercati: "Con il Sì sale il pil". Poi apre: "Se vince il No verificherò la situazione politica"
di Andrea Indini
14 minuti fa
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Re: Renzi
(Stefano Sylos Labini, “Il fallimento delle élite”, da “Megachip” del 10 novembre 2016).
LIBRE news
Renzi presto a casa, ma intanto il lavoro sporco l’ha fatto
Scritto il 14/11/16 • nella Categoria: idee Condividi
Il fenomeno Renzi può essere considerato come la risposta dell’establishment all’ascesa folgorante del M5S: banche, Confindustria, Marchionne, De Benedetti e lo stesso Berlusconi hanno puntato sul ricambio del vecchio gruppo dirigente del Pd ormai logoro e privo di qualsiasi spinta propulsiva.
E così è stato creato Renzi il gran Rottamatore, una delle figure più reazionarie del periodo repubblicano.
Renzi aveva il compito di fare esattamente quello che hanno fatto Monti e Letta, però doveva sembrare diverso agli occhi della gente perché il tracollo di Monti alle elezioni del 2013 scottava ancora.
Renzi è stata una mossa giusta per le élite.
Ha retto 3 anni, che è moltissimo per qualcuno incaricato di attuare politiche impopolari.
Sparirà probabilmente nel 2018, se non prima, ma ha fatto quello di cui aveva bisogno chi l’ha messo lì: oltre ad aver ricoperto le imprese di incentivi che non sono serviti a rilanciare la nostra economia, ha finalmente spazzato via i diritti dei lavoratori.
Il problema è che la classe dirigente italiana non ha né coraggio né progetti, ma si muove con una strategia tipicamente opportunistica, di corto respiro e contraddittoria.
Al riguardo sono illuminanti le dichiarazioni di Carlo De Benedetti: «La Stefano Sylos Labini politica dell’austerità europea è una scelta folle ma non bisogna aumentare il deficit pubblico».
Così come sono indicative le affermazioni del nuovo presidente della Confindustria: «L’errore, in questo momento storico, sono le azioni sulla domanda che prescindano dal resto».
Ma come? Noi ci troviamo in una crisi di domanda da cui non riusciamo ad uscire perché le politiche di austerità impediscono qualsiasi azione espansiva, mentre la storia ha già dimostrato che non è possibile conseguire la riduzione del debito durante una fase di stagnazione economica.
Infatti, lo stesso De Benedetti aveva affermato in un’altra intervista al “Corriere della Sera” che Renzi avrebbe dovuto ribellarsi alle regole europee nazionalizzando le banche in difficoltà e sforando il vincolo del 3% per fare investimenti nella banda larga e nel sapere. L’esatto contrario di ciò che ha detto qualche mese dopo.
E oggi noi dobbiamo essere riconoscenti al M5S se ci sarà il probabile suicidio politico di Renzi: nel momento in cui il M5S ha vinto le elezioni comunali a Roma e a Torino è diventato chiaro all’élite che il combinato disposto della modifica costituzionale e di una legge elettorale pensata per un sistema bipolare in un sistema tripolare poteva consentire al M5S di prendersi tutto, dalla Camera al Quirinale.
Ma dobbiamo ricordarci che il M5S è il prodotto dello sfascio culturale della società italiana: se non fossimo caduti così in basso e se fosse esistita una vera forza socialista di massa il M5S non sarebbe mai nato.
Per questo ci sono grandi interrogativi sul fatto che un movimento così eterogeneo e poco strutturato abbia le capacità di far riemergere dagli abissi la politica e l’economia del nostro paese.
(Stefano Sylos Labini, “Il fallimento delle élite”, da “Megachip” del 10 novembre 2016).
LIBRE news
Renzi presto a casa, ma intanto il lavoro sporco l’ha fatto
Scritto il 14/11/16 • nella Categoria: idee Condividi
Il fenomeno Renzi può essere considerato come la risposta dell’establishment all’ascesa folgorante del M5S: banche, Confindustria, Marchionne, De Benedetti e lo stesso Berlusconi hanno puntato sul ricambio del vecchio gruppo dirigente del Pd ormai logoro e privo di qualsiasi spinta propulsiva.
E così è stato creato Renzi il gran Rottamatore, una delle figure più reazionarie del periodo repubblicano.
Renzi aveva il compito di fare esattamente quello che hanno fatto Monti e Letta, però doveva sembrare diverso agli occhi della gente perché il tracollo di Monti alle elezioni del 2013 scottava ancora.
Renzi è stata una mossa giusta per le élite.
Ha retto 3 anni, che è moltissimo per qualcuno incaricato di attuare politiche impopolari.
Sparirà probabilmente nel 2018, se non prima, ma ha fatto quello di cui aveva bisogno chi l’ha messo lì: oltre ad aver ricoperto le imprese di incentivi che non sono serviti a rilanciare la nostra economia, ha finalmente spazzato via i diritti dei lavoratori.
Il problema è che la classe dirigente italiana non ha né coraggio né progetti, ma si muove con una strategia tipicamente opportunistica, di corto respiro e contraddittoria.
Al riguardo sono illuminanti le dichiarazioni di Carlo De Benedetti: «La Stefano Sylos Labini politica dell’austerità europea è una scelta folle ma non bisogna aumentare il deficit pubblico».
Così come sono indicative le affermazioni del nuovo presidente della Confindustria: «L’errore, in questo momento storico, sono le azioni sulla domanda che prescindano dal resto».
Ma come? Noi ci troviamo in una crisi di domanda da cui non riusciamo ad uscire perché le politiche di austerità impediscono qualsiasi azione espansiva, mentre la storia ha già dimostrato che non è possibile conseguire la riduzione del debito durante una fase di stagnazione economica.
Infatti, lo stesso De Benedetti aveva affermato in un’altra intervista al “Corriere della Sera” che Renzi avrebbe dovuto ribellarsi alle regole europee nazionalizzando le banche in difficoltà e sforando il vincolo del 3% per fare investimenti nella banda larga e nel sapere. L’esatto contrario di ciò che ha detto qualche mese dopo.
E oggi noi dobbiamo essere riconoscenti al M5S se ci sarà il probabile suicidio politico di Renzi: nel momento in cui il M5S ha vinto le elezioni comunali a Roma e a Torino è diventato chiaro all’élite che il combinato disposto della modifica costituzionale e di una legge elettorale pensata per un sistema bipolare in un sistema tripolare poteva consentire al M5S di prendersi tutto, dalla Camera al Quirinale.
Ma dobbiamo ricordarci che il M5S è il prodotto dello sfascio culturale della società italiana: se non fossimo caduti così in basso e se fosse esistita una vera forza socialista di massa il M5S non sarebbe mai nato.
Per questo ci sono grandi interrogativi sul fatto che un movimento così eterogeneo e poco strutturato abbia le capacità di far riemergere dagli abissi la politica e l’economia del nostro paese.
(Stefano Sylos Labini, “Il fallimento delle élite”, da “Megachip” del 10 novembre 2016).
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Re: Renzi
la marcia su Roma
il comitato centrale del forum militante forumisti per congresso on line full time overseaside proclama in adunanza plenaria l apertura del processo organizzativo marcia su Roma.
obbiettivo della marcia su Roma e accompagnare con atto solidale e solidaristico pittibimbo e pittibimba nella residenza del principe Romanov alla ruffina.
il mitico pollo al forno di 2 kg 200 grammi e una botte di Chianti della ruffina più ruvido e primitivo del Chianti senese attendono i giovani principi regnanti nel loro dorato esilio.
la marcia su Roma sarà aperta da vespe e lambrette e Fiat 500 quelle originali, in testa al corteo che accompagnerà i principini pittibimbo e pittibimba alla ruffina ci sarà il complesso al gran completo dei Beatles con jhon lenon presente per l occasione.
il corteo marcia su Roma sarà un ritorno ai favolosi anni 60 di mina , gli anni del benessere sociale , della piena occupazione, della programmazione economica , dello stato in economia e un calcio negli stinchi al mercantilismo alla globalizzazione al Job act .
il comitato centrale del forum militante forumisti per congresso on line full time overseaside proclama in adunanza plenaria l apertura del processo organizzativo marcia su Roma.
obbiettivo della marcia su Roma e accompagnare con atto solidale e solidaristico pittibimbo e pittibimba nella residenza del principe Romanov alla ruffina.
il mitico pollo al forno di 2 kg 200 grammi e una botte di Chianti della ruffina più ruvido e primitivo del Chianti senese attendono i giovani principi regnanti nel loro dorato esilio.
la marcia su Roma sarà aperta da vespe e lambrette e Fiat 500 quelle originali, in testa al corteo che accompagnerà i principini pittibimbo e pittibimba alla ruffina ci sarà il complesso al gran completo dei Beatles con jhon lenon presente per l occasione.
il corteo marcia su Roma sarà un ritorno ai favolosi anni 60 di mina , gli anni del benessere sociale , della piena occupazione, della programmazione economica , dello stato in economia e un calcio negli stinchi al mercantilismo alla globalizzazione al Job act .
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Re: Renzi
UNA CONSUETUDINE ITALIANA
https://www.google.it/webhp?sourceid=ch ... %20lettera
Renzi ci riprova con la lettera: "La manderò a tutti gli italiani"
Dopo le gaffe con la missiva per gli italiani all'estero, ora il premier prova a convincere gli indecisi a votare Sì al referendum costituzionale
Chiara Sarra - Sab, 19/11/2016 - 14:10
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Dopo le numerose gaffe (dai refusi agli errori negli indirizzi) con la lettera per gli italiani all'estero, Matteo Renzi ci riprova e ha annunciato che proverà a convincere con un opuscolo anche tutti gli indecisi a votare Sì al referendum costituzionale.
"Tutti gli italiani riceveranno a casa un opuscolo che sostiene il Sì al referendum", ha annunciato Renzi su Twitter, "E tutti quelli che dicono che stiamo spendendo soldi pubblici per farlo li quereliamo. Ovviamente i risarcimenti li daremo in beneficenza".
Questa mattina durante un evento a Matera il premier aveva sbraitato contro "l'accozzaglia di tutti contro una sola persona" che lo attacca sul tema delle riforme costituzionali. "Ma vi rendete conto che c'è Berlusconi e Travaglio insieme, D'Alema e Grillo insieme?", ha urlato dal palco del teatro comunale, "Non dobbiamo lasciare l'Italia a chi per trent'anni ha detto solo no e ora vuole riprendersi una piccola fetta di potere. I professionisti del no si oppongono a tutto, ma poi, se li metti insieme, non riescono a mettersi d'accordo su niente. Quelli hanno l'unico obiettivo di fare dispetto al presidente del Consiglio per tenere impantanato il Paese nelle sabbie mobili"
MISTER PRESIDENT, MANDI LA LETTERA A TUTTI MENO UNO. RISPARMI CARTA E FRANCOBOLLO. IO NON VOTERO' MAI SI'.
https://www.google.it/webhp?sourceid=ch ... %20lettera
Renzi ci riprova con la lettera: "La manderò a tutti gli italiani"
Dopo le gaffe con la missiva per gli italiani all'estero, ora il premier prova a convincere gli indecisi a votare Sì al referendum costituzionale
Chiara Sarra - Sab, 19/11/2016 - 14:10
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Dopo le numerose gaffe (dai refusi agli errori negli indirizzi) con la lettera per gli italiani all'estero, Matteo Renzi ci riprova e ha annunciato che proverà a convincere con un opuscolo anche tutti gli indecisi a votare Sì al referendum costituzionale.
"Tutti gli italiani riceveranno a casa un opuscolo che sostiene il Sì al referendum", ha annunciato Renzi su Twitter, "E tutti quelli che dicono che stiamo spendendo soldi pubblici per farlo li quereliamo. Ovviamente i risarcimenti li daremo in beneficenza".
Questa mattina durante un evento a Matera il premier aveva sbraitato contro "l'accozzaglia di tutti contro una sola persona" che lo attacca sul tema delle riforme costituzionali. "Ma vi rendete conto che c'è Berlusconi e Travaglio insieme, D'Alema e Grillo insieme?", ha urlato dal palco del teatro comunale, "Non dobbiamo lasciare l'Italia a chi per trent'anni ha detto solo no e ora vuole riprendersi una piccola fetta di potere. I professionisti del no si oppongono a tutto, ma poi, se li metti insieme, non riescono a mettersi d'accordo su niente. Quelli hanno l'unico obiettivo di fare dispetto al presidente del Consiglio per tenere impantanato il Paese nelle sabbie mobili"
MISTER PRESIDENT, MANDI LA LETTERA A TUTTI MENO UNO. RISPARMI CARTA E FRANCOBOLLO. IO NON VOTERO' MAI SI'.
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Re: Renzi
IL SOLITO PROBLEMA.
CAPRIRE FINO A CHE PUNTO ARRIVA LA PROPAGANDA POLITICA E DOVE ARRIVA LA NOTIZIA.
Le mance elettorali di Renzi ci costano quasi 28 miliardi
Dagli 80 euro alla scuola: finora le promesse a pioggia del premier non hanno aiutato il «Sì». Sale solo il debito
Gian Maria De Francesco - Sab, 19/11/2016 - 19:01
commenta
Quasi 28 miliardi di spesa pubblica in più per comperare il consenso e, alle porte, il fallimento della propria scommessa politica.
A poco più di due settimane dal referendum il No è in consistente vantaggio nei sondaggi nonostante gli sforzi renziani in questi mille e uno giorni si siano concentrati sulla conquista del favore popolare in vista di questo importante appuntamento.
La sessione di bilancio ci consente di misurare le risorse messe a disposizione di bonus e mance e di cercare di capire dove questa politica neodemocristiana abbia fallito. Ad esempio, si può partire dalla madre di tutte le misure del renzismo: il bonus da 80 euro per i lavoratori dipendenti, confermato anche per 2017. Costa circa 10 miliardi di euro ogni anno e beneficia i redditi fino a 26mila euro annui lordi. Trattandosi di un benefit per redditi bassi, il provvedimento non ha avuto (e non poteva avere) un impatto decisivo.
La capacità di spesa dei percettori è aumentata di poco come testimonia l'andamento dei consumi e, soprattutto, il trend deflazionistico in corso. Ovvio che queste persone non votino in massa per il Sì non avendo osservato un netto miglioramento delle proprie condizioni. La questione degli sgravi per le famiglie (bonus future mamme e bonus asili nido) è la medesima: si tratta di 600 milioni distribuiti in base al reddito. Un sostegno utile, ma che modifica poco la condizione reddituale.
Analogo discorso per le imprese. Il taglio dell'Ires di 3,5 punti percentuali, pur costando 3 miliardi, impatterà su un'economia che continua a soffrire di bassa produttività e di bassa crescita. Nonostante l'incondizionato appoggio di Confindustria, occorre osservare che molte altre categorie produttive - a partire dal commercio preferirebbero che un uguale sforzo si concentrasse sull'Irpef proprio per incidere sulla propensione ai consumi.
Ma le risorse sono limitate e il governo Renzi ha già deciso di spendere 2 miliardi all'anno per le pensioni: una parte per estendere la quattordicesima e un'altra per l'anticipo pensionistico gratuito. Se a questo aggiungiamo i 2 miliardi in più stanziati per il Fondo sanitario nazionale nel 2017 e i 130 milioni per accompagnare all'uscita i bancari tramite il Fondo esuberi, si capisce bene come l'unica categoria soddisfatta di Renzi e pronta a votare Sì siano gli over 65 che appaiono come i più tutelati da queste politiche.
Non va meglio per gli statali che, di certo, non sono rimasti a bocca asciutta. Con la «Buona scuola» si sono garantite assunzioni in massa di docenti precari e di nuovi insegnanti. Il costo è di 3 miliardi ai quali aggiungere gli 1,9 miliardi per il settore pubblico stanziati per il 2017. Tenuto conto che una buona parte è destinata, giustamente, alle esigenze degli organici delle forze dell'Ordine (Vigili del fuoco compresi), per i rinnovi contrattuali fermi da 7 anni rimangono poco meno di 700 milioni, circa 20 euro a testa per dipendente. È chiaro che simili aumenti producono soprattutto insoddisfazione. Un po' come l'abolizione di Imu e Tasi sulla prima casa, che è costata circa 4 miliardi. Chi ha un immobile di proprietà è sollevato, chi ne ha più di uno finisce nelle grinfie dei sindaci che in molti casi si rifanno su quelle ritoccando le aliquote all'insù.
Se la principale preoccupazione degli italiani è il lavoro, poca cosa possono fare misure palliative come il dirottamento di 730 milioni di Fondi europei per una proroga delle decontribuzioni per i neoassunti al Sud. E non sono certo 300 milioni per il bonus da 500 euro per i neodiciottenni che possono cambiare la partita. Renzi sta scoprendo adesso che aumentare deficit e debito per elargire mance non gli giova in chiave referendaria. Il problema è che a pagare il conto dovremo pensarci un po' tutti, prima o poi.
CAPRIRE FINO A CHE PUNTO ARRIVA LA PROPAGANDA POLITICA E DOVE ARRIVA LA NOTIZIA.
Le mance elettorali di Renzi ci costano quasi 28 miliardi
Dagli 80 euro alla scuola: finora le promesse a pioggia del premier non hanno aiutato il «Sì». Sale solo il debito
Gian Maria De Francesco - Sab, 19/11/2016 - 19:01
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Quasi 28 miliardi di spesa pubblica in più per comperare il consenso e, alle porte, il fallimento della propria scommessa politica.
A poco più di due settimane dal referendum il No è in consistente vantaggio nei sondaggi nonostante gli sforzi renziani in questi mille e uno giorni si siano concentrati sulla conquista del favore popolare in vista di questo importante appuntamento.
La sessione di bilancio ci consente di misurare le risorse messe a disposizione di bonus e mance e di cercare di capire dove questa politica neodemocristiana abbia fallito. Ad esempio, si può partire dalla madre di tutte le misure del renzismo: il bonus da 80 euro per i lavoratori dipendenti, confermato anche per 2017. Costa circa 10 miliardi di euro ogni anno e beneficia i redditi fino a 26mila euro annui lordi. Trattandosi di un benefit per redditi bassi, il provvedimento non ha avuto (e non poteva avere) un impatto decisivo.
La capacità di spesa dei percettori è aumentata di poco come testimonia l'andamento dei consumi e, soprattutto, il trend deflazionistico in corso. Ovvio che queste persone non votino in massa per il Sì non avendo osservato un netto miglioramento delle proprie condizioni. La questione degli sgravi per le famiglie (bonus future mamme e bonus asili nido) è la medesima: si tratta di 600 milioni distribuiti in base al reddito. Un sostegno utile, ma che modifica poco la condizione reddituale.
Analogo discorso per le imprese. Il taglio dell'Ires di 3,5 punti percentuali, pur costando 3 miliardi, impatterà su un'economia che continua a soffrire di bassa produttività e di bassa crescita. Nonostante l'incondizionato appoggio di Confindustria, occorre osservare che molte altre categorie produttive - a partire dal commercio preferirebbero che un uguale sforzo si concentrasse sull'Irpef proprio per incidere sulla propensione ai consumi.
Ma le risorse sono limitate e il governo Renzi ha già deciso di spendere 2 miliardi all'anno per le pensioni: una parte per estendere la quattordicesima e un'altra per l'anticipo pensionistico gratuito. Se a questo aggiungiamo i 2 miliardi in più stanziati per il Fondo sanitario nazionale nel 2017 e i 130 milioni per accompagnare all'uscita i bancari tramite il Fondo esuberi, si capisce bene come l'unica categoria soddisfatta di Renzi e pronta a votare Sì siano gli over 65 che appaiono come i più tutelati da queste politiche.
Non va meglio per gli statali che, di certo, non sono rimasti a bocca asciutta. Con la «Buona scuola» si sono garantite assunzioni in massa di docenti precari e di nuovi insegnanti. Il costo è di 3 miliardi ai quali aggiungere gli 1,9 miliardi per il settore pubblico stanziati per il 2017. Tenuto conto che una buona parte è destinata, giustamente, alle esigenze degli organici delle forze dell'Ordine (Vigili del fuoco compresi), per i rinnovi contrattuali fermi da 7 anni rimangono poco meno di 700 milioni, circa 20 euro a testa per dipendente. È chiaro che simili aumenti producono soprattutto insoddisfazione. Un po' come l'abolizione di Imu e Tasi sulla prima casa, che è costata circa 4 miliardi. Chi ha un immobile di proprietà è sollevato, chi ne ha più di uno finisce nelle grinfie dei sindaci che in molti casi si rifanno su quelle ritoccando le aliquote all'insù.
Se la principale preoccupazione degli italiani è il lavoro, poca cosa possono fare misure palliative come il dirottamento di 730 milioni di Fondi europei per una proroga delle decontribuzioni per i neoassunti al Sud. E non sono certo 300 milioni per il bonus da 500 euro per i neodiciottenni che possono cambiare la partita. Renzi sta scoprendo adesso che aumentare deficit e debito per elargire mance non gli giova in chiave referendaria. Il problema è che a pagare il conto dovremo pensarci un po' tutti, prima o poi.
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