Francesco un papa ...Cristiano!
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Mentre oggi LIBRE torna indietro nel tempo e squassa ulteriormente le coscienze dei cattolici.
LIBRE news
Strana morte del Papa ‘antifascista’. Il suo medico? Petacci
Scritto il 27/11/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Tutti si ricorderanno di Papa Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, «che occupa il soglio pontificio per soli 33 giorni (magari il numero vi dice qualcosa…) prima di morire improvvisamente, il 29 settembre 1978, secondo la versione ufficiale, per un infarto miocardico». La verità è probabilmente ben diversa, scrive Marcus Mason sul blog “Lo Sciacallo”: il nuovo Papa aveva in testa di realizzare una sorta di “grande repulisti” all’interno del voluminoso apparato burocratico ecclesiastico, eliminando «corruzione e malaffare all’interno delle Mura Leonine». Nel mirino, «alcuni esponenti di rilievo della finanza vaticana». Probabile quindi che «si sia deciso di uscire dall’imbarazzo risolvendo il problema alla base: mettendo Luciani in condizioni di non nuocere». Ma attenzione: quarant’anni prima, c’era stato un altro pontefice «la cui dipartita dà ancora adito a più di un dubbio: si tratta di Achille Ratti, salito al soglio col nome di Pio XI». La sua “colpa”? Non piaceva a Mussolini e men che meno a Hitler: il pontefice si stava preparando a una dichiarazione clamorosa contro l’adozione delle leggi razziali che sancirono il genocidio degli ebrei anche in Italia.Ratti nasce a Desio, nel milanese, il 31 maggio 1857, ricorda lo “Sciacallo”. Si dedica alla carriera religiosa a partire dal 1867, quando inizia a frequentare il seminario di Seveso e successivamente quello di Monza, fino ad entrare nell’ordine terziario francescano nel ‘74. Viene ordinato sacerdote a Roma nel dicembre ‘79 dal cardinale La Valletta. Si occupa di istruzione, prima come prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano e in seguito come insegnante, fino al suo ingresso nell’élite ecclesiastica negli anni ‘90 del XIX secolo. Arriva ad ottenere, sotto Benedetto XV, il prestigioso incarico di prefetto della Biblioteca Vaticana. Dopo una serie di incarichi diplomatici all’estero (anche “visitatore apostolico” in Polonia), viene nominato nel 1921 arcivescovo di Milano, dove fonda l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Alla morte di Benedetto XV, è eletto nuovo pontefice. Una volta in carica, Ratti si adopera per dirimere la cosiddetta “questione romana”, cioè l’ostilità tra Italia e Vaticano, ancora irrisolta dai tempi di Porta Pia. Il Papa «si mostra in più di un’occasione in contrasto con i provvedimenti del regime fascista», ma poi cambia posizione nel 1929, anno in cui, l’11 febbraio, Stato italiano e Chiesa Cattolica firmano i celeberrimi Patti Lateranensi, «in cui a quest’ultima vengono concessi privilegi economici e gestionali spropositati».Da lì in poi, continua Mason, la Chiesa si mostra quasi totalmente in linea con la politica mussoliniana, «non proferendo parole sulle atrocità italiane nelle colonie nordafricane, né sull’azzeramento delle libertà di pensiero e di stampa in patria». Poi però le cose si complicano in seguito all’alleanza organica col nazismo: «L’atteggiamento ambiguo di Ratti non può proseguire a partire dal 1938 quando l’Italia, su imbeccata di Hitler, promulga le aberranti leggi razziali», scrive Mason. «Pio XI, che mai ha avuto in simpatia il dittatore nazista (nel maggio 1938, quando Hitler era venuto in visita in Italia, non aveva voluto incontrarlo), individua nella cerimonia per il decennale dei Patti Lateranensi, che si sarebbe tenuta l’11 febbraio 1939, il momento giusto per pronunciare un forte discorso». Secondo Bianca Penco, una dirigente dell’epoca della Fuci, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana, il pontefice «avrebbe condannato apertamente la deriva politica che Mussolini aveva intrapreso, evidenziando una violazione palese degli stessi Patti che l’Italia si era impegnata ad onorare, oltre alla denuncia delle persecuzioni antisemite e anticristiane ormai dilaganti in Germania».E’ superfluo rimarcare quale enorme danno d’immagine tutto ciò avrebbe rappresentato per il Duce e per lo stesso Hitler, sottolinea Mason. Ma, del resto, Pio XI non avrebbe mai pronunciato quel discorso: nella notte del 10 febbraio, secondo la versione ufficiale, viene colpito da un attacco cardiaco e muore. «Casualmente», frattanto, il cardinale segretario di Stato, Eugenio Pacelli (il futuro Papa, Pio XII) «fa distruggere le copie esistenti del discorso in questione». I conti tornano, sostiene Mason, anche perché l’operato di Pacelli come pontefice durante la Seconda Guerra Mondiale è sotto accusa da settant’anni, «tacciato di viltà, ignavia e connivenza nei confronti delle atrocità che venivano compiute». Va da sé che, «alla luce di questi fatti, la morte fulminea di Pio XI si circonda di un’aura di mistero». E dunque: «Se davvero è stato ucciso, chi può aver commesso il delitto?». In un suo memoriale, nel 1972 il cardinale Eugène Tisserant scrive, a proposito di Ratti: «Lo hanno eliminato, lo hanno assassinato». E individua il presunto colpevole nel medico personale del Papa, Saverio Petacci, nientemeno che il padre di Claretta, l’appassionata amante del Duce che poi morirà fucilata insieme a lui nel ‘45. «Un’incredibile coincidenza, naturalmente».Ma c’è di più: la donna, continua Mason, era solita annotare su un diario la cronaca delle sue giornate più importanti. Ma la pagina inerente al 5 febbraio 1939 è incompleta. Termina con la frase: «Legge i biglietti e si inquieta per una cosa che segna… Poi dice: questi sanno…».Silenzio fino al 12 febbraio, quando il diario prosegue senza però fare il minimo accenno ai fatti in questione. C’è solo una frase del Duce, che annuncia a Claretta che si recherà alle esequie di Ratti in compagnia della moglie. «Ci pare lapalissiano che alcune pagine scottanti del diario della Petacci siano state fatte scientemente sparire», scrive Mason. Pagine in cui, «forse si trovava la prova del fatto che quella di Pio XI fu una morte su commissione». Certezze? Nessuna. Dubbì, però, sì. E tanti. «Chissà, forse un giorno scopriremo questo grande cimitero dei libri dove sono conservate le risposte ai grandi misteri della storia; e tra le “Guerre di Yahweh” e la versione integrale della “Steganographia” di Tritemio, magari troveremo le pagine del diario di una giovane donna italiana».
LIBRE news
Strana morte del Papa ‘antifascista’. Il suo medico? Petacci
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Tutti si ricorderanno di Papa Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, «che occupa il soglio pontificio per soli 33 giorni (magari il numero vi dice qualcosa…) prima di morire improvvisamente, il 29 settembre 1978, secondo la versione ufficiale, per un infarto miocardico». La verità è probabilmente ben diversa, scrive Marcus Mason sul blog “Lo Sciacallo”: il nuovo Papa aveva in testa di realizzare una sorta di “grande repulisti” all’interno del voluminoso apparato burocratico ecclesiastico, eliminando «corruzione e malaffare all’interno delle Mura Leonine». Nel mirino, «alcuni esponenti di rilievo della finanza vaticana». Probabile quindi che «si sia deciso di uscire dall’imbarazzo risolvendo il problema alla base: mettendo Luciani in condizioni di non nuocere». Ma attenzione: quarant’anni prima, c’era stato un altro pontefice «la cui dipartita dà ancora adito a più di un dubbio: si tratta di Achille Ratti, salito al soglio col nome di Pio XI». La sua “colpa”? Non piaceva a Mussolini e men che meno a Hitler: il pontefice si stava preparando a una dichiarazione clamorosa contro l’adozione delle leggi razziali che sancirono il genocidio degli ebrei anche in Italia.Ratti nasce a Desio, nel milanese, il 31 maggio 1857, ricorda lo “Sciacallo”. Si dedica alla carriera religiosa a partire dal 1867, quando inizia a frequentare il seminario di Seveso e successivamente quello di Monza, fino ad entrare nell’ordine terziario francescano nel ‘74. Viene ordinato sacerdote a Roma nel dicembre ‘79 dal cardinale La Valletta. Si occupa di istruzione, prima come prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano e in seguito come insegnante, fino al suo ingresso nell’élite ecclesiastica negli anni ‘90 del XIX secolo. Arriva ad ottenere, sotto Benedetto XV, il prestigioso incarico di prefetto della Biblioteca Vaticana. Dopo una serie di incarichi diplomatici all’estero (anche “visitatore apostolico” in Polonia), viene nominato nel 1921 arcivescovo di Milano, dove fonda l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Alla morte di Benedetto XV, è eletto nuovo pontefice. Una volta in carica, Ratti si adopera per dirimere la cosiddetta “questione romana”, cioè l’ostilità tra Italia e Vaticano, ancora irrisolta dai tempi di Porta Pia. Il Papa «si mostra in più di un’occasione in contrasto con i provvedimenti del regime fascista», ma poi cambia posizione nel 1929, anno in cui, l’11 febbraio, Stato italiano e Chiesa Cattolica firmano i celeberrimi Patti Lateranensi, «in cui a quest’ultima vengono concessi privilegi economici e gestionali spropositati».Da lì in poi, continua Mason, la Chiesa si mostra quasi totalmente in linea con la politica mussoliniana, «non proferendo parole sulle atrocità italiane nelle colonie nordafricane, né sull’azzeramento delle libertà di pensiero e di stampa in patria». Poi però le cose si complicano in seguito all’alleanza organica col nazismo: «L’atteggiamento ambiguo di Ratti non può proseguire a partire dal 1938 quando l’Italia, su imbeccata di Hitler, promulga le aberranti leggi razziali», scrive Mason. «Pio XI, che mai ha avuto in simpatia il dittatore nazista (nel maggio 1938, quando Hitler era venuto in visita in Italia, non aveva voluto incontrarlo), individua nella cerimonia per il decennale dei Patti Lateranensi, che si sarebbe tenuta l’11 febbraio 1939, il momento giusto per pronunciare un forte discorso». Secondo Bianca Penco, una dirigente dell’epoca della Fuci, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana, il pontefice «avrebbe condannato apertamente la deriva politica che Mussolini aveva intrapreso, evidenziando una violazione palese degli stessi Patti che l’Italia si era impegnata ad onorare, oltre alla denuncia delle persecuzioni antisemite e anticristiane ormai dilaganti in Germania».E’ superfluo rimarcare quale enorme danno d’immagine tutto ciò avrebbe rappresentato per il Duce e per lo stesso Hitler, sottolinea Mason. Ma, del resto, Pio XI non avrebbe mai pronunciato quel discorso: nella notte del 10 febbraio, secondo la versione ufficiale, viene colpito da un attacco cardiaco e muore. «Casualmente», frattanto, il cardinale segretario di Stato, Eugenio Pacelli (il futuro Papa, Pio XII) «fa distruggere le copie esistenti del discorso in questione». I conti tornano, sostiene Mason, anche perché l’operato di Pacelli come pontefice durante la Seconda Guerra Mondiale è sotto accusa da settant’anni, «tacciato di viltà, ignavia e connivenza nei confronti delle atrocità che venivano compiute». Va da sé che, «alla luce di questi fatti, la morte fulminea di Pio XI si circonda di un’aura di mistero». E dunque: «Se davvero è stato ucciso, chi può aver commesso il delitto?». In un suo memoriale, nel 1972 il cardinale Eugène Tisserant scrive, a proposito di Ratti: «Lo hanno eliminato, lo hanno assassinato». E individua il presunto colpevole nel medico personale del Papa, Saverio Petacci, nientemeno che il padre di Claretta, l’appassionata amante del Duce che poi morirà fucilata insieme a lui nel ‘45. «Un’incredibile coincidenza, naturalmente».Ma c’è di più: la donna, continua Mason, era solita annotare su un diario la cronaca delle sue giornate più importanti. Ma la pagina inerente al 5 febbraio 1939 è incompleta. Termina con la frase: «Legge i biglietti e si inquieta per una cosa che segna… Poi dice: questi sanno…».Silenzio fino al 12 febbraio, quando il diario prosegue senza però fare il minimo accenno ai fatti in questione. C’è solo una frase del Duce, che annuncia a Claretta che si recherà alle esequie di Ratti in compagnia della moglie. «Ci pare lapalissiano che alcune pagine scottanti del diario della Petacci siano state fatte scientemente sparire», scrive Mason. Pagine in cui, «forse si trovava la prova del fatto che quella di Pio XI fu una morte su commissione». Certezze? Nessuna. Dubbì, però, sì. E tanti. «Chissà, forse un giorno scopriremo questo grande cimitero dei libri dove sono conservate le risposte ai grandi misteri della storia; e tra le “Guerre di Yahweh” e la versione integrale della “Steganographia” di Tritemio, magari troveremo le pagine del diario di una giovane donna italiana».
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
28 NOV 2016 11:21
I FONDAMENTALISTI DELLA CROCE - I NEMICI DEL CONCILIO, I SEDEVACANTISTI, I LEFEBVRIANI E QUANTI CONSIDERANO BERGOGLIO UN ANTIPAPA (AL PARI DEI PONTEFICI DOPO PIO XII) SONO IL VOLTO DURO E PURO DEL CATTOLICESIMO
- L'INSISTENZA DEL PAPA SULLA MISERICORDIA, CHE È IL CUORE DEL MESSAGGIO DI GESÙ, VIENE CONTRAPPOSTA ALLE TAVOLE DELLA LEGGE
Stefano Filippi per ''il Giornale''
Fondamentalismo cattolico. Un accostamento sorprendente, abituati come siamo a pensare a quello islamico, torvo, violento, sanguinario. Fondamentalisti sono gli jihadisti, le milizie dell' Isis, i Paesi (sempre più numerosi) che adottano la legge coranica come norma fondamentale dello Stato. È un' idea che richiama rigore e intransigenza nel riferimento letterale ai testi sacri delle religioni unito alla violenza (fisica e verbale) per imporli di nuovo. Prende fiato soprattutto nei periodi di cambiamento a salvaguardia appunto dei fondamenti.
Difesa, arroccamento, ritorno alle origini. In questo senso l'idea di fondamentalismo viene estesa da alcuni intellettuali anche alla galassia, sempre più numerosa e rumorosa, dei cattolici critici verso Papa Francesco e le novità che sta introducendo a poco a poco nella Chiesa. È un movimento organizzato solo in parte, che si articola soprattutto sui social network, pronto a scattare davanti alle scelte di Bergoglio e permaloso se viene preso di mira, come del resto lo è chiunque venga inquadrato in un mirino.
È un fatto, però, che molti scritti su siti e giornali usano spesso toni esagerati, canzonatori verso il Papa, con vignette che se fossero pubblicate altrove farebbero gridare allo scandalo. Un esempio su tutti: un fotomontaggio pubblicato da uno degli intellettuali cattolici più accaniti contro Bergoglio, Alessandro Gnocchi, lo raffigura vestito da Lutero che sghignazza davanti a un crocifisso infranto a terra. Lo si trova nella rubrica «Fuori moda» sul sito Riscossacristiana.it. In questi termini, la contestazione antiromana è senza precedenti.
SCAMBIO DI RUOLI
In nome della fedeltà alla tradizione si attacca il custode e garante del «depositum fidei»: il Papa. È una contraddizione curiosa. Questi ambienti se la prendono con papa Francesco contrapponendolo a Benedetto XVI benché il vero rivoluzionario sia quest' ultimo: senza le dimissioni di Ratzinger, Bergoglio sarebbe ancora a Buenos Aires.
Al tempo di Wojtyla e Ratzinger, dai conservatori partivano accuse di insubordinazione verso chi contestava il Papa anticomunista, il «pastore tedesco» della fede, le censure alla teologia della liberazione e la difesa dei «valori non negoziabili». E si taceva invece su iniziative come le preghiere interreligiose di Assisi, le visite alle moschee, le aperture ecumeniche. Il Papa è il Papa e non si discute.
Ora il campo è rovesciato, quanti chiedevano obbedienza adesso disobbediscono e pretendono di insegnare al pontefice che cos è la vera tradizione fissando loro il limite oltre il quale il successore di san Pietro va considerato eretico e traditore. Ma per queste frange è corretto parlare di fondamentalismo, sinonimo di un' intolleranza sanguinaria più che verbale? A proporre il concetto è stato uno dei più autorevoli sociologi delle religioni, il professor Massimo Introvigne.
Ha individuato questa categoria per identificare le frange tradizionaliste che contestarono il presunto «modernismo» dei papi Leone XIII e Pio XI, e per quanti successivamente se la sono presa con il Concilio e i pontefici degli ultimi cinquant' anni. «Il fondamentalismo spiega Introvigne è nato nella seconda metà dell' 800 in ambito cristiano, nel protestantesimo, e solo un secolo dopo è stato applicato all'islam. Gli ambienti conservatori erano orgogliosi di quel titolo, prodotto da una reazione al nuovo e dal desiderio di tornare alle origini. Un'idea di purezza ed essenzialità legata al principio Sola scriptura: vale unicamente ciò che è scritto nei testi sacri».
Il cattolicesimo però non è Sola scriptura, non è una religione del libro ma l'incontro con un uomo, Gesù di Nazaret. Non è una forzatura parlare di fondamentalismo? Risponde Introvigne di no: «Se i fondamentalisti protestanti si richiamavano alla lettera della Bibbia, i cattolici si rifanno alla Tradizione. Cristo non ha scritto una riga, non ha lasciato libri ma successori, persone vive, in carne e ossa: gli apostoli e i papi. Sono il pontefice e i vescovi uniti a lui che definiscono cosa sia la tradizione oggi. Il fondamentalismo cattolico impugna la tradizione contro il Papa. O meglio, un'idea prefissata di tradizione».
LE ACCUSE
Sembra un dibattito teologico per iniziati. Non lo è più da quando lo stesso papa Francesco ha fatto proprio questo concetto. Ne ha parlato nel 2014 in un' intervista al quotidiano spagnolo La Vanguardia: «Nelle tre religioni abbiamo i nostri gruppi fondamentalisti, piccoli rispetto a tutto il resto. Un gruppo fondamentalista, anche se non uccide nessuno, anche se non picchia nessuno, è violento». Concetto ripreso più volte, l'ultima a luglio nel ritorno dalla Polonia: «Anche noi abbiamo i nostri fondamentalisti».
A chi si riferiva? Francesco non l' ha specificato. Magari intendeva le voci critiche «storiche»: i nemici del Concilio, i sedevacantisti, i lefebvriani e quanti lo considerano un antipapa al pari dei pontefici dopo Pio XII. Ma Introvigne si dice preoccupato piuttosto dalla «realtà più diffusa e informale di persone che non aderiscono a questi gruppi, vanno a messa nella loro parrocchia o alla messa tradizionale in latino, ma sviluppano, divulgano o assorbono posizioni fondamentaliste».
Il sociologo ha sintetizzato le sue idee in un lungo colloquio con la rivista culturale online Lanuovaeuropa.org la quale si occupa dell' ortodossia russa e conosce bene le fazioni fondamentaliste e antiecumeniche che, per esempio, considerano eretico il patriarca Kirill per l' incontro a Cuba con papa Francesco. Il web-periodico si è chiesto se la paura del nuovo, il sentirsi minacciati possa riguardare anche i cattolici. All' intervista con Introvigne Lanuovaeuropa.org ha fatto seguire una mappa dettagliata del «fondamentalismo diffuso» ripresa da altri giornali.
Apriti cielo. La suscettibilità di questi gruppi è esplosa sui social network e sui blog con accuse e perfino insulti verso gli autori dei saggi, in realtà scritti senza toni polemici né acrimonie. Reazione che farebbe pensare a un nervo scoperto. Le punte più oltranziste di questa contestazione antipapale non si limitano a parlare di «resistenza» al magistero di Francesco, ma lo accusano apertamente di essere traditore (come quando ha celebrato i 500 anni della Riforma di Lutero) ed eretico, con l' esortazione apostolica dopo il sinodo sulla famiglia.
Così, per esempio, a proposito del clamoroso appello di quattro cardinali a chiarire presunte ambiguità dell'Amoris Laetitia, il sito Corrispondenzaromana.it scrive: «Circola in Vaticano ed è attentamente studiato da teologi e prelati lo studio di Arnaldo Xavier da Silveira, Ipotesi teologica di un Papa eretico, pubblicato dall' editore Marco Solfanelli di Chieti. L' iniziativa dei quattro cardinali si inserisce in un processo di resistenza che si allarga ed è solo alle sue prime fasi. Ne vedremo gli sviluppi nei prossimi mesi». Quasi il preannuncio di una scissione.
NUOVO SCISMA?
L'insistenza bergogliana sulla misericordia, che pure è il cuore dell'insegnamento di Gesù, viene contrapposta alle tavole della legge. Il viaggio in Svezia e le aperture ai divorziati risposati sono stati come il drappo rosso per un toro.
Per Introvigne si tratta comunque di correnti minoritarie, inversamente proporzionali all'eco che suscitano sul web: «Anzi, mi stupisce il loro scarso successo. All' epoca del Concilio Vaticano II avvennero vere rivolte contro le novità liturgiche e dottrinali, culminate nello scisma di monsignor Lefebvre. Qui non avverrà nulla del genere. Sono professionisti del web che sanno come farsi sentire».
Ma nelle ultime settimane s'è verificato un salto di qualità. La lettera dei quattro cardinali, uno dei quali non esclude un atto di «correzione» per il Papa, è clamorosa. La facoltà di assolvere dal gravissimo peccato di aborto estesa a tutti i preti (e non più esclusiva dei vescovi) è suonata a molti come l'ennesima scivolata del Papa verso il lassismo morale e la svendita della fede, altro che Vatileaks.
In un'intervista all'Avvenire, il quotidiano dei vescovi, Bergoglio ha risposto così: «Alcuni continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere». Certi rimproveri «sono fatti con spirito cattivo per fomentare divisione. La Chiesa non è un campo di calcio che cerca tifosi». E a ogni buon conto, le critiche «non mi tolgono il sonno»
I FONDAMENTALISTI DELLA CROCE - I NEMICI DEL CONCILIO, I SEDEVACANTISTI, I LEFEBVRIANI E QUANTI CONSIDERANO BERGOGLIO UN ANTIPAPA (AL PARI DEI PONTEFICI DOPO PIO XII) SONO IL VOLTO DURO E PURO DEL CATTOLICESIMO
- L'INSISTENZA DEL PAPA SULLA MISERICORDIA, CHE È IL CUORE DEL MESSAGGIO DI GESÙ, VIENE CONTRAPPOSTA ALLE TAVOLE DELLA LEGGE
Stefano Filippi per ''il Giornale''
Fondamentalismo cattolico. Un accostamento sorprendente, abituati come siamo a pensare a quello islamico, torvo, violento, sanguinario. Fondamentalisti sono gli jihadisti, le milizie dell' Isis, i Paesi (sempre più numerosi) che adottano la legge coranica come norma fondamentale dello Stato. È un' idea che richiama rigore e intransigenza nel riferimento letterale ai testi sacri delle religioni unito alla violenza (fisica e verbale) per imporli di nuovo. Prende fiato soprattutto nei periodi di cambiamento a salvaguardia appunto dei fondamenti.
Difesa, arroccamento, ritorno alle origini. In questo senso l'idea di fondamentalismo viene estesa da alcuni intellettuali anche alla galassia, sempre più numerosa e rumorosa, dei cattolici critici verso Papa Francesco e le novità che sta introducendo a poco a poco nella Chiesa. È un movimento organizzato solo in parte, che si articola soprattutto sui social network, pronto a scattare davanti alle scelte di Bergoglio e permaloso se viene preso di mira, come del resto lo è chiunque venga inquadrato in un mirino.
È un fatto, però, che molti scritti su siti e giornali usano spesso toni esagerati, canzonatori verso il Papa, con vignette che se fossero pubblicate altrove farebbero gridare allo scandalo. Un esempio su tutti: un fotomontaggio pubblicato da uno degli intellettuali cattolici più accaniti contro Bergoglio, Alessandro Gnocchi, lo raffigura vestito da Lutero che sghignazza davanti a un crocifisso infranto a terra. Lo si trova nella rubrica «Fuori moda» sul sito Riscossacristiana.it. In questi termini, la contestazione antiromana è senza precedenti.
SCAMBIO DI RUOLI
In nome della fedeltà alla tradizione si attacca il custode e garante del «depositum fidei»: il Papa. È una contraddizione curiosa. Questi ambienti se la prendono con papa Francesco contrapponendolo a Benedetto XVI benché il vero rivoluzionario sia quest' ultimo: senza le dimissioni di Ratzinger, Bergoglio sarebbe ancora a Buenos Aires.
Al tempo di Wojtyla e Ratzinger, dai conservatori partivano accuse di insubordinazione verso chi contestava il Papa anticomunista, il «pastore tedesco» della fede, le censure alla teologia della liberazione e la difesa dei «valori non negoziabili». E si taceva invece su iniziative come le preghiere interreligiose di Assisi, le visite alle moschee, le aperture ecumeniche. Il Papa è il Papa e non si discute.
Ora il campo è rovesciato, quanti chiedevano obbedienza adesso disobbediscono e pretendono di insegnare al pontefice che cos è la vera tradizione fissando loro il limite oltre il quale il successore di san Pietro va considerato eretico e traditore. Ma per queste frange è corretto parlare di fondamentalismo, sinonimo di un' intolleranza sanguinaria più che verbale? A proporre il concetto è stato uno dei più autorevoli sociologi delle religioni, il professor Massimo Introvigne.
Ha individuato questa categoria per identificare le frange tradizionaliste che contestarono il presunto «modernismo» dei papi Leone XIII e Pio XI, e per quanti successivamente se la sono presa con il Concilio e i pontefici degli ultimi cinquant' anni. «Il fondamentalismo spiega Introvigne è nato nella seconda metà dell' 800 in ambito cristiano, nel protestantesimo, e solo un secolo dopo è stato applicato all'islam. Gli ambienti conservatori erano orgogliosi di quel titolo, prodotto da una reazione al nuovo e dal desiderio di tornare alle origini. Un'idea di purezza ed essenzialità legata al principio Sola scriptura: vale unicamente ciò che è scritto nei testi sacri».
Il cattolicesimo però non è Sola scriptura, non è una religione del libro ma l'incontro con un uomo, Gesù di Nazaret. Non è una forzatura parlare di fondamentalismo? Risponde Introvigne di no: «Se i fondamentalisti protestanti si richiamavano alla lettera della Bibbia, i cattolici si rifanno alla Tradizione. Cristo non ha scritto una riga, non ha lasciato libri ma successori, persone vive, in carne e ossa: gli apostoli e i papi. Sono il pontefice e i vescovi uniti a lui che definiscono cosa sia la tradizione oggi. Il fondamentalismo cattolico impugna la tradizione contro il Papa. O meglio, un'idea prefissata di tradizione».
LE ACCUSE
Sembra un dibattito teologico per iniziati. Non lo è più da quando lo stesso papa Francesco ha fatto proprio questo concetto. Ne ha parlato nel 2014 in un' intervista al quotidiano spagnolo La Vanguardia: «Nelle tre religioni abbiamo i nostri gruppi fondamentalisti, piccoli rispetto a tutto il resto. Un gruppo fondamentalista, anche se non uccide nessuno, anche se non picchia nessuno, è violento». Concetto ripreso più volte, l'ultima a luglio nel ritorno dalla Polonia: «Anche noi abbiamo i nostri fondamentalisti».
A chi si riferiva? Francesco non l' ha specificato. Magari intendeva le voci critiche «storiche»: i nemici del Concilio, i sedevacantisti, i lefebvriani e quanti lo considerano un antipapa al pari dei pontefici dopo Pio XII. Ma Introvigne si dice preoccupato piuttosto dalla «realtà più diffusa e informale di persone che non aderiscono a questi gruppi, vanno a messa nella loro parrocchia o alla messa tradizionale in latino, ma sviluppano, divulgano o assorbono posizioni fondamentaliste».
Il sociologo ha sintetizzato le sue idee in un lungo colloquio con la rivista culturale online Lanuovaeuropa.org la quale si occupa dell' ortodossia russa e conosce bene le fazioni fondamentaliste e antiecumeniche che, per esempio, considerano eretico il patriarca Kirill per l' incontro a Cuba con papa Francesco. Il web-periodico si è chiesto se la paura del nuovo, il sentirsi minacciati possa riguardare anche i cattolici. All' intervista con Introvigne Lanuovaeuropa.org ha fatto seguire una mappa dettagliata del «fondamentalismo diffuso» ripresa da altri giornali.
Apriti cielo. La suscettibilità di questi gruppi è esplosa sui social network e sui blog con accuse e perfino insulti verso gli autori dei saggi, in realtà scritti senza toni polemici né acrimonie. Reazione che farebbe pensare a un nervo scoperto. Le punte più oltranziste di questa contestazione antipapale non si limitano a parlare di «resistenza» al magistero di Francesco, ma lo accusano apertamente di essere traditore (come quando ha celebrato i 500 anni della Riforma di Lutero) ed eretico, con l' esortazione apostolica dopo il sinodo sulla famiglia.
Così, per esempio, a proposito del clamoroso appello di quattro cardinali a chiarire presunte ambiguità dell'Amoris Laetitia, il sito Corrispondenzaromana.it scrive: «Circola in Vaticano ed è attentamente studiato da teologi e prelati lo studio di Arnaldo Xavier da Silveira, Ipotesi teologica di un Papa eretico, pubblicato dall' editore Marco Solfanelli di Chieti. L' iniziativa dei quattro cardinali si inserisce in un processo di resistenza che si allarga ed è solo alle sue prime fasi. Ne vedremo gli sviluppi nei prossimi mesi». Quasi il preannuncio di una scissione.
NUOVO SCISMA?
L'insistenza bergogliana sulla misericordia, che pure è il cuore dell'insegnamento di Gesù, viene contrapposta alle tavole della legge. Il viaggio in Svezia e le aperture ai divorziati risposati sono stati come il drappo rosso per un toro.
Per Introvigne si tratta comunque di correnti minoritarie, inversamente proporzionali all'eco che suscitano sul web: «Anzi, mi stupisce il loro scarso successo. All' epoca del Concilio Vaticano II avvennero vere rivolte contro le novità liturgiche e dottrinali, culminate nello scisma di monsignor Lefebvre. Qui non avverrà nulla del genere. Sono professionisti del web che sanno come farsi sentire».
Ma nelle ultime settimane s'è verificato un salto di qualità. La lettera dei quattro cardinali, uno dei quali non esclude un atto di «correzione» per il Papa, è clamorosa. La facoltà di assolvere dal gravissimo peccato di aborto estesa a tutti i preti (e non più esclusiva dei vescovi) è suonata a molti come l'ennesima scivolata del Papa verso il lassismo morale e la svendita della fede, altro che Vatileaks.
In un'intervista all'Avvenire, il quotidiano dei vescovi, Bergoglio ha risposto così: «Alcuni continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere». Certi rimproveri «sono fatti con spirito cattivo per fomentare divisione. La Chiesa non è un campo di calcio che cerca tifosi». E a ogni buon conto, le critiche «non mi tolgono il sonno»
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
NEWS INEDITA
LEGGENDO L'ARTICOLO SOPRARIPORTATO, ED ALTRI ANALOGHI,
OSSERVANDO L'ANDAMENTO DELL'UMANITA', ED IN MODO PARTICOLARE DI QUEL SETTORE CHE SI DICHIARA DEVOTO A DIO,
IL PADRETERNO STA IN QUESTO MOMENTO CAMMINANDO IN SU E IN GIU' NERVOSAMENTE CHIEDENSOSI:
MA DOVE HO ANCORA SBAGLIATO CON GLI UOMINI, CHE SONO VENUTI COSI' MALE.
LEGGENDO L'ARTICOLO SOPRARIPORTATO, ED ALTRI ANALOGHI,
OSSERVANDO L'ANDAMENTO DELL'UMANITA', ED IN MODO PARTICOLARE DI QUEL SETTORE CHE SI DICHIARA DEVOTO A DIO,
IL PADRETERNO STA IN QUESTO MOMENTO CAMMINANDO IN SU E IN GIU' NERVOSAMENTE CHIEDENSOSI:
MA DOVE HO ANCORA SBAGLIATO CON GLI UOMINI, CHE SONO VENUTI COSI' MALE.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
martedì 29 novembre 2016
Pagina 99 26.11.2016
Il duro, il colto, il populista
la metamorfosi di Pietro
Cosa ci dicono le parole dei papi, sempre più pop
Vaticano | Il potere dell’Istituzione in Wojtyla.
L’Europa cristiana e il logos difesi da Ratzinger.
La richiesta di cambiamento e il continuo ricorso al popolo di Bergoglio.
I discorsi dei tre Pontefici rivelano come è cambiata la Chiesa. E la società a cui si rivolge
di Paolo Bottazzini e Giordano Zambelli
Vediamo la verità come in uno specchio: ovvero un’immagine confusa, deformata. È dai tempi di Paolo di Tarso che la tradizione cristiana invita tutti gli uomini a scoprire nella metafora dello specchio il riflesso della fede. Certo, ma come possiamo interpretare la verità? Con la parola. Perché la verità deve esser rivelata. «In principio era la parola» scriveva Giovanni all’inizio del suo Vangelo. E la parola per eccellenza che parla agli esseri umani è quella dell’autorità suprema della Chiesa: il papa. Ecco perché smontare il linguaggio di un papa serve a conoscere gli oggetti delle sue enunciazioni, le intenzioni, i destinatari. Abbiamo provato a farlo, per cogliere il ritmo della trasformazione degli ultimi decenni, mettendo sul tavolo anatomico del linguista cinque discorsi pronunciati dagli ultimi tre pontefici, Karol Józef Wojtyla, Joseph Ratzinger e Jorge Mario Bergoglio, in circostanze simili. Il discorso di insediamento; un discorso particolarmente significativo rivolto alla Curia romana; un famoso discorso-denuncia molto acceso e discusso; un discorso pronunciato di fronte ai fedeli del proprio Paese o comunque relativo alla propria patria; infine un discorso importante tenuto fuori Roma. Nella stesura di queste orazioni si inscrivono sia la traccia della società cui sono indirizzate sia la personalità dell’autore. D’altra parte, la voce del pontefice pronuncia le parole dell’ultima autorità universale rimasta sul pianeta.
• Ratzinger: la Chiesa al primo posto Nel momento in cui un papa si rivolge alla Curia romana l’evangelizzazione passa in secondo piano. Quando parla ai cardinali il pontefice fa emergere le sue intenzioni politiche. E qui è interessante, perché se il soggetto del discorso è la Chiesa intesa come istituzione, il modo di tematizzarlo è un indice della tempra del papa. Solo Ratzinger chiama la cosa con il suo nome e utilizza il lemma Chiesa con più frequenza degli altri (33 volte). Nel definire il perimetro di questa istituzione, Benedetto XVI ricorre a due chiavi di interpretazione del suo statuto, che ritroviamo nei termini Concilio e fede. Quindi nel definire gli interlocutori della Chiesa si rivolge al mondo, termine che ricorre molto più di quanto ritorni il lemma Dio. È, insomma, un papa mondano, che tende a riportare quaggiù sulla terra le cose di lassù.
• Woytyla: il pastore che pensa alla vita. Tutto il contrario di Wojtyla, che guarda in alto. Nei suoi discorsi subordina il riferimento alla Chiesa a quello indirizzato a Dio – richiamato il doppio delle volte – e collocato in posizione dominante sul testo. L’unità degli uomini, siano essi religiosi o laici, avviene sotto il mandato dell’autorità più alta nella Grande Catena dell’essere. Le 36 occorrenze del designatore Dio denunciano una strategia retorica consapevole da parte di Wojtyla, solitamente più parco in questo genere di invocazioni. O meglio: sembra che quando parla davanti alla Curia invochi Dio molto più di quanto faccia al cospetto dei fedeli. Come se le minacce provenienti da vescovi e cardinali richiedessero maggiore prudenza. Eppure, per esperienza, Wojtyla avrebbe potuto temere di più le folle che i porporati. La prospettiva si rovescia quando il pontefice si rivolge al mondo esterno. Il destinatario immediato sono le adunate di fedeli presenti all’omelia, il bersaglio è la secolarizzazione della cultura contemporanea, l’indirizzo finale è quello dei potenti della Terra. La parola chiave del discorso di Wojtyla è vita: nel suo testo compare 77 volte, ed è il soggetto di gran parte dei suoi enunciati. La sua riflessione si sviluppa in un momento di crescita economica e di trionfo dei valori mondani, riconducibili al successo professionale, al prestigio sociale, all’edonismo morale. Il linguaggio del papa è lo specchio capovolto della società cui si rivolge: propone un’interpretazione diversa dell’esistenza, quella della coscienza (15 volte), suggerendo che la verità (16 volte) non sia quella che appare nella concretezza dei sensi e del qui-e-ora. Ora l’appello a Dio, convocato 36 volte, acquista il senso pieno che ricopre nel pensiero di Giovanni Paolo II: è anzitutto il pastore (26 volte), poi anche padre (19 volte), che accompagna – nell’immanenza della vita nel mondo – i giovani alla verità.
• Bergoglio: la sofferenza al centro. Nel discorso di Bergoglio invece la Chiesa è confinata a un ruolo minore. Protagonista è la metafora della malattia, in generale l’allegoria del corpo che soffre. Se si sommano le 38 occorrenze dei lemmi Cristo, Chiesa e Dio non si riesce ancora a bilanciare la frequenza del dizionario che allude al malessere fisico. Papa Francesco ama indulgere al linguaggio figurato della vita materiale nella sua dimensione quotidiana, con le immagini della famiglia e dei suoi ruoli, e con quelle dell’esistenza corporale di ogni individuo. La sua retorica punta sull’empatia, e in questo senso è popolare poiché mira alla persuasione attraverso il consenso emotivo. Ognuno ha una casa e un corpo, e la loro intimità affrontata nelle parole del papa diventa lo specchio visibile di ciò che deve essere l’unità della Chiesa con i suoi fedeli. Se fosse un semplice politico, gli analisti non indugerebbero nel chiamarlo populista – o meglio, come spiega lo studioso Loris Zanatta, andrebbe definito peronista. Il mondo su cui si affaccia Bergoglio soffre il fallimento della promessa di prosperità elaborata ai tempi di Giovanni Paolo II: il suo discorso è la rotazione dello specchio puntato contro la società dal suo predecessore. È il papa più politico: la chiave di volta è la richiesta di cambiamento, ribadita 28 volte, sulle esigenze di casa, giustizia, pace, diritti e lavoro (tutte ribadite tra 10 e 11 volte), formulate dai popoli della terra. È anche il papa dell’immanenza: la sua voce si leva contro il potere della finanza, tanto che nel suo dizionario trova ospitalità anche la nozione di economia, che i suoi predecessori trascuravano del tutto.
• Ratzinger La presenza di Dio nel mondo Se Bergoglio parla con parole semplici, comprensibili e capaci di arrivare al cuore e alla mente di tutti i fedeli, Ratzinger sceglie un registro più “alto”, come se si rivolgesse agli esponenti d’una Repubblica delle Lettere. Il focus del suo discorso è l’Europa, con particolare attenzione ai valori che la rendono una comunità non solo economica. La loro portata culturale è universale e si fonda sull’identità cristiana. Data la levatura intellettuale di Benedetto XVI, il dizionario è molto vario (il 44,4% delle parole compare una volta sola, contro il 24% di Wojtyla, e il30% di Bergoglio), con la struttura sintattica più complessa dei tre. Nei discorsi rivolti a popoli specifici, il protagonista dell’orazione per Wojtyla è ancora una volta la Chiesa. Per Bergoglio e per Ratzinger invece il soggetto è Dio, che per Benedetto XVI si manifesta come parola e come cultura, mentre per Francesco si rivela con i tratti domestici del fratello, della madre, del figlio e del sangue. La Chiesa, la cultura, la famiglia e il corpo sono la sequenza attraverso la quale i papi hanno suggerito di cercare la presenza di Dio nel mondo, hanno proposto di sentirla, hanno chiesto obbedienza e solidarietà alle parole del pontefice – promettendo in cambio un’identità interiore e una dignità sociale per ciascuno. La Chiesa e il cambiamento Wojtyla tenta di ruotare il senso del termine vita in una direzione trascendente, che orienti la ragione stessa dell’esistenza individuale e collettiva della comunità verso una giustificazione superiore. In questa direzione deve ritrovarsi anche il valore e il potere della Chiesa come istituzione. Ratzinger rimuove la suggestione della chiamata celeste dal ruolo della comunità cristiana, per riconsegnarlo alla diligenza dello studio e alla pazienza del dialogo. Il significato della vita è la ricerca, il senso dell’essere emerge dal primato delle radici della cultura europea: il logos, l’argomentazione, il libro. Bergoglio è un politico missionario: sa che lo spazio per la vita oltremondana si estende sul margine che la fatica per la sopravvivenza lascia alla dignità dell’esperienza terrena. Conosce la pragmatica linguistica dei gesuiti ed è consapevole di come si fanno cose con le parole, prima che discorsi: alla Chiesa non basta l’unità e il coraggio dei fedeli, né l’e g emonia nella Repubblica delle Lettere europea o nella Città di Dio. Serve il cambiamento radicale, perché tutto resti come prima.
I TESTI ANALIZZATI
Numero di ricorrenze di alcune parole-chiave pronunciate dai tre Pontefici in quindici importanti discorsi. Quello di insediamento.
Discorso alla Curia romana: Wojtyla, 22 dicembre 1986 (spirito di Assisi); Ratzinger, 22 dicembre 2005 (ermeneutica del Concilio); Bergoglio, 22 dicembre 2014 (malattie spirituali della Curia).
Un discorso-denuncia: Wojtyla, Denver, agosto 1993 (minacce alla vita); Ratzinger, marzo 2007 (apostasia dell’Eu - ropa); Bergoglio, Santa Cruz della Sierra, luglio 2015 (questa economia uccide).
Discorso relativo alla propria patria: Wojtyla, Varsavia 2 giugno 1979 (lo spirito rinnovi la faccia di questa terra); Ratzinger, Friburgo 25 settembre 2011; Bergoglio, 12 dicembre 2014 (messa per la Madonna di Guadalupe).
Un discorso fuori Roma: Wojtyla, Havana21 gennaio1998(Cerimonia dibenvenuto); Ratzinger, Parigi 12 settembre 2012; Bergoglio, 8 luglio 2013 omelia a Lampedusa.
L’analisi dei dati è stata condotta da Giordano Zambelli.
Pagina 99 26.11.2016
Il duro, il colto, il populista
la metamorfosi di Pietro
Cosa ci dicono le parole dei papi, sempre più pop
Vaticano | Il potere dell’Istituzione in Wojtyla.
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I discorsi dei tre Pontefici rivelano come è cambiata la Chiesa. E la società a cui si rivolge
di Paolo Bottazzini e Giordano Zambelli
Vediamo la verità come in uno specchio: ovvero un’immagine confusa, deformata. È dai tempi di Paolo di Tarso che la tradizione cristiana invita tutti gli uomini a scoprire nella metafora dello specchio il riflesso della fede. Certo, ma come possiamo interpretare la verità? Con la parola. Perché la verità deve esser rivelata. «In principio era la parola» scriveva Giovanni all’inizio del suo Vangelo. E la parola per eccellenza che parla agli esseri umani è quella dell’autorità suprema della Chiesa: il papa. Ecco perché smontare il linguaggio di un papa serve a conoscere gli oggetti delle sue enunciazioni, le intenzioni, i destinatari. Abbiamo provato a farlo, per cogliere il ritmo della trasformazione degli ultimi decenni, mettendo sul tavolo anatomico del linguista cinque discorsi pronunciati dagli ultimi tre pontefici, Karol Józef Wojtyla, Joseph Ratzinger e Jorge Mario Bergoglio, in circostanze simili. Il discorso di insediamento; un discorso particolarmente significativo rivolto alla Curia romana; un famoso discorso-denuncia molto acceso e discusso; un discorso pronunciato di fronte ai fedeli del proprio Paese o comunque relativo alla propria patria; infine un discorso importante tenuto fuori Roma. Nella stesura di queste orazioni si inscrivono sia la traccia della società cui sono indirizzate sia la personalità dell’autore. D’altra parte, la voce del pontefice pronuncia le parole dell’ultima autorità universale rimasta sul pianeta.
• Ratzinger: la Chiesa al primo posto Nel momento in cui un papa si rivolge alla Curia romana l’evangelizzazione passa in secondo piano. Quando parla ai cardinali il pontefice fa emergere le sue intenzioni politiche. E qui è interessante, perché se il soggetto del discorso è la Chiesa intesa come istituzione, il modo di tematizzarlo è un indice della tempra del papa. Solo Ratzinger chiama la cosa con il suo nome e utilizza il lemma Chiesa con più frequenza degli altri (33 volte). Nel definire il perimetro di questa istituzione, Benedetto XVI ricorre a due chiavi di interpretazione del suo statuto, che ritroviamo nei termini Concilio e fede. Quindi nel definire gli interlocutori della Chiesa si rivolge al mondo, termine che ricorre molto più di quanto ritorni il lemma Dio. È, insomma, un papa mondano, che tende a riportare quaggiù sulla terra le cose di lassù.
• Woytyla: il pastore che pensa alla vita. Tutto il contrario di Wojtyla, che guarda in alto. Nei suoi discorsi subordina il riferimento alla Chiesa a quello indirizzato a Dio – richiamato il doppio delle volte – e collocato in posizione dominante sul testo. L’unità degli uomini, siano essi religiosi o laici, avviene sotto il mandato dell’autorità più alta nella Grande Catena dell’essere. Le 36 occorrenze del designatore Dio denunciano una strategia retorica consapevole da parte di Wojtyla, solitamente più parco in questo genere di invocazioni. O meglio: sembra che quando parla davanti alla Curia invochi Dio molto più di quanto faccia al cospetto dei fedeli. Come se le minacce provenienti da vescovi e cardinali richiedessero maggiore prudenza. Eppure, per esperienza, Wojtyla avrebbe potuto temere di più le folle che i porporati. La prospettiva si rovescia quando il pontefice si rivolge al mondo esterno. Il destinatario immediato sono le adunate di fedeli presenti all’omelia, il bersaglio è la secolarizzazione della cultura contemporanea, l’indirizzo finale è quello dei potenti della Terra. La parola chiave del discorso di Wojtyla è vita: nel suo testo compare 77 volte, ed è il soggetto di gran parte dei suoi enunciati. La sua riflessione si sviluppa in un momento di crescita economica e di trionfo dei valori mondani, riconducibili al successo professionale, al prestigio sociale, all’edonismo morale. Il linguaggio del papa è lo specchio capovolto della società cui si rivolge: propone un’interpretazione diversa dell’esistenza, quella della coscienza (15 volte), suggerendo che la verità (16 volte) non sia quella che appare nella concretezza dei sensi e del qui-e-ora. Ora l’appello a Dio, convocato 36 volte, acquista il senso pieno che ricopre nel pensiero di Giovanni Paolo II: è anzitutto il pastore (26 volte), poi anche padre (19 volte), che accompagna – nell’immanenza della vita nel mondo – i giovani alla verità.
• Bergoglio: la sofferenza al centro. Nel discorso di Bergoglio invece la Chiesa è confinata a un ruolo minore. Protagonista è la metafora della malattia, in generale l’allegoria del corpo che soffre. Se si sommano le 38 occorrenze dei lemmi Cristo, Chiesa e Dio non si riesce ancora a bilanciare la frequenza del dizionario che allude al malessere fisico. Papa Francesco ama indulgere al linguaggio figurato della vita materiale nella sua dimensione quotidiana, con le immagini della famiglia e dei suoi ruoli, e con quelle dell’esistenza corporale di ogni individuo. La sua retorica punta sull’empatia, e in questo senso è popolare poiché mira alla persuasione attraverso il consenso emotivo. Ognuno ha una casa e un corpo, e la loro intimità affrontata nelle parole del papa diventa lo specchio visibile di ciò che deve essere l’unità della Chiesa con i suoi fedeli. Se fosse un semplice politico, gli analisti non indugerebbero nel chiamarlo populista – o meglio, come spiega lo studioso Loris Zanatta, andrebbe definito peronista. Il mondo su cui si affaccia Bergoglio soffre il fallimento della promessa di prosperità elaborata ai tempi di Giovanni Paolo II: il suo discorso è la rotazione dello specchio puntato contro la società dal suo predecessore. È il papa più politico: la chiave di volta è la richiesta di cambiamento, ribadita 28 volte, sulle esigenze di casa, giustizia, pace, diritti e lavoro (tutte ribadite tra 10 e 11 volte), formulate dai popoli della terra. È anche il papa dell’immanenza: la sua voce si leva contro il potere della finanza, tanto che nel suo dizionario trova ospitalità anche la nozione di economia, che i suoi predecessori trascuravano del tutto.
• Ratzinger La presenza di Dio nel mondo Se Bergoglio parla con parole semplici, comprensibili e capaci di arrivare al cuore e alla mente di tutti i fedeli, Ratzinger sceglie un registro più “alto”, come se si rivolgesse agli esponenti d’una Repubblica delle Lettere. Il focus del suo discorso è l’Europa, con particolare attenzione ai valori che la rendono una comunità non solo economica. La loro portata culturale è universale e si fonda sull’identità cristiana. Data la levatura intellettuale di Benedetto XVI, il dizionario è molto vario (il 44,4% delle parole compare una volta sola, contro il 24% di Wojtyla, e il30% di Bergoglio), con la struttura sintattica più complessa dei tre. Nei discorsi rivolti a popoli specifici, il protagonista dell’orazione per Wojtyla è ancora una volta la Chiesa. Per Bergoglio e per Ratzinger invece il soggetto è Dio, che per Benedetto XVI si manifesta come parola e come cultura, mentre per Francesco si rivela con i tratti domestici del fratello, della madre, del figlio e del sangue. La Chiesa, la cultura, la famiglia e il corpo sono la sequenza attraverso la quale i papi hanno suggerito di cercare la presenza di Dio nel mondo, hanno proposto di sentirla, hanno chiesto obbedienza e solidarietà alle parole del pontefice – promettendo in cambio un’identità interiore e una dignità sociale per ciascuno. La Chiesa e il cambiamento Wojtyla tenta di ruotare il senso del termine vita in una direzione trascendente, che orienti la ragione stessa dell’esistenza individuale e collettiva della comunità verso una giustificazione superiore. In questa direzione deve ritrovarsi anche il valore e il potere della Chiesa come istituzione. Ratzinger rimuove la suggestione della chiamata celeste dal ruolo della comunità cristiana, per riconsegnarlo alla diligenza dello studio e alla pazienza del dialogo. Il significato della vita è la ricerca, il senso dell’essere emerge dal primato delle radici della cultura europea: il logos, l’argomentazione, il libro. Bergoglio è un politico missionario: sa che lo spazio per la vita oltremondana si estende sul margine che la fatica per la sopravvivenza lascia alla dignità dell’esperienza terrena. Conosce la pragmatica linguistica dei gesuiti ed è consapevole di come si fanno cose con le parole, prima che discorsi: alla Chiesa non basta l’unità e il coraggio dei fedeli, né l’e g emonia nella Repubblica delle Lettere europea o nella Città di Dio. Serve il cambiamento radicale, perché tutto resti come prima.
I TESTI ANALIZZATI
Numero di ricorrenze di alcune parole-chiave pronunciate dai tre Pontefici in quindici importanti discorsi. Quello di insediamento.
Discorso alla Curia romana: Wojtyla, 22 dicembre 1986 (spirito di Assisi); Ratzinger, 22 dicembre 2005 (ermeneutica del Concilio); Bergoglio, 22 dicembre 2014 (malattie spirituali della Curia).
Un discorso-denuncia: Wojtyla, Denver, agosto 1993 (minacce alla vita); Ratzinger, marzo 2007 (apostasia dell’Eu - ropa); Bergoglio, Santa Cruz della Sierra, luglio 2015 (questa economia uccide).
Discorso relativo alla propria patria: Wojtyla, Varsavia 2 giugno 1979 (lo spirito rinnovi la faccia di questa terra); Ratzinger, Friburgo 25 settembre 2011; Bergoglio, 12 dicembre 2014 (messa per la Madonna di Guadalupe).
Un discorso fuori Roma: Wojtyla, Havana21 gennaio1998(Cerimonia dibenvenuto); Ratzinger, Parigi 12 settembre 2012; Bergoglio, 8 luglio 2013 omelia a Lampedusa.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
LIBRE news
Dezzani: Bergoglio scelto dal superclan Usa oggi perdente
Scritto il 30/11/16 • nella Categoria: idee Condividi
Ratzinger “deposto” da un complotto gestito dai servizi segreti anglosassoni, con anche la collaborazione di Gianroberto Casaleggio. Obiettivo: insediare in Vaticano l’attuale pontefice “modernista”. Un piano del massimo potere, gestito da personaggi come George Soros e ora messo in pericolo dalla vittoria di Trump. Lo sostiene Federico Dezzani, che evoca “padrini occulti” dietro al pontificato di Bergoglio, di cui profetizza l’imminente fine. Nonostante il flop del Giubileo e «il sostanziale fallimento dell’Anno Santo», Papa Francesco oggi accelera la svolta modernista: crea nuovi cardinali a lui fedeli e concede a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere l’aborto. «Forse Bergoglio ha fretta, perché sa che il contesto internazionale che lo ha portato sul Soglio Petrino si è dissolto con l’elezione di Donald Trump», scrive Dezzani, secondo cui furono «l’amministrazione Obama e George Soros» a introdurre il gesuita argentino, «in forte odore di massoneria», dentro le Mura Leonine. Bergoglio? Sarebbe «la versione petrina di Barack Hussein Obama», in coerenza col “cesaropapismo”, grazie al quale il potere civile estende la propria competenza al campo religioso, così da plasmare la dottrina «secondo le esigenze del potere temporale».Una pratica bizantina, ancora viva nell’Occidente moderno? Senz’altro: «La Chiesa di Roma subisce, dalla notte dei tempi, gli influssi del mondo esterno: re francesi, imperatori tedeschi, generali corsi e dittatori italiani hanno sempre cercato di ritagliarsi una Chiesa su misura». Dopo il 1945, il Vaticano è stato «inglobato come il resto dell’Europa Occidentale nell’impero angloamericano», subendone l’influenza politica, economica e ideologica: «Quanto avviene alla Casa Bianca, presto o tardi, si ripercuote dentro le Mura Leonine». Se poi il potere temporale si sente particolarmente forte e ha fretta di imporre la propria agenda alla Chiesa cattolica, «indebolita da decenni di secolarizzazione della società e in preda ad una profonda crisi d’identità», a quel punto – sostiene Dezzani – spinge più a fondo la “modernizzazione” dello Stato pontificio «cosicché il Papa “si dimetta”, come un amministratore delegato qualsiasi, e gli azionisti di maggioranza possano nominare un nuovo “chief executive officer” della Chiesa cattolica apostolica romana, sensibile ai loro interessi».Ratzinger “licenziato” dalla Casa Bianca? «Durante la folle amministrazione di Barack Hussein Obama, periodo durante cui l’oligarchia euro-atlantica si è manifestata in tutte le sue forme, dal terrorismo islamico all’immigrazione selvaggia, dagli assalti finanziari alle guerre per procura alla Russia – continua Dezzani nel suo blog – abbiamo assistito a tutto: comprese le dimissioni di Benedetto XVI, le prime da oltre 600 anni (l’ultimo pontefice ad abdicare fu Gregorio XII nel 1415), e alla nascita di un ruolo, quello di “pontefix emeritus”, sinora mai attribuito ad un Vicario di Cristo vivente». L’interruzione del pontificato di Joseph Ratzinger, seguita dal conclave del marzo 2013 che elegge l’argentino Jorge Mario Bergoglio, è una vera e propria “rivoluzione”: «Ad un pontefice “conservatore” come Benedetto XVI ne succede uno “progressista” come Francesco, a un difensore dell’ortodossia cattolica succede un modernista che vuole “rinnovare” la dottrina millenaria della Chiesa». Non solo: «Ad un Papa che aveva ribadito l’inconciliabilità tra Chiesa Cattolica e massoneria ne subentra uno che è in fortissimo odore di libera muratoria».E ad un pontefice «sicuro che solo nella Chiesa di Cristo c’è la salvezza» segue «un paladino dell’ecumenismo», talmente ardito da dichiarare ad Eugenio Scalfari nel 2013: «Non esiste un Dio cattolico, esiste Dio». Per Dezzani, il fondatore della “Repubblica”, «ben introdotto negli ambienti “illuminati” nostrani ed internazionali», in effetti «è un’ottima cartina di tornasole per afferrare il mutamento in seno alla Chiesa», strettamente sorvegliato dall’élite di potere. Si passa dall’editoriale “Da Pacelli a Ratzinger, la lunga crisi della Chiesa” del maggio 2012, dove Scalfari ragiona a distanza sul pontificato “lezioso” di Ratzinger, rinfacciandogli una scarsa apertura alla modernità, a Lutero ed all’ecumenismo, al dialogo tête-à-tête del novembre 2016, dove Scalfari discetta amabilmente con Bergoglio di “meticciato universale”, «tema tanto caro alla massoneria», interprete del sincretismo culturale che è alla base della modernità stessa, alla cui creazione proprio il network libero-muratorio contribuì, a partire dal ‘700.Federico Dezzani si concentra su Bergoglio, che considera «la versione petrina di Barack Obama», al punto che «si potrebbe sostenere che sia stato il presidente americano ad installare il gesuita ai vertici della Chiesa»? Sarebbe un’affermazione «soltanto verosimile», precisa, visto che «sono gli stessi ambienti che hanno appoggiato Barack Obama (e che avevano investito tutto su Hillary Clinton nelle ultime elezioni) ad aver preparato il terreno su cui è germogliato il pontificato di Bergoglio». In altre parole, è il milieu «della finanza angloamericana, di George Soros e dell’establishment anglofono liberal». Se si riflette sugli ultimi tre anni di pontificato, continua Dezzani, l’azione del Papa sembra infatti ricalcata sull’amministrazione democratica. Obama si fa il paladino della lotta al surriscaldamento globale, culminata col Trattato di Parigi del dicembre 2015? Bergoglio risponde con l’enciclica ambientalista “Laudato si”. Obama «ed i suoi ascari europei, Merkel e Renzi in testa», incentivano l’immigrazione di massa? Bergoglio «ne fornisce la copertura religiosa, finendo col dedicare la maggior parte del pontificato al tema». Ancora: Obama legalizza i matrimoni omosessuali? «Bergoglio si spende al massimo affinché il Sinodo sulla famiglia del 2014 si spinga in questa direzione».Gli “automatismi” continuano, estendendosi anche al welfare. La Casa Bianca vara una discussa riforma sanitaria che incentiva l’uso di farmaci abortivi? «Bergoglio allarga all’intera platea di sacerdoti, anziché ai soli vescovi, la facoltà di assolvere dall’aborto». Ma è possibile «insediare in Vaticano» un pontefice «in perfetta sintonia con l’amministrazione democratica di Obama» e, sopratutto, «espressione degli interessi retrostanti», che Dezzani definisce «massonici-finanziari»? E’ il tema della ricostruzione di Dezzani, che parte dalla “resa” di Ratzinger. Se si vuole attuare un “regime change”, il primo passo è «sbarazzarsi della vecchia gerarchia». Dinamica classica, «già vista in Italia con Tangentopoli, che spazzò via la vecchia classe dirigente italiana spianando la strada ai governi “europeisti” di Amato e Prodi». In Germania, la Tangentopoli tedesca «decapitò la Cdu e favorì l’emergere della semi-sconosciuta Angela Merkel». A Firenze, lo scandalo urbanistico sull’area Castello «eliminò l’assessore-sceriffo Graziano Cioni e avviò la scalata al potere di Matteo Renzi». O ancora, in Brasile, dove «lo scandalo Petrobas ha causato la caduta di Dilma Rousseff e la nomina a presidente del massone Michel Temer».Stesso schema, sempre: «Accuse di corruzione (fondate o non), illazioni infamanti, minacce, sinistre allusioni, carcerazioni preventive, battage della stampa, false testimonianze, omicidi: qualsiasi mezzo è impiegato per “scalzare” i vecchi vertici indesiderati». In Vaticano, nel mirino finirono «Ratzinger e il suo seguito di cardinali conservatori, da defenestrare a qualsiasi costo per l’avvento di un pontefice modernista». Ed ecco, puntale, lo scandalo “Vatileaks”, cioè lo smottamento – lungamente incubato – che ha condotto al ritiro di Ratzinger. L’analisi di Dezzani parte dagli Usa. Aprile 2009: Obama è insediato alla Casa Bianca da appena tre mesi «e con lui quell’oligarchia liberal decisa a sbarazzarsi di Benedetto XVI». In Italia esce “Vaticano SpA”, il libro di Gianluigi Nuzzi che “grazie all’accesso, quasi casuale, a un archivio sterminato di documenti ufficiali, spiega per la prima volta il ruolo dello Ior nella Prima e nella Seconda Repubblica”. Ovvero: «Mafia, massoneria, Vaticano e parti deviate dello Stato sono il mix di questo bestseller che apre la campagna di fango e intimidazione contro Ratzinger».L’autore, secondo Dezzani, «è uno dei pochi giornalisti italiani ad essere in stretti rapporti con il solitamente schivo Gianroberto Casaleggio: Nuzzi ottiene nel 2013 dal guru del M5S una lunga intervista e, tre anni dopo, partecipa alle sue esequie a Milano». Nuzzi è una prestigiosa “penna” del “Giornale”, di “Libero” e del “Corriere della Sera”: è lecito supporre che «confezioni “Vaticano SpA” e il successivo bestseller “Vatileaks”, avvalendosi delle fonti passategli dagli stessi ambienti che si nascondo dietro Gianroberto Casaleggio ed il M5S»? Ipotetici, veri manovratori: «I servizi atlantici e, in particolare, quelli britannici che storicamente vivono in simbiosi con la massoneria». Il biennio 2010-2011 vede Ratzinger «assalito da ogni lato dalle inchieste sulla pedofilia, il tallone d’Achille della Chiesa cattolica su cui l’oligarchia atlantica può colpire con facilità», infliggendo ingenti danni. “Scandalo pedofilia, il 2010 è stato l’annus horribilis della Chiesa cattolica” scrive nel gennaio 2011 il “Fatto Quotidiano”.È lo stesso periodo in cui l’argentino Luis Moreno Ocampo, primo procuratore capo della Corte Penale Internazionale ed ex-consulente della Banca Mondiale, valuta se accusare il pontefice Ratzinger di crimini contro l’umanità, imputandogli i “delitti commessi contro milioni di bambini nelle mani di preti e suore ed orchestrati dal Papa”. Poi arriva il 2012, ancora con gli americani in prima linea. Lo rivela Wikileaks, svelando l’esistenza di un documento «indispensabile per capire le trame che portano alla caduta di Ratzinger». È il febbraio 2012 quando John Podesta, futuro capo della campagna di Hillary, scrive a Sandy Newman un’email intitolata: “Opening for a Catholic Spring? just musing…” ossia: “Preparare una Primavera cattolica? Qualche riflessione…”. Già allora, Podesta era «un papavero dell’establishment liberal», capo di gabinetto della Casa Bianca ai tempi di Bill Clinton, nonché fondatore del think-tank “Center for American Progress”, «di cui uno dei principali donatori è lo speculatore George Soros». E Sandy Newman? Creatore di potenti think-tanks progressisti (“Voices for Progress”, “Project Vote!”, “Fight Crime: Invest in Kids”) in cui si fece le ossa, fresco di dottorato, il giovane Obama.Scrive Newman: «Ci deve essere una Primavera cattolica, in cui i cattolici stessi chiedano la fine di una “dittatura dell’età media” e l’inizio di un po’ di democrazia e di rispetto per la parità di genere». E Podesta: «Abbiamo creato “Cattolici in Alleanza per il Bene Comune” per organizzare per un momento come questo, ma non ha ancora la leadership per farlo. Come la maggior parte dei movimenti di “primavera”, penso che questo dovrà avvenire dal basso verso l’alto». Lo scambio di email hacketrato ora da Wikileaks, aggiunge Dezzani, si inserisce perfettamente nel contesto degli ambienti anglosassoni liberal, «gli stessi dove si discute da anni della necessità di un Concilio Vaticano III che apra a omosessuali, aborto e contraccezione». Il mondo ha bisogno di un nuovo Concilio Vaticano, scrive nel 2010 un membro del “Center for American Progress”, che parla apertamente di una “primavera cattolica” «che ponga fine alla dittatura medioevale della Chiesa, sulla falsariga della “primavera araba” che ha appena sconquassato il Medio Oriente».Di lì a poche settimane, continua Dezzani, «parte infatti la manovra a tenaglia che nell’arco di una decina di mesi porterà alla clamorose dimissioni di Benedetto XVI: è il cosiddetto “Vatileaks”, una furiosa campagna mediatica che attaccando su più fronti (Ior, abusi sessuali, lotte di palazzo, la controversa gestione della Segreteria di Stato da parte del cardinale Bertone) infligge il colpo di grazia al già traballante pontificato del conservatore Ratzinger, dipinto come “troppo debole per guidare la Chiesa”». L’intero scandalo, insiste Dezzani, poggia sulla fuga di notizie, «un’attività che dalla notte dei tempi è svolta dai servizi segreti». Notizie «trafugate» sono quelle che consentono a Nuzzi di confezionare il secondo bestseller, il libro-terremoto che esce nel maggio 2012: “Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI”, poi tradotto in inglese dalla Casaleggio Associati con l’emblematico titolo “Ratzinger was afraid: The secret documents, the money and the scandals that overwhelmed the pope”.Chi è la fonte di Nuzzi, il cosiddetto “corvo”? «Come nel più banale dei racconti gialli, è il maggiordomo, quel Paolo Gabriele che funge da capro espiatorio per una macchinazione ben più complessa», sostiene Dezzani. Notizie “trafugate” sarebbero anche quelle che compaiono sul “Fatto Quotidiano”, utili a dimostrare che lo Ior, gestito da Ettore Gotti Tedeschi, per il giornale di Travaglio «non ha alcuna intenzione di attuare gli impegni assunti in sede europea per aderire agli standard del Comitato per la valutazione di misure contro il riciclaggio di capitali», né di «permettere alle autorità antiriciclaggio vaticane e italiane di guardare cosa è accaduto nei conti dello Ior prima dell’aprile 2011». Gotti Tedeschi, ricorda Dezzani, verrà brutalmente licenziato dallo Ior il 25 maggio, lo stesso giorno dell’arresto del maggiordomo Gabriele, «così da alimentare il sospetto che i “corvi” siano ovunque, anche ai vertici dello Ior, Gotti Tedeschi compreso».Notizie “trafugate”, infine, sarebbero anche gli stralci pubblicati da Concita De Gregorio su “La Repubblica” e da Ignazio Ingrao su “Panorama” nel febbraio 2013, «estrapolati da un presunto dossier segreto e concernenti una fantomatica “lobby omosessuale in Vaticano”: sarebbe la gravità di questo documento, secondo le ricostruzione della stampa, ad aver convinto Ratzinger alle dimissioni». Si arriva così all’11 febbraio 2013: durante un concistoro per la canonizzazione di alcuni santi, Benedetto XVI, visibilmente affaticato, comunica in latino la clamorosa rinuncia al Soglio Pontificio. «Fu costretto alle dimissioni sotto ricatto? Era effettivamente spaventato?». Ratzinger smentisce nel modo più netto. Di recente ha ribadito che «non si è trattato di una ritirata sotto la pressione degli eventi o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte». E ha aggiunto: «Nessuno ha cercato di ricattarmi».L’11 febbraio 2013, Ratzinger aveva affermato di «non essere più sicuro delle sue forze nell’esercizio del ministero petrino». Lo si può capire: era «fiaccato da tre anni di attacchi mediatici, piegato dallo scandalo “Vatileaks”». Così, l’anziano teologo – 86 anni – ha scelto le dimissioni. Tutto calcolato? «Le disgrazie del “conservatore” Ratzinger ed il massiccio cannoneggiamento che ha indebolito i settori della Chiesa a lui fedeli, spianano così la strada ad un Papa modernista, che attui quella “Primavera cattolica” tanto agognata dall’establishment angloamericano», scrive Dezzani. «Il Conclave del marzo 2013 (durante cui, secondo il giornalista Antonio Socci, si verificano gravi irregolarità che avrebbero potuto e dovuto invalidarne l’esito), sceglie così come vescovo di Roma l’argentino Jorge Mario Bergoglio: primo gesuita a varcare il soglio pontificio, dai trascorsi un po’ ambigui ai tempi della dittatura argentina». Duro il giudizio di Dezzani: «La ricattabilità è un tratto saliente dei burattini atlantici, da Angela Merkel a Matteo Renzi». Inoltre, il nuovo vescovo di Roma «è salutato con gioia dalla massoneria argentina, da quella italiana e dalla potente loggia ebraica del B’nai B’rith, che presenzia al suo insediamento».Lo stesso Bergoglio è un libero muratore? «Più di un elemento di carattere dottrinario, dal diniego che “Dio sia cattolico” all’ossessivo accento sull’ecumenismo, fanno supporre di sì», sostiene Dezzani. «Ma è soprattutto l’amministrazione democratica di Barack Obama e quella cricca di banchieri liberal ed anglofoni che la sostengono, a rallegrarsi per il nuovo papa». Bergoglio è il pontefice che «attua nel limite del possibile quella “Primavera Cattolica” tanto agognata (matrimoni omosessuali, aborto e contraccezione)». E’ il Papa che «sposa la causa ambientalista», che «fornisce una base ideologica all’immigrazione indiscriminata», che «sdogana Lutero e la riforma protestante». Ancora: è il pontefice che «sostanzialmente tace sulla pulizia etnica in Medio Oriente ai danni dei cristiani per mano di quell’Isis, dietro cui si nascondono quegli stessi poteri (Usa, Gb e Israele) che lo hanno introdotto dentro le Mura Leonine». È anche il primo Papa ad avere l’onore di parlare al Congresso degli Stati Uniti durante la visita del settembre 2015, prodigandosi per «sedare i malumori nel mondo cattolico americano contro la riforma sanitaria Obamacare».L’ultimo clamoroso intervento di Bergoglio a favore dell’establishment atlantico, continua Dezzani, risale al febbraio 2016, quando il pontefice etichettò come “non cristiana” la politica anti-immigrazione di Donald Trump. Un «incauto intervento», che per Dezzani rivela «il desiderio di sdebitarsi con quel mondo cui il pontefice argentino deve tutto», ma c’era anche «la volontà di mettere al riparo la sua opera di “modernizzazione” della Chiesa». La vittoria di Hillary Clinton, cioè della candidata di George Soros e dell’oligarchia euro-atlantica, «era infatti la conditio sine qua non perché la “Primavera Cattolica” di Bergoglio potesse continuare». Al contrario, «la sua sconfitta ha smantellato quel contesto geopolitico su cui Bergoglio ha edificato la traballante riforma progressista della Chiesa», sostiene sempre Dezzani. «Come François Hollande, come Angela Merkel e come Matteo Renzi, Jorge Mario Bergoglio, benché vescovo di Roma, oggi non è altro che il residuato di un’epoca archiviata». Dezzani lo considera «un figurante senza più copione, fermo sul palco, ammutolito ed estraniato, in attesa che cali il sipario».«Ultimo sussulto», da parte di Bergoglio, per «blindare la sua opera», il conferimento a tutti i sacerdoti della facoltà di assolvere dal peccato dell’aborto. A ciò si aggiunge «una terza infornata di cardinali (più di un terzo del collegio cardinalizio è ora formato da prelati a lui fedeli), così da imprimere un connotato “liberal” anche al futuro della Chiesa di Roma». Ma, per Dezzani, «è ormai troppo tardi», perché «la ribellione dentro la Chiesa alla sua “Primavera Cattolica” è iniziata». Quattro cardinali hanno di recente sollevato gravi contestazioni al documento “Amoris Laetitiae”, con cui Bergoglio ha chiuso i lavori del Sinodo sulla Famiglia, «contestazioni cui il pontefice non ha ancora risposto». E soprattutto: «Alla Casa Bianca non c’è più nessuno a proteggerlo. Anzi, c’è un presidente in pectore che, forte del voto della maggioranza dei cattolici americani, ne gradirebbe forse le dimissioni sulla falsariga di Benedetto XVI». Un’analisi buia, estrema e sconcertante. In premessa, Dezzani la definisce “verosimile”. Poi però la sottoscrive senza più incertezze: per Bergoglio, dice, «la fine si avvicina».
Dezzani: Bergoglio scelto dal superclan Usa oggi perdente
Scritto il 30/11/16 • nella Categoria: idee Condividi
Ratzinger “deposto” da un complotto gestito dai servizi segreti anglosassoni, con anche la collaborazione di Gianroberto Casaleggio. Obiettivo: insediare in Vaticano l’attuale pontefice “modernista”. Un piano del massimo potere, gestito da personaggi come George Soros e ora messo in pericolo dalla vittoria di Trump. Lo sostiene Federico Dezzani, che evoca “padrini occulti” dietro al pontificato di Bergoglio, di cui profetizza l’imminente fine. Nonostante il flop del Giubileo e «il sostanziale fallimento dell’Anno Santo», Papa Francesco oggi accelera la svolta modernista: crea nuovi cardinali a lui fedeli e concede a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere l’aborto. «Forse Bergoglio ha fretta, perché sa che il contesto internazionale che lo ha portato sul Soglio Petrino si è dissolto con l’elezione di Donald Trump», scrive Dezzani, secondo cui furono «l’amministrazione Obama e George Soros» a introdurre il gesuita argentino, «in forte odore di massoneria», dentro le Mura Leonine. Bergoglio? Sarebbe «la versione petrina di Barack Hussein Obama», in coerenza col “cesaropapismo”, grazie al quale il potere civile estende la propria competenza al campo religioso, così da plasmare la dottrina «secondo le esigenze del potere temporale».Una pratica bizantina, ancora viva nell’Occidente moderno? Senz’altro: «La Chiesa di Roma subisce, dalla notte dei tempi, gli influssi del mondo esterno: re francesi, imperatori tedeschi, generali corsi e dittatori italiani hanno sempre cercato di ritagliarsi una Chiesa su misura». Dopo il 1945, il Vaticano è stato «inglobato come il resto dell’Europa Occidentale nell’impero angloamericano», subendone l’influenza politica, economica e ideologica: «Quanto avviene alla Casa Bianca, presto o tardi, si ripercuote dentro le Mura Leonine». Se poi il potere temporale si sente particolarmente forte e ha fretta di imporre la propria agenda alla Chiesa cattolica, «indebolita da decenni di secolarizzazione della società e in preda ad una profonda crisi d’identità», a quel punto – sostiene Dezzani – spinge più a fondo la “modernizzazione” dello Stato pontificio «cosicché il Papa “si dimetta”, come un amministratore delegato qualsiasi, e gli azionisti di maggioranza possano nominare un nuovo “chief executive officer” della Chiesa cattolica apostolica romana, sensibile ai loro interessi».Ratzinger “licenziato” dalla Casa Bianca? «Durante la folle amministrazione di Barack Hussein Obama, periodo durante cui l’oligarchia euro-atlantica si è manifestata in tutte le sue forme, dal terrorismo islamico all’immigrazione selvaggia, dagli assalti finanziari alle guerre per procura alla Russia – continua Dezzani nel suo blog – abbiamo assistito a tutto: comprese le dimissioni di Benedetto XVI, le prime da oltre 600 anni (l’ultimo pontefice ad abdicare fu Gregorio XII nel 1415), e alla nascita di un ruolo, quello di “pontefix emeritus”, sinora mai attribuito ad un Vicario di Cristo vivente». L’interruzione del pontificato di Joseph Ratzinger, seguita dal conclave del marzo 2013 che elegge l’argentino Jorge Mario Bergoglio, è una vera e propria “rivoluzione”: «Ad un pontefice “conservatore” come Benedetto XVI ne succede uno “progressista” come Francesco, a un difensore dell’ortodossia cattolica succede un modernista che vuole “rinnovare” la dottrina millenaria della Chiesa». Non solo: «Ad un Papa che aveva ribadito l’inconciliabilità tra Chiesa Cattolica e massoneria ne subentra uno che è in fortissimo odore di libera muratoria».E ad un pontefice «sicuro che solo nella Chiesa di Cristo c’è la salvezza» segue «un paladino dell’ecumenismo», talmente ardito da dichiarare ad Eugenio Scalfari nel 2013: «Non esiste un Dio cattolico, esiste Dio». Per Dezzani, il fondatore della “Repubblica”, «ben introdotto negli ambienti “illuminati” nostrani ed internazionali», in effetti «è un’ottima cartina di tornasole per afferrare il mutamento in seno alla Chiesa», strettamente sorvegliato dall’élite di potere. Si passa dall’editoriale “Da Pacelli a Ratzinger, la lunga crisi della Chiesa” del maggio 2012, dove Scalfari ragiona a distanza sul pontificato “lezioso” di Ratzinger, rinfacciandogli una scarsa apertura alla modernità, a Lutero ed all’ecumenismo, al dialogo tête-à-tête del novembre 2016, dove Scalfari discetta amabilmente con Bergoglio di “meticciato universale”, «tema tanto caro alla massoneria», interprete del sincretismo culturale che è alla base della modernità stessa, alla cui creazione proprio il network libero-muratorio contribuì, a partire dal ‘700.Federico Dezzani si concentra su Bergoglio, che considera «la versione petrina di Barack Obama», al punto che «si potrebbe sostenere che sia stato il presidente americano ad installare il gesuita ai vertici della Chiesa»? Sarebbe un’affermazione «soltanto verosimile», precisa, visto che «sono gli stessi ambienti che hanno appoggiato Barack Obama (e che avevano investito tutto su Hillary Clinton nelle ultime elezioni) ad aver preparato il terreno su cui è germogliato il pontificato di Bergoglio». In altre parole, è il milieu «della finanza angloamericana, di George Soros e dell’establishment anglofono liberal». Se si riflette sugli ultimi tre anni di pontificato, continua Dezzani, l’azione del Papa sembra infatti ricalcata sull’amministrazione democratica. Obama si fa il paladino della lotta al surriscaldamento globale, culminata col Trattato di Parigi del dicembre 2015? Bergoglio risponde con l’enciclica ambientalista “Laudato si”. Obama «ed i suoi ascari europei, Merkel e Renzi in testa», incentivano l’immigrazione di massa? Bergoglio «ne fornisce la copertura religiosa, finendo col dedicare la maggior parte del pontificato al tema». Ancora: Obama legalizza i matrimoni omosessuali? «Bergoglio si spende al massimo affinché il Sinodo sulla famiglia del 2014 si spinga in questa direzione».Gli “automatismi” continuano, estendendosi anche al welfare. La Casa Bianca vara una discussa riforma sanitaria che incentiva l’uso di farmaci abortivi? «Bergoglio allarga all’intera platea di sacerdoti, anziché ai soli vescovi, la facoltà di assolvere dall’aborto». Ma è possibile «insediare in Vaticano» un pontefice «in perfetta sintonia con l’amministrazione democratica di Obama» e, sopratutto, «espressione degli interessi retrostanti», che Dezzani definisce «massonici-finanziari»? E’ il tema della ricostruzione di Dezzani, che parte dalla “resa” di Ratzinger. Se si vuole attuare un “regime change”, il primo passo è «sbarazzarsi della vecchia gerarchia». Dinamica classica, «già vista in Italia con Tangentopoli, che spazzò via la vecchia classe dirigente italiana spianando la strada ai governi “europeisti” di Amato e Prodi». In Germania, la Tangentopoli tedesca «decapitò la Cdu e favorì l’emergere della semi-sconosciuta Angela Merkel». A Firenze, lo scandalo urbanistico sull’area Castello «eliminò l’assessore-sceriffo Graziano Cioni e avviò la scalata al potere di Matteo Renzi». O ancora, in Brasile, dove «lo scandalo Petrobas ha causato la caduta di Dilma Rousseff e la nomina a presidente del massone Michel Temer».Stesso schema, sempre: «Accuse di corruzione (fondate o non), illazioni infamanti, minacce, sinistre allusioni, carcerazioni preventive, battage della stampa, false testimonianze, omicidi: qualsiasi mezzo è impiegato per “scalzare” i vecchi vertici indesiderati». In Vaticano, nel mirino finirono «Ratzinger e il suo seguito di cardinali conservatori, da defenestrare a qualsiasi costo per l’avvento di un pontefice modernista». Ed ecco, puntale, lo scandalo “Vatileaks”, cioè lo smottamento – lungamente incubato – che ha condotto al ritiro di Ratzinger. L’analisi di Dezzani parte dagli Usa. Aprile 2009: Obama è insediato alla Casa Bianca da appena tre mesi «e con lui quell’oligarchia liberal decisa a sbarazzarsi di Benedetto XVI». In Italia esce “Vaticano SpA”, il libro di Gianluigi Nuzzi che “grazie all’accesso, quasi casuale, a un archivio sterminato di documenti ufficiali, spiega per la prima volta il ruolo dello Ior nella Prima e nella Seconda Repubblica”. Ovvero: «Mafia, massoneria, Vaticano e parti deviate dello Stato sono il mix di questo bestseller che apre la campagna di fango e intimidazione contro Ratzinger».L’autore, secondo Dezzani, «è uno dei pochi giornalisti italiani ad essere in stretti rapporti con il solitamente schivo Gianroberto Casaleggio: Nuzzi ottiene nel 2013 dal guru del M5S una lunga intervista e, tre anni dopo, partecipa alle sue esequie a Milano». Nuzzi è una prestigiosa “penna” del “Giornale”, di “Libero” e del “Corriere della Sera”: è lecito supporre che «confezioni “Vaticano SpA” e il successivo bestseller “Vatileaks”, avvalendosi delle fonti passategli dagli stessi ambienti che si nascondo dietro Gianroberto Casaleggio ed il M5S»? Ipotetici, veri manovratori: «I servizi atlantici e, in particolare, quelli britannici che storicamente vivono in simbiosi con la massoneria». Il biennio 2010-2011 vede Ratzinger «assalito da ogni lato dalle inchieste sulla pedofilia, il tallone d’Achille della Chiesa cattolica su cui l’oligarchia atlantica può colpire con facilità», infliggendo ingenti danni. “Scandalo pedofilia, il 2010 è stato l’annus horribilis della Chiesa cattolica” scrive nel gennaio 2011 il “Fatto Quotidiano”.È lo stesso periodo in cui l’argentino Luis Moreno Ocampo, primo procuratore capo della Corte Penale Internazionale ed ex-consulente della Banca Mondiale, valuta se accusare il pontefice Ratzinger di crimini contro l’umanità, imputandogli i “delitti commessi contro milioni di bambini nelle mani di preti e suore ed orchestrati dal Papa”. Poi arriva il 2012, ancora con gli americani in prima linea. Lo rivela Wikileaks, svelando l’esistenza di un documento «indispensabile per capire le trame che portano alla caduta di Ratzinger». È il febbraio 2012 quando John Podesta, futuro capo della campagna di Hillary, scrive a Sandy Newman un’email intitolata: “Opening for a Catholic Spring? just musing…” ossia: “Preparare una Primavera cattolica? Qualche riflessione…”. Già allora, Podesta era «un papavero dell’establishment liberal», capo di gabinetto della Casa Bianca ai tempi di Bill Clinton, nonché fondatore del think-tank “Center for American Progress”, «di cui uno dei principali donatori è lo speculatore George Soros». E Sandy Newman? Creatore di potenti think-tanks progressisti (“Voices for Progress”, “Project Vote!”, “Fight Crime: Invest in Kids”) in cui si fece le ossa, fresco di dottorato, il giovane Obama.Scrive Newman: «Ci deve essere una Primavera cattolica, in cui i cattolici stessi chiedano la fine di una “dittatura dell’età media” e l’inizio di un po’ di democrazia e di rispetto per la parità di genere». E Podesta: «Abbiamo creato “Cattolici in Alleanza per il Bene Comune” per organizzare per un momento come questo, ma non ha ancora la leadership per farlo. Come la maggior parte dei movimenti di “primavera”, penso che questo dovrà avvenire dal basso verso l’alto». Lo scambio di email hacketrato ora da Wikileaks, aggiunge Dezzani, si inserisce perfettamente nel contesto degli ambienti anglosassoni liberal, «gli stessi dove si discute da anni della necessità di un Concilio Vaticano III che apra a omosessuali, aborto e contraccezione». Il mondo ha bisogno di un nuovo Concilio Vaticano, scrive nel 2010 un membro del “Center for American Progress”, che parla apertamente di una “primavera cattolica” «che ponga fine alla dittatura medioevale della Chiesa, sulla falsariga della “primavera araba” che ha appena sconquassato il Medio Oriente».Di lì a poche settimane, continua Dezzani, «parte infatti la manovra a tenaglia che nell’arco di una decina di mesi porterà alla clamorose dimissioni di Benedetto XVI: è il cosiddetto “Vatileaks”, una furiosa campagna mediatica che attaccando su più fronti (Ior, abusi sessuali, lotte di palazzo, la controversa gestione della Segreteria di Stato da parte del cardinale Bertone) infligge il colpo di grazia al già traballante pontificato del conservatore Ratzinger, dipinto come “troppo debole per guidare la Chiesa”». L’intero scandalo, insiste Dezzani, poggia sulla fuga di notizie, «un’attività che dalla notte dei tempi è svolta dai servizi segreti». Notizie «trafugate» sono quelle che consentono a Nuzzi di confezionare il secondo bestseller, il libro-terremoto che esce nel maggio 2012: “Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI”, poi tradotto in inglese dalla Casaleggio Associati con l’emblematico titolo “Ratzinger was afraid: The secret documents, the money and the scandals that overwhelmed the pope”.Chi è la fonte di Nuzzi, il cosiddetto “corvo”? «Come nel più banale dei racconti gialli, è il maggiordomo, quel Paolo Gabriele che funge da capro espiatorio per una macchinazione ben più complessa», sostiene Dezzani. Notizie “trafugate” sarebbero anche quelle che compaiono sul “Fatto Quotidiano”, utili a dimostrare che lo Ior, gestito da Ettore Gotti Tedeschi, per il giornale di Travaglio «non ha alcuna intenzione di attuare gli impegni assunti in sede europea per aderire agli standard del Comitato per la valutazione di misure contro il riciclaggio di capitali», né di «permettere alle autorità antiriciclaggio vaticane e italiane di guardare cosa è accaduto nei conti dello Ior prima dell’aprile 2011». Gotti Tedeschi, ricorda Dezzani, verrà brutalmente licenziato dallo Ior il 25 maggio, lo stesso giorno dell’arresto del maggiordomo Gabriele, «così da alimentare il sospetto che i “corvi” siano ovunque, anche ai vertici dello Ior, Gotti Tedeschi compreso».Notizie “trafugate”, infine, sarebbero anche gli stralci pubblicati da Concita De Gregorio su “La Repubblica” e da Ignazio Ingrao su “Panorama” nel febbraio 2013, «estrapolati da un presunto dossier segreto e concernenti una fantomatica “lobby omosessuale in Vaticano”: sarebbe la gravità di questo documento, secondo le ricostruzione della stampa, ad aver convinto Ratzinger alle dimissioni». Si arriva così all’11 febbraio 2013: durante un concistoro per la canonizzazione di alcuni santi, Benedetto XVI, visibilmente affaticato, comunica in latino la clamorosa rinuncia al Soglio Pontificio. «Fu costretto alle dimissioni sotto ricatto? Era effettivamente spaventato?». Ratzinger smentisce nel modo più netto. Di recente ha ribadito che «non si è trattato di una ritirata sotto la pressione degli eventi o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte». E ha aggiunto: «Nessuno ha cercato di ricattarmi».L’11 febbraio 2013, Ratzinger aveva affermato di «non essere più sicuro delle sue forze nell’esercizio del ministero petrino». Lo si può capire: era «fiaccato da tre anni di attacchi mediatici, piegato dallo scandalo “Vatileaks”». Così, l’anziano teologo – 86 anni – ha scelto le dimissioni. Tutto calcolato? «Le disgrazie del “conservatore” Ratzinger ed il massiccio cannoneggiamento che ha indebolito i settori della Chiesa a lui fedeli, spianano così la strada ad un Papa modernista, che attui quella “Primavera cattolica” tanto agognata dall’establishment angloamericano», scrive Dezzani. «Il Conclave del marzo 2013 (durante cui, secondo il giornalista Antonio Socci, si verificano gravi irregolarità che avrebbero potuto e dovuto invalidarne l’esito), sceglie così come vescovo di Roma l’argentino Jorge Mario Bergoglio: primo gesuita a varcare il soglio pontificio, dai trascorsi un po’ ambigui ai tempi della dittatura argentina». Duro il giudizio di Dezzani: «La ricattabilità è un tratto saliente dei burattini atlantici, da Angela Merkel a Matteo Renzi». Inoltre, il nuovo vescovo di Roma «è salutato con gioia dalla massoneria argentina, da quella italiana e dalla potente loggia ebraica del B’nai B’rith, che presenzia al suo insediamento».Lo stesso Bergoglio è un libero muratore? «Più di un elemento di carattere dottrinario, dal diniego che “Dio sia cattolico” all’ossessivo accento sull’ecumenismo, fanno supporre di sì», sostiene Dezzani. «Ma è soprattutto l’amministrazione democratica di Barack Obama e quella cricca di banchieri liberal ed anglofoni che la sostengono, a rallegrarsi per il nuovo papa». Bergoglio è il pontefice che «attua nel limite del possibile quella “Primavera Cattolica” tanto agognata (matrimoni omosessuali, aborto e contraccezione)». E’ il Papa che «sposa la causa ambientalista», che «fornisce una base ideologica all’immigrazione indiscriminata», che «sdogana Lutero e la riforma protestante». Ancora: è il pontefice che «sostanzialmente tace sulla pulizia etnica in Medio Oriente ai danni dei cristiani per mano di quell’Isis, dietro cui si nascondono quegli stessi poteri (Usa, Gb e Israele) che lo hanno introdotto dentro le Mura Leonine». È anche il primo Papa ad avere l’onore di parlare al Congresso degli Stati Uniti durante la visita del settembre 2015, prodigandosi per «sedare i malumori nel mondo cattolico americano contro la riforma sanitaria Obamacare».L’ultimo clamoroso intervento di Bergoglio a favore dell’establishment atlantico, continua Dezzani, risale al febbraio 2016, quando il pontefice etichettò come “non cristiana” la politica anti-immigrazione di Donald Trump. Un «incauto intervento», che per Dezzani rivela «il desiderio di sdebitarsi con quel mondo cui il pontefice argentino deve tutto», ma c’era anche «la volontà di mettere al riparo la sua opera di “modernizzazione” della Chiesa». La vittoria di Hillary Clinton, cioè della candidata di George Soros e dell’oligarchia euro-atlantica, «era infatti la conditio sine qua non perché la “Primavera Cattolica” di Bergoglio potesse continuare». Al contrario, «la sua sconfitta ha smantellato quel contesto geopolitico su cui Bergoglio ha edificato la traballante riforma progressista della Chiesa», sostiene sempre Dezzani. «Come François Hollande, come Angela Merkel e come Matteo Renzi, Jorge Mario Bergoglio, benché vescovo di Roma, oggi non è altro che il residuato di un’epoca archiviata». Dezzani lo considera «un figurante senza più copione, fermo sul palco, ammutolito ed estraniato, in attesa che cali il sipario».«Ultimo sussulto», da parte di Bergoglio, per «blindare la sua opera», il conferimento a tutti i sacerdoti della facoltà di assolvere dal peccato dell’aborto. A ciò si aggiunge «una terza infornata di cardinali (più di un terzo del collegio cardinalizio è ora formato da prelati a lui fedeli), così da imprimere un connotato “liberal” anche al futuro della Chiesa di Roma». Ma, per Dezzani, «è ormai troppo tardi», perché «la ribellione dentro la Chiesa alla sua “Primavera Cattolica” è iniziata». Quattro cardinali hanno di recente sollevato gravi contestazioni al documento “Amoris Laetitiae”, con cui Bergoglio ha chiuso i lavori del Sinodo sulla Famiglia, «contestazioni cui il pontefice non ha ancora risposto». E soprattutto: «Alla Casa Bianca non c’è più nessuno a proteggerlo. Anzi, c’è un presidente in pectore che, forte del voto della maggioranza dei cattolici americani, ne gradirebbe forse le dimissioni sulla falsariga di Benedetto XVI». Un’analisi buia, estrema e sconcertante. In premessa, Dezzani la definisce “verosimile”. Poi però la sottoscrive senza più incertezze: per Bergoglio, dice, «la fine si avvicina».
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Se uno deve stare a credere a tutte le teorie...
Poi chi l'ha detto che i capitalisti siano moralisti e chiusi sui diritti civili? Sono cose che esulano dalla destra (almeno non quella clericale) e la sinistra (che non è il partito radicale e non può essere per un individualismo senza regole).
Poi chi l'ha detto che i capitalisti siano moralisti e chiusi sui diritti civili? Sono cose che esulano dalla destra (almeno non quella clericale) e la sinistra (che non è il partito radicale e non può essere per un individualismo senza regole).
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
VOTA NO…………………VOTA NO…………………VOTA NO
Come ha scritto don Ciotti, chi ha voluto questa “nuova” Costituzione vede «la democrazia come un ostacolo», e il bene comune come «una faccenda in cui il popolo non deve immischiarsi».
Come ha scritto don Ciotti, chi ha voluto questa “nuova” Costituzione vede «la democrazia come un ostacolo», e il bene comune come «una faccenda in cui il popolo non deve immischiarsi».
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
NON SENTITE ANCHE VOI UN RUMORE CHE VIENE DAI PIANI ALTI?????????
ANZI, ALTISSIMI, PER LA PRECISIONE.
E’ IL PADRE ETERNO CHE CAMMINA CONTINUAMENTE IN SU E IN GIU’ PER I PIANI ALTISSIMI.
E’ DI UMORE NERO.
NON RIESCE A CAPACITARSI DOVE CONTINUA A SBAGLIARE NELLA CREAZIONE DELL’UOMO.
22 dic 2016 18:29
GUERRA TOTALE IN VATICANO
- IL CARDINALE BURKE ACCUSA IL PAPA DI ''ERRORI DOTTRINALI'', E GLI INTIMA DI CHIARIRE ENTRO PASQUA LA SUA 'AMORIS LAETITIA'. È LA PRIMA VOLTA DAL 14° SECOLO
- NON SOLO: SEMPRE IL FALCO BURKE HA CACCIATO IL CANCELLIERE DEI CAVALIERI DI MALTA, E ORA BERGOGLIO SI VENDICA APRENDO UN GRUPPO DI INDAGINE SU QUESTA MOSSA
ANZI, ALTISSIMI, PER LA PRECISIONE.
E’ IL PADRE ETERNO CHE CAMMINA CONTINUAMENTE IN SU E IN GIU’ PER I PIANI ALTISSIMI.
E’ DI UMORE NERO.
NON RIESCE A CAPACITARSI DOVE CONTINUA A SBAGLIARE NELLA CREAZIONE DELL’UOMO.
22 dic 2016 18:29
GUERRA TOTALE IN VATICANO
- IL CARDINALE BURKE ACCUSA IL PAPA DI ''ERRORI DOTTRINALI'', E GLI INTIMA DI CHIARIRE ENTRO PASQUA LA SUA 'AMORIS LAETITIA'. È LA PRIMA VOLTA DAL 14° SECOLO
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
UncleTom ha scritto:NON SENTITE ANCHE VOI UN RUMORE CHE VIENE DAI PIANI ALTI?????????
ANZI, ALTISSIMI, PER LA PRECISIONE.
E’ IL PADRE ETERNO CHE CAMMINA CONTINUAMENTE IN SU E IN GIU’ PER I PIANI ALTISSIMI.
E’ DI UMORE NERO.
NON RIESCE A CAPACITARSI DOVE CONTINUA A SBAGLIARE NELLA CREAZIONE DELL’UOMO.
22 dic 2016 18:29
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- IL CARDINALE BURKE ACCUSA IL PAPA DI ''ERRORI DOTTRINALI'', E GLI INTIMA DI CHIARIRE ENTRO PASQUA LA SUA 'AMORIS LAETITIA'. È LA PRIMA VOLTA DAL 14° SECOLO
- NON SOLO: SEMPRE IL FALCO BURKE HA CACCIATO IL CANCELLIERE DEI CAVALIERI DI MALTA, E ORA BERGOGLIO SI VENDICA APRENDO UN GRUPPO DI INDAGINE SU QUESTA MOSSA
1. ULTIMATUM DEL CARDINALE BURKE A PAPA BERGOGLIO, CHIARISCA ENTRO EPIFANIA «ERRORI DOTTRINALI»
Franca Giansoldati per www.ilmessaggero.it
I quattro cardinali dei “dubia” alzano ulteriormente il tiro contro Papa Francesco. A fare da testa d’ariete è, ancora una volta, il cardinale americano Raimond Burke, uno dei quattro firmatari della richiesta di chiarimenti dottrinali sul documento papale Amoris Laetitia, inoltrata a Bergoglio a settembre.
Una vicenda scivolosa, apparentemente secondaria, che però si trascina tribolata, serpeggiando nel magma dell’opposizione. I quattro cardinali vedendo che il Pontefice ha scelto di ignorare la loro richiesta di spiegazioni, hanno affidato a Burke l'incarico di ipotizzare una specie di ultimato. Burke intervistato da un sito americano – Lifesitenews - ha tracciato un limite temporale oltre il quale, a suo dire, è necessario ottenere risposte.
Si aspetterà fino “a dopo Natale, e qualche tempo dopo l’Epifania”. Poi si farà interprete di una richiesta di chiarificazione, un atto pubblico e ufficiale con il quale è possibile arrivare a correggere il Papa nei suoi eventuali errori dottrinali in materia di fede. Un atto di aperta ostilità, inquadrabile, grosso modo, in uno scontro conservatori-progressisti.
I quattro cardinali - Raymond L. Burke, Walter Brandmuller, Carlo Caffarra, Joachim Meisner - avevano formalmente espresso a Francesco cinque "Dubia" (dubbi), che riguardano sia la discussa questione della comunione ai divorziati risposati, sia soprattutto il valore delle norme morali riguardanti la concezione della vita cristiana sui quali si intravedono errori nell’impalcatura della dottrina cattolica.
L’atto formale di correzione di un Papa è qualcosa di rarissimo nella vita della Chiesa. Pare abbia avuto un solo precedente in passato, e bisogna risalire al 14esimo secolo, sotto il pontificato di Giovanni XXII, quando questo Papa fu pubblicamente sfidato dai cardinali, dai re, dai vescovi e dai teologi a smentire che le anime dei giusti fossero ammesse alla visione beatifica dopo la morte, invece che insegnare che questa visione è rimandata fino alla risurrezione generale della fine dei tempi.
In punto di morte il pontefice ritrattò, affermando di essersi espresso esclusivamente come teologo privato, senza impegnare il magistero che comunque deteneva. Benedetto XII (1335-1342), eletto papa dopo la morte di Giovanni XXII, chiuse la questione con una definizione dogmatica.
Ora si tratta di vedere se l'ultimatum del cardinale Burke è una dichiarazione fatta sopra le righe, oppure se ha veramente intenzione di portare avanti un iter che tecnicamente richiederebbe la totalità dei cardinali e, inevitabilmente, la messa sotto accusa del pontefice per la difesa della retta dottrina. Insomma, guai in vista, comunque la vicenda vada a finire.
2. PAPA: VARA GRUPPO INDAGINE SU SOSTITUZIONE A ORDINE DI MALTA
(ANSA) - Papa Francesco ha disposto la costituzione di un gruppo "di cinque autorevoli membri" con l'incarico "di raccogliere elementi atti a informare compiutamente e in tempi brevi la Santa Sede" in merito alla vicenda che ha recentemente interessato il Gran Cancelliere dell'Ordine di Malta, il tedesco Albrecht Freiherr von Boeselager, sostituito il 15 dicembre scorso dai vertici dell'Ordine da Fra' John Edward Critien come nuovo Gran Cancelliere. Lo rende noto la Sala stampa vaticana.
Il gruppo incaricato dell'indagine è composto da mons. Silvano M. Tomasi; padre Gianfranco Ghirlanda; l'avvocato Jacques de Liedekerke e gli altri due laici Marc Odendall e Marwan Sehnaoui, queste ultime tre personalità legate all'Ordine. "La volontà è quella del dialogo e di risolvere la cosa in modo pacifico", ha commentato con i giornalisti il portavoce vaticano, Greg Burke.
All'origine della sostituzione di Von Boeselager da parte dell'ordine di Malta - il cui patrono è il cardinale conservatore Raymond Leo Burke - vi sarebbero, secondo alcuni organi di stampa internazionale, motivi legati a quando il barone tedesco era grande ospitaliere e non avrebbe fatto nulla per impedire che i volontari dell'Ordine attivi in Africa distribuissero profilattici, in violazione della morale cattolica.
La sospensione del barone ha scatenato una mezza rivolta. Altri membri dell'Ordine hanno accusato il gran maestro Fra Matthew Festing di provocare una crisi costituzionale che può essere risolta solo con un Capitolo generale straordinario o un intervento da parte della Santa Sede, dal quale l'Ordine canonicamente dipende. Lo stesso Boeselager, tra l'altro fratello di uno dei nuovi consiglieri di sovrintendenza dello Ior, si oppone alla cacciata per accuse che ritiene "false e ingiuste".
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Se al di là delle mura leonine tira quest’aria, dove chi più di altri dovrebbe possedere le capacità per trovare il minimo comune multiplo nella fede, come si può pretendere che chi stà nell’al di qua delle mura leonine, sappia convivere con il proprio prossimo????????
Tenebre, sempre tenebre,….solo tenebre.
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