Fermate il treno, voglio scendere.
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
TOGLIAMO LA DOVEROSA TARA CHE IL GIORNALE DI SALLUSTI E LIBERO DI LITTORIO FELTRI METTONO COSTANTEMENTE NEL TRATTARE QUESTI SPINOSI TEMI, LA NOTIZIA CI STA TUTTA.
SIAMO SEDUTI SU DI UNA POLVERIERA CHE PUO' ESPLODERE IN QUALSIASI MOMENTO.
E' DA IPOCRITI FARE FINTA DI NON ACCORGESENE, COME FANNO IL PREMIER CAZZONE(come lo chiama Dagospia)E IL SUO EMERITO MINISTRO DELL'INTERNO PERCHE' COSI' SONO IN TANTI AD AVERE GROSSI E GRASSI PROFITTI.
SE SOMMIAMO IL MALESSERE DEGLI ITALIANI PER LA MANCANZA DI LAVORO E LA CONTINUA DERIVA VERSO LA POVERTA', AL MANCATO GOVERNO DELL'EMERGENZA MIGRANTI, TUTTO IL PAESE E' UNA POLVERIERA CHE PUO' ESPLODERE IN QUALSIASI ISTANTE.
E' DA IRRESPONSABILI TOTALI ANCHE IL NOSTRO ATTEGGIAMENTO A VOTARE SI, PERMETTENDO CHE L'ITALIA POSSA ESPLODERE DA UN MOMENTO ALL'ALTRO LASCIANDO AL LORO POSTO UNA CLASSE DIRIGENTE DI BROCCHI.
Migranti, le polveriere d'Italia
Liti, risse e rivolte. Non solo Torino, ecco dal Veneto alla Sicilia tutti i focolai accesi dell’emergenza profughi
di Lodovica Bulian
56 minuti fa
^^^^^^^
Immigrati, tutte le polveriere d'Italia
Migranti, risse e rivolte. Non solo Torino, ecco dal Veneto alla Sicilia tutti i focolai accesi dell’emergenza profughi
Lodovica Bulian - Lun, 28/11/2016 - 21:51
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Le chiamavano tensioni sociali. Erano l'incubo di sindaci e amministratori che fiutavano il clima sempre più avvelenato di città arrabbiate e di periferie geografiche e sociali.
Ora sono la realtà raccontata nelle scene da guerriglia urbana, in risse, rivolte, proteste, barricate, interventi di agenti in antisommossa. Si raccolgono i cocci lasciati dalla rivolta al Moi, l'ex villaggio olimpico di Torino occupato da migranti, mercoledì sera teatro di scontri con gli ultrà. Ma i focolai di violenza si sono già accesi da nord a sud, mentre l'incendio dell'esasperazione è divampato con quello dell'emergenza immigrazione. Anche in Sardegna, dove la pressione degli sbarchi continua a crescere, sono arrivate le bombe, non solo carta. Pochi giorni fa un agriturismo in provincia di Olbia destinato a trasformarsi in un centro di accoglienza è stato distrutto da un ordigno rudimentale. La settimana prima il prefetto di Cagliari Giuliana Perrotta ha ricevuto una busta con due proiettili, dopo che l'ex scuola di polizia penitenziaria di Monastir, nel Cagliaritano, individuata per ospitare migranti, era stata devastata da un incendio dell'ottobre scorso.
Eppure si ripeteva con convinzione che l'accoglienza diffusa, quella dei due migranti ogni mille abitanti, insieme ai piani del Viminale per i percorsi di integrazione, avrebbe favorito la convivenza tra le comunità e gli stranieri. Tanto che quando la spia di una rivolta che sarebbe stata ben più diffusa si accese nel 2015 nel piccolo paese di Quinto di Treviso, con le fiamme a una struttura che doveva ospitare richiedenti asilo, tutto venne derubricato a un brutto episodio che non rappresentava il paese. Ma nelle sue viscere, dalla provincia ai capoluoghi, scorreva già il fiume carsico della rabbia: le baraccopoli e i centri di accoglienza da migliaia di profughi ammassati senza alcuna occupazione, diventavano potenziali polveriere. Alcune sono scoppiate. In altre l'equilibrio si regge su un filo di lana.
Al centro di accoglienza di Cresseglio di Arizzano, Verbania, dieci giorni fa sette uomini della Squadra mobile, dell'Arma e della Finanza sono finiti al pronto soccorso con lividi e contusioni dopo una lite scoppiata tra gli ospiti. A Palermo per la terza volta nel centro di accoglienza di via dei Mille è esplosa la guerriglia dei migranti sul pocket money, che ha reso necessario l'invio di polizia e carabinieri. Sono stati danneggiati arredi e suppellettili, gli accessi alla struttura bloccati da un cordone di richiedenti asilo.
E poi, ci sono i quartieri, come pentole a pressione: ad Archi Cep, alla periferia Nord di Reggio Calabria, una cinquantina di residenti non tollera più il centro di prima accoglienza con 300 minori non accompagnati, dopo le molestie, anche a sfondo sessuale, denunciate ai danni di donne nel percorso dalla fermata del bus fino a casa o in strada. Scene già viste a Calizzano, nell'entroterra savonese, dove il sindaco ha «invitato» i 40 migranti ospitati in un hotel del paese a non utilizzare i mezzi pubblici negli stessi orari degli studenti, dopo episodi «poco piacevoli» subiti da alcune ragazze.
Regole di convivenza che spesso saltano e talvolta sfiorano la rissa collettiva. Ad agosto un migrante nordafricano ha rischiato di essere linciato dai passanti al porticciolo turistico di Marina Piccola, a Cagliari, ed è stato denunciato per atti contrari alla pubblica decenza. I carabinieri sono intervenuti prima che l'ira di un gruppo di padri presenti con propri bambini si scatenasse contro di lui.
Manifestazioni, slogan e striscioni, quando non barricate, hanno scandito giorni e mesi di località arrivate alla saturazione dei posti disponibili per l'accoglienza, da Bagnoli a Cona, nel Veneziano, e da quelle che di posti non ne hanno mai concessi.
E poi, l'inferno dei grandi ghetti. Da Mineo a Rignano Garganico, dove gli auspici della buona gestione dell'emergenza si sono sciolti da tempo nell'illegalità di baraccopoli governate dal caporalato. Qui, a luglio, una lite è finita nell'omicidio di un 34enne.
SIAMO SEDUTI SU DI UNA POLVERIERA CHE PUO' ESPLODERE IN QUALSIASI MOMENTO.
E' DA IPOCRITI FARE FINTA DI NON ACCORGESENE, COME FANNO IL PREMIER CAZZONE(come lo chiama Dagospia)E IL SUO EMERITO MINISTRO DELL'INTERNO PERCHE' COSI' SONO IN TANTI AD AVERE GROSSI E GRASSI PROFITTI.
SE SOMMIAMO IL MALESSERE DEGLI ITALIANI PER LA MANCANZA DI LAVORO E LA CONTINUA DERIVA VERSO LA POVERTA', AL MANCATO GOVERNO DELL'EMERGENZA MIGRANTI, TUTTO IL PAESE E' UNA POLVERIERA CHE PUO' ESPLODERE IN QUALSIASI ISTANTE.
E' DA IRRESPONSABILI TOTALI ANCHE IL NOSTRO ATTEGGIAMENTO A VOTARE SI, PERMETTENDO CHE L'ITALIA POSSA ESPLODERE DA UN MOMENTO ALL'ALTRO LASCIANDO AL LORO POSTO UNA CLASSE DIRIGENTE DI BROCCHI.
Migranti, le polveriere d'Italia
Liti, risse e rivolte. Non solo Torino, ecco dal Veneto alla Sicilia tutti i focolai accesi dell’emergenza profughi
di Lodovica Bulian
56 minuti fa
^^^^^^^
Immigrati, tutte le polveriere d'Italia
Migranti, risse e rivolte. Non solo Torino, ecco dal Veneto alla Sicilia tutti i focolai accesi dell’emergenza profughi
Lodovica Bulian - Lun, 28/11/2016 - 21:51
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Le chiamavano tensioni sociali. Erano l'incubo di sindaci e amministratori che fiutavano il clima sempre più avvelenato di città arrabbiate e di periferie geografiche e sociali.
Ora sono la realtà raccontata nelle scene da guerriglia urbana, in risse, rivolte, proteste, barricate, interventi di agenti in antisommossa. Si raccolgono i cocci lasciati dalla rivolta al Moi, l'ex villaggio olimpico di Torino occupato da migranti, mercoledì sera teatro di scontri con gli ultrà. Ma i focolai di violenza si sono già accesi da nord a sud, mentre l'incendio dell'esasperazione è divampato con quello dell'emergenza immigrazione. Anche in Sardegna, dove la pressione degli sbarchi continua a crescere, sono arrivate le bombe, non solo carta. Pochi giorni fa un agriturismo in provincia di Olbia destinato a trasformarsi in un centro di accoglienza è stato distrutto da un ordigno rudimentale. La settimana prima il prefetto di Cagliari Giuliana Perrotta ha ricevuto una busta con due proiettili, dopo che l'ex scuola di polizia penitenziaria di Monastir, nel Cagliaritano, individuata per ospitare migranti, era stata devastata da un incendio dell'ottobre scorso.
Eppure si ripeteva con convinzione che l'accoglienza diffusa, quella dei due migranti ogni mille abitanti, insieme ai piani del Viminale per i percorsi di integrazione, avrebbe favorito la convivenza tra le comunità e gli stranieri. Tanto che quando la spia di una rivolta che sarebbe stata ben più diffusa si accese nel 2015 nel piccolo paese di Quinto di Treviso, con le fiamme a una struttura che doveva ospitare richiedenti asilo, tutto venne derubricato a un brutto episodio che non rappresentava il paese. Ma nelle sue viscere, dalla provincia ai capoluoghi, scorreva già il fiume carsico della rabbia: le baraccopoli e i centri di accoglienza da migliaia di profughi ammassati senza alcuna occupazione, diventavano potenziali polveriere. Alcune sono scoppiate. In altre l'equilibrio si regge su un filo di lana.
Al centro di accoglienza di Cresseglio di Arizzano, Verbania, dieci giorni fa sette uomini della Squadra mobile, dell'Arma e della Finanza sono finiti al pronto soccorso con lividi e contusioni dopo una lite scoppiata tra gli ospiti. A Palermo per la terza volta nel centro di accoglienza di via dei Mille è esplosa la guerriglia dei migranti sul pocket money, che ha reso necessario l'invio di polizia e carabinieri. Sono stati danneggiati arredi e suppellettili, gli accessi alla struttura bloccati da un cordone di richiedenti asilo.
E poi, ci sono i quartieri, come pentole a pressione: ad Archi Cep, alla periferia Nord di Reggio Calabria, una cinquantina di residenti non tollera più il centro di prima accoglienza con 300 minori non accompagnati, dopo le molestie, anche a sfondo sessuale, denunciate ai danni di donne nel percorso dalla fermata del bus fino a casa o in strada. Scene già viste a Calizzano, nell'entroterra savonese, dove il sindaco ha «invitato» i 40 migranti ospitati in un hotel del paese a non utilizzare i mezzi pubblici negli stessi orari degli studenti, dopo episodi «poco piacevoli» subiti da alcune ragazze.
Regole di convivenza che spesso saltano e talvolta sfiorano la rissa collettiva. Ad agosto un migrante nordafricano ha rischiato di essere linciato dai passanti al porticciolo turistico di Marina Piccola, a Cagliari, ed è stato denunciato per atti contrari alla pubblica decenza. I carabinieri sono intervenuti prima che l'ira di un gruppo di padri presenti con propri bambini si scatenasse contro di lui.
Manifestazioni, slogan e striscioni, quando non barricate, hanno scandito giorni e mesi di località arrivate alla saturazione dei posti disponibili per l'accoglienza, da Bagnoli a Cona, nel Veneziano, e da quelle che di posti non ne hanno mai concessi.
E poi, l'inferno dei grandi ghetti. Da Mineo a Rignano Garganico, dove gli auspici della buona gestione dell'emergenza si sono sciolti da tempo nell'illegalità di baraccopoli governate dal caporalato. Qui, a luglio, una lite è finita nell'omicidio di un 34enne.
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
VOTA NO…………………VOTA NO…………………VOTA NO
Come ha scritto don Ciotti, chi ha voluto questa “nuova” Costituzione vede «la democrazia come un ostacolo», e il bene comune come «una faccenda in cui il popolo non deve immischiarsi».
Come ha scritto don Ciotti, chi ha voluto questa “nuova” Costituzione vede «la democrazia come un ostacolo», e il bene comune come «una faccenda in cui il popolo non deve immischiarsi».
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
SE NON CI FOSSE BISOGNEREBBE INVENTARLO
C'E' DA CHIEDERSI SE AD ALGERINO ALFANO PREME PIU' LA CARRIERA POLITICA(ORMAI FINITA), O SERVIRE IL MONDO CRIMINALE CHE STA DIETRO LO SFRUTTAMENTO DEI MIGRANTI
"Abbattere muri anti-migranti". Renzi lascia, Alfano tira dritto
La crisi di governo non ferma il Ministro dell'Interno. Parte il piano per piegare i Comuni che si oppongono all'accoglienza
Claudio Cartaldo - Gio, 08/12/2016 - 13:49
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Alfano si prepara a usare le ultime cartucce del governo di cui fa parte. Nei prossimi giorni inizierà il piano di redistribuzione dei migranti per superare i la resistenza dei 5.400 comuni che al momento si sono rifiutati di accogliere immigrati.
Il governo assegnerà ad ogni comune 3 profughi per ogni mille abitanti. Ed è pronto ad "abbattere" le barricate di quegli italiani che come a Goro e Gorino e in altre parti d'Italia si stanno ribellando.
La mossa di Alfano per i migranti
"Siamo pronti ad abbattere muri e barricate - fanno sapere dal Viminale - Le circolari sono scritte, i prefetti allertati. Non è più accettabile che alcuni comuni si sobbarchino il peso dell’emergenza, mentre tanti altri se ne lavino le mani". Come riporta Repubblica, i migranti verranno indirizzati soltanto nei Comuni che al momento non ospitano richiedenti asilo. I 2.600 comuni che già accolgono saranno "salvi", soprattutto i mille che aderiscono volontariamente al sistema Sprar. Negli altri casi il Ministero dell'Interno è pronto anche a requisire strutture pubbliche per alloggiare i migranti. E in extrema ratio pure quelle private.
"Prevedendo la reazione di alcune comunità locali, strumentalizzate dalle solite forze politiche — confidano al Viminale a Repubblica — si è deciso di aspettare il dopo-referendum". Ma ministero dell'Interno sono già pronti con slide e video-conferenze per spiegare ai prefetti e ai sindaci come funzionerà il Piano. Sicuramente ci saranno gare prefettizzie per le strutture di accoglienza a cui i primi cittadini non potranno opporsi. La quota ogni mille abitanti è fissata a 3, maggiore rispetto al precedente piano di redistribuzione che ne prevedeva 2,5. Solo le città metropolitane, che devono subire l'afflusso di profughi che tentano di andare altrove, avranno uno "sconto" e ne riceveranno appena 1,5 ogni mille abitanti.
I numeri dell'immigrazione fanno spavento. Nel 2016 sono sbarcate 174.603 persone cui vanno aggiunte le 153mila del 2015 e le 170mila del 2014. Una massa che l'Italia fa fatica a gestire. E nei centri profughi ci sono 175mila persone in attesa dell'esito della domanda d'asilo. Le posizioni tra governo (dimissionario) e centrodestra rimangono così distanti. La Lega Nord chiede che un referendum per chiedere agli italiani se vogliono accogliere ulteriori migranti, mentre l'esecutivo ha messo a bilancio i fondi per dare 500 euro ai Comuni che risulteranno virtuosi per ogni migrante ospitato.
C'E' DA CHIEDERSI SE AD ALGERINO ALFANO PREME PIU' LA CARRIERA POLITICA(ORMAI FINITA), O SERVIRE IL MONDO CRIMINALE CHE STA DIETRO LO SFRUTTAMENTO DEI MIGRANTI
"Abbattere muri anti-migranti". Renzi lascia, Alfano tira dritto
La crisi di governo non ferma il Ministro dell'Interno. Parte il piano per piegare i Comuni che si oppongono all'accoglienza
Claudio Cartaldo - Gio, 08/12/2016 - 13:49
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Alfano si prepara a usare le ultime cartucce del governo di cui fa parte. Nei prossimi giorni inizierà il piano di redistribuzione dei migranti per superare i la resistenza dei 5.400 comuni che al momento si sono rifiutati di accogliere immigrati.
Il governo assegnerà ad ogni comune 3 profughi per ogni mille abitanti. Ed è pronto ad "abbattere" le barricate di quegli italiani che come a Goro e Gorino e in altre parti d'Italia si stanno ribellando.
La mossa di Alfano per i migranti
"Siamo pronti ad abbattere muri e barricate - fanno sapere dal Viminale - Le circolari sono scritte, i prefetti allertati. Non è più accettabile che alcuni comuni si sobbarchino il peso dell’emergenza, mentre tanti altri se ne lavino le mani". Come riporta Repubblica, i migranti verranno indirizzati soltanto nei Comuni che al momento non ospitano richiedenti asilo. I 2.600 comuni che già accolgono saranno "salvi", soprattutto i mille che aderiscono volontariamente al sistema Sprar. Negli altri casi il Ministero dell'Interno è pronto anche a requisire strutture pubbliche per alloggiare i migranti. E in extrema ratio pure quelle private.
"Prevedendo la reazione di alcune comunità locali, strumentalizzate dalle solite forze politiche — confidano al Viminale a Repubblica — si è deciso di aspettare il dopo-referendum". Ma ministero dell'Interno sono già pronti con slide e video-conferenze per spiegare ai prefetti e ai sindaci come funzionerà il Piano. Sicuramente ci saranno gare prefettizzie per le strutture di accoglienza a cui i primi cittadini non potranno opporsi. La quota ogni mille abitanti è fissata a 3, maggiore rispetto al precedente piano di redistribuzione che ne prevedeva 2,5. Solo le città metropolitane, che devono subire l'afflusso di profughi che tentano di andare altrove, avranno uno "sconto" e ne riceveranno appena 1,5 ogni mille abitanti.
I numeri dell'immigrazione fanno spavento. Nel 2016 sono sbarcate 174.603 persone cui vanno aggiunte le 153mila del 2015 e le 170mila del 2014. Una massa che l'Italia fa fatica a gestire. E nei centri profughi ci sono 175mila persone in attesa dell'esito della domanda d'asilo. Le posizioni tra governo (dimissionario) e centrodestra rimangono così distanti. La Lega Nord chiede che un referendum per chiedere agli italiani se vogliono accogliere ulteriori migranti, mentre l'esecutivo ha messo a bilancio i fondi per dare 500 euro ai Comuni che risulteranno virtuosi per ogni migrante ospitato.
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
......BATTAGLIO'......GENTILO'......
Adesso che non ci sono più Alfano e Pinocchio Mussoloni i problemi restano.
Come sostenevano Buzzi e Carminati di Mafia capitale, gli immigrati rendono più della droga.
E’ per questo che le Coop bianche e rosse fanno grandi affari
Qualcuno ce lo vede Gentilò fare la voce grossa con Mafia capitale e le Coop bianco-rosse??????
Nella Sardegna della sinistra
esplode rabbia anti migranti
Un ex caserma e un agriturismo dati alle fiamme, minacce al prefetto di Cagliari: così i sardi rispondono all'invasione
di Francesco Curridori
33 minuti fa
Adesso che non ci sono più Alfano e Pinocchio Mussoloni i problemi restano.
Come sostenevano Buzzi e Carminati di Mafia capitale, gli immigrati rendono più della droga.
E’ per questo che le Coop bianche e rosse fanno grandi affari
Qualcuno ce lo vede Gentilò fare la voce grossa con Mafia capitale e le Coop bianco-rosse??????
Nella Sardegna della sinistra
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Un ex caserma e un agriturismo dati alle fiamme, minacce al prefetto di Cagliari: così i sardi rispondono all'invasione
di Francesco Curridori
33 minuti fa
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
Media & Regime
Razzismo e intolleranza, lettera aperta ai giornalisti-mandanti
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12 ... i/3274800/
Razzismo e intolleranza, lettera aperta ai giornalisti-mandanti
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12 ... i/3274800/
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
Solo ieri in altro 3D, avevo scritto prima di mezzogiorno:
Diventa lecito chiedersi:
Ma che ruolo ricopre, Il Giornale, del “paron”, nell’insistere sempre con queste notizie e questi titoli??????
vedo che se ne sono accorti anche al Fatto Quotidiano.
Ma la domanda rimane.
Lavorano per la CIA o sono scemi di loro??????
Diventa lecito chiedersi:
Ma che ruolo ricopre, Il Giornale, del “paron”, nell’insistere sempre con queste notizie e questi titoli??????
vedo che se ne sono accorti anche al Fatto Quotidiano.
Ma la domanda rimane.
Lavorano per la CIA o sono scemi di loro??????
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
IL QUESITO CONTINUA
Sono scemi di loro, oppure lavorano per la Cia??????
A pagina 5 del quotidiano Libero si esercita il direttore Feltri Littorio.
LA STRAGE DI BERLINO
SCONTRO DI CIVILTA'
L'onorevole mussulmano vuole chiudere <<Libero>>
Khalid Chaouki del Pd, unico islamico in Parlamento ci accusa di fomentare l'odio. Per aver scritto che gli estremisti vanno cacciati
Sono scemi di loro, oppure lavorano per la Cia??????
A pagina 5 del quotidiano Libero si esercita il direttore Feltri Littorio.
LA STRAGE DI BERLINO
SCONTRO DI CIVILTA'
L'onorevole mussulmano vuole chiudere <<Libero>>
Khalid Chaouki del Pd, unico islamico in Parlamento ci accusa di fomentare l'odio. Per aver scritto che gli estremisti vanno cacciati
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
Questi destri (fascisti mascherati?), perchè sono così bugiardi con i loro lettori??????
Prima pagina di Libero di mercoledì 21 dicembre 2016.
Allarme terroristi islamici
LA MIGLIOR DIFESA E' NON AVERLI QUI
La soluzione è mandarli a casa loro
Noi occidentali aiutiamo e accogliamo chi vuole solo massacrarci. Per invidia del benessere in cui viviamo
Intanto preti e intellettuali ci dicono che dobbiamo abituarci al macello; e che l'Islam non centra affatto
Solo un propagandista della CIA, oppure uno scemo di fatto può scrivere queste scemenze.
Non un direttore di un quotidiano di 73 anni.
Prima pagina di Libero di mercoledì 21 dicembre 2016.
Allarme terroristi islamici
LA MIGLIOR DIFESA E' NON AVERLI QUI
La soluzione è mandarli a casa loro
Noi occidentali aiutiamo e accogliamo chi vuole solo massacrarci. Per invidia del benessere in cui viviamo
Intanto preti e intellettuali ci dicono che dobbiamo abituarci al macello; e che l'Islam non centra affatto
Solo un propagandista della CIA, oppure uno scemo di fatto può scrivere queste scemenze.
Non un direttore di un quotidiano di 73 anni.
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
FIATO ALLE TROMBE E AI TROMBONI
I quotidiani oggi in edicola non erano ancora arrivati a destinazione quando è accaduto il fatto di SSG.
E già i tromboni d'ordinanza avevano intonato il solito demi-demi, sulla guerra di religione.
Adesso Littorio Feltri e Alessandro Sallusti andranno a nozze per quello che gli è stato servito, non su un piatto d'argento, ma un piatto d'oro zecchino.
Ce ne accorgeremo abbondantemente nei giorni a venire.
Adesso hanno solo cominciato.
Oltre 93mila potenziali "Anis". L'esercito dei migranti fantasma
L'Italia perde le tracce di migliaia di migranti ogni anno. Come è successo con il terrorista di Berlino
Giuseppe De Lorenzo - Ven, 23/12/2016 - 14:49
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Il terrorista di Berlino, Anis Amri, è stato in Italia. Ma non di passaggio: c'ha proprio vissuto da immigrato clandestino accolto a mani aperte dall'Italia.
E nella sua storia ci sono tutti i punti critici di un sistema di accoglienza dei migranti che non funziona. Col rischio di mettere in pericolo l'Italia.
Andiamo con ordine. Amri è sbarcato nel 2011 a Lampedusa come circa 400mila persone in questi anni di emergenza immigrazione. È stato inserito nei centri di accoglienza e ha avuto un soggiorno turbolento: l'incendio del centro profughi, 4 anni in carcere tra Palermo e Catania, la radicalizzazione islamica, l'asilo negato, la mancata espulsione e infine l'attentato in Germania.
inReadinRead I (veri) numeri dell'immigrazione
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Pubblica sul tuo sito
Dove sta l'inghippo? Proprio nella mancata espulsione. E non tanto perché nel suo caso ha portato alla morte di 12 persone schiacciate da un tir, ma perché il suo non è un episodio isolato. Infatti nei primi 10 mesi del 2016, delle 76.448 domande di asilo esaminate, solo il 19% (14.562) ha ottenuto una forma di protezione internazionale (status di rifugiato, 5%; protezione sussidiaria, 14%). Il 20% invece che riceve la "protezione umanitaria", un tipo di permesso di soggiorno tutto italiano della durata di un anno e che negli altri Paesi è usato solo in via residuale. Infine, al 57% (43.898) è riservato netto diniego. A conti fatti, quindi, il 77% non è tecnicamente un "rifugiato". Che fine fanno tutti questi clandestini? Non si sa (guarda il video).
I migranti fantasma
Nella maggior parte dei casi scompaiono. Il questore di Milano, Antonio De Iesu, ha infatti definito Anis "un fantasma". Quanti sono? Innnzitutto, negli ultimi due anni ben 5.086 persone sono risultate irreperibili dalle Commissioni, cioè persone che dopo lo sbarco non si sono nemmeno presentati di fronte a chi esamina la loro richiesta di asilo. A questi vanno aggiunte le mancate espulsioni, ovvero migranti che non vengono rimpatriati perché costa troppo: il ministero parla di 33.422 individui nel biennio 2015-2016. Anis Amir era uno di questi. Doveva essere rimpatriato, ma la Tunisia ha rifiutato di accettarlo. Così gli è stato dato un foglio di via con l'obbligo di allontanarsi dallo Stato italiano. Perdendo, di fatto, le sue tracce.
Non ci sono però soltanto il 33mila potenziali "Anis". Le autorità italiane infatti non hanno informazioni precise sui cosiddetti "migranti fantasma", cioè coloro i quali dopo il rigetto della domanda d'asilo presentano ricorso in tribunale e lo perdono. In tre anni 99.618 richiedenti si sono visti negare la protezione internazionale e secondo la magistratura il 56% perde il ricorso. Dovrebbero abbandonare il Paese, ma non lo fanno. A conti fatti si tratta di 55mila persone cui viene dato un foglio di via nella speranza (vana) che si allontanino autonomamente.
Sommando le tre voci (irreperibili, mancate espulsioni e migranti fantasma) si arriva così a 93mila clandestini di cui non abbiamo informazioni. Ovvero 93mila possibili minacce che non è escluso facciano la fine di Anis Amri
I quotidiani oggi in edicola non erano ancora arrivati a destinazione quando è accaduto il fatto di SSG.
E già i tromboni d'ordinanza avevano intonato il solito demi-demi, sulla guerra di religione.
Adesso Littorio Feltri e Alessandro Sallusti andranno a nozze per quello che gli è stato servito, non su un piatto d'argento, ma un piatto d'oro zecchino.
Ce ne accorgeremo abbondantemente nei giorni a venire.
Adesso hanno solo cominciato.
Oltre 93mila potenziali "Anis". L'esercito dei migranti fantasma
L'Italia perde le tracce di migliaia di migranti ogni anno. Come è successo con il terrorista di Berlino
Giuseppe De Lorenzo - Ven, 23/12/2016 - 14:49
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Il terrorista di Berlino, Anis Amri, è stato in Italia. Ma non di passaggio: c'ha proprio vissuto da immigrato clandestino accolto a mani aperte dall'Italia.
E nella sua storia ci sono tutti i punti critici di un sistema di accoglienza dei migranti che non funziona. Col rischio di mettere in pericolo l'Italia.
Andiamo con ordine. Amri è sbarcato nel 2011 a Lampedusa come circa 400mila persone in questi anni di emergenza immigrazione. È stato inserito nei centri di accoglienza e ha avuto un soggiorno turbolento: l'incendio del centro profughi, 4 anni in carcere tra Palermo e Catania, la radicalizzazione islamica, l'asilo negato, la mancata espulsione e infine l'attentato in Germania.
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Dove sta l'inghippo? Proprio nella mancata espulsione. E non tanto perché nel suo caso ha portato alla morte di 12 persone schiacciate da un tir, ma perché il suo non è un episodio isolato. Infatti nei primi 10 mesi del 2016, delle 76.448 domande di asilo esaminate, solo il 19% (14.562) ha ottenuto una forma di protezione internazionale (status di rifugiato, 5%; protezione sussidiaria, 14%). Il 20% invece che riceve la "protezione umanitaria", un tipo di permesso di soggiorno tutto italiano della durata di un anno e che negli altri Paesi è usato solo in via residuale. Infine, al 57% (43.898) è riservato netto diniego. A conti fatti, quindi, il 77% non è tecnicamente un "rifugiato". Che fine fanno tutti questi clandestini? Non si sa (guarda il video).
I migranti fantasma
Nella maggior parte dei casi scompaiono. Il questore di Milano, Antonio De Iesu, ha infatti definito Anis "un fantasma". Quanti sono? Innnzitutto, negli ultimi due anni ben 5.086 persone sono risultate irreperibili dalle Commissioni, cioè persone che dopo lo sbarco non si sono nemmeno presentati di fronte a chi esamina la loro richiesta di asilo. A questi vanno aggiunte le mancate espulsioni, ovvero migranti che non vengono rimpatriati perché costa troppo: il ministero parla di 33.422 individui nel biennio 2015-2016. Anis Amir era uno di questi. Doveva essere rimpatriato, ma la Tunisia ha rifiutato di accettarlo. Così gli è stato dato un foglio di via con l'obbligo di allontanarsi dallo Stato italiano. Perdendo, di fatto, le sue tracce.
Non ci sono però soltanto il 33mila potenziali "Anis". Le autorità italiane infatti non hanno informazioni precise sui cosiddetti "migranti fantasma", cioè coloro i quali dopo il rigetto della domanda d'asilo presentano ricorso in tribunale e lo perdono. In tre anni 99.618 richiedenti si sono visti negare la protezione internazionale e secondo la magistratura il 56% perde il ricorso. Dovrebbero abbandonare il Paese, ma non lo fanno. A conti fatti si tratta di 55mila persone cui viene dato un foglio di via nella speranza (vana) che si allontanino autonomamente.
Sommando le tre voci (irreperibili, mancate espulsioni e migranti fantasma) si arriva così a 93mila clandestini di cui non abbiamo informazioni. Ovvero 93mila possibili minacce che non è escluso facciano la fine di Anis Amri
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
A FUTURA MEMORIA PER GLI STORICI
CORREVA L'ANNO 2016, E IN PROSSIMITA' DELLA FINE, ESATTAMENTE ALLA VIGILIA DI NATALE.................
Il primo colpo agli islamisti Ora l'Italia deve blindarsi
Mai un estremista ucciso sul nostro territorio. Si temono ritorsioni e scatta l'allarme: Milano e Roma nel mirino
Gian Micalessin - Sab, 24/12/2016 - 07:27
Prima dovevamo preoccuparci, ora dobbiamo blindarci. Consumato l'orgoglio per una polizia capace di neutralizzare in poche ore un terrorista passato indenne attraverso i controlli tedeschi e francesi, dobbiamo fare i conti con le conseguenze di quel successo.
Ovvero con il rischio rappresaglie. Metterle nel conto è un obbligo. Se l'Italia è il luogo da cui il tunisino Anis Amri è partito e ritornato una ragione c'è. Se dopo esser sbarcato in una Milano dov'era sicuramente più difficile farsi notare ha puntato su Sesto San Giovanni allora da quelle parti c'è, o c'era, qualcuno disposto ad aiutarlo. E un qualcuno disposto ad assistere l'uomo più ricercato d'Europa può facilmente trasformarsi nel suo vendicatore. Del resto è inutile farsi illusioni. I terroristi islamici frequentano l'Italia fin dai primi anni Novanta, quando la moschea di viale Jenner diventa la retrovia dei volontari islamici diretti in Bosnia e uno dei centri europei di Al Qaida. Senza dimenticare che fino alle primavere arabe del 2011 i qaidisti in trasferta in Lombardia sono quasi tutti tunisini. La gran parte rientra in patria nel 2011 quando - caduto Ben Ali - un'improvvida amnistia garantisce l'incolumità agli islamisti più pericolosi favorendo la nascita di Ansar Sharia, il gruppo legato alle fazioni libiche dell'Isis con cui anche Amri era in contatto.
E a rafforzare l'ipotesi di un terrorista in grado d'avvalersi di coperture e contatti «italiani» si aggiunge l'episodio dello scorso agosto quando Amri viene arrestato nella città di Friedrichshafen con in tasca un falso passaporto italiano mentre prepara, già allora, una trasferta nel nostro Paese. Certo identificare la sua rete è tutt'altro che facile. Il contatto in Italia potrebbe essere qualcuno con cui il terrorista ha stretto rapporti durante i quattro anni passati all'Ucciardione di Palermo. Ma esiste anche la variante «spirale balcanica», la costola dell'Isis che in Italia fa capo alle moschee salafite dei Balcani. Una variante vagliata con attenzione dagli inquirenti, visto che il contatto di Amri all'interno della cellula Isis di Dortmund - sgominata dall'intelligence tedesca a novembre - era Boban Simeunovic, un serbo convertito all'islam.
In questa rete di potenziali contatti la nostra intelligence deve ora identificare quelli in grado di colpire un obbiettivo. La prevenzione rappresenta un vero incubo visto il numero di chiese, luoghi di culto e santuari che da Roma a Milano fino a Firenze e Venezia ospiteranno messe e celebrazioni. Per non parlare dei concerti di Capodanno e delle grandi arterie dove nei prossimi due giorni si concentreranno turisti e ritardatari delle compere natalizie. Una volta terminate le cene di Natale l'attenzione dovrà spostarsi sui mezzi di trasporto. Se gli aeroporti vengono considerati obbiettivi troppo complessi e sorvegliati, treni e stazioni ferroviarie restano in larga parte vulnerabili. Con una particolare apprensione per gli spazi antistanti i binari dove resta difficile filtrare i potenziali terroristi. Passate le feste e ripresi i campionati di calcio, l'attenzione si sposterà anche su quegli stadi dove un attentato garantirebbe inevitabilmente decine di vittime e larga risonanza internazionale. E un attenzione speciale andrà alle carceri. Non solo perché in un carcere Amri ha trascorso i suoi giorni italiani, ma anche perché un video dello Stato Islamico dello scorso anno indicava come obbiettivi le prigioni europee.
Ma in questo panorama infinito di bersagli i sorvegliati speciali saranno sempre Milano e Roma. Milano perché è la metropoli attigua a quella Sesto San Giovanni dov'è stato eliminato Amri e dove le componenti vicine all'Isis possono contare su numerosi simpatizzanti. Roma, che ieri ha vietato l'ingresso al centro ai tir, perché è la sede del Vaticano e dunque la capitale simbolo di quell'Occidente cristiano e infedele che l'Isis sogna di conquistare.
CORREVA L'ANNO 2016, E IN PROSSIMITA' DELLA FINE, ESATTAMENTE ALLA VIGILIA DI NATALE.................
Il primo colpo agli islamisti Ora l'Italia deve blindarsi
Mai un estremista ucciso sul nostro territorio. Si temono ritorsioni e scatta l'allarme: Milano e Roma nel mirino
Gian Micalessin - Sab, 24/12/2016 - 07:27
Prima dovevamo preoccuparci, ora dobbiamo blindarci. Consumato l'orgoglio per una polizia capace di neutralizzare in poche ore un terrorista passato indenne attraverso i controlli tedeschi e francesi, dobbiamo fare i conti con le conseguenze di quel successo.
Ovvero con il rischio rappresaglie. Metterle nel conto è un obbligo. Se l'Italia è il luogo da cui il tunisino Anis Amri è partito e ritornato una ragione c'è. Se dopo esser sbarcato in una Milano dov'era sicuramente più difficile farsi notare ha puntato su Sesto San Giovanni allora da quelle parti c'è, o c'era, qualcuno disposto ad aiutarlo. E un qualcuno disposto ad assistere l'uomo più ricercato d'Europa può facilmente trasformarsi nel suo vendicatore. Del resto è inutile farsi illusioni. I terroristi islamici frequentano l'Italia fin dai primi anni Novanta, quando la moschea di viale Jenner diventa la retrovia dei volontari islamici diretti in Bosnia e uno dei centri europei di Al Qaida. Senza dimenticare che fino alle primavere arabe del 2011 i qaidisti in trasferta in Lombardia sono quasi tutti tunisini. La gran parte rientra in patria nel 2011 quando - caduto Ben Ali - un'improvvida amnistia garantisce l'incolumità agli islamisti più pericolosi favorendo la nascita di Ansar Sharia, il gruppo legato alle fazioni libiche dell'Isis con cui anche Amri era in contatto.
E a rafforzare l'ipotesi di un terrorista in grado d'avvalersi di coperture e contatti «italiani» si aggiunge l'episodio dello scorso agosto quando Amri viene arrestato nella città di Friedrichshafen con in tasca un falso passaporto italiano mentre prepara, già allora, una trasferta nel nostro Paese. Certo identificare la sua rete è tutt'altro che facile. Il contatto in Italia potrebbe essere qualcuno con cui il terrorista ha stretto rapporti durante i quattro anni passati all'Ucciardione di Palermo. Ma esiste anche la variante «spirale balcanica», la costola dell'Isis che in Italia fa capo alle moschee salafite dei Balcani. Una variante vagliata con attenzione dagli inquirenti, visto che il contatto di Amri all'interno della cellula Isis di Dortmund - sgominata dall'intelligence tedesca a novembre - era Boban Simeunovic, un serbo convertito all'islam.
In questa rete di potenziali contatti la nostra intelligence deve ora identificare quelli in grado di colpire un obbiettivo. La prevenzione rappresenta un vero incubo visto il numero di chiese, luoghi di culto e santuari che da Roma a Milano fino a Firenze e Venezia ospiteranno messe e celebrazioni. Per non parlare dei concerti di Capodanno e delle grandi arterie dove nei prossimi due giorni si concentreranno turisti e ritardatari delle compere natalizie. Una volta terminate le cene di Natale l'attenzione dovrà spostarsi sui mezzi di trasporto. Se gli aeroporti vengono considerati obbiettivi troppo complessi e sorvegliati, treni e stazioni ferroviarie restano in larga parte vulnerabili. Con una particolare apprensione per gli spazi antistanti i binari dove resta difficile filtrare i potenziali terroristi. Passate le feste e ripresi i campionati di calcio, l'attenzione si sposterà anche su quegli stadi dove un attentato garantirebbe inevitabilmente decine di vittime e larga risonanza internazionale. E un attenzione speciale andrà alle carceri. Non solo perché in un carcere Amri ha trascorso i suoi giorni italiani, ma anche perché un video dello Stato Islamico dello scorso anno indicava come obbiettivi le prigioni europee.
Ma in questo panorama infinito di bersagli i sorvegliati speciali saranno sempre Milano e Roma. Milano perché è la metropoli attigua a quella Sesto San Giovanni dov'è stato eliminato Amri e dove le componenti vicine all'Isis possono contare su numerosi simpatizzanti. Roma, che ieri ha vietato l'ingresso al centro ai tir, perché è la sede del Vaticano e dunque la capitale simbolo di quell'Occidente cristiano e infedele che l'Isis sogna di conquistare.
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