Come se ne viene fuori ?

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UncleTom
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LA MODA DELLA POST VERITA’




PIOVONO PIETRE

Le bufale tanto cattive
del popolino
e quelle buone del potere


»ALESSANDRO ROBECCHI
Se davvero vi interessa il dibattito sulla post-verità – la costruzione di bufale intesa a cambiare la storia e a piegare gli avvenimenti della politica –vi consiglio di cercare un piccolo filmato su Youtube, datato febbraio 2003. Molto istruttivo. Si vede Colin Powell, allora Segretario di Stato americano, che parla alle Nazioni Unite e agita una fialetta di polvere bianca. Dice che è antrace, che Saddam Hussein ne produce tonnellate. Poi fa vedere delle vaghe fotografie satellitari e dice che lì Saddam sta costruendo armi di distruzione di massa, e insomma pone le basi, con quel discorso, dell’aggressione americana all'Iraq. Tony Blair faceva un discorsetto analogo ai suoi compatrioti.
ENTRAMBI qualche anno dopo – Colin Powell e Tony Blair –ammetteranno di aver diffuso notizie false sapendo che erano false. Colin Powell –qualche anno dopo convinto sostenitore di Obama –definisce ancora oggi quel discorso “una macchia sullasua carriera”.Ma sì,una macchiolina da un milione di morti, che volete che sia. Macchia e non macchia, entrambi i diffusori di quelle micidiali menzogne sono oggi a piede
libero, ammirati e riveriti e, nel caso diBlair, addirittura portati ad esempio della "sinistra che vince" (ommioddio, ancora!). Questo per dire che la post verità non è cosa proprio nuovissima, e che quella con cui ce la prendiamo oggi è faccenda minuscola rispetto a certe post-verità che hanno ammazzato centinaia di migliaia di innocenti. E poi, a dirla tutta, la storia è piena di post-verità inventate per giustificare le più solenni e dolorose porcate. Il diciassettenne ebreo Hershel Grynszpan che nel novembre del 1938 sparò a Parigi al diplomatico nazista Ernst von Rath, fu sbandierato come l’esempio migliore della cattiveria ebraica, e consentì di mettere in atto quella “Notte dei cristalli”(9 e 10 novembre 1938, decine di sinagoghe date alle fiamme, migliaia di negozi proprietà di ebrei bruciati e saccheggiati, SS in gran spolvero) che avviò la persecuzione degli ebrei. Recenti ricerche storiche hanno svelato che il ragazzo aveva una storia con il diplomatico, che gli aveva sparato per questioni, diciamo così, personali, e che dunque su di lui fu costruita una micidiale post-verità che alla fine, presentando il conto, arrivò a un totale di milioni e milioni di morti. Naturalmente –che seccatura – in questi come in altre centinaia di casi, la costruzione di post-verità non era affidata ad anonimi leoni da tastiera, piccoli o grandi truffatori anonimi che cavalcano l’indignazione per costruite bufale, ma dal potere stesso, nel caso dell’Iraq addirittura da due governi democratici liberamente eletti. Ecco dunque un paio di casi in cui un’Authority governativa preposta al controllo della verità non avrebbe frenato la bufala, anzi l'avrebbe agevolata come da direttive politiche, come da “superiore interesse della nazione”, che era, in quel momento, far fuori Saddam accusandolo con prove false.
SE IL DIBATTITO sulla post-verità a cui assistiamo oggi ci sembra un po’surreale, insomma, è anche perché punta a vedere la costruzione di false notizie come incontrollabile: si pensa che oscure e anonime minoranze nascoste dietro una tastiera possano cambiare il destino di popoli e nazioni, mentre i governanti, poveretti, si dannano l’anima per difendere la verità dei fatti. Insomma: l’allarme sulla post verità diventa allarme perché le bugie vengono dal basso e non dall'alto. Basta un po’di conformismo, qualche piagnisteo degli sconfitti e qualche vergognoso esempio di bufala in Rete (gli immigrati portano la meningite in Toscana! Ridicolo) per far gridare al pericolo e all'attentato alle istituzioni. E'la post-verità cattiva del popolino gretto e ignorante. Vuoi mettere con quella smerigliata e cristallina del potere?
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Si possono ingannare poche persone per molto tempo o molte persone per poco tempo.
Ma non si possono ingannare molte persone per molto tempo.

Abraham Lincoln


Questa massima di Lincoln non si adatta per Berlusconi che insiste.

Berlusconi guarda al 20%: Forza Italia mobilita la base





La strategia del Cavaliere in vista dell'ok di Strasburgo. Domenica il saluto agli azzurri riuniti a Roccaraso
Fabrizio De Feo - Ven, 06/01/2017 - 08:53

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Silvio Berlusconi dalla Sardegna continua a spronare i suoi parlamentari. Il desiderio è quello di rimettere in moto il partito, accendere l'orgoglio azzurro e individuare una strategia di crescita che riporti Forza Italia sopra il 20% rendendola trainante e protagonista.

Politicamente in questa fase la tendenza è quella di un ancoraggio sempre più forte con il Ppe. In questo senso tre passaggi sono sotto i riflettori: il voto del 17 gennaio che potrebbe portare Antonio Tajani alla guida dell'Europarlamento, la definizione della nuova governance del Ppe (come vicepresidente potrebbe andare l'europarlamentare Lorenzo Cesa) e infine la sentenza di Strasburgo che secondo quanto scrive il Corriere della Sera, potrebbe arrivare a luglio. Un mosaico che si potrebbe completare con le elezioni tedesche dove sarà ancora protagonista Angela Merkel e la cui vittoria viene ritenuta auspicabile.

In questo schema le primarie più che di coalizione potrebbero essere di partito, sussurra qualcuno, come in Francia o negli Stati Uniti. Inoltre Berlusconi sta pensando a una accelerazione sociale, a un piano contro la povertà con una particolare attenzione ai ceti storici di riferimento di Forza Italia, quindi autonomi, professionisti, commercianti e partite iva, sottoposti a un costante logoramento del loro potere d'acquisto o peggio a un vero e proprio impoverimento.

Di certo, dopo 23 anni dalla sua discesa in campo, Berlusconi è ancora il fulcro politico del centrodestra, si sente bene fisicamente e vuole riconquistare la sua storica centralità. In questo senso sarà interessante ascoltare il primo intervento post-pausa invernale del presidente di Forza Italia che avverrà domenica mattina con una telefonata alla festa «Azzurri in vetta» organizzata a Roccaraso da Nazario Pagano.

Inoltre la richiesta avanzata da Berlusconi ai parlamentari di rilanciare il legame con il territorio inizia ad avere seguito come dimostra l'iniziativa messa in campo dal coordinatore della Sardegna, Ugo Cappellacci. L'ex governatore lancia l'operazione «Zaino in spalla» e si mette in marcia, rigorosamente sui mezzi pubblici (bus o treno), per recuperare un rapporto diretto coi cittadini: «Dopo la campagna referendaria, che ci ha dato ottimi riscontri, una ripartenza per costruire politica dal basso», spiega. L'idea è quella di «uscire dal Palazzo per fare da megafono ad amministratori, cittadini, società civile sui temi della politica locale, recuperando la dimensione della comunità e, soprattutto, per andare oltre una comunicazione a senso unico tra politica e cittadino. Non più monologhi, ma una comunicazione bi-direzionale per riscoprire il senso di una Sardegna che supera gli egoismi di campanile, di categoria o generazionali, per ritrovarsi unita intorno a idee che trasformeremo in una proposta politica». Un format interessante che si trasformerà in un diario di bordo sul blog di Cappellacci.
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LIBRE news


Barnard: ci sveglieremo in altro pianeta, e nessuno ne parla


Scritto il 07/1/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi



«Casaleggio vide lungo: voleva creare la società civile del click da casa, tutto si fa in casa sul divano, in rete», ma «era un principiante: Facebook-Vr sarà la più devastante paralisi civica della storia, un fenomeno che non sfiorò neppure i sogni del padre della paralisi civica programmata, Edward Bernays». Parola di Paolo Barnard, secondo cui il dilagare della cosiddetta realtà virtuale, da Zuckerberg a Oculus con i visori “Rift Headset”, ben fotografa i mutamenti epocali ormai dietro l’angolo: «Il mondo si sta letteralmente trasformando in un altro pianeta», mentre in Italia le news sono ancora firmate da Grillo e Formigoni, Mediaset-Vivendi, Gentiloni e Poletti. Il capo di stato maggiore dell’esercito britannico e il suo futuro omologo americano, scrive Barnard, stanno preparando gli eserciti alla guerra futura, che sarà “cyber”. Alla “Bbc” il generale Richard Barrons ha detto: «Non ci saranno più bombardieri e soldati, ma “cyber fighters”. La Russia di Putin ha fatto il primo passo, in questo, ed è avanti: hanno un milione di programmatori già affiliati a 40 reti illegali. Silicon Valley, Google e Nsa stanno arrancando dietro a Mosca».

Le guerre, aggiunge il generale Barrons, saranno combattute «infiltrando le infrastrutture vitali di un paese avversario». Esempio: «Una notte le luci di tutta la Francia salteranno, e nel panico i francesi scopriranno che sono saltati anche i back-up, i server saranno tutti muti. Una potenza Nato messa in ginocchio in meno di un secondo, senza bombe». E che dire dell’energia? «Le rinnovabili uccideranno gli idrocarburi», scrive Barnard nel suo blog. «Questo lo si è capito ai massimi livelli in Usa, Cina, Arabia Saudita, ma soprattutto fra i colossi d’investimento. Chi segue “Carbon Tracker” si fa un’idea della furiosa corsa dei poteri mondiali per l’energia di domani, ma soprattutto del potenziale di conflitti mostruosi per la spartizione della torta. Tutti i paradigmi politici legati all’energia sono saltati, e l’energia è tutto. Miliardi di poveri del mondo rischiano di finire nelle mani degli investitori per accendere una lampadina, mille volte più di quanto non lo siano già oggi».

Oltre ai conflitti “cyber”, poi, rimane l’atomica: «Se ci sarà conflitto nucleare sarà in due luoghi: il mar del Sud della Cina, dove gli Usa stanno tentando di tagliare le comunicazioni mercantili ed energetiche di Pechino; oppure nel Jammu-Kashmir, dove fra India e Pakistan la miccia atomica è letteralmente tutti i giorni a un centimetro dal fuoco», sostiene Barnard. Per non parlare della finanza: «Tutta Europa, e tutta la vita economica di ogni vivente oggi in Ue, è appesa al filo del “tapering” della Bce di Draghi. Il “tapering” è il momento certo e già annunciato nel quale la Bce finirà di tenere viva l’Europa comprandogli trilioni di euro di assets (statali e privati) che altrimenti nessuno vorrebbe o che avrebbero prezzi stracciati e tassi alle stelle». Il quantitative easing di Draghi «è oggi l’oggetto di discussione frenetica di tutti gli Ad di ogni singolo istituto finanziario del pianeta. C’è il totale panico, ed è panico vero», ma in Italia a tener banco sono solo la Raggi, Equitalia, i 104 indagati del Pd.

Poche settimane fa, aggiunge Barnard, il più grande gruppo assicurativo del mondo, Ing, ha convocato un seminario con oltre 600 esperti mondiali sulla “glocalization”. Letteralmente, per Google: «Diffusione su scala mondiale, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, di elementi culturali, idee, stili di vita propri di realtà locali». Ma anche: «Strategia economica e politica volta a correggere gli aspetti più problematici della globalizzazione, sfruttandone le opportunità per valorizzare a livello mondiale il ruolo di governi, mercati o imprese locali». Per Wikipedia, il neologismo introdotto dal sociologo Zygmunt Bauman significa: «Adeguare il panorama della globalizzazione alle realtà locali, così da studiarne meglio le loro relazioni con gli ambienti internazionali». E quindi: «La creazione o distribuzione di prodotti e servizi ideati per un mercato globale o internazionale, ma modificati in base alle leggi o alla cultura locale», nonché «l’uso di tecnologie di comunicazione elettronica, come Internet, per fornire servizi locali su base globale o internazionale. Craigslist e Meetup sono esempi di applicazioni web glocalizzate». E infine: «La creazione di strutture organizzative locali, che operano su culture e bisogni locali, al fine di diventare multinazionali o globali. Questo comportamento è stato seguito da varie aziende e corporation, ad esempio dall’Ibm».

Per Barnard, «è il fenomeno inverso della vecchia globalizzazione e dell’“outsourcing” dei posti di lavoro verso paesi a manodopera per pochi centesimi (Cina, Thailandia, Messico, Bangladesh)». Domanda: perché la “glocalization” sta diventando un altro tema di fibrillazione dei colossi e delle think-tank del mondo occidentale? «Perché anche qui tutti i paradigmi della produzione industriale sono saltati: siamo in un incubo d’incognite su cosa accadrà nel processo di “glocalization” ai nostri impieghi, alle nostre economie. Un intero mondo è di nuovo saltato in frantumi nel cosmo». Da noi chi ne parla? Nessuno. «Oggi le parole di filosofia politica e morale più impressionanti escono dalla bocca di uomini come Ray Dalio, Ceo di Bridgewater, hedge fund “monster”. O da Bill Gross, l’ex Re Mida di Pimco, il più grande gestore di “fixed income” del mondo», investitori in azioni private e titoli di Stato. «Parlano di informazione, di moralità nell’economia, delle strutture sociali, del senso della morte persino, ma lo fanno però con la conoscenza degli strumenti dei padroni del mondo, cioè con la conoscenza del motore che fa vivere o morire 7 miliardi di umani. Questo fa una differenza incredibile». Perfettamente inutili, dice Barnard, «gli sproloqui di filosofi o intellettuali contemporanei», perché «non sanno nulla del motore che fa vivere o morire 7 miliardi di umani». Conclusione: tutto sta cambiando alla velocità della luce, e nessuno ce lo spiega.

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SOTTO LE MACERIE




7 gen 2017 14:18
MA IN CHI CREDONO GLI ITALIANI? A PICCO LA FIDUCIA NEI PARTITI, NEI SINDACATI E NELLE ORGANIZZAZIONI IMPRENDITORIALI

- AL PRIMO POSTO C’E’ PAPA FRANCESCO E POI LE FORZE DELL’ORDINE

- NON PIACCIONO I SERVIZI PUBBLICI MA NESSUNO VUOLE PIÙ SETTORE PRIVATO

- IDEM PER L’EURO: LA MONETA UNICA E’ CRITICATISSIMA MA IL RITORNO ALLA LIRA FA PAURA





Ilvo Diamanti per “la Repubblica”


Nell' anno dell' anti-politica, mentre si acuisce il distacco dallo Stato e dai partiti, si assiste a un prepotente ritorno della politica.

O meglio: della "partecipazione politica". Attraverso nuovi "media".

Ma anche attraverso le forme più tradizionali.

Internet e la piazza, insieme.

A rinforzarsi a vicenda.

Peraltro, all'indomani del referendum che ha bocciato la proposta di riformare la Costituzione, riemerge e si ripropone, ancora ampia, la domanda di riformare la Costituzione. E le istituzioni.

Di emendare il bicameralismo.

Di ridurre i costi della politica.

Sono alcuni paradossi - apparenti - del XIX Rapporto

"Gli italiani e lo Stato", curato da Demos per Repubblica.

D'altronde, la campagna referendaria, per quanto aspra, ha, comunque, ri-educato gli italiani ai temi della Carta costituzionale.

E ne ha concentrato l' attenzione intorno alle questioni pubbliche.

Non solo, ma ha mobilitato gran parte dei cittadini.

Li ha spinti al voto e, prima ancora, al dibattito.

Nelle sedi politiche, ma anche nella vita quotidiana, negli ambienti privati.

Sono gli effetti imprevisti di tanti mesi di confronto e divisioni.

Alla fine hanno realizzato un esito unificante.

Sotto altri profili, questo Rapporto riproduce un ritratto coerente con il passato.

In alto, davanti a tutto e a tutti, nella classifica dei soggetti pubblici: Papa Francesco. E le Forze dell' Ordine.

Rispondono a una domanda - diffusa e radicata - di certezza etica e, d' altro canto, di sicurezza personale.

Mentre le istituzioni dello Stato riscuotono la consueta diffidenza.

Al tempo stesso, i cittadini sono insoddisfatti dei servizi pubblici.

Provano sfiducia nei confronti delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali.

Ma, soprattutto, verso i soggetti di rappresentanza politica.

I partiti, lo stesso Parlamento.

Sono, come sempre, in fondo alla classifica.

Evidentemente, è in questione il fondamento della nostra democrazia, visto che i principali attori della rappresentanza, i partiti, non sono solamente sfiduciati, ma vengono ritenuti "corrotti".

Quanto e più che ai tempi di Tangentopoli.

Il No al referendum costituzionale, d'altronde, ha avuto - anche - questo significato.

Un No al sistema dei partiti.

E ai politici che li guidano.

In testa: il Premier.

La sfiducia diffusa nella società, peraltro, avvolge anche la sfera delle relazioni personali, dei "rapporti con gli altri".

Guardati con prudenza da gran parte dei cittadini.

Chissà: ci potrebbero fregare

E poi ci sentiamo "invasi". La paura degli immigrati non è mai stata così alta.

Eppure, come sempre quando si tratta dell' Italia e degli italiani, il quadro non è mai così lineare e coerente come potrebbe apparire a prima vista.

La considerazione dei servizi pubblici, anzitutto.

Gli italiani non ne sono soddisfatti, come detto.

Eppure pochi, anzi, pochissimi richiedono davvero "più privato".

È l'atteggiamento di prudenza critica, radicato nella nostra società.

La democrazia: sarà anche corrotta, ma "un uomo solo al comando" potrebbe essere più pericoloso.

Per non parlare della UE e dello stesso Euro.

Gli italiani ne pensano il peggio.

Però pochi, pochissimi, tra loro, vorrebbero abbandonare l'Euro.

E la UE.

Perché, anche se non piacciono, non si sa mai

Restarne fuori potrebbe costarci parecchio.

Lo stesso discorso vale per le riforme costituzionali.

Non più tardi di un mese fa largamente bocciate.

Tuttavia, la necessità di emendare la Costituzione, per renderla più efficiente, è largamente condivisa.

E molti che un mese fa avevano votato No, oggi si dicono d' accordo con alcuni dei punti più importanti del referendum.

Il superamento del bicameralismo e, soprattutto, la riduzione dei parlamentari.

Il problema è che il referendum, nella percezione generale, assai più della Costituzione, riguardava il sistema politico e di governo. Per primo, Renzi.

Oggi quel governo e quel premier non ci sono più.

Mentre le riforme possono attendere.

Quanto, non si sa.

Sicuramente, parecchio.

In questo cielo chiaroscuro c' è una zona di luce interessante e significativa.

La partecipazione.

Nell' ultimo anno appare cresciuta in modo significativo.

In massima misura quella "immediata", realizzata attraverso la rete e i social-media.

Strumento di "democrazia della sorveglianza".

Mentre la partecipazione sociale e il volontariato segnano il passo.

Probabilmente, fra queste tendenze c' è una relazione. In quanto le nuove forme di partecipazione hanno, in parte, surrogato e, talora, rimpiazzato la partecipazione sociale e volontaria.

Ma si è allargata anche la partecipazione politica "tradizionale", incentivata, nel corso degli ultimi mesi dalla mobilitazione referendaria. In ogni caso, la "critica democratica" ha allargato le basi della "partecipazione democratica".

Ha spinto i cittadini a interrogarsi sui valori e sui limiti della Costituzione.

Sui rischi che corriamo, nel tentativo di correggerla e ridisegnarla.

Ma anche su quanto ci costa la resistenza a ogni innovazione.

Insomma, nel corso dell' ultimo anno, mi pare sia cresciuto, fra i cittadini, il senso civico e critico.

Insieme alla domanda di riforme.

Che potrebbe essere assecondata meglio evitando di "politicizzarla".

O meglio, di piegarla a fini politici contingenti.

Ma mi pare sia stato un buon anno per la nostra democrazia.

Nonostante tutto.

Perché si è allargata la voglia e anzitutto la pratica della partecipazione.

Politica e critica.

Attraverso vecchie e, soprattutto, nuove vie.

La mobilitazione e l' affluenza inattesa, per dimensione, al referendum, ne sono un segnale evidente.

Meglio seguirlo con attenzione.

Certo, continuiamo ad essere un popolo di riformisti scettici, animati da un rapporto con lo Stato: critico e disincantato.

E da un orientamento politico polemico.

Eppure attivo e partecipe.

Ci sentiamo europei: nonostante tutto.

Siamo italiani.

Una nazione con poco Stato. Oppure troppo. Dipende dai punti di vista.
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QUANDO I DISEGNI DELLA SOVRAGESTIONE (ELITE MASSONICO-FINANZIARIA) COMINCIA A GERMOGLIARE NELLE SINGOLE NAZIONI






Il Comandante della Polizia locale in divisa da maggiore delle SS: "Così potremmo sistemare le cose"

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Rai News

2 ore fa

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Vestito con la divisa delle SS: cosi' e' apparso su Facebook Giorgio Piacentini, comandante della polizia locale di Biassono (Monza e Brianza), che si e' scattato una foto e l'ha postata sul proprio profilo. E a chi gli chiedeva se fosse la nuova divisa di servizio, ha replicato: "Basterebbe una compagnia di questi per sistemare alcune cose".

La notizia e' stata rilanciata dal quotidiano locale 'Qui Brianza', che riporta anche vari commenti e altrettante risposte di Piacentini.


Giorgio Piacentini, comandante Vigili del fuoco, responsabile polizia locale di Biassono, divisa SS (Screenshot/Web)© Fornito da Rai News Giorgio Piacentini, comandante Vigili del fuoco, responsabile polizia locale di Biassono, divisa SS (Screenshot/Web)
http://www.msn.com/it-it/notizie/italia ... spartanntp

E' proprio lui a spiegare che si tratta della divisa da "Hauptscharfuhrer" (maggiore) della "Freiwillige Division Wallonien", cioe' la formazione paramilitare nazista costituita su base volontaria in Vallonia.

Immediate le reazioni sulla rete, che hanno provocato la cancellazione della foto.
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Re: Come se ne viene fuori ?

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IL FESTILVAL DELLE BUFALE HA CONTAGIATO IL PIANETA







“Assange con Putin e Trump”. La superbufala del Guardian


Il quotidiano inglese, in prima fila nella guerra alle fake news, riprende un’intervista del capo di Wikileaks falsificandola: non ha lodato The Donald né detto che Mosca è un Paese libero

“Assange con Putin e Trump”. La superbufala del Guardian


di Virginia Della Sala | 7 gennaio 2017


È uno di quei casi in cui il termine post-verità può riferirsi non solo a qualcosa che è altro dalla verità, ma anche a una verità che arriva dopo. E lo fa con un articolo di Glenn Greenwald, fondatore del sito di inchieste The Intercept ma, soprattutto, giornalista che nel 2013 ha svelato lo spionaggio di massa della National security agency americana.

A subire il fact checking di Greenwald, a fine dicembre, è il Guardian (su cui era stato pubblicato lo scoop Nsa) reo di aver distorto i contenuti dell’intervista che Julian Assange, fondatore di Wikileaks ora in asilo politico presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, aveva rilasciato alla giornalista Stefania Maurizi per Repubblica. “Julian Assange elogia Trump e attacca la Clinton in un’intervista” era il titolo dell’articolo, diventato virale online, a firma di Ben Jacobs. “Una sintesi completamente falsa” è stata la risposta di Greenwald. E a ragione.

Ricostruiamo la vicenda. il 24 dicembre: sul sito del Guardian, Ben Jacobs pubblica un articolo in cui si sostengono due tesi. La prima: nell’intervista, Assange avrebbe lodato Trump e disprezzato la Clinton. La seconda: Assange avrebbe uno stretto rapporto con il regime di Putin e avrebbe detto che in Russia non c’è alcun bisogno di Wikileaks (e quindi delle soffiate anonime, il cosiddetto whistleblowing) visto l’aperto e partecipato dibattito nel Paese. Il cronista ricorda poi le accuse dell’intelligence americana contro hacker russi al servizio di Putin, accusati di aver passato a Wikileaks informazioni contro la Clinton per favorire Trump in campagna elettorale. Come Greenwald dimostra (e come ripetuto dalla stessa Maurizi in tweet, puntualmente ignorati dal Guardian), basta leggere l’intervista – pubblicata in inglese su Repubblica.it – per accorgersi che Assange non ha detto nessuna delle due cose e che quella testata che tanto si è schierata contro le fake news stavolta ne è stata promotrice.

“L’elezione di Hillary Clinton – dice Assange quando gli viene chiesto di commentare la vittoria di Trump – avrebbe implicato il consolidamento del potere nella preesistente classe dirigente degli Stati Uniti. Trump non è un insider, fa parte della classe dirigente ricca degli Stati Uniti e sta raccogliendo attorno a sé uno spettro di altre persone ricche e molte personalità idiosincratiche (…) una struttura debole che sta destabilizzando e soppiantando la rete di potere centrale preesistente (…) Al momento il suo declino indica che ci sono opportunità di cambiamento negli Stati Uniti: un cambiamento per il peggio e un cambiamento per il meglio”. Un’osservazione sociologica sulla possibilità che l’instabilità politica porti vantaggi. E che, spiega Greenwald, rende Wikileaks esattamente come ogni organizzazione, politica e mediatica, che stia cercando di convertire in qualcosa di buono la “nuvola nera” attorno all’elezione di Trump. Nessuna lode, nessun attacco.

Poi c’è la parte sulla Russia: Assange risponde alla domanda sul perché Wikileaks non riceva dai regimi di Russia e Cina lo stesso numero di leak che invece arrivano dai paesi occidentali che, probabilmente, sono stimolati dalle stesse rivelazioni. “La mia interpretazione è che in Russia ci siano molti concorrenti a Wikileaks, dove oltretutto mancano membri dello staff che parlino il russo…”, spiega Assange. Poi aggiunge che comunque hanno pubblicato più di 800mila documenti legati alla Russia e a Putin. E due milioni di documenti sulla Siria e su Bashar al-Assad. dati omessi dal Guardian. “Ma la maggior parte delle nostre pubblicazioni arriva da fonti occidentali… – ribadisce – la vera discriminate è quanto una cultura sia distante da quella inglese. Quella cinese lo è abbastanza”.
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SOTTO LE MACERIE



NEPPURE MARCO TRAVAGLIO RIESCE PIU' AD ORIENTARSI SOTTO QUESTO AMMASSO DI MACERIE



A.A.A. Cercasi
classe dirigente



»MARCO TRAVAGLIO
La figuraccia rimediata dai 5Stelle, che votano per abbandonare l’alleanza tattica con l’Ukip di Farage ed entrare nel gruppoAlde dei Liberali Europei, ma ne vengono respinti sull’uscio, la dice lunga sulla fase di transizione che sta vivendo il movimento. La parola chiave è “establishment”, usata da Grillo l’altro ieri per caldeggiare la svolta (“per incidere sul risultato di molte decisioni importanti per contrastare l’establishment europeo”) e ieri per spiegare il dietrofront dei possibili partner (“l’establishment ha deciso di fermare l’ingresso del M5S nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo... Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima”). L’e s ta bl ishment è l’insieme di poteri costituitiche imovimentianti-sistema come i 5Stelle contestano e vogliono abbattere con sistemi democratici. Madei quali,contemporaneamente e paradossalmente, hanno bisogno per condurre una battaglia democratica secondo le regole. È lo stesso paradosso in cui si dibattono le sindache pentastellate di Roma e Torino: con minor fortuna Virginia Raggi, con maggiore fortuna Chiara Appendino. E questo non perché, come si dice, la prima sia una capra e la seconda un genio, ma proprio per la diversa qualità degli establishment delle due città: buono o almeno decente, per quanto chiuso e autistico, quello torinese; pessimo e inquinatissimo quello romano. A Torino l’Appendino è entrata in una struttura comunale indebitatissima, ma sostanzialmente sana e disponibile, infatti vari pezzi di società civile hanno iniziato a collaborare con lei, che a fine anno ha rimodellato la sua rivoluzione gentile spiegando che non tutto il passato è da buttare:la Torino che conta ha accettato l’idea di essere governata da un’estranea al salottino sabaudo dei soliti noti. A Roma la Raggi è entrata in una cloaca a cielo aperto, inquinata e refrattaria a ogni cambiamento, s’è fidata di pezzi del vecchio establishment che le parevano sani ma si sono rivelati infetti e, quando ha cercato di aprirsi alla società civile, ha trovato solo porte sbarrate: la Roma che conta non ha ancora digerito l’avvento della sindaca “marziana”e specie dopo il No alla mangiatoia olimpica –non ha rinunciato all’idea di mandarla a casa per tornare ai vecchi giochi e abbuffate. Il crinale su cui camminano i 5Stelle è come la corda dell’equilibrista. Se si scontrano con l’establishment, ne vengono stritolati e massacrati (complici le tv e i giornaloni di regime) e presto o tardi vanno a casa.
Se invece tentano di cooptarne qualche pezzo, se lo ritrovano sotto inchiesta o in galera (vedi i casi Muraro e Marra), o ne vengono respinti come corpi estranei (vedi l’Alde, che prima sigla l’intesa con Grillo e Casaleggio, poi si spacca e rinnega l’accordo). Comunque vada il risultato –almeno all’esterno – è sempre lo stesso: caos, dilettantismo, sprovvedutezza, incapacità, inaffidabilità. L’unica buona notizia è che i vertici del M5S si pongono il problema di uscire da questa spirale e di sfidare i detrattori abbandonando il ribellismo fine a se stesso e costruendo una nuova struttura e una nuova immagine all’altezza delle aspettative di una forza che si candida a governare e rappresenta ormai quasi un terzo dell’elettorato. Non sempre le soluzioni sono azzeccate, ma almeno testimoniano la scoperta della politica, con le regole e i pragmatismi che si impongono con numeri così grandi e traguardi così alti: prima la fine dell’assurdo ostracismo televisivo e il direttorio, poi il codice etico,orala ricerca di una collocazione europea più credibile e domani –chissà –qualche alleanza (specie se la nuova legge elettorale sarà proporzionale). Ogni mossa scontenta qualcuno e fa perdere qualche migliaio di voti: ma se almeno 10 milioni di italiani dichiarano di voler votare 5Stelle, non si può pensare che siano tutti grillini della prima ora. Anche qui l’equilibrismo di uscire dall’isolamento senza perdere l’identità-diversità è rischioso e riguarda, ancora una volta, il rapporto con gli establishment: della politica, della burocrazia, delle professioni, dell’economia, della cultura, dei media, dell’E uropa. Senza e contro di loro, si soccombe. Ma con loro si rischia di soccombere ugualmente. La via di mezzo è costruire una classe dirigente propria, che finora non c’è, e con quella rapportarsi con gli establishment da posizioni di forza, non col cappello in mano. Ma le classi dirigenti non si inventano dalla sera alla mattina. E questo lo sa anche Renzi, che tre anni fa proprio in questi giorni calò su Roma nell’illusione di essere pronto a governare e partorì un’accozzaglia di vecchie muffe della tanto vituperata casta che prometteva di rottamare, con l’aggiunta di quattro amici al bar del tutto inadeguati alla sfida (le Boschi, i Lotti, i Campo Dall’Orto). E lo sanno anche nel centrodestra dove, evaporato (o ammanettato) il partito-azienda di B., si aggira nel pollaio una miriade di galletti senza truppe e soprattutto senza idee. Ci si può consolare con la crisi delle élite in quasi tutto il mondo. Oppure ci si può porre il problema di come far nascere nuovi establishment in grado di sostituire i vecchi, che hanno fatto danni incalcolabili ma resistono per mancanza di alternative. Ci vogliono scuole, corsi, insegnanti e soprattutto idee. Da domani, senza la pretesa di avere la soluzione in tasca, il Fatto ascolterà sul tema molti pareri informati e autorevoli e ne farà una campagna per tutto il 2017, con la stessa cocciutaggine con cui nel 2015-2016 abbiamo combattuto lo stravolgimento della Costituzione. Vedi mai che venga fuori qualche buona proposta. E che qualcuno la raccolga
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Re: Come se ne viene fuori ?

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FIGLI CHE AMMAZZANO I GENITORI. GENITORI CHE AMMAZZANO I FIGLI.

TUTTO NELL'INDIFFERENZA DELLO STATO, MA SEMBRA ANCHE DAL MONDO CATTOLICO.
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Re: Come se ne viene fuori ?

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UncleTom ha scritto:FIGLI CHE AMMAZZANO I GENITORI. GENITORI CHE AMMAZZANO I FIGLI.

TUTTO NELL'INDIFFERENZA DELLO STATO, MA SEMBRA ANCHE DAL MONDO CATTOLICO.


2 gen 2017 17:45

ORRORE CAPITALE

- UNA MADRE TENTA DI UCCIDERE LA FIGLIA DI 3 ANNI RICOVERATA ALL’OSPEDALE BAMBINO GESÙ METTENDO PSICOFARMACI NEL BIBERON

- CASA FAMIGLIA LAGER A ROCCA DI PAPA: DOCCE GELATE AI BAMBINI COSTRETTI ANCHE A RIMANGIARE IL LORO VOMITO E A DORMIRE SENZA COPERTE

- CONDANNATE 3 SUORE: UNA ANCHE PER ABUSI SESSUALI - -



Da www.ilmessaggero.it


Tenta di uccidere la figlia di tre anni versandole del benzodiazepine nel biberon. Per questo una madre 29enne è stata arrestata dai carabinieri. I fatti, a quanto riferito, si sono verificati all'ospedale Bambino Gesù dove la piccola si trovava per problemi fisici. Stando a quanto ricostruito, la donna avrebbe così cercato di attirare l'attenzione del marito, la cui relazione sarebbe stata in crisi.





DOCCE GELATE AI BAMBINI


Eugenia Belvedere per www.ilmessaggero.it

Avevano instaurato un vero e proprio clima di terrore all' interno di una casa famiglia per minori di Rocca di Papa. Così tre suore originarie del Sud America sono state condannate dal tribunale di Velletri con le accuse di maltrattamenti. Amparo Pena Guardado, accusata anche di aver intrattenuto rapporti sessuali con un minore all' interno della struttura, è stata condannata a 5 anni e sei mesi di reclusione e al divieto di lavorare con minori per tutta la vita.


La sorella gemella, Virginia Pena Guardado , è stata condannata invece a 2 anni di reclusione, mentre Lorena Nely Sorto Hendriquez a un anno e 11 mesi. Le ultime due religiose, come previsto dalla legge, godranno della sospensione della pena detentiva.

Una decisione che, almeno per i giudici di primo grado, conferma la ricostruzione fornita dalla procura secondo la quale, i bambini ospitati dalla struttura gestita dalle suore carmelitane, in via Lucatelli a Rocca di Papa, hanno, nel corso del tempo, subito maltrattamenti ed angherie da parte delle tre suore sud americane.

Secondo la denuncia sporta dalla madre di due dei piccoli alloggiati nella casa famiglia, la signora S. D., le suore costringevano i piccoli a rimangiare il loro vomito o a subire punizioni corporali.

Ma sarebbero anche altre le vessazioni emerse durante le indagini preliminari del gip Giuseppe Patrone che hanno portato al rinvio a giudizio delle tre suore. Oltre ad essere mal vestiti e costretti a ripulire la struttura ogni mattina prima di andare a scuola, secondo i testimoni erano tante le situazioni di disagio dei piccoli.

Uno di loro sarebbe stato costretto a dormire senza coperta nonostante il freddo perchè, sottratto alla madre, si faceva la pipì addosso di notte e le suore non gradivano di dover rilavare ogni volta le coperte.

Erika Iannucci, l' avvocato di parte civile che rappresentava la signora D., nella discussione finale ha ricordato: «La mia assistita ha sporto denuncia nel 2007, nel 2009 e nel 2011 a queste poi si aggiunte le denunce della signora Sorrenti, madre di altri due minori alloggiati nella struttura e quella di una psicologa. E in tutto questo tempo le tre suore sono rimaste nella casa famiglia così che i maltrattamenti sono continuati. Abbiamo inoltre ascoltato il racconto di Alex, oggi maggiorenne e detenuto per furto d' auto, che raccontava di come negli anni abbia subito le attenzioni sessuali da parte di suor Amparo».


Chiedendo la massima pena prevista dalla legge l' avvocato ha concluso ricordando l' episodio di un bambino affetto da tetraparesi spastica che giaceva nella pipì in un corridoio. Per l' avvocato difensore delle religiose, il legale Giovanni Coppola, si è trattato di un vero e proprio accanimento contro le tre suore: «In cinque anni di indagini, di fronte ad accuse così gravi, la procura non ha autorizzato nessuna intercettazione».

Oggi che la casa famiglia è stata chiusa e i bambini trasferiti, o in alcuni casi, riaffidati alle famiglie, la madre di due minori S. D. non nasconde l' amarezza: «Sono soddisfatta che la struttura sia chiusa ma i miei figli sono seguiti da due psicologici per i danni subiti, niente potrà riparare a questo».
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le storie

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http://www.corriere.it/cronache/cards/q ... pale.shtml


Quando i figli uccidono i genitori: i delitti
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