Economia
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Re: Economia
SOTTO LE MACERIE, CON IL PERICOLO CHE LA POLVERIERA ITALIA ESPLODA DA UN MOMENTO ALL'ALTRO
Le sofferenze delle banche?
È colpa delle grandi imprese
Allarme della Cgia di Mestre: l'80% dei crediti deteriorati legati a colossi societari. E gli istituti non fanno più prestiti
di Massimo Restelli
Le sofferenze delle banche?
È colpa delle grandi imprese
Allarme della Cgia di Mestre: l'80% dei crediti deteriorati legati a colossi societari. E gli istituti non fanno più prestiti
di Massimo Restelli
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Re: Economia
Il debito italiano è sempre meno credibile. Delle quattro agenzie di rating che la BCE valuta quando deve fornire liquidità alle banche italiane, anche l’ultima, l’agenzia canadese Dbrs, ha retrocesso i nostri titoli di Stato da A a BBB. Lo avevano già fatto le più note agenzie Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch. Secondo l’istituto canadese il problema del debito italiano è che l’economia non cresce e ristagnano anche tutti gli altri fondamentali economici, tra i quali l’occupazione. A ciò si aggiunge una crisi bancaria della quale il Governo Renzi ha gettato le basi con tre mosse sconsiderate:
1) la risoluzione delle quattro banche popolari a carico dei risparmiatori
2) il recepimento della direttiva europea sul bail-in
3) un folle referendum costituzionale che ha esasperato la già disastrosa situazione di Mps, banca legata a doppio filo con il suo partito.
Le responsabilità del Governo Renzi, e quindi anche del Ministro dell’Economia Padoan e del Ministro degli Esteri Gentiloni, che oggi siede a Palazzo Chigi, sono immense. Il primo dovrebbe ritirarsi per sempre dalla vita politica, invece di preparare un ritorno in grande stile sulle macerie dell’economia italiana, gli altri due dovrebbero dimettersi immediatamente lasciando la parola al popolo italiano. Non lo faranno, e la crisi bancaria italiana si trascinerà dietro altre decine di migliaia di incolpevoli risparmiatori.
Ciò detto, tutti sappiamo che le agenzie di rating non meritano alcuna fiducia. Fino alla catastrofe finanziaria del 2008 valutarono i mutui spazzatura concessi dalle banche americane con una tripla A. Sono controllori in pieno conflitto di interesse con istituti e Governi che dovrebbero controllare. Non si tratta quindi di pendere dalle loro labbra, ma di riconoscere che all’interno di questo sistema finanziario globale il loro parere conta, perché muove gli investitori e influenza così la stabilità dei Governi.
L’ulteriore retrocessione del debito italiano significa, tecnicamente, che le banche italiane già in forte crisi dovranno garantire alla BCE più titoli di prima in cambio della liquidità necessaria alla loro attività quotidiana. Si stima uno sforzo aggiuntivo in termini di titoli da girare in garanzia alla Bce tra i 14 e i 30 miliardi di euro. Certo, non si tratta di miliardi netti che escono dal sistema creditizio nazionale, ma dei cosiddetti collaterali scambiati con la Bce in cambio di liquidità fresca. Le banche italiane, nel complesso, hanno collaterali in abbondanza. Ciò che vale nel complesso, però, non vale per tutti gli istituti di credito presi singolarmente. Qualcuno di essi potrebbe soffrire il declassamento del nostro debito e la maggiore richiesta di collaterali da parte della Bce.
Se però il dato tecnico è nel complesso gestibile, dato che le banche italiane in generale non hanno problemi di liquidità ma di capitale e di crediti deteriorati, il dato politico è pesantissimo. Questa volta, infatti, le agenzie di rating non dicono il falso, ma fotografano un’economia in pezzi. Poco importa che queste agenzie siano una parte del problema perché sono stati gli ultimi Governi a distruggere il Paese con l’austerità, i tagli ai servizi pubblici e una pressione fiscale insostenibile. Se Renzi ha sempre eseguito i diktat di bilancio dell’Unione Europea e non ha mai messo in discussione la camicia di forza dell’euro è per una ragione molto semplice: ha voluto farlo.
Ricordiamocelo quando fra qualche mese, dopo altri 20 miliardi di euro che i cittadini avranno pagato per salvare le banche, il Bomba verrà a cantarci le meraviglie del suo Governo e a chiederci una X sulla scheda elettorale.
http://www.beppegrillo.it/2017/01/uneco ... sini_.html
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Non molti anni addietro un presidente del consiglio Silvio disse:Le nostre banche sono OK.Infatti ora vediamo come sono.
Ciao
Paolo11
1) la risoluzione delle quattro banche popolari a carico dei risparmiatori
2) il recepimento della direttiva europea sul bail-in
3) un folle referendum costituzionale che ha esasperato la già disastrosa situazione di Mps, banca legata a doppio filo con il suo partito.
Le responsabilità del Governo Renzi, e quindi anche del Ministro dell’Economia Padoan e del Ministro degli Esteri Gentiloni, che oggi siede a Palazzo Chigi, sono immense. Il primo dovrebbe ritirarsi per sempre dalla vita politica, invece di preparare un ritorno in grande stile sulle macerie dell’economia italiana, gli altri due dovrebbero dimettersi immediatamente lasciando la parola al popolo italiano. Non lo faranno, e la crisi bancaria italiana si trascinerà dietro altre decine di migliaia di incolpevoli risparmiatori.
Ciò detto, tutti sappiamo che le agenzie di rating non meritano alcuna fiducia. Fino alla catastrofe finanziaria del 2008 valutarono i mutui spazzatura concessi dalle banche americane con una tripla A. Sono controllori in pieno conflitto di interesse con istituti e Governi che dovrebbero controllare. Non si tratta quindi di pendere dalle loro labbra, ma di riconoscere che all’interno di questo sistema finanziario globale il loro parere conta, perché muove gli investitori e influenza così la stabilità dei Governi.
L’ulteriore retrocessione del debito italiano significa, tecnicamente, che le banche italiane già in forte crisi dovranno garantire alla BCE più titoli di prima in cambio della liquidità necessaria alla loro attività quotidiana. Si stima uno sforzo aggiuntivo in termini di titoli da girare in garanzia alla Bce tra i 14 e i 30 miliardi di euro. Certo, non si tratta di miliardi netti che escono dal sistema creditizio nazionale, ma dei cosiddetti collaterali scambiati con la Bce in cambio di liquidità fresca. Le banche italiane, nel complesso, hanno collaterali in abbondanza. Ciò che vale nel complesso, però, non vale per tutti gli istituti di credito presi singolarmente. Qualcuno di essi potrebbe soffrire il declassamento del nostro debito e la maggiore richiesta di collaterali da parte della Bce.
Se però il dato tecnico è nel complesso gestibile, dato che le banche italiane in generale non hanno problemi di liquidità ma di capitale e di crediti deteriorati, il dato politico è pesantissimo. Questa volta, infatti, le agenzie di rating non dicono il falso, ma fotografano un’economia in pezzi. Poco importa che queste agenzie siano una parte del problema perché sono stati gli ultimi Governi a distruggere il Paese con l’austerità, i tagli ai servizi pubblici e una pressione fiscale insostenibile. Se Renzi ha sempre eseguito i diktat di bilancio dell’Unione Europea e non ha mai messo in discussione la camicia di forza dell’euro è per una ragione molto semplice: ha voluto farlo.
Ricordiamocelo quando fra qualche mese, dopo altri 20 miliardi di euro che i cittadini avranno pagato per salvare le banche, il Bomba verrà a cantarci le meraviglie del suo Governo e a chiederci una X sulla scheda elettorale.
http://www.beppegrillo.it/2017/01/uneco ... sini_.html
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Non molti anni addietro un presidente del consiglio Silvio disse:Le nostre banche sono OK.Infatti ora vediamo come sono.
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Paolo11
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Re: Economia
IL CARDINAL BERLUSCONI E IL CARDINAL MUSSOLONI
In altro articolo del Giornale si celebra l’intenzione del cardinal Berlusconi, uscito per l’occasione dal sarcofago, di fare di nuovo comunella con il cardinal Mussoloni, tutti e due appartenenti alla nuova religione del BUNGA-BUNGA. Una religione fondata dal priore di Hardcore, nel lontano 1994.
Per questo motivo, il quotidiano del cardinal Berlusconi non fa nessun accenno alle responsabilità del suo amico-rivale nel seguente articolo, pubblicato 2 ore fa.
L'Istat conferma: Italia in deflazione. Non accadeva dal 1959
Il 2016 si chiude in deflazione. In media d’anno, nel 2016 i prezzi al consumo registrano una variazione negativa (-0,1%): è dal 1959 (quando la flessione fu pari a -0,4%) che non accadeva
Raffaello Binelli - Lun, 16/01/2017 - 10:39
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Arriva la conferma ufficiale, i prezzi al consumo registrano una variazione negativa (-0,1%): è dal 1959 (quando la flessione fu pari a -0,4%) che non accadeva.
L'''inflazione di fondo'', calcolata al netto degli alimentari freschi e dei prodotti energetici, rimane invece in territorio positivo (+0,5%), pur rallentando la crescita da +0,7% del 2015. L'Istat comunica i dati definitivi dei prezzi al consumo nel mese di dicembre, e il quadro che emerge non è buono per la nostra economia. A dicembre 2016 l’inflazione per l’intera collettività (indice Nic), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,4% su mese e dello 0,5% nei confronti di dicembre 2015.
La ripresa dell’inflazione a dicembre 2016 è dovuta principalmente all’accelerazione della crescita dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+2,6%, da +0,9% di novembre), degli energetici non regolamentati (+2,4%, da +0,3% di novembre) e degli alimentari non lavorati (+1,8%, era +0,2% il mese precedente). A dicembre l’"inflazione di fondo" sale a +0,6% (da +0,4% del mese precedente); al netto dei soli beni energetici si attesta a +0,7% (da +0,4% di novembre). Dopo trentaquattro mesi di variazioni tendenziali negative, i prezzi dei beni tornano a registrare una variazione positiva (+0,1%, da -0,4% di novembre), mentre il tasso di crescita dei prezzi dei servizi accelera, portandosi a +0,9% (era +0,5% a novembre).
In altro articolo del Giornale si celebra l’intenzione del cardinal Berlusconi, uscito per l’occasione dal sarcofago, di fare di nuovo comunella con il cardinal Mussoloni, tutti e due appartenenti alla nuova religione del BUNGA-BUNGA. Una religione fondata dal priore di Hardcore, nel lontano 1994.
Per questo motivo, il quotidiano del cardinal Berlusconi non fa nessun accenno alle responsabilità del suo amico-rivale nel seguente articolo, pubblicato 2 ore fa.
L'Istat conferma: Italia in deflazione. Non accadeva dal 1959
Il 2016 si chiude in deflazione. In media d’anno, nel 2016 i prezzi al consumo registrano una variazione negativa (-0,1%): è dal 1959 (quando la flessione fu pari a -0,4%) che non accadeva
Raffaello Binelli - Lun, 16/01/2017 - 10:39
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Arriva la conferma ufficiale, i prezzi al consumo registrano una variazione negativa (-0,1%): è dal 1959 (quando la flessione fu pari a -0,4%) che non accadeva.
L'''inflazione di fondo'', calcolata al netto degli alimentari freschi e dei prodotti energetici, rimane invece in territorio positivo (+0,5%), pur rallentando la crescita da +0,7% del 2015. L'Istat comunica i dati definitivi dei prezzi al consumo nel mese di dicembre, e il quadro che emerge non è buono per la nostra economia. A dicembre 2016 l’inflazione per l’intera collettività (indice Nic), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,4% su mese e dello 0,5% nei confronti di dicembre 2015.
La ripresa dell’inflazione a dicembre 2016 è dovuta principalmente all’accelerazione della crescita dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+2,6%, da +0,9% di novembre), degli energetici non regolamentati (+2,4%, da +0,3% di novembre) e degli alimentari non lavorati (+1,8%, era +0,2% il mese precedente). A dicembre l’"inflazione di fondo" sale a +0,6% (da +0,4% del mese precedente); al netto dei soli beni energetici si attesta a +0,7% (da +0,4% di novembre). Dopo trentaquattro mesi di variazioni tendenziali negative, i prezzi dei beni tornano a registrare una variazione positiva (+0,1%, da -0,4% di novembre), mentre il tasso di crescita dei prezzi dei servizi accelera, portandosi a +0,9% (era +0,5% a novembre).
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Re: Economia
18 gen 2017 14:51
''L'ITALIA NON CRESCERÀ MAI PIÙ''
- IL PRONOSTICO DELL'ULTRA-LIBERISTA MICHELE BOLDRIN: ''NON PRENDETEVELA CON EURO O GERMANIA, QUESTO PAESE VA RIFORMATO DA CAPO. RENZI PER PROVARE A VINCERE IL REFERENDUM HA FERMATO IL PAESE PER UN ANNO E MEZZO. SULLE BANCHE SI SPRECANO MILIARDI, SERVE L'INTERVENTO DELL'ESM E IL BAIL-IN. ALITALIA? VA GETTATA ALLE ORTICHE. PATETICO DIFENDERE MEDIASET, DEL VECCHIO HA DATO UNA LEZIONE A TUTTI''
Fabrizio Patti per http://www.linkiesta.it
«L’Italia non crescerà mai più, finché non cambia qualcosa in modo drastico». Michele Boldrin parla dalla Washington University di St. Louis, dove insegna da dieci anni. Dopo la fine dell’esperienza politica con Fare per Fermare il declino, di cui è stato fondatore e nell’ultimo anno coordinatore (fino alla fine del 2014), interviene meno nel dibattito italiano, se non dalle colonne di NoiseFromAmerika.
Ma ha le idee molto chiare sulla gravita della situazione dell’economia italiana, sulle responsabilità politiche di Matteo Renzi e sulle possibili soluzioni, che passano in primo luogo dall’intervento dell’Esm (il Meccanismo europeo di stabilità) per risolvere il problema di Monte dei Paschi di Siena. Lo abbiamo raggiunto al telefono al termine di una giornata in cui il nostro Paese ha incassato la doppia batosta della revisione al ribasso delle previsioni del Fmi sul Pil e della richiesta di una manovra aggiuntiva da parte di Bruxelles.
Professore, cominciamo dalla fine. La Repubblica ha anticipato che l’Ue ha intenzione di chiedere all’Italia una manovra di aggiustamento da 3,4 miliardi di euro. Se non la faremo, rischiamo una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Se n’era parlato prima del referendum, adesso sembra arrivare il conto.
È così. Anni fa, in quel mio breve passaggio politico per l’Italia, del tutto non pianificato, ho teso a dar fiducia a Renzi. Ma l’uomo è stato dannosissimo per il Paese, perché si è giocato l’ultima chance per l’Italia di avere una persona seria al governo. Gli è stato dato un credito enorme e gli europei hanno scommesso su di lui. Poi però non ha fatto quello che doveva fare e adesso gli arriva il conto. È una cosa annunciata: l’Italia per due anni o tre è riuscita a convincere la Commissione europea a chiudere un occhio, ma non si può andare avanti all’infinito. Non c’è nulla di strano in tutto questo e non possiamo che ringraziare Matteo Renzi e le sue scelte di politica economica.
CONTINUA
''L'ITALIA NON CRESCERÀ MAI PIÙ''
- IL PRONOSTICO DELL'ULTRA-LIBERISTA MICHELE BOLDRIN: ''NON PRENDETEVELA CON EURO O GERMANIA, QUESTO PAESE VA RIFORMATO DA CAPO. RENZI PER PROVARE A VINCERE IL REFERENDUM HA FERMATO IL PAESE PER UN ANNO E MEZZO. SULLE BANCHE SI SPRECANO MILIARDI, SERVE L'INTERVENTO DELL'ESM E IL BAIL-IN. ALITALIA? VA GETTATA ALLE ORTICHE. PATETICO DIFENDERE MEDIASET, DEL VECCHIO HA DATO UNA LEZIONE A TUTTI''
Fabrizio Patti per http://www.linkiesta.it
«L’Italia non crescerà mai più, finché non cambia qualcosa in modo drastico». Michele Boldrin parla dalla Washington University di St. Louis, dove insegna da dieci anni. Dopo la fine dell’esperienza politica con Fare per Fermare il declino, di cui è stato fondatore e nell’ultimo anno coordinatore (fino alla fine del 2014), interviene meno nel dibattito italiano, se non dalle colonne di NoiseFromAmerika.
Ma ha le idee molto chiare sulla gravita della situazione dell’economia italiana, sulle responsabilità politiche di Matteo Renzi e sulle possibili soluzioni, che passano in primo luogo dall’intervento dell’Esm (il Meccanismo europeo di stabilità) per risolvere il problema di Monte dei Paschi di Siena. Lo abbiamo raggiunto al telefono al termine di una giornata in cui il nostro Paese ha incassato la doppia batosta della revisione al ribasso delle previsioni del Fmi sul Pil e della richiesta di una manovra aggiuntiva da parte di Bruxelles.
Professore, cominciamo dalla fine. La Repubblica ha anticipato che l’Ue ha intenzione di chiedere all’Italia una manovra di aggiustamento da 3,4 miliardi di euro. Se non la faremo, rischiamo una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Se n’era parlato prima del referendum, adesso sembra arrivare il conto.
È così. Anni fa, in quel mio breve passaggio politico per l’Italia, del tutto non pianificato, ho teso a dar fiducia a Renzi. Ma l’uomo è stato dannosissimo per il Paese, perché si è giocato l’ultima chance per l’Italia di avere una persona seria al governo. Gli è stato dato un credito enorme e gli europei hanno scommesso su di lui. Poi però non ha fatto quello che doveva fare e adesso gli arriva il conto. È una cosa annunciata: l’Italia per due anni o tre è riuscita a convincere la Commissione europea a chiudere un occhio, ma non si può andare avanti all’infinito. Non c’è nulla di strano in tutto questo e non possiamo che ringraziare Matteo Renzi e le sue scelte di politica economica.
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Re: Economia
UncleTom ha scritto:18 gen 2017 14:51
''L'ITALIA NON CRESCERÀ MAI PIÙ''
- IL PRONOSTICO DELL'ULTRA-LIBERISTA MICHELE BOLDRIN: ''NON PRENDETEVELA CON EURO O GERMANIA, QUESTO PAESE VA RIFORMATO DA CAPO. RENZI PER PROVARE A VINCERE IL REFERENDUM HA FERMATO IL PAESE PER UN ANNO E MEZZO. SULLE BANCHE SI SPRECANO MILIARDI, SERVE L'INTERVENTO DELL'ESM E IL BAIL-IN. ALITALIA? VA GETTATA ALLE ORTICHE. PATETICO DIFENDERE MEDIASET, DEL VECCHIO HA DATO UNA LEZIONE A TUTTI''
Fabrizio Patti per http://www.linkiesta.it
«L’Italia non crescerà mai più, finché non cambia qualcosa in modo drastico». Michele Boldrin parla dalla Washington University di St. Louis, dove insegna da dieci anni. Dopo la fine dell’esperienza politica con Fare per Fermare il declino, di cui è stato fondatore e nell’ultimo anno coordinatore (fino alla fine del 2014), interviene meno nel dibattito italiano, se non dalle colonne di NoiseFromAmerika.
Ma ha le idee molto chiare sulla gravita della situazione dell’economia italiana, sulle responsabilità politiche di Matteo Renzi e sulle possibili soluzioni, che passano in primo luogo dall’intervento dell’Esm (il Meccanismo europeo di stabilità) per risolvere il problema di Monte dei Paschi di Siena. Lo abbiamo raggiunto al telefono al termine di una giornata in cui il nostro Paese ha incassato la doppia batosta della revisione al ribasso delle previsioni del Fmi sul Pil e della richiesta di una manovra aggiuntiva da parte di Bruxelles.
Professore, cominciamo dalla fine. La Repubblica ha anticipato che l’Ue ha intenzione di chiedere all’Italia una manovra di aggiustamento da 3,4 miliardi di euro. Se non la faremo, rischiamo una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Se n’era parlato prima del referendum, adesso sembra arrivare il conto.
È così. Anni fa, in quel mio breve passaggio politico per l’Italia, del tutto non pianificato, ho teso a dar fiducia a Renzi. Ma l’uomo è stato dannosissimo per il Paese, perché si è giocato l’ultima chance per l’Italia di avere una persona seria al governo. Gli è stato dato un credito enorme e gli europei hanno scommesso su di lui. Poi però non ha fatto quello che doveva fare e adesso gli arriva il conto. È una cosa annunciata: l’Italia per due anni o tre è riuscita a convincere la Commissione europea a chiudere un occhio, ma non si può andare avanti all’infinito. Non c’è nulla di strano in tutto questo e non possiamo che ringraziare Matteo Renzi e le sue scelte di politica economica.
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Poco prima, sempre lunedì 16 gennaio, era arrivata la revisione al ribasso del Fmi sul Pil italiano.
Anche in questo caso non è una sorpresa. Queste previsioni del Fmi sono delle macchinette un po’ sciocche, che tendono a incorporare il passato: c’è ancora un po’ di memoria di crescita italiana e il modello continua ad assumere che ritorneremo a crescere. Poi con l’andare dell’anno si rendono conto che la crescita non ci sarà. Chi ci lavora sa che sarebbe successo così.
In Europa ora non sembra più esserci la differenza tra falchi e colombe. Come siamo riusciti a mettere tutti d’accordo nella richiesta di una manovra correttiva?
La distinzione tra falchi e colombe è un’idea della stampa italiana che ama inventare amici e nemici. In Italia ora siamo tutti abituati a prendercela con i tedeschi, con Linkiesta tra le poche eccezioni. In Europa sono tutti d’accordo perché un Paese che fa cialtronate da 15 anni, con una breve parentesi fallita anche quella per approssimazione e fretta, con il governo Monti, non può più avere credito a livello europeo. Tutte le cose che stanno succedendo sono non sorprendenti, sono il segno di un Paese che continua a declinare economicamente, che è incastrato. Che non vuole fare quello che c’è da fare, si trastulla su follie, pensa che il problema sia l’Europa e l’euro. Questa cosa va avanti da troppi anni.
Questa lettura quindi prescinde dalla gestione e dall’esito del referendum.
Ma certo. Renzi ha voluto fare il referendum, si è giocato tutto in una partita di poker, perché doveva prendere il potere. L’effetto è stato disastroso: ha non solo perso il referendum ma ha cercato di vincerlo e per questo evitato di fare politica economica per un anno e mezzo, ha buttato via soldi in regalie. La cosa che mi dà fastidio è che purtroppo so che, se invece di Renzi ci fosse stato Berlusconi o Salvini o Grillo, avrebbero fatto le stesse cose, forse ancora più malamente. C’è un problema culturale profondo: il popolo italiano vuole la luna nel pozzo.
Riguardo a questa mini-manovra aggiuntiva, si aspetta più tasse o si comincerà con qualche taglio?
Sa bene che le condizioni per i tagli non ci sono. In ogni caso è irrilevante: 3,4 miliardi sono nulla, in un Paese che ha un Pil di 1.500 miliardi. Ma non è quello il punto. Il punto è che se siamo arrivati ai 3,4 miliardi di manovra richiesta è perché non c’è alcuna intenzione da alcuna parte politica di fare alcun intervento strutturale sul funzionamento dello Stato. Pensi a quello che è successo con la scuola. La Buona Scuola è diventata una pagliacciata. Noi dalla Commissione avremmo un credito infinito per sforare i vincoli di bilancio se mettessimo sul terreno un piano quinquennale di vera riforma dello Stato italiano. Ma vera, non una presa in giro.
Sia nelle revisioni al ribasso del Fmi sia nel declassamento di venerdì 13 del rating sull’Italia da parte di Dbrs si citano due fattori principali: l’instabilità politica e soprattutto il problema irrisolto dei crediti deteriorati nelle banche. Il governo ha creato il fondo da 20 miliardi. C’è una discontinuità rispetto al modello di intervento di Atlante o è un altro modo per non far togliere il potere sulle banche a chi lo ha già?
I soldi che stanno mettendo sono solo soldi politici e sono sprecati, sia chiaro. Servono a due obiettivi: in primo luogo a pagare chi abbia acquistato obbligazioni subordinate Mps e impedirgli che perda i soldi, per evitare un’insurrezione popolare e la perdita di voti. In secondo luogo ricapitalizzare evitando interventi esterni. Non ho particolare simpatia per le imprese politiche di Corrado Passera, ma la sua proposta di entrata in Mps mi sembrava l’unico piano di investimenti industriali credibile. Ma siccome Passera non fa parte del club di chi deve controllare Mps non l’hanno nemmeno preso in considerazione. L’altra parte di quei 20 miliardi serve quindi per garantire che il controllo manageriale di Mps non scappi da dove non deve scappare.
Qual è l’alternativa?
L’alternativa, e l’abbiamo detto per anni, è fare bail-in. Se ci sarà un problema politico di ingiustizia verso gli obbligazionisti truffati, li si potrà compensare a parte. Dopodiché bisogna ammettere che si è nei guai. Ammettere che abbiamo un sistema bancario agli sgoccioli, per insipienza e mancato governo da 20 anni a questa parte. Chiedere l’intervento dell’European Stability Mechanism (Esm) e fare di Monte dei Paschi quello che gli spagnoli hanno fatto di Bankia, che non a caso ha funzionato. A quel punto si risparmiano anche i 20 miliardi.
Lei ha sostenuto con un lungo intervento, ripreso anche su Linkiesta, che la via spagnola resta la priorità. Ci si può arrivare più facilmente con il governo Gentiloni?
No, perché non sono pronti a pagare il prezzo politico, che è alto. Nella stessa Spagna c’è stato uno scontro pesantissimo su Bankia, perché il Partito Popolare voleva mantenerne il controllo politico. Poi vinse la Commissione e perse il Pp, che aveva fatto di Bankia una macchina clientelare. Ci fu un prezzo politico: dovettero ammettere le truffe, ammettere che avevano venduto a migliaia di azionisti di minoranza azioni con prospetti falsi. Alcuni dirigenti finirono in galera. Ci sono insomma delle conseguenze a fare le cose bene. Nella misura in cui il sistema politico italiano queste conseguenze non è disposto a pagarle, continua a fare le cose in casa e a metterci 20 miliardi.
Al di là del prezzo politico, che prezzo dovremo pagare in termini sociali in caso di intervento dell’Esm, cioè di una parte dell’ex Troika?
Non c’è alcun prezzo sociale, che anzi è positivo. Ci sarebbe un guadagno sociale, perché se si fa un bail-in come si deve, si ristruttura la banca e si comincia a farla fruttare rapidamente. Bankia in otto mesi ha ricominciato a funzionare.
Quando si parla di Esm viene sempre in mente la Grecia. Perché sarebbe diverso in Italia?
La Grecia grazie a dio è ancora lontana. In Grecia c’era stato un collasso gigantesco, erano uno Stato completamente fallito a un livello a cui noi non siamo ancora arrivati.
Intanto la nostra classe politica ha cominciato a parlare di protezionismo, soprattutto in chiave anti-francese relativamente a Mediaset e Unicredit e poi Generali. Lo ha fatto anche con voci autorevoli come quella del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che ha parlato di una rete di imprese e istituzioni nazionali da mettere in piedi come risposta a un nazionalismo protezionistico che rialza la testa nel mondo.
Sono le solite chiacchiere. Ammesso e non concesso che in giro per il mondo si faccia una politica industriale di successo controllata dallo Stato, se la si fa, si fa politica industriale. In Italia c’è una patetica proposta di mantenimento del controllo parapolitico su alcune grandi aziende italiane. Si parla a sproposito di Mediaset come asset strategico. Leonardo Del Vecchio di Luxottica, che ha più di 80 anni, ha dato l’ennesima lezione alla classe politica italiana. Ha mostrato la differenza tra l’essere un capitalista, un imprenditore con gli attributi, ed essere un parassita monopolista legato alla politica come Berlusconi. Del Vecchio la fusione con i francesi l’ha fatta e vedrete che funzionerà.
Poi c’è il caso Alitalia.
Alitalia va chiusa, va buttata alle ortiche, va sparso il sale sul grattacielo all’Eur. Siamo al terzo o quarto salvataggio. Che diventi Ryanair la compagnia nazionale. Sono chiacchiere per mantenere poteri acquisiti, come per Mediaset. Ora vogliono fare un favore a Berlusconi perché hanno bisogno dei suoi voti nel caso si vada a elezioni, quindi ricomincia l’amore tra Pd e Berlusconi.
Su Trump lei è stato molto duro durante la campagna elettorale. Dopo la vittoria molti stanno decidendo di dargli credito. Anche lei pensa che sia il caso di fare un’apertura di credito?
Siamo obbligati a dargli credito. Io ho sbagliato completamente la previsione sull’elettorato americano. È peggio di quel che pensavo. Da quello che vedo in giro, i suoi stessi elettori non sono contenti. Ma questo è un Paese con un sistema costituzionale solido e con regole che si rispettano. Lui governerà. Da quel che Trump sta annunciando, siamo tutti col paracadute in tasca. Io sono tutt’altro che un elettore di sinistra, avevo firmato per Bush. Ma quest’uomo mi sembra pericolosissimo, da qualunque angolo la si guardi.
Davos è il Titanic della globalizzazione o il trampolino di lancio per la Cina come campione della globalizzazione?
È complicato. La situazione cinese interna non è gradevole, perché Xi sta facendo un tentativo pesante di riduzione della corruzione, che però sta portando a un riaccentramento nel partito e alla chiusura di molti spazi di crescita. Loro sul piano diplomatico internazionale sono molto brillanti, hanno grande iniziativa e senz’altro occuperanno degli spazi. È un Paese però molto lontano dall’essere non solo democratico ma dall’avere un minimo di società aperta e non gerarchica. È un Paese ancora fortemente imperiale.
Un processo di globalizzazione che continui sotto l’egida cinese non sarebbe una cosa molto raccomandabile. Sarebbe la festa del crony capitalism e dei poteri che ci sono. Non è poi detto che gli Stati Uniti si ritraggano. Il grosso del mondo imprenditoriale di questo Paese ha solo da guadagnarci e ha capito quanto sia utile continuare il processo di globalizzazione. Questo punto potrebbe essere quello in cui Trump finirà con l’essere messo all’angolo.
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Re: Economia
Ambaraba’, Cicci, Coccò, tre civette sul comò, …………………………
A parte il fatto che la Cgia di Mestre prevede che si ritorni ai livelli di pre-crisi solo tra sette anni, quando economisti e similia si cimentano su questi temi non considerano mai i problemi sociali nel loro complesso, come se il settore ECONOMIA, viaggi in modo a sé stante.
Non è così.
Fate una prova a chiedere a chi regolarmente frequentate, e chiedete loro come si risolve socialmente, ed economicamente, il problema dell’automazione.
E’ un modo come un altro per prendere coscienza del disastro che stiamo affrontando.
Il 2017 secondo la Cgia
Cgia: «L'Italia tornerà ai livelli pre-crisi solo nel 2024»
Secondo l'Ufficio studi della Cgia di Mestre il 2017 sarà per il nostro Paese un anno in chiaroscuro. «Preoccupante» anche la situazione relativa al mercato del lavoro.
• SPECIALE Crisi economica
Redazione (AUG) 07/01/2017 17:14:05 stampa commenti
ROMA - Al netto di eventuali manovre correttive, nel 2017 la pressione fiscale è destinata a scendere di 0,3 punti percentuali (attestandosi così al 42,3 per cento) , il Pil dovrebbe aumentare di circa un punto, il numero degli occupati crescere di quasi 112.000 unità e l'esercito di disoccupati scendere di 84.000 persone. A fronte di questi dati positivi, preoccupa, invece, la mole di tempo che sarà necessaria per ritornare ai livelli pre-crisi (ovvero il 2007).
Nel 2016 l'economia italiana è precipitata ai livelli del 2000
Secondo l'Ufficio studi della Cgia nel 2016 l'economia italiana è «precipitata» ai livelli del 2000, ovvero di 16 anni fa. I consumi delle famiglie, invece, che a causa della crisi sono crollati di 7,6 punti percentuali, li dovremmo «riconquistare» entro il 2021 e i 28 punti percentuali circa di investimenti bruciati in questi anni non prima del 2032. «Preoccupante» anche la situazione relativa al mercato del lavoro.
La disoccupazione dovrebbe tornare al 6% solo nel 2032
Se tra il 2007 e il 2013 il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato, passando dal 6,1 al 12,1 per cento, le previsioni delle dinamiche occupazionali dell'Istat e di Prometeia - osserva la Cgia - stimano che il livello dei senza lavoro (attualmente all'11,5 per cento circa) dovrebbe ritornare al 6 per cento solo nel 2032 (tra ben 15 anni), mentre l'occupazione pre-crisi nel giro di un paio d'anni (2018-2019).
L'Italia è il fanalino di coda dell'Unione Europea
«Sebbene le tasse siano destinate a scendere grazie, in particolar modo, alla riduzione dell'Ires che interesserà solo le società di capitali e l'occupazione è destinata ad aumentare in virtù della fiducia ritrovata tra i piccoli imprenditori - dichiara il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - la ripresa economica del nostro Paese rimane ancora molto debole e ben al di sotto della media Ue». Se nel 2017, come riportano le ultime previsioni economiche elaborate dalla Commissione europea, il nostro Pil dovrebbe attestarsi attorno all'1 per cento, in Ue, invece, è destinato a toccare l'1,6 per cento. Tra tutti i 28 paesi dell'Unione, solo la Finlandia registrerà quest'anno una crescita più contenuta della nostra.
http://economia.diariodelweb.it/economi ... 107_400861
A parte il fatto che la Cgia di Mestre prevede che si ritorni ai livelli di pre-crisi solo tra sette anni, quando economisti e similia si cimentano su questi temi non considerano mai i problemi sociali nel loro complesso, come se il settore ECONOMIA, viaggi in modo a sé stante.
Non è così.
Fate una prova a chiedere a chi regolarmente frequentate, e chiedete loro come si risolve socialmente, ed economicamente, il problema dell’automazione.
E’ un modo come un altro per prendere coscienza del disastro che stiamo affrontando.
Il 2017 secondo la Cgia
Cgia: «L'Italia tornerà ai livelli pre-crisi solo nel 2024»
Secondo l'Ufficio studi della Cgia di Mestre il 2017 sarà per il nostro Paese un anno in chiaroscuro. «Preoccupante» anche la situazione relativa al mercato del lavoro.
• SPECIALE Crisi economica
Redazione (AUG) 07/01/2017 17:14:05 stampa commenti
ROMA - Al netto di eventuali manovre correttive, nel 2017 la pressione fiscale è destinata a scendere di 0,3 punti percentuali (attestandosi così al 42,3 per cento) , il Pil dovrebbe aumentare di circa un punto, il numero degli occupati crescere di quasi 112.000 unità e l'esercito di disoccupati scendere di 84.000 persone. A fronte di questi dati positivi, preoccupa, invece, la mole di tempo che sarà necessaria per ritornare ai livelli pre-crisi (ovvero il 2007).
Nel 2016 l'economia italiana è precipitata ai livelli del 2000
Secondo l'Ufficio studi della Cgia nel 2016 l'economia italiana è «precipitata» ai livelli del 2000, ovvero di 16 anni fa. I consumi delle famiglie, invece, che a causa della crisi sono crollati di 7,6 punti percentuali, li dovremmo «riconquistare» entro il 2021 e i 28 punti percentuali circa di investimenti bruciati in questi anni non prima del 2032. «Preoccupante» anche la situazione relativa al mercato del lavoro.
La disoccupazione dovrebbe tornare al 6% solo nel 2032
Se tra il 2007 e il 2013 il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato, passando dal 6,1 al 12,1 per cento, le previsioni delle dinamiche occupazionali dell'Istat e di Prometeia - osserva la Cgia - stimano che il livello dei senza lavoro (attualmente all'11,5 per cento circa) dovrebbe ritornare al 6 per cento solo nel 2032 (tra ben 15 anni), mentre l'occupazione pre-crisi nel giro di un paio d'anni (2018-2019).
L'Italia è il fanalino di coda dell'Unione Europea
«Sebbene le tasse siano destinate a scendere grazie, in particolar modo, alla riduzione dell'Ires che interesserà solo le società di capitali e l'occupazione è destinata ad aumentare in virtù della fiducia ritrovata tra i piccoli imprenditori - dichiara il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - la ripresa economica del nostro Paese rimane ancora molto debole e ben al di sotto della media Ue». Se nel 2017, come riportano le ultime previsioni economiche elaborate dalla Commissione europea, il nostro Pil dovrebbe attestarsi attorno all'1 per cento, in Ue, invece, è destinato a toccare l'1,6 per cento. Tra tutti i 28 paesi dell'Unione, solo la Finlandia registrerà quest'anno una crescita più contenuta della nostra.
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Re: Economia
22 gen 2017 12:26
ITALIA STRACCIONA, COMANDA LO STRANIERO - IN UN ANNO LE AZIENDE DEL NOSTRO PAESE HANNO PERSO 260 MILIARDI DI VALORE
- LE SOLE SPA DI PIAZZA AFFARI HANNO BRUCIATO 126 MILIARDI
- E IN BORSA GLI AZIONISTI ITALIANI SONO IN NETTA MINORANZA: OLTRE IL 50% DELLE QUOTATE E' IN MANI STRANIERE
- LE PMI LANCIANO L'ALLARME: "STIAMO ASSISTENDO AL DEPAUPERAMENTO DEL MADE IN ITALY, LA NOSTRA ECONOMIA E' SU UN PIANO INCLINATO"
Da Repubblica.it
In un anno le grandi aziende italiane hanno perso 260 miliardi di euro di valore e, di questi, 126 miliardi sono stati "bruciati" a piazza Affari dalle spa quotate. Il totale del valore della società per azioni del nostro Paese è passato dai 2.077 miliardi del 2015 ai 1.818 miliardi del 2016 con un calo del 12%. La capitalizzazione delle imprese presenti sui listini è invece scesa da 545 miliardi a 419 miliardi, in diminuzione del 23%.
Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale il sistema imprenditoriale italiano è a trazione familiare, ma in Borsa comanda lo straniero: oltre il 41% delle quote delle società per azioni del nostro Paese è posseduto da famiglie, mentre sui listini di piazza Affari dominano gli azionisti esteri titolari di oltre il 50% delle spa quotate; in mano alle banche, il 12% delle società per azioni, quota che cala al 10% se si limita l'analisi alle sole aziende quotate; allo Stato, il 5,73% delle imprese e il 4,39% delle quotate.
"Senza che ce ne accorgiamo, assistiamo al depauperamento del made in Italy: la nostra economia ha un peso sempre inferiore rispetto ad altri Paesi, scelte sbagliate del passato e l'immobilismo degli ultimi anni hanno lasciato le nostre imprese su un piano inclinato", commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. Secondo l'analisi dell'associazione, basata su dati della Banca d'Italia aggiornati a giugno 2016, il totale del valore delle grandi imprese italiane (società per azioni) è passato da 2.077,9 miliardi dei giugno 2015 a 1.818,6 miliardi di giugno 2016 con una diminuzione di 259,2 miliardi (-12,48%). Di questo comparto fanno parte anche le spa quotate in Borsa che hanno bruciato, in 12 mesi, 126,1 miliardi (-23,13%) passando da 545,6 miliardi a 419,4 miliardi.
L'analisi si focalizza poi sulla ripartizione delle quote e sugli assetti proprietari. Per quanto riguarda l'intero universo delle società per azioni del nostro Paese, la fetta maggiore è in mano alle famiglie: 41,32% rispetto al 44,51% del 2015. Nella speciale classifica, seguono gli stranieri col 23,92% (era il 24,13%), le imprese col 14,21% (era il 13,37%), le banche con l'11,95% (era il 10,56%) e lo Stato col 5,73% (era al 4,98%), le assicurazioni e i fondi pensione col 2,13% (era l'1,90%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali e agli enti di previdenza.
Complessivamente, il valore delle società per azioni è sceso del 12,48%, con una diminuzione di 259,2 miliardi, calando dai 2.077,9 miliardi del 2015 ai 1.818,6 miliardi del 2016. Le famiglie hanno perso valore per 173,2 miliardi (-18,74%), gli stranieri per 66,3 miliardi (-13,23%), le imprese per 19,3 miliardi (-6,95%), le banche per 2,1 miliardi (-0,98%), le assicurazioni e i fondi pensione per 816 milioni (-2,07%). Le quote in mano allo Stato centrale sono invece cresciute di 2,6 miliardi (+2,65%); variazione positiva anche per quelle delle amministrazioni locali, salite di 140 milioni (+1,07%).
Per quanto riguarda, poi, le sole società per azioni presenti a Piazza Affari, il primato spetta agli investitori esteri detentori del 50,19% delle quote, in leggero calo rispetto al 51,74% del 2015. Nella speciale classifica, seguono le imprese col 19,01% (era il 19,22%), le famiglie con l'11,99% (era il 12,52%), le banche col 10,49% (era il 9,94%), lo Stato col 4,39% (era il 2,88%), le assicurazioni e i fondi pensione col 3,23% (era il 3,14%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali e agli enti di previdenza.
Complessivamente, il valore delle società per azioni quotate è sceso del 23,13%, con una diminuzione di 126,1 miliardi, calando da 546,6 miliardi dl 2015 ai 419,4 miliardi del 2016. Gli azionisti esteri hanno perso 71,8 miliardi (-25,44%), le imprese 25,1 miliardi (-23,95%), le famiglie 18,04 miliardi (-26,04%), le banche 10,2 miliardi (-18,89%), le assicurazioni e i fondi pensione 3,5 miliardi (-20,95%). Le quote in mano allo Stato centrale sono invece cresciute di 2,6 miliardi (+17,14%); variazione positiva anche per quelle delle amministrazioni locali, salite di 140 milioni (+5,78%).
ITALIA STRACCIONA, COMANDA LO STRANIERO - IN UN ANNO LE AZIENDE DEL NOSTRO PAESE HANNO PERSO 260 MILIARDI DI VALORE
- LE SOLE SPA DI PIAZZA AFFARI HANNO BRUCIATO 126 MILIARDI
- E IN BORSA GLI AZIONISTI ITALIANI SONO IN NETTA MINORANZA: OLTRE IL 50% DELLE QUOTATE E' IN MANI STRANIERE
- LE PMI LANCIANO L'ALLARME: "STIAMO ASSISTENDO AL DEPAUPERAMENTO DEL MADE IN ITALY, LA NOSTRA ECONOMIA E' SU UN PIANO INCLINATO"
Da Repubblica.it
In un anno le grandi aziende italiane hanno perso 260 miliardi di euro di valore e, di questi, 126 miliardi sono stati "bruciati" a piazza Affari dalle spa quotate. Il totale del valore della società per azioni del nostro Paese è passato dai 2.077 miliardi del 2015 ai 1.818 miliardi del 2016 con un calo del 12%. La capitalizzazione delle imprese presenti sui listini è invece scesa da 545 miliardi a 419 miliardi, in diminuzione del 23%.
Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale il sistema imprenditoriale italiano è a trazione familiare, ma in Borsa comanda lo straniero: oltre il 41% delle quote delle società per azioni del nostro Paese è posseduto da famiglie, mentre sui listini di piazza Affari dominano gli azionisti esteri titolari di oltre il 50% delle spa quotate; in mano alle banche, il 12% delle società per azioni, quota che cala al 10% se si limita l'analisi alle sole aziende quotate; allo Stato, il 5,73% delle imprese e il 4,39% delle quotate.
"Senza che ce ne accorgiamo, assistiamo al depauperamento del made in Italy: la nostra economia ha un peso sempre inferiore rispetto ad altri Paesi, scelte sbagliate del passato e l'immobilismo degli ultimi anni hanno lasciato le nostre imprese su un piano inclinato", commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. Secondo l'analisi dell'associazione, basata su dati della Banca d'Italia aggiornati a giugno 2016, il totale del valore delle grandi imprese italiane (società per azioni) è passato da 2.077,9 miliardi dei giugno 2015 a 1.818,6 miliardi di giugno 2016 con una diminuzione di 259,2 miliardi (-12,48%). Di questo comparto fanno parte anche le spa quotate in Borsa che hanno bruciato, in 12 mesi, 126,1 miliardi (-23,13%) passando da 545,6 miliardi a 419,4 miliardi.
L'analisi si focalizza poi sulla ripartizione delle quote e sugli assetti proprietari. Per quanto riguarda l'intero universo delle società per azioni del nostro Paese, la fetta maggiore è in mano alle famiglie: 41,32% rispetto al 44,51% del 2015. Nella speciale classifica, seguono gli stranieri col 23,92% (era il 24,13%), le imprese col 14,21% (era il 13,37%), le banche con l'11,95% (era il 10,56%) e lo Stato col 5,73% (era al 4,98%), le assicurazioni e i fondi pensione col 2,13% (era l'1,90%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali e agli enti di previdenza.
Complessivamente, il valore delle società per azioni è sceso del 12,48%, con una diminuzione di 259,2 miliardi, calando dai 2.077,9 miliardi del 2015 ai 1.818,6 miliardi del 2016. Le famiglie hanno perso valore per 173,2 miliardi (-18,74%), gli stranieri per 66,3 miliardi (-13,23%), le imprese per 19,3 miliardi (-6,95%), le banche per 2,1 miliardi (-0,98%), le assicurazioni e i fondi pensione per 816 milioni (-2,07%). Le quote in mano allo Stato centrale sono invece cresciute di 2,6 miliardi (+2,65%); variazione positiva anche per quelle delle amministrazioni locali, salite di 140 milioni (+1,07%).
Per quanto riguarda, poi, le sole società per azioni presenti a Piazza Affari, il primato spetta agli investitori esteri detentori del 50,19% delle quote, in leggero calo rispetto al 51,74% del 2015. Nella speciale classifica, seguono le imprese col 19,01% (era il 19,22%), le famiglie con l'11,99% (era il 12,52%), le banche col 10,49% (era il 9,94%), lo Stato col 4,39% (era il 2,88%), le assicurazioni e i fondi pensione col 3,23% (era il 3,14%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali e agli enti di previdenza.
Complessivamente, il valore delle società per azioni quotate è sceso del 23,13%, con una diminuzione di 126,1 miliardi, calando da 546,6 miliardi dl 2015 ai 419,4 miliardi del 2016. Gli azionisti esteri hanno perso 71,8 miliardi (-25,44%), le imprese 25,1 miliardi (-23,95%), le famiglie 18,04 miliardi (-26,04%), le banche 10,2 miliardi (-18,89%), le assicurazioni e i fondi pensione 3,5 miliardi (-20,95%). Le quote in mano allo Stato centrale sono invece cresciute di 2,6 miliardi (+17,14%); variazione positiva anche per quelle delle amministrazioni locali, salite di 140 milioni (+5,78%).
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Re: Economia
QUESTA VOLTA, SECONDO ME, HANNO BUCATO IN DUE. IN PRIMIS PAOLO BARNARD, E POI LIBRE ASSOCIAZIONE DI IDEE, A SCIEGLIERE QUESTO ARTICOLO DEL GIORNO.
PERCHE' NON REGGE LA TEORIA DI PAOLO BARNARD.
Barnard che avversa questa Europa e l’Euro, parte da questa considerazione:
Ma c’è un paese che ha patito l’apocalisse, un disastro cento volte maggiore, e ne è uscito a tempo di record: il Giappone. Come ha fatto? Semplice: disponendo di moneta sovrana. E’ tutta lì la differenza,.....
Per dimostrare che il Giappone si è tolto dall’impiccio a fronte di un disastro cento volte maggiore di quello che stanno patendo in centro Italia, focalizza tutto sulla causa della disponibilità della moneta sovrana mentre noi dipendiamo dalla Ue.
E’ una valutazione completamente scorretta per sostenere la causa dell’uscita dalla gabbia dell’euro.
In Giappone le cose funzionano diversamente, malgrado il controllo statunitense.
E la dipendenza dall’euro non c’entra assolutamente niente.
Anche se fossimo in regime di moneta sovrana, i comportamenti umani, politici e sociali, sarebbero sempre quelli che stiamo registrando da mesi.
LIBRE news
Recensioni
segnalazioni.
Apocalisse Abruzzo, il Giappone sovrano invece è già risorto
Scritto il 25/1/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Centinaia di vittime, migliaia di persone isolate dalla neve, rimaste al freddo e al buio. E il governo costretto a implorare Bruxelles per poter ampliare di qualche decimale la spesa, in modo da metter qualche toppa nell’immane catastrofe del terremoto, che fa da sfondo alle mille sciagure che stanno martoriando l’Italia centrale. Ma c’è un paese che ha patito l’apocalisse, un disastro cento volte maggiore, e ne è uscito a tempo di record: il Giappone. Come ha fatto? Semplice: disponendo di moneta sovrana. E’ tutta lì la differenza, scrive Paolo Barnard, ricordando che venerdì 11 marzo 2011, a colpire il paese del Sol Levante fu forse il più devastante terremoto della storia moderna: 15.000 morti accertati, più 5.000 feriti e altrettanti “dispersi”, sepolti dalle macerie o inghiottiti dallo tsunami. Altrettanto spaventosi i danni all’economia nazionale, pari ad almeno 250 miliardi di dollari, tanto da farne la catastrofe naturale più costosa di sempre, come scrisse il “New York Times”. La reazione del governo di Tokyo? Fulminea: grazie a quasi 200 miliardi immediatamente m messi a disposizione del paese, emessi dalla banca centrale.
Appena 60 ore dopo quell’olocausto, scrive Barnard nel suo blog, i servizi idrici ed elettrici furono ristabiliti per il 98% della zona colpita. E 72 ore dopo la tragedia la Banca del Giappone iniettò 181 miliardi di dollari di denaro di Stato nella casse delle banche giapponesi come stop immediato a un tracollo finanziario. «Con una ricostruzione stimata sui 128 miliardi di dollari, il governo giapponese si accordò con l’opposizione per un esborso totale di 230 miliardi di dollari», ricorda Barnard. «Per compensare le vittime del disastro nucleare causato dal sisma nella centrale di Fukushima, il governo di Tokyo sborsò 20,6 miliardi di dollari alla Tokyo Electric Power Company, l’azienda responsabile della centrale». Tutto questo fu possibile perché il governo nipponico «non doveva chiedere il permesso a Bruxelles per spendere».
In altre parole, «non doveva belare a Bruxelles che c’erano degli umani che crepavano». Non c’era bisogno di invocare la pietà di nessuno, perché «il Giappone è sovrano nella spesa per l’Interesse Pubblico, non prende ordini da Juncker». Ma gli italiani, che – annota Barnard – ha «scongiurato per anni di capire che la loro vita non è appesa ai 104 indagati del Pd, a Mafia Capitale, a Grillo», non hanno capito che la loro sopravvivenza reale «è appesa alla sovranità di Stato per l’interesse pubblico», basata sulla possibilità teoricamente illimitata di emettere denaro all’occorrenza, quanto basta per tenere in piedi la nazione, evitando di aggiungere dolore alla tragedia. «Ci hanno mai premiati», gli italiani? «No», commenta Barnard, con amarezza, dopo aver lottato per anni contro la “dittatura” dell’Eurozona. «Ci hanno uccisi regalandoci ascolti del 1,2% in Tv, e anche meno», scrive, alludendo alle sue (sofferte) partecipazioni al programma “La Gabbia”, condotto su La7 da Gianluigi Paragone. «E allora “buon Abruzzo”, Italians», conclude Barnard, con una citazione storica presa in prestito dalla Rivoluzione Francese: «“Hai i diritti per cui sei stato capace di lottare”, disse quell’uomo in Francia nel 1789».
PERCHE' NON REGGE LA TEORIA DI PAOLO BARNARD.
Barnard che avversa questa Europa e l’Euro, parte da questa considerazione:
Ma c’è un paese che ha patito l’apocalisse, un disastro cento volte maggiore, e ne è uscito a tempo di record: il Giappone. Come ha fatto? Semplice: disponendo di moneta sovrana. E’ tutta lì la differenza,.....
Per dimostrare che il Giappone si è tolto dall’impiccio a fronte di un disastro cento volte maggiore di quello che stanno patendo in centro Italia, focalizza tutto sulla causa della disponibilità della moneta sovrana mentre noi dipendiamo dalla Ue.
E’ una valutazione completamente scorretta per sostenere la causa dell’uscita dalla gabbia dell’euro.
In Giappone le cose funzionano diversamente, malgrado il controllo statunitense.
E la dipendenza dall’euro non c’entra assolutamente niente.
Anche se fossimo in regime di moneta sovrana, i comportamenti umani, politici e sociali, sarebbero sempre quelli che stiamo registrando da mesi.
LIBRE news
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Apocalisse Abruzzo, il Giappone sovrano invece è già risorto
Scritto il 25/1/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Centinaia di vittime, migliaia di persone isolate dalla neve, rimaste al freddo e al buio. E il governo costretto a implorare Bruxelles per poter ampliare di qualche decimale la spesa, in modo da metter qualche toppa nell’immane catastrofe del terremoto, che fa da sfondo alle mille sciagure che stanno martoriando l’Italia centrale. Ma c’è un paese che ha patito l’apocalisse, un disastro cento volte maggiore, e ne è uscito a tempo di record: il Giappone. Come ha fatto? Semplice: disponendo di moneta sovrana. E’ tutta lì la differenza, scrive Paolo Barnard, ricordando che venerdì 11 marzo 2011, a colpire il paese del Sol Levante fu forse il più devastante terremoto della storia moderna: 15.000 morti accertati, più 5.000 feriti e altrettanti “dispersi”, sepolti dalle macerie o inghiottiti dallo tsunami. Altrettanto spaventosi i danni all’economia nazionale, pari ad almeno 250 miliardi di dollari, tanto da farne la catastrofe naturale più costosa di sempre, come scrisse il “New York Times”. La reazione del governo di Tokyo? Fulminea: grazie a quasi 200 miliardi immediatamente m messi a disposizione del paese, emessi dalla banca centrale.
Appena 60 ore dopo quell’olocausto, scrive Barnard nel suo blog, i servizi idrici ed elettrici furono ristabiliti per il 98% della zona colpita. E 72 ore dopo la tragedia la Banca del Giappone iniettò 181 miliardi di dollari di denaro di Stato nella casse delle banche giapponesi come stop immediato a un tracollo finanziario. «Con una ricostruzione stimata sui 128 miliardi di dollari, il governo giapponese si accordò con l’opposizione per un esborso totale di 230 miliardi di dollari», ricorda Barnard. «Per compensare le vittime del disastro nucleare causato dal sisma nella centrale di Fukushima, il governo di Tokyo sborsò 20,6 miliardi di dollari alla Tokyo Electric Power Company, l’azienda responsabile della centrale». Tutto questo fu possibile perché il governo nipponico «non doveva chiedere il permesso a Bruxelles per spendere».
In altre parole, «non doveva belare a Bruxelles che c’erano degli umani che crepavano». Non c’era bisogno di invocare la pietà di nessuno, perché «il Giappone è sovrano nella spesa per l’Interesse Pubblico, non prende ordini da Juncker». Ma gli italiani, che – annota Barnard – ha «scongiurato per anni di capire che la loro vita non è appesa ai 104 indagati del Pd, a Mafia Capitale, a Grillo», non hanno capito che la loro sopravvivenza reale «è appesa alla sovranità di Stato per l’interesse pubblico», basata sulla possibilità teoricamente illimitata di emettere denaro all’occorrenza, quanto basta per tenere in piedi la nazione, evitando di aggiungere dolore alla tragedia. «Ci hanno mai premiati», gli italiani? «No», commenta Barnard, con amarezza, dopo aver lottato per anni contro la “dittatura” dell’Eurozona. «Ci hanno uccisi regalandoci ascolti del 1,2% in Tv, e anche meno», scrive, alludendo alle sue (sofferte) partecipazioni al programma “La Gabbia”, condotto su La7 da Gianluigi Paragone. «E allora “buon Abruzzo”, Italians», conclude Barnard, con una citazione storica presa in prestito dalla Rivoluzione Francese: «“Hai i diritti per cui sei stato capace di lottare”, disse quell’uomo in Francia nel 1789».
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Re: Economia
Sono d'accordo, Barnard stavolta ha "toppato" alla grande e l'Euro non c'entra quasi niente con la crisi italiana che con la lira sarebbe stata ancor più devastante. Si ricordino i signori No-Euro che per uscire dobbiamo saldare le posizioni in sospeso nei regolamenti intrenazionali pari a oltre 300 mld di Euro e vanno saldate cash non con carta straccia (quello che diventerebbero i BTP denominati in lire e le lire stesse).
Il Giappone non è fuori da nessuna crisi dal 1980, ha un debito pubblico spaventoso (detenuto dai giapponesi in gran parte) e demograficamente è un paese senza futuro peggio di noi.
In Italia quando ammetteremo che la colpa è soprattutto die nostri imprenditori (e immediatamente dopo dei politici da strapazzo degli ultimi 30 anni) miopi e incapaci che non hanno capito che la globalizzazione li avrebbe "fottuti" alla grande?
Il Giappone non è fuori da nessuna crisi dal 1980, ha un debito pubblico spaventoso (detenuto dai giapponesi in gran parte) e demograficamente è un paese senza futuro peggio di noi.
In Italia quando ammetteremo che la colpa è soprattutto die nostri imprenditori (e immediatamente dopo dei politici da strapazzo degli ultimi 30 anni) miopi e incapaci che non hanno capito che la globalizzazione li avrebbe "fottuti" alla grande?
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Re: Economia
UN GIORNO DA PECORA
TEMPO ADDIETRO ERANO I CINESI MAESTRI DI PING PONG.
ADESSO SI ESIBISCONO I SACERDOTI DEL BUNGA-BUNGA, QUASI CON LA STESSA MAESTRIA
Manovra, lettera Mef all’Ue: “Adesso è pericolosa
Per Italia rischi da politiche di Usa e Regno Unito”
E’ il concetto dell’attesa missiva che il Ministero dell’Economia ha inviato a Bruxelles in risposta alla richiesta di correzione di bilancio da 3,4 miliardi: “Nel Def impegno su lotta a evasione e tagli della spesa”
Economia & Lobby
Una manovra sarebbe pericolosa per l’economia in un momento di “accresciuta incertezza geopolitica ed economica a livello globale”. E così il governo dice no a Bruxelles e prende tempo fino ad aprile per riproporre le solite ricette: lotta all’evasione e spending review. Lo si legge nella lettera che il ministero dell’Economia ha inviato a Bruxelles in risposta alla richiesta di una correzione di bilancio da 3,4 miliardi. Politiche di Trump ed effetti della Brexit sono citati come cause di aumentata incertezza
di Fiorina Capozzi
^^^^^^^
Conti pubblici, Padoan alla Ue: “Manovra pericolosa per economia italiana. Per noi rischi da politiche Usa e Uk”
Economia
La risposta, negativa, del ministero dell’Economia a Bruxelles che chiedeva una correzione di bilancio da 3,4 miliardi: “Nel Def impegno su lotta a evasione e tagli della spesa”
di Fiorina Capozzi | 1 febbraio 2017
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Più informazioni su: Manovra Correttiva, Pier Carlo Padoan, Unione Europea
Pier Carlo Padoan il temporeggiatore dice no alla manovra correttiva da 3,4 miliardi chiesta da Bruxelles. E nella lettera inviata all’Unione chiama in causa l’incertezza economica e geopolitica legata a doppio filo con l’esito elettorale statunitense e con il caso Brexit. Per scongiurare una procedura per deficit eccessivo che farebbe aumentare gli interessi sul debito pubblico, il ministro del Tesoro propone infine a Bruxelles la solita ricetta di consolidamento, privatizzazioni e riforme strutturali.
Nella missiva (LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE), indirizzata al vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis e al commissario, Pierre Moscosvici, ci sono quindi promesse quasi scontate che hanno per obiettivo evitare la procedura d’infrazione e ,allo stesso tempo, arrivare in campagna elettorale senza manovre restrittive. Per convincere Bruxelles ad essere benevola con Roma, Padoan ha ricordato gli sforzi fatti finora dall’Italia con la riforma del sistema della giustizia civile che “sta portando i suoi frutti”, le nuove regole per snellire la Pubblica amministrazione e la riorganizzazione del mercato del lavoro attraverso il Jobs Act.
E poi ancora ha anticipato per sommi capi i prossimi step che il governo intende fare per allinearsi a medio termine con le richieste dell’Unione. “L’ammontare complessivo degli sforzi strutturali per andare avanti verso l’obiettivo di medio termine sarà composto per circa un quarto dai tagli alla spesa e per il resto da aumenti di entrate – puntualizza Padoan nella lettera – I risparmi di spesa arriveranno per circa il 90% dai consumi intermedi e per il resto dai benefici fiscali”. In particolare “sul lato delle entrate, lo sforzo di aggiustamento includerà misure come l’imposizione indiretta, le accise e ulteriori miglioramenti delle politiche adottate recentemente, con risultati soddisfacenti, per il recupero dell’imponibile”, spiega il ministro nella missiva dove c’è spazio anche per fare il punto sui danni “eccezionali” provocati dal terremoto e dall’ondata di migranti, eventi che hanno generato “inattese pressioni sul budget”. “ Allo stato attuale non si può stimare con esattezza l’impatto dei recenti terremoti sulle finanze pubbliche, ma sarà molto probabilmente molto superiore a 1 miliardo di euro già nel 2017”, sottolinea il ministro evidenziando come “per mobilitare queste risorse sarà creato un fondo apposito“.
Nonostante le difficoltà di natura straordinaria, “il governo intende continuare lungo il percorso di crescita attraverso consolidamento e riforme strutturali”, ha spiegato Padoan. Tuttavia “un ritmo di aggiustamento eccessivamente accelerato”, ovvero una nuova manovra “colpirebbe l’economia in un momento di accresciuta incertezza politica ed economica a livello globale”. E, sebbene il governo stia “pianificando di adottare le misure necessarie”, indicazioni puntuali all’interno di una “strategia più complessiva” sono rimandate al prossimo Documento di economia e Finanza” del prossimo aprile. Intanto il Tesoro confida nel fatto che Bruxelles possa tener conto di tutte le “emergenze” italiane. Soprattutto in un momento così delicato per gli equilibri di un governo che punta a portare avanti delle politiche fiscali fra il 2017 e il 2019 “pienamente rispettose del Patto di stabilità e crescita”.
TEMPO ADDIETRO ERANO I CINESI MAESTRI DI PING PONG.
ADESSO SI ESIBISCONO I SACERDOTI DEL BUNGA-BUNGA, QUASI CON LA STESSA MAESTRIA
Manovra, lettera Mef all’Ue: “Adesso è pericolosa
Per Italia rischi da politiche di Usa e Regno Unito”
E’ il concetto dell’attesa missiva che il Ministero dell’Economia ha inviato a Bruxelles in risposta alla richiesta di correzione di bilancio da 3,4 miliardi: “Nel Def impegno su lotta a evasione e tagli della spesa”
Economia & Lobby
Una manovra sarebbe pericolosa per l’economia in un momento di “accresciuta incertezza geopolitica ed economica a livello globale”. E così il governo dice no a Bruxelles e prende tempo fino ad aprile per riproporre le solite ricette: lotta all’evasione e spending review. Lo si legge nella lettera che il ministero dell’Economia ha inviato a Bruxelles in risposta alla richiesta di una correzione di bilancio da 3,4 miliardi. Politiche di Trump ed effetti della Brexit sono citati come cause di aumentata incertezza
di Fiorina Capozzi
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Conti pubblici, Padoan alla Ue: “Manovra pericolosa per economia italiana. Per noi rischi da politiche Usa e Uk”
Economia
La risposta, negativa, del ministero dell’Economia a Bruxelles che chiedeva una correzione di bilancio da 3,4 miliardi: “Nel Def impegno su lotta a evasione e tagli della spesa”
di Fiorina Capozzi | 1 febbraio 2017
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Più informazioni su: Manovra Correttiva, Pier Carlo Padoan, Unione Europea
Pier Carlo Padoan il temporeggiatore dice no alla manovra correttiva da 3,4 miliardi chiesta da Bruxelles. E nella lettera inviata all’Unione chiama in causa l’incertezza economica e geopolitica legata a doppio filo con l’esito elettorale statunitense e con il caso Brexit. Per scongiurare una procedura per deficit eccessivo che farebbe aumentare gli interessi sul debito pubblico, il ministro del Tesoro propone infine a Bruxelles la solita ricetta di consolidamento, privatizzazioni e riforme strutturali.
Nella missiva (LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE), indirizzata al vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis e al commissario, Pierre Moscosvici, ci sono quindi promesse quasi scontate che hanno per obiettivo evitare la procedura d’infrazione e ,allo stesso tempo, arrivare in campagna elettorale senza manovre restrittive. Per convincere Bruxelles ad essere benevola con Roma, Padoan ha ricordato gli sforzi fatti finora dall’Italia con la riforma del sistema della giustizia civile che “sta portando i suoi frutti”, le nuove regole per snellire la Pubblica amministrazione e la riorganizzazione del mercato del lavoro attraverso il Jobs Act.
E poi ancora ha anticipato per sommi capi i prossimi step che il governo intende fare per allinearsi a medio termine con le richieste dell’Unione. “L’ammontare complessivo degli sforzi strutturali per andare avanti verso l’obiettivo di medio termine sarà composto per circa un quarto dai tagli alla spesa e per il resto da aumenti di entrate – puntualizza Padoan nella lettera – I risparmi di spesa arriveranno per circa il 90% dai consumi intermedi e per il resto dai benefici fiscali”. In particolare “sul lato delle entrate, lo sforzo di aggiustamento includerà misure come l’imposizione indiretta, le accise e ulteriori miglioramenti delle politiche adottate recentemente, con risultati soddisfacenti, per il recupero dell’imponibile”, spiega il ministro nella missiva dove c’è spazio anche per fare il punto sui danni “eccezionali” provocati dal terremoto e dall’ondata di migranti, eventi che hanno generato “inattese pressioni sul budget”. “ Allo stato attuale non si può stimare con esattezza l’impatto dei recenti terremoti sulle finanze pubbliche, ma sarà molto probabilmente molto superiore a 1 miliardo di euro già nel 2017”, sottolinea il ministro evidenziando come “per mobilitare queste risorse sarà creato un fondo apposito“.
Nonostante le difficoltà di natura straordinaria, “il governo intende continuare lungo il percorso di crescita attraverso consolidamento e riforme strutturali”, ha spiegato Padoan. Tuttavia “un ritmo di aggiustamento eccessivamente accelerato”, ovvero una nuova manovra “colpirebbe l’economia in un momento di accresciuta incertezza politica ed economica a livello globale”. E, sebbene il governo stia “pianificando di adottare le misure necessarie”, indicazioni puntuali all’interno di una “strategia più complessiva” sono rimandate al prossimo Documento di economia e Finanza” del prossimo aprile. Intanto il Tesoro confida nel fatto che Bruxelles possa tener conto di tutte le “emergenze” italiane. Soprattutto in un momento così delicato per gli equilibri di un governo che punta a portare avanti delle politiche fiscali fra il 2017 e il 2019 “pienamente rispettose del Patto di stabilità e crescita”.
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