MEDICINA- MALATTIE E CURE
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MEDICINA- MALATTIE E CURE
Meningite. Tutto quello che c’è da sapere: i batteri che la causano, chi è più a rischio e in quali casi è meglio vaccinarsi
di Andrea Tundo | 2 gennaio 2017
Scienza
L’Istituto Superiore di Sanità ha diffuso un report per fare chiarezza su cause, età a rischio, condizioni di vita nelle quali prestare particolare attenzione e quando e come proteggersi dagli agenti batterici che causano la malattia
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01 ... i/3292532/
di Andrea Tundo | 2 gennaio 2017
Scienza
L’Istituto Superiore di Sanità ha diffuso un report per fare chiarezza su cause, età a rischio, condizioni di vita nelle quali prestare particolare attenzione e quando e come proteggersi dagli agenti batterici che causano la malattia
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01 ... i/3292532/
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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE
LIBRE news
Monbiot: malati di solitudine, questo sistema ci fa impazzire
Scritto il 04/1/17 • nella Categoria: idee Condividi
Un’epidemia di malattie mentali sta distruggendo mente e corpo di milioni di persone. È arrivato il momento di chiederci dove stiamo andando e perché. Quale maggiore atto d’accusa potrebbe esserci, per un sistema, di una epidemia di malattie mentali? Eppure problemi come ansia, stress, depressione, fobia sociale, disturbi alimentari, autolesionismo e solitudine oggi si abbattono sulle persone in tutto il mondo. Le recenti, catastrofiche statistiche sulla salute mentale dei bambini in Inghilterra riflettono una crisi globale. Ci sono una moltitudine di ragioni secondarie per spiegare questo disagio, ma a me sembra che la causa di fondo sia ovunque la stessa: gli esseri umani, mammiferi estremamente sociali, i cui cervelli sono cablati per rispondere agli altri, sono stati scorticati. I cambiamenti economici e tecnologici in questo svolgono un ruolo importante, ma lo stesso vale per l’ideologia. Benché il nostro benessere sia indissolubilmente legato alla vita degli altri, ci viene spiegato da ogni parte che il segreto della prosperità è nell’egoismo competitivo e nell’individualismo estremo.
In Gran Bretagna, uomini che hanno passato tutta la loro vita in circoli privilegiati – a scuola, all’università, al bar, in Parlamento – ci insegnano che dobbiamo sempre camminare con le nostre gambe. Il sistema dell’istruzione diventa ogni anno più brutalmente competitivo. Trovare lavoro è una lotta all’ultimo sangue con una massa di altri disperati che inseguono i sempre meno posti disponibili. I moderni sorveglianti dei poveri attribuiscono a colpe individuali la loro situazione economica. Gli incessanti concorsi televisivi alimentano aspirazioni impossibili come le opportunità reali. Il vuoto sociale è riempito dal consumismo. Ma, lungi dal curare la malattia dell’isolamento, questo intensifica il confronto sociale, al punto che, dopo aver consumato tutto quello che c’era da consumare, iniziamo ad avventarci su noi stessi. I social media ci uniscono ma anche ci dividono, consentendoci di quantificare con precisione la nostra posizione sociale, e di constatare che altre persone hanno più amici e seguaci di noi.
Come Rhiannon Lucy Cosslett ha brillantemente documentato, le ragazze e le giovani donne modificano abitualmente le foto che pubblicano per sembrare più levigate e sottili. Alcuni telefoni lo fanno perfino automaticamente, basta attivare l’impostazione “bellezza”; così ci si può trasformare anche da soli in modelli di magrezza da inseguire. Benvenuti nella distopia post-hobbesiana: una guerra di tutti contro se stessi. C’è da stupirsi, in questa solitudine interiore, in cui il contatto è stato sostituito dal ritocco, se le giovani donne stanno annegando nel disturbo mentale? Una recente indagine condotta in Inghilterra suggerisce che tra i 16 e i 24 anni una donna su quattro si è autoinflitta una ferita, e uno su otto oggi soffre di disturbo da stress post-traumatico. Ansia, depressione, fobie o disturbo ossessivo-compulsivo colpiscono il 26% delle donne in questa fascia di età. Dati di questo tipo assomigliano da vicino a una crisi di salute pubblica. Se la frammentazione sociale non è presa in seria considerazione, come si prende sul serio una gamba rotta, è perché non possiamo vederla. Ma i neuroscienziati possono.
Una serie di affascinanti articoli suggerisce che il dolore sociale e il dolore fisico sono elaborati dagli stessi circuiti di neuroni. Questo potrebbe spiegare perché in molte lingue è difficile descrivere l’impatto della rottura dei legami sociali senza ricorrere alle parole che usiamo per indicare dolore fisico e lesioni. Negli esseri umani come negli altri mammiferi sociali il contatto sociale riduce il dolore fisico. Questo è il motivo per cui abbracciamo i nostri figli quando si fanno male: l’affetto è un potente analgesico. Gli oppioidi alleviano sia l’agonia fisica sia l’angoscia della separazione. Forse questo spiega il legame tra isolamento sociale e tossicodipendenza. Alcuni esperimenti riassunti sulla rivista “Physiology & Behaviour” il mese scorso suggeriscono che, data la possibilità di scegliere tra dolore fisico o isolamento, i mammiferi sociali scelgono il primo. Alcune scimmie cappuccino prive di cibo e tenute in isolamento per 22 ore, prima di mangiare si sono riunite alle loro compagne. I bambini che sono trascurati dal punto di vista emotivo, secondo alcuni studi, subiscono peggiori conseguenze per la salute mentale rispetto ai bambini che soffrono sia trascuratezza emotiva sia violenza fisica: per quanto orribile, la violenza comporta essere notati e toccati.
L’autolesionismo è spesso usato come tentativo di alleviare la sofferenza: un’altra indicazione che il dolore fisico è meno terribile del dolore emotivo. Come il sistema carcerario sa fin troppo bene, una delle forme più efficaci di tortura è proprio l’isolamento. Non è difficile capire quali potrebbero essere le ragioni evolutive per la presenza del dolore sociale. La sopravvivenza tra i mammiferi sociali è notevolmente più alta quando sono fortemente legati al resto del branco. Sono gli animali isolati ed emarginati che hanno più probabilità di essere attaccati dai predatori, o morire di fame. Così come il dolore fisico ci protegge dai danni fisici, il dolore emotivo ci protegge dai danni sociali. Ci spinge a ricostruire connessioni. Ma per molte persone è diventato quasi impossibile.
Non è sorprendente che l’isolamento sociale sia fortemente associato alla depressione, al suicidio, all’ansia, all’insonnia, alla paura e alla sensazione di essere minacciati. È più sorprendente scoprire la gamma di malattie fisiche che provoca o aggrava. Demenza, ipertensione, malattie cardiache, ictus, abbassamento della resistenza ai virus, perfino gli incidenti sono più comuni tra le persone sole. La solitudine ha un impatto sulla salute fisica paragonabile al fumare 15 sigarette al giorno: sembra aumentare il rischio di morte prematura del 26%. Questo in parte è perché la solitudine aumenta la produzione dell’ormone dello stress, il cortisolo, che deprime il sistema immunitario. Studi condotti su animali e sull’uomo suggeriscono che mangiare sia motivo di conforto: l’isolamento riduce il controllo dell’impulso, portando all’obesità. Visto che le persone situate nella parte più bassa della scala socioeconomica sono anche quelle più a rischio di soffrire di solitudine, questa potrebbe essere una delle spiegazioni per il forte legame tra basso livello economico e obesità?
Chiunque può rendersi conto che qualcosa di molto più importante della maggior parte dei problemi di cui ci si preoccupa è andato storto. Ma allora, perché siamo così impegnati in questa frenesia che distrugge il mondo e si autoannienta, devastando l’ambiente e riducendo in pezzi le società, se tutto ciò che produce è un dolore insopportabile? Questo problema non dovrebbe essere considerato il più scottante nella vita pubblica? Ci sono enti di beneficenza meravigliosi che fanno quello che possono per lottare contro questa marea, con alcuni dei quali ho intenzione di lavorare come parte del mio progetto contro la solitudine. Ma per ogni persona aiutata, molte altre vengono spazzate via. Non basta una risposta politica per tutto questo. Ci vuole qualcosa di molto più grande: ripensare un’intera visione del mondo. Di tutte le fantasie degli esseri umani, l’idea che ce la si possa fare da soli è la più assurda e forse la più pericolosa. O restiamo uniti o andiamo in pezzi.
(George Monbiot, “Il nuovo ordine liberale crea solitudine, ecco cosa sta facendo a pezzi la nostra società”, dal “Guardian” del 12 ottobre 2016, articolo tradotto da “Voci dall’Estero”).
Monbiot: malati di solitudine, questo sistema ci fa impazzire
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Un’epidemia di malattie mentali sta distruggendo mente e corpo di milioni di persone. È arrivato il momento di chiederci dove stiamo andando e perché. Quale maggiore atto d’accusa potrebbe esserci, per un sistema, di una epidemia di malattie mentali? Eppure problemi come ansia, stress, depressione, fobia sociale, disturbi alimentari, autolesionismo e solitudine oggi si abbattono sulle persone in tutto il mondo. Le recenti, catastrofiche statistiche sulla salute mentale dei bambini in Inghilterra riflettono una crisi globale. Ci sono una moltitudine di ragioni secondarie per spiegare questo disagio, ma a me sembra che la causa di fondo sia ovunque la stessa: gli esseri umani, mammiferi estremamente sociali, i cui cervelli sono cablati per rispondere agli altri, sono stati scorticati. I cambiamenti economici e tecnologici in questo svolgono un ruolo importante, ma lo stesso vale per l’ideologia. Benché il nostro benessere sia indissolubilmente legato alla vita degli altri, ci viene spiegato da ogni parte che il segreto della prosperità è nell’egoismo competitivo e nell’individualismo estremo.
In Gran Bretagna, uomini che hanno passato tutta la loro vita in circoli privilegiati – a scuola, all’università, al bar, in Parlamento – ci insegnano che dobbiamo sempre camminare con le nostre gambe. Il sistema dell’istruzione diventa ogni anno più brutalmente competitivo. Trovare lavoro è una lotta all’ultimo sangue con una massa di altri disperati che inseguono i sempre meno posti disponibili. I moderni sorveglianti dei poveri attribuiscono a colpe individuali la loro situazione economica. Gli incessanti concorsi televisivi alimentano aspirazioni impossibili come le opportunità reali. Il vuoto sociale è riempito dal consumismo. Ma, lungi dal curare la malattia dell’isolamento, questo intensifica il confronto sociale, al punto che, dopo aver consumato tutto quello che c’era da consumare, iniziamo ad avventarci su noi stessi. I social media ci uniscono ma anche ci dividono, consentendoci di quantificare con precisione la nostra posizione sociale, e di constatare che altre persone hanno più amici e seguaci di noi.
Come Rhiannon Lucy Cosslett ha brillantemente documentato, le ragazze e le giovani donne modificano abitualmente le foto che pubblicano per sembrare più levigate e sottili. Alcuni telefoni lo fanno perfino automaticamente, basta attivare l’impostazione “bellezza”; così ci si può trasformare anche da soli in modelli di magrezza da inseguire. Benvenuti nella distopia post-hobbesiana: una guerra di tutti contro se stessi. C’è da stupirsi, in questa solitudine interiore, in cui il contatto è stato sostituito dal ritocco, se le giovani donne stanno annegando nel disturbo mentale? Una recente indagine condotta in Inghilterra suggerisce che tra i 16 e i 24 anni una donna su quattro si è autoinflitta una ferita, e uno su otto oggi soffre di disturbo da stress post-traumatico. Ansia, depressione, fobie o disturbo ossessivo-compulsivo colpiscono il 26% delle donne in questa fascia di età. Dati di questo tipo assomigliano da vicino a una crisi di salute pubblica. Se la frammentazione sociale non è presa in seria considerazione, come si prende sul serio una gamba rotta, è perché non possiamo vederla. Ma i neuroscienziati possono.
Una serie di affascinanti articoli suggerisce che il dolore sociale e il dolore fisico sono elaborati dagli stessi circuiti di neuroni. Questo potrebbe spiegare perché in molte lingue è difficile descrivere l’impatto della rottura dei legami sociali senza ricorrere alle parole che usiamo per indicare dolore fisico e lesioni. Negli esseri umani come negli altri mammiferi sociali il contatto sociale riduce il dolore fisico. Questo è il motivo per cui abbracciamo i nostri figli quando si fanno male: l’affetto è un potente analgesico. Gli oppioidi alleviano sia l’agonia fisica sia l’angoscia della separazione. Forse questo spiega il legame tra isolamento sociale e tossicodipendenza. Alcuni esperimenti riassunti sulla rivista “Physiology & Behaviour” il mese scorso suggeriscono che, data la possibilità di scegliere tra dolore fisico o isolamento, i mammiferi sociali scelgono il primo. Alcune scimmie cappuccino prive di cibo e tenute in isolamento per 22 ore, prima di mangiare si sono riunite alle loro compagne. I bambini che sono trascurati dal punto di vista emotivo, secondo alcuni studi, subiscono peggiori conseguenze per la salute mentale rispetto ai bambini che soffrono sia trascuratezza emotiva sia violenza fisica: per quanto orribile, la violenza comporta essere notati e toccati.
L’autolesionismo è spesso usato come tentativo di alleviare la sofferenza: un’altra indicazione che il dolore fisico è meno terribile del dolore emotivo. Come il sistema carcerario sa fin troppo bene, una delle forme più efficaci di tortura è proprio l’isolamento. Non è difficile capire quali potrebbero essere le ragioni evolutive per la presenza del dolore sociale. La sopravvivenza tra i mammiferi sociali è notevolmente più alta quando sono fortemente legati al resto del branco. Sono gli animali isolati ed emarginati che hanno più probabilità di essere attaccati dai predatori, o morire di fame. Così come il dolore fisico ci protegge dai danni fisici, il dolore emotivo ci protegge dai danni sociali. Ci spinge a ricostruire connessioni. Ma per molte persone è diventato quasi impossibile.
Non è sorprendente che l’isolamento sociale sia fortemente associato alla depressione, al suicidio, all’ansia, all’insonnia, alla paura e alla sensazione di essere minacciati. È più sorprendente scoprire la gamma di malattie fisiche che provoca o aggrava. Demenza, ipertensione, malattie cardiache, ictus, abbassamento della resistenza ai virus, perfino gli incidenti sono più comuni tra le persone sole. La solitudine ha un impatto sulla salute fisica paragonabile al fumare 15 sigarette al giorno: sembra aumentare il rischio di morte prematura del 26%. Questo in parte è perché la solitudine aumenta la produzione dell’ormone dello stress, il cortisolo, che deprime il sistema immunitario. Studi condotti su animali e sull’uomo suggeriscono che mangiare sia motivo di conforto: l’isolamento riduce il controllo dell’impulso, portando all’obesità. Visto che le persone situate nella parte più bassa della scala socioeconomica sono anche quelle più a rischio di soffrire di solitudine, questa potrebbe essere una delle spiegazioni per il forte legame tra basso livello economico e obesità?
Chiunque può rendersi conto che qualcosa di molto più importante della maggior parte dei problemi di cui ci si preoccupa è andato storto. Ma allora, perché siamo così impegnati in questa frenesia che distrugge il mondo e si autoannienta, devastando l’ambiente e riducendo in pezzi le società, se tutto ciò che produce è un dolore insopportabile? Questo problema non dovrebbe essere considerato il più scottante nella vita pubblica? Ci sono enti di beneficenza meravigliosi che fanno quello che possono per lottare contro questa marea, con alcuni dei quali ho intenzione di lavorare come parte del mio progetto contro la solitudine. Ma per ogni persona aiutata, molte altre vengono spazzate via. Non basta una risposta politica per tutto questo. Ci vuole qualcosa di molto più grande: ripensare un’intera visione del mondo. Di tutte le fantasie degli esseri umani, l’idea che ce la si possa fare da soli è la più assurda e forse la più pericolosa. O restiamo uniti o andiamo in pezzi.
(George Monbiot, “Il nuovo ordine liberale crea solitudine, ecco cosa sta facendo a pezzi la nostra società”, dal “Guardian” del 12 ottobre 2016, articolo tradotto da “Voci dall’Estero”).
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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE
E' possibile che la Coca Cola mandi un Killer per eliminare questo farmacista inglese.
6 gen 2017 13:22
1. SIETE CURIOSI DI SAPERE COSA ACCADE AL VOSTRO ORGANISMO DOPO AVER INGOLLATO UNA LATTINA DI COCA COLA? DALL’ACIDO FOSFORICO CHE VI IMPEDISCE DI VOMITARE AL PIACERE INTENSO DEI PRIMI 45 MINUTI, FINO AL DOWN E AL BISOGNO DI ANDARE AL BAGNO
2. UN’INFOGRAFICA APPARSA SUL BLOG DELL’EX FARMACISTA INGLESE NIRAJ NAIK ILLUSTRA ATTRAVERSO SETTE PASSI TUTTE LE REAZIONI CHE AVVENGONO DAL MOMENTO IN CUI BEVETE IL PRIMO SORSO FINO A UN’ORA DOPO L’ASSUNZIONE
3. PRIMI 10 MINUTI - AVETE APPENA ASSUNTO 10 CUCCHIAINI DI ZUCCHERO (IL 100% DELLA DOSE GIORNALIERA RACCOMANDATA), L’UNICA COSA CHE VI IMPEDISCE DI VOMITARE PER L’ECCESSIVA DOLCEZZA È L’ACIDO FOSFORICO CHE ALTERA IL SAPORE, PERMETTENDOVI DI INGERIRLA...
Anucyia Victor per http://www.dailymail.co.uk/
Volete sapere cosa accade all’organismo dopo aver bevuto una lattina di Coca Cola? Un’infografica apparsa sul blog dell’ex farmacista inglese Niraj Naik illustra attraverso sette passi tutte le reazioni che avvengono dal momento in cui bevete il primo sorso fino a un’ora dopo l’assunzione:
Primi 10 minuti
Avete appena assunto 10 cucchiaini di zucchero (il 100% della dose giornaliera raccomandata), l’unica cosa che vi impedisce di vomitare per l’eccessiva dolcezza è l’acido fosforico che altera il sapore della Coca Cola, permettendovi di ingerirla.
20 minuti
La quantità di zucchero nel vostro sangue è ai massimi e state producendo quanta più insulina possibile per farvi fronte, allo stesso tempo il vostro fegato risponde a questa situazione di emergenza trasformando tutto lo zucchero che può in grasso.
40 minuti
Tutta la caffeina è stata assorbita, le pupille si dilatano, la pressione del sangue sale e il fegato risponde pompando più zucchero nel sangue. I ricettori dell’adenosina che si trovano nel cervello sono completamente inibiti per prevenire uno stato di forte sonnolenza.
45 minuti
L’organismo aumenta la produzione di dopamina stimolando i centri nevralgici del piacere, esattamente come fa l’eroina.
<60 minuti
Le proprietà diuretiche della caffeina iniziano a farsi sentire e sentite il bisogno di fare la pipì. In questo momento espellerete elementi importanti per le vostre ossa come calcio, magnesio e zinco, oltre a acqua ed elettroliti.
60 minuti
La festa sta per finire e probabilmente state andando incontro a un vertiginoso calo di zuccheri che vi renderà irritabili e fiacchi. Avete già urinato tutta l’acqua presente nella vostra Coca Cola ancor prima che il vostro corpo ne avesse potuto estrarre gli elementi indispensabili per idratarvi e rinforzare le ossa e i denti.
6 gen 2017 13:22
1. SIETE CURIOSI DI SAPERE COSA ACCADE AL VOSTRO ORGANISMO DOPO AVER INGOLLATO UNA LATTINA DI COCA COLA? DALL’ACIDO FOSFORICO CHE VI IMPEDISCE DI VOMITARE AL PIACERE INTENSO DEI PRIMI 45 MINUTI, FINO AL DOWN E AL BISOGNO DI ANDARE AL BAGNO
2. UN’INFOGRAFICA APPARSA SUL BLOG DELL’EX FARMACISTA INGLESE NIRAJ NAIK ILLUSTRA ATTRAVERSO SETTE PASSI TUTTE LE REAZIONI CHE AVVENGONO DAL MOMENTO IN CUI BEVETE IL PRIMO SORSO FINO A UN’ORA DOPO L’ASSUNZIONE
3. PRIMI 10 MINUTI - AVETE APPENA ASSUNTO 10 CUCCHIAINI DI ZUCCHERO (IL 100% DELLA DOSE GIORNALIERA RACCOMANDATA), L’UNICA COSA CHE VI IMPEDISCE DI VOMITARE PER L’ECCESSIVA DOLCEZZA È L’ACIDO FOSFORICO CHE ALTERA IL SAPORE, PERMETTENDOVI DI INGERIRLA...
Anucyia Victor per http://www.dailymail.co.uk/
Volete sapere cosa accade all’organismo dopo aver bevuto una lattina di Coca Cola? Un’infografica apparsa sul blog dell’ex farmacista inglese Niraj Naik illustra attraverso sette passi tutte le reazioni che avvengono dal momento in cui bevete il primo sorso fino a un’ora dopo l’assunzione:
Primi 10 minuti
Avete appena assunto 10 cucchiaini di zucchero (il 100% della dose giornaliera raccomandata), l’unica cosa che vi impedisce di vomitare per l’eccessiva dolcezza è l’acido fosforico che altera il sapore della Coca Cola, permettendovi di ingerirla.
20 minuti
La quantità di zucchero nel vostro sangue è ai massimi e state producendo quanta più insulina possibile per farvi fronte, allo stesso tempo il vostro fegato risponde a questa situazione di emergenza trasformando tutto lo zucchero che può in grasso.
40 minuti
Tutta la caffeina è stata assorbita, le pupille si dilatano, la pressione del sangue sale e il fegato risponde pompando più zucchero nel sangue. I ricettori dell’adenosina che si trovano nel cervello sono completamente inibiti per prevenire uno stato di forte sonnolenza.
45 minuti
L’organismo aumenta la produzione di dopamina stimolando i centri nevralgici del piacere, esattamente come fa l’eroina.
<60 minuti
Le proprietà diuretiche della caffeina iniziano a farsi sentire e sentite il bisogno di fare la pipì. In questo momento espellerete elementi importanti per le vostre ossa come calcio, magnesio e zinco, oltre a acqua ed elettroliti.
60 minuti
La festa sta per finire e probabilmente state andando incontro a un vertiginoso calo di zuccheri che vi renderà irritabili e fiacchi. Avete già urinato tutta l’acqua presente nella vostra Coca Cola ancor prima che il vostro corpo ne avesse potuto estrarre gli elementi indispensabili per idratarvi e rinforzare le ossa e i denti.
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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE
SCANDALI
Abbiamo un farmaco che può salvare delle vite ma in Italia lo usiamo per la cura della pelle
La denuncia del direttore del Centro di Malattie Tropicali dell'Ospedale di Negrar, nel Veronese: "L'Ivermectina è riconosciuta dall'Ema ed è utilizzata da tempo in Usa ed in molti Paesi europei per scongiurare l'allarme scabbia portata dai profughi. Ma inspiegabilmente da noi è solo una crema contro i rossori"
DI MASSIMO ROSSIGNATI
09 gennaio 2017
Abbiamo un farmaco che può salvare delle vite ma in Italia lo usiamo per la cura della pelle
Una dose di compresse di Ivermectina per scongiurare l'allarme scabbia portata dai profughi. Ma anche per curare decine di migliaia di italiani colpiti dalla “Strongiloidosi” che può diventare mortale. O per combattere gravi virus come zika, febbre gialla, duengue e anche malaria (in questo caso è tossico per le zanzare). Solo che quel farmaco, in Italia, non c'è, perché non è ancora stato riconosciuto dall'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco. E questo, incredibilmente, dopo che per aver scoperto la sua base, l'Avermectina, nel 2015 i ricercatori William Campbell e Satoshi Ōmura vennero premiati con il Nobel per la Medicina.
A denunciarlo è il dottor Zeno Bisoffi, direttore del Centro di Malattie Tropicali dell'Ospedale di Negrar, nel Veronese, che appartiene all'Opera Don Calabria (prete proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II nel 1999).
Zeno Bisoffi, direttore del Centro di...
Zeno Bisoffi, direttore del Centro di Malattie Tropicali dell'Ospedale di Negrar
«L'Ivermectina è riconosciuta dall'Ema, l'agenzia europea del farmaco, ed è utilizzata da tempo in Usa ed in molti Paesi europei, ma inspiegabilmente non Italia. E questo quando è dimostrato che questo composto, facilmente somministrabile in semplice compresse, del costo di 5-6 euro l'una, è la cura più efficace contro la scabbia e contro la strongiloidosi. Oggi, con l'arrivo di migliaia di richiedenti asilo assistiamo spesso ad allarmi sul tema della Scabbia, ingiustificati, ma che causano altrettanto allarme sociale. Ebbene, basta una dose di 3-5 compresse a seconda del peso della persona per curare un eventuale ammalato e renderlo immune. Oggi, invece, quando arrivano questi poveretti a centinaia, per curarli dalla scabbia in Italia si impiegano prodotti per uso topico, cioè somministrati attraverso la cute e le mucose con creme, tipo permetrina, o bendaggi. Procedure che richiedono tempo e soprattutto condizioni igieniche incompatibili con i luoghi dove vengono accolti, dove magari ci sono due docce per 100 persone».
Il Centro di Malattie Tropicali dell'ospedale di Negrar, collaboratore dell'Organizzazione mondiale della sanità, oggi è costretto ad importare il farmaco dalla Svizzera, con l'aggravio di costi che ne consegue. «Lo importiamo per curare i tanti italiani ammalati di strongiloidosi, una forma di parassitosi che colpisce migliaia di persone e che può portare alla morte. Le sue microscopiche larve si trovano nel terreno e basta camminare a piedi nudi per raccoglierle. Inoltre, si tratta di una malattia difficile da diagnosticare, con sintomi vaghi, come prurito e saltuari dolori addominali, ma il parassita intanto prolifica e può arrivare ad intaccare tutti gli organi e gli apparati, portando alla morte. E qui l'Ivermectina è la cura più efficace, come dimostrato anche dallo studio che abbiamo curato lo scorso anno assieme all'Ulss 20 di Verona, coinvolgendo 10 ospedali di Veneto, Lombardia e Friuli e finanziato dal Ministero della Salute».
Ma la vicenda è ancora più incredibile se si pensa che l'Aifa ha autorizzato da tempo l'uso di farmaci a base di Ivermectina per gli animali e recentemente, sotto forma di crema, per la cura della pelle, come fa sapere la stessa Aifa, interpellata da L'Espresso: «Il medicinale Efacti (ivermectina), il cui titolare dell'Aic è Galderma, è stato effettivamente autorizzato con determina n. 1180/2015 del 18 giugno 2015. Il medicinale risulta commercializzato da luglio 2015».
Insomma, abbiamo approvato un farmaco per la cura dei rossori della pelle e non quello che utilizza lo stesso prodotto ma per salvare vite umane. «È assurdo, tanto che abbiamo anche dato vita ad un network internazionale, un anno fa, per coordinare la ricerca sulla strongiloidosi. Ed il primo obiettivo che ci siamo posti è proprio di promuovere l'estensione della disponibilità dell'Ivermectina in tutti i Paesi, partendo dall'Italia - conclude il dottor Bisoffi -. Ed abbiamo già programmato per il 27 e 28 marzo prossimi, a Verona, una due giorni di convegni che si chiamerà '“IvermecDay”. Non è accettabile che abbiamo un farmaco che può salvare delle vite ed in Italia lo usiamo per la cura della pelle».
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FARMACI
© Riproduzione riservata
Abbiamo un farmaco che può salvare delle vite ma in Italia lo usiamo per la cura della pelle
La denuncia del direttore del Centro di Malattie Tropicali dell'Ospedale di Negrar, nel Veronese: "L'Ivermectina è riconosciuta dall'Ema ed è utilizzata da tempo in Usa ed in molti Paesi europei per scongiurare l'allarme scabbia portata dai profughi. Ma inspiegabilmente da noi è solo una crema contro i rossori"
DI MASSIMO ROSSIGNATI
09 gennaio 2017
Abbiamo un farmaco che può salvare delle vite ma in Italia lo usiamo per la cura della pelle
Una dose di compresse di Ivermectina per scongiurare l'allarme scabbia portata dai profughi. Ma anche per curare decine di migliaia di italiani colpiti dalla “Strongiloidosi” che può diventare mortale. O per combattere gravi virus come zika, febbre gialla, duengue e anche malaria (in questo caso è tossico per le zanzare). Solo che quel farmaco, in Italia, non c'è, perché non è ancora stato riconosciuto dall'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco. E questo, incredibilmente, dopo che per aver scoperto la sua base, l'Avermectina, nel 2015 i ricercatori William Campbell e Satoshi Ōmura vennero premiati con il Nobel per la Medicina.
A denunciarlo è il dottor Zeno Bisoffi, direttore del Centro di Malattie Tropicali dell'Ospedale di Negrar, nel Veronese, che appartiene all'Opera Don Calabria (prete proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II nel 1999).
Zeno Bisoffi, direttore del Centro di...
Zeno Bisoffi, direttore del Centro di Malattie Tropicali dell'Ospedale di Negrar
«L'Ivermectina è riconosciuta dall'Ema, l'agenzia europea del farmaco, ed è utilizzata da tempo in Usa ed in molti Paesi europei, ma inspiegabilmente non Italia. E questo quando è dimostrato che questo composto, facilmente somministrabile in semplice compresse, del costo di 5-6 euro l'una, è la cura più efficace contro la scabbia e contro la strongiloidosi. Oggi, con l'arrivo di migliaia di richiedenti asilo assistiamo spesso ad allarmi sul tema della Scabbia, ingiustificati, ma che causano altrettanto allarme sociale. Ebbene, basta una dose di 3-5 compresse a seconda del peso della persona per curare un eventuale ammalato e renderlo immune. Oggi, invece, quando arrivano questi poveretti a centinaia, per curarli dalla scabbia in Italia si impiegano prodotti per uso topico, cioè somministrati attraverso la cute e le mucose con creme, tipo permetrina, o bendaggi. Procedure che richiedono tempo e soprattutto condizioni igieniche incompatibili con i luoghi dove vengono accolti, dove magari ci sono due docce per 100 persone».
Il Centro di Malattie Tropicali dell'ospedale di Negrar, collaboratore dell'Organizzazione mondiale della sanità, oggi è costretto ad importare il farmaco dalla Svizzera, con l'aggravio di costi che ne consegue. «Lo importiamo per curare i tanti italiani ammalati di strongiloidosi, una forma di parassitosi che colpisce migliaia di persone e che può portare alla morte. Le sue microscopiche larve si trovano nel terreno e basta camminare a piedi nudi per raccoglierle. Inoltre, si tratta di una malattia difficile da diagnosticare, con sintomi vaghi, come prurito e saltuari dolori addominali, ma il parassita intanto prolifica e può arrivare ad intaccare tutti gli organi e gli apparati, portando alla morte. E qui l'Ivermectina è la cura più efficace, come dimostrato anche dallo studio che abbiamo curato lo scorso anno assieme all'Ulss 20 di Verona, coinvolgendo 10 ospedali di Veneto, Lombardia e Friuli e finanziato dal Ministero della Salute».
Ma la vicenda è ancora più incredibile se si pensa che l'Aifa ha autorizzato da tempo l'uso di farmaci a base di Ivermectina per gli animali e recentemente, sotto forma di crema, per la cura della pelle, come fa sapere la stessa Aifa, interpellata da L'Espresso: «Il medicinale Efacti (ivermectina), il cui titolare dell'Aic è Galderma, è stato effettivamente autorizzato con determina n. 1180/2015 del 18 giugno 2015. Il medicinale risulta commercializzato da luglio 2015».
Insomma, abbiamo approvato un farmaco per la cura dei rossori della pelle e non quello che utilizza lo stesso prodotto ma per salvare vite umane. «È assurdo, tanto che abbiamo anche dato vita ad un network internazionale, un anno fa, per coordinare la ricerca sulla strongiloidosi. Ed il primo obiettivo che ci siamo posti è proprio di promuovere l'estensione della disponibilità dell'Ivermectina in tutti i Paesi, partendo dall'Italia - conclude il dottor Bisoffi -. Ed abbiamo già programmato per il 27 e 28 marzo prossimi, a Verona, una due giorni di convegni che si chiamerà '“IvermecDay”. Non è accettabile che abbiamo un farmaco che può salvare delle vite ed in Italia lo usiamo per la cura della pelle».
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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE
10 gen 2017 19:08
ATTENTI AL FUMO PASSIVO! PROVOCA 600MILA MORTI L’ANNO: IL TUMORE DEL POLMONE NON È L’UNICA INSIDIA. RESPIRARE ARIA SATURA DI COMPOSTI NOCIVI EMESSI DALLE SIGARETTE AUMENTA ANCHE IL RISCHIO DI SVILUPPARE UN ICTUS CEREBRALE
Fabio Di Todaro per la Stampa
Ci si ricorda di loro soltanto una volta all’anno, oggi: nella giornata dei diritti dei non fumatori, dal 2000 segnata sul calendario ogni dieci gennaio. «Spetta a tutti il diritto di respirare aria pulita», si legge sul sito dedicato all’iniziativa, che ha come fine ultimo la prevenzione, caratterizzata dall’informare i fumatori e non sui pericoli del tabacco.
Le stime ufficiali dicono che, soltanto nel secolo scorso, sono stati cento milioni i decessi legati al fumo. E non si esclude che, entro la fine di quello in corso, potrebbero salire addirittura a un miliardo. Da qui la necessità di parlare con costanza dei danni provocati dal fumo di sigaretta, visto che anche una sigaretta al giorno aumenta il rischio di sviluppare un tumore del polmone.
In Italia, dopo i primi anni successivi all’entrata in vigore della legge Sirchia, il calo del numero dei fumatori s’è arrestato. Nel 2016, rispetto all’anno precedente, la percentuale è rimasta pressoché invariata: 11,5 milioni, rispetto ai 10,9 milioni del 2015. In Italia fuma il 22 per cento della popolazione e nel 2016 s’è registrato un lieve incremento in entrambi i sessi. Il consumo medio di sigarette al giorno, infine, si è confermato intorno alle 13 sigarette. Ma a fare male non è soltanto il fumo attivo, ma pure quello passivo, che maggiormente preoccupa i non fumatori.
Vivere in un ambiente saturo dei 69 componenti del fumo di sigaretta di natura cancerogena espone infatti a un più alto rischio di insorgenza del tumore del polmone, la terza neoplasia più frequente dopo quelle al colon retto e al seno. Un legame che nuovo non è, ma che risulta sconosciuto alla maggioranza: otto italiani su dieci, secondo un sondaggio condotto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) nel 2014.
Il fumo passivo rappresenta il principale fattore inquinante degli ambienti chiusi ed è responsabile di oltre seicentomila morti l’anno. Il tumore del polmone non è l’unica insidia. Respirare aria satura di composti nocivi emessi dalle sigarette aumenta anche il rischio di sviluppare un ictus cerebrale. L’evidenza è emersa da uno studio americano, pubblicato sulla rivista Stroke. I ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora sono giunti a questa conclusione dopo aver valutato il decorso dello stato di salute di oltre ventottomila adulti statunitensi: tutti maggiorenni e non fumatori. Le loro condizioni sono state valutate attraverso le risposte a un questionario e ricorrendo alla rilevazione dei livelli di cotinina - un metabolita della nicotina - nel sangue.
Si è così potuto notare che chi aveva avuto un ictus aveva vissuto un maggior numero di ore a contatto con dei fumatori. Più in generale, inoltre, s’è visto come, tra i sopravvissuti, chi per anni aveva inspirato i prodotti di scarto del fumo di sigaretta aveva una maggiore probabilità di morire rispetto al resto dei pazienti: considerate tutte le possibili cause di decesso. Un motivo in più per rinunciare alle sigarette, per il bene proprio e di chi è vicino.
ATTENTI AL FUMO PASSIVO! PROVOCA 600MILA MORTI L’ANNO: IL TUMORE DEL POLMONE NON È L’UNICA INSIDIA. RESPIRARE ARIA SATURA DI COMPOSTI NOCIVI EMESSI DALLE SIGARETTE AUMENTA ANCHE IL RISCHIO DI SVILUPPARE UN ICTUS CEREBRALE
Fabio Di Todaro per la Stampa
Ci si ricorda di loro soltanto una volta all’anno, oggi: nella giornata dei diritti dei non fumatori, dal 2000 segnata sul calendario ogni dieci gennaio. «Spetta a tutti il diritto di respirare aria pulita», si legge sul sito dedicato all’iniziativa, che ha come fine ultimo la prevenzione, caratterizzata dall’informare i fumatori e non sui pericoli del tabacco.
Le stime ufficiali dicono che, soltanto nel secolo scorso, sono stati cento milioni i decessi legati al fumo. E non si esclude che, entro la fine di quello in corso, potrebbero salire addirittura a un miliardo. Da qui la necessità di parlare con costanza dei danni provocati dal fumo di sigaretta, visto che anche una sigaretta al giorno aumenta il rischio di sviluppare un tumore del polmone.
In Italia, dopo i primi anni successivi all’entrata in vigore della legge Sirchia, il calo del numero dei fumatori s’è arrestato. Nel 2016, rispetto all’anno precedente, la percentuale è rimasta pressoché invariata: 11,5 milioni, rispetto ai 10,9 milioni del 2015. In Italia fuma il 22 per cento della popolazione e nel 2016 s’è registrato un lieve incremento in entrambi i sessi. Il consumo medio di sigarette al giorno, infine, si è confermato intorno alle 13 sigarette. Ma a fare male non è soltanto il fumo attivo, ma pure quello passivo, che maggiormente preoccupa i non fumatori.
Vivere in un ambiente saturo dei 69 componenti del fumo di sigaretta di natura cancerogena espone infatti a un più alto rischio di insorgenza del tumore del polmone, la terza neoplasia più frequente dopo quelle al colon retto e al seno. Un legame che nuovo non è, ma che risulta sconosciuto alla maggioranza: otto italiani su dieci, secondo un sondaggio condotto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) nel 2014.
Il fumo passivo rappresenta il principale fattore inquinante degli ambienti chiusi ed è responsabile di oltre seicentomila morti l’anno. Il tumore del polmone non è l’unica insidia. Respirare aria satura di composti nocivi emessi dalle sigarette aumenta anche il rischio di sviluppare un ictus cerebrale. L’evidenza è emersa da uno studio americano, pubblicato sulla rivista Stroke. I ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora sono giunti a questa conclusione dopo aver valutato il decorso dello stato di salute di oltre ventottomila adulti statunitensi: tutti maggiorenni e non fumatori. Le loro condizioni sono state valutate attraverso le risposte a un questionario e ricorrendo alla rilevazione dei livelli di cotinina - un metabolita della nicotina - nel sangue.
Si è così potuto notare che chi aveva avuto un ictus aveva vissuto un maggior numero di ore a contatto con dei fumatori. Più in generale, inoltre, s’è visto come, tra i sopravvissuti, chi per anni aveva inspirato i prodotti di scarto del fumo di sigaretta aveva una maggiore probabilità di morire rispetto al resto dei pazienti: considerate tutte le possibili cause di decesso. Un motivo in più per rinunciare alle sigarette, per il bene proprio e di chi è vicino.
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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE
Farmaco per diabete ritirato dalle farmacie: ecco marca e lotto
1/32
Corriere Adriatico
43 minuti fa
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ROMA - L'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha disposto il ritiro di alcuni lotti della specialità medicinale METFORMINA MYLAN GENERICS della ditta Mylan Spa nelle seguenti confezioni: METFORMINA MY*30CPR RIV 500MG – AIC 039846023; METFORMINA MY*30CPR RIV 850MG – AIC 039846086; METFORMINA MY*60CPR RIV 1000MG – AIC 039846175.
Il provvedimento, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello 'Sportello dei Diritti', si è reso necessario a seguito della notifica di allerta rapida e della dichiarazione di non conformità alle norme di 'Buona Fabbricazione' del sito di produzione, entrambe emesse dall’agenzia portoghese.
METFORMINA MYLAN GENERICS è utilizzato per il trattamento del diabete mellito di tipo 2, particolarmente nei pazienti in sovrappeso quando il regime alimentare e l’esercizio fisico da soli non danno risultati per un controllo adeguato della glicemia. I lotti in questione non potranno essere utilizzati e la ditta Mylan dovrà assicurarne l’avvenuto ritiro entro 48 ore dalla ricezione del provvedimento.
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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE
L'Aifa ritira farmaco per abbassare la febbre
Alcune confezioni di Paracetamolo EG, farmaco usato per il trattamento della febbre, sono state ritirate dalle farmacie a causa di un provvedimento dell'Aifa
Rachele Nenzi - Mar, 17/01/2017 - 09:33
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L'Agenzia Italiania del Farmaco ha ritirato diversi lotti del Paracetamolo prodotto dalla ditta EG .
Le confezioni ritirate dall3 farmacie sarebbero quelle da16CPR 1000MG – AIC 041467111 Lotti n. 2850023A scadenza Novembre 2017 e numero A6001 scadenza Luglio 2019 • Paracetamolo EG*20CPR 500MG – AIC 041467034 Lotti n. 1760001F scadenza Novembre 2018 e n. K6046 scadenza Aprile 2021.
Il presidente dello Sportello dei Diritti, Giovanni D'Agata, ha sottolineato come la decisione di ritirare il prodotto è stata resa necessaria dopo la notifica di allerta rapida e della dichiarazione di non conformità alle Norme di Buona Fabbricazione del sito di produzione, entrambe emesse dall’agenzia portoghese. Un provvedimento emesso e messo in atto alla massima velocità a causa del massiccio utilizzo del farmaco durante i periodi invernali. Infatti, il Paracetamolo EG è utilizzato nel trattamento di stati febbrili, come ricordato da FanPage.
Alcune confezioni di Paracetamolo EG, farmaco usato per il trattamento della febbre, sono state ritirate dalle farmacie a causa di un provvedimento dell'Aifa
Rachele Nenzi - Mar, 17/01/2017 - 09:33
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L'Agenzia Italiania del Farmaco ha ritirato diversi lotti del Paracetamolo prodotto dalla ditta EG .
Le confezioni ritirate dall3 farmacie sarebbero quelle da16CPR 1000MG – AIC 041467111 Lotti n. 2850023A scadenza Novembre 2017 e numero A6001 scadenza Luglio 2019 • Paracetamolo EG*20CPR 500MG – AIC 041467034 Lotti n. 1760001F scadenza Novembre 2018 e n. K6046 scadenza Aprile 2021.
Il presidente dello Sportello dei Diritti, Giovanni D'Agata, ha sottolineato come la decisione di ritirare il prodotto è stata resa necessaria dopo la notifica di allerta rapida e della dichiarazione di non conformità alle Norme di Buona Fabbricazione del sito di produzione, entrambe emesse dall’agenzia portoghese. Un provvedimento emesso e messo in atto alla massima velocità a causa del massiccio utilizzo del farmaco durante i periodi invernali. Infatti, il Paracetamolo EG è utilizzato nel trattamento di stati febbrili, come ricordato da FanPage.
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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE
17 gen 2017 13:18
LA DIETA NON FA EFFETTO? LA COLPA E' DEI BATTERI CHE VIVONO NEL NOSTRO INTESTINO
- SECONDO LA WASHINGTON UNIVERSITY, LE PERSONE ABITUATE AD UNA DIETA RICCA DI GRASSI E CALORIE HANNO UNA FLORA INTESTINALE IN GRADO DI METTERE I BASTONI TRA LE RUOTE ALLE DIETE IPOCALORICHE, SABOTANDONE QUINDI I RISULTATI
Noemi Penna per la Stampa
I risultati della dieta tardano ad arrivare? Potrebbe essere colpa dei batteri che vivono nel nostro intestino. Lo rivela uno studio americano pubblicato su Cell Host and Microbe che spiana la strada ad una nuova generazione di probiotici «amici del dimagrimento».
Le abitudini alimentari non solo cambiano la flora intestinale ma influenzerebbero anche i risultati delle diete future. Secondo lo studio eseguito dal Center for Genome Sciences and Systems Biology della Washington University,«le persone abituate ad una dieta ricca di grassi e calorie hanno un microbioma intestinale in grado di mettere i bastoni tra le ruote alle diete ipocaloriche», sabotandone quindi i risultati.
In sostanza, se il passaggio da una dieta piena di grassi e «junk food» (il cibo spazzatura) ad un regime alimentare sano, a basso contenuto calorico e ricco di fibre, non dà i risultati sperati potrebbe essere colpa della persistenza di alcuni batteri intestinali «inceppati». Microrganismi talmente abituati ai cibi grassi che faticano ad adattarsi al nuovo regime alimentare e che, di fatto, rallentano il dimagrimento, allontanando i risultati sperati.
«Quando prescriviamo a qualcuno una dieta – afferma Jeffrey Gordon, direttore del Center for Genome Sciences and Systems Biology della Washington University - è importante ricordare che i microbi possono influenzarne i risultati, anche in negativo. Studiando le comunità batteriche presenti nell’intestino siamo riusciti a individuare quali microrganismi sono in grado di promuovere gli effetti benefici di una determinata dieta». Una scoperta importante che apre le porte a nuove strategie per potenziare i risultati dei regimi alimentari a basso contenuto calorico, a partire dalla creazione di probiotici specifici per la dieta.
La flora intestinale (o microbioma) è l’insieme di tutti quei batteri che vivono all’interno del nostro intestino e che costituiscono una barriera protettiva contro i microbi patogeni. Un equilibrio fondamentale per il benessere di tutto l’organismo: quando la flora si altera si è più esposti ad attacchi da parte dei batteri «cattivi». Ma se abituati ad una alimentazione corretta, sono gli stessi batteri «buoni» a diventare i primi nemici della dieta.
Lo studio americano è stato eseguito sui topi e va a completare un’analoga ricerca del King’s College di Londra e della Cornell University degli Stati Uniti su oltre 400 coppie di gemelli identici, che ha evidenziato come i fattori genetici influenzano la composizione della flora batterica, impattando sul metabolismo dell’individuo, e quindi anche sul suo dimagrimento.
LA DIETA NON FA EFFETTO? LA COLPA E' DEI BATTERI CHE VIVONO NEL NOSTRO INTESTINO
- SECONDO LA WASHINGTON UNIVERSITY, LE PERSONE ABITUATE AD UNA DIETA RICCA DI GRASSI E CALORIE HANNO UNA FLORA INTESTINALE IN GRADO DI METTERE I BASTONI TRA LE RUOTE ALLE DIETE IPOCALORICHE, SABOTANDONE QUINDI I RISULTATI
Noemi Penna per la Stampa
I risultati della dieta tardano ad arrivare? Potrebbe essere colpa dei batteri che vivono nel nostro intestino. Lo rivela uno studio americano pubblicato su Cell Host and Microbe che spiana la strada ad una nuova generazione di probiotici «amici del dimagrimento».
Le abitudini alimentari non solo cambiano la flora intestinale ma influenzerebbero anche i risultati delle diete future. Secondo lo studio eseguito dal Center for Genome Sciences and Systems Biology della Washington University,«le persone abituate ad una dieta ricca di grassi e calorie hanno un microbioma intestinale in grado di mettere i bastoni tra le ruote alle diete ipocaloriche», sabotandone quindi i risultati.
In sostanza, se il passaggio da una dieta piena di grassi e «junk food» (il cibo spazzatura) ad un regime alimentare sano, a basso contenuto calorico e ricco di fibre, non dà i risultati sperati potrebbe essere colpa della persistenza di alcuni batteri intestinali «inceppati». Microrganismi talmente abituati ai cibi grassi che faticano ad adattarsi al nuovo regime alimentare e che, di fatto, rallentano il dimagrimento, allontanando i risultati sperati.
«Quando prescriviamo a qualcuno una dieta – afferma Jeffrey Gordon, direttore del Center for Genome Sciences and Systems Biology della Washington University - è importante ricordare che i microbi possono influenzarne i risultati, anche in negativo. Studiando le comunità batteriche presenti nell’intestino siamo riusciti a individuare quali microrganismi sono in grado di promuovere gli effetti benefici di una determinata dieta». Una scoperta importante che apre le porte a nuove strategie per potenziare i risultati dei regimi alimentari a basso contenuto calorico, a partire dalla creazione di probiotici specifici per la dieta.
La flora intestinale (o microbioma) è l’insieme di tutti quei batteri che vivono all’interno del nostro intestino e che costituiscono una barriera protettiva contro i microbi patogeni. Un equilibrio fondamentale per il benessere di tutto l’organismo: quando la flora si altera si è più esposti ad attacchi da parte dei batteri «cattivi». Ma se abituati ad una alimentazione corretta, sono gli stessi batteri «buoni» a diventare i primi nemici della dieta.
Lo studio americano è stato eseguito sui topi e va a completare un’analoga ricerca del King’s College di Londra e della Cornell University degli Stati Uniti su oltre 400 coppie di gemelli identici, che ha evidenziato come i fattori genetici influenzano la composizione della flora batterica, impattando sul metabolismo dell’individuo, e quindi anche sul suo dimagrimento.
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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE
Gli antiossidanti delle mele contro il tumori del colon: lo studio italiano
Uno studio italiano ha mostrato gli effetti benefici dei polifenoli antiossidanti contenuti nelle mele. Questi antiossidanti sono in grado di interagire con le proteine delle cellule umane per bloccare o rallentare il processo di crescita dei tumori
Anna Rossi - Ven, 20/01/2017 - 15:28
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I polifenoli antiossidanti contenuti nelle mele sono in grado di interagire con le proteine delle cellule umane per bloccare o rallentare il processo di crescita dei tumori.
Da anni diversi studi scientifici lo hanno dimostrato e ora arriva la conferma italiana. L’Istituto di scienze dell’alimentazione del Consiglio nazionale delle ricerche e il Dipartimento di chimica e biologia dell’università di Salerno hanno condotto insieme questo studio e lo hanno publicato su Scientific Reports.
Come riprota l'Huffingtonpost, le proprietà antiossidanti delle mele, capaci di prevenire diverse patologie legate all'invecchiatamento, erano già note alla scienza. Un recente studio italiano ha fatto però un passo avanti identificando specifici meccanismi di azione contro la malattia. "Il merito del nostro studio - ha chiarito Angelo Facchiano, ricercatore Isa-Cnr e tra gli autori del lavoro - è avere individuato per la prima volta le proteine dell'organismo umano con le quali possono interagire le molecole antiossidanti ritenute responsabili dell’azione antitumorale già nota delle mele".
Uno studio italiano ha mostrato gli effetti benefici dei polifenoli antiossidanti contenuti nelle mele. Questi antiossidanti sono in grado di interagire con le proteine delle cellule umane per bloccare o rallentare il processo di crescita dei tumori
Anna Rossi - Ven, 20/01/2017 - 15:28
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I polifenoli antiossidanti contenuti nelle mele sono in grado di interagire con le proteine delle cellule umane per bloccare o rallentare il processo di crescita dei tumori.
Da anni diversi studi scientifici lo hanno dimostrato e ora arriva la conferma italiana. L’Istituto di scienze dell’alimentazione del Consiglio nazionale delle ricerche e il Dipartimento di chimica e biologia dell’università di Salerno hanno condotto insieme questo studio e lo hanno publicato su Scientific Reports.
Come riprota l'Huffingtonpost, le proprietà antiossidanti delle mele, capaci di prevenire diverse patologie legate all'invecchiatamento, erano già note alla scienza. Un recente studio italiano ha fatto però un passo avanti identificando specifici meccanismi di azione contro la malattia. "Il merito del nostro studio - ha chiarito Angelo Facchiano, ricercatore Isa-Cnr e tra gli autori del lavoro - è avere individuato per la prima volta le proteine dell'organismo umano con le quali possono interagire le molecole antiossidanti ritenute responsabili dell’azione antitumorale già nota delle mele".
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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE
Salsa di noci ritirata dai supermercati: «Contiene salmonella, è pericolosa»
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Corriere Adriatico
Un'ora fa
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ROMA - Allerta salmonella in una salsa di noci. L'azienda Bruzzone e Ferrari dall'inizio di gennaio sta provvedendo al ritiro del lotto 16N09 della Salsa di noci con scadenza 13/01/2017 per la presenza di salmonella spp.
La comunicazione, riportata su Il Fatto alimentare, sarebbe stata data dalla stessa azienda ed è stata ripresa anche dal Rasff europeo. Si invitano, quindi, tutte le persone che abbiano acquistato il prodotto a riportarlo nel locale in cui è stato comprato per avere un rimborso. Data la presenza della salmonella, si invita a non consumare per alcun motivo il prodotto che potrebbe causare problemi alla salute.
3/32
Corriere Adriatico
Un'ora fa
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ROMA - Allerta salmonella in una salsa di noci. L'azienda Bruzzone e Ferrari dall'inizio di gennaio sta provvedendo al ritiro del lotto 16N09 della Salsa di noci con scadenza 13/01/2017 per la presenza di salmonella spp.
La comunicazione, riportata su Il Fatto alimentare, sarebbe stata data dalla stessa azienda ed è stata ripresa anche dal Rasff europeo. Si invitano, quindi, tutte le persone che abbiano acquistato il prodotto a riportarlo nel locale in cui è stato comprato per avere un rimborso. Data la presenza della salmonella, si invita a non consumare per alcun motivo il prodotto che potrebbe causare problemi alla salute.
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