Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzione?
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
"Così gli scafisti scortano i migranti fino alle navi delle Ong"
Così i trafficanti portano i migranti sulle navi umanitarie. Ong sotto accusa. Frontex: +30% di arrivi dalla Libia all'Italia
Giuseppe De Lorenzo - Mer, 26/04/2017 - 13:26
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Stavolta spunta un video. Immagini chiare che potrebbero sostenere i racconti fatti dai migranti e i sospetti della procura di Catania.
Le protagoniste sono sempre loro, le navi delle Ong impegnate nelle operazioni di ricerca e soccorso (Sar) nel Mar Mediterraneo. E neppure l'accusa è cambiata, ovvero quella di favorire gli "sporchi affari" degli scafisti.
Nei giorni scorsi il pm Carmelo Zuccaro aveva detto chiaramente che "esistono le prove di contatti tra scafisti e soccorritori". Di cosa si tratta? "Telefonate che partono dalla Libia verso alcune Ong, fari che illuminano la rotta verso le navi di queste organizzazioni, navi che all'improvviso staccano i trasponder sono fatti accertati".
Ma potrebbe esserci anche dell'altro. Nel video registrato con un cellulare dai migranti e pubblicato dalla Stampa, infatti, si vede una moto d'acqua che scorta il barcone carico di immigrati. Una decina di passeggeri in una imbarcazione di legno, con lo scafista a gestire il timone. A realizzare il filmato col cellulare è uno dei disperati in cerca di futuro in Europa. Quando inquadra il trafficante, questi lo intima di smettere. I compagni di viaggio pregano, parlano, sperano. Ma non si tratta di una traversata della disperazione. Al loro fianco infatti spunta quella moto d'acqua che secondo gli investigatori sta scortando la bagnarola fino a pochi metri dalle navi delle organizzazioni per poi caricare lo scafista e tornarsene in Libia. Poco dopo i migranti vengono caricati sulla Aquarius, il "vascello da ricerca" gestito in coppia da Sos-Mediterranée e Medici Senza Frontiere. Il telefonino mostra i canti, i balli e le feste di chi ormai si trova al sicuro sul ponte delle associazioni caritatevoli.
VIDEO:
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 90028.html
Così i trafficanti portano i migranti sulle navi umanitarie. Ong sotto accusa. Frontex: +30% di arrivi dalla Libia all'Italia
Giuseppe De Lorenzo - Mer, 26/04/2017 - 13:26
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Stavolta spunta un video. Immagini chiare che potrebbero sostenere i racconti fatti dai migranti e i sospetti della procura di Catania.
Le protagoniste sono sempre loro, le navi delle Ong impegnate nelle operazioni di ricerca e soccorso (Sar) nel Mar Mediterraneo. E neppure l'accusa è cambiata, ovvero quella di favorire gli "sporchi affari" degli scafisti.
Nei giorni scorsi il pm Carmelo Zuccaro aveva detto chiaramente che "esistono le prove di contatti tra scafisti e soccorritori". Di cosa si tratta? "Telefonate che partono dalla Libia verso alcune Ong, fari che illuminano la rotta verso le navi di queste organizzazioni, navi che all'improvviso staccano i trasponder sono fatti accertati".
Ma potrebbe esserci anche dell'altro. Nel video registrato con un cellulare dai migranti e pubblicato dalla Stampa, infatti, si vede una moto d'acqua che scorta il barcone carico di immigrati. Una decina di passeggeri in una imbarcazione di legno, con lo scafista a gestire il timone. A realizzare il filmato col cellulare è uno dei disperati in cerca di futuro in Europa. Quando inquadra il trafficante, questi lo intima di smettere. I compagni di viaggio pregano, parlano, sperano. Ma non si tratta di una traversata della disperazione. Al loro fianco infatti spunta quella moto d'acqua che secondo gli investigatori sta scortando la bagnarola fino a pochi metri dalle navi delle organizzazioni per poi caricare lo scafista e tornarsene in Libia. Poco dopo i migranti vengono caricati sulla Aquarius, il "vascello da ricerca" gestito in coppia da Sos-Mediterranée e Medici Senza Frontiere. Il telefonino mostra i canti, i balli e le feste di chi ormai si trova al sicuro sul ponte delle associazioni caritatevoli.
VIDEO:
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 90028.html
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LE NUOVE ACCUSE DEGLI STRUMPTRUPPEN
"Le ong recuperano i migranti
per destabilizzare l'economia"
Il pm di Catania: "L'obiettivo? Economia debole per trarne vantaggi". E sui finanziamenti: "Forse soldi dai trafficanti"
di Giuseppe De Lorenzo
41 minuti fa
48
^^^^^^^^^^^
"Così le Ong vogliono destabilizzare l'economia italiana coi migranti"
L'accusa del pm di Catania, Carmelo Zuccaro: "A mio avviso alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti. Si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l'economia italiana per trarne dei vantaggi"
Giuseppe De Lorenzo - Gio, 27/04/2017 - 11:32
• scortano i migranti fino alle navi Ong"
•
Nomi, finanziatori e intrighi. Ecco tutti i segreti delle Ong
•
Ecco il piano occulto delle Ong: portarci tutti i migranti
•
Le immagini incastrano le ong. Caricano i migranti in Libia
"A mio avviso - afferma Zuccaro - alcune organizzazioni potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga". E aggiunge: "Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante. Si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l'economia italiana per trarne dei vantaggi". Un'ipotesi inquietante
"A mio avviso - afferma Zuccaro - alcune organizzazioni potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga". E aggiunge: "Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante. Si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l'economia italiana per trarne dei vantaggi". Un'ipotesi inquietante. Il procuratore invita a "non fare di tutta l'erba un fascio", come peraltro aveva già fatto in passato escludendo dal raggio dell'azione investigativa Medici Senza Frontiere e Save The Children. Ma vuole vederci chiaro perché "alcune non rispettano le regole" e sui finanziamenti compaiono più luci che ombre, tra 5x1000 milionari e ricchi assicuratori diventati filantropi. Doveroso dunque pretendere trasparenza. Ma non è solo una questione economica o giuridica. Bisogna fare anche una valutazione politica: come abbiamo già provato a spiegare su queste colonne, dietro l'attività di SAR (ricerca e soccorso) di tutte (e ripeto, tutte) le Organizzazioni Non Governative c'è la volontà di creare corridoi umanitari per permettere ai migranti di arrivare in Italia. Eppure quella di istituire "vie legali" per l'approdo in Europa è una scelta che spetta agli Stati e non certo ad enti di diritto privato che operano in mare aperto su imbarcazioni che battono bandiere di Paesi noti più per i conti offshore che per la limpidezza fiscale.
Per questo Zuccaro parla di "finalità" che vanno oltre il semplice salvataggio di vite umane. Se alcune di esse cercano davvero la "destabilizzazione economica dell'Italia" ci sarà da divertirsi seguendo il proseguo della vicenda. Le indagini di Catania, Palermo, Cagliari e Reggio Calabria vanno avanti. Per il pool catanese "di prove si può parlare soltanto a fronte di conoscenze che possano essere utilizzate processualmente e queste al momento mancano". Ovvero? "Contatti diretti con soggetti che si trovano in Libia e annunciano la partenza di barconi", navi che accendono fari per indicare la rotta, gommoni "scortati" dai trafficanti vicino ai vascelli delle onlus, operazioni di recupero all'interno delle acque libiche, scafisti che forniscono ai migranti i numeri di telefono degli operatori umanitari e via dicendo. Forse le evidenze non basteranno per un processo, ma sono sufficienti ad una valutazione generica dei fatti. Da quando le Ong operano nel Mediterraneo, gli scafisti fanno affari, la marina non riesce più ad arrestare gli scafisti e i morti in mare aumentano. Tutto questo merita risposte.
Migranti, così i radar in mare incastrano le Ong
"Le ong recuperano i migranti
per destabilizzare l'economia"
Il pm di Catania: "L'obiettivo? Economia debole per trarne vantaggi". E sui finanziamenti: "Forse soldi dai trafficanti"
di Giuseppe De Lorenzo
41 minuti fa
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"Così le Ong vogliono destabilizzare l'economia italiana coi migranti"
L'accusa del pm di Catania, Carmelo Zuccaro: "A mio avviso alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti. Si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l'economia italiana per trarne dei vantaggi"
Giuseppe De Lorenzo - Gio, 27/04/2017 - 11:32
• scortano i migranti fino alle navi Ong"
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Nomi, finanziatori e intrighi. Ecco tutti i segreti delle Ong
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Ecco il piano occulto delle Ong: portarci tutti i migranti
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Le immagini incastrano le ong. Caricano i migranti in Libia
"A mio avviso - afferma Zuccaro - alcune organizzazioni potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga". E aggiunge: "Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante. Si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l'economia italiana per trarne dei vantaggi". Un'ipotesi inquietante
"A mio avviso - afferma Zuccaro - alcune organizzazioni potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga". E aggiunge: "Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante. Si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l'economia italiana per trarne dei vantaggi". Un'ipotesi inquietante. Il procuratore invita a "non fare di tutta l'erba un fascio", come peraltro aveva già fatto in passato escludendo dal raggio dell'azione investigativa Medici Senza Frontiere e Save The Children. Ma vuole vederci chiaro perché "alcune non rispettano le regole" e sui finanziamenti compaiono più luci che ombre, tra 5x1000 milionari e ricchi assicuratori diventati filantropi. Doveroso dunque pretendere trasparenza. Ma non è solo una questione economica o giuridica. Bisogna fare anche una valutazione politica: come abbiamo già provato a spiegare su queste colonne, dietro l'attività di SAR (ricerca e soccorso) di tutte (e ripeto, tutte) le Organizzazioni Non Governative c'è la volontà di creare corridoi umanitari per permettere ai migranti di arrivare in Italia. Eppure quella di istituire "vie legali" per l'approdo in Europa è una scelta che spetta agli Stati e non certo ad enti di diritto privato che operano in mare aperto su imbarcazioni che battono bandiere di Paesi noti più per i conti offshore che per la limpidezza fiscale.
Per questo Zuccaro parla di "finalità" che vanno oltre il semplice salvataggio di vite umane. Se alcune di esse cercano davvero la "destabilizzazione economica dell'Italia" ci sarà da divertirsi seguendo il proseguo della vicenda. Le indagini di Catania, Palermo, Cagliari e Reggio Calabria vanno avanti. Per il pool catanese "di prove si può parlare soltanto a fronte di conoscenze che possano essere utilizzate processualmente e queste al momento mancano". Ovvero? "Contatti diretti con soggetti che si trovano in Libia e annunciano la partenza di barconi", navi che accendono fari per indicare la rotta, gommoni "scortati" dai trafficanti vicino ai vascelli delle onlus, operazioni di recupero all'interno delle acque libiche, scafisti che forniscono ai migranti i numeri di telefono degli operatori umanitari e via dicendo. Forse le evidenze non basteranno per un processo, ma sono sufficienti ad una valutazione generica dei fatti. Da quando le Ong operano nel Mediterraneo, gli scafisti fanno affari, la marina non riesce più ad arrestare gli scafisti e i morti in mare aumentano. Tutto questo merita risposte.
Migranti, così i radar in mare incastrano le Ong
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
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Nomi, finanziatori e intrighi. Ecco tutti i segreti delle navi Ong
Da Soros al tifoso di Hillary Clinton, ecco dove prendono i soldi e come li spendono le Ong che portano migranti in Italia
Giuseppe De Lorenzo - Ven, 21/04/2017 - 15:09
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Le Ong di nuovo nell'occhio del ciclone. Dopo le accuse di Frontex, le indagini di tre procure e il sospetto di "affari sporchi", ieri anche Matteo Renzi ha accusato le organizzazioni umanitarie di "non rispettare le regole".
È vero? Chissà. Di certo ci sono molti lati oscuri su cui è doveroso fare un po' di luce.
Medici Senza Frontiere
Partiamo dalle associazioni più grandi. In cima alla lista va messa ovviamente Medici Senza Frontiere, che nel 2016 poteva contare su tre navi: la Dignity I, la Bourbon Argos e Aquarius. Oggi è rimasta attiva solo la Aquarius, a cui però è stato affiancato il nuovo acquisto "Prudence", un'imbarcazione commerciale da 75 metri e 1000 posti a bordo. Un gigante del salvataggio.
Niente da ridire sulle attività che Msf porta avanti nel mondo. Anzi. Fa però sorridere il fatto che tra i suoi fondatori compaia Bernard Kouchner, medico francese che ha visto più palazzi della politica che sale operatorie. Nel 2007 infatti è stato nominato ministro degli Affari Esteri da Nicolas Sarkozy, ovvero di quel governo che ha bombardato Muhammad Gheddafi e trasformato la Libia nel porto senza regole da cui oggi partono i barconi carichi di immigrati.
E così, in qualche modo, persone collegate a Msf sono al tempo stesso causa e palliativo della crisi migratoria. Oggi l'associazione per salvare stranieri dalle bagnarole sostiene spese ingenti, ma i fondi non sembrano essere un problema. Nel 2016 ha raccolto 38 milioni di euro grazie al contributo di 319.496 donatori, 9,7 milioni di euro dal 5x1000 (di cui 1,5 andati per la nave Bourbon Argos) e 3,3 milioni da aziende e fondazioni. Tra queste chi appare? La Open Society Foundation di George Soros, il magnate ungherese col vizio del buonismo. Peraltro, la Open Society e Msf sono soliti scambiarsi collaboratori come se facessero le cose in famiglia. Un esempio? Marine Buissonnière, per 12 anni dipendente Msf, poi direttrice del programma per la Sanità pubblica di Soros e ora di nuovo consulente per le migrazioni della Ong.
Save The Children
Guarda caso, Soros ha finanziato (anche se per altre iniziative) pure un’altra organizzazione attivissima nel recupero clandestini: Save The Children. La nota associazione internazionale ha nel suo parco navi la Vos Hestia, un’imbarcazione da 62metri, che batte bandiera italiana e si avvale di due gommoni di salvataggio. I soldi? No problem: nel 2015 a bilancio sono segnati 80,4 milioni di euro di incassi.
Proactiva Open Arms
Un anno fa a gestire il famoso peschereccio Golfo Azzurro, “beccato” dai radar a raccogliere stranieri vicino alle coste libiche, ci pensava l’olandese Life Boat Refugee Foundation. Da inizio 2017 la fondazione non organizza più salvataggi in mare, ma la Golfo Azzurro continua la sua opera al servizio della Ong spagnola Proactiva Open Arms, che una volta usava il vascello di lusso Astral. Per le loro navi gli spagnoli spendono 1,4 milioni di euro, di cui il 95% usati per le azioni di salvataggio (700mila euro al largo della Libia e 700mila euro a Lesbo) e il restante 5% in strutture, comunicazione e via dicendo. L’incasso però è più alto, con una raccolta fondi che supera i 2,1 milioni di euro. Secondo il direttore Oscar Camps, la Golfo Azzurro può ospitare 400 persone a bordo e un giorno di navigazione costa "solo" 5mila euro.
SOS Mediterranée
Spende invece almeno il doppio la Ong italo-franco-tedesca Sos Mediterranée, fondata dall’ex ammiraglio Klaus Vogel. Per sostenere 24 ore di mare, alla Acquarius servono circa 11mila euro. E se desiderate fare una donazione sappiate che con 30 euro si riesce a mettere in mare per un’oretta solo la lancia di salvataggio.
Sea Watch Foundation
Il mistero dei costi si infittisce osservando le attività della Sea Watch Foundation. Nel 2014 Harald Höppner investe con un socio 60.000€ nell’acquisto di un vecchio peschereccio olandese. Oggi vanta attrezzature di tutto rispetto: oltre alle due unità navali (una battente bandiera olandese e l’altra neozelandese), a breve dovrebbe essere operativo il “Sea Watch Air”, un aereo col compito di pattugliare dall'alto il Mediterraneo. Da dove vengono i soldi? Non è dato sapere.
Life Boat
Sia Sea Watch che la sorella Life Boat condividono una curiosità interessante. Tra i loro partner spicca la Fc St. Pauli, una società sportiva di Amburgo più famosa per sposare cause buoniste che per meriti calcistici. Per dirne una, è stata la prima squadra a vietare l’ingresso allo stadio ai tifosi di destra. Altro che accoglienza. La base operativa sarebbe a Malta, ma l’equipaggio della Minden sembra preferire i porti italiani per “scaricare” i migranti. Solitamente effettuano missioni da 10 giorni per 24 ore di navigazione e il costo giornaliero del carburante ruota attorno ai 25 euro. Sulla piattaforma betterplace.org sono riusciti a raccogliere 6mila euro per radar e comunicazioni satellitari, 7.500 euro per comprare un gommone di salvataggio e 12 mila euro per il combustibile. Troppi pochi per gestire così tante missioni. Gli altri da dove arrivano? Lecito chiederselo, visto che a breve dovrà comprare una barca tutta sua e per ora i generosi sostenitori hanno versato solo 1.800 euro.
Sea-Eye e Jugend Rettet
All’appello delle cinque Ong tedesche mancano la Sea-Eye e la Jugend Rettet. La prima è stata fondata nel 2015 da Michael Buschheuer, conta circa 200 volontari e sul sito è scritto che gli bastano 1.000 euro per pagare un’intera giornata alla ricerca di clandestini. La seconda invece è formata da un gruppo di ragazzi che per 100mila euro ha comprato il peschereccio Iuventa. Ogni missione in mare costa circa 40 mila euro al mese e viene finanziata con donazioni private. La loro raccolta fondi funziona molto bene, visto che da ottobre 2016 ad oggi hanno racimolato 166.232 euro.
Moas
Il caso più curioso è però quello della Migrant Offshore Aid Station, associazione maltese con due imbarcazioni (Phoenix e Topaz responder), diversi gommoni Rhib e alcuni droni. Moas è stata fondata nel 2013 da due imprenditori italo-americani, Christopher e Regina Catambrone, diventati milionari grazie alla Tanghere Group, agenzia assicurativa specializzata in “assistenza nelle emergenze e servizi di intelligence”. Tra i vari (e ricchi) partner, ha ricevuto 500mila euro da Avaaz.org, cioè la comunità riconducibile a Moveon.org, che a sua volta fa capo all'onnipresente George Soros. Non è tutto. Perché Christopher appare tra i finanziatori (416mila dollari) di Hillary Clinton durante l’ultima deludente campagna elettorale e negli anni si è contornato di personaggi a dir poco particolari. Nel circolo di amici appare tal Robert Young Pelton, proprietario di un’azienda (Dpx) che produce coltelli da guerra. Esatto: armi bianche già testate in zone di conflitto come Afghanistam Somalia, Iraq e Birmania. Non basta? Una seggiola del Consiglio di Moas è riservata a Ian Ruggier, ex ufficiale maltese famoso per aver represso con la violenza le proteste dei migranti ospitati sull’isola. Strano, no? Professano accoglienza e poi usano il pugno duro. Oltre ad avere alcuni lati oscuri, pare che lo Ong pecchino anche di coerenza.
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Nomi, finanziatori e intrighi. Ecco tutti i segreti delle navi Ong
Da Soros al tifoso di Hillary Clinton, ecco dove prendono i soldi e come li spendono le Ong che portano migranti in Italia
Giuseppe De Lorenzo - Ven, 21/04/2017 - 15:09
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Le Ong di nuovo nell'occhio del ciclone. Dopo le accuse di Frontex, le indagini di tre procure e il sospetto di "affari sporchi", ieri anche Matteo Renzi ha accusato le organizzazioni umanitarie di "non rispettare le regole".
È vero? Chissà. Di certo ci sono molti lati oscuri su cui è doveroso fare un po' di luce.
Medici Senza Frontiere
Partiamo dalle associazioni più grandi. In cima alla lista va messa ovviamente Medici Senza Frontiere, che nel 2016 poteva contare su tre navi: la Dignity I, la Bourbon Argos e Aquarius. Oggi è rimasta attiva solo la Aquarius, a cui però è stato affiancato il nuovo acquisto "Prudence", un'imbarcazione commerciale da 75 metri e 1000 posti a bordo. Un gigante del salvataggio.
Niente da ridire sulle attività che Msf porta avanti nel mondo. Anzi. Fa però sorridere il fatto che tra i suoi fondatori compaia Bernard Kouchner, medico francese che ha visto più palazzi della politica che sale operatorie. Nel 2007 infatti è stato nominato ministro degli Affari Esteri da Nicolas Sarkozy, ovvero di quel governo che ha bombardato Muhammad Gheddafi e trasformato la Libia nel porto senza regole da cui oggi partono i barconi carichi di immigrati.
E così, in qualche modo, persone collegate a Msf sono al tempo stesso causa e palliativo della crisi migratoria. Oggi l'associazione per salvare stranieri dalle bagnarole sostiene spese ingenti, ma i fondi non sembrano essere un problema. Nel 2016 ha raccolto 38 milioni di euro grazie al contributo di 319.496 donatori, 9,7 milioni di euro dal 5x1000 (di cui 1,5 andati per la nave Bourbon Argos) e 3,3 milioni da aziende e fondazioni. Tra queste chi appare? La Open Society Foundation di George Soros, il magnate ungherese col vizio del buonismo. Peraltro, la Open Society e Msf sono soliti scambiarsi collaboratori come se facessero le cose in famiglia. Un esempio? Marine Buissonnière, per 12 anni dipendente Msf, poi direttrice del programma per la Sanità pubblica di Soros e ora di nuovo consulente per le migrazioni della Ong.
Save The Children
Guarda caso, Soros ha finanziato (anche se per altre iniziative) pure un’altra organizzazione attivissima nel recupero clandestini: Save The Children. La nota associazione internazionale ha nel suo parco navi la Vos Hestia, un’imbarcazione da 62metri, che batte bandiera italiana e si avvale di due gommoni di salvataggio. I soldi? No problem: nel 2015 a bilancio sono segnati 80,4 milioni di euro di incassi.
Proactiva Open Arms
Un anno fa a gestire il famoso peschereccio Golfo Azzurro, “beccato” dai radar a raccogliere stranieri vicino alle coste libiche, ci pensava l’olandese Life Boat Refugee Foundation. Da inizio 2017 la fondazione non organizza più salvataggi in mare, ma la Golfo Azzurro continua la sua opera al servizio della Ong spagnola Proactiva Open Arms, che una volta usava il vascello di lusso Astral. Per le loro navi gli spagnoli spendono 1,4 milioni di euro, di cui il 95% usati per le azioni di salvataggio (700mila euro al largo della Libia e 700mila euro a Lesbo) e il restante 5% in strutture, comunicazione e via dicendo. L’incasso però è più alto, con una raccolta fondi che supera i 2,1 milioni di euro. Secondo il direttore Oscar Camps, la Golfo Azzurro può ospitare 400 persone a bordo e un giorno di navigazione costa "solo" 5mila euro.
SOS Mediterranée
Spende invece almeno il doppio la Ong italo-franco-tedesca Sos Mediterranée, fondata dall’ex ammiraglio Klaus Vogel. Per sostenere 24 ore di mare, alla Acquarius servono circa 11mila euro. E se desiderate fare una donazione sappiate che con 30 euro si riesce a mettere in mare per un’oretta solo la lancia di salvataggio.
Sea Watch Foundation
Il mistero dei costi si infittisce osservando le attività della Sea Watch Foundation. Nel 2014 Harald Höppner investe con un socio 60.000€ nell’acquisto di un vecchio peschereccio olandese. Oggi vanta attrezzature di tutto rispetto: oltre alle due unità navali (una battente bandiera olandese e l’altra neozelandese), a breve dovrebbe essere operativo il “Sea Watch Air”, un aereo col compito di pattugliare dall'alto il Mediterraneo. Da dove vengono i soldi? Non è dato sapere.
Life Boat
Sia Sea Watch che la sorella Life Boat condividono una curiosità interessante. Tra i loro partner spicca la Fc St. Pauli, una società sportiva di Amburgo più famosa per sposare cause buoniste che per meriti calcistici. Per dirne una, è stata la prima squadra a vietare l’ingresso allo stadio ai tifosi di destra. Altro che accoglienza. La base operativa sarebbe a Malta, ma l’equipaggio della Minden sembra preferire i porti italiani per “scaricare” i migranti. Solitamente effettuano missioni da 10 giorni per 24 ore di navigazione e il costo giornaliero del carburante ruota attorno ai 25 euro. Sulla piattaforma betterplace.org sono riusciti a raccogliere 6mila euro per radar e comunicazioni satellitari, 7.500 euro per comprare un gommone di salvataggio e 12 mila euro per il combustibile. Troppi pochi per gestire così tante missioni. Gli altri da dove arrivano? Lecito chiederselo, visto che a breve dovrà comprare una barca tutta sua e per ora i generosi sostenitori hanno versato solo 1.800 euro.
Sea-Eye e Jugend Rettet
All’appello delle cinque Ong tedesche mancano la Sea-Eye e la Jugend Rettet. La prima è stata fondata nel 2015 da Michael Buschheuer, conta circa 200 volontari e sul sito è scritto che gli bastano 1.000 euro per pagare un’intera giornata alla ricerca di clandestini. La seconda invece è formata da un gruppo di ragazzi che per 100mila euro ha comprato il peschereccio Iuventa. Ogni missione in mare costa circa 40 mila euro al mese e viene finanziata con donazioni private. La loro raccolta fondi funziona molto bene, visto che da ottobre 2016 ad oggi hanno racimolato 166.232 euro.
Moas
Il caso più curioso è però quello della Migrant Offshore Aid Station, associazione maltese con due imbarcazioni (Phoenix e Topaz responder), diversi gommoni Rhib e alcuni droni. Moas è stata fondata nel 2013 da due imprenditori italo-americani, Christopher e Regina Catambrone, diventati milionari grazie alla Tanghere Group, agenzia assicurativa specializzata in “assistenza nelle emergenze e servizi di intelligence”. Tra i vari (e ricchi) partner, ha ricevuto 500mila euro da Avaaz.org, cioè la comunità riconducibile a Moveon.org, che a sua volta fa capo all'onnipresente George Soros. Non è tutto. Perché Christopher appare tra i finanziatori (416mila dollari) di Hillary Clinton durante l’ultima deludente campagna elettorale e negli anni si è contornato di personaggi a dir poco particolari. Nel circolo di amici appare tal Robert Young Pelton, proprietario di un’azienda (Dpx) che produce coltelli da guerra. Esatto: armi bianche già testate in zone di conflitto come Afghanistam Somalia, Iraq e Birmania. Non basta? Una seggiola del Consiglio di Moas è riservata a Ian Ruggier, ex ufficiale maltese famoso per aver represso con la violenza le proteste dei migranti ospitati sull’isola. Strano, no? Professano accoglienza e poi usano il pugno duro. Oltre ad avere alcuni lati oscuri, pare che lo Ong pecchino anche di coerenza.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Il governo lo sa:
contatti tra Ong
e trafficanti libici
M e d i t e r ra n e o I militari della Guardia costiera di Tripoli, senza stipendio,
reclamano i soldi promessi da Roma e intanto arrotondano con i migranti
» STEFANO FELTRI
Il governo interviene sul caso del rapporto tra Ong e trafficanti dopo le ultime accuse da A g o rà su Rai3 del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, che sta conducendo una indagine conoscitiva: “A mio avviso alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante, si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l’eco - nomia italiana per trarne dei vantaggi”. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando gli risponde: “Parli attraverso le i n d ag i n i ”. E il ministro d el l’Interno Marco Minniti chiede di “evitare generalizzazioni”. SECONDO QUANTO risulta al Fatto, in effetti, l’intelligence italiana ha intercettato comunicazioni tra i trafficanti e le barche di salvataggio delle organizzazioni non governative. Zuccaro ha parlato infatti di materiali “non utilizzabile p r o c e ss u a l m e n t e ”, come quelli raccolti dai servizi, e ieri ne ha rivelato un colloquio radio captato tra “persone a terra in Libia” e altre su una nave che rispondono “potete mandarli... noi siamo qui”. Anche alcuni migranti all’agenzia dell’Unione europea Frontex, secondo quanto ha dichiarato il direttore Fabrice Leggeri in Senato: “I trafficanti danno ai migranti telefoni con i numeri delle Ong”. Le navi private, comunque, si muovono solo dopo aver concordato l’in t e r v en t o con il comando della Guardia costiera a Roma, l’Mrcc, che ha quindi la responsabilità ultima dell’operazione. Di sicuro è in Libia che bisogna cercare risposte. Il quadro della situazione lo ha spiegato l’ammiraglio di divisione Enrico Credendino, comandante della missione europea EunavforMed –Opera - zione Sophia, che ha il mandato di proteggere le frontiere. In due anni hanno salvato 34.000 persone ma, a differenza delle Ong, non hanno la missione di search and rescue (ricerca e soccorso). Ma l’obiettivo è soprattutto combattere i trafficanti: Eunafor Med ha distrutto 414 imbarcazioni e consegnato alla giustizia italiana 109 persone. “Oggi gli scafisti non sono più in grado di uscire dalle acque territoriali libiche, sanno che siamo lì e che verranno catturati se escono dalle acque territoriali libiche, quindi rimangono dentro e stanno perdendo le imbarcazioni e i motori”, ha spiegato l’ammi - raglio Credendino. Questo spiega perché l’at - tenzione sia stata spostata a ridosso delle coste libiche: i trafficanti caricano i disperati su canotti e barche sempre
più precarie, che non provano neppure ad arrivare in Italia, ma resistono solo per l’attesa di un salvataggio, spesso da parte delle Ong. Nel 2015 la Guardia costiera libica, dotata solo di un rimorchiatore, due motovedette e alcuni gommoni, ha salvato 800 persone, nel 2016 il numero è esploso: tra le 14 e le 16.000 persone. IL NUOVO CONTESTO compli - ca il contrasto agli scafisti: i militari delle missioni europee non possono agire in acque territoriali libiche, se catturano un presunto scafista lo devono riconsegnare alle autorità di Tripoli. Tutto è in mano alla Guardia costiera libica, ma secondo quanto hanno raccontato alcuni migranti al direttore di Frontex, Leggeri, ci sono “uomini libici in uniforme che somigliano a una guardia costiera libica”che sarebbero in contatto con le navi delle Ong durante le operazioni di soccorso. Il caos istituzionale in Libia e la debolezza del governo di Al Serraj a Tripoli (quello riconosciuto dalla comunità internazionale) e la quantità di soldi che gira intorno al traffico di esseri umani possono indurre in tentazione: “I libici ricevono gli stipendi, ma hanno diffi coltà a ritirarli dalle banche perché manca la liquidità. Ai libici addestrati era stata promessa dal governo libico un’indennità giornaliera con cui avrebbero potuto sfamare le famiglie. Molti, infatti, avendo difficoltà a ritirare i salari, fanno un doppio lavoro e di notte guidano il taxi o lavorano in pub e ristoranti, garantendosi il cash per vivere e sfamare le famigl ie. Venendo a bordo per 14 settimane, il doppio lavoro lo hanno perso e quindi si sono trovati veramente in difficoltà”, ha spiegato alla Camera l ’ a m m ir a g l i o C re de n di no . Che non usa perifrasi: “ Il rischio è che, se non si dà un'indennità ai libici, questi si rivolgano alle reti criminali e facciano altro”. Per questo è importante l’accordo tra governo italiano e governo libico che finora si è fermato all’addestramento dei membri della Guardia costiera libica, ma i soldi non si vedono e l’intesa scade a luglio. A INIZIO APRILE si è tenuto a Roma un vertice molto discreto, promosso dai servizi segreti italiani con la collaborazione della Farnesina, l’Ita - lia ha fatto incontrare Ageela Saleh, presidente della Camera di Tobruk e legato al generale Haftar, e Abdulrahman Sewehli, del Consiglio di Stato. Saleh ha bloccato per oltre un anno il Processo politico in Libia (Lpa), cioè l’assetto definito dall’Onu per la Libia del dopo-Gheddafi. Il vertice sembrava aver segnato una svolta, ma al rientro in Libia, Saleh ha detto che ha incontrato Sewehli “c om e cittadino libico” non come presidente del Consiglio di Stato. Tradotto: nessuna valenza politica. Ma secondo quanto risulta al Fatto, in quel summit romano è stato definito anche un accordo meno pubblicizzato con rapp resent anti di tribù del Sud per limitare i flussi di migranti verso le coste. “La guerra civile libica si è spostata verso il Sud, dove ora ci sono altre priorità che ridurre la pressione migratoria sul l’Europa, e comunque quella è sempre stata una zona di migrazioni, inoltre c’è una geografia tribale complessa e non è chiaro chi rappresenta chi”, spiega al Fat to Marco Arnaboldi, ricercatore alla University of the Free State del Sudafrica. Qualunque sia l’e s it o de ll’inchiesta di Catania, il flusso di migranti si può ridurre solo se la Libia si stabilizza. s.feltri@ilfattoquotidiano.it
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IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 28 Aprile 2017
contatti tra Ong
e trafficanti libici
M e d i t e r ra n e o I militari della Guardia costiera di Tripoli, senza stipendio,
reclamano i soldi promessi da Roma e intanto arrotondano con i migranti
» STEFANO FELTRI
Il governo interviene sul caso del rapporto tra Ong e trafficanti dopo le ultime accuse da A g o rà su Rai3 del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, che sta conducendo una indagine conoscitiva: “A mio avviso alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante, si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l’eco - nomia italiana per trarne dei vantaggi”. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando gli risponde: “Parli attraverso le i n d ag i n i ”. E il ministro d el l’Interno Marco Minniti chiede di “evitare generalizzazioni”. SECONDO QUANTO risulta al Fatto, in effetti, l’intelligence italiana ha intercettato comunicazioni tra i trafficanti e le barche di salvataggio delle organizzazioni non governative. Zuccaro ha parlato infatti di materiali “non utilizzabile p r o c e ss u a l m e n t e ”, come quelli raccolti dai servizi, e ieri ne ha rivelato un colloquio radio captato tra “persone a terra in Libia” e altre su una nave che rispondono “potete mandarli... noi siamo qui”. Anche alcuni migranti all’agenzia dell’Unione europea Frontex, secondo quanto ha dichiarato il direttore Fabrice Leggeri in Senato: “I trafficanti danno ai migranti telefoni con i numeri delle Ong”. Le navi private, comunque, si muovono solo dopo aver concordato l’in t e r v en t o con il comando della Guardia costiera a Roma, l’Mrcc, che ha quindi la responsabilità ultima dell’operazione. Di sicuro è in Libia che bisogna cercare risposte. Il quadro della situazione lo ha spiegato l’ammiraglio di divisione Enrico Credendino, comandante della missione europea EunavforMed –Opera - zione Sophia, che ha il mandato di proteggere le frontiere. In due anni hanno salvato 34.000 persone ma, a differenza delle Ong, non hanno la missione di search and rescue (ricerca e soccorso). Ma l’obiettivo è soprattutto combattere i trafficanti: Eunafor Med ha distrutto 414 imbarcazioni e consegnato alla giustizia italiana 109 persone. “Oggi gli scafisti non sono più in grado di uscire dalle acque territoriali libiche, sanno che siamo lì e che verranno catturati se escono dalle acque territoriali libiche, quindi rimangono dentro e stanno perdendo le imbarcazioni e i motori”, ha spiegato l’ammi - raglio Credendino. Questo spiega perché l’at - tenzione sia stata spostata a ridosso delle coste libiche: i trafficanti caricano i disperati su canotti e barche sempre
più precarie, che non provano neppure ad arrivare in Italia, ma resistono solo per l’attesa di un salvataggio, spesso da parte delle Ong. Nel 2015 la Guardia costiera libica, dotata solo di un rimorchiatore, due motovedette e alcuni gommoni, ha salvato 800 persone, nel 2016 il numero è esploso: tra le 14 e le 16.000 persone. IL NUOVO CONTESTO compli - ca il contrasto agli scafisti: i militari delle missioni europee non possono agire in acque territoriali libiche, se catturano un presunto scafista lo devono riconsegnare alle autorità di Tripoli. Tutto è in mano alla Guardia costiera libica, ma secondo quanto hanno raccontato alcuni migranti al direttore di Frontex, Leggeri, ci sono “uomini libici in uniforme che somigliano a una guardia costiera libica”che sarebbero in contatto con le navi delle Ong durante le operazioni di soccorso. Il caos istituzionale in Libia e la debolezza del governo di Al Serraj a Tripoli (quello riconosciuto dalla comunità internazionale) e la quantità di soldi che gira intorno al traffico di esseri umani possono indurre in tentazione: “I libici ricevono gli stipendi, ma hanno diffi coltà a ritirarli dalle banche perché manca la liquidità. Ai libici addestrati era stata promessa dal governo libico un’indennità giornaliera con cui avrebbero potuto sfamare le famiglie. Molti, infatti, avendo difficoltà a ritirare i salari, fanno un doppio lavoro e di notte guidano il taxi o lavorano in pub e ristoranti, garantendosi il cash per vivere e sfamare le famigl ie. Venendo a bordo per 14 settimane, il doppio lavoro lo hanno perso e quindi si sono trovati veramente in difficoltà”, ha spiegato alla Camera l ’ a m m ir a g l i o C re de n di no . Che non usa perifrasi: “ Il rischio è che, se non si dà un'indennità ai libici, questi si rivolgano alle reti criminali e facciano altro”. Per questo è importante l’accordo tra governo italiano e governo libico che finora si è fermato all’addestramento dei membri della Guardia costiera libica, ma i soldi non si vedono e l’intesa scade a luglio. A INIZIO APRILE si è tenuto a Roma un vertice molto discreto, promosso dai servizi segreti italiani con la collaborazione della Farnesina, l’Ita - lia ha fatto incontrare Ageela Saleh, presidente della Camera di Tobruk e legato al generale Haftar, e Abdulrahman Sewehli, del Consiglio di Stato. Saleh ha bloccato per oltre un anno il Processo politico in Libia (Lpa), cioè l’assetto definito dall’Onu per la Libia del dopo-Gheddafi. Il vertice sembrava aver segnato una svolta, ma al rientro in Libia, Saleh ha detto che ha incontrato Sewehli “c om e cittadino libico” non come presidente del Consiglio di Stato. Tradotto: nessuna valenza politica. Ma secondo quanto risulta al Fatto, in quel summit romano è stato definito anche un accordo meno pubblicizzato con rapp resent anti di tribù del Sud per limitare i flussi di migranti verso le coste. “La guerra civile libica si è spostata verso il Sud, dove ora ci sono altre priorità che ridurre la pressione migratoria sul l’Europa, e comunque quella è sempre stata una zona di migrazioni, inoltre c’è una geografia tribale complessa e non è chiaro chi rappresenta chi”, spiega al Fat to Marco Arnaboldi, ricercatore alla University of the Free State del Sudafrica. Qualunque sia l’e s it o de ll’inchiesta di Catania, il flusso di migranti si può ridurre solo se la Libia si stabilizza. s.feltri@ilfattoquotidiano.it
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IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 28 Aprile 2017
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Tratta atlantica degli schiavi africani
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
L'espressione tratta atlantica degli schiavi africani si riferisce al commercio di schiavi di origine africana attraverso l'Oceano Atlantico fra il XVI e il XIX secolo. La pratica di deportare schiavi africani verso le Americhe, talvolta con la collaborazione di mercanti locali, fu un elemento fondamentale della nascita e dello sviluppo delle colonie europee prima del Sud e Centro-America e poi anche del Nord-America. Nella sua storia delle tratte negriere dal titolo "Les traites negrières. Essai d' histoire globale", Olivier Pétré-Grenouilleau ricorda che, oltre alla tratta atlantica, vi furono una tratta africana e una tratta orientale.
A causa della tratta e delle sue conseguenze morirono da due a quattro milioni di africani (vedi sotto) e molti altri vennero strappati per sempre alla loro terra; molti afroamericani e africani chiamano questo fenomeno black holocaust oppure olocausto africano o si riferiscono a questo
INIZIO DEL TERZO MILLENNIO D,C,
DENUNCIA NEL DESERTO A Sabha, porta di accesso dal Sahara alle coste del Mediterraneo,
centinaia di immigrati sfruttati e ricattati nella rete di trafficanti, milizie e autorità libiche
L’oasi e il mercato degli schiavi
IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 28 Aprile 201
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
L'espressione tratta atlantica degli schiavi africani si riferisce al commercio di schiavi di origine africana attraverso l'Oceano Atlantico fra il XVI e il XIX secolo. La pratica di deportare schiavi africani verso le Americhe, talvolta con la collaborazione di mercanti locali, fu un elemento fondamentale della nascita e dello sviluppo delle colonie europee prima del Sud e Centro-America e poi anche del Nord-America. Nella sua storia delle tratte negriere dal titolo "Les traites negrières. Essai d' histoire globale", Olivier Pétré-Grenouilleau ricorda che, oltre alla tratta atlantica, vi furono una tratta africana e una tratta orientale.
A causa della tratta e delle sue conseguenze morirono da due a quattro milioni di africani (vedi sotto) e molti altri vennero strappati per sempre alla loro terra; molti afroamericani e africani chiamano questo fenomeno black holocaust oppure olocausto africano o si riferiscono a questo
INIZIO DEL TERZO MILLENNIO D,C,
DENUNCIA NEL DESERTO A Sabha, porta di accesso dal Sahara alle coste del Mediterraneo,
centinaia di immigrati sfruttati e ricattati nella rete di trafficanti, milizie e autorità libiche
L’oasi e il mercato degli schiavi
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
LIBRE news
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segnalazioni.
Schiavi comprati e venduti nella Libia “liberata” dagli Usa
Scritto il 28/4/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
La Libia “liberata” dagli Usa è diventata un colossale mercato degli schiavi. Lo dimostra un report di Carey Wedler su “Zero Hedge”, che accusa l’Occidente: le stesse menti criminali, che hanno ridotto il territorio libico a disgustoso “business di carne umana”, stanno cercando di fare la stessa cosa in Siria. «È ben noto che l’intervento Nato a guida Usa del 2011 in Libia, con lo scopo di rovesciare Muhammar Gheddafi, ha portato ad un vuoto di potere che ha permesso a gruppi terroristici come l’Isis di prendere piede nel paese», premette Wedler. «Nonostante le conseguenze devastanti dell’invasione del 2011, l’Occidente è oggi lanciato sulla stessa traiettoria nei riguardi della Siria». Ieri Obama ha stroncato Gheddafi con la scusa di “proteggere il popolo libico”, e oggi – senza uno straccio di prova sulle responsabilità di Assad nell’attacco coi gas – Trump minaccia di abbattere il regime di Damasco. Ma, al netto della propaganda, «emergono sempre più chiaramente i pericoli connessi all’invasione di un paese straniero e alla rimozione dei suoi leader politici». Lo conferma il “Guardian”, con «nuove rivelazioni sugli effetti collaterali degli “interventi umanitari”: la crescita del mercato degli schiavi».
Il quotidiano inglese scrive che sebbene «la violenza, l’estorsione e il lavoro in schiavitù» siano stati già in passato una realtà per le persone che transitavano attraverso la Libia, recentemente il commercio degli schiavi è aumentato». E oggi «la compravendita di esseri umani come schiavi viene fatta apertamente, alla luce del sole», scrive Wedler, in un post ripreso da “Voci dall’Estero”. «Gli ultimi report sul ‘mercato degli schiavi’ a cui sono sottoposti i migranti si possono aggiungere alla lunga lista di atrocità che avvengono in Libia», afferma Mohammed Abdiker, capo delle operazioni di emergenza dell’Iom, International Office of Migration, un’organizzazione intergovernativa che promuove “migrazioni ordinate e più umane a beneficio di tutti“, secondo il suo stesso sito web. «La situazione è tragica. Più l’Iom si impegna in Libia, più ci rendiamo conto come questo paese sia una valle di lacrime per troppi migranti». Il paese nordafricano viene usato spesso come punto di uscita per i rifugiati che arrivano da altre parti del continente. Ma da quando Gheddafi è stato rovesciato nel 2011, spiega Abdiker al “Guardian”, «il paese, che è ampio e poco densamente popolato, è piombato nel caos della violenza: e i migranti, che hanno poco denaro e di solito sono privi di documenti, sono particolarmente vulnerabili».
Un sopravvissuto del Senegal, proveniente dal Niger, racconta che stava attraversando la Libia insieme a un gruppo di altri migranti, tutti in fuga dai paesi di origine. Avevano pagato un trafficante perché li trasportasse in autobus fino alla costa, dove avrebbero corso il rischio di imbarcarsi per l’Europa. Ma, anziché portarli sulla costa, il trafficante li ha condotti in un’area polverosa presso la cittadina libica di Sabha. Secondo quanto riportato da Livia Manente, la funzionaria dell’Iom che intervista i sopravvissuti, «il loro autista gli ha detto all’improvviso che gli intermediari non gli avevano passato i pagamenti dovuti e ha messo i passeggeri in vendita». Molti altri migranti hanno confermato questa storia, aggiunge la Manente: i profughi descrivono «i vari mercati degli schiavi, indipendenti l’uno dall’altro, e le diverse prigioni private che si trovano in tutta la Libia». Le stesse storie, aggiunge la funzionaria, sono confermate dai migranti che hanno trovato asilo nell’Italia del sud.
Il sopravvissuto senegalese ha detto di essere stato portato in una prigione improvvisata che, come nota il “Guardian”, in Libia è cosa comune: «I detenuti all’interno sono costretti a lavorare senza paga, o in cambio di magre razioni di cibo, e i loro carcerieri telefonano regolarmente alle famiglie a casa chiedendo un riscatto. Il suo carceriere chiese 300.000 franchi Cfa (circa 450 euro), poi lo vendette a un’altra prigione più grossa dove la richiesta di riscatto raddoppiò senza spiegazioni». Quando i migranti sono detenuti troppo a lungo senza che il riscatto venga pagato, continua il “Guardian”, vengono portati via e uccisi. «Alcuni deperiscono per la scarsità delle razioni e le condizioni igieniche miserabili, muoiono di fame o di malattie, ma il loro numero complessivo non diminuisce mai», sottolinea il quotidiano britannico. «Se il numero di migranti scende perché qualcuno muore o viene riscattato, i rapitori vanno al mercato e ne comprano degli altri», dice ancora Livia Manente. Le fa eco Giuseppe Loprete, capo della missione Iom in Niger: «È assolutamente chiaro che loro si vedono trattati come schiavi», ha detto.
Loprete ha gestito il rimpatrio di 1.500 migranti nei soli primi tre mesi dell’anno, e teme che molte altre storie e incidenti del genere emergeranno man mano che altri migranti torneranno dalle coste libiche: «Le condizioni stanno peggiorando, in Libia: penso che ci possiamo aspettare molti altri casi nei mesi a venire». Ora, conclude Wedler, mentre il governo degli Stati Uniti «sta insistendo nell’idea che un cambio di regime in Siria sia la soluzione giusta per risolvere le molte crisi di quel paese», è ormai sempre più evidente che la cacciata dei dittatori – per quanto detestabili possano essere – non è una soluzione efficace. «Rovesciare Saddam Hussein non ha portato solo alla morte di molti civili e alla radicalizzazione della società, ma anche all’ascesa dell’Isis», sottolinea l’analista. «Mentre la Libia, che un tempo era un modello di stabilità nella regione, continua a precipitare nel baratro in cui l’ha gettata “l’intervento umanitario” dell’Occidente». Un pozzo nero e senza fondo, nel quale «gli esseri umani vengono trascinati nel nuovo mercato della schiavitù, e gli stupri e i rapimenti affliggono la popolazione». Chi preme sulla guerra, conclude Wedler, deve sapere che non farà altro che produrre «ulteriori inimmaginabili sofferenze».
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Schiavi comprati e venduti nella Libia “liberata” dagli Usa
Scritto il 28/4/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
La Libia “liberata” dagli Usa è diventata un colossale mercato degli schiavi. Lo dimostra un report di Carey Wedler su “Zero Hedge”, che accusa l’Occidente: le stesse menti criminali, che hanno ridotto il territorio libico a disgustoso “business di carne umana”, stanno cercando di fare la stessa cosa in Siria. «È ben noto che l’intervento Nato a guida Usa del 2011 in Libia, con lo scopo di rovesciare Muhammar Gheddafi, ha portato ad un vuoto di potere che ha permesso a gruppi terroristici come l’Isis di prendere piede nel paese», premette Wedler. «Nonostante le conseguenze devastanti dell’invasione del 2011, l’Occidente è oggi lanciato sulla stessa traiettoria nei riguardi della Siria». Ieri Obama ha stroncato Gheddafi con la scusa di “proteggere il popolo libico”, e oggi – senza uno straccio di prova sulle responsabilità di Assad nell’attacco coi gas – Trump minaccia di abbattere il regime di Damasco. Ma, al netto della propaganda, «emergono sempre più chiaramente i pericoli connessi all’invasione di un paese straniero e alla rimozione dei suoi leader politici». Lo conferma il “Guardian”, con «nuove rivelazioni sugli effetti collaterali degli “interventi umanitari”: la crescita del mercato degli schiavi».
Il quotidiano inglese scrive che sebbene «la violenza, l’estorsione e il lavoro in schiavitù» siano stati già in passato una realtà per le persone che transitavano attraverso la Libia, recentemente il commercio degli schiavi è aumentato». E oggi «la compravendita di esseri umani come schiavi viene fatta apertamente, alla luce del sole», scrive Wedler, in un post ripreso da “Voci dall’Estero”. «Gli ultimi report sul ‘mercato degli schiavi’ a cui sono sottoposti i migranti si possono aggiungere alla lunga lista di atrocità che avvengono in Libia», afferma Mohammed Abdiker, capo delle operazioni di emergenza dell’Iom, International Office of Migration, un’organizzazione intergovernativa che promuove “migrazioni ordinate e più umane a beneficio di tutti“, secondo il suo stesso sito web. «La situazione è tragica. Più l’Iom si impegna in Libia, più ci rendiamo conto come questo paese sia una valle di lacrime per troppi migranti». Il paese nordafricano viene usato spesso come punto di uscita per i rifugiati che arrivano da altre parti del continente. Ma da quando Gheddafi è stato rovesciato nel 2011, spiega Abdiker al “Guardian”, «il paese, che è ampio e poco densamente popolato, è piombato nel caos della violenza: e i migranti, che hanno poco denaro e di solito sono privi di documenti, sono particolarmente vulnerabili».
Un sopravvissuto del Senegal, proveniente dal Niger, racconta che stava attraversando la Libia insieme a un gruppo di altri migranti, tutti in fuga dai paesi di origine. Avevano pagato un trafficante perché li trasportasse in autobus fino alla costa, dove avrebbero corso il rischio di imbarcarsi per l’Europa. Ma, anziché portarli sulla costa, il trafficante li ha condotti in un’area polverosa presso la cittadina libica di Sabha. Secondo quanto riportato da Livia Manente, la funzionaria dell’Iom che intervista i sopravvissuti, «il loro autista gli ha detto all’improvviso che gli intermediari non gli avevano passato i pagamenti dovuti e ha messo i passeggeri in vendita». Molti altri migranti hanno confermato questa storia, aggiunge la Manente: i profughi descrivono «i vari mercati degli schiavi, indipendenti l’uno dall’altro, e le diverse prigioni private che si trovano in tutta la Libia». Le stesse storie, aggiunge la funzionaria, sono confermate dai migranti che hanno trovato asilo nell’Italia del sud.
Il sopravvissuto senegalese ha detto di essere stato portato in una prigione improvvisata che, come nota il “Guardian”, in Libia è cosa comune: «I detenuti all’interno sono costretti a lavorare senza paga, o in cambio di magre razioni di cibo, e i loro carcerieri telefonano regolarmente alle famiglie a casa chiedendo un riscatto. Il suo carceriere chiese 300.000 franchi Cfa (circa 450 euro), poi lo vendette a un’altra prigione più grossa dove la richiesta di riscatto raddoppiò senza spiegazioni». Quando i migranti sono detenuti troppo a lungo senza che il riscatto venga pagato, continua il “Guardian”, vengono portati via e uccisi. «Alcuni deperiscono per la scarsità delle razioni e le condizioni igieniche miserabili, muoiono di fame o di malattie, ma il loro numero complessivo non diminuisce mai», sottolinea il quotidiano britannico. «Se il numero di migranti scende perché qualcuno muore o viene riscattato, i rapitori vanno al mercato e ne comprano degli altri», dice ancora Livia Manente. Le fa eco Giuseppe Loprete, capo della missione Iom in Niger: «È assolutamente chiaro che loro si vedono trattati come schiavi», ha detto.
Loprete ha gestito il rimpatrio di 1.500 migranti nei soli primi tre mesi dell’anno, e teme che molte altre storie e incidenti del genere emergeranno man mano che altri migranti torneranno dalle coste libiche: «Le condizioni stanno peggiorando, in Libia: penso che ci possiamo aspettare molti altri casi nei mesi a venire». Ora, conclude Wedler, mentre il governo degli Stati Uniti «sta insistendo nell’idea che un cambio di regime in Siria sia la soluzione giusta per risolvere le molte crisi di quel paese», è ormai sempre più evidente che la cacciata dei dittatori – per quanto detestabili possano essere – non è una soluzione efficace. «Rovesciare Saddam Hussein non ha portato solo alla morte di molti civili e alla radicalizzazione della società, ma anche all’ascesa dell’Isis», sottolinea l’analista. «Mentre la Libia, che un tempo era un modello di stabilità nella regione, continua a precipitare nel baratro in cui l’ha gettata “l’intervento umanitario” dell’Occidente». Un pozzo nero e senza fondo, nel quale «gli esseri umani vengono trascinati nel nuovo mercato della schiavitù, e gli stupri e i rapimenti affliggono la popolazione». Chi preme sulla guerra, conclude Wedler, deve sapere che non farà altro che produrre «ulteriori inimmaginabili sofferenze».
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Paolo Celata inizia il Tg7 delle 20.00, dichiarando che la situazione italiana sulle ONG è al tutti contro tutti.
Visione verosimile leggendo i quotidiani in rete.
Dal Fatto Quotidiano:
Migranti-Ong, Di Maio: ‘No lezioni da Grasso’
Che risponde: ‘Ti sarebbero utili, troppe lacune’
Botta e risposta ‘istituzionale’ su Facebook tra il vicepresidente della Camera e il numero uno del Senato
Scontro nel governo, Alfano: ‘Pm ha ragione’. Replica Orlando: ‘Quando lui era agli Interni era distratto?’
Politica
Luigi Di Maio dice di non voler prendere lezioni da Laura Boldrini e Pietro Grasso, il presidente del Senato replica accusando il pentastellato di “avere grosse lacune in storia, geografia e diritto”. Le polemiche scatenate dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sulle attività delle organizzazioni non governative nel recupero di migranti non spaccano soltanto le opinioni all’interno del governo (leggi). Addirittura scatenano un’infuocata polemica a distanza anche tra la seconda carica dello Stato e il vicepresidente della Camera del Movimento 5 Stelle. Un botta e risposta tutto su facebook
di F. Q.
Il politicume sembra arrivato all’ultima fermata.
Nessuno vuole scendere, e quindi sparano le ultime cartucce nella remota speranza di salvare la poltrona.
Ognuno cerca di giustificare il proprio operato, ma davanti all’invasione di questi anni raccontare ulteriori balle non regge più.
Il sistema stà per saltare???????????????????????????????????????????????????
E’ possibile che sia questo il motivo che farà saltare l’ambaradan che non regge più sotto ogni aspetto.
Vediamo cosa succede nelle prossime ore.
Visione verosimile leggendo i quotidiani in rete.
Dal Fatto Quotidiano:
Migranti-Ong, Di Maio: ‘No lezioni da Grasso’
Che risponde: ‘Ti sarebbero utili, troppe lacune’
Botta e risposta ‘istituzionale’ su Facebook tra il vicepresidente della Camera e il numero uno del Senato
Scontro nel governo, Alfano: ‘Pm ha ragione’. Replica Orlando: ‘Quando lui era agli Interni era distratto?’
Politica
Luigi Di Maio dice di non voler prendere lezioni da Laura Boldrini e Pietro Grasso, il presidente del Senato replica accusando il pentastellato di “avere grosse lacune in storia, geografia e diritto”. Le polemiche scatenate dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sulle attività delle organizzazioni non governative nel recupero di migranti non spaccano soltanto le opinioni all’interno del governo (leggi). Addirittura scatenano un’infuocata polemica a distanza anche tra la seconda carica dello Stato e il vicepresidente della Camera del Movimento 5 Stelle. Un botta e risposta tutto su facebook
di F. Q.
Il politicume sembra arrivato all’ultima fermata.
Nessuno vuole scendere, e quindi sparano le ultime cartucce nella remota speranza di salvare la poltrona.
Ognuno cerca di giustificare il proprio operato, ma davanti all’invasione di questi anni raccontare ulteriori balle non regge più.
Il sistema stà per saltare???????????????????????????????????????????????????
E’ possibile che sia questo il motivo che farà saltare l’ambaradan che non regge più sotto ogni aspetto.
Vediamo cosa succede nelle prossime ore.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Migranti-Ong, botta e risposta Di Maio – Grasso: “Da lui no lezioni”. Il presidente del Senato: “Quante lacune, Luigi impara”
Politica
Le polemiche scatenate dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sulle attività delle organizzazioni non governative nel recupero di migranti non spaccano soltanto le opinioni all'interno del governo. Addirittura scatenano un'infuocata polemica a distanza anche tra la seconda carica dello Stato e il vicepresidente della Camera del Movimento 5 Stelle
di F. Q. | 29 aprile 2017
commenti (263)
Luigi Di Maio dice di non voler prendere lezioni da Laura Boldrini e Pietro Grasso, il presidente del Senato replica accusando il pentastellato di “avere grosse lacune in storia, geografia e diritto“. Le polemiche scatenate dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sulle attività delle organizzazioni non governative nel recupero di migranti non spaccano soltanto le opinioni all’interno del governo. Al contrario scatenano un’infuocata polemica a distanza anche tra la seconda carica dello Stato e il vicepresidente della Camera del Movimento 5 Stelle. Un botta e risposta tutto su facebook quello tra Grasso e Di Maio, con l’esponente del Movimento 5 Stelle che infiamma la miccia dello scontro con un post indirizzato all’esecutivo di Paolo Gentiloni.
Leggi qui:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04 ... a/3552059/
Politica
Le polemiche scatenate dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sulle attività delle organizzazioni non governative nel recupero di migranti non spaccano soltanto le opinioni all'interno del governo. Addirittura scatenano un'infuocata polemica a distanza anche tra la seconda carica dello Stato e il vicepresidente della Camera del Movimento 5 Stelle
di F. Q. | 29 aprile 2017
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Luigi Di Maio dice di non voler prendere lezioni da Laura Boldrini e Pietro Grasso, il presidente del Senato replica accusando il pentastellato di “avere grosse lacune in storia, geografia e diritto“. Le polemiche scatenate dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sulle attività delle organizzazioni non governative nel recupero di migranti non spaccano soltanto le opinioni all’interno del governo. Al contrario scatenano un’infuocata polemica a distanza anche tra la seconda carica dello Stato e il vicepresidente della Camera del Movimento 5 Stelle. Un botta e risposta tutto su facebook quello tra Grasso e Di Maio, con l’esponente del Movimento 5 Stelle che infiamma la miccia dello scontro con un post indirizzato all’esecutivo di Paolo Gentiloni.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
IL TUTTI CONTRO TUTTI
Ong-trafficanti, le segnalazioni dei servizi e il silenzio del governo
Fonti militari maltesi e 007 italiani: a bordo delle navi del Moas mercenari e strumenti per le intercettazioni
Gian Micalessin - Sab, 29/04/2017 - 10:50
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L'intelligence italiana conosce bene la pratica. I file sul Moas e sulle altre Ong in grado di mandare navi davanti le coste libiche incominciarono a venir redatti fin dall'inizio di Mare Sicuro, la missione navale per la difesa degli interessi nazionali varata nel marzo 2015.
L'attenzione del personale d'intelligence imbarcato sulle nostre unità si focalizzò immediatamente sull'addestramento e sulle capacità del personale di soccorso del Moas, l'Ong basata a Malta e guidata dall'americano Christofer Catrambone e dalla moglie italiana Regina. Bastò poco per scoprire - spiega una fonte de il Giornale - che «gran parte di quel personale veniva arruolato nelle stesse liste di contractors ingaggiati dalle compagnie private di sicurezza». Gli «angeli custodi» dei migranti, con cui lavorava anche Emergency erano, insomma, veri e propri mercenari. O se vogliamo un titolo più à la page professionalissimi «contractors».
Ma la rivelazione più interessante raccolta da il Giornale è un'altra. Secondo fonti militari di Malta le attività del Moas coprono attività d'intelligence per conto del governo statunitense. E secondo le stesse fonti su almeno una delle due navi del Moas sono, o erano, installate strumentazioni per intercettazioni ad ampio raggio. Nulla d'illegale per carità. Negli Stati Uniti l'intelligence outsourcing, l'affidamento di operazioni di spionaggio a società private dà lavoro a 45mila persone e spartisce fondi per 16 miliardi di dollari. Il problema è la copertura sotto cui il Moas svolge la duplice attività. Il coordinamento delle operazioni di soccorso viene infatti realizzato con il coordinamento della Guardia Costiera. Come se, insomma, un'ambulanza in capo al 118 o a un altro numero di pubblico soccorso, utilizzasse la propria attività per raccogliere informazioni finalizzate alle strategie di potenze straniere.
Non a caso il comandante generale della Guardia Costiera ammiraglio Vincenzo Melone è atteso in Commissione Difesa del Senato per rispondere, già martedì prossimo, a domande che riguarderanno non solo l'esigenza di salvare i profughi in mare, ma anche di preservare gli interessi nazionali in un'area critica come le coste della Libia. Interessi apertamente calpestati dal Moas che per primo - come rivelano sia le segnalazioni di Mare Sicuro, sia dalla missione europea EunavFor Med - iniziò a varcare il limite delle acque territoriali libiche. Tra le quattro operazioni al di sotto delle 12 miglia messe sotto esame nel 2016 due vennero portate a termine tra giugno e luglio dal Phoenix e dalla Topaz-Responder, le due imbarcazioni di 41 e 50 metri in capo al Moas registrate in Belize e nelle isole Marshall. Operazioni registrate dai trasponder di bordo sicuramente non sfuggite all'attenzione della Guardia Costiera.
Il problema a questo punto è se la duplice attività svolta dal Moas sia stata segnalata al nostro governo e se queste segnalazioni siano state recepite con la dovuta attenzione. Per capire che le operazioni del Moas erano il simulacro mediatico di altre attività bastava consultare il sito internet di Tangiers Group, la compagnia capofila di Christoper Catrambone in cui si pubblicizzano apertamente attività come «assicurazioni, assistenza d'emergenza e servizi d'intelligence». Ma come dimostrano gli avvertimenti «politici» ricevuti dal procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, responsabile dell'inchiesta sul Moas e sulle altre Ong, portare alla luce e denunciare quell'ambiguità non è altrettanto facile. In fondo il signor Catrambone restituiva parte dei proventi incassati con le attività d'intelligence devolvendo 416mila dollari al comitato elettorale di una Hillary Clinton considerata, fino allo scorso novembre, la prossima, inarrestabile inquilina dello Studio Ovale.
Il tutto mentre la moglie Regina spiegava sul sito Open Democracy - un'organizzazione di George Soros - la necessità di garantire agli immigrati accessi facilitati in Europa. Referenze complicate e imbarazzanti. Capaci di vanificare anche le esigenze di sorveglianza attribuite solitamente a un governo.
Ong-trafficanti, le segnalazioni dei servizi e il silenzio del governo
Fonti militari maltesi e 007 italiani: a bordo delle navi del Moas mercenari e strumenti per le intercettazioni
Gian Micalessin - Sab, 29/04/2017 - 10:50
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L'intelligence italiana conosce bene la pratica. I file sul Moas e sulle altre Ong in grado di mandare navi davanti le coste libiche incominciarono a venir redatti fin dall'inizio di Mare Sicuro, la missione navale per la difesa degli interessi nazionali varata nel marzo 2015.
L'attenzione del personale d'intelligence imbarcato sulle nostre unità si focalizzò immediatamente sull'addestramento e sulle capacità del personale di soccorso del Moas, l'Ong basata a Malta e guidata dall'americano Christofer Catrambone e dalla moglie italiana Regina. Bastò poco per scoprire - spiega una fonte de il Giornale - che «gran parte di quel personale veniva arruolato nelle stesse liste di contractors ingaggiati dalle compagnie private di sicurezza». Gli «angeli custodi» dei migranti, con cui lavorava anche Emergency erano, insomma, veri e propri mercenari. O se vogliamo un titolo più à la page professionalissimi «contractors».
Ma la rivelazione più interessante raccolta da il Giornale è un'altra. Secondo fonti militari di Malta le attività del Moas coprono attività d'intelligence per conto del governo statunitense. E secondo le stesse fonti su almeno una delle due navi del Moas sono, o erano, installate strumentazioni per intercettazioni ad ampio raggio. Nulla d'illegale per carità. Negli Stati Uniti l'intelligence outsourcing, l'affidamento di operazioni di spionaggio a società private dà lavoro a 45mila persone e spartisce fondi per 16 miliardi di dollari. Il problema è la copertura sotto cui il Moas svolge la duplice attività. Il coordinamento delle operazioni di soccorso viene infatti realizzato con il coordinamento della Guardia Costiera. Come se, insomma, un'ambulanza in capo al 118 o a un altro numero di pubblico soccorso, utilizzasse la propria attività per raccogliere informazioni finalizzate alle strategie di potenze straniere.
Non a caso il comandante generale della Guardia Costiera ammiraglio Vincenzo Melone è atteso in Commissione Difesa del Senato per rispondere, già martedì prossimo, a domande che riguarderanno non solo l'esigenza di salvare i profughi in mare, ma anche di preservare gli interessi nazionali in un'area critica come le coste della Libia. Interessi apertamente calpestati dal Moas che per primo - come rivelano sia le segnalazioni di Mare Sicuro, sia dalla missione europea EunavFor Med - iniziò a varcare il limite delle acque territoriali libiche. Tra le quattro operazioni al di sotto delle 12 miglia messe sotto esame nel 2016 due vennero portate a termine tra giugno e luglio dal Phoenix e dalla Topaz-Responder, le due imbarcazioni di 41 e 50 metri in capo al Moas registrate in Belize e nelle isole Marshall. Operazioni registrate dai trasponder di bordo sicuramente non sfuggite all'attenzione della Guardia Costiera.
Il problema a questo punto è se la duplice attività svolta dal Moas sia stata segnalata al nostro governo e se queste segnalazioni siano state recepite con la dovuta attenzione. Per capire che le operazioni del Moas erano il simulacro mediatico di altre attività bastava consultare il sito internet di Tangiers Group, la compagnia capofila di Christoper Catrambone in cui si pubblicizzano apertamente attività come «assicurazioni, assistenza d'emergenza e servizi d'intelligence». Ma come dimostrano gli avvertimenti «politici» ricevuti dal procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, responsabile dell'inchiesta sul Moas e sulle altre Ong, portare alla luce e denunciare quell'ambiguità non è altrettanto facile. In fondo il signor Catrambone restituiva parte dei proventi incassati con le attività d'intelligence devolvendo 416mila dollari al comitato elettorale di una Hillary Clinton considerata, fino allo scorso novembre, la prossima, inarrestabile inquilina dello Studio Ovale.
Il tutto mentre la moglie Regina spiegava sul sito Open Democracy - un'organizzazione di George Soros - la necessità di garantire agli immigrati accessi facilitati in Europa. Referenze complicate e imbarazzanti. Capaci di vanificare anche le esigenze di sorveglianza attribuite solitamente a un governo.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
TUTTI CONTRO TUTTI
Dalla prima pagina de | IL FATTO QUOTIDIANO | Domenica 30 Aprile 2017
ORDINE SPARSO Alfano con la Procura (è la prima volta), Gentiloni e Orlando critici
Sul caso Ong esplode il governo
Ecco le 6 sigle sospettate dai pm
Il ministro degli Esteri:
“Sto al 100% con Zuccaro”.
Il guardasigilli: “Perché non
se n’è accorto quando faceva
il ministro degli Interni?”.
Grasso contro Di Maio:
“Sui migranti devi studiare
”. La replica: “Il Pd faceva
business sull’accoglienza”
CALAPÀ
A PAG. 2
Dalla prima pagina de | IL FATTO QUOTIDIANO | Domenica 30 Aprile 2017
ORDINE SPARSO Alfano con la Procura (è la prima volta), Gentiloni e Orlando critici
Sul caso Ong esplode il governo
Ecco le 6 sigle sospettate dai pm
Il ministro degli Esteri:
“Sto al 100% con Zuccaro”.
Il guardasigilli: “Perché non
se n’è accorto quando faceva
il ministro degli Interni?”.
Grasso contro Di Maio:
“Sui migranti devi studiare
”. La replica: “Il Pd faceva
business sull’accoglienza”
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