LEGGE ELETTORALE
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Re: LEGGE ELETTORALE
SIAMO OLTRE L'AMMAZZACAFFE'.......LA FRUTTA E' SUPERATA DA TEMPO........
ADESSO SI SONO INVENTATI IL TEDESCHELLUM.
TUTTO PER POTER AFFERRARE L'ULTIMO PEZZO DI CARNE INTORNO ALL'OSSO.
Berlusconi apre a Renzi: patto per votare in autunno
Il Cav offre una via d'uscita ai dem: urne anticipate ma solo con il proporzionale. No all'ipotesi decreto
Francesco Cramer - Lun, 22/05/2017 - 07:50
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Berlusconi spariglia. Mentre il Paese è nel pantano e il Parlamento è incapace di sciogliere il nodo della legge elettorale, il Cavaliere offre una via d'uscita.
Lo fa attraverso un'intervista al Messaggero con cui propone al Pd un patto sul «Tedeschellum», ossia un sistema proporzionale. In cambio, si potrebbe anticipare il voto, come spera e chiede Renzi. Ora, quindi, la palla passa al Nazareno, fino ad ora fermo sul «Rosatellum». Ma quest'ipotesi è un po' un azzardo perché, sulla carta, il leader del Pd non è così certo dei numeri al Senato. È vero che c'è lo strano accordo con la Lega di Salvini per cui alla Camera i numeri sono blindati. Ma a palazzo Madama il pallottoliere traballa. Renzi, da gran giocatore d'azzardo, confida che alla fine i numeri saranno dalla sua; ma se così non fosse?
Ecco allora la mossa del cavallo di Berlusconi che spiega: «Questa proposta (il Rosatellum ndr) non ha la maggioranza in Senato e così com'è spacca il Paese su un tema che invece dovrebbe unire». Quindi ecco la sua carta: «Il sistema tedesco è l'unico che funziona davvero in Europa nei paesi in cui non è prevista l'elezione diretta del presidente». Esclusa anche l'ipotesi che Renzi, nella sua manfrina sulla legge elettorale, possa poi procedere con un colpo di mano attraverso un decreto dopo aver detto a Mattarella «Visto? Io c'ho provato a trovare un accordo; ma siccome in Parlamento non è possibile, intervengo con un decreto legge». Il Cavaliere lo esclude: «Sarebbe davvero senza precedenti. E senza un accordo, il momento in cui sarà possibile ridare finalmente la parola agli italiani si allontanerebbe sensibilmente».
Decisivo il fattore tempo. Sebbene il Cavaliere nell'intervista non dica esplicitamente che si potrebbe votare in autunno, questo è il suo pensiero. Ed è quello che attira maggiormente Renzi, desideroso di incassare subito il consenso delle primarie; e timoroso di pagare pegno con una finanziaria che si preannuncia lacrime e sangue e quindi impopolare. Che il leader di Forza Italia abbia valutato di anticipare il voto non è un mistero. Due giorni fa a Milano ne fece accenno al comizio di presentazione del movimento animalista: «Da Roma mi dicono che ci sono molte probabilità che le elezioni si possano tenere il 24 di settembre - disse -. Quindi c'è da mettersi a lavorare subito». Logico che per il leader di Forza Italia non sarebbe auspicabile: «Ritengo che la legislatura possa finire nei suoi termini naturali, ossia a febbraio del 2018».
Per ora non è dato sapere se Renzi sia disposto o meno a siglare il «patto d'autunno» ma un segnale di apertura arriva dal ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina: «Se quella di Berlusconi è un'apertura vera, il Partito democratico sarà pronto a un confronto serio, non solo con Forza Italia ma con tutte le forze politiche, per dare agli italiani una legge di stampo europeo». Quel che è certo è che la proposta del «Tedeschellum» irrita Salvini che sogna il maggioritario: «Spero che il Parlamento approvi una legge elettorale maggioritaria snella per andare a votare», arringa i suoi. Tuttavia non chiude definitivamente all'alleanza con il Cavaliere sebbene ribadisca i suoi ultimatum: «Berlusconi non lo vedo da tre-quattro mesi, magari l'accordo lo troveremo. Io lavoro per questo - assicura il capo del Carroccio -. Però, ripeto, sulle tasse, sul rapporto con l'Europa, sulla Turchia sull'immigrazione e sulla legge Fornero non ci sono vie di mezzo possibili». Ma il Cavaliere, intanto, attende la risposta dal Nazareno. Con la consapevolezza di essere ancora centrale.
ADESSO SI SONO INVENTATI IL TEDESCHELLUM.
TUTTO PER POTER AFFERRARE L'ULTIMO PEZZO DI CARNE INTORNO ALL'OSSO.
Berlusconi apre a Renzi: patto per votare in autunno
Il Cav offre una via d'uscita ai dem: urne anticipate ma solo con il proporzionale. No all'ipotesi decreto
Francesco Cramer - Lun, 22/05/2017 - 07:50
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Berlusconi spariglia. Mentre il Paese è nel pantano e il Parlamento è incapace di sciogliere il nodo della legge elettorale, il Cavaliere offre una via d'uscita.
Lo fa attraverso un'intervista al Messaggero con cui propone al Pd un patto sul «Tedeschellum», ossia un sistema proporzionale. In cambio, si potrebbe anticipare il voto, come spera e chiede Renzi. Ora, quindi, la palla passa al Nazareno, fino ad ora fermo sul «Rosatellum». Ma quest'ipotesi è un po' un azzardo perché, sulla carta, il leader del Pd non è così certo dei numeri al Senato. È vero che c'è lo strano accordo con la Lega di Salvini per cui alla Camera i numeri sono blindati. Ma a palazzo Madama il pallottoliere traballa. Renzi, da gran giocatore d'azzardo, confida che alla fine i numeri saranno dalla sua; ma se così non fosse?
Ecco allora la mossa del cavallo di Berlusconi che spiega: «Questa proposta (il Rosatellum ndr) non ha la maggioranza in Senato e così com'è spacca il Paese su un tema che invece dovrebbe unire». Quindi ecco la sua carta: «Il sistema tedesco è l'unico che funziona davvero in Europa nei paesi in cui non è prevista l'elezione diretta del presidente». Esclusa anche l'ipotesi che Renzi, nella sua manfrina sulla legge elettorale, possa poi procedere con un colpo di mano attraverso un decreto dopo aver detto a Mattarella «Visto? Io c'ho provato a trovare un accordo; ma siccome in Parlamento non è possibile, intervengo con un decreto legge». Il Cavaliere lo esclude: «Sarebbe davvero senza precedenti. E senza un accordo, il momento in cui sarà possibile ridare finalmente la parola agli italiani si allontanerebbe sensibilmente».
Decisivo il fattore tempo. Sebbene il Cavaliere nell'intervista non dica esplicitamente che si potrebbe votare in autunno, questo è il suo pensiero. Ed è quello che attira maggiormente Renzi, desideroso di incassare subito il consenso delle primarie; e timoroso di pagare pegno con una finanziaria che si preannuncia lacrime e sangue e quindi impopolare. Che il leader di Forza Italia abbia valutato di anticipare il voto non è un mistero. Due giorni fa a Milano ne fece accenno al comizio di presentazione del movimento animalista: «Da Roma mi dicono che ci sono molte probabilità che le elezioni si possano tenere il 24 di settembre - disse -. Quindi c'è da mettersi a lavorare subito». Logico che per il leader di Forza Italia non sarebbe auspicabile: «Ritengo che la legislatura possa finire nei suoi termini naturali, ossia a febbraio del 2018».
Per ora non è dato sapere se Renzi sia disposto o meno a siglare il «patto d'autunno» ma un segnale di apertura arriva dal ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina: «Se quella di Berlusconi è un'apertura vera, il Partito democratico sarà pronto a un confronto serio, non solo con Forza Italia ma con tutte le forze politiche, per dare agli italiani una legge di stampo europeo». Quel che è certo è che la proposta del «Tedeschellum» irrita Salvini che sogna il maggioritario: «Spero che il Parlamento approvi una legge elettorale maggioritaria snella per andare a votare», arringa i suoi. Tuttavia non chiude definitivamente all'alleanza con il Cavaliere sebbene ribadisca i suoi ultimatum: «Berlusconi non lo vedo da tre-quattro mesi, magari l'accordo lo troveremo. Io lavoro per questo - assicura il capo del Carroccio -. Però, ripeto, sulle tasse, sul rapporto con l'Europa, sulla Turchia sull'immigrazione e sulla legge Fornero non ci sono vie di mezzo possibili». Ma il Cavaliere, intanto, attende la risposta dal Nazareno. Con la consapevolezza di essere ancora centrale.
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Re: LEGGE ELETTORALE
CRONACA DI UN'AGONIA
LA VERSIONE STRUMPTRUPPEN
Il Pd spiazzato e indeciso è tentato dall'accordo con Fi
La proposta di un modello tedesco intriga i democratici Renzi spinge il Rosatellum ma ora si fa attendista
Laura Cesaretti - Lun, 22/05/2017 - 08:01
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La risposta ufficiale del Pd alle avance di Silvio Berlusconi («Legge proporzionale e andiamo a votare in
autunno») viene affidata al ministro Maurizio Martina.
Ed è alquanto vaga: «Se quella di Berlusconi è un'apertura vera, il Partito democratico sarà pronto a un confronto serio, non solo con Forza Italia ma con tutte le forze politiche, per dare agli italiani una legge di stampo europeo», recita il comunicato del vicesegretario dem di fresca nomina.
Non si dice di no, ma non si dice neppure di sì: si resta a guardare, in attesa di vedere le reazioni delle altre forze politiche. Certo, Renzi non ha mai nascosto di considerare auspicabile l'ipotesi di elezioni a fine settembre, in concomitanza con quelle tedesche. Anche perché, spiegano i suoi, «serve un governo forte e legittimato dal voto che sieda al tavolo con Merkel e Macron, quando subito dopo il voto tedesco si inizierà a ragionare sul prossimo futuro dell'Unione». E, allo stesso modo, serve un governo «forte e legittimato» per trattare con l'Europa sulla prossima legge di stabilità. Insomma, Renzi non ha mai accantonato l'idea. Ma i tempi sono strettissimi: per votare in autunno, la legge elettorale dovrebbe essere approvata entro la pausa estiva da entrambe le Camere.
«Noi ora restiamo fermi sul Rosatellum. Fermissimi. E vediamo cosa hanno da dire gli altri: lasciamo che scoprano le loro carte», è l'input che Matteo Renzi dà al suo partito. Il sistema elettorale messo sul tavolo dal Pd, metà uninominale maggioritario e metà proporzionale, a Montecitorio ha i numeri per essere approvato, visto l'assenso della Lega e di altri gruppi, e il benestare di Giuliano Pisapia che vede di buon occhio la possibilità di stringere alleanze di collegio col Pd (prospettiva che invece terrorizza i vari Bersani e D'Alema, che difficilmente sarebbero presi a bordo). Ma spaventa sia Berlusconi, che rischia di essere prosciugato dalla Lega, che i Cinque Stelle («È contro di noi», strilla Grillo). E al Senato ci potranno essere serie difficoltà per approvarlo, vista anche l'ostilità conclamata del presidente Grasso nei confronti del Pd. A quel punto, dunque, una mediazione con Forza Italia potrebbe rivelarsi indispensabile, e nel Pd c'è chi spiega che, se Berlusconi vuole un «vero tedesco» (a questo, spiegano, si riferisce la formula «di stampo europeo» usato da Martina), con soglie di sbarramento alte e garanzie di governabilità, il Pd è disposto a discuterne. Tanto più che, è la convinzione renziana, «un vero tedesco può mettere d'accordo dalla sinistra fino a Salvini, e persino i grillini atterriti dal Rosatellum». E una volta approvata una legge elettorale ampiamente condivisa, al Quirinale resterebbero pochi argomenti per tenere ancora in piedi la legislatura.
LA VERSIONE STRUMPTRUPPEN
Il Pd spiazzato e indeciso è tentato dall'accordo con Fi
La proposta di un modello tedesco intriga i democratici Renzi spinge il Rosatellum ma ora si fa attendista
Laura Cesaretti - Lun, 22/05/2017 - 08:01
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La risposta ufficiale del Pd alle avance di Silvio Berlusconi («Legge proporzionale e andiamo a votare in
autunno») viene affidata al ministro Maurizio Martina.
Ed è alquanto vaga: «Se quella di Berlusconi è un'apertura vera, il Partito democratico sarà pronto a un confronto serio, non solo con Forza Italia ma con tutte le forze politiche, per dare agli italiani una legge di stampo europeo», recita il comunicato del vicesegretario dem di fresca nomina.
Non si dice di no, ma non si dice neppure di sì: si resta a guardare, in attesa di vedere le reazioni delle altre forze politiche. Certo, Renzi non ha mai nascosto di considerare auspicabile l'ipotesi di elezioni a fine settembre, in concomitanza con quelle tedesche. Anche perché, spiegano i suoi, «serve un governo forte e legittimato dal voto che sieda al tavolo con Merkel e Macron, quando subito dopo il voto tedesco si inizierà a ragionare sul prossimo futuro dell'Unione». E, allo stesso modo, serve un governo «forte e legittimato» per trattare con l'Europa sulla prossima legge di stabilità. Insomma, Renzi non ha mai accantonato l'idea. Ma i tempi sono strettissimi: per votare in autunno, la legge elettorale dovrebbe essere approvata entro la pausa estiva da entrambe le Camere.
«Noi ora restiamo fermi sul Rosatellum. Fermissimi. E vediamo cosa hanno da dire gli altri: lasciamo che scoprano le loro carte», è l'input che Matteo Renzi dà al suo partito. Il sistema elettorale messo sul tavolo dal Pd, metà uninominale maggioritario e metà proporzionale, a Montecitorio ha i numeri per essere approvato, visto l'assenso della Lega e di altri gruppi, e il benestare di Giuliano Pisapia che vede di buon occhio la possibilità di stringere alleanze di collegio col Pd (prospettiva che invece terrorizza i vari Bersani e D'Alema, che difficilmente sarebbero presi a bordo). Ma spaventa sia Berlusconi, che rischia di essere prosciugato dalla Lega, che i Cinque Stelle («È contro di noi», strilla Grillo). E al Senato ci potranno essere serie difficoltà per approvarlo, vista anche l'ostilità conclamata del presidente Grasso nei confronti del Pd. A quel punto, dunque, una mediazione con Forza Italia potrebbe rivelarsi indispensabile, e nel Pd c'è chi spiega che, se Berlusconi vuole un «vero tedesco» (a questo, spiegano, si riferisce la formula «di stampo europeo» usato da Martina), con soglie di sbarramento alte e garanzie di governabilità, il Pd è disposto a discuterne. Tanto più che, è la convinzione renziana, «un vero tedesco può mettere d'accordo dalla sinistra fino a Salvini, e persino i grillini atterriti dal Rosatellum». E una volta approvata una legge elettorale ampiamente condivisa, al Quirinale resterebbero pochi argomenti per tenere ancora in piedi la legislatura.
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Re: LEGGE ELETTORALE
......IN FONDO AL POZZO NERO,......A DESTRA........
24 mag 2017 12:56
SILVIO QUANTO MI COSTI? UN ACCORDO CON IL CAV SUL PROPORZIONALE RISCHIA DI INNESCARE UN TRAVASO DI VOTI PD VERSO PISAPIA. IL DUCETTO PUO’ AFFRONTARE UNA NUOVA SCISSIONE NELL’URNA?
- RENZI PRONTO A CORRERE IL RISCHIO PUR DI NON VOTARE DA SOLO LA FINANZIARIA 2018
Marcello Sorgi per la Stampa
L' accordo, per ora, c' è solo sulla data del voto. Dell' offerta di Berlusconi - sistema tedesco contro elezioni in autunno - è quella la parte che interessa a Renzi, convinto che lo scioglimento anticipato, sia pure di pochi mesi, delle Camere, risolverebbe una serie di problemi che è più complicato affrontare in Parlamento: dalla riforma dei vitalizi, osteggiata in parte anche dal Pd, alla manovra d' autunno, che verrebbe impostata dal nuovo governo a inizio di legislatura e non dall' attuale alla vigilia della campagna elettorale, alle elezioni regionali in Sicilia, che vedono favorito il Movimento 5 Stelle e che invece sarebbe più facile affrontare insieme con le politiche.
Un accordo a due con Berlusconi, d' altra parte, è complicato da far digerire al Pd, da cui ieri si sono alzate varie e autorevoli voci uliviste. Prodi, Delrio e Orlando, uno dopo l' altro, hanno invitato il segretario a riflettere sui costi politici di un ritorno al proporzionale, come chiede l' ex-Cavaliere, e di un' aperta operazione di restauro del «Patto del Nazareno», che rischierebbe di spostare a sinistra del Pd parecchi voti e renderebbe molto difficile qualsiasi tentativo di agganciare, tutta o in parte, l' area politica che si sta formando a sinistra del partito attorno a Pisapia.
Forse anche per questo Renzi ha preferito mandare avanti alla Camera il «Rosatellum», metà maggioritario e metà proporzionale, come testo-base della nuova legge elettorale, con i voti, oltre che del Pd, di Salvini, più favorevole al meccanismo uninominale che renderebbe la Lega decisiva al Nord, e con l' opposizione, tra gli altri, di Forza Italia e di M5S.
Nulla impedisce, ovviamente, che il testo-base possa essere modificato più avanti con un maxi-emendamento, nel caso in cui dovesse intervenire veramente un accordo. Ma per il momento, meglio stare ai fatti, e soprattutto accelerare, perché per approvare la legge elettorale entro luglio, e puntare alle elezioni in autunno, i tempi sono stretti e non bisogna far passare inutilmente neanche un giorno.
Al dunque, lo schema su cui Renzi continua a muoversi è rimasto lo stesso: fermo restando, se sarà possibile, lo scioglimento anticipato, al voto si può andare con la nuova legge, se si riesce a farla passare, o con le norme stabilite dalla Corte costituzionale, in caso di fallimento degli accordi. Un fallimento, va da sè, che dovrebbe risultare esiziale per le sorti della legislatura, convincendo anche il Capo dello Stato a far calare il sipario qualche mese prima della scadenza naturale.
24 mag 2017 12:56
SILVIO QUANTO MI COSTI? UN ACCORDO CON IL CAV SUL PROPORZIONALE RISCHIA DI INNESCARE UN TRAVASO DI VOTI PD VERSO PISAPIA. IL DUCETTO PUO’ AFFRONTARE UNA NUOVA SCISSIONE NELL’URNA?
- RENZI PRONTO A CORRERE IL RISCHIO PUR DI NON VOTARE DA SOLO LA FINANZIARIA 2018
Marcello Sorgi per la Stampa
L' accordo, per ora, c' è solo sulla data del voto. Dell' offerta di Berlusconi - sistema tedesco contro elezioni in autunno - è quella la parte che interessa a Renzi, convinto che lo scioglimento anticipato, sia pure di pochi mesi, delle Camere, risolverebbe una serie di problemi che è più complicato affrontare in Parlamento: dalla riforma dei vitalizi, osteggiata in parte anche dal Pd, alla manovra d' autunno, che verrebbe impostata dal nuovo governo a inizio di legislatura e non dall' attuale alla vigilia della campagna elettorale, alle elezioni regionali in Sicilia, che vedono favorito il Movimento 5 Stelle e che invece sarebbe più facile affrontare insieme con le politiche.
Un accordo a due con Berlusconi, d' altra parte, è complicato da far digerire al Pd, da cui ieri si sono alzate varie e autorevoli voci uliviste. Prodi, Delrio e Orlando, uno dopo l' altro, hanno invitato il segretario a riflettere sui costi politici di un ritorno al proporzionale, come chiede l' ex-Cavaliere, e di un' aperta operazione di restauro del «Patto del Nazareno», che rischierebbe di spostare a sinistra del Pd parecchi voti e renderebbe molto difficile qualsiasi tentativo di agganciare, tutta o in parte, l' area politica che si sta formando a sinistra del partito attorno a Pisapia.
Forse anche per questo Renzi ha preferito mandare avanti alla Camera il «Rosatellum», metà maggioritario e metà proporzionale, come testo-base della nuova legge elettorale, con i voti, oltre che del Pd, di Salvini, più favorevole al meccanismo uninominale che renderebbe la Lega decisiva al Nord, e con l' opposizione, tra gli altri, di Forza Italia e di M5S.
Nulla impedisce, ovviamente, che il testo-base possa essere modificato più avanti con un maxi-emendamento, nel caso in cui dovesse intervenire veramente un accordo. Ma per il momento, meglio stare ai fatti, e soprattutto accelerare, perché per approvare la legge elettorale entro luglio, e puntare alle elezioni in autunno, i tempi sono stretti e non bisogna far passare inutilmente neanche un giorno.
Al dunque, lo schema su cui Renzi continua a muoversi è rimasto lo stesso: fermo restando, se sarà possibile, lo scioglimento anticipato, al voto si può andare con la nuova legge, se si riesce a farla passare, o con le norme stabilite dalla Corte costituzionale, in caso di fallimento degli accordi. Un fallimento, va da sè, che dovrebbe risultare esiziale per le sorti della legislatura, convincendo anche il Capo dello Stato a far calare il sipario qualche mese prima della scadenza naturale.
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Re: LEGGE ELETTORALE
CRONACA DI UN PAESE SOTTO LE MACERIE
Telefonata Berlusconi-Renzi Legge elettorale più vicina
Primo contatto diretto fra i due leader. Il segretario del Pd chiede garanzie sull'ok di Fi al voto in settembre
Laura Cesaretti - Ven, 26/05/2017 - 09:06
commenta
La cornice del patto c'è, ma sui dettagli si naviga ancora a vista. E, come si suol dire, il diavolo si annida nei dettagli.
Nessuno quindi è in grado di garantire che la prossima settimana sia quella decisiva per l'accordo sulla legge elettorale, nonostante tra Pd e Forza Italia (con la benedizione della Lega e anche la non ostilità dei grillini) gli sherpa del «tedeschellum» si parlino incessantemente. E - ben al riparo dai riflettori - si parlino anche i big, tanto che ieri ci sarebbe stata una telefonata tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.
Che le incertezze e le difficoltà sulla strada del «patto» siano ancora molte lo dimostra lo slittamento dei tempi, chiesto proprio dal Pd: la commissione Affari costituzionali della Camera non inizierà ad esaminare gli emendamenti prima di mercoledì, mentre lunedì Renzi e i suoi incontreranno tutte le forze politiche. Il che vuol dire che Renzi si riserva tempo fino alla Direzione del partito, convocata martedì, per decidere se sciogliere le riserve ed annunciare pubblicamente che il Pd è disposto ad accantonare il famoso Rosatellum (semi-maggioritario) e aprire al proporzionale tedesco. «Non possiamo mollare il Rosatellum finché non abbiamo da Berlusconi la garanzia che è in grado di tenere i suoi gruppi, soprattutto al Senato, sia sul testo della legge elettorale da chiudere entro luglio, che sulla data delle elezioni», spiega un dirigente renziano. E questa garanzia, al momento, il leader del Pd non la ha ancora avuta. Dunque, cautela e diffidenza per ora prevalgono.
Ma che il cerchio si stia stringendo - o che almeno in molti abbiano questo fondato timore - lo si capisce anche dalla grande agitazione delle forze minori: il micro-partito degli scissionisti dalemiani, Mdp, minaccia addirittura la crisi di governo se il Parlamento voterà la reintroduzione parziale dei voucher. E i maligni interpretano l'improvviso priapismo di Bersani e compagni proprio con i loro timori sulla legge elettorale: «Sanno benissimo che non supererebbero mai lo sbarramento del 5% previsto dal modello tedesco, e quindi dal loro punto di vista è meglio far saltare tutto e andare al voto col Consultellum, nella speranza di riportare qualche eletto almeno alla Camera, con la soglia del 3%». Ma anche la accelerazione impressa dal Pd al taglio dei vitalizi è benzina sul fuoco del voto in autunno: uno scioglimento anticipato garantirebbe ai parlamentari di mantenere lo status quo.
Insomma, che Renzi spinga per le elezioni è reso palese da molteplici segnali. Ieri, rispondendo su Facebook ad un sostenitore che gli rimproverava di aver lasciato Palazzo Chigi, ha risposto: «Ho fatto bene a dimettermi. Era giusto così dopo il referendum. Se torno, torno con i voti degli italiani». Certo, in un sistema proporzionale la designazione del premier non è automatica come nel maggioritario. Ma da leader del partito più votato (se la scommessa riuscisse) Renzi potrebbe giocare le sue carte. Ma il tempo è una variabile fondamentale: più ne passa, più si può allargare il fronte, interno anche al Pd, che punta sul premier Paolo Gentiloni. O possono prendere corpo manovre come quella che ieri si è un po' goffamente appalesata attorno al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda che - applauditissimo dalla platea di Confindustria - si è scagliato contro elezioni anticipate e proporzionale (dunque, indirettamente, contro Renzi). Ed è stato prontamente esaltato come il possibile «Macron italiano» dal Corriere della Sera, evidentemente anch'esso in cerca di leader alternativi al neo-riconfermato segretario del Pd.
Telefonata Berlusconi-Renzi Legge elettorale più vicina
Primo contatto diretto fra i due leader. Il segretario del Pd chiede garanzie sull'ok di Fi al voto in settembre
Laura Cesaretti - Ven, 26/05/2017 - 09:06
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La cornice del patto c'è, ma sui dettagli si naviga ancora a vista. E, come si suol dire, il diavolo si annida nei dettagli.
Nessuno quindi è in grado di garantire che la prossima settimana sia quella decisiva per l'accordo sulla legge elettorale, nonostante tra Pd e Forza Italia (con la benedizione della Lega e anche la non ostilità dei grillini) gli sherpa del «tedeschellum» si parlino incessantemente. E - ben al riparo dai riflettori - si parlino anche i big, tanto che ieri ci sarebbe stata una telefonata tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.
Che le incertezze e le difficoltà sulla strada del «patto» siano ancora molte lo dimostra lo slittamento dei tempi, chiesto proprio dal Pd: la commissione Affari costituzionali della Camera non inizierà ad esaminare gli emendamenti prima di mercoledì, mentre lunedì Renzi e i suoi incontreranno tutte le forze politiche. Il che vuol dire che Renzi si riserva tempo fino alla Direzione del partito, convocata martedì, per decidere se sciogliere le riserve ed annunciare pubblicamente che il Pd è disposto ad accantonare il famoso Rosatellum (semi-maggioritario) e aprire al proporzionale tedesco. «Non possiamo mollare il Rosatellum finché non abbiamo da Berlusconi la garanzia che è in grado di tenere i suoi gruppi, soprattutto al Senato, sia sul testo della legge elettorale da chiudere entro luglio, che sulla data delle elezioni», spiega un dirigente renziano. E questa garanzia, al momento, il leader del Pd non la ha ancora avuta. Dunque, cautela e diffidenza per ora prevalgono.
Ma che il cerchio si stia stringendo - o che almeno in molti abbiano questo fondato timore - lo si capisce anche dalla grande agitazione delle forze minori: il micro-partito degli scissionisti dalemiani, Mdp, minaccia addirittura la crisi di governo se il Parlamento voterà la reintroduzione parziale dei voucher. E i maligni interpretano l'improvviso priapismo di Bersani e compagni proprio con i loro timori sulla legge elettorale: «Sanno benissimo che non supererebbero mai lo sbarramento del 5% previsto dal modello tedesco, e quindi dal loro punto di vista è meglio far saltare tutto e andare al voto col Consultellum, nella speranza di riportare qualche eletto almeno alla Camera, con la soglia del 3%». Ma anche la accelerazione impressa dal Pd al taglio dei vitalizi è benzina sul fuoco del voto in autunno: uno scioglimento anticipato garantirebbe ai parlamentari di mantenere lo status quo.
Insomma, che Renzi spinga per le elezioni è reso palese da molteplici segnali. Ieri, rispondendo su Facebook ad un sostenitore che gli rimproverava di aver lasciato Palazzo Chigi, ha risposto: «Ho fatto bene a dimettermi. Era giusto così dopo il referendum. Se torno, torno con i voti degli italiani». Certo, in un sistema proporzionale la designazione del premier non è automatica come nel maggioritario. Ma da leader del partito più votato (se la scommessa riuscisse) Renzi potrebbe giocare le sue carte. Ma il tempo è una variabile fondamentale: più ne passa, più si può allargare il fronte, interno anche al Pd, che punta sul premier Paolo Gentiloni. O possono prendere corpo manovre come quella che ieri si è un po' goffamente appalesata attorno al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda che - applauditissimo dalla platea di Confindustria - si è scagliato contro elezioni anticipate e proporzionale (dunque, indirettamente, contro Renzi). Ed è stato prontamente esaltato come il possibile «Macron italiano» dal Corriere della Sera, evidentemente anch'esso in cerca di leader alternativi al neo-riconfermato segretario del Pd.
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Re: LEGGE ELETTORALE
UncleTom ha scritto:CRONACA DI UN PAESE SOTTO LE MACERIE
Telefonata Berlusconi-Renzi Legge elettorale più vicina
Primo contatto diretto fra i due leader. Il segretario del Pd chiede garanzie sull'ok di Fi al voto in settembre
Laura Cesaretti - Ven, 26/05/2017 - 09:06
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La cornice del patto c'è, ma sui dettagli si naviga ancora a vista. E, come si suol dire, il diavolo si annida nei dettagli.
Nessuno quindi è in grado di garantire che la prossima settimana sia quella decisiva per l'accordo sulla legge elettorale, nonostante tra Pd e Forza Italia (con la benedizione della Lega e anche la non ostilità dei grillini) gli sherpa del «tedeschellum» si parlino incessantemente. E - ben al riparo dai riflettori - si parlino anche i big, tanto che ieri ci sarebbe stata una telefonata tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.
Che le incertezze e le difficoltà sulla strada del «patto» siano ancora molte lo dimostra lo slittamento dei tempi, chiesto proprio dal Pd: la commissione Affari costituzionali della Camera non inizierà ad esaminare gli emendamenti prima di mercoledì, mentre lunedì Renzi e i suoi incontreranno tutte le forze politiche. Il che vuol dire che Renzi si riserva tempo fino alla Direzione del partito, convocata martedì, per decidere se sciogliere le riserve ed annunciare pubblicamente che il Pd è disposto ad accantonare il famoso Rosatellum (semi-maggioritario) e aprire al proporzionale tedesco. «Non possiamo mollare il Rosatellum finché non abbiamo da Berlusconi la garanzia che è in grado di tenere i suoi gruppi, soprattutto al Senato, sia sul testo della legge elettorale da chiudere entro luglio, che sulla data delle elezioni», spiega un dirigente renziano. E questa garanzia, al momento, il leader del Pd non la ha ancora avuta. Dunque, cautela e diffidenza per ora prevalgono.
Ma che il cerchio si stia stringendo - o che almeno in molti abbiano questo fondato timore - lo si capisce anche dalla grande agitazione delle forze minori: il micro-partito degli scissionisti dalemiani, Mdp, minaccia addirittura la crisi di governo se il Parlamento voterà la reintroduzione parziale dei voucher. E i maligni interpretano l'improvviso priapismo di Bersani e compagni proprio con i loro timori sulla legge elettorale: «Sanno benissimo che non supererebbero mai lo sbarramento del 5% previsto dal modello tedesco, e quindi dal loro punto di vista è meglio far saltare tutto e andare al voto col Consultellum, nella speranza di riportare qualche eletto almeno alla Camera, con la soglia del 3%». Ma anche la accelerazione impressa dal Pd al taglio dei vitalizi è benzina sul fuoco del voto in autunno: uno scioglimento anticipato garantirebbe ai parlamentari di mantenere lo status quo.
Insomma, che Renzi spinga per le elezioni è reso palese da molteplici segnali. Ieri, rispondendo su Facebook ad un sostenitore che gli rimproverava di aver lasciato Palazzo Chigi, ha risposto: «Ho fatto bene a dimettermi. Era giusto così dopo il referendum. Se torno, torno con i voti degli italiani». Certo, in un sistema proporzionale la designazione del premier non è automatica come nel maggioritario. Ma da leader del partito più votato (se la scommessa riuscisse) Renzi potrebbe giocare le sue carte. Ma il tempo è una variabile fondamentale: più ne passa, più si può allargare il fronte, interno anche al Pd, che punta sul premier Paolo Gentiloni. O possono prendere corpo manovre come quella che ieri si è un po' goffamente appalesata attorno al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda che - applauditissimo dalla platea di Confindustria - si è scagliato contro elezioni anticipate e proporzionale (dunque, indirettamente, contro Renzi). Ed è stato prontamente esaltato come il possibile «Macron italiano» dal Corriere della Sera, evidentemente anch'esso in cerca di leader alternativi al neo-riconfermato segretario del Pd.
IL CENTRODESTRA IN ORDINE SPARSO.
OGNUNO BADA AI PROPRI INTERESSI.
Notizie su Salvini Si Incazza Per La Telefonata Berlusconi - Renzi
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Renzi-Berlusconi, una telefonata prepara il patto sulla legge elettorale
Il Messaggero · 24 minuti fa
Renzi ... Salvini, Alfano, Nencini e Fratoianni. Non ancora definito il percorso con FI e FdI ma si prepara un vis à vis con Berlusconi. «Se avverrà sarà alla…
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Re: LEGGE ELETTORALE
27 mag 2017 12:50
PREPARATE LA TESSERA ELETTORALE: SI VA ALLE URNE IL 22 OTTOBRE
- L’APERTURA DEI CINQUESTELLE ALLA RIFORMA ELETTORALE FA PRECIPITARE LA SITUAZIONE VERSO ELEZIONI ANTICIPATE
- L’ULTIMO BRACCIO DI FERRO RIGUARDA LO SBARRAMENTO AL 5 PER CENTO (ALFANO SPINGE PER PORTARLO AL 4)
Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
È il fischio finale della legislatura. E risuona da Roma nella giornata in cui il premier Paolo Gentiloni ospita a Taormina i grandi del mondo e tocca l' apice della sua esperienza di governo. Sono echi dei quali il capo del governo non può e non vuole occuparsi in queste ore, ci sarà tempo per prendere atto che l'approdo a sorpresa di Beppe Grillo al tavolo della trattativa sulla riforma elettorale e la sostanziale adesione di Matteo Salvini, dopo quella di Silvio Berlusconi, segna l'apertura della lunga e caldissima - anche perché estiva - campagna elettorale.
Tutto precipita a questo punto verso le elezioni anticipate al più tardi ad ottobre, che Matteo Renzi ha tanto invocato e alle quali il Cavaliere alla fine si è convertito. La road map è segnata. E il percorso è accelerato.
Il referendum indetto in queste ore dal leader del Movimento tradisce - come sempre quando vengono convocati i militanti su due piedi la volontà che nella consultazione prevalgano i sì. Via libera quanto meno alla trattativa per non restare tagliati fuori, per non ingoiare una legge venefica per il M5S, per non essere stritolati dall' abbraccio mortale Renzi- Berlusconi. E magari per provare a strappare in extremis un ritorno all' Italicum da estendere anche al Senato, come hanno sperato finora i grillini.
Quel che è certo è che quell' abbraccio tra il segretario dem e il capo di Forza Italia si è già consumato. Anche se non porterà a un incontro diretto tra i due. «Sarebbe un suicidio, alla vigilia delle amministrative dell'11 giugno», spiegano i fedelissimi dell' una e dell' altra parte che non hanno alcuna intenzione di finire sotto il peso di un "Nazareno- bis", con tanto di sugello ufficiale.
Sarebbe un regalo a Grillo e Salvini. Da lunedì Lorenzo Guerini, coi i capigruppo Rosato e Zanda, faranno partire le consultazioni sprint con tutti i partiti, da chiudere in 48 ore. Renzi e Berlusconi si sono già sentiti, mediatore Gianni Letta, e basterà convergere coi capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta per chiudere la partita sugli emendamenti che già in commissione cambieranno volto in chiave tedesca alla legge elettorale.
Tutto in 48 ore perché martedì in direzione il segretario Pd vuole avere tutte le carte sul tavolo e impegni sottoscritti, prima di annunciare la svolta. Di emendamenti ieri ne sono stati depositati 417 in Affari costituzionali, ma ne basteranno une mezza dozzina per riscrivere le regole verso un sistema per lo più proporzionale in salsa italiana. Ma con quale sbarramento?
L'intesa Pd-Fi sul 5 per cento potrebbe essere ritoccata, con una concessione al 4. Angelino Alfano già tuona minacciando la crisi di governo se non si tornerà al suo (vitale) 3 per cento. Se l' accordo non sarà chiuso prima in maggioranza, è la versione ufficiale, i centristi si terranno "le mani libere". E i dem vogliono evitare di precipitare Gentiloni in una crisi anticipata prima di chiudere sulla legge. Meglio cedere su una mediazione al 4 («Ma non uno in meno»), pur di andare avanti ancora qualche mese, è stato il ragionamento sottoposto e, sembra, accettato da Berlusconi.
Dal 5 giugno in aula, a Montecitorio, tappe forzate e chiusura entro il mese, grazie al contingentamento dei tempi. Ma se l' accordo a quattro - Pd-Fi-M5S-Lega - dovesse davvero reggere, allora anche al Senato in luglio il "tedesco" avrà vita facile. La chiusura dei battenti subito dopo e il voto a inizio autunno sarebbe a quel punto l' immediata conseguenza.
La finestra resta quella che va dal voto a Berlino del 24 settembre - improponibile per l' Italia - alla più probabile domenica 22 ottobre. Resta solo un' ipotesi l' anticipo della legge di stabilità, per chiuderla prima delle urne ed evitare pericolosi vuoti (in caso di caos postelettorale) e avventurosi ricorsi all' esercizio provvisorio. Il Quirinale si sentirebbe di certo più rassicurato da una messa in sicurezza dei conti, prima della corsa a un voto dall' esito imprevedibile.
PREPARATE LA TESSERA ELETTORALE: SI VA ALLE URNE IL 22 OTTOBRE
- L’APERTURA DEI CINQUESTELLE ALLA RIFORMA ELETTORALE FA PRECIPITARE LA SITUAZIONE VERSO ELEZIONI ANTICIPATE
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Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
È il fischio finale della legislatura. E risuona da Roma nella giornata in cui il premier Paolo Gentiloni ospita a Taormina i grandi del mondo e tocca l' apice della sua esperienza di governo. Sono echi dei quali il capo del governo non può e non vuole occuparsi in queste ore, ci sarà tempo per prendere atto che l'approdo a sorpresa di Beppe Grillo al tavolo della trattativa sulla riforma elettorale e la sostanziale adesione di Matteo Salvini, dopo quella di Silvio Berlusconi, segna l'apertura della lunga e caldissima - anche perché estiva - campagna elettorale.
Tutto precipita a questo punto verso le elezioni anticipate al più tardi ad ottobre, che Matteo Renzi ha tanto invocato e alle quali il Cavaliere alla fine si è convertito. La road map è segnata. E il percorso è accelerato.
Il referendum indetto in queste ore dal leader del Movimento tradisce - come sempre quando vengono convocati i militanti su due piedi la volontà che nella consultazione prevalgano i sì. Via libera quanto meno alla trattativa per non restare tagliati fuori, per non ingoiare una legge venefica per il M5S, per non essere stritolati dall' abbraccio mortale Renzi- Berlusconi. E magari per provare a strappare in extremis un ritorno all' Italicum da estendere anche al Senato, come hanno sperato finora i grillini.
Quel che è certo è che quell' abbraccio tra il segretario dem e il capo di Forza Italia si è già consumato. Anche se non porterà a un incontro diretto tra i due. «Sarebbe un suicidio, alla vigilia delle amministrative dell'11 giugno», spiegano i fedelissimi dell' una e dell' altra parte che non hanno alcuna intenzione di finire sotto il peso di un "Nazareno- bis", con tanto di sugello ufficiale.
Sarebbe un regalo a Grillo e Salvini. Da lunedì Lorenzo Guerini, coi i capigruppo Rosato e Zanda, faranno partire le consultazioni sprint con tutti i partiti, da chiudere in 48 ore. Renzi e Berlusconi si sono già sentiti, mediatore Gianni Letta, e basterà convergere coi capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta per chiudere la partita sugli emendamenti che già in commissione cambieranno volto in chiave tedesca alla legge elettorale.
Tutto in 48 ore perché martedì in direzione il segretario Pd vuole avere tutte le carte sul tavolo e impegni sottoscritti, prima di annunciare la svolta. Di emendamenti ieri ne sono stati depositati 417 in Affari costituzionali, ma ne basteranno une mezza dozzina per riscrivere le regole verso un sistema per lo più proporzionale in salsa italiana. Ma con quale sbarramento?
L'intesa Pd-Fi sul 5 per cento potrebbe essere ritoccata, con una concessione al 4. Angelino Alfano già tuona minacciando la crisi di governo se non si tornerà al suo (vitale) 3 per cento. Se l' accordo non sarà chiuso prima in maggioranza, è la versione ufficiale, i centristi si terranno "le mani libere". E i dem vogliono evitare di precipitare Gentiloni in una crisi anticipata prima di chiudere sulla legge. Meglio cedere su una mediazione al 4 («Ma non uno in meno»), pur di andare avanti ancora qualche mese, è stato il ragionamento sottoposto e, sembra, accettato da Berlusconi.
Dal 5 giugno in aula, a Montecitorio, tappe forzate e chiusura entro il mese, grazie al contingentamento dei tempi. Ma se l' accordo a quattro - Pd-Fi-M5S-Lega - dovesse davvero reggere, allora anche al Senato in luglio il "tedesco" avrà vita facile. La chiusura dei battenti subito dopo e il voto a inizio autunno sarebbe a quel punto l' immediata conseguenza.
La finestra resta quella che va dal voto a Berlino del 24 settembre - improponibile per l' Italia - alla più probabile domenica 22 ottobre. Resta solo un' ipotesi l' anticipo della legge di stabilità, per chiuderla prima delle urne ed evitare pericolosi vuoti (in caso di caos postelettorale) e avventurosi ricorsi all' esercizio provvisorio. Il Quirinale si sentirebbe di certo più rassicurato da una messa in sicurezza dei conti, prima della corsa a un voto dall' esito imprevedibile.
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Re: LEGGE ELETTORALE
...... COME SE NON FOSSIMO IN MEZZO AD UN DISASTRO....
L'IMPORTANTE E' PIAZZARE L'APPARATO POLITICO, .........GLI ALTRI SE LA GRATTINO.
TANTO, LOR SIGNORI SONO PROFONDAMENTE CONVINTI CHE GLI ITALIANI SIANO FESSI, E CHE LORO POSSONO SOMMINISTRARGLI TUTTE LE BALLE CHE HANNO IN MENTE.
Altro che inciucio
Alessandro Sallusti - Sab, 27/05/2017 - 06:00
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I giochi si stanno per compiere e seppur in un clima di reciproca diffidenza Silvio Berlusconi e Matteo Renzi stanno per portare in porto l'accordo sulla nuova legge elettorale, tappa indispensabile per mettere fine alla legislatura e andare a votare il più presto possibile, cioè tra settembre e ottobre. A giorni potrebbe esserci l'incontro decisivo, una tabella di marcia sincronizzata sulla chiusura - domani - del G7 in corso a Taormina che per ragioni di galateo Gentiloni doveva presiedere dando l'impressione agli illustri ospiti di essere nella pienezza dei suoi poteri presenti e futuri.
La trattativa tra Berlusconi e Renzi sta facendo impazzire un po' tutti quelli che le elezioni le temono e in particolare gli scissionisti del centrodestra (Alfano e soci) e del centrosinistra (D'Alema e compagni) che nel palazzo contano (esercitando il potere del ricatto) ma nelle urne rischiano di pagare salato il conto del tradimento, cioè non superare con i loro partitini la soglia minima di consenso e rimanere quindi fuori dal prossimo Parlamento. Per questo sventolano lo spettro dell'inciucio, parlano di «patto scellerato», evocano un nuovo Nazareno.
Che cosa sarà il giorno dopo lo spoglio lo decideranno gli italiani con il loro voto (le elezioni, fino a prova contraria servono proprio a questo), ma trovo del tutto naturale e logico che i leader dei due principali schieramenti cerchino di decidere insieme le regole del gioco, cioè la legge elettorale. Questo non è «inciuciare» (che significa intrigo, maneggio, pateracchio) ma è fare politica. Semmai c'è da temere l'inverso - una legge fatta da una sola parte - e da rammaricarsi che non sia stato fatto prima. La legge elettorale, per definizione, deve essere la più condivisa possibile, non punitiva per nessuno, ma neppure cucita su misura per garantire un posto di lavoro a vita ad Alfano o a D'Alema che dalla politica hanno già avuto ben più dei loro meriti e capacità.Semmai c'è da sperare che questo accordo non faccia all'ultimo minuto utile la fine di quello del Nazareno su riforme istituzionali ed elezione del capo dello Stato. Allora lo scandalo non fu averlo fatto, ma che Renzi sul più bello l'avesse tradito. Questa volta meglio mettere nero su bianco fino all'ultimo dettaglio e farlo pubblicamente. Non si sa mai.
L'IMPORTANTE E' PIAZZARE L'APPARATO POLITICO, .........GLI ALTRI SE LA GRATTINO.
TANTO, LOR SIGNORI SONO PROFONDAMENTE CONVINTI CHE GLI ITALIANI SIANO FESSI, E CHE LORO POSSONO SOMMINISTRARGLI TUTTE LE BALLE CHE HANNO IN MENTE.
Altro che inciucio
Alessandro Sallusti - Sab, 27/05/2017 - 06:00
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I giochi si stanno per compiere e seppur in un clima di reciproca diffidenza Silvio Berlusconi e Matteo Renzi stanno per portare in porto l'accordo sulla nuova legge elettorale, tappa indispensabile per mettere fine alla legislatura e andare a votare il più presto possibile, cioè tra settembre e ottobre. A giorni potrebbe esserci l'incontro decisivo, una tabella di marcia sincronizzata sulla chiusura - domani - del G7 in corso a Taormina che per ragioni di galateo Gentiloni doveva presiedere dando l'impressione agli illustri ospiti di essere nella pienezza dei suoi poteri presenti e futuri.
La trattativa tra Berlusconi e Renzi sta facendo impazzire un po' tutti quelli che le elezioni le temono e in particolare gli scissionisti del centrodestra (Alfano e soci) e del centrosinistra (D'Alema e compagni) che nel palazzo contano (esercitando il potere del ricatto) ma nelle urne rischiano di pagare salato il conto del tradimento, cioè non superare con i loro partitini la soglia minima di consenso e rimanere quindi fuori dal prossimo Parlamento. Per questo sventolano lo spettro dell'inciucio, parlano di «patto scellerato», evocano un nuovo Nazareno.
Che cosa sarà il giorno dopo lo spoglio lo decideranno gli italiani con il loro voto (le elezioni, fino a prova contraria servono proprio a questo), ma trovo del tutto naturale e logico che i leader dei due principali schieramenti cerchino di decidere insieme le regole del gioco, cioè la legge elettorale. Questo non è «inciuciare» (che significa intrigo, maneggio, pateracchio) ma è fare politica. Semmai c'è da temere l'inverso - una legge fatta da una sola parte - e da rammaricarsi che non sia stato fatto prima. La legge elettorale, per definizione, deve essere la più condivisa possibile, non punitiva per nessuno, ma neppure cucita su misura per garantire un posto di lavoro a vita ad Alfano o a D'Alema che dalla politica hanno già avuto ben più dei loro meriti e capacità.Semmai c'è da sperare che questo accordo non faccia all'ultimo minuto utile la fine di quello del Nazareno su riforme istituzionali ed elezione del capo dello Stato. Allora lo scandalo non fu averlo fatto, ma che Renzi sul più bello l'avesse tradito. Questa volta meglio mettere nero su bianco fino all'ultimo dettaglio e farlo pubblicamente. Non si sa mai.
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Re: LEGGE ELETTORALE
Forza Italia: se legge elettorale condivisa manca poco alla urne
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"Probabilmente manca poco al momento in cui gli italiani potranno di nuovo scegliere da chi vogliono essere governati". Così Silvio Berlusconi in occasione di una manifestazione di Fi a Bari. "Se finalmente potremo avere una legge elettorale condivisa che garantisca l'effettiva corrispondenza tra il voto espresso dagli italiani e la rappresentanza in Parlamento. Ossia: se un Partito ottiene il 20% dei voti deve avere il 20% dei parlamentari".
http://www.msn.com/it-it/notizie/politi ... spartandhp
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"Probabilmente manca poco al momento in cui gli italiani potranno di nuovo scegliere da chi vogliono essere governati". Così Silvio Berlusconi in occasione di una manifestazione di Fi a Bari. "Se finalmente potremo avere una legge elettorale condivisa che garantisca l'effettiva corrispondenza tra il voto espresso dagli italiani e la rappresentanza in Parlamento. Ossia: se un Partito ottiene il 20% dei voti deve avere il 20% dei parlamentari".
http://www.msn.com/it-it/notizie/politi ... spartandhp
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Re: LEGGE ELETTORALE
Veramente la legge elettorale non dovrebbe essere fatta prima delle elezioni. Ma con questi inaffidabili uno può aspettarsi solo il peggio.
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Re: LEGGE ELETTORALE
LA STANNO CHIAMANDO IN MILLE MODI. IL PENULTIMO E’: “IL ROSATELLUM”, L’ULTIMO E’ DI DENISE PARDO SULL’ESPRESSO DI OGGI: “IL FRANCESCHELLUM”, TUTTO MENO CHIAMARLA COL SUO VERO NOME: IL BUNGA-BUNGA.
I MIGLIORI PROFETI NAZIONALI DEL BUNGA-BUNGA SONO ALL’OPERA PER DARE UNA SISTEMA FINALE A QUESTO DISASTRATO PAESE, COME SE UN QUARTO DI SECOLO FOSSE TRASCORSO SENZA PRODURRE EFFETTI DISASTROSI E DRAMMATICI.
28 mag 2017 16:56
VOLETE DAVVERO IL SISTEMA ELETTORALE TEDESCO? IN GERMANIA NESSUN PARTITO HA PIÙ OTTENUTO LA MAGGIORANZA ASSOLUTA DAL 1957
- ANZI, PER EVITARE CHE UN PARTITO, VINCENDO “TROPPI” SEGGI NEI COLLEGI RAGGIUNGA UN NUMERO COMPLESSIVO DI DEPUTATI CHE NON GLI SPETTA SECONDO IL PROPORZIONALE, È STATO INTRODOTTO UN MECCANISMO DI COMPENSAZIONE…
Articolo di Michael Braun pubblicato su http://www.internazionale.it
Quindi l’Italia si farà tedesca. Tedesca almeno nel sistema elettorale se Matteo Renzi e Silvio Berlusconi riusciranno a portare a termine il loro piano. E sarebbe archiviato il “Rosatellum”, l’ultima proposta di riforma elettorale firmata da Ettore Rosato, capogruppo del Partito democratico (Pd) alla camera, chiamato anche sistema “similtedesco”.
A prima vista i due modelli, quello tedesco e quello similtedesco, si somigliano molto, ma le differenze sono sostanziali. Tutti e due prevedono che metà dei parlamentari siano eletti in collegi uninominali secondo uno schema maggioritario mentre l’altra metà è scelta con un voto di lista proporzionale, ma la lista deve superare la soglia di sbarramento fissata al 5 per cento.
Ma nel Rosatellum la quota maggioritaria e quella proporzionale di lista sono calcolate separatamente e poi sommate, senza nessun meccanismo di compensazione. Supponiamo che il Pd vinca il 40 per cento dei seggi uninominali alla camera, sarebbero circa 122 seggi, e mettiamo che nel proporzionale totalizzi il 30 per cento ottenendo altri 92 seggi: arriverebbe a un totale di 214 seggi.
COMPENSAZIONE PROPORZIONALE
Con il sistema tedesco invece dovrebbe accontentarsi sì e no di 185 seggi. Infatti, malgrado il sistema uninominale apparentemente maggioritario nei collegi, il Bundestag è eletto con un sistema puramente proporzionale: c’è un meccanismo di compensazione secondo cui chi vince di più nei collegi prende meno seggi nelle liste proporzionali. Ogni elettore vota infatti con due schede: una per eleggere uno dei candidati della sua circoscrizione e una per scegliere un partito a livello nazionale.
Facciamo un esempio. Supponiamo che la Cdu-Csu di Angela Merkel ottenga il 35 per cento nel proporzionale ma si assicuri il 60 per cento dei collegi uninominali. Poiché in questo caso con il maggioritario otterrebbe già circa 180 deputati, le spetterebbero solo altri 30 dei 299 seggi assegnati alle liste – per farla arrivare a quel 35 per cento ottenuto con la seconda scheda al livello nazionale, quella di lista, che alla fine conta per gli equilibri numerici in parlamento.
Infatti i collegi in Germania non svolgono nessuna funzione maggioritaria: sono stati introdotti solo per rafforzare il legame tra deputati e territorio. L’unico meccanismo di correzione rispetto a un proporzionale puro è la soglia di sbarramento del 5 per cento, introdotta per evitare la frantumazione del sistema partitico in tante piccole formazioni.
In Germania nessun partito ha più ottenuto la maggioranza assoluta dal 1957
Anzi, per evitare che un partito, vincendo “troppi” seggi nei collegi raggiunga un numero complessivo di deputati che non gli spetta secondo il proporzionale, è stato introdotto un meccanismo di compensazione. Immaginiamo che la Cdu-Csu – che nell’uninominale quasi dappertutto se la gioca solo con la Spd – conquisti l’80 per cento dei 299 collegi, ma solo il 35 per cento nel proporzionale: manderebbe 240 deputati a Berlino, circa 35 di più di quanti gliene spetterebbero. Di conseguenza gli altri partiti riceverebbero a loro volta 35 seggi “di compensazione” per mantenere i rapporti di forza decretati dal proporzionale. È per questo che il numero totale dei deputati del Bundestag può variare.
È ovvio che questo sistema obbliga i partiti a formare coalizioni di governo. Infatti solo una volta nella storia tedesca un singolo partito ha conquistato la maggioranza assoluta: la Cdu di Adenauer nel lontano 1957. Un tempo quelle coalizioni erano di centrodestra (Cdu e liberali della Fdp) o social-liberali (Spd-Fdp) o “rosso-verdi”. Ma già nel 2005, poi di nuovo nel 2013 si resero praticabili solo le “larghe intese” della grande coalizione tra Cdu e Spd.
GOVERNABILITÀ E RAPPRESENTATIVITÀ
Il Bundestag che sarà eletto il 24 settembre 2017 con buona probabilità ci riporterà alla ripetizione di questo scenario. Entreranno quasi sicuramente sei forze politiche, la Cdu, la Spd, i Verdi, la Linke, la Fdp e anche i populisti di destra dell’Afd. E sarà difficile sia formare una coalizione di centrodestra (Cdu-Fdp) sia una coalizione di centrosinistra (Spd-Verdi-Linke). Sarebbero forse pensabili coalizioni finora mai sperimentate come quella “Giamaica” (Cdu-Verdi-Fdp) e quella “semaforo” (Spd-Verdi-Fdp), ma non è neanche detto che avrebbero i numeri.
Un rischio che la Germania comunque non corre, nell’immediato, è quello dell’ingovernabilità. Diverso è il caso dell’Italia: qui anche le “larghe intese” tra il Pd di Renzi e Forza Italia potrebbero rivelarsi troppo strette. L’Italicum ipermaggioritario, poi bocciato dalla consulta, sacrificava la rappresentatività alla governabilità. Introdurre il sistema tedesco – senza la relativa stabilità dei partiti e delle istituzioni tedesche – invece comporta il rischio opposto, quello di garantire sì la rappresentatività, ma allo stesso tempo di rendere il paese ingovernabile.
I MIGLIORI PROFETI NAZIONALI DEL BUNGA-BUNGA SONO ALL’OPERA PER DARE UNA SISTEMA FINALE A QUESTO DISASTRATO PAESE, COME SE UN QUARTO DI SECOLO FOSSE TRASCORSO SENZA PRODURRE EFFETTI DISASTROSI E DRAMMATICI.
28 mag 2017 16:56
VOLETE DAVVERO IL SISTEMA ELETTORALE TEDESCO? IN GERMANIA NESSUN PARTITO HA PIÙ OTTENUTO LA MAGGIORANZA ASSOLUTA DAL 1957
- ANZI, PER EVITARE CHE UN PARTITO, VINCENDO “TROPPI” SEGGI NEI COLLEGI RAGGIUNGA UN NUMERO COMPLESSIVO DI DEPUTATI CHE NON GLI SPETTA SECONDO IL PROPORZIONALE, È STATO INTRODOTTO UN MECCANISMO DI COMPENSAZIONE…
Articolo di Michael Braun pubblicato su http://www.internazionale.it
Quindi l’Italia si farà tedesca. Tedesca almeno nel sistema elettorale se Matteo Renzi e Silvio Berlusconi riusciranno a portare a termine il loro piano. E sarebbe archiviato il “Rosatellum”, l’ultima proposta di riforma elettorale firmata da Ettore Rosato, capogruppo del Partito democratico (Pd) alla camera, chiamato anche sistema “similtedesco”.
A prima vista i due modelli, quello tedesco e quello similtedesco, si somigliano molto, ma le differenze sono sostanziali. Tutti e due prevedono che metà dei parlamentari siano eletti in collegi uninominali secondo uno schema maggioritario mentre l’altra metà è scelta con un voto di lista proporzionale, ma la lista deve superare la soglia di sbarramento fissata al 5 per cento.
Ma nel Rosatellum la quota maggioritaria e quella proporzionale di lista sono calcolate separatamente e poi sommate, senza nessun meccanismo di compensazione. Supponiamo che il Pd vinca il 40 per cento dei seggi uninominali alla camera, sarebbero circa 122 seggi, e mettiamo che nel proporzionale totalizzi il 30 per cento ottenendo altri 92 seggi: arriverebbe a un totale di 214 seggi.
COMPENSAZIONE PROPORZIONALE
Con il sistema tedesco invece dovrebbe accontentarsi sì e no di 185 seggi. Infatti, malgrado il sistema uninominale apparentemente maggioritario nei collegi, il Bundestag è eletto con un sistema puramente proporzionale: c’è un meccanismo di compensazione secondo cui chi vince di più nei collegi prende meno seggi nelle liste proporzionali. Ogni elettore vota infatti con due schede: una per eleggere uno dei candidati della sua circoscrizione e una per scegliere un partito a livello nazionale.
Facciamo un esempio. Supponiamo che la Cdu-Csu di Angela Merkel ottenga il 35 per cento nel proporzionale ma si assicuri il 60 per cento dei collegi uninominali. Poiché in questo caso con il maggioritario otterrebbe già circa 180 deputati, le spetterebbero solo altri 30 dei 299 seggi assegnati alle liste – per farla arrivare a quel 35 per cento ottenuto con la seconda scheda al livello nazionale, quella di lista, che alla fine conta per gli equilibri numerici in parlamento.
Infatti i collegi in Germania non svolgono nessuna funzione maggioritaria: sono stati introdotti solo per rafforzare il legame tra deputati e territorio. L’unico meccanismo di correzione rispetto a un proporzionale puro è la soglia di sbarramento del 5 per cento, introdotta per evitare la frantumazione del sistema partitico in tante piccole formazioni.
In Germania nessun partito ha più ottenuto la maggioranza assoluta dal 1957
Anzi, per evitare che un partito, vincendo “troppi” seggi nei collegi raggiunga un numero complessivo di deputati che non gli spetta secondo il proporzionale, è stato introdotto un meccanismo di compensazione. Immaginiamo che la Cdu-Csu – che nell’uninominale quasi dappertutto se la gioca solo con la Spd – conquisti l’80 per cento dei 299 collegi, ma solo il 35 per cento nel proporzionale: manderebbe 240 deputati a Berlino, circa 35 di più di quanti gliene spetterebbero. Di conseguenza gli altri partiti riceverebbero a loro volta 35 seggi “di compensazione” per mantenere i rapporti di forza decretati dal proporzionale. È per questo che il numero totale dei deputati del Bundestag può variare.
È ovvio che questo sistema obbliga i partiti a formare coalizioni di governo. Infatti solo una volta nella storia tedesca un singolo partito ha conquistato la maggioranza assoluta: la Cdu di Adenauer nel lontano 1957. Un tempo quelle coalizioni erano di centrodestra (Cdu e liberali della Fdp) o social-liberali (Spd-Fdp) o “rosso-verdi”. Ma già nel 2005, poi di nuovo nel 2013 si resero praticabili solo le “larghe intese” della grande coalizione tra Cdu e Spd.
GOVERNABILITÀ E RAPPRESENTATIVITÀ
Il Bundestag che sarà eletto il 24 settembre 2017 con buona probabilità ci riporterà alla ripetizione di questo scenario. Entreranno quasi sicuramente sei forze politiche, la Cdu, la Spd, i Verdi, la Linke, la Fdp e anche i populisti di destra dell’Afd. E sarà difficile sia formare una coalizione di centrodestra (Cdu-Fdp) sia una coalizione di centrosinistra (Spd-Verdi-Linke). Sarebbero forse pensabili coalizioni finora mai sperimentate come quella “Giamaica” (Cdu-Verdi-Fdp) e quella “semaforo” (Spd-Verdi-Fdp), ma non è neanche detto che avrebbero i numeri.
Un rischio che la Germania comunque non corre, nell’immediato, è quello dell’ingovernabilità. Diverso è il caso dell’Italia: qui anche le “larghe intese” tra il Pd di Renzi e Forza Italia potrebbero rivelarsi troppo strette. L’Italicum ipermaggioritario, poi bocciato dalla consulta, sacrificava la rappresentatività alla governabilità. Introdurre il sistema tedesco – senza la relativa stabilità dei partiti e delle istituzioni tedesche – invece comporta il rischio opposto, quello di garantire sì la rappresentatività, ma allo stesso tempo di rendere il paese ingovernabile.
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