IL LAVORO
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Re: IL LAVORO
Francia, operai che rischiano di perdere il lavoro minacciano: “Abbiamo minato la fabbrica con bombole a gas”
Lavoro & Precari
I lavoratori protestano contro l'imminente chiusura dello stabilimento che produce pezzi di ricambio per automobili Psa e Renault. Hanno annunciato che intendono occupare l'azienda giorno e notte finché non avranno risposte. Secondo la ricostruzione di France Bleu Creuse, in mattinata hanno distrutto due macchinari
di F. Q. | 11 maggio 2017
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365
Più informazioni su: Francia, Operai
“Abbiamo minato la fabbrica con bombole a gas. Facciamo saltare per aria tutto”. La minaccia è degli operai di un impianto della Creuse, nel centro della Francia, che rischiano di perdere il lavoro a causa della chiusura imminente dello stabilimento di Souterraine. L’azienda produce pezzi di ricambio per automobili Psa e Renault e ha 277 dipendenti. Secondo France Bleu Creuse, i lavoratori hanno annunciato che intendono occupare la fabbrica giorno e notte se non avranno risposte dai loro superiori.
La protesta è iniziata nella mattinata, quando un gruppo di operai ha iniziato distruggendo due macchinari. “Fa male al cuore“, hanno dichiarato a France Bleu, “ma non abbiamo altra scelta per fare pressione. Non vogliamo sparire così”. Quindi, sempre secondo le dichiarazioni dei rappresentanti sindacali della CGT, hanno piazzato delle bombole ad aria liquida sotto il parcheggio, che sono poi collegate a delle bottiglie di gas e a delle taniche di benzina.
Lavoro & Precari
I lavoratori protestano contro l'imminente chiusura dello stabilimento che produce pezzi di ricambio per automobili Psa e Renault. Hanno annunciato che intendono occupare l'azienda giorno e notte finché non avranno risposte. Secondo la ricostruzione di France Bleu Creuse, in mattinata hanno distrutto due macchinari
di F. Q. | 11 maggio 2017
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“Abbiamo minato la fabbrica con bombole a gas. Facciamo saltare per aria tutto”. La minaccia è degli operai di un impianto della Creuse, nel centro della Francia, che rischiano di perdere il lavoro a causa della chiusura imminente dello stabilimento di Souterraine. L’azienda produce pezzi di ricambio per automobili Psa e Renault e ha 277 dipendenti. Secondo France Bleu Creuse, i lavoratori hanno annunciato che intendono occupare la fabbrica giorno e notte se non avranno risposte dai loro superiori.
La protesta è iniziata nella mattinata, quando un gruppo di operai ha iniziato distruggendo due macchinari. “Fa male al cuore“, hanno dichiarato a France Bleu, “ma non abbiamo altra scelta per fare pressione. Non vogliamo sparire così”. Quindi, sempre secondo le dichiarazioni dei rappresentanti sindacali della CGT, hanno piazzato delle bombole ad aria liquida sotto il parcheggio, che sono poi collegate a delle bottiglie di gas e a delle taniche di benzina.
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Re: IL LAVORO
LE FAVOLE DI JUNCKER
6 ore fa
160
Eurozona, la ripresa c'è
ma l'Italia resta ultima
Raffaello Binelli
^^
Eurozona, la ripresa c'è. Ma l'Italia continua ad arrancare
Buona crescita nell’Eurozona secondo le previsioni di Bruxelles. Per l’Italia però le cose non vanno bene, la crescita è molto lenta. Tra le cause l'incertezza politica e del settore bancario
Raffaello Binelli - Gio, 11/05/2017 - 12:46
^^^^^^^^^^
Ubi Banca, previsto taglio del personale di Etruria, Marche e Carichieti: 1569 esuberi. Massiah: “Inevitabili”
Lobby
Entro il 2020 la banca vuole ridurre di circa 200 milioni gli oneri operativi dell tre good bank attraverso una drastica riduzione dell’organico (-32% rispetto al 2016), il taglio di 140 filiali e l’ottimizzazione delle altre spese amministrative
di F. Q. | 11 maggio 2017
commenti (104)
219
Più informazioni su: Ubi
Ubi Banca prevede di tagliare di circa un terzo il personale di Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti. Entro il 2020 l’istituto lombardo vuole infatti ridurre di circa 200 milioni gli oneri operativi delle tre good bank sopravvissute alla risoluzione degli istituti popolari in dissesto del novembre 2015 e da poco rilevate da Ubi. Il taglio avverrà con una riduzione dell’organico di 1.569 risorse (-32% rispetto al 2016), il taglio di 140 filiali e l’ottimizzazione delle altre spese amministrative. Il consigliere delegato di Ubi, Victor Massiah, considera “inevitabili” i tagli – previsti nell’aggiornamento del piano industriale – perché i tre istituti “giungono da un contesto di grande crisi, di grande difficoltà, che implica inevitabilmente delle azioni cosiddette di turnaround che vanno innanzitutto a incidere sulla struttura dei costi e sulla qualità del credito”.
Per questo motivo serviranno “importanti riorganizzazioni, ci saranno delle uscite di personale inevitabili e allo stesso tempo, però, la pulizia che è stata fatta sulla situazione del credito non performante migliorerà nettamente il costo del rischio”. Risparmi sui costi arriveranno dall’estensione del sistema informativo di Ubi alle tre banche e dalla riduzione del costo della raccolta. L’acquisto delle tre banche rappresenta “una operazione importante che mantiene l’obiettivo che ci eravamo dati all’inizio di arrivare a oltre 100 milioni di utili apportati dal gruppo delle tre banche” al termine della “cura”.
Andando oltre le tre good bank, l’aggiornamento del piano di Ubi prevede a livello di gruppo l’uscita di circa 4mila risorse, di cui 2.170 con accesso al fondo di solidarietà e l’ingresso di circa 900 persone in arco di piano (oltre un quarto già assunti nei primi mesi del 2017) in aggiunta alle circa 200 risorse assunte nella seconda parte del 2016. Complessivamente è previsto un “forte ricambio generazionale” con un saldo negativo, tra ingressi e uscite, di “circa 3.000 risorse”. Il passaggio alla banca unica comporterà la chiusura di circa 370 punti vendita, di cui 140 nell’ambito del perimetro delle good bank.
L’istituito punta a un utile di 1,12 miliardi di euro al 2020, con un un ritorno sul capitale tangibile del 12% e un Cet1, indicatore di solidità patrimoniale, superiore al 13%. Il piano di incorporazione delle tre good bank sarà “estremamente rapido, con la prima migrazione”, di Banca Marche e Cassa di Risparmio di Loreto, in programma “entro fine ottobre”. Prevista una “solida politica di dividendi” con “la distribuzione del 40% circa dell’utile ordinario”.
Ubi Banca ha chiuso il primo trimestre dell’anno con un utile netto di 67 milioni di euro, in crescita del 59,4% rispetto al primo trimestre del 2016, nonostante un’ulteriore svalutazione del Fondo Atlante per 13,5 milioni, oneri relativi al Progetto Banca Unica per 4,6 milioni e spese progettuali relative all’acquisto delle tre good bank per 1,1 milioni. Il risultato della gestione operativa si attesta a 276,1 milioni, in crescita del 12,6% (e del 49,1% rispetto all’ultimo trimestre del 2016)), grazie a una ripresa dei proventi operativi (+3,3%) e a un calo dell’1,1% degli oneri operativi mentre scendono del 13,2% le rettifiche su crediti, pari a 134,8 milioni nel trimestre.
6 ore fa
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Eurozona, la ripresa c'è
ma l'Italia resta ultima
Raffaello Binelli
^^
Eurozona, la ripresa c'è. Ma l'Italia continua ad arrancare
Buona crescita nell’Eurozona secondo le previsioni di Bruxelles. Per l’Italia però le cose non vanno bene, la crescita è molto lenta. Tra le cause l'incertezza politica e del settore bancario
Raffaello Binelli - Gio, 11/05/2017 - 12:46
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Ubi Banca, previsto taglio del personale di Etruria, Marche e Carichieti: 1569 esuberi. Massiah: “Inevitabili”
Lobby
Entro il 2020 la banca vuole ridurre di circa 200 milioni gli oneri operativi dell tre good bank attraverso una drastica riduzione dell’organico (-32% rispetto al 2016), il taglio di 140 filiali e l’ottimizzazione delle altre spese amministrative
di F. Q. | 11 maggio 2017
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Più informazioni su: Ubi
Ubi Banca prevede di tagliare di circa un terzo il personale di Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti. Entro il 2020 l’istituto lombardo vuole infatti ridurre di circa 200 milioni gli oneri operativi delle tre good bank sopravvissute alla risoluzione degli istituti popolari in dissesto del novembre 2015 e da poco rilevate da Ubi. Il taglio avverrà con una riduzione dell’organico di 1.569 risorse (-32% rispetto al 2016), il taglio di 140 filiali e l’ottimizzazione delle altre spese amministrative. Il consigliere delegato di Ubi, Victor Massiah, considera “inevitabili” i tagli – previsti nell’aggiornamento del piano industriale – perché i tre istituti “giungono da un contesto di grande crisi, di grande difficoltà, che implica inevitabilmente delle azioni cosiddette di turnaround che vanno innanzitutto a incidere sulla struttura dei costi e sulla qualità del credito”.
Per questo motivo serviranno “importanti riorganizzazioni, ci saranno delle uscite di personale inevitabili e allo stesso tempo, però, la pulizia che è stata fatta sulla situazione del credito non performante migliorerà nettamente il costo del rischio”. Risparmi sui costi arriveranno dall’estensione del sistema informativo di Ubi alle tre banche e dalla riduzione del costo della raccolta. L’acquisto delle tre banche rappresenta “una operazione importante che mantiene l’obiettivo che ci eravamo dati all’inizio di arrivare a oltre 100 milioni di utili apportati dal gruppo delle tre banche” al termine della “cura”.
Andando oltre le tre good bank, l’aggiornamento del piano di Ubi prevede a livello di gruppo l’uscita di circa 4mila risorse, di cui 2.170 con accesso al fondo di solidarietà e l’ingresso di circa 900 persone in arco di piano (oltre un quarto già assunti nei primi mesi del 2017) in aggiunta alle circa 200 risorse assunte nella seconda parte del 2016. Complessivamente è previsto un “forte ricambio generazionale” con un saldo negativo, tra ingressi e uscite, di “circa 3.000 risorse”. Il passaggio alla banca unica comporterà la chiusura di circa 370 punti vendita, di cui 140 nell’ambito del perimetro delle good bank.
L’istituito punta a un utile di 1,12 miliardi di euro al 2020, con un un ritorno sul capitale tangibile del 12% e un Cet1, indicatore di solidità patrimoniale, superiore al 13%. Il piano di incorporazione delle tre good bank sarà “estremamente rapido, con la prima migrazione”, di Banca Marche e Cassa di Risparmio di Loreto, in programma “entro fine ottobre”. Prevista una “solida politica di dividendi” con “la distribuzione del 40% circa dell’utile ordinario”.
Ubi Banca ha chiuso il primo trimestre dell’anno con un utile netto di 67 milioni di euro, in crescita del 59,4% rispetto al primo trimestre del 2016, nonostante un’ulteriore svalutazione del Fondo Atlante per 13,5 milioni, oneri relativi al Progetto Banca Unica per 4,6 milioni e spese progettuali relative all’acquisto delle tre good bank per 1,1 milioni. Il risultato della gestione operativa si attesta a 276,1 milioni, in crescita del 12,6% (e del 49,1% rispetto all’ultimo trimestre del 2016)), grazie a una ripresa dei proventi operativi (+3,3%) e a un calo dell’1,1% degli oneri operativi mentre scendono del 13,2% le rettifiche su crediti, pari a 134,8 milioni nel trimestre.
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Re: IL LAVORO
...STATE BUONI..... SE POTETE......
San Filippo Neri
Lavoro, nel primo trimestre -92% di nuovi contratti stabili rispetto allo stesso periodo del 2015 (con gli sgravi)
Lavoro & Precari
Attivazioni e trasformazioni sono state 398.866, ma sottraendo le cessazioni restano 17.500 rapporti di lavoro aggiuntivi. Contro i 214.765 nuovi contratti "netti" attivati nel primo anno di decontribuzione totale voluta dal governo Renzi. Salgono poi del 14,4%, a oltre 18mila, i licenziamenti per giusta causa. A marzo +12% le domande di disoccupazione
di F. Q. | 18 maggio 2017
commenti (90)
1,1 mila
Più informazioni su: Contributi, Inps, Lavoro
Finiti gli sgravi contributivi, crollano i nuovi contratti a tempo indeterminato. La tendenza, emersa già lo scorso anno, è conclamata nei dati dell’Osservatorio Inps sul precariato relativi ai primi tre mesi del 2017, anno in cui gli incentivi alle assunzioni voluti da Matteo Renzi si sono azzerati. Nel primo trimestre i nuovi contratti stabili, incluse le trasformazioni da apprendistato o da contratti a termine, sono stati 398.866, ma il saldo tra i nuovi posti e le cessazioni di contratti stabili è stato di 17.537 contro i 41.731 dello stesso periodo dello scorso anno, quando gli sgravi c’erano ancora pur se in forma ridotta, e i 214.765 nuovi contratti “netti” (612.158 attivazioni meno 397.393 cessazioni) attivati nel primo trimestre 2015. Un crollo del 91,8 per cento. Finiti gli incentivi, insomma, le imprese hanno invertito la rotta tornando ad orientarsi sui contratti a termine, esattamente come prima del Jobs Act e della legge di Stabilità per il 2016.
Nel periodo preso in esame le assunzioni fatte dai datori di lavoro privati sono risultate 1.439.000, in aumento del 9,6% rispetto a gennaio-marzo 2016. Ma il maggior contributo è dovuto alle assunzioni di apprendisti (+29,5%) e a quelle a tempo determinato (+16,5%), mentre sono diminuite quelle a tempo indeterminato (-7,6%). Significativa anche la crescita dei contratti di somministrazione (+14,4%). Le cessazioni nel complesso sono state 1.117.000, in aumento rispetto all’anno precedente (+6,6%). A crescere sono le cessazioni di rapporti a termine (+12,5%), mentre quelle di rapporti a tempo indeterminato sono leggermente in diminuzione (-2,1%).
L’osservatorio rileva anche che nei primi tre mesi dell’anno le aziende italiane hanno intimato 143.225 licenziamenti, con un aumento del 2,8% sullo stesso periodo del 2016. Ma se si guarda ai licenziamenti per giusta causa, quelli sui quali è intervenuto il Jobs Act di fatto cancellando il reintegro in azienda in caso di allontanamento illegittimo nelle aziende oltre i 15 dipendenti, l’aumento è stato del 14,4%, da 16.004 a 18.349. Rispetto al 2015, quando i licenziamenti disciplinari furono 12.705, l’aumento è stato del 44,39%. Nelle aziende con oltre 15 dipendenti i licenziamenti per motivi disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) tra gennaio e marzo 2017 sono stati 8.758 a fronte dei 6.545 dello stesso periodo 2016 (+29,3%) e dei 5.027 dei primi tre mesi 2015 (+68,45%).
Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, a marzo sono state presentate 111.334 domande di disoccupazione, in crescita del 12% rispetto alle 99.435 domande dello stesso mese dello scorso anno. Sono state presentate 15 domande di Aspi, 4 di mini Aspi e 109.823 domande di Naspi. Nello stesso mese sono state inoltrate 353 domande di disoccupazione e 1.139 domande di mobilità.
San Filippo Neri
Lavoro, nel primo trimestre -92% di nuovi contratti stabili rispetto allo stesso periodo del 2015 (con gli sgravi)
Lavoro & Precari
Attivazioni e trasformazioni sono state 398.866, ma sottraendo le cessazioni restano 17.500 rapporti di lavoro aggiuntivi. Contro i 214.765 nuovi contratti "netti" attivati nel primo anno di decontribuzione totale voluta dal governo Renzi. Salgono poi del 14,4%, a oltre 18mila, i licenziamenti per giusta causa. A marzo +12% le domande di disoccupazione
di F. Q. | 18 maggio 2017
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Finiti gli sgravi contributivi, crollano i nuovi contratti a tempo indeterminato. La tendenza, emersa già lo scorso anno, è conclamata nei dati dell’Osservatorio Inps sul precariato relativi ai primi tre mesi del 2017, anno in cui gli incentivi alle assunzioni voluti da Matteo Renzi si sono azzerati. Nel primo trimestre i nuovi contratti stabili, incluse le trasformazioni da apprendistato o da contratti a termine, sono stati 398.866, ma il saldo tra i nuovi posti e le cessazioni di contratti stabili è stato di 17.537 contro i 41.731 dello stesso periodo dello scorso anno, quando gli sgravi c’erano ancora pur se in forma ridotta, e i 214.765 nuovi contratti “netti” (612.158 attivazioni meno 397.393 cessazioni) attivati nel primo trimestre 2015. Un crollo del 91,8 per cento. Finiti gli incentivi, insomma, le imprese hanno invertito la rotta tornando ad orientarsi sui contratti a termine, esattamente come prima del Jobs Act e della legge di Stabilità per il 2016.
Nel periodo preso in esame le assunzioni fatte dai datori di lavoro privati sono risultate 1.439.000, in aumento del 9,6% rispetto a gennaio-marzo 2016. Ma il maggior contributo è dovuto alle assunzioni di apprendisti (+29,5%) e a quelle a tempo determinato (+16,5%), mentre sono diminuite quelle a tempo indeterminato (-7,6%). Significativa anche la crescita dei contratti di somministrazione (+14,4%). Le cessazioni nel complesso sono state 1.117.000, in aumento rispetto all’anno precedente (+6,6%). A crescere sono le cessazioni di rapporti a termine (+12,5%), mentre quelle di rapporti a tempo indeterminato sono leggermente in diminuzione (-2,1%).
L’osservatorio rileva anche che nei primi tre mesi dell’anno le aziende italiane hanno intimato 143.225 licenziamenti, con un aumento del 2,8% sullo stesso periodo del 2016. Ma se si guarda ai licenziamenti per giusta causa, quelli sui quali è intervenuto il Jobs Act di fatto cancellando il reintegro in azienda in caso di allontanamento illegittimo nelle aziende oltre i 15 dipendenti, l’aumento è stato del 14,4%, da 16.004 a 18.349. Rispetto al 2015, quando i licenziamenti disciplinari furono 12.705, l’aumento è stato del 44,39%. Nelle aziende con oltre 15 dipendenti i licenziamenti per motivi disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) tra gennaio e marzo 2017 sono stati 8.758 a fronte dei 6.545 dello stesso periodo 2016 (+29,3%) e dei 5.027 dei primi tre mesi 2015 (+68,45%).
Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, a marzo sono state presentate 111.334 domande di disoccupazione, in crescita del 12% rispetto alle 99.435 domande dello stesso mese dello scorso anno. Sono state presentate 15 domande di Aspi, 4 di mini Aspi e 109.823 domande di Naspi. Nello stesso mese sono state inoltrate 353 domande di disoccupazione e 1.139 domande di mobilità.
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Re: IL LAVORO
.....PIU' FAI PORCATE E CERTI ITALIANI TI APPREZZANO........
18 mag 2017 13:52
SALUTAME IL JOBS ACT! DOVEVA GARANTIRE IL POSTO SICURO INVECE SONO DIMEZZATE LE ASSUNZIONI STABILI. QUELLE FISSE SONO SCESE A 17 MILA. SONO 322 MILA I NUOVI POSTI DI LAVORO, MA TUTTI PRECARI
– SVELATO L’ARCANO: LE IMPRESE ASSUMEVANO SOLO PER GLI SGRAVI FISCALI DEL 2015
MA COS'E'??????? IL QUINTO SEGRETO DI FATIMA, CHE LE IMPRESE ASSUMEVANO SOLO PER GLI SGRAVI FISCALI???? (ndt)
Da la Repubblica
Saldo positivo tra assunzioni e licenziamenti nei primi tre mesi dell'anno, ma con i contratti a termine che si confermano sempre più determinanti a fronte di una inchiodata di quelli stabili, che ormai da tempo non godono più dell'incentivo della piena decontribuzione.
Secondo i dati dell'Inps la variazione dei posti di lavoro è positiva di 322.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2016, quando era stato registrato un +266.000 posti. Ma se si guarda ai soli contratti stabili, nei primi tre mesi del 2017 sono stati attivati quasi 400mila contratti a tempo indeterminato (398.866 per la precisione, comprese le trasformazioni) con un calo del 7,4% sullo stesso periodo del 2016.
Considerando poi che le cessazioni di contratti stabili nello stesso periodo sono state 381.329, il saldo dei "nuovi" posti fissi resta attivo per 17.537 unità. E' un risultato ben magro se confrontato al saldo positivo di 41.731 dei primi tre mesi 2016 e del boom di 214.765 contratti dei tre mesi 2015, quando erano previsti sgravi contributivi totali.
L'aggiornamento dell'Istituto della previdenza permette anche di tracciare un saldo annualizzato, ovvero la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi: nel complesso di tutti i contratti, alla fine del primo trimestre del 2017 risulta positivo per 379.000 unità.
Anche questo numero si può scomporre e conferma la dinamica dei mesi scorsi: da quando è finita la decontribuzione per le nuove assunzioni - valida nel 2015 a pieno regime, poi calata - l'attenzione degli imprenditori è tornata a spostarsi sui contratti a termine. Il risultato complessivo cumula infatti la crescita tendenziale dei contratti a tempo indeterminato (+22.000), dei contratti di apprendistato (+40.000) e, soprattutto, dei contratti a tempo determinato (+315.000, inclusi i contratti stagionali).
Sempre nell'ambito del tempo indeterminato, il numero complessivo dei licenziamenti del trimestre è stato di 143.200, in leggero aumento rispetto al dato di gennaio-marzo 2016 (+2,9%); significativa la contrazione delle dimissioni: -3,5% rispetto a gennaio-marzo 2016. Sulla distribuzione delle cause di cessazione tra licenziamenti e dimissioni, ha significativamente inciso l’obbligo della presentazione on line delle dimissioni, introdotto a marzo 2016, dice l'Inps.
Quanto infine alla composizione dei nuovi rapporti di lavoro in base alla retribuzione mensile, si registra, per le assunzioni a tempo indeterminato intervenute a gennaio-marzo 2017, una riduzione della quota di retribuzioni inferiori a 1.500 euro (32,7% contro 35,4% di gennaio-marzo 2016).
18 mag 2017 13:52
SALUTAME IL JOBS ACT! DOVEVA GARANTIRE IL POSTO SICURO INVECE SONO DIMEZZATE LE ASSUNZIONI STABILI. QUELLE FISSE SONO SCESE A 17 MILA. SONO 322 MILA I NUOVI POSTI DI LAVORO, MA TUTTI PRECARI
– SVELATO L’ARCANO: LE IMPRESE ASSUMEVANO SOLO PER GLI SGRAVI FISCALI DEL 2015
MA COS'E'??????? IL QUINTO SEGRETO DI FATIMA, CHE LE IMPRESE ASSUMEVANO SOLO PER GLI SGRAVI FISCALI???? (ndt)
Da la Repubblica
Saldo positivo tra assunzioni e licenziamenti nei primi tre mesi dell'anno, ma con i contratti a termine che si confermano sempre più determinanti a fronte di una inchiodata di quelli stabili, che ormai da tempo non godono più dell'incentivo della piena decontribuzione.
Secondo i dati dell'Inps la variazione dei posti di lavoro è positiva di 322.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2016, quando era stato registrato un +266.000 posti. Ma se si guarda ai soli contratti stabili, nei primi tre mesi del 2017 sono stati attivati quasi 400mila contratti a tempo indeterminato (398.866 per la precisione, comprese le trasformazioni) con un calo del 7,4% sullo stesso periodo del 2016.
Considerando poi che le cessazioni di contratti stabili nello stesso periodo sono state 381.329, il saldo dei "nuovi" posti fissi resta attivo per 17.537 unità. E' un risultato ben magro se confrontato al saldo positivo di 41.731 dei primi tre mesi 2016 e del boom di 214.765 contratti dei tre mesi 2015, quando erano previsti sgravi contributivi totali.
L'aggiornamento dell'Istituto della previdenza permette anche di tracciare un saldo annualizzato, ovvero la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi: nel complesso di tutti i contratti, alla fine del primo trimestre del 2017 risulta positivo per 379.000 unità.
Anche questo numero si può scomporre e conferma la dinamica dei mesi scorsi: da quando è finita la decontribuzione per le nuove assunzioni - valida nel 2015 a pieno regime, poi calata - l'attenzione degli imprenditori è tornata a spostarsi sui contratti a termine. Il risultato complessivo cumula infatti la crescita tendenziale dei contratti a tempo indeterminato (+22.000), dei contratti di apprendistato (+40.000) e, soprattutto, dei contratti a tempo determinato (+315.000, inclusi i contratti stagionali).
Sempre nell'ambito del tempo indeterminato, il numero complessivo dei licenziamenti del trimestre è stato di 143.200, in leggero aumento rispetto al dato di gennaio-marzo 2016 (+2,9%); significativa la contrazione delle dimissioni: -3,5% rispetto a gennaio-marzo 2016. Sulla distribuzione delle cause di cessazione tra licenziamenti e dimissioni, ha significativamente inciso l’obbligo della presentazione on line delle dimissioni, introdotto a marzo 2016, dice l'Inps.
Quanto infine alla composizione dei nuovi rapporti di lavoro in base alla retribuzione mensile, si registra, per le assunzioni a tempo indeterminato intervenute a gennaio-marzo 2017, una riduzione della quota di retribuzioni inferiori a 1.500 euro (32,7% contro 35,4% di gennaio-marzo 2016).
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Re: IL LAVORO
....IN FONDO AL POZZO NERO,...A DESTRA,.....SOTTO LE MACERIE......
Lavoro & Precari | Di V. Valentini
Voucher, l’emendamento governo-Pd
Tetto di 2.500 euro l’anno per datore
di lavoro. Mdp: “Rimane invotabile”
Lavoro & Precari | Di V. Valentini
Voucher, l’emendamento governo-Pd
Tetto di 2.500 euro l’anno per datore
di lavoro. Mdp: “Rimane invotabile”
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Re: IL LAVORO
Voucher, Mdp contro il Pd: “Misura colma, noi fuori dalla maggioranza. Hanno deciso di far cadere il governo”
di F. Q. | 25 maggio 2017
Politica
Il relatore della "manovrina" Mauro Guerra pronto a presentare la reintroduzione dei buoni-lavoro per le micro-imprese. Gli ex democratici infuriati: "Decidono di far cadere l'esecutivo". Il dem Rosato: "Sono irresponsabili, non sono voucher". Il no arriva anche da una parte di Pd con Damiano: "Non condivido". Senza Articolo 1 voto sul filo al Senato
di F. Q. | 25 maggio 2017
511
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Più informazioni su: PD, Referendum Voucher 2017, Voucher
Li avevano tolti facendo saltare il referendum voluto dalla Cgil e già fissato per il 28 maggio, cioè tra tre giorni. Ora, però, i voucher ritornano. Hanno un altro nome, saranno limitati ad alcuni contesti, ma sono pur sempre buoni-lavoro. Una decisione che formalmente non passerà dal governo, ma dall’iniziativa parlamentare, nel senso che l’emendamento alla manovrina – quella che è servita a dire all’Europa che i conti stanno tornando a posto – sarà iniziativa del relatore Mauro Guerra (Pd) e non dell’esecutivo. Ma la sostanza non cambia e fa imbestialire un pezzo cospicuo della maggioranza, cioè Articolo 1-Mdp, il gruppo dei fuoriusciti del Pd. “Hanno deciso di far cadere il governo” dice Arturo Scotto. “Usciremo dalla maggioranza” ribadisce il capogruppo alla Camera Francesco Laforgia. La risposta è del capogruppo del Pd a Montecitorio, Ettore Rosato, che ributta la palla dall’altra parte del campo, sul filo della provocazione, dell’affronto: “Escludo – dice – che Mdp faccia cadere il governo sulla manovra di stabilizzazione della finanza pubblica richiesta dall’Europa e che loro avevano sempre invocato. Sarebbe da irresponsabili e spiace che questa polemica avvenga nel giorno del G7 quando dobbiamo garantire tutto il sostegno della nostra maggioranza a Paolo Gentiloni“.
Il Pd tra i fuochi di Mdp e Ap
Ma per Laforgia “la misura è colma”. “Vogliono andare avanti sui voucher per le imprese – sottolinea – prendendo in giro milioni di italiani che hanno firmato per i referendum Cgil annullati dopo che i voucher sono stati cancellati con un tratto di penna”. Oltre che la sostanza, il problema è anche il modo in cui il Partito democratico sta gestendo questa operazione. “È un modo di fare inaccettabile sul piano democratico. L’epilogo di questa legislatura rischia di essere la sintesi perfetta di quella infinita serie di strappi consumati in questi anni“. Il punto è politico perché la mossa del Pd è per cautelarsi a destra, perché è Alternativa Popolare di Angelino Alfano a chiedere strumenti per le imprese. “È necessario fare ancora di più e introdurre i voucher per tutte le aziende e non limitarli solo alle famiglie e alle micro imprese – dice infatti la portavoce di Ap, Valentina
Castaldini definendo con qualche azzardo “estremisti” i bersaniani – Sono uno strumento che favorisce l’emersione del nero e in alcuni settori sono vitali. Non cederemo ai ricatti ideologici e alle minacce della sinistra estremista che vuole abbattere le riforme liberali”.
La miccia che pare mettere a rischio la stabilità del governo è stata proprio l’annuncio di Rosato di reintrodurre il lavoro occasionale non solo per le famiglie ma anche per le piccole imprese. “Anche la sentenza della Corte – ha detto Rosato – che ha ammesso il referendum sui voucher, ha detto che comunque il lavoro occasionale aveva bisogno di una norma, e noi stiamo riempiendo questo buco normativo”. Rosato dice di voler “tranquillizzare Laforgia”: “Nessuna norma sui voucher, c’è solo una risposta al problema delle famiglie e delle imprese, da una parte con un libretto famiglia mutuato dall’ordinamento francese e dall’altra con un nuovo contratto di lavoro per le prestazioni occasioni, così come richiesto anche dalla Corte costituzionale nell’accettare il referendum”. Così incalza il collega di Mdp: “Sono convinto che a Laforgia ci unisca la battaglia contro il lavoro nero e sono persuaso perciò che sosterrà questa misura che è una misura utile e responsabile. Per il resto non vorrei che questa fosse un’occasione ulteriore per Mdp per differenziarsi ogni volta che bisogna assumersi una responsabilità per il Paese”.
Il no anche da una parte del Pd. Damiano: “Non condivido”
Ma non è solo una questione da “bersaniani”. Il problema arriva dentro la pancia del Pd. “Non condivide” per esempio nemmeno Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro alla Camera, ex ministro del Lavoro e sostenitore di Andrea Orlando all’ultimo congresso. “Si tratta di una scelta sbagliata e contraddittoria rispetto alla recente abrogazione – spiega – Sono invece d’accordo sulla istituzione del Libretto Famiglia destinato a colmare un vuoto normativo, finalizzato all’effettuazione dei piccoli lavori domestici e di cura e per le attività no profit”. Quindi ok ai buoni-lavoro per i lavori domestici, no per le non meglio precisate “micro-imprese”. Per le imprese, spiega Damiano, “esistono già numerosi strumenti di flessibilità ai quali non è utile aggiungerne di nuovi: il lavoro a chiamata, l’interinale e il contratto a termine”. Qualsiasi altro strumento per le aziende, conclude, serve prima un confronto con le parti sociali. “Io dico fermiamoci prima di sbattere” dice un altro orlandiano, Gianni Cuperlo. L scelta del Pd, aggiunge, “è un errore. Segnerebbe una rottura profonda nel rapporto di fiducia con milioni di cittadini che hanno letto la scelta del governo sul tema come un impegno a non far rientrare dalla finestra quel che usciva dalla porta”.
Il contenuto dell’emendamento sui voucher
Nell’emendamento del relatore Guerra da inserire nella manovra, che sarà presentato tra oggi e domani, si prevede che a colmare il vuoto legislativo lasciato dall’abolizione dello strumento dei buoni di lavoro sia un provvedimento – spiega l’Adnkronos – dedicato alle aziende con meno di cinque dipendenti. I nuovi buoni di lavoro si configurano come un contratto online del valore di 12,50 euro lordi l’ora, con un tetto di 5mila euro l’anno per le aziende. Il tetto scenderebbe a 2.500 euro per il lavoratore singolo. La durata minima del voucher sarà di 4 ore. Per le imprese con più di 5 dipendenti il lavoro accessorio si configurerebbe invece come un’estensione del lavoro a chiamata senza distinzioni per fascia di età (oggi è possibile solo per gli under 25 e gli over 55).
Con la frattura Pd-Mdp, voto sul filo al Senato
La frattura Mdp-Pd rischia di avere conseguenze imprevedibili soprattutto al Senato, tanto più che in trincea non c’è solo il gruppo di Articolo 1, ma – sul fronte opposto – anche Alternativa Popolare di Angelino Alfano che spinge per così dire da destra. Al momento la proposta del Pd vedrebbe al Senato, in teoria, una maggioranza a quota 160 su 320. Nell’ambito dei partiti che sostengono il governo ad approvare il reinserimento dei voucher sarebbero i 98 senatori del Pd, i 27 di Ap, i 18 del gruppo Per le Autonomie e i poco più di 15 (su 33) componenti del Misto che di solito sostengono i provvedimenti del Governo. A venir meno sarebbe invece il sì dei 15 senatori di Mdp. Sulla carta si tratterebbe di un voto sul filo con un rischio altissimo per l’intera manovrina. Anche perché il sì degli alfaniani è condizionato ad un inserimento tout court dello strumento voucher: “Farlo solo per le micro-imprese non ha senso”, avverte Maurizio Lupi. Il provvedimento, tuttavia, potrebbe registrare la convergenza anche di gruppi tradizionalmente favorevoli allo strumento dei voucher, a cominciare dai 16 esponenti di Ala, da oltre un anno salvagenti del governo in caso di emergenza rossa. E chissà se anche da Fi opti per la non belligeranza magari con qualche assenza strategica in Aula. A quel punto i margini per l’ok ai voucher e all’intera manovrina sarebbero più ampi.
di F. Q. | 25 maggio 2017
Politica
Il relatore della "manovrina" Mauro Guerra pronto a presentare la reintroduzione dei buoni-lavoro per le micro-imprese. Gli ex democratici infuriati: "Decidono di far cadere l'esecutivo". Il dem Rosato: "Sono irresponsabili, non sono voucher". Il no arriva anche da una parte di Pd con Damiano: "Non condivido". Senza Articolo 1 voto sul filo al Senato
di F. Q. | 25 maggio 2017
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Li avevano tolti facendo saltare il referendum voluto dalla Cgil e già fissato per il 28 maggio, cioè tra tre giorni. Ora, però, i voucher ritornano. Hanno un altro nome, saranno limitati ad alcuni contesti, ma sono pur sempre buoni-lavoro. Una decisione che formalmente non passerà dal governo, ma dall’iniziativa parlamentare, nel senso che l’emendamento alla manovrina – quella che è servita a dire all’Europa che i conti stanno tornando a posto – sarà iniziativa del relatore Mauro Guerra (Pd) e non dell’esecutivo. Ma la sostanza non cambia e fa imbestialire un pezzo cospicuo della maggioranza, cioè Articolo 1-Mdp, il gruppo dei fuoriusciti del Pd. “Hanno deciso di far cadere il governo” dice Arturo Scotto. “Usciremo dalla maggioranza” ribadisce il capogruppo alla Camera Francesco Laforgia. La risposta è del capogruppo del Pd a Montecitorio, Ettore Rosato, che ributta la palla dall’altra parte del campo, sul filo della provocazione, dell’affronto: “Escludo – dice – che Mdp faccia cadere il governo sulla manovra di stabilizzazione della finanza pubblica richiesta dall’Europa e che loro avevano sempre invocato. Sarebbe da irresponsabili e spiace che questa polemica avvenga nel giorno del G7 quando dobbiamo garantire tutto il sostegno della nostra maggioranza a Paolo Gentiloni“.
Il Pd tra i fuochi di Mdp e Ap
Ma per Laforgia “la misura è colma”. “Vogliono andare avanti sui voucher per le imprese – sottolinea – prendendo in giro milioni di italiani che hanno firmato per i referendum Cgil annullati dopo che i voucher sono stati cancellati con un tratto di penna”. Oltre che la sostanza, il problema è anche il modo in cui il Partito democratico sta gestendo questa operazione. “È un modo di fare inaccettabile sul piano democratico. L’epilogo di questa legislatura rischia di essere la sintesi perfetta di quella infinita serie di strappi consumati in questi anni“. Il punto è politico perché la mossa del Pd è per cautelarsi a destra, perché è Alternativa Popolare di Angelino Alfano a chiedere strumenti per le imprese. “È necessario fare ancora di più e introdurre i voucher per tutte le aziende e non limitarli solo alle famiglie e alle micro imprese – dice infatti la portavoce di Ap, Valentina
Castaldini definendo con qualche azzardo “estremisti” i bersaniani – Sono uno strumento che favorisce l’emersione del nero e in alcuni settori sono vitali. Non cederemo ai ricatti ideologici e alle minacce della sinistra estremista che vuole abbattere le riforme liberali”.
La miccia che pare mettere a rischio la stabilità del governo è stata proprio l’annuncio di Rosato di reintrodurre il lavoro occasionale non solo per le famiglie ma anche per le piccole imprese. “Anche la sentenza della Corte – ha detto Rosato – che ha ammesso il referendum sui voucher, ha detto che comunque il lavoro occasionale aveva bisogno di una norma, e noi stiamo riempiendo questo buco normativo”. Rosato dice di voler “tranquillizzare Laforgia”: “Nessuna norma sui voucher, c’è solo una risposta al problema delle famiglie e delle imprese, da una parte con un libretto famiglia mutuato dall’ordinamento francese e dall’altra con un nuovo contratto di lavoro per le prestazioni occasioni, così come richiesto anche dalla Corte costituzionale nell’accettare il referendum”. Così incalza il collega di Mdp: “Sono convinto che a Laforgia ci unisca la battaglia contro il lavoro nero e sono persuaso perciò che sosterrà questa misura che è una misura utile e responsabile. Per il resto non vorrei che questa fosse un’occasione ulteriore per Mdp per differenziarsi ogni volta che bisogna assumersi una responsabilità per il Paese”.
Il no anche da una parte del Pd. Damiano: “Non condivido”
Ma non è solo una questione da “bersaniani”. Il problema arriva dentro la pancia del Pd. “Non condivide” per esempio nemmeno Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro alla Camera, ex ministro del Lavoro e sostenitore di Andrea Orlando all’ultimo congresso. “Si tratta di una scelta sbagliata e contraddittoria rispetto alla recente abrogazione – spiega – Sono invece d’accordo sulla istituzione del Libretto Famiglia destinato a colmare un vuoto normativo, finalizzato all’effettuazione dei piccoli lavori domestici e di cura e per le attività no profit”. Quindi ok ai buoni-lavoro per i lavori domestici, no per le non meglio precisate “micro-imprese”. Per le imprese, spiega Damiano, “esistono già numerosi strumenti di flessibilità ai quali non è utile aggiungerne di nuovi: il lavoro a chiamata, l’interinale e il contratto a termine”. Qualsiasi altro strumento per le aziende, conclude, serve prima un confronto con le parti sociali. “Io dico fermiamoci prima di sbattere” dice un altro orlandiano, Gianni Cuperlo. L scelta del Pd, aggiunge, “è un errore. Segnerebbe una rottura profonda nel rapporto di fiducia con milioni di cittadini che hanno letto la scelta del governo sul tema come un impegno a non far rientrare dalla finestra quel che usciva dalla porta”.
Il contenuto dell’emendamento sui voucher
Nell’emendamento del relatore Guerra da inserire nella manovra, che sarà presentato tra oggi e domani, si prevede che a colmare il vuoto legislativo lasciato dall’abolizione dello strumento dei buoni di lavoro sia un provvedimento – spiega l’Adnkronos – dedicato alle aziende con meno di cinque dipendenti. I nuovi buoni di lavoro si configurano come un contratto online del valore di 12,50 euro lordi l’ora, con un tetto di 5mila euro l’anno per le aziende. Il tetto scenderebbe a 2.500 euro per il lavoratore singolo. La durata minima del voucher sarà di 4 ore. Per le imprese con più di 5 dipendenti il lavoro accessorio si configurerebbe invece come un’estensione del lavoro a chiamata senza distinzioni per fascia di età (oggi è possibile solo per gli under 25 e gli over 55).
Con la frattura Pd-Mdp, voto sul filo al Senato
La frattura Mdp-Pd rischia di avere conseguenze imprevedibili soprattutto al Senato, tanto più che in trincea non c’è solo il gruppo di Articolo 1, ma – sul fronte opposto – anche Alternativa Popolare di Angelino Alfano che spinge per così dire da destra. Al momento la proposta del Pd vedrebbe al Senato, in teoria, una maggioranza a quota 160 su 320. Nell’ambito dei partiti che sostengono il governo ad approvare il reinserimento dei voucher sarebbero i 98 senatori del Pd, i 27 di Ap, i 18 del gruppo Per le Autonomie e i poco più di 15 (su 33) componenti del Misto che di solito sostengono i provvedimenti del Governo. A venir meno sarebbe invece il sì dei 15 senatori di Mdp. Sulla carta si tratterebbe di un voto sul filo con un rischio altissimo per l’intera manovrina. Anche perché il sì degli alfaniani è condizionato ad un inserimento tout court dello strumento voucher: “Farlo solo per le micro-imprese non ha senso”, avverte Maurizio Lupi. Il provvedimento, tuttavia, potrebbe registrare la convergenza anche di gruppi tradizionalmente favorevoli allo strumento dei voucher, a cominciare dai 16 esponenti di Ala, da oltre un anno salvagenti del governo in caso di emergenza rossa. E chissà se anche da Fi opti per la non belligeranza magari con qualche assenza strategica in Aula. A quel punto i margini per l’ok ai voucher e all’intera manovrina sarebbero più ampi.
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Re: IL LAVORO
...EFFETTO ELEZIONI ANTICIPATE........
COME TI COMPRO L'ELETTORE TRICOLORE
Pensioni, a luglio la 14esima: a quanto ammonta e chi la riceverà
1/7
Leggo
4 ore fa
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A ribadirlo, qualche giorno fa, è stata la sottosegretaria Maria Elena Boschi, in un messaggio pubblicato su Facebook. Per i pensionati, ha scritto l'ex ministra, "a luglio arriverà la quattordicesima assicurata dall'ultima legge di bilancio". Tra poco più di un mese agli aventi diritto verrà accreditata nel rateo di luglio 2017 la quattordicesima mensilità. Chi ha compiuto 64 anni e ha redditi compresi tra 1,5 e 2 volte il trattamento minimo, specifica l'Inps nella circolare n. 1366/2017, potrà godere della somma aggiuntiva, pari fino a 655 euro.
Pensioni, a luglio la 14esima: ecco a quanto ammonta e chi la riceverà© Internet (altro) Pensioni, a luglio la 14esima: ecco a quanto ammonta e chi la riceverà
Chi può beneficiare della quattordicesima? Tra le principali novità introdotte dall'ultima legge di bilancio (legge n. 232/2016) c'è l'ampliamento della platea dei soggetti interessati dalla quattordicesima. La prestazione previdenziale riguarderà non solo i soggetti che hanno un reddito individuale non superiore a 1,5 volte il trattamento minimo, ma anche gli ultra sessantaquattrenni in possesso di un reddito tra 1,5 e 2 volte il trattamento minimo, ossia fino a 13.049,14 euro.
Quanto percepiranno i pensionati? Per il 2017 sono previste diverse fasce. I pensionati che presentano redditi fino a 1,5 volte il trattamento minimo, pari a 9.786,86 euro annui e che usufruivano già della quattordicesima, hanno diritto a 437 euro (fino a 15 anni di contributi per i lavoratori dipendenti), a 546 euro (tra i 15 e i 25 anni di contributi) e a 655 euro (oltre 25 anni di contributi per il lavoro dipendente e 28 per quello autonomo).
Anche ai pensionati che sono in possesso di redditi da 1,5 a 2 volte il minimo, verrà corrisposta una somma variabile, in rapporto ai contributi versati. 336 euro fino a 15 anni di contributi, 420 euro tra 15 e 25 anni di contributi, 504 euro con contributi oltre 25 anni. Queste cifre valgono per i pensionati da lavoro dipendente, mentre per i lavoratori autonomi vanno aggiunti tre anni in più di contributi.
Quando scatteranno i pagamenti? "Il pagamento - si legge nella circolare dell'Inps - verrà effettuato d'ufficio per i pensionati di tutte le gestioni unitamente al rateo di pensione di luglio 2017 ovvero di dicembre 2017 per coloro che perfezionano il requisito anagrafico nel secondo semestre dell'anno 2017".
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Chi può beneficiare della quattordicesima? Tra le principali novità introdotte dall'ultima legge di bilancio (legge n. 232/2016) c'è l'ampliamento della platea dei soggetti interessati dalla quattordicesima. La prestazione previdenziale riguarderà non solo i soggetti che hanno un reddito individuale non superiore a 1,5 volte il trattamento minimo, ma anche gli ultra sessantaquattrenni in possesso di un reddito tra 1,5 e 2 volte il trattamento minimo, ossia fino a 13.049,14 euro.
Quanto percepiranno i pensionati? Per il 2017 sono previste diverse fasce. I pensionati che presentano redditi fino a 1,5 volte il trattamento minimo, pari a 9.786,86 euro annui e che usufruivano già della quattordicesima, hanno diritto a 437 euro (fino a 15 anni di contributi per i lavoratori dipendenti), a 546 euro (tra i 15 e i 25 anni di contributi) e a 655 euro (oltre 25 anni di contributi per il lavoro dipendente e 28 per quello autonomo).
Anche ai pensionati che sono in possesso di redditi da 1,5 a 2 volte il minimo, verrà corrisposta una somma variabile, in rapporto ai contributi versati. 336 euro fino a 15 anni di contributi, 420 euro tra 15 e 25 anni di contributi, 504 euro con contributi oltre 25 anni. Queste cifre valgono per i pensionati da lavoro dipendente, mentre per i lavoratori autonomi vanno aggiunti tre anni in più di contributi.
Quando scatteranno i pagamenti? "Il pagamento - si legge nella circolare dell'Inps - verrà effettuato d'ufficio per i pensionati di tutte le gestioni unitamente al rateo di pensione di luglio 2017 ovvero di dicembre 2017 per coloro che perfezionano il requisito anagrafico nel secondo semestre dell'anno 2017".
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Re: IL LAVORO
....UNA VOCE DAL CONFINE DELL'UNIVERSO.....
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Papa a Genova, Francesco ai lavoratori: “Obiettivo non è reddito per tutti ma lavoro per tutti”
di F. Q. | 27 maggio 2017
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Il Papa all’Ilva di Cornigliano, in occasione della prima tappa del suo viaggio pastorale a Genova è stato accolto dagli applausi dei 3500 lavoratori presenti. Uno dei passaggi del suo discorso ha subito generato un’ondata di reazioni politiche: “L’obiettivo non è un reddito per tutti ma un lavoro per tutti. Senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti”. Lo ha detto il Papa parlando all’Ilva. “Bisogna guardare senza paura e con responsabilità alle trasformazioni tecnologiche dell’economia e non bisogna rassegnarsi all’ideologia che sta prendendo piede ovunque, che solo la metà o i due terzi dei lavoratori lavoreranno, gli altri invece mantenuti da un assegno sociale”, ha aggiunto il pontefice aggiungendo: “Senza lavoro si può sopravvivere ma per vivere occorre il lavoro”
di F. Q. | 27 maggio 2017
VIDEO:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... i/3618368/
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Re: IL LAVORO
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Disoccupazione: ma è vero che se i padri non vanno in pensione, i figli restano senza lavoro?
di Lavoce.info | 27 maggio 2017
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Le riforme pensionistiche sono la causa dell’alta disoccupazione giovanile in Italia? L’innalzamento dell’età per la pensione ha avuto effetti negativi sull’occupazione giovanile, almeno a livello locale. Il discorso è diverso quando l’economia cresce.
di Marco Bertoni e Giorgio Brunello (Fonte: lavoce.info)
Riforme delle pensioni e occupazione dei giovani
Negli ultimi vent’anni, l’occupazione giovanile in Italia si è ridotta in modo sostanziale. I dati dell’Indagine sulle forze di lavoro mostrano che il numero di occupati in età 16-34 anni si è ridotto da 7,5 milioni nel 1996 a 4,9 milioni nel 2015. Il declino è cominciato prima della crisi del 2008. Nello stesso periodo, l’occupazione nella classe di età 50-70 è aumentata da 3,8 a 7,3 milioni.
Candidata naturale a spiegare il contemporaneo aumento degli occupati senior e la riduzione dei giovani occupati è la sequenza di riforme pensionistiche che dal 1996 al 2011 hanno innalzato l’età minima pensionabile da 52 a più di 65 anni. In seguito alle riforme, la quota di individui in età 50-70 che riporta di essere in pensione è diminuita dal 40 per cento nel 1996 al 27,6 per cento nel 2015. Alcuni sostengono che, costringendo i lavoratori a ritirarsi più tardi, le riforme abbiano aumentato l’occupazione senior con possibili effetti negativi su quella giovanile.
Un aumento dell’occupazione senior genera per forza una riduzione dell’occupazione giovanile se il numero totale di posti di lavoro in un’economia è fisso. E non è sorprendente che gli economisti abbiano contrastato questa idea. Ma se anche consentiamo che il numero di posti non sia fisso, qual è l’evidenza empirica a sostegno del punto di vista che riforme pensionistiche che allungano la vita lavorativa danneggiano l’occupazione giovanile?
Rispondere alla domanda non è semplice, perché le riforme pensionistiche toccano tutti. È quindi difficile distinguere i loro effetti da quelli di altri eventi macroeconomici, come ad esempio l’innovazione tecnica che influenza il livello e la composizione dell’occupazione.
Dati e stime sulle province
Le riforme pensionistiche, tuttavia, non toccano tutti allo stesso modo. In particolare, il loro effetto sull’offerta di lavoro locale (ad esempio provinciale o regionale) varia a seconda della composizione per classi di età della popolazione locale. Per intenderci, indichiamo con PT la popolazione locale in età compresa tra 50 anni e l’età minima pensionabile.
La figura 1 illustra come sia cambiata PT dal 2004 al 2015 nelle province italiane a seguito delle riforme pensionistiche avvenute in quegli anni. Le aree in blu scuro sono quelle dove il cambiamento percentuale è stato maggiore e le aree chiare sono invece quelle dove il cambiamento è stato minore.
Figura 1 – Variazione provinciali di PT tra il 2004 e il 2015. Dati Istat sulle forze di lavoro
Mentre il “trattamento” rappresentato dalle riforme pensionistiche è stato lo stesso nell’intero paese, la sua intensità è stata diversa tra mercati del lavoro locali diversi. È possibile utilizzare questa variabilità per stimare l’effetto causale delle riforme pensionistiche sull’occupazione locale giovanile.
Usando dati di 102 province italiane per il periodo 2004-2015, troviamo che un aumento a livello provinciale della popolazione tra i 50 anni e l’età minima pensionabile pari a mille unità induce una riduzione dell’occupazione giovanile in età 16-34 pari a 189 unità e una riduzione dell’occupazione degli individui in età 35-49 pari a 86 unità. D’altro canto, l’occupazione per la classe di età 50-70 aumenta di 149 unità. Nel complesso, l’effetto totale è negativo e l’incremento dell’occupazione senior non è tale da compensare la riduzione dell’occupazione giovanile.
Ciò può dipendere in parte dal fatto che il periodo 2004-2015 è stato caratterizzato da occupazione complessiva stagnante e tasso di crescita del Pil vicino a zero o negativo. Per capire se gli effetti stimati valgano anche per un lasso di tempo più lungo, che contiene una fase di crescita economica e occupazionale moderata, abbiamo stimato l’effetto causale delle riforme pensionistiche sull’occupazione regionale per il periodo 1996-2015. In questo caso, l’effetto di un incremento di mille unità della popolazione locale tra i 50 anni e l’età minima pensionabile sull’occupazione giovanile è negativo, ma decisamente minore in valore assoluto. Mentre l’occupazione locale in età 16-34 e 35-49 diminuisce rispettivamente di 68 e 28 unità, l’occupazione in età 50-70 aumenta di 304 unità. Complessivamente, se si considera un periodo in cui l’economia registra anche una fase di crescita, l’effetto delle riforme sull’occupazione complessiva è positivo.
Le stime suggeriscono due cose. Da una parte, anche senza assumere che il numero di posti di lavoro sia costante, le riforme pensionistiche che hanno alzato l’età minima pensionabile hanno avuto effetti negativi sull’occupazione giovanile, quanto meno a livello locale. D’altra parte, i costi occupazionali delle riforme sono minori quando l’economia nel suo complesso cresce.
PER VEDERE CARTINA DELLE PROVINCIE:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... o/3616272/
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Re: IL LAVORO
27 mag 2017 14:21
IL SUPERMARKET DEL MONDO
- IN VENT’ANNI AMAZON HA CAMBIATO VITE, TEMPO, ALLARGATO I CONSUMI E UCCISO MOLTI LAVORI
- I NUMERI DI BEZOS: 175MILA PRODOTTI ESPOSTI, 341MILA DIPENDENTI, 45MILA ROBOT, 40 AEREI CARGO E UNA FLOTTA SPERIMENTALE DI DRONI
Ettore Livini e Filippo Santelli per “la Repubblica”
«Ciao cara, mando il drone a fare la spesa». L' era dei carrelli del supermercato stracolmi di frutta e detersivi, dei pacchi d' acqua minerale pesanti come piombo trascinati su per le scale e delle corse last minute per fare le compere prima dell' orario di chiusura è arrivata al capolinea. Il nuovo "grande magazzino del mondo" (alias il ciclone Amazon) spegne a Wall Street le candeline del suo ventesimo compleanno e si prepara a suon di record - la creatura di Jeff Bezos macina più di 600 ordini al secondo - a cambiare una volta per tutte lo shopping degli italiani. Il primo passo è stato già fatto.
Insegnandoci che non è obbligatorio scapicollarsi per gli acquisti ma che la spesa - dall'insalata al tablet, dal libro per il dopocena al cellulare per i 18 anni del figlio - può venire direttamente da noi.
Basta un clic su pc o smartphone per scegliere tra i 175mila prodotti esposti sullo scaffale virtuale del gruppo Usa e il suo eterogeneo esercito di collaboratori - 341mila dipendenti, 45mila robot, 40 aerei cargo e una flotta sperimentale di droni - si fa in quattro per consegnarci tutto a domicilio, gratis o quasi (basta pagare un abbonamento annuo di 19,99 euro) e spesso in meno di 24 ore. Tutto facile, tutto comodo.
E non a caso il Paese delle casalinghe di Voghera ha ceduto senza troppe resistenze: il sito Amazon è di gran lunga il primo negozio online italiano con 19 milioni di visitatori unici al mese. «La chiave è stata investire in tecnologia per rispondere immediatamente e in maniera semplice ai bisogni di noi consumatori», dice Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio dell' e-commerce italiano. Ridurre al minimo il tempo tra desiderio e fruizione, il momento in cui l' oggetto è nelle nostre mani. Uno standard che ormai, dicono le statistiche, chiunque faccia un acquisto si aspetta.
Al Black Friday dello scorso novembre Amazon ha venduto nella penisola 1,1 milioni di articoli in 24 ore, 763 al minuto. Questione sia di risparmio sia di scelta visto che il catalogo dei best-seller 2016 spazia dal ciuccio "night" in silicone per bebè al Cd "Comunisti con il Rolex" di J-Ax e Fedez, dall' olio di cocco biologico fino alla maschera per il viso "Fango nero".
Bezos però ha deciso di non accontentarsi. Amazon fattura 136 miliardi di dollari, chi ha investito mille dollari nel titolo a maggio 1997 se ne ritrova in tasca oggi 670mila e a Wall Street, dopo il record di ieri, vale 470 miliardi di dollari. Ma il grande fratello della distribuzione vuol provare - a ovvio fine di lucro - a conquistare il resto dell' appartamento aggiungendo al suo carrello nuovi articoli destinati a cambiare un altro pezzo della nostra quotidianità: un "segretario personale", alias un sistema per il riconoscimento vocale, in servizio 24 ore su 24 per esaudire ogni nostro ordine verbale, mostrandoci a richiesta le previsioni del tempo sul pc, suonando una canzone dei Queen o prenotandoci Uber; una serie di elettrodomestici intelligenti capaci di ordinare ammorbidente, uova o brillantante un attimo prima che finiscano; il "bottone" magico da piazzare vicino a caffettiera, dispensa o wc per comprare in tempo reale cialde, biscotti o carta igienica. Per attirare sempre più clienti sui suoi siti, Amazon sta lanciando canali tv dove trasmetterà sport (potrebbe fare un' offerta per la serie A) e film autoprodotti (ha già vinto tre Oscar con Manchester by the sea e The Salesman).
E una volta che ci avrà abituato a fare la spesa con un clic, Bezos proverà a riportarci fuori casa: a Seattle ha lanciato Go, un negozio dove si fa "login" all' ingresso e una rete di sensori riconosce gli oggetti che mettiamo nel carrello. Pagamento automatico al "checkout", l' uscita. Già registrato il relativo slogan, "Niente file e niente casse". Preparatevi.
IL SUPERMARKET DEL MONDO
- IN VENT’ANNI AMAZON HA CAMBIATO VITE, TEMPO, ALLARGATO I CONSUMI E UCCISO MOLTI LAVORI
- I NUMERI DI BEZOS: 175MILA PRODOTTI ESPOSTI, 341MILA DIPENDENTI, 45MILA ROBOT, 40 AEREI CARGO E UNA FLOTTA SPERIMENTALE DI DRONI
Ettore Livini e Filippo Santelli per “la Repubblica”
«Ciao cara, mando il drone a fare la spesa». L' era dei carrelli del supermercato stracolmi di frutta e detersivi, dei pacchi d' acqua minerale pesanti come piombo trascinati su per le scale e delle corse last minute per fare le compere prima dell' orario di chiusura è arrivata al capolinea. Il nuovo "grande magazzino del mondo" (alias il ciclone Amazon) spegne a Wall Street le candeline del suo ventesimo compleanno e si prepara a suon di record - la creatura di Jeff Bezos macina più di 600 ordini al secondo - a cambiare una volta per tutte lo shopping degli italiani. Il primo passo è stato già fatto.
Insegnandoci che non è obbligatorio scapicollarsi per gli acquisti ma che la spesa - dall'insalata al tablet, dal libro per il dopocena al cellulare per i 18 anni del figlio - può venire direttamente da noi.
Basta un clic su pc o smartphone per scegliere tra i 175mila prodotti esposti sullo scaffale virtuale del gruppo Usa e il suo eterogeneo esercito di collaboratori - 341mila dipendenti, 45mila robot, 40 aerei cargo e una flotta sperimentale di droni - si fa in quattro per consegnarci tutto a domicilio, gratis o quasi (basta pagare un abbonamento annuo di 19,99 euro) e spesso in meno di 24 ore. Tutto facile, tutto comodo.
E non a caso il Paese delle casalinghe di Voghera ha ceduto senza troppe resistenze: il sito Amazon è di gran lunga il primo negozio online italiano con 19 milioni di visitatori unici al mese. «La chiave è stata investire in tecnologia per rispondere immediatamente e in maniera semplice ai bisogni di noi consumatori», dice Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio dell' e-commerce italiano. Ridurre al minimo il tempo tra desiderio e fruizione, il momento in cui l' oggetto è nelle nostre mani. Uno standard che ormai, dicono le statistiche, chiunque faccia un acquisto si aspetta.
Al Black Friday dello scorso novembre Amazon ha venduto nella penisola 1,1 milioni di articoli in 24 ore, 763 al minuto. Questione sia di risparmio sia di scelta visto che il catalogo dei best-seller 2016 spazia dal ciuccio "night" in silicone per bebè al Cd "Comunisti con il Rolex" di J-Ax e Fedez, dall' olio di cocco biologico fino alla maschera per il viso "Fango nero".
Bezos però ha deciso di non accontentarsi. Amazon fattura 136 miliardi di dollari, chi ha investito mille dollari nel titolo a maggio 1997 se ne ritrova in tasca oggi 670mila e a Wall Street, dopo il record di ieri, vale 470 miliardi di dollari. Ma il grande fratello della distribuzione vuol provare - a ovvio fine di lucro - a conquistare il resto dell' appartamento aggiungendo al suo carrello nuovi articoli destinati a cambiare un altro pezzo della nostra quotidianità: un "segretario personale", alias un sistema per il riconoscimento vocale, in servizio 24 ore su 24 per esaudire ogni nostro ordine verbale, mostrandoci a richiesta le previsioni del tempo sul pc, suonando una canzone dei Queen o prenotandoci Uber; una serie di elettrodomestici intelligenti capaci di ordinare ammorbidente, uova o brillantante un attimo prima che finiscano; il "bottone" magico da piazzare vicino a caffettiera, dispensa o wc per comprare in tempo reale cialde, biscotti o carta igienica. Per attirare sempre più clienti sui suoi siti, Amazon sta lanciando canali tv dove trasmetterà sport (potrebbe fare un' offerta per la serie A) e film autoprodotti (ha già vinto tre Oscar con Manchester by the sea e The Salesman).
E una volta che ci avrà abituato a fare la spesa con un clic, Bezos proverà a riportarci fuori casa: a Seattle ha lanciato Go, un negozio dove si fa "login" all' ingresso e una rete di sensori riconosce gli oggetti che mettiamo nel carrello. Pagamento automatico al "checkout", l' uscita. Già registrato il relativo slogan, "Niente file e niente casse". Preparatevi.
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