Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
..ILCLIMA CHE SI RESPIRA IN ITALIA...
7 giu 2017 17:04
“FORZA NUOVA”, VECCHIO ESTREMISMO
- NELLA SEDE DI MILANO DEL PARTITINO DI DESTRA, SI CELEBRA IL COMPLEANNO DEL DIRIGENTE ETTORE SANZANNI CON UNA TORTA CON LA SVASTICA E LA SCRITTA “SIEG HEIL!” (SALUTO ALLA VITTORIA)
- IL FESTEGGIATO E’ UN SINCERO DEMOCRATICO CHE HA DEFINITO GLI IMMIGRATI “ANIMALI CHE VANNO TRATTATI DA ANIMALI”
Paolo Berizzi per www.repubblica.it
Una torta con la svastica e la scritta "Sieg Heil", il motto (letteralmente: "saluto alla vittoria") che risuonava nelle adunate naziste ai tempi del Terzo Reich. Al "Presidio" di piazza Aspromonte, sede milanese di Forza Nuova, si festeggia così. I camerati del partito di Roberto Fiore si sono ritrovati qualche giorno fa per il sessantesimo compleanno di un loro dirigente, Ettore Sanzanni, segretario provinciale di FN a Lodi: uno che la svastica ce l'ha tatuata sul braccio insieme alla scritta "Adolf Hitler" e un'aquila del Terzo Reich. Uno che ha definito gli immigrati "animali che devono essere trattati da animali" e che a Lodi ha ispirato il giro di vite sulla sicurezza (ronde, telecamere, norme anti-velo) voluta dalla giunta Forza Italia-Lega.
Al compleanno di Sanzanni c'era anche Mirko Viola detto "BioMirko", 48 anni, canturino, già componente del gruppo neonazista Stormfront che attraverso un sito incitava alla discriminazione e all'odio razziale contro gli ebrei (per questa vicenda Viola fu arrestato due volte e condannato a 2 anni e 8 mesi). Le immagini della festa al "Presidio" - con al centro la torta con la svastica e bottiglie di spumante - sono state postate sui social dai camerati della federazione forzanovista di Milano.
La sede di piazza Aspromonte è la sede operativa di FN nel capoluogo lombardo e ospita da anni incontri, dibattiti, conferenze sui temi cari all'ultradestra di matrice cattolica: le tesi revisioniste sul ventennio nazifascista, la lotta all'immigrazione, il contrasto alle teorie gender e omosessuali, l'opposizione al mondialismo economico e finanziario.
L'ultima iniziativa di Forza Nuova a Milano ("Per la sovranità in piazza") aveva sollevato molte polemiche: 14 gennaio scorso, nella piazza dell'Arco della Pace. Duecentocinquanta militanti hanno sfilato al grido "l'Italia agli italiani... L'Europa agli europei..".
La manifestazione doveva svolgersi - secondo le indicazioni di questura e prefettura - "in forma statica". In realtà i neofascisti di FN erano arrivati in piazza in corteo sventolando bandiere e gridando slogan. Era stato il sindaco Giuseppe Sala a chiedere che la prova muscolare di FN non si svolgesse: e comunque non in un luogo simbolo come l'Arco della Pace. Ma questura e prefettura avevano dato il via libera al raduno.
Proprio prendendo spunto dalla manifestazione del 14 gennaio, il deputato di Sinistra italiana, Giovanni Paglia, ha presentato un'interrogazione al ministro dell'Interno, Marco Minniti. Il parlamentare, richiamando l'attenzione su una serie di aggressioni e episodi violenti che hanno visto protagonisti negli ultimi anni esponenti di Forza Nuova, ha chiesto al governo il motivo per cui "viene ancora consentito a questa formazione politica di tenere comizi e manifestazioni nelle piazza italiane". La risposta è arrivata dal vice ministro Filippo Bubbico. Il quale ha precisato che su Forza Nuova non "risultano pronunce giurisdizionali che abbiano accertato il concretizzarsi nella fattispecie della riorganizzazione del disciolto partito fascista". Già. Ma a proposito di pronunce giurisdizionali, Bubbico pare dimenticare, però, o forse ignora, che ben due sentenze della Cassazione (2010 e 2011) hanno definito Forza Nuova una formazione "nazifascista".
Colpisce anche un altro passaggio della risposta di Bubbico: riguarda l'ammissione che "nel movimento (Forza Nuova, ndr) o in ambienti vicini a esso, sono presenti elementi inclini all'uso della violenza coinvolti in risse e aggressioni contro elementi di opposto orientamento politico e in altre condotte illegali". Ma soprattutto che tra il 2011 e il 2016 ben "240 sono stati i deferimenti all'Autorità giudiziaria e 10 gli arresti nei confronti di militanti o persone contigue a Forza Nuova".
Considerando un arco di tempo di 65 mesi - dato che siamo solo agli inizi di giugno - risulterebbero quattro episodi al mese in poco più di cinque anni, ovvero uno a settimana, che hanno comportato denunce nei confronti del partito di Fiore. "Sarebbe interessante che il ministero dell'Interno rendesse pubblici i dati complessivi dei deferimenti e degli arresti da quando Forza Nuova ha iniziato a operare nel 1997 - incalzano dall'Osservatorio sulle nuove destre -. Ma nonostante le numerose interrogazioni avanzate in questo senso, il Ministero non lo ha mai fatto. Perché? Il dubbio è che, sul tema, esista una sorta di buco nero scomodo da far conoscere".
7 giu 2017 17:04
“FORZA NUOVA”, VECCHIO ESTREMISMO
- NELLA SEDE DI MILANO DEL PARTITINO DI DESTRA, SI CELEBRA IL COMPLEANNO DEL DIRIGENTE ETTORE SANZANNI CON UNA TORTA CON LA SVASTICA E LA SCRITTA “SIEG HEIL!” (SALUTO ALLA VITTORIA)
- IL FESTEGGIATO E’ UN SINCERO DEMOCRATICO CHE HA DEFINITO GLI IMMIGRATI “ANIMALI CHE VANNO TRATTATI DA ANIMALI”
Paolo Berizzi per www.repubblica.it
Una torta con la svastica e la scritta "Sieg Heil", il motto (letteralmente: "saluto alla vittoria") che risuonava nelle adunate naziste ai tempi del Terzo Reich. Al "Presidio" di piazza Aspromonte, sede milanese di Forza Nuova, si festeggia così. I camerati del partito di Roberto Fiore si sono ritrovati qualche giorno fa per il sessantesimo compleanno di un loro dirigente, Ettore Sanzanni, segretario provinciale di FN a Lodi: uno che la svastica ce l'ha tatuata sul braccio insieme alla scritta "Adolf Hitler" e un'aquila del Terzo Reich. Uno che ha definito gli immigrati "animali che devono essere trattati da animali" e che a Lodi ha ispirato il giro di vite sulla sicurezza (ronde, telecamere, norme anti-velo) voluta dalla giunta Forza Italia-Lega.
Al compleanno di Sanzanni c'era anche Mirko Viola detto "BioMirko", 48 anni, canturino, già componente del gruppo neonazista Stormfront che attraverso un sito incitava alla discriminazione e all'odio razziale contro gli ebrei (per questa vicenda Viola fu arrestato due volte e condannato a 2 anni e 8 mesi). Le immagini della festa al "Presidio" - con al centro la torta con la svastica e bottiglie di spumante - sono state postate sui social dai camerati della federazione forzanovista di Milano.
La sede di piazza Aspromonte è la sede operativa di FN nel capoluogo lombardo e ospita da anni incontri, dibattiti, conferenze sui temi cari all'ultradestra di matrice cattolica: le tesi revisioniste sul ventennio nazifascista, la lotta all'immigrazione, il contrasto alle teorie gender e omosessuali, l'opposizione al mondialismo economico e finanziario.
L'ultima iniziativa di Forza Nuova a Milano ("Per la sovranità in piazza") aveva sollevato molte polemiche: 14 gennaio scorso, nella piazza dell'Arco della Pace. Duecentocinquanta militanti hanno sfilato al grido "l'Italia agli italiani... L'Europa agli europei..".
La manifestazione doveva svolgersi - secondo le indicazioni di questura e prefettura - "in forma statica". In realtà i neofascisti di FN erano arrivati in piazza in corteo sventolando bandiere e gridando slogan. Era stato il sindaco Giuseppe Sala a chiedere che la prova muscolare di FN non si svolgesse: e comunque non in un luogo simbolo come l'Arco della Pace. Ma questura e prefettura avevano dato il via libera al raduno.
Proprio prendendo spunto dalla manifestazione del 14 gennaio, il deputato di Sinistra italiana, Giovanni Paglia, ha presentato un'interrogazione al ministro dell'Interno, Marco Minniti. Il parlamentare, richiamando l'attenzione su una serie di aggressioni e episodi violenti che hanno visto protagonisti negli ultimi anni esponenti di Forza Nuova, ha chiesto al governo il motivo per cui "viene ancora consentito a questa formazione politica di tenere comizi e manifestazioni nelle piazza italiane". La risposta è arrivata dal vice ministro Filippo Bubbico. Il quale ha precisato che su Forza Nuova non "risultano pronunce giurisdizionali che abbiano accertato il concretizzarsi nella fattispecie della riorganizzazione del disciolto partito fascista". Già. Ma a proposito di pronunce giurisdizionali, Bubbico pare dimenticare, però, o forse ignora, che ben due sentenze della Cassazione (2010 e 2011) hanno definito Forza Nuova una formazione "nazifascista".
Colpisce anche un altro passaggio della risposta di Bubbico: riguarda l'ammissione che "nel movimento (Forza Nuova, ndr) o in ambienti vicini a esso, sono presenti elementi inclini all'uso della violenza coinvolti in risse e aggressioni contro elementi di opposto orientamento politico e in altre condotte illegali". Ma soprattutto che tra il 2011 e il 2016 ben "240 sono stati i deferimenti all'Autorità giudiziaria e 10 gli arresti nei confronti di militanti o persone contigue a Forza Nuova".
Considerando un arco di tempo di 65 mesi - dato che siamo solo agli inizi di giugno - risulterebbero quattro episodi al mese in poco più di cinque anni, ovvero uno a settimana, che hanno comportato denunce nei confronti del partito di Fiore. "Sarebbe interessante che il ministero dell'Interno rendesse pubblici i dati complessivi dei deferimenti e degli arresti da quando Forza Nuova ha iniziato a operare nel 1997 - incalzano dall'Osservatorio sulle nuove destre -. Ma nonostante le numerose interrogazioni avanzate in questo senso, il Ministero non lo ha mai fatto. Perché? Il dubbio è che, sul tema, esista una sorta di buco nero scomodo da far conoscere".
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Re: Diario della caduta di un regime.
....QUANDO I NODI VENGONO AL PETTINE.....
7 giu 2017 16:29
IL TRADIMENTO DI BERLUSCONI
- PERNA: ''COSA AVANZA DI COLUI CHE FU LEADER DEL CENTRODESTRA? CREDE CHE I SUOI ELETTORI NON SI SIANO ACCORTI DELLE PROMESSE MANCATE, I BUCHI NELL'ACQUA, LE CONTRADDIZIONI? MA OGGI QUELLO CHE PIÙ LE PREME È ESSERE AL CENTRO DELLA SCENA. PER FARLO, LE SERVE L'ACCORDO CON RENZI"
Giancarlo Perna per La Verità
«Bau bau». «Buono Dudù», dice Silvio Berlusconi, carezzando il barboncino. Ai piedi, sul prato di Arcore, ha due degli agnellini salvati a Pasqua. Accanto, c' è Michela Brambilla con un visone vivo al collo e un veltro tra le braccia. Gli sorride compiaciuta per l' influsso animalista che esercita su di lui. Fa corona un gruppo di eleganti signore che dice entusiasta: «Presidente, lei è meraviglioso».
Squilla il telefono. «Silvio», sospira dall' altro capo Francesca Pascale, «ricordati la somma in favore della nostra fondazione gay friendly, I colori della libertà». Entra un maggiordomo, si china all' orecchio del padrone di casa e sussurra: «C' è un' olgettina che vuole parlarle». Poi, gradualmente, le comparse scompaiono e Berlusconi resta solo. Con tutta la nebbia che lo avvolge, è difficilissimo afferrare il Cav e capire cosa avanzi di colui che fu il leader del centrodestra. Profitto del diradamento per esaminare lo stato dell' arte.
LA NUOVA CERCHIA
Innanzitutto, egregio Cavaliere, mi sembra che la qualità della sua cerchia non sia quella di una volta. Negli anni d' oro, compì il miracolo di attirare una cospicua intellighenzia di cui il centrodestra era sprovvisto. I liberali, Martino e Urbani; gli ex marxisti, Colletta, Ferrara, Melograni, Pera. Diversi altri. Qualcuno è morto e va bene. Ma neanche i vivi le sono più accanto, salvo Martino che sta con sé stesso. So già che non gliene importa nulla, lo ha detto e ripetuto. Ma si accorge di quali siano ormai i suoi alfieri?
Non faccio nomi perché lottano per la sopravvivenza e non amo infierire sui morituri. Vedendoli però in tv, fossi più giovane metterei mano alla pistola. Oggi, mi accontento di cercare altrove o accarezzare l' astensione. Lei farà di nuovo spallucce, convinto com' è di essere il solo che conti in campagna elettorale. Il mattatore vincente. Ed è un fatto che ha vinto tre volte (1994, 2000, 2008) e quasi vinto altre tre (1996, 2006, 2013).
Ma crede che i suoi elettori non si siano accorti delle promesse mancate, i buchi nell' acqua, le contraddizioni? Io, per dire, dopo quello che le ho viste sprecare dopo il 2008 la considero uno scialacquatore. E non sono il solo, se i suoi voti sono scesi dal 38 per cento di allora al 12 di oggi. E penserà mica di recuperare con ciò che ha detto in questi mesi e le enormi giravolte in corso?
Vediamo di paragonare quello che lei fu con quello di oggi. Faccio la tara ovvia dell' età. A quasi 81 anni, lei li compie a fine settembre, e alcuni severi ricoveri, va da sé che la pianta sia più pencolante. Ma è lo spirito che è irriconoscibile, quello che fu il berlusconismo.
I TRE PROBLEMI ITALIANI
Non so chi le scriva i discorsi, sono anni però che non ne ascolto uno degno del nome. L' Italia ha tre problemi. La congiuntura economica. Il rapporto con l' Ue, sorda ai nostri interessi. Gli spropositati sbarchi dall' Africa. Lei, frastornandoci con gli agnellini, ha taciuto su tutti e tre.
Ha lasciato il monopolio dell' immigrazione a Matteo Salvini. Col rischio che la mancanza di finezza del leghista e l' assenza di proposte reali sviliscano un' emergenza procellosissima. Immagino lei glissi perché il problema è spinoso e il suo cuore tenero: ricordo le lacrime di vent' anni fa per i profughi albanesi. Ma temo pure che faccia il furbo. Volendo, un domani, tenersi le mani libere per un inciucio con Matteo Renzi (nazareni bis, ecc) una posizione netta sugli sbarchi le sarebbe d' impaccio.
Il Pd è infatti pro, in obbedienza all' Ue e alla Santa Sede. Lei, guardando al suo elettorato, dovrebbe essere contro. Ma oggi, forse, quello che più le preme è essere al centro della scena. Per farlo, le serve l' accordo con Renzi e tace sui migranti per non urtarsi. So che, anche qui, ha pronta una replica: l' esodo è frutto della dissennata cacciata di Gheddafi, ma essendomi battuto per evitarla, io non ho colpe. Considero tali autoassoluzioni, Cavaliere, un suo difetto caratteriale. Non sintonizzandosi mai con la sua coscienza, si illude di avere sempre ragione e gli altri torto.
RESPONSABILITÀ PER GLI SBARCHI
Al tempo della guerra libica - tra febbraio e ottobre 2011 - lei era il premier e Franco Frattini il suo ministro degli Esteri. L' Ue lasciò libertà di scelta, tanto che la Germania restò neutrale. Nessuno, se non la sua timidezza politica, l' ha costretta a seguire i tre stolti, Cameron, Sarkozy e Obama. È vero che il presidente Napolitano, passato al servizio dell' Ovest dopo esserlo stato dell' Est, era per la guerra. Ma lei poteva tranquillamente impiparsene: l' intervento era competenza esclusiva del governo che lei guidava.
E ha bombardato. Non può tirarsene fuori, come invece fa, per l' imbarazzo di avere accolto Gheddafi a Roma con le trombe, sei mesi prima del voltafaccia. Alla morte del raìs, Frattini esclamò trionfante: «È la vittoria del popolo libico». Lei disse: «Sic transit gloria mundi», come un Ponzio Pilato. Insomma, con gli sbarchi incontrollati c' è dentro fino al collo.
Dunque, cosa propone per le imminenti elezioni? Lei ha introdotto il sistema elettorale maggioritario. Il suo nocciolo è: si sa da prima cosa farà chi vince. È lo strumento di chi vuole dare un seguito alle promesse, per cambiare. Il gonfalone della seconda repubblica, quella che lei più di chiunque ha incarnato. Vero che siamo riusciti ad annacquare pure questo modello che tra gli anglosassoni funziona da secoli. Ma trasformarsi, come ora lei fa, in portabandiera del proporzionale, è inaudito. Un ritorno alla Dc e al trasformismo. Per intenderci, votavamo i democristiani per tenere lontani i comunisti (e viceversa). Poi, in corso di legislatura, i due facevano il compromesso storico, buggerando gli elettori di entrambi i campi. In passato, inorridiva per la politica politicante. Ora se ne fa il campione.
LA RIVOLUZIONE DIMENTICATA
Prendo atto che non c' è più una rivoluzione liberale che lei voglia guidare. Forse è un bene. In questi 20 anni, liberismo (derivati bancari) e società aperta (sbarchi continui) hanno mostrato difetti profondi. Una revisione è necessaria. Avrei però preferito che fosse uno come lei, liberale della prima ora, a guidare gli aggiustamenti. Ma mi pare che abbia scelto le battaglie gentili dell' onorevole Brambilla e della sua ex fidanzata, signorina Pascale. Vorrà dire che lasceremo il liberalismo alla sinistra che, quando finalmente afferra un' idea, la porta alle estreme conseguenze. Un po' come i tedeschi. Dio ce la mandi buona.
Però, Cavaliere, lei che ruolo vuole ritagliarsi? Se adesso ribalta il suo passato nelle istituzioni, finirà per sbiadire anche il suo nome nell' albo d' oro. Ne è una conferma anche il suo no alle semplificazioni costituzionali nel referendum dello scorso dicembre. Erano identiche o simili - se non è zuppa è panbagnato - a quelle di Fi nel 2006. Aveva a portata di mano un risultato a lungo perseguito e che fa? Lo getta via. Ma questo è disamore esistenziale!
I FIGLI GELOSI
Mi dicono non ci sia più posto per lei nelle magnifiche aziende che ha creato. I figli gelosi si sono chiusi a riccio. È amaro e molto umano. Chi di noi saprebbe risistemare una persona risuscitata, anche la più cara, se si presentasse dopo 20 anni alla nostra porta? Le do una traccia. Winston Churchill, alla sua età, si ritirò da tutto, scrisse le sue memorie ed ebbe il Nobel. Questo le manca e io ce la vedo.
7 giu 2017 16:29
IL TRADIMENTO DI BERLUSCONI
- PERNA: ''COSA AVANZA DI COLUI CHE FU LEADER DEL CENTRODESTRA? CREDE CHE I SUOI ELETTORI NON SI SIANO ACCORTI DELLE PROMESSE MANCATE, I BUCHI NELL'ACQUA, LE CONTRADDIZIONI? MA OGGI QUELLO CHE PIÙ LE PREME È ESSERE AL CENTRO DELLA SCENA. PER FARLO, LE SERVE L'ACCORDO CON RENZI"
Giancarlo Perna per La Verità
«Bau bau». «Buono Dudù», dice Silvio Berlusconi, carezzando il barboncino. Ai piedi, sul prato di Arcore, ha due degli agnellini salvati a Pasqua. Accanto, c' è Michela Brambilla con un visone vivo al collo e un veltro tra le braccia. Gli sorride compiaciuta per l' influsso animalista che esercita su di lui. Fa corona un gruppo di eleganti signore che dice entusiasta: «Presidente, lei è meraviglioso».
Squilla il telefono. «Silvio», sospira dall' altro capo Francesca Pascale, «ricordati la somma in favore della nostra fondazione gay friendly, I colori della libertà». Entra un maggiordomo, si china all' orecchio del padrone di casa e sussurra: «C' è un' olgettina che vuole parlarle». Poi, gradualmente, le comparse scompaiono e Berlusconi resta solo. Con tutta la nebbia che lo avvolge, è difficilissimo afferrare il Cav e capire cosa avanzi di colui che fu il leader del centrodestra. Profitto del diradamento per esaminare lo stato dell' arte.
LA NUOVA CERCHIA
Innanzitutto, egregio Cavaliere, mi sembra che la qualità della sua cerchia non sia quella di una volta. Negli anni d' oro, compì il miracolo di attirare una cospicua intellighenzia di cui il centrodestra era sprovvisto. I liberali, Martino e Urbani; gli ex marxisti, Colletta, Ferrara, Melograni, Pera. Diversi altri. Qualcuno è morto e va bene. Ma neanche i vivi le sono più accanto, salvo Martino che sta con sé stesso. So già che non gliene importa nulla, lo ha detto e ripetuto. Ma si accorge di quali siano ormai i suoi alfieri?
Non faccio nomi perché lottano per la sopravvivenza e non amo infierire sui morituri. Vedendoli però in tv, fossi più giovane metterei mano alla pistola. Oggi, mi accontento di cercare altrove o accarezzare l' astensione. Lei farà di nuovo spallucce, convinto com' è di essere il solo che conti in campagna elettorale. Il mattatore vincente. Ed è un fatto che ha vinto tre volte (1994, 2000, 2008) e quasi vinto altre tre (1996, 2006, 2013).
Ma crede che i suoi elettori non si siano accorti delle promesse mancate, i buchi nell' acqua, le contraddizioni? Io, per dire, dopo quello che le ho viste sprecare dopo il 2008 la considero uno scialacquatore. E non sono il solo, se i suoi voti sono scesi dal 38 per cento di allora al 12 di oggi. E penserà mica di recuperare con ciò che ha detto in questi mesi e le enormi giravolte in corso?
Vediamo di paragonare quello che lei fu con quello di oggi. Faccio la tara ovvia dell' età. A quasi 81 anni, lei li compie a fine settembre, e alcuni severi ricoveri, va da sé che la pianta sia più pencolante. Ma è lo spirito che è irriconoscibile, quello che fu il berlusconismo.
I TRE PROBLEMI ITALIANI
Non so chi le scriva i discorsi, sono anni però che non ne ascolto uno degno del nome. L' Italia ha tre problemi. La congiuntura economica. Il rapporto con l' Ue, sorda ai nostri interessi. Gli spropositati sbarchi dall' Africa. Lei, frastornandoci con gli agnellini, ha taciuto su tutti e tre.
Ha lasciato il monopolio dell' immigrazione a Matteo Salvini. Col rischio che la mancanza di finezza del leghista e l' assenza di proposte reali sviliscano un' emergenza procellosissima. Immagino lei glissi perché il problema è spinoso e il suo cuore tenero: ricordo le lacrime di vent' anni fa per i profughi albanesi. Ma temo pure che faccia il furbo. Volendo, un domani, tenersi le mani libere per un inciucio con Matteo Renzi (nazareni bis, ecc) una posizione netta sugli sbarchi le sarebbe d' impaccio.
Il Pd è infatti pro, in obbedienza all' Ue e alla Santa Sede. Lei, guardando al suo elettorato, dovrebbe essere contro. Ma oggi, forse, quello che più le preme è essere al centro della scena. Per farlo, le serve l' accordo con Renzi e tace sui migranti per non urtarsi. So che, anche qui, ha pronta una replica: l' esodo è frutto della dissennata cacciata di Gheddafi, ma essendomi battuto per evitarla, io non ho colpe. Considero tali autoassoluzioni, Cavaliere, un suo difetto caratteriale. Non sintonizzandosi mai con la sua coscienza, si illude di avere sempre ragione e gli altri torto.
RESPONSABILITÀ PER GLI SBARCHI
Al tempo della guerra libica - tra febbraio e ottobre 2011 - lei era il premier e Franco Frattini il suo ministro degli Esteri. L' Ue lasciò libertà di scelta, tanto che la Germania restò neutrale. Nessuno, se non la sua timidezza politica, l' ha costretta a seguire i tre stolti, Cameron, Sarkozy e Obama. È vero che il presidente Napolitano, passato al servizio dell' Ovest dopo esserlo stato dell' Est, era per la guerra. Ma lei poteva tranquillamente impiparsene: l' intervento era competenza esclusiva del governo che lei guidava.
E ha bombardato. Non può tirarsene fuori, come invece fa, per l' imbarazzo di avere accolto Gheddafi a Roma con le trombe, sei mesi prima del voltafaccia. Alla morte del raìs, Frattini esclamò trionfante: «È la vittoria del popolo libico». Lei disse: «Sic transit gloria mundi», come un Ponzio Pilato. Insomma, con gli sbarchi incontrollati c' è dentro fino al collo.
Dunque, cosa propone per le imminenti elezioni? Lei ha introdotto il sistema elettorale maggioritario. Il suo nocciolo è: si sa da prima cosa farà chi vince. È lo strumento di chi vuole dare un seguito alle promesse, per cambiare. Il gonfalone della seconda repubblica, quella che lei più di chiunque ha incarnato. Vero che siamo riusciti ad annacquare pure questo modello che tra gli anglosassoni funziona da secoli. Ma trasformarsi, come ora lei fa, in portabandiera del proporzionale, è inaudito. Un ritorno alla Dc e al trasformismo. Per intenderci, votavamo i democristiani per tenere lontani i comunisti (e viceversa). Poi, in corso di legislatura, i due facevano il compromesso storico, buggerando gli elettori di entrambi i campi. In passato, inorridiva per la politica politicante. Ora se ne fa il campione.
LA RIVOLUZIONE DIMENTICATA
Prendo atto che non c' è più una rivoluzione liberale che lei voglia guidare. Forse è un bene. In questi 20 anni, liberismo (derivati bancari) e società aperta (sbarchi continui) hanno mostrato difetti profondi. Una revisione è necessaria. Avrei però preferito che fosse uno come lei, liberale della prima ora, a guidare gli aggiustamenti. Ma mi pare che abbia scelto le battaglie gentili dell' onorevole Brambilla e della sua ex fidanzata, signorina Pascale. Vorrà dire che lasceremo il liberalismo alla sinistra che, quando finalmente afferra un' idea, la porta alle estreme conseguenze. Un po' come i tedeschi. Dio ce la mandi buona.
Però, Cavaliere, lei che ruolo vuole ritagliarsi? Se adesso ribalta il suo passato nelle istituzioni, finirà per sbiadire anche il suo nome nell' albo d' oro. Ne è una conferma anche il suo no alle semplificazioni costituzionali nel referendum dello scorso dicembre. Erano identiche o simili - se non è zuppa è panbagnato - a quelle di Fi nel 2006. Aveva a portata di mano un risultato a lungo perseguito e che fa? Lo getta via. Ma questo è disamore esistenziale!
I FIGLI GELOSI
Mi dicono non ci sia più posto per lei nelle magnifiche aziende che ha creato. I figli gelosi si sono chiusi a riccio. È amaro e molto umano. Chi di noi saprebbe risistemare una persona risuscitata, anche la più cara, se si presentasse dopo 20 anni alla nostra porta? Le do una traccia. Winston Churchill, alla sua età, si ritirò da tutto, scrisse le sue memorie ed ebbe il Nobel. Questo le manca e io ce la vedo.
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Re: Diario della caduta di un regime.
...............MORTADELLA ALLA VASELINA..............
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Il “fratello” Romano Prodi, globalizzatore in grembiulino
Scritto il 08/6/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Caro, vecchio Romano Prodi?
Macchè: «Non è certo quel pacioccone bonaccione, quel bravo curato e padre di famiglia che è stato presentato all’immaginario collettivo degli italiani».
Nonostante il piglio bonario, il professore bolognese «è un personaggio molto tagliente, molto abile, anche molto attento al proprio “particulare”».
Un soggetto a tutto tondo, da raccontare: il Prodi “segreto” sarà tra gli argomenti del secondo volume di “Massoni”, che Gioele Magaldi sta per stare alle stampe.
Con una sorpresa: «Prodi è anche lui parte di una rete massonica sovranazionale».
Presidente dell’Iri e grande privatizzatore, poi capo del governo, presidente della Commissione Europea, advisor della Goldman Sachs.
E, nel frattempo, anche massone: «Tra coloro che hanno contribuito in senso pessimo, per l’Italia e per l’Europa, agli svolgimenti politico-economici nell’era della globalizzazione, cioè nel post-1992, c’è il “fratello” Romano Prodi», il cattolico democristiano che nel 1978 evocò il nome “Gradoli” – per indicare il luogo della prigione di Moro – raccontando di averlo ricevuto nell’ambito di una seduta spiritica.
Prodi supermassone?
Ebbene sì: parola di Gioele Magaldi. Che, per il secondo volume della serie, potrebbe avvalersi del contributo di una superstar della massoneria mondiale, come il controverso George Soros.
Nel “primo round” delle sue clamorose rivelazioni – silenziate dal mainstrem in modo tombale – Magaldi ha scontato una critica ricorrente: non aver documentato le sue affermazioni, spesso esplosive, al punto da ridisegnare la mappa del vero potere, mettendo in relazione personaggi come Monti, Draghi e Napolitano con il mondo internazionale delle 36 Ur-Lodges che rappresentano il supremo vertice delle grandi decisioni.
Ma gli interessati, naturalmente, si sono ben guardati dal fiatare: molto meglio la congiura del silenzio. E ora, dopo “La scoperta delle Ur-Lodges”, si avvicina la pubblicazione del sequel, “Globalizzazione e massoneria”, con retroscena sulla svolta oligarchica che ha svuotato le democrazie occidentali, imponendo politiche di rigore (e oggi anche terrorismo targato Isis) affidate a docili esecutori: come lo stesso Prodi, la cui vera identità – secondo Magaldi – è sfuggita alla maggior parte degli italiani. Un uomo di potere, in grembiulino. L’elettorato di sinistra lo ricorda con nostalgia? Sbaglia: il primo a metterlo in croce, quand’era a capo della Commissione Ue, fu Paolo Barnard su “Report”, che presentò il ritratto di un cinico tecnocrate, schierato con i peggiori oligarchi.In realtà, Magaldi è stato chiaro dal principio: «Ogni mia affermazione è documentabile, dispongo di 6.000 pagine di dossier.
Sono pronto a esibirle, se qualcuno contesterà quanto ho scritto».
Prodi è stato l’unico a battere Berlusconi, due volte su due?
Vero, ammette Magaldi, parlando a “Colors Radio”: all’inizio, «quel grande carrozzone che è stato l’Ulivo individuò in modo perfetto, in Prodi, il suo leader».
E Berlusconi, «grazie ai buoni uffici della Lega di Bossi, fu defenestrato, nel ‘94».
Poi l’interregno di Lamberto Dini e quindi l’arrivo di Prodi nel ‘96.
Con che esito?
«L’effetto del governo Prodi è stato così ottimo, traghettandoci così bene in Europa, che nel 2001 Berlusconi ha rivinto».
Poi c’è stata la seconda vittoria prodiana del 2006, di stretta misura, presto naufragata tra il Pd veltroniano, Bertinotti e Mastella, fino a rimettere Berlusconi al potere nel 2008.
Certo, «Berlusconi si è rovinato con le sue mani: non è stato all’altezza della situazione».
Ma a pesare, nel fallimento di Prodi, «sono state le pessime azioni di governo, da parte di Prodi e di tutti coloro che l’hanno accompagnato: il centrosinistra italiano, con Prodi e gli altri, non ha saputo produrre una politica lungimirante per questo paese».
In altre parole, per Magaldi, «Prodi non ha saputo interpretare il post-1992 in un senso utile a costruire benessere, non dico uguale ma almeno di poco inferiore a quello della Prima Repubblica».
Al pari del centrodestra di Berlusconi, il centrosinistra «ha fatto scempio dell’interesse del popolo italiano», piegandosi all’élite eurocratica.
E quindi, «che benemerenza c’è nel fatto che Prodi si sia alternato a Berlusconi, battendolo?».
In pratica, «sono due facce della stessa medaglia: centrodestra e centrosinistra si sono alternati senza nessuna vera differenza nella gestione di un paese che dipendeva da linee progettate altrove: costoro hanno soltanto fatto da esecutori, secondo una commedia dell’arte per cui, magari, apparentemente, mettevano ingredienti diversi, ma la sostanza rimaneva la medesima».
Linee progettate altrove: nei santuari dell’oligarchia finanziaria, industriale, militare, che – partendo dai circuiti esclusivi delle superlogge internazionali – dirama vere e proprie direttive, declinate attraverso think-tank e organismi paramassonici (Trilaterale, Bilderberg, World Bank, Fmi) per poi scendere, a cascata, fino ai governi nazionali, ai leader come D’Alema, Prodi, Renzi.
A volte, poi, l’élite supermassonica “commissaria” direttamente un paese: è accaduto con il “fratello” Monti, «che rappresenta quanto di peggio può offrire la rete massonica sovranazionale in senso neo-aristocratico».
«Ho più rispetto e stima per un Mario Draghi, che reputo più pericoloso», dice Magaldi.
«Monti è un massone che è stato vittima della propria tracotanza, della propria retorica manipolatoria.
E appena ha avuto l’occasione di passare dal “back-office” al “front-office”, ha fallito miseramente per eccesso di narcisismo, avendo creduto lui stesso alla retorica che i media italiani avevano creato attorno alla sua figura e alle meraviglie presunte del suo governo».
Per Magaldi, Mario Monti è comunque «un grande sconfitto, in questo tentativo di devastazione industriale, economica e sociale dell’Italia: ci ha provato, ha fatto dei danni, ma poi è stato preso a calci nel sedere dall’elettorato».
Dopo di lui, è arrivato Enrico Letta, che secondo Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, è un “paramassone”, in realtà in quota all’Opus Dei.
«Non ne sentiamo la mancanza», assicura Magaldi.
«Nessun rimpianto: se c’è una cosa buona che ha fatto Renzi, a parte la legge sulle unioni civili, è stata quella di aver mandato a casa Enrico Letta e il suo soporifero governo, che peraltro riprendeva e ricalcava pienamente le politiche di Monti».
Quanto alle tentazioni massoniche dell’ex premier, Magaldi si è già espresso più volte: «Renzi ha ripetutamente bussato alle porte della supermassoneria reazionaria, attraverso il Council on Foreign Relations, ma non gli è stato aperto».
A differenza del “fratello” Romano Prodi, che invece – secondo Magaldi – siede da lunghi anni nel salotto buono della super-massoneria di potere.
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Il “fratello” Romano Prodi, globalizzatore in grembiulino
Scritto il 08/6/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Caro, vecchio Romano Prodi?
Macchè: «Non è certo quel pacioccone bonaccione, quel bravo curato e padre di famiglia che è stato presentato all’immaginario collettivo degli italiani».
Nonostante il piglio bonario, il professore bolognese «è un personaggio molto tagliente, molto abile, anche molto attento al proprio “particulare”».
Un soggetto a tutto tondo, da raccontare: il Prodi “segreto” sarà tra gli argomenti del secondo volume di “Massoni”, che Gioele Magaldi sta per stare alle stampe.
Con una sorpresa: «Prodi è anche lui parte di una rete massonica sovranazionale».
Presidente dell’Iri e grande privatizzatore, poi capo del governo, presidente della Commissione Europea, advisor della Goldman Sachs.
E, nel frattempo, anche massone: «Tra coloro che hanno contribuito in senso pessimo, per l’Italia e per l’Europa, agli svolgimenti politico-economici nell’era della globalizzazione, cioè nel post-1992, c’è il “fratello” Romano Prodi», il cattolico democristiano che nel 1978 evocò il nome “Gradoli” – per indicare il luogo della prigione di Moro – raccontando di averlo ricevuto nell’ambito di una seduta spiritica.
Prodi supermassone?
Ebbene sì: parola di Gioele Magaldi. Che, per il secondo volume della serie, potrebbe avvalersi del contributo di una superstar della massoneria mondiale, come il controverso George Soros.
Nel “primo round” delle sue clamorose rivelazioni – silenziate dal mainstrem in modo tombale – Magaldi ha scontato una critica ricorrente: non aver documentato le sue affermazioni, spesso esplosive, al punto da ridisegnare la mappa del vero potere, mettendo in relazione personaggi come Monti, Draghi e Napolitano con il mondo internazionale delle 36 Ur-Lodges che rappresentano il supremo vertice delle grandi decisioni.
Ma gli interessati, naturalmente, si sono ben guardati dal fiatare: molto meglio la congiura del silenzio. E ora, dopo “La scoperta delle Ur-Lodges”, si avvicina la pubblicazione del sequel, “Globalizzazione e massoneria”, con retroscena sulla svolta oligarchica che ha svuotato le democrazie occidentali, imponendo politiche di rigore (e oggi anche terrorismo targato Isis) affidate a docili esecutori: come lo stesso Prodi, la cui vera identità – secondo Magaldi – è sfuggita alla maggior parte degli italiani. Un uomo di potere, in grembiulino. L’elettorato di sinistra lo ricorda con nostalgia? Sbaglia: il primo a metterlo in croce, quand’era a capo della Commissione Ue, fu Paolo Barnard su “Report”, che presentò il ritratto di un cinico tecnocrate, schierato con i peggiori oligarchi.In realtà, Magaldi è stato chiaro dal principio: «Ogni mia affermazione è documentabile, dispongo di 6.000 pagine di dossier.
Sono pronto a esibirle, se qualcuno contesterà quanto ho scritto».
Prodi è stato l’unico a battere Berlusconi, due volte su due?
Vero, ammette Magaldi, parlando a “Colors Radio”: all’inizio, «quel grande carrozzone che è stato l’Ulivo individuò in modo perfetto, in Prodi, il suo leader».
E Berlusconi, «grazie ai buoni uffici della Lega di Bossi, fu defenestrato, nel ‘94».
Poi l’interregno di Lamberto Dini e quindi l’arrivo di Prodi nel ‘96.
Con che esito?
«L’effetto del governo Prodi è stato così ottimo, traghettandoci così bene in Europa, che nel 2001 Berlusconi ha rivinto».
Poi c’è stata la seconda vittoria prodiana del 2006, di stretta misura, presto naufragata tra il Pd veltroniano, Bertinotti e Mastella, fino a rimettere Berlusconi al potere nel 2008.
Certo, «Berlusconi si è rovinato con le sue mani: non è stato all’altezza della situazione».
Ma a pesare, nel fallimento di Prodi, «sono state le pessime azioni di governo, da parte di Prodi e di tutti coloro che l’hanno accompagnato: il centrosinistra italiano, con Prodi e gli altri, non ha saputo produrre una politica lungimirante per questo paese».
In altre parole, per Magaldi, «Prodi non ha saputo interpretare il post-1992 in un senso utile a costruire benessere, non dico uguale ma almeno di poco inferiore a quello della Prima Repubblica».
Al pari del centrodestra di Berlusconi, il centrosinistra «ha fatto scempio dell’interesse del popolo italiano», piegandosi all’élite eurocratica.
E quindi, «che benemerenza c’è nel fatto che Prodi si sia alternato a Berlusconi, battendolo?».
In pratica, «sono due facce della stessa medaglia: centrodestra e centrosinistra si sono alternati senza nessuna vera differenza nella gestione di un paese che dipendeva da linee progettate altrove: costoro hanno soltanto fatto da esecutori, secondo una commedia dell’arte per cui, magari, apparentemente, mettevano ingredienti diversi, ma la sostanza rimaneva la medesima».
Linee progettate altrove: nei santuari dell’oligarchia finanziaria, industriale, militare, che – partendo dai circuiti esclusivi delle superlogge internazionali – dirama vere e proprie direttive, declinate attraverso think-tank e organismi paramassonici (Trilaterale, Bilderberg, World Bank, Fmi) per poi scendere, a cascata, fino ai governi nazionali, ai leader come D’Alema, Prodi, Renzi.
A volte, poi, l’élite supermassonica “commissaria” direttamente un paese: è accaduto con il “fratello” Monti, «che rappresenta quanto di peggio può offrire la rete massonica sovranazionale in senso neo-aristocratico».
«Ho più rispetto e stima per un Mario Draghi, che reputo più pericoloso», dice Magaldi.
«Monti è un massone che è stato vittima della propria tracotanza, della propria retorica manipolatoria.
E appena ha avuto l’occasione di passare dal “back-office” al “front-office”, ha fallito miseramente per eccesso di narcisismo, avendo creduto lui stesso alla retorica che i media italiani avevano creato attorno alla sua figura e alle meraviglie presunte del suo governo».
Per Magaldi, Mario Monti è comunque «un grande sconfitto, in questo tentativo di devastazione industriale, economica e sociale dell’Italia: ci ha provato, ha fatto dei danni, ma poi è stato preso a calci nel sedere dall’elettorato».
Dopo di lui, è arrivato Enrico Letta, che secondo Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, è un “paramassone”, in realtà in quota all’Opus Dei.
«Non ne sentiamo la mancanza», assicura Magaldi.
«Nessun rimpianto: se c’è una cosa buona che ha fatto Renzi, a parte la legge sulle unioni civili, è stata quella di aver mandato a casa Enrico Letta e il suo soporifero governo, che peraltro riprendeva e ricalcava pienamente le politiche di Monti».
Quanto alle tentazioni massoniche dell’ex premier, Magaldi si è già espresso più volte: «Renzi ha ripetutamente bussato alle porte della supermassoneria reazionaria, attraverso il Council on Foreign Relations, ma non gli è stato aperto».
A differenza del “fratello” Romano Prodi, che invece – secondo Magaldi – siede da lunghi anni nel salotto buono della super-massoneria di potere.
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Re: Diario della caduta di un regime.
I TRICOLORI SON FATTI COSI'
Il caffè
Allegri e falliti
Giovedì 08 giugno 2017
di Massimo Gramellini
shadow
6
1543
6
Non sorprende che Massimiliano Allegri si sia scagliato contro i vigili torinesi, talmente sfrontati da multarlo perché guidava col telefono in mano e senza patente. A dispetto del galateo esibito davanti alle telecamere, il formidabile allenatore vicecampione d’Europa è un fumino che vanta numerosi precedenti dialettici con le forze dell’ordine. A colpire, semmai, è l’epiteto che ha rivolto ai ragazzi in divisa: “falliti”. Intendiamoci, aveva già detto di peggio. A Livorno chiamò “terroni” i carabinieri che avevano osato fermarlo dopo un sorpasso azzardato. Ma questo “falliti” dal sen fuggito ha un significato più contemporaneo.
Come se, nella sacrosanta sanzione inflittagli dai vigili, Allegri vedesse la rivalsa sociale di una casta inetta e invidiosa di burocrati. Smaniosi di usare il loro piccolo potere contro di lui perché non sono stati capaci di diventare uguali a lui. Anche il Marchese del Grillo (“io so’ io e voi non siete un czz”) trasgrediva impunemente le regole. Ma proprio per questo si considerava un privilegiato, non un ribelle. Invece con i Corona, i Briatore, i Trump e adesso gli Allegri, irrompe sulla scena il populista d’alto bordo. Il miliardario anarchico che si atteggia a vittima di un Potere incarnato da dipendenti pubblici che guadagnano, quando va bene, 1500 euro al mese. Si chiama spirito del tempo. Basta fare un giro tra i commenti della Rete per trovare tanti poveri cristi che, in odio ai vigili, esprimono solidarietà incondizionata al miliardario e bollano i suoi critici come radical chic.
8 giugno 2017 (modifica il 8 giugno 2017 | 07:17)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Allegri e falliti
Giovedì 08 giugno 2017
di Massimo Gramellini
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Non sorprende che Massimiliano Allegri si sia scagliato contro i vigili torinesi, talmente sfrontati da multarlo perché guidava col telefono in mano e senza patente. A dispetto del galateo esibito davanti alle telecamere, il formidabile allenatore vicecampione d’Europa è un fumino che vanta numerosi precedenti dialettici con le forze dell’ordine. A colpire, semmai, è l’epiteto che ha rivolto ai ragazzi in divisa: “falliti”. Intendiamoci, aveva già detto di peggio. A Livorno chiamò “terroni” i carabinieri che avevano osato fermarlo dopo un sorpasso azzardato. Ma questo “falliti” dal sen fuggito ha un significato più contemporaneo.
Come se, nella sacrosanta sanzione inflittagli dai vigili, Allegri vedesse la rivalsa sociale di una casta inetta e invidiosa di burocrati. Smaniosi di usare il loro piccolo potere contro di lui perché non sono stati capaci di diventare uguali a lui. Anche il Marchese del Grillo (“io so’ io e voi non siete un czz”) trasgrediva impunemente le regole. Ma proprio per questo si considerava un privilegiato, non un ribelle. Invece con i Corona, i Briatore, i Trump e adesso gli Allegri, irrompe sulla scena il populista d’alto bordo. Il miliardario anarchico che si atteggia a vittima di un Potere incarnato da dipendenti pubblici che guadagnano, quando va bene, 1500 euro al mese. Si chiama spirito del tempo. Basta fare un giro tra i commenti della Rete per trovare tanti poveri cristi che, in odio ai vigili, esprimono solidarietà incondizionata al miliardario e bollano i suoi critici come radical chic.
8 giugno 2017 (modifica il 8 giugno 2017 | 07:17)
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Re: Diario della caduta di un regime.
OPINIONE
Riina non è un detenuto normale: è il capo di Cosa nostra. Per questo va lasciato in carcere
Provenzano e gli altri boss mafiosi sono morti dietro le sbarre nonostante i problemi di salute. Perché oggi la giustizia con la decisione della Cassazione vuole mostrare un volto diverso?
DI LIRIO ABBATE
05 giugno 2017
89
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Occorre dire subito una cosa: Totò Riina non è un detenuto normale. E quindi come tale deve essere trattato. Ma soprattutto bisogna sottolineare che questo vecchio corleonese è ancora il capo di Cosa nostra. Perché non ha mai abdicato. Ora però mi chiedo, perché la decisione dei giudici della Cassazione che ha aperto al differimento della pena, quindi alla scarcerazione per gravi motivi di salute, è diversa da quella che poco tempo fa ha riguardato Bernardo Provenzano , anche lui ammalato, che però è rimasto detenuto nonostante le gravi patologie riscontrate dai medici? E Provenzano è morto da detenuto. Come mai quindi per Riina si vuole mostrare un volto della giustizia che per altri boss mafiosi non è stato mai visto?
Ogni volta che si torna a parlare di questo capo dei capi mi viene in mente una foto scattata nell'estate del 1979 in cui ritrae una famiglia al mare.
A guardarli così, in questa foto ingiallita, appare una famiglia come le altre. Una famiglia che si prende cura dei figli e gioca con loro in acqua. Ma questa foto ci fa calare in una Sicilia d’epoca dove si possono contestualizzare uomini e fatti e anche sensazioni di una società che in gran parte non sapeva o non voleva riconoscere i mafiosi. Ma ci conviveva. Molti lo hanno fatto per convenienza e altri invece per paura. Perché in questa foto il protagonista è Totò Riina e con lui il cognato, Leoluca Bagarella, assassino di professione, sanguinario per passione. Entrambi in questo periodo erano latitanti. Dunque, due pericolosi ricercati che stavano tranquillamente in spiaggia. Fra un omicidio e l’altro. Una strage o l’uccisione di bambini e donne. Eccoli i due sanguinari che hanno messo a ferro e fuoco la Sicilia negli ultimi quarant’anni, a trascorrere una giornata al mare come se nulla fosse accaduto. Come se quell’estate di terrore del 1979 che avevano scatenato lasciando sull’asfalto decine di cadaveri non li riguardasse. Sta in questa immagine il vero volto della mafia. Quella di ieri, e pure quella di oggi.
Mimetizzata prima e invisibile adesso agli occhi della gente. Di chi non vuole vedere e preferisce convivere con il male. In tanti all’epoca sostenevano che la mafia non esisteva. In questa foto Totuccio e Luchino giocano con i piccoli Riina, sono sorridenti, ma nessuno può vedere che poche ore prima le mani dei due padrini si sono macchiate del sangue di un servitore dello Stato, un grande poliziotto che stava con il fiato sul collo dei corleonesi. Era Giorgio Boris Giuliano, capo della Squadra mobile di Palermo, che si era messo sulle tracce del latitante Bagarella. Il cognato di Riina per impedirgli di proseguire le sue indagini la mattina del 21 luglio 1979 lo colse di sorpresa in un bar e gli sparò alle spalle.
Occorre ricordare anche questo quando si parla di Riina. Perché quando il padrino venne arrestato il 15 gennaio 1993 dopo 24 anni di latitanza, e il suo volto apparve in televisione, sorprese tutti: nessuno immaginava che un personaggio così goffo, “curtu” (piccolo), dagli occhi spiritati, potesse essere il padrino feroce dipinto dalle cronache giudiziarie. Ma la storia di Riina è sangue e violenza. Lui è un teorico della violenza totale e dell’inganno sistematico, all’interno di un progetto lucidissimo quanto folle, eccidio dopo eccidio. Per questo Riina non è un detenuto normale, e per questo va trattato come altri boss detenuti sono stati trattati alla fine della loro esistenza, senza mai lasciare il carcere.
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TOTÒ RIINA
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Riina non è un detenuto normale: è il capo di Cosa nostra. Per questo va lasciato in carcere
Provenzano e gli altri boss mafiosi sono morti dietro le sbarre nonostante i problemi di salute. Perché oggi la giustizia con la decisione della Cassazione vuole mostrare un volto diverso?
DI LIRIO ABBATE
05 giugno 2017
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Occorre dire subito una cosa: Totò Riina non è un detenuto normale. E quindi come tale deve essere trattato. Ma soprattutto bisogna sottolineare che questo vecchio corleonese è ancora il capo di Cosa nostra. Perché non ha mai abdicato. Ora però mi chiedo, perché la decisione dei giudici della Cassazione che ha aperto al differimento della pena, quindi alla scarcerazione per gravi motivi di salute, è diversa da quella che poco tempo fa ha riguardato Bernardo Provenzano , anche lui ammalato, che però è rimasto detenuto nonostante le gravi patologie riscontrate dai medici? E Provenzano è morto da detenuto. Come mai quindi per Riina si vuole mostrare un volto della giustizia che per altri boss mafiosi non è stato mai visto?
Ogni volta che si torna a parlare di questo capo dei capi mi viene in mente una foto scattata nell'estate del 1979 in cui ritrae una famiglia al mare.
A guardarli così, in questa foto ingiallita, appare una famiglia come le altre. Una famiglia che si prende cura dei figli e gioca con loro in acqua. Ma questa foto ci fa calare in una Sicilia d’epoca dove si possono contestualizzare uomini e fatti e anche sensazioni di una società che in gran parte non sapeva o non voleva riconoscere i mafiosi. Ma ci conviveva. Molti lo hanno fatto per convenienza e altri invece per paura. Perché in questa foto il protagonista è Totò Riina e con lui il cognato, Leoluca Bagarella, assassino di professione, sanguinario per passione. Entrambi in questo periodo erano latitanti. Dunque, due pericolosi ricercati che stavano tranquillamente in spiaggia. Fra un omicidio e l’altro. Una strage o l’uccisione di bambini e donne. Eccoli i due sanguinari che hanno messo a ferro e fuoco la Sicilia negli ultimi quarant’anni, a trascorrere una giornata al mare come se nulla fosse accaduto. Come se quell’estate di terrore del 1979 che avevano scatenato lasciando sull’asfalto decine di cadaveri non li riguardasse. Sta in questa immagine il vero volto della mafia. Quella di ieri, e pure quella di oggi.
Mimetizzata prima e invisibile adesso agli occhi della gente. Di chi non vuole vedere e preferisce convivere con il male. In tanti all’epoca sostenevano che la mafia non esisteva. In questa foto Totuccio e Luchino giocano con i piccoli Riina, sono sorridenti, ma nessuno può vedere che poche ore prima le mani dei due padrini si sono macchiate del sangue di un servitore dello Stato, un grande poliziotto che stava con il fiato sul collo dei corleonesi. Era Giorgio Boris Giuliano, capo della Squadra mobile di Palermo, che si era messo sulle tracce del latitante Bagarella. Il cognato di Riina per impedirgli di proseguire le sue indagini la mattina del 21 luglio 1979 lo colse di sorpresa in un bar e gli sparò alle spalle.
Occorre ricordare anche questo quando si parla di Riina. Perché quando il padrino venne arrestato il 15 gennaio 1993 dopo 24 anni di latitanza, e il suo volto apparve in televisione, sorprese tutti: nessuno immaginava che un personaggio così goffo, “curtu” (piccolo), dagli occhi spiritati, potesse essere il padrino feroce dipinto dalle cronache giudiziarie. Ma la storia di Riina è sangue e violenza. Lui è un teorico della violenza totale e dell’inganno sistematico, all’interno di un progetto lucidissimo quanto folle, eccidio dopo eccidio. Per questo Riina non è un detenuto normale, e per questo va trattato come altri boss detenuti sono stati trattati alla fine della loro esistenza, senza mai lasciare il carcere.
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Re: Diario della caduta di un regime.
PANE E CIRCENS, AI PRONIPOTI DEI PRODI ROMANI.
IERI NEL SITO FRANCESE DOVE A VOLTE SI TROVA QUALCHE GIORNALE ITALIANO, NON MANCA MAI UN SOLO GIORNO LA GAZZETTA DELLO SPORT
IERI HA TOTALIZZATO 701 PRELIEVI
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Journal La Gazzetta dello Sport 08-06-2017.pdf 701 21.45 Mb 08.06.2017 05:40
OGGI, ALLE ORE 09,00 ERA A QUOTA 354
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E VOI PENSATE CHE QUESTO PAESE POSSA FUNZIONARE?????????
ALLORA CREDETE ANCORA ALLA BEFANA(ANCHE RENZIANA).
IERI NEL SITO FRANCESE DOVE A VOLTE SI TROVA QUALCHE GIORNALE ITALIANO, NON MANCA MAI UN SOLO GIORNO LA GAZZETTA DELLO SPORT
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OGGI, ALLE ORE 09,00 ERA A QUOTA 354
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E VOI PENSATE CHE QUESTO PAESE POSSA FUNZIONARE?????????
ALLORA CREDETE ANCORA ALLA BEFANA(ANCHE RENZIANA).
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Re: Diario della caduta di un regime.
http://www.beppegrillo.it/2017/06/dai_p ... orale.html
di Beppe Grillo
Ma dai, PD. Far saltare tutto per il Trentino Alto Adige. Ma potevate dircelo, vi davamo anche la Val d’Aosta. Poi escono questi fantasmi dal passato, questo signore di 90 anni che ancora dà moniti e dice «non bisogna andare alle elezioni». Poi c’è De Benedetti, un imprenditore che ha causato catastrofi naturali nelle sue aziende, che dice «non bisogna andare a votare».
Dai Pd, siate sinceri. Diteci il perché. Ci sfugge un po’ questa cosa. Se ce lo dite, noi ci ritiriamo, e vi fate una leggina con lo psico-nano, con Dudu. Vi fate una bella leggina, democratica, meravigliosa, e fate quello che volete, coi vostri franchi, genuini e liberi tiratori. Prodi se li ricorda, eh!
Ditecelo, noi ci ritiriamo e vi fate una bella leggina come piace a voi. Democratica… Certo, non tutta l’Italia sarà coinvolta nella legge elettorale. Noi volevamo esagerare, avevamo pensato di coinvolgere tutta l’Italia. Ma noi siamo ancora indietro, voi siete avanti col pensiero.
La colpa? Non lo so. Questa è psicologia, è paranoia, siamo nel campo degli psicodrammi. Quindi, per seguirvi dovrei chiamare il mio neurologo che adesso è dall’analista.
Dai, ditecelo. Mandatemi anche due righe, giuro che non le pubblico. Ma spiegateci. Non volevate andare a votare? È colpa del maggioritario? Del proporzionale?
Sarebbe stata una legge perfetta. Bella. E voi avreste goduto, anche. Ma siete masochisti, lo so. L’avevamo proposta noi e questo, per voi, era una gastrite neurologica. Non potevate sopportarlo.
Dai, fatemi una telefonata. Me lo dite, e noi ce ne andiamo in Trentino.
Ciao
Pasolo11
di Beppe Grillo
Ma dai, PD. Far saltare tutto per il Trentino Alto Adige. Ma potevate dircelo, vi davamo anche la Val d’Aosta. Poi escono questi fantasmi dal passato, questo signore di 90 anni che ancora dà moniti e dice «non bisogna andare alle elezioni». Poi c’è De Benedetti, un imprenditore che ha causato catastrofi naturali nelle sue aziende, che dice «non bisogna andare a votare».
Dai Pd, siate sinceri. Diteci il perché. Ci sfugge un po’ questa cosa. Se ce lo dite, noi ci ritiriamo, e vi fate una leggina con lo psico-nano, con Dudu. Vi fate una bella leggina, democratica, meravigliosa, e fate quello che volete, coi vostri franchi, genuini e liberi tiratori. Prodi se li ricorda, eh!
Ditecelo, noi ci ritiriamo e vi fate una bella leggina come piace a voi. Democratica… Certo, non tutta l’Italia sarà coinvolta nella legge elettorale. Noi volevamo esagerare, avevamo pensato di coinvolgere tutta l’Italia. Ma noi siamo ancora indietro, voi siete avanti col pensiero.
La colpa? Non lo so. Questa è psicologia, è paranoia, siamo nel campo degli psicodrammi. Quindi, per seguirvi dovrei chiamare il mio neurologo che adesso è dall’analista.
Dai, ditecelo. Mandatemi anche due righe, giuro che non le pubblico. Ma spiegateci. Non volevate andare a votare? È colpa del maggioritario? Del proporzionale?
Sarebbe stata una legge perfetta. Bella. E voi avreste goduto, anche. Ma siete masochisti, lo so. L’avevamo proposta noi e questo, per voi, era una gastrite neurologica. Non potevate sopportarlo.
Dai, fatemi una telefonata. Me lo dite, e noi ce ne andiamo in Trentino.
Ciao
Pasolo11
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Re: Diario della caduta di un regime.
L’IMPORTANTE, PER LA DIREZIONE STRATEGICA, E’ TENERE IL PAESE IN TENSIONE.
Roma, allarme bomba al Consiglio di Stato: artificieri in azione
4/32
La Repubblica
di LORENZO D'ALBERGO2 ore fa
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Allarme bomba al Consiglio di Stato. Attorno alle 10.30 una telefonata anonima ha avvertito il personale di un presunto ordigno piazzato all'interno di Palazzo Spada. A quel punto la segnalazione è stata girata ai carabinieri, che hanno subito inviato gli artificieri sul posto per una bonifica. Nel frattempo i magistrati, gli avvocati e il personale amministrativo impegnato nelle udienze, che inizialmente avevano lasciato le loro postazioni, è tornato al lavoro. Durante i controlli è stato impedito l'accesso alla sede alle spalle di Campo de' Fiori ai legali in attesa di discutere i propri ricorsi. Sono in corso tutte le verifiche del caso e, ad allarme cessato, scatteranno le indagini sulla chiamata arrivata all'ufficio pubblico relazioni per individuare chi ha lanciato il falso allarme.
http://www.msn.com/it-it/notizie/italia ... spartanntp
Roma, allarme bomba al Consiglio di Stato: artificieri in azione
4/32
La Repubblica
di LORENZO D'ALBERGO2 ore fa
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Allarme bomba al Consiglio di Stato. Attorno alle 10.30 una telefonata anonima ha avvertito il personale di un presunto ordigno piazzato all'interno di Palazzo Spada. A quel punto la segnalazione è stata girata ai carabinieri, che hanno subito inviato gli artificieri sul posto per una bonifica. Nel frattempo i magistrati, gli avvocati e il personale amministrativo impegnato nelle udienze, che inizialmente avevano lasciato le loro postazioni, è tornato al lavoro. Durante i controlli è stato impedito l'accesso alla sede alle spalle di Campo de' Fiori ai legali in attesa di discutere i propri ricorsi. Sono in corso tutte le verifiche del caso e, ad allarme cessato, scatteranno le indagini sulla chiamata arrivata all'ufficio pubblico relazioni per individuare chi ha lanciato il falso allarme.
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Re: Diario della caduta di un regime.
OVRA IN AZIONE!!!!!!!!!!!!
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Re: Diario della caduta di un regime.
8 Settembre 1943-(2.0)
Il clima che si respira oggi, 9 giugno 2017, è quello che si respirava l’8 settembre 1943.
Oggi come allora l’Italia per la prima volta, è decisamente allo sfascio.
Graviano in cella: “Stragi ’93? Non sono di mafia”
“Berlusca mi chiese la cortesia, da qui l’urgenza”
Il boss di Brancaccio intercettato in carcere ad Ascoli parla della trattativa per alleggerire il 41bis
Ma si lascia andare anche a qualche confidenza: “Da detenuto ho messo incinta mia moglie”
Mafie
“Berlusca mi ha chiesto questa cortesia. Per questo è stata l’urgenza”. E poi: “Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa”. E ancora: “Nel ’93 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia”. La voce del boss Giuseppe Graviano irrompe nel processo sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Ore e ore di intercettazioni in carcere
di F. Q.
Il clima che si respira oggi, 9 giugno 2017, è quello che si respirava l’8 settembre 1943.
Oggi come allora l’Italia per la prima volta, è decisamente allo sfascio.
Graviano in cella: “Stragi ’93? Non sono di mafia”
“Berlusca mi chiese la cortesia, da qui l’urgenza”
Il boss di Brancaccio intercettato in carcere ad Ascoli parla della trattativa per alleggerire il 41bis
Ma si lascia andare anche a qualche confidenza: “Da detenuto ho messo incinta mia moglie”
Mafie
“Berlusca mi ha chiesto questa cortesia. Per questo è stata l’urgenza”. E poi: “Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa”. E ancora: “Nel ’93 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia”. La voce del boss Giuseppe Graviano irrompe nel processo sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Ore e ore di intercettazioni in carcere
di F. Q.
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