LEGGE ELETTORALE
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Re: LEGGE ELETTORALE
LIBRE news
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segnalazioni.
Magaldi: legge elettorale affondata, ma siamo in una palude
Scritto il 13/6/17 • nella Categoria: idee Condividi
Affondata la legge elettorale alla tedesca? Per ora sì, per fortuna. «E, in parte, anche grazie a me», racconta Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, ai microfoni di “Colors Radio”. «Il back-office del potere, di cui ho parlato nel libro “Massoni”, vale anche per le vicende nazionali», premette. «E quindi, senza mai cercare influenze indebite ma operando legittimamente nel back-office, dando qualche consiglio richiesto a parlamentari dubbiosi sulla legge elettorale che stava per essere approvata, qualche contributo al suo fallimento l’ho dato». Palla al centro, ma senza farsi illusioni: lo scenario politico italiano resta «una palude», dalla quale nessuno sembra in grado di uscire. Nemmeno il Movimento 5 Stelle, che come si è visto alle amministrative non affonda né sfonda: «Campa di rendita, ma la sua mancanza di un programma e di una strutturazione ideologica lungimirante lo mette nella condizione di esser percepito da molti come la grande delusione, non più come la grande speranza». Anche per questo, Magaldi preferisce scommettere su un nuovo soggetto politico, il Pdp (Partito Democratico Progressista) magari guidato da Nino Galloni con un obiettivo chiaro: afferrare il toro per le corna e costringere Bruxelles a stracciare il Fiscal Compact e gli altri trattati-capestro che inguaiano l’Italia.
Pd e 5 Stelle in affanno? Senz’altro, ma la verità è che nessuno è in forma, nell’Italia politica di oggi. «Il Pd è in difficoltà perché lo è il suo segretario», Matteo Renzi, che «naviga in bruttissime acque» dopo la “vittoria di Pirro” della rielezione. Alla sua sinistra, per così dire, si aggirano veri e propri fantasmi, come Bersani, che vorrebbe rappresentare istanze popolari dopo essersi piegato all’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione, votando senza fiatare tutte le peggiori misure antipopolari del governo Monti, incluso il massacro sociale della legge Fornero sulle pensioni. Bersani, peraltro, ha l’impudenza di paventare il ritorno della “destra”, cioè il centrodestra insieme al quale lui stesso aveva sorretto il governo Monti. Destra, cioè Salvini e l’anziano Silvio? «La Lega non è in grado, da sola, di rappresentare un’alternativa, e del resto ha anch’essa le sue zone grigie», dichiara Gioele Magaldi. «C’è una freschezza politica in alcune istanze di Salvini, anche benemerite, ma ci sono moltissimi limiti nell’impostazione di fondo». Un po’ come per Marine Le Pen in Francia: obiettivamente, nonostante il coraggio e l’impegno, non poteva vincere contro Macron. Sicché, tolto Salvini, resta solo Silvio. E c’è chi vede nella “macchina del fango” prontamente riattivata dal “Fatto Quotidiano” (il boss Giuseppe Graviano intercettato in carcere) il segnale che il Cavaliere stia per tornare in campo.
«Oggi Berlusconi non è un pericolo per nessuno», taglia corto Magaldi, che gli indirizzò una celebre lettera aperta. «Lo dico con autoironia: non sta seguendo i benevoli e “fraterni” consigli che il sottoscritto continua a lanciargli. Gli ripropongo di fare il padre nobile di un nuovo centrodestra, non di fare il grottesco imitatore di se stesso, che arranca dietro a una Forza Italia che non sarà mai più come prima». La leggenda delle origini “mafiose” del capitale all’origine delle fortune del Cavaliere? «Dev’essere chiaro che questa storia è intenzionale: Graviano sapeva di essere intercettato, e quindi ha detto delle cose su Berlusconi. Queste non sono prove di alcunché», insiste Magaldi: «Sono messaggi», da parte di «qualcuno, che magari ha qualche rancore nei confronti di Berlusconi, e lo sputtana». Questo, aggiunge Magaldi, «non significa non porsi sul piano storico il problema delle origini delle iniziative economiche di Berlusconi, ma va fatto con ben altra serietà e rigore. E naturalmente con un timing che è quello della storia, non quello della politica spicciola o del desiderio di screditare un personaggio a vantaggio di qualcun altro». Meglio stare alla larga da «dubbi e illazioni, laddove non regna certezza».
Quanto a Berlusconi, Magaldi esprime un giudizio netto: un grande imprenditore e un pessimo politico, ancorché ingiustamente maltrattato. «Ha fallito politicamente, ma non è stata giusta tutta quella filiera di attacchi sul piano della sua vita privata o su quello della delegittimazione aprioristica», da parte di chi lo ha presentato «come personaggio immorale, indegno per ciò stesso di fare politica». Come imprenditore televisivo ha introdotto in Italia una nuova voce, la Tv commerciale. Si appoggiava a politici? Non era il solo: lo facevano anche i suoi concorrenti. Berlusconi è stato abile, magari non impeccabile, ma certo non il mostro dipinto dai suoi detrattori. «Non è stata colpa sua se non è stata fatta una legge sul conflitto d’interessi: la colpa non è mai della tigre che ti sbrana se la lasci libera, ci vuole il domatore e ci vogliono istituzioni che sappiano creare il pluralismo adeguato», ribadisce Magaldi. «Quindi l’incapacità di contenere le esigenze di profitto e di espansione di Berlusconi deve ricadere su quella classe politica che non è stata in grado (talvolta per interesse, vedi D’Alema) di arginare l’oligopolio berlusconiano». Ma adesso sarebbe meglio che Silvio si facesse da parte, il suo tempo è scaduto. E se Berlusconi sta maluccio, nemmeno gli altri si sentono bene, nella stagnante palude italiana, che contro la crisi non sa trovare credibile un Piano-B.
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Magaldi: legge elettorale affondata, ma siamo in una palude
Scritto il 13/6/17 • nella Categoria: idee Condividi
Affondata la legge elettorale alla tedesca? Per ora sì, per fortuna. «E, in parte, anche grazie a me», racconta Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, ai microfoni di “Colors Radio”. «Il back-office del potere, di cui ho parlato nel libro “Massoni”, vale anche per le vicende nazionali», premette. «E quindi, senza mai cercare influenze indebite ma operando legittimamente nel back-office, dando qualche consiglio richiesto a parlamentari dubbiosi sulla legge elettorale che stava per essere approvata, qualche contributo al suo fallimento l’ho dato». Palla al centro, ma senza farsi illusioni: lo scenario politico italiano resta «una palude», dalla quale nessuno sembra in grado di uscire. Nemmeno il Movimento 5 Stelle, che come si è visto alle amministrative non affonda né sfonda: «Campa di rendita, ma la sua mancanza di un programma e di una strutturazione ideologica lungimirante lo mette nella condizione di esser percepito da molti come la grande delusione, non più come la grande speranza». Anche per questo, Magaldi preferisce scommettere su un nuovo soggetto politico, il Pdp (Partito Democratico Progressista) magari guidato da Nino Galloni con un obiettivo chiaro: afferrare il toro per le corna e costringere Bruxelles a stracciare il Fiscal Compact e gli altri trattati-capestro che inguaiano l’Italia.
Pd e 5 Stelle in affanno? Senz’altro, ma la verità è che nessuno è in forma, nell’Italia politica di oggi. «Il Pd è in difficoltà perché lo è il suo segretario», Matteo Renzi, che «naviga in bruttissime acque» dopo la “vittoria di Pirro” della rielezione. Alla sua sinistra, per così dire, si aggirano veri e propri fantasmi, come Bersani, che vorrebbe rappresentare istanze popolari dopo essersi piegato all’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione, votando senza fiatare tutte le peggiori misure antipopolari del governo Monti, incluso il massacro sociale della legge Fornero sulle pensioni. Bersani, peraltro, ha l’impudenza di paventare il ritorno della “destra”, cioè il centrodestra insieme al quale lui stesso aveva sorretto il governo Monti. Destra, cioè Salvini e l’anziano Silvio? «La Lega non è in grado, da sola, di rappresentare un’alternativa, e del resto ha anch’essa le sue zone grigie», dichiara Gioele Magaldi. «C’è una freschezza politica in alcune istanze di Salvini, anche benemerite, ma ci sono moltissimi limiti nell’impostazione di fondo». Un po’ come per Marine Le Pen in Francia: obiettivamente, nonostante il coraggio e l’impegno, non poteva vincere contro Macron. Sicché, tolto Salvini, resta solo Silvio. E c’è chi vede nella “macchina del fango” prontamente riattivata dal “Fatto Quotidiano” (il boss Giuseppe Graviano intercettato in carcere) il segnale che il Cavaliere stia per tornare in campo.
«Oggi Berlusconi non è un pericolo per nessuno», taglia corto Magaldi, che gli indirizzò una celebre lettera aperta. «Lo dico con autoironia: non sta seguendo i benevoli e “fraterni” consigli che il sottoscritto continua a lanciargli. Gli ripropongo di fare il padre nobile di un nuovo centrodestra, non di fare il grottesco imitatore di se stesso, che arranca dietro a una Forza Italia che non sarà mai più come prima». La leggenda delle origini “mafiose” del capitale all’origine delle fortune del Cavaliere? «Dev’essere chiaro che questa storia è intenzionale: Graviano sapeva di essere intercettato, e quindi ha detto delle cose su Berlusconi. Queste non sono prove di alcunché», insiste Magaldi: «Sono messaggi», da parte di «qualcuno, che magari ha qualche rancore nei confronti di Berlusconi, e lo sputtana». Questo, aggiunge Magaldi, «non significa non porsi sul piano storico il problema delle origini delle iniziative economiche di Berlusconi, ma va fatto con ben altra serietà e rigore. E naturalmente con un timing che è quello della storia, non quello della politica spicciola o del desiderio di screditare un personaggio a vantaggio di qualcun altro». Meglio stare alla larga da «dubbi e illazioni, laddove non regna certezza».
Quanto a Berlusconi, Magaldi esprime un giudizio netto: un grande imprenditore e un pessimo politico, ancorché ingiustamente maltrattato. «Ha fallito politicamente, ma non è stata giusta tutta quella filiera di attacchi sul piano della sua vita privata o su quello della delegittimazione aprioristica», da parte di chi lo ha presentato «come personaggio immorale, indegno per ciò stesso di fare politica». Come imprenditore televisivo ha introdotto in Italia una nuova voce, la Tv commerciale. Si appoggiava a politici? Non era il solo: lo facevano anche i suoi concorrenti. Berlusconi è stato abile, magari non impeccabile, ma certo non il mostro dipinto dai suoi detrattori. «Non è stata colpa sua se non è stata fatta una legge sul conflitto d’interessi: la colpa non è mai della tigre che ti sbrana se la lasci libera, ci vuole il domatore e ci vogliono istituzioni che sappiano creare il pluralismo adeguato», ribadisce Magaldi. «Quindi l’incapacità di contenere le esigenze di profitto e di espansione di Berlusconi deve ricadere su quella classe politica che non è stata in grado (talvolta per interesse, vedi D’Alema) di arginare l’oligopolio berlusconiano». Ma adesso sarebbe meglio che Silvio si facesse da parte, il suo tempo è scaduto. E se Berlusconi sta maluccio, nemmeno gli altri si sentono bene, nella stagnante palude italiana, che contro la crisi non sa trovare credibile un Piano-B.
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Re: LEGGE ELETTORALE
REPUBBLICA ITALIANA : ULTIMO ATTO
Legge elettorale, tutto da rifare (di nuovo)
La Camera rimanda la discussione a settembre
Fallito l’accordo con il Movimento 5 stelle, il Pd e Alleanza popolare chiedono il rinvio dopo la pausa
estiva in conferenza dei capigruppo. Contraria Forza Italia. Salvini: “Scandaloso, si vada in aula subito”
Politica
L’Aula della Camera esaminerà la riforma della legge elettorale nel mese di settembre: lo ha deciso la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Da quanto si apprende, Pd e Ap avevano chiesto l’esame del testo a settembre, mentre Fi e Ci avevano proposto di iniziarlo già a luglio. Dopo una lunga discussione, si è optato per settembre: la capigruppo che si terrà a fine luglio dovrà decidere con precisione quando si avrà l’effettivo inizio dell’esame del testo. “E’ scandaloso e vergognoso”, ha commentato il segretario della Lega, Matteo Salvini
di F. Q.
Legge elettorale, tutto da rifare (di nuovo)
La Camera rimanda la discussione a settembre
Fallito l’accordo con il Movimento 5 stelle, il Pd e Alleanza popolare chiedono il rinvio dopo la pausa
estiva in conferenza dei capigruppo. Contraria Forza Italia. Salvini: “Scandaloso, si vada in aula subito”
Politica
L’Aula della Camera esaminerà la riforma della legge elettorale nel mese di settembre: lo ha deciso la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Da quanto si apprende, Pd e Ap avevano chiesto l’esame del testo a settembre, mentre Fi e Ci avevano proposto di iniziarlo già a luglio. Dopo una lunga discussione, si è optato per settembre: la capigruppo che si terrà a fine luglio dovrà decidere con precisione quando si avrà l’effettivo inizio dell’esame del testo. “E’ scandaloso e vergognoso”, ha commentato il segretario della Lega, Matteo Salvini
di F. Q.
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Re: LEGGE ELETTORALE
16 minuti fa
40
Lo spettro del maggioritario,
il sistema che crea instabilità
Yoda
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Lo spettro del maggioritario,
il sistema che crea instabilità
Yoda
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Re: LEGGE ELETTORALE
UncleTom ha scritto:16 minuti fa
40
Lo spettro del maggioritario,
il sistema che crea instabilità
Yoda
Il punto di vista degli STRUMPTRUPPEN
Giusto o sbagliato che sia, per il sol fatto che siano gli STRUMPTRUPPEN ad avanzarlo desta il sospetto che sia un punto di vista di parte, molto, molto interessato per riprendersi il potere.
Lo spettro del maggioritario il sistema che crea instabilità
Il "Corriere" guida il fronte contro il sistema proporzionale. Ma sono ancora evidenti i guai creati dal Mattarellum
Yoda - Dom, 27/08/2017 - 23:24
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Nell’ennesimo, schizofrenico, dibattito sulla legge elettorale (in altri paesi le leggi elettorali durano secoli, da noi cambiano come la moda), si è portati ad iscriversi al partito del maggioritario, non fosse altro perché fa chic. Solo che i maître à penser che lo rilanciano oggi, in contrapposizione al sistema proporzionale, somigliano tanto allo smemorato di Collegno, perché superano di slancio, con fervore ideologico, un’esperienza ventennale, piena di ombre.
E, diciamoci la verità, con il passare degli ultimi anni, specie nella legislatura che sta per chiudersi, le ombre si sono allungate a dismisura, nascondendo sempre più gli scarsi benefici. I luoghi comuni su cui si fonda la religione del maggioritario li ha elencati in queste settimane con dovizia di articoli il Corriere della Sera: «facciamo scegliere l’elettore», «il Paese ha bisogno di un sistema per cui la sera del voto si sappia già chi è il nuovo presidente del Consiglio», «l’Italia ha bisogno di stabilità». Un mare di retorica, simile a quella europeista, tanto cara al nostro establishment, che ha avuto un unico risultato, quello di far odiare l’Europa al popolo italiano.
Una retorica che ha la grande colpa di nascondere un’amara verità. Ma davvero il maggioritario ha garantito in questi anni agli elettori del Belpaese il potere di scegliere il governo che volevano, o la stabilità? Forse un tempo. In realtà l’unica legislatura che ha avuto in questi 20 anni uno svolgimento trasparente, improntata a questi principi, è stata quella del 2001-2006, con Berlusconi premier dal primo all’ultimo giorno. Le altre sono state tutto, meno che esempi di stabilità. Alcune hanno avuto più presidenti del Consiglio: quella governata dal centrosinistra dal 1998 al 2001 (esecutivi Prodi, D’Alema, Amato); e quella che sta per chiudersi, che ha avuto lo stesso copione (governi Letta, Renzi e Gentiloni).
Le altre legislature del ventennio maggioritario sono, invece, finite anzitempo: nella prima, quella del ’94, in cui per la prima volta il Cav varcò il portone di Palazzo Chigi, ci fu il famoso ribaltone della Lega; Prodi, invece, in quella del 2006 fu cucinato in due anni, per poi tornare alle urne; quella del 2008, invece, finì con un mezzo colpo di Stato in cui il governo Berlusconi fu sostituito dal governo tecnico di Mario Monti. Insomma, gli elettori hanno scelto ben poco in questi venti anni e i governi (a parte, appunto, quello del Cav del 2011), sono durati in media poco più di quelli democristiani della prima repubblica. Ma allora, chi ha avuto il potere? In questo strano connubio tra maggioritario e sistema parlamentare, si è amplificato, e di molto, il ruolo del Presidente della Repubblica.
C’è chi ne ha approfittato e chi no, a seconda dell’indole del Presidente: c’è chi è rimasto al suo posto, ligio alle proprie prerogative (Ciampi); e chi, invece, ha fatto e disfatto governi (Scalfaro e Napolitano). Al di là dei giudizi che si possono dare sui diversi settennati, la realtà è che nella confusione e nelle contraddizioni del maggioritario nostrano, il Capo dello Stato ha ampliato la sua sfera di influenza a scapito del Parlamento e dei partiti, fino a diventare nell’immaginario collettivo una sorta di monarca: inconsapevolmente siamo arrivati a King George. Il motivo è semplice: in questi venti anni l’appeal dei partiti è declinato nel peggiore dei modi. Era fatale, perché il maggioritario, tanto caro a molti dei nostri illustri intellettuali, ha trasformato il Parlamento - è un fatto - nel regno del trasformismo. In questa legislatura già siamo arrivati a 500 cambi di casacca. Il sistema, insomma, ha partorito partiti sempre più piccoli, creati allo scopo di assicurarsi posti di governo, facendo la spola tra i diversi poli o le diverse coalizioni.
E partiti che si trasformano in strumenti di potere che seguito possono avere presso l’elettorato? Nessuno. Tant’è che si passa dall’affluenza alle urne dell’86,31% del 1994, a quella del 72,25% del 2013. Di più. Il sistema maggioritario, specie ora che nello scenario politico del nostro Paese esistono come minimo tre poli (ma in realtà sono di più), garantisce questi comportamenti. Se si immagina che nelle elezioni del 2013 il Pd e la sinistra si sono assicurati un premio spropositato alla Camera, con meno del 30% e grazie ad appena 300mila voti in più rispetto al centrodestra, si capisce che una formazione del 2% può trattare al rialzo la sua alleanza, mettendosi all’asta tra i diversi schieramenti. E a riparo di questa o di quella coalizione, non pagherà di fronte agli elettori neppure la scelta di aver cambiato alleanza, magari per qualche poltrona di governo.
È il caso di Alfano, che sta tenendo banco in queste settimane: nella tanto deprecata prima Repubblica il leader di un partito che nei sondaggi non arriva neppure al 2%, non avrebbe mai potuto non dico occupare, ma addirittura aspirare ai ruoli di ministro dell’Interno e di ministro degli Esteri nella stessa legislatura. Costi, per usare l’ironia, del maggioritario. Ma è anche un modello che sta facendo proseliti: basta pensare il numero dei gruppi parlamentari che c’erano in Parlamento nella prima Repubblica, nel corso di questi venti anni è raddoppiato, per non dire triplicato. Il tanto tartassato Bettino Craxi, lo aveva profetizzato tanto tempo fa. Qualcuno potrebbe dire: certo il maggioritario ha fatto tanti danni, ma ha dato alla politica la possibilità di riformare il Paese. Neppure questo è vero, specie in uno scenario tripolare: anche in un sistema che assicuri un premio a quel partito o coalizione che superino il 40%, il giorno dopo il voto la maggioranza in Parlamento già non corrisponde più a quella che c’è nel Paese. Il 40% non è il 51%, per citare Berlinguer. Per funzionare un sistema del genere dovrebbe prevedere, oltreché un premio, una sorta di galateo politico per cui le opposizioni danno la possibilità di governare a chi vince: ma in questi anni non è stato così. Anzi.
Il giorno dopo le elezioni comincia un processo di delegittimazione del nuovo governo e della sua maggioranza, a cui si accodano quelli che una volta erano i cosiddetti poteri forti e i media che gli fanno da contorno (il governo del Cav del 2008 docet). Non a caso la riforma costituzionale approvata in parlamento dal centrodestra anni orsono, grazie al maggioritario, naufragò alla verifica nel Paese. E certamente miglior sorte non ha avuto la riforma di Renzi in questa legislatura. Come pure, in questi anni, il processo di delegittimazione ha impedito che uno dei due Poli potesse governare due legislature di seguito. L’alternanza tra i due schieramenti al governo è stata continua, fisiologica, quasi automatica, al di là dei meriti o dei demeriti del governo in questione, al punto da far pensare che questo sistema non lo permetta. Al governo ci puoi tornare (vedi Berlusconi), ma non ci puoi restare.
Da noi esperienze di governo come quelle di Tony Blair (10 anni), di Clinton, Bush e Obama (8 anni), della Merkel (è da 8 anni ininterrottamente Cancelliere) sono addirittura impensabili, perché da noi la Politica gli altri poteri la vogliono debole. A proposito fraulein Anghela si prepara a superare la soglia dei 12 anni di governo, grazie non al maggioritario ma a una legge proporzionale che ha una soglia di sbarramento del 5%, che impedisce ai trasformisti di entrare in Parlamento. Questo per dire che la scelta di una legge elettorale non deve trasformarsi in un credo religioso, tantomeno in una moda, ma va cambiata, tenendo conto innanzitutto conto delle esperienze, più brutte che belle, maturate.
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Re: LEGGE ELETTORALE
LA REPUBBLICA DEI BROCCHI SI STA SQUAGLIANDO
NELL'ULTIMO ATTO E' DI SCENA LA FIERA DEI CACCIABALLEROS, DOVE VINCE CHI LA SPARA PIU' GROSSA.
Due terzi di nominati e coalizioni di comodo
Si scrive Rosatellum, ma è un gran Bordellum
Sbarramento al 3%, 600 onorevoli scelti dai partiti, niente voto disgiunto. Tornano le alleanze tra
forze politiche, ma rischiano di essere solo cartelli. Ecco la terza versione della legge elettorale targata Pd
Politica
In breve: le coalizioni rischiano di essere finte e variabili, due terzi del Parlamento saranno scelti dai partiti, la libertà di scelta dell’elettore sarà come quella di un plebiscito: sì o no. Ecco il nuovo Rosatellum, la terza – forse quarta – versione della riforma elettorale proposta dal Pd. Resta solo da scoprire se la sua vita sarà lunga come quella prima, cioè il tempo di entrare in Aula. Qualcuno lo ha chiamato Mattarellum rovesciato per farlo capire meglio (difficile farlo capire peggio). Ma le similitudini con la legge firmata dall’attuale presidente – da molti rimpianta – sono ben poche di Diego Pretini
•COMMENTO – I PARTITI VOGLIONO PARLAMENTO DI NOMINATI (DI A. GRANDI) •A SINISTRA – PISAPIA: “ROSATELLUM BIS PEGGIORE DEL PRIMO”
•M5S, TONINELLI: “UNA FARSA. CE LI VEDETE RENZI E ALFANO A DISEGNARE COLLEGI SULLA MAPPA?”
•FORZA ITALIA – BRUNETTA: “VIA LIBERA AL ROSATELLUM 2.0. M5S? VUOLE CONDANNARSI ALL’ISOLAMENTO”
NELL'ULTIMO ATTO E' DI SCENA LA FIERA DEI CACCIABALLEROS, DOVE VINCE CHI LA SPARA PIU' GROSSA.
Due terzi di nominati e coalizioni di comodo
Si scrive Rosatellum, ma è un gran Bordellum
Sbarramento al 3%, 600 onorevoli scelti dai partiti, niente voto disgiunto. Tornano le alleanze tra
forze politiche, ma rischiano di essere solo cartelli. Ecco la terza versione della legge elettorale targata Pd
Politica
In breve: le coalizioni rischiano di essere finte e variabili, due terzi del Parlamento saranno scelti dai partiti, la libertà di scelta dell’elettore sarà come quella di un plebiscito: sì o no. Ecco il nuovo Rosatellum, la terza – forse quarta – versione della riforma elettorale proposta dal Pd. Resta solo da scoprire se la sua vita sarà lunga come quella prima, cioè il tempo di entrare in Aula. Qualcuno lo ha chiamato Mattarellum rovesciato per farlo capire meglio (difficile farlo capire peggio). Ma le similitudini con la legge firmata dall’attuale presidente – da molti rimpianta – sono ben poche di Diego Pretini
•COMMENTO – I PARTITI VOGLIONO PARLAMENTO DI NOMINATI (DI A. GRANDI) •A SINISTRA – PISAPIA: “ROSATELLUM BIS PEGGIORE DEL PRIMO”
•M5S, TONINELLI: “UNA FARSA. CE LI VEDETE RENZI E ALFANO A DISEGNARE COLLEGI SULLA MAPPA?”
•FORZA ITALIA – BRUNETTA: “VIA LIBERA AL ROSATELLUM 2.0. M5S? VUOLE CONDANNARSI ALL’ISOLAMENTO”
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Re: LEGGE ELETTORALE
LA REPUBBLICA DEI BROCCHI, ULTIMO ATTO: OLTRE LA FRUTTA
Legge elettorale, primo voto: sì ai nominati
Petizione: i parlamentari vogliamo sceglierli noi
Rosatellum bis: Pd, Forza Italia e Lega in commissione Affari costituzionali votano contro le preferenze
Il Fatto rilancia l’appello del Coordinamento democrazia costituzionale: “Sceglie una ristretta oligarchia”
http://www.ilfattoquotidiano.it/premium ... lamentari/
Politica
Malgrado due pronunce della Corte costituzionale, che hanno pesantemente censurato il Porcellum e l’Italicum, ancora una volta una ristretta oligarchia, composta dai capi dei principali partiti, potrà determinare la composizione delle Assemblee parlamentari, assegnando il seggio ai propri fedelissimi ed espropriando gli elettori della possibilità di scegliersi i propri rappresentanti. Facciamo appello alle elettrici e agli elettori a mobilitarsi per informare i cittadini e fare arrivare ai partiti una disapprovazione forte e netta
di F. Q.
•Rosatellum 2.0, costituzionalisti pronti a sollevare eccezioni: “E’ inaccettabile. Si va verso un parlamento di nominati” (di a. gennaro)
•VIDEO – RODOTÀ, IL RICORDO DI ZAGREBELSKY: “NON HA AVUTO CARICHE PIÙ IMPORTANTI PER LA SUA INDISPONIBILITÀ A PARTECIPARE AI CIRCOLI DEI REALISTI”
•SI SCRIVE ROSATELLUM MA È UN GRAN BORDELLUM: DUE TERZI DI NOMINATI E COALIZIONI COME FA COMODO (DI D. PRETINI)
•blog la voce.info: usi e abusi delle liste. Così il rosatellum ne approfitta per riproporre i nominati
Legge elettorale, primo voto: sì ai nominati
Petizione: i parlamentari vogliamo sceglierli noi
Rosatellum bis: Pd, Forza Italia e Lega in commissione Affari costituzionali votano contro le preferenze
Il Fatto rilancia l’appello del Coordinamento democrazia costituzionale: “Sceglie una ristretta oligarchia”
http://www.ilfattoquotidiano.it/premium ... lamentari/
Politica
Malgrado due pronunce della Corte costituzionale, che hanno pesantemente censurato il Porcellum e l’Italicum, ancora una volta una ristretta oligarchia, composta dai capi dei principali partiti, potrà determinare la composizione delle Assemblee parlamentari, assegnando il seggio ai propri fedelissimi ed espropriando gli elettori della possibilità di scegliersi i propri rappresentanti. Facciamo appello alle elettrici e agli elettori a mobilitarsi per informare i cittadini e fare arrivare ai partiti una disapprovazione forte e netta
di F. Q.
•Rosatellum 2.0, costituzionalisti pronti a sollevare eccezioni: “E’ inaccettabile. Si va verso un parlamento di nominati” (di a. gennaro)
•VIDEO – RODOTÀ, IL RICORDO DI ZAGREBELSKY: “NON HA AVUTO CARICHE PIÙ IMPORTANTI PER LA SUA INDISPONIBILITÀ A PARTECIPARE AI CIRCOLI DEI REALISTI”
•SI SCRIVE ROSATELLUM MA È UN GRAN BORDELLUM: DUE TERZI DI NOMINATI E COALIZIONI COME FA COMODO (DI D. PRETINI)
•blog la voce.info: usi e abusi delle liste. Così il rosatellum ne approfitta per riproporre i nominati
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Re: LEGGE ELETTORALE
Vivere le transizioni verso il basso non è mai facile per nessuno.
Luci ed ombre del prof. Gaetano Azzariti.
Da Il Fatto Quotidiano del 4 ottobre 2017
Chi è
Nato a Roma, 61 anni, Gaetano Azzariti è professore di Diritto costituzionale e ordinario all’Università Sapienza di Roma. Esponente della cosiddetta “sinistra ” del costituzionalismo italiano, è nipote dell’omonimo giurista che fu presidente della Corte costituzionale dal 1957 al 1961
PROPORZIONALE,
LA SOLA SCELTA
CHE RIDÀ RUOLO
A NOI CITTADINI
» GAETANO AZZARITI
Solo il proporzionale ridà voce ai cittadini e dignità alle Camere
UNA POLITICA POST-COSTITUZIONALE
Il Parlamento non conta più, schiacciato dal governo che domina i lavori e dalle regole che limitano il confronto
IL FALSO MITO DEGLI ESECUTIVI STABILI Gli ultimi sistemi sembrano essere pensati per governare senza popolo, e pazienza se le urne sono deserte
Ripubblichiamo parte dell’intervento che il professor Azzariti ha tenuto nel convegno dei Comitati del No lunedì
La discussione sulla riforma del sistema elettorale è diventata insopportabilmente confusa, anzi del tutto indecifrabile, almeno per chi vuole ragionare in base a valori e non solo per perseguire i propri interessi di partito, se non direttamente quelli strettamente personali.
Ci vengono proposti sistemi elettorali, sempre più complessi, che sembrano fondarsi sul mistero della cabala, con il solo scopo di acquisire prima del voto un risultato politico desiderato ovvero con il fine di esorcizzare esiti non graditi.
COSÌ È PER L’ULTIMA proposta, elaborata dagli stessi protagonisti che pochi mesi addietro si erano accordati per introdurre un sistema del tutto diverso, che ora immaginano di poter escogitare un meccanismo grazie al quale -secondo le parole dei commentatori più accreditati e dei più scaltri esponenti politici – si garantisca a Berlusconi di ottenere la leadership nel centrodestra, a Salvini di fare il pieno nei collegi del nord, ad Alfano di provare a non scomparire, a Renzi di tacitare gli avversari interni e orchestrare un trappolone per Pisapia, a quest’ultimo di affrancarsi dall’ingombrante D’Alema e abbandonare la sinistra soi-disant radicale.
È questo un terreno di discussione inaccettabile.
L’espressione unicamente del livello di assoluta autoreferenzialità della politica, un’ostentazione della politica che si allontana sempre più dal mondo reale.
Allora, il nostro primo sforzo credo debba essere quello di riportare con i piedi per terra il confronto sulla legge elettorale.
Ricordare, che questa non serve per assicurare il risultato ai giocatori, bensì a permettere al popolo sovrano di esprimere e scegliere i propri rappresentanti.
Sulla riforma della legge elettorale mi limito qui a due considerazioni.
In primo luogo, ricordo che entrambe le decisioni della Consulta sui sistemi elettorali hanno rilevato che le ragioni della governabilità – obiettivo politico legittimo – devono però essere perseguite “con il minore sacrificio possibile per la rappresentanza politica nazionale”, la quale “si pone al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo prefigurati dalla Costituzione”.
A ME SEMBRA chiaro il senso di un tale rilievo: l’ansia di governabilità che ha dominato la politica in Italia nell’ultimo quarto di secolo è andata troppo oltre ed è giunta a comprimere eccessivamente il valore supremo della rappresentatività dell’assemblea parlamentare.
Dopo queste sentenze, il buon legislatore non perderebbe un attimo del suo tempo e – ringraziata la Corte per averla avvertita del pericolo incorso – rimedierebbe al mal fatto, riscoprendo le virtualità della rappresentanza politica che si pone alla base della nostra democrazia costituzionale.
V’è, poi, una seconda ragione che dovrebbe sollecitare a invertire la rotta.
Ed è la constatazione dello stato in cui ci troviamo.
Dopo venticinque anni di democrazia maggioritaria nessun risultato auspicato è stato conseguito: non la promessa semplificazione del sistema politico, che è invece esploso e s’è frammentato al suo interno; non la reclamata stabilità dei governi, costantemente ostaggio di maggioranze sempre più litigiose; non verno rimessa al corpo elettorale, che non decide ormai più nulla, non solo non sceglie il governo, ma neppure i propri rappresentanti, neppure l’ultimo dei peones.
Non solo non si sono raggiunti gli obiettivi perseguiti ma si sono pericolosamente inaridite le fonti che alimentano la democrazia costituzionale.
Il Parlamento in primo luogo.
Quest’ultimo io credo sia stato il peccato più grande.
SE VI È UN ORGANO sacrificato dal lungo regresso che ha accompagnato il progressivo, apparentemente inarrestabile, declino del paese questo è stato l’organo della rappresentanza popolare.
Oggi il Parlamento italiano non conta più nulla, schiacciato dal governo che ne domina i lavori, impedito al confronto da regolamenti fatti apposta per poter decidere senza discutere. Il Parlamento sembra aver perduto ogni autonomia di organo costituzionale, posto ai margini della nostra forma di governo, che pure si vuole ancora qualificare come “parlamentare”.
Questa “riduzione al nulla” del Parlamento è il più grave dei peccati e la più imperdonabile delle leggerezze perché –come scriveva Kelsen – “alla sorte del parlamentarismo è legata la sorte della stessa democrazia”. In verità, il Parlamento oggi non è stato solo abbandonato dalla classe politica, che discute altrove, ma anche dal popolo che si indigna, ma non va più a votare, che non si riconosce più nelle istituzioni democratiche.
Ed è questo il lato più preoccupante perché non c’è democrazia senza consenso.
Invero, non c’è neppure un governo democratico senza consenso.
Eppure le ultime leggi elettorali sembrano essere state pensate proprio per governare senza popolo, con l’unico scopo di avere un governo la sera stessa delle elezioni, anche se queste fossero andate deserte e comunque a prescindere dalla rappresentanza effettiva, dal peso reale delle forze in campo.
Oggi abbiamo l’occasione di rimettere al centro della nostra riflessione la questione della rappresentanza reale, cercando di ridurre il terribile gap tra rappresentanti e rappresentati; provando a recuperare un po’di popolo alle ragioni della democrazia e del parlamentarismo.
Per far questo è necessario sfatare un po’ di luoghi comuni. Mai stati veri, sebbene ostinatamente ripetuti.
Non è vero, ad esempio, che si vota per “scegliere” il governo: si votano i membri dell’organo legislativo, i rappresentanti della nazione, che poi svolgeranno le proprie funzioni senza vincolo di mandato. La democrazia parlamentare è cosa ben diversa dalla democrazia del capo.
POI, DEI PARLAMENTARI autorevoli, perché realmente rappresentativi della nazione, potranno assicurare un sostegno duraturo e responsabile ai governi, i quali – dopo le elezioni, in base all’esito di esse, e dopo la nomina effettuata dal presidente della Repubblica – si presenteranno di fronte ad essi per esporre un programma di governo.
Sono dunque i parlamentari a dover conferire – con mozione motivata – la fiducia al governo e non viceversa.
Dunque il parlamento viene prima del governo.
Un Parlamento davvero rappresentativo non può essere il frutto esclusivo di torsioni maggioritarie, premi, sbarramenti e altre diavolerie immaginate solo per giungere ad un esito voluto.
La richiesta di una legge elettorale di tipo proporzionale vuole preservare l’essenza e il valore del parlamento di una democrazia realmente pluralista.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Luci ed ombre del prof. Gaetano Azzariti.
Da Il Fatto Quotidiano del 4 ottobre 2017
Chi è
Nato a Roma, 61 anni, Gaetano Azzariti è professore di Diritto costituzionale e ordinario all’Università Sapienza di Roma. Esponente della cosiddetta “sinistra ” del costituzionalismo italiano, è nipote dell’omonimo giurista che fu presidente della Corte costituzionale dal 1957 al 1961
PROPORZIONALE,
LA SOLA SCELTA
CHE RIDÀ RUOLO
A NOI CITTADINI
» GAETANO AZZARITI
Solo il proporzionale ridà voce ai cittadini e dignità alle Camere
UNA POLITICA POST-COSTITUZIONALE
Il Parlamento non conta più, schiacciato dal governo che domina i lavori e dalle regole che limitano il confronto
IL FALSO MITO DEGLI ESECUTIVI STABILI Gli ultimi sistemi sembrano essere pensati per governare senza popolo, e pazienza se le urne sono deserte
Ripubblichiamo parte dell’intervento che il professor Azzariti ha tenuto nel convegno dei Comitati del No lunedì
La discussione sulla riforma del sistema elettorale è diventata insopportabilmente confusa, anzi del tutto indecifrabile, almeno per chi vuole ragionare in base a valori e non solo per perseguire i propri interessi di partito, se non direttamente quelli strettamente personali.
Ci vengono proposti sistemi elettorali, sempre più complessi, che sembrano fondarsi sul mistero della cabala, con il solo scopo di acquisire prima del voto un risultato politico desiderato ovvero con il fine di esorcizzare esiti non graditi.
COSÌ È PER L’ULTIMA proposta, elaborata dagli stessi protagonisti che pochi mesi addietro si erano accordati per introdurre un sistema del tutto diverso, che ora immaginano di poter escogitare un meccanismo grazie al quale -secondo le parole dei commentatori più accreditati e dei più scaltri esponenti politici – si garantisca a Berlusconi di ottenere la leadership nel centrodestra, a Salvini di fare il pieno nei collegi del nord, ad Alfano di provare a non scomparire, a Renzi di tacitare gli avversari interni e orchestrare un trappolone per Pisapia, a quest’ultimo di affrancarsi dall’ingombrante D’Alema e abbandonare la sinistra soi-disant radicale.
È questo un terreno di discussione inaccettabile.
L’espressione unicamente del livello di assoluta autoreferenzialità della politica, un’ostentazione della politica che si allontana sempre più dal mondo reale.
Allora, il nostro primo sforzo credo debba essere quello di riportare con i piedi per terra il confronto sulla legge elettorale.
Ricordare, che questa non serve per assicurare il risultato ai giocatori, bensì a permettere al popolo sovrano di esprimere e scegliere i propri rappresentanti.
Sulla riforma della legge elettorale mi limito qui a due considerazioni.
In primo luogo, ricordo che entrambe le decisioni della Consulta sui sistemi elettorali hanno rilevato che le ragioni della governabilità – obiettivo politico legittimo – devono però essere perseguite “con il minore sacrificio possibile per la rappresentanza politica nazionale”, la quale “si pone al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo prefigurati dalla Costituzione”.
A ME SEMBRA chiaro il senso di un tale rilievo: l’ansia di governabilità che ha dominato la politica in Italia nell’ultimo quarto di secolo è andata troppo oltre ed è giunta a comprimere eccessivamente il valore supremo della rappresentatività dell’assemblea parlamentare.
Dopo queste sentenze, il buon legislatore non perderebbe un attimo del suo tempo e – ringraziata la Corte per averla avvertita del pericolo incorso – rimedierebbe al mal fatto, riscoprendo le virtualità della rappresentanza politica che si pone alla base della nostra democrazia costituzionale.
V’è, poi, una seconda ragione che dovrebbe sollecitare a invertire la rotta.
Ed è la constatazione dello stato in cui ci troviamo.
Dopo venticinque anni di democrazia maggioritaria nessun risultato auspicato è stato conseguito: non la promessa semplificazione del sistema politico, che è invece esploso e s’è frammentato al suo interno; non la reclamata stabilità dei governi, costantemente ostaggio di maggioranze sempre più litigiose; non verno rimessa al corpo elettorale, che non decide ormai più nulla, non solo non sceglie il governo, ma neppure i propri rappresentanti, neppure l’ultimo dei peones.
Non solo non si sono raggiunti gli obiettivi perseguiti ma si sono pericolosamente inaridite le fonti che alimentano la democrazia costituzionale.
Il Parlamento in primo luogo.
Quest’ultimo io credo sia stato il peccato più grande.
SE VI È UN ORGANO sacrificato dal lungo regresso che ha accompagnato il progressivo, apparentemente inarrestabile, declino del paese questo è stato l’organo della rappresentanza popolare.
Oggi il Parlamento italiano non conta più nulla, schiacciato dal governo che ne domina i lavori, impedito al confronto da regolamenti fatti apposta per poter decidere senza discutere. Il Parlamento sembra aver perduto ogni autonomia di organo costituzionale, posto ai margini della nostra forma di governo, che pure si vuole ancora qualificare come “parlamentare”.
Questa “riduzione al nulla” del Parlamento è il più grave dei peccati e la più imperdonabile delle leggerezze perché –come scriveva Kelsen – “alla sorte del parlamentarismo è legata la sorte della stessa democrazia”. In verità, il Parlamento oggi non è stato solo abbandonato dalla classe politica, che discute altrove, ma anche dal popolo che si indigna, ma non va più a votare, che non si riconosce più nelle istituzioni democratiche.
Ed è questo il lato più preoccupante perché non c’è democrazia senza consenso.
Invero, non c’è neppure un governo democratico senza consenso.
Eppure le ultime leggi elettorali sembrano essere state pensate proprio per governare senza popolo, con l’unico scopo di avere un governo la sera stessa delle elezioni, anche se queste fossero andate deserte e comunque a prescindere dalla rappresentanza effettiva, dal peso reale delle forze in campo.
Oggi abbiamo l’occasione di rimettere al centro della nostra riflessione la questione della rappresentanza reale, cercando di ridurre il terribile gap tra rappresentanti e rappresentati; provando a recuperare un po’di popolo alle ragioni della democrazia e del parlamentarismo.
Per far questo è necessario sfatare un po’ di luoghi comuni. Mai stati veri, sebbene ostinatamente ripetuti.
Non è vero, ad esempio, che si vota per “scegliere” il governo: si votano i membri dell’organo legislativo, i rappresentanti della nazione, che poi svolgeranno le proprie funzioni senza vincolo di mandato. La democrazia parlamentare è cosa ben diversa dalla democrazia del capo.
POI, DEI PARLAMENTARI autorevoli, perché realmente rappresentativi della nazione, potranno assicurare un sostegno duraturo e responsabile ai governi, i quali – dopo le elezioni, in base all’esito di esse, e dopo la nomina effettuata dal presidente della Repubblica – si presenteranno di fronte ad essi per esporre un programma di governo.
Sono dunque i parlamentari a dover conferire – con mozione motivata – la fiducia al governo e non viceversa.
Dunque il parlamento viene prima del governo.
Un Parlamento davvero rappresentativo non può essere il frutto esclusivo di torsioni maggioritarie, premi, sbarramenti e altre diavolerie immaginate solo per giungere ad un esito voluto.
La richiesta di una legge elettorale di tipo proporzionale vuole preservare l’essenza e il valore del parlamento di una democrazia realmente pluralista.
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Re: LEGGE ELETTORALE
Quando alla fine ti cascano le palle, e comprendi chi non ha più riferimenti.
Gennà…….il Migliore. Sono questi i rifondaioli??????????????????????????????????????
L’attenzione corre a quei ragazzi e ragazze che si stavano affacciando alla vita, e l’hanno sacrificata per un Italia migliore tra il ’43 e il ‘45……………………….Come Gennà Migliore ????????????????????????????????
IlFattoQuotidiano.it / Politica
Rosatellum, sulla costituzionalità garantisce il Pd. Parola di Rosato e Migliore: “Tranquilli, è sicuramente costituzionale”
VIDEO
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10 ... e/3898326/
di Manolo Lanaro e Alberto Sofia | 6 ottobre 2017
• 8
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•
Più informazioni su: Gennaro Migliore, Legge Elettorale, PD
Il padre del Rosatellum Bis, Ettore Rosato, capogruppo dem a Monteciotiro è sicuro: “La Legge elettorale è sicuramente costituzionale”. In casa Pd nessuno teme possibili ricorsi alla Corte Costituzionale. “E’ un’abitudine per tutti quelli a cui non piace una legge elettorale dire che è incostituzionale – aggiunge Rosato e quando gli chiediamo perché nel Rosatellum Bis non è previsto il vaglio preventivo della Corte Costituzionale, come già per l’Italicum – il presidente dei deputati dem offre una singolare spiegazione: “Perché mi sembra che stiamo andando a votare se il calendario non mi smentisce”. Anche Gennaro Migliore non ha dubbi: “Sì, la nuova legge elettorale è costituzionale”.
di Manolo Lanaro e Alberto Sofia | 6 ottobre 2017
Gennà…….il Migliore. Sono questi i rifondaioli??????????????????????????????????????
L’attenzione corre a quei ragazzi e ragazze che si stavano affacciando alla vita, e l’hanno sacrificata per un Italia migliore tra il ’43 e il ‘45……………………….Come Gennà Migliore ????????????????????????????????
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Rosatellum, sulla costituzionalità garantisce il Pd. Parola di Rosato e Migliore: “Tranquilli, è sicuramente costituzionale”
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Il padre del Rosatellum Bis, Ettore Rosato, capogruppo dem a Monteciotiro è sicuro: “La Legge elettorale è sicuramente costituzionale”. In casa Pd nessuno teme possibili ricorsi alla Corte Costituzionale. “E’ un’abitudine per tutti quelli a cui non piace una legge elettorale dire che è incostituzionale – aggiunge Rosato e quando gli chiediamo perché nel Rosatellum Bis non è previsto il vaglio preventivo della Corte Costituzionale, come già per l’Italicum – il presidente dei deputati dem offre una singolare spiegazione: “Perché mi sembra che stiamo andando a votare se il calendario non mi smentisce”. Anche Gennaro Migliore non ha dubbi: “Sì, la nuova legge elettorale è costituzionale”.
di Manolo Lanaro e Alberto Sofia | 6 ottobre 2017
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Re: LEGGE ELETTORALE
UncleTom ha scritto:Quando alla fine ti cascano le palle, e comprendi chi non ha più riferimenti.
Gennà…….il Migliore. Sono questi i rifondaioli??????????????????????????????????????
Anche Pisapia non si sa dove vuole andare.
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Re: LEGGE ELETTORALE
il punto di partenza e quello giusto.
serve una via italiana alla legge elettorale, questa via non puo che essere il mattarellum
non diamo giudizi politici , a livello politico il mattarellum fu un disastro.
le folli legge ad personam di berlusconi sono reponsabilita grave del mattarellum.
diversa l analisi sotto il profilo tecnico.
il punto di partenza e un equilibrio tra rappresentativita e governabilita.
il mattarellum pesava 80 % sulla governabilita e 20 % sulla rappresentativita.
e stato inutile nasconderlo un disastro.
il governo politicamente illegittimo di monti e fornero e nato sulla brodaglia del maggioritario senza contrappesi.
il job act palesemente anticostituzionale all 80 %, dico a qualche cameriere giuridico palesemente anticostituzionale
e il frutto della cultura maggioritaria.
ma quali sono le problematiche di un proporzionale puro.
una testa un voto, si
sicuramente il proporzionale e un ritorno al proporzionale e un fatto fondamentale per un ritorno della politica come cultura politica della trasformazione della realta materiale di vita del popolo.
la prima questione sono i partiti, qual e la vita democratica dei partiti ?
il pci aveva una vita democratica interna . condivido l impianto della relazione del compagno segretario
voleva dire non sono d accordo ma mi adeguo alla maggioranza.
il psi con le componenti autonomiste e della sinistra lombardiana avevano un grande dibattitto al proprio interno si pensi alla rivoluzionaria riforma agraria di riccardo lombardi sconfitta storica della sinistra lombardiana.
si pensi alla dc e al linguaggio dialettico democristiano studiato da hegel nella sua tomba. diciamo convergenze parallele, il preambolo naturalmente democratico .
oggi cosa sono i partiti, qualche scemo vestito a festa ?
ci puo essere un proporzionale puro senza una teoria del partito e una norma giuridica che sancisca il comportamentalismo della vita di un partito ?
il partito politico e il soggetto del proporzionalismo, l oggetto del proporzionalismo e la forma governo.
se non funziona il soggetto l oggetto perde oggettivita.
il premio di maggioranza e anticostituzionale non nella sua formazione come sostiene la corte costituzionale ma anticostituzionale indipendentemente dalla forma e nullo prima della sua origine.
in questo contesto dialettico e fondamentale un equilibrio .
questo equilibrio e un proporzionale puro al 75 % e un maggioritario con i collegi a doppio turno al 25 %.
quindi un mattarellum rifondato.
ovviamente per il proporzionale la preferenza, ovviamente , ovviamente in quanto non e pensabile che qualche ubriaco faccia le liste.
il governo si fara stabile oppure si fare balneare, questo lo devono decidere solo ed eslusivamente gli elettori.
lo stato puo funzionare senza un governo, ma un governo non puo funzionare senza stato.
questo lo disse lenin in stato e rivoluzione e in italia lo dissero i padri costituenti con la costituzione.
il ciclista non potra dire mamma sono arrivato uno, ma neanche un ubriaco potra dire mamma sono diventato uno .
serve una via italiana alla legge elettorale, questa via non puo che essere il mattarellum
non diamo giudizi politici , a livello politico il mattarellum fu un disastro.
le folli legge ad personam di berlusconi sono reponsabilita grave del mattarellum.
diversa l analisi sotto il profilo tecnico.
il punto di partenza e un equilibrio tra rappresentativita e governabilita.
il mattarellum pesava 80 % sulla governabilita e 20 % sulla rappresentativita.
e stato inutile nasconderlo un disastro.
il governo politicamente illegittimo di monti e fornero e nato sulla brodaglia del maggioritario senza contrappesi.
il job act palesemente anticostituzionale all 80 %, dico a qualche cameriere giuridico palesemente anticostituzionale
e il frutto della cultura maggioritaria.
ma quali sono le problematiche di un proporzionale puro.
una testa un voto, si
sicuramente il proporzionale e un ritorno al proporzionale e un fatto fondamentale per un ritorno della politica come cultura politica della trasformazione della realta materiale di vita del popolo.
la prima questione sono i partiti, qual e la vita democratica dei partiti ?
il pci aveva una vita democratica interna . condivido l impianto della relazione del compagno segretario
voleva dire non sono d accordo ma mi adeguo alla maggioranza.
il psi con le componenti autonomiste e della sinistra lombardiana avevano un grande dibattitto al proprio interno si pensi alla rivoluzionaria riforma agraria di riccardo lombardi sconfitta storica della sinistra lombardiana.
si pensi alla dc e al linguaggio dialettico democristiano studiato da hegel nella sua tomba. diciamo convergenze parallele, il preambolo naturalmente democratico .
oggi cosa sono i partiti, qualche scemo vestito a festa ?
ci puo essere un proporzionale puro senza una teoria del partito e una norma giuridica che sancisca il comportamentalismo della vita di un partito ?
il partito politico e il soggetto del proporzionalismo, l oggetto del proporzionalismo e la forma governo.
se non funziona il soggetto l oggetto perde oggettivita.
il premio di maggioranza e anticostituzionale non nella sua formazione come sostiene la corte costituzionale ma anticostituzionale indipendentemente dalla forma e nullo prima della sua origine.
in questo contesto dialettico e fondamentale un equilibrio .
questo equilibrio e un proporzionale puro al 75 % e un maggioritario con i collegi a doppio turno al 25 %.
quindi un mattarellum rifondato.
ovviamente per il proporzionale la preferenza, ovviamente , ovviamente in quanto non e pensabile che qualche ubriaco faccia le liste.
il governo si fara stabile oppure si fare balneare, questo lo devono decidere solo ed eslusivamente gli elettori.
lo stato puo funzionare senza un governo, ma un governo non puo funzionare senza stato.
questo lo disse lenin in stato e rivoluzione e in italia lo dissero i padri costituenti con la costituzione.
il ciclista non potra dire mamma sono arrivato uno, ma neanche un ubriaco potra dire mamma sono diventato uno .
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