Come se ne viene fuori ?

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UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

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UncleTom ha scritto:IL SISTEMA DELLA CORRUZIONE
di Piercamillo Davigo


Capitolo II
Il perché fu abbattuto un sistema politico


Pagina 13


La tragedia italiana non è data dal fatto che nel nostro paese ci sono i corrotti, perché costoro sono presenti ovunque, ma dal fatto che maggioranza e opposizione si spartiscono le mazzette!

Questo è il problema: si comportano come <<i ladri di Pisa>> che di giorno facevano finta di litigare e di notte rubavano insieme.


CONTINUA
Ricordo il mio stupore quando, interrogando il segretario regionale di un partito che aveva ricevuto 150 milioni di lire – di notte, in un garage – da un consigliere regionale di un altro partito, mi sentii rispondere che si trattava soltanto di un finanziamento illecito.

Quando, incredulo, gli chiesi: <<Perché mai l’appartenente ad un altro partito dovrebbe finanziare un altro partito? Se gli piace l’altro partito si iscriva a quello!>>, ebbene, quello mi guardò e rispose : <<Lei non capisce niente di politica>>.

Certo, non capisco niente di questa politica, perché penso che la politica debba funzionare secondo regole diverse.

Io non credo che si possa sperare in una collaborazione della politica fino a quando le regole della selezione del personale politico resteranno quelle attuali.

CONTINUA
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

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CONTINUA

Mi spiego meglio.

Per anni ci hanno raccontato la storia che le tangenti erano <<il costo della democrazia>>.

Ricordo un uomo politico che, secondo una sua collaboratrice, passava tutta la notte con due donne e, se mancava una delle due , lei doveva sostituirla!

E tutto questo avveniva in gran parte con l’utilizzo di denaro provenente da episodi di corruzione.

Per carità, quest’uomo sarà stato forse invidiato da molti, ma trovo difficoltà a definire tutto questo <<il costo della democrazia>>,

CONTINUA
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Facciamo un salto più in là, a pagina 17.

Scrive sempre Piercamillo Davigo
:

......Il problema è che il costo della politica, considerato nel suo complesso, nel nostro paese è eccessivo: ci sono troppe persone che vivono di politica, così come ci sono troppe persone che vivono di altre attività non immediatamente produttive (e voglio inserire nella lista anche la giustizia), rispetto alla tenuta economica.

Per capire come tutto questo possa accadere dobbiamo descrivere i fenomeni considerandoli non solo singolarmente, ma globalmente.

Prendiamo alcuni esempi milanesi, come quello della metropolitana (ma si potrebbero reiterare per altri settori): le imprese si consorziavano in associazioni temporanee o in consorzi, partecipavano agli appalti che poi vincevano, l’impresa capogruppo raccoglieva denaro da tutte le imprese consorziate, e lo versava ad un politico che lo divideva tra tutti i patiti di maggioranza e di opposizione.

Il primo risultato è che queste imprese, in tal modo, evitavano la concorrenza di imprese che non fossero dentro i meccanismi di tutela.

Il secondo, che i partiti che fingevano di competere fra loro sul mercato del voto si spartivano, in base al peso elettorale che già avevano, le tangenti, in modo di perpetuare gli stessi rapporti di potere.

Si creava così un sistema perverso in cui chi aveva più denaro riusciva a controllare gli apparati di partito e quindi a formare liste elettorali, e comunque a farsi attribuire assessorati o cariche pubbliche e quindi più denaro, più denaro, più cariche, in un giro vizioso facilmente intuibile.

In tutto questo si sono imbattuti i magistrati che poi, paradossalmente, si sono visti attaccati.
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Re: Come se ne viene fuori ?

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DAVIGO OGGI.......



Il fatto quotidiano.it





Corruzione, ‘il centrosinistra ostacolo alle indagini
Se non in ginocchio ci ha messo genuflessi’




L’ex segretario Anm Davigo: “Anche il centrodestra si è sempre dato da fare, ma le ha fatte così grosse
e così male che di solito non ha funzionato”. Riforma della giustizia? “Dal governo promesse disattese”





Politica

“Centrodestra e centrosinistra si sono sempre dati da fare non per contrastare la corruzione ma per contrastare le indagini sulla corruzione”. Piercamillo Davigo, ex presidente dell’Anm e giudice della Cassazione interviene a un convegno sulla giustizia organizzato da M5S (video di Alberto Sofia) e riprende idealmente quanto detto in occasione dei 25 anni di Mani pulite:“L’attività principale dei vari governi che si sono susseguiti dai tempi di Mani pulite non è stata quella di rendere più difficile la corruzione, ma quella di rendere più difficili le indagini e i processi sulla corruzione”. L’affondo contro i governi recenti sulla riforma della giustizia
di F. Q.
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Re: Come se ne viene fuori ?

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ALLA RICERCA DEL PARTITO CHE NON C’E’.





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Il partito che non c’è: quello che direbbe tutta la verità
Scritto il 31/5/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi

«Io non sono contro il capitalismo, voglio solo tagliargli un po’ le unghie».

Lo disse Olof Palme, grande leader socialdemocratico europeo, assassinato nel 1986 a Stoccolma mentre era premier della civilissima Svezia, dove aveva imposto l’ingresso diretto dello Stato nell’economia per salvare industrie traballanti, assegnando addirittura ai lavoratori una quota azionaria.

«Chi ha ucciso Palme voleva “uccidere” il socialismo in Europa: il leader svedese andava abbattuto per poter poi mettere in piedi un obbrobrio come l’attuale Eurozona», sostiene Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che collega l’omicidio Palme (tuttora senza colpevoli) a un telegramma con il quale Licio Gelli annunciò l’imminente “caduta” della “palma svedese” al parlamentare statunitense Philip Guarino, allora braccio destro del politologo supermassone Michael Ledeen, onnipresente nella politica italiana, tanto che – sempre secondo Carpeoro – affiancò «prima Craxi e poi Di Pietro, quindi Renzi e contemporaneamente il grillino Di Maio».


Carpeoro aderisce al Movimento Roosevelt fondato da Gioele Magaldi, già maestro venerabile di una loggia romana del Grande Oriente d’Italia e poi Gran Maestro del Grande Oriente Democratico. Magaldi – sceso in campo a colpi di denunce contro gli abusi di certa massoneria internazionale neoaristocratica e in difesa e promozione della secolare tradizione progressista della libera muratoria – oggi invoca la nascita del “partito che non c’è”.

«Chiedetevi come mai ci ritroviamo a domandarci, ogni volta, dov’è finita la politica seria, e perché è scomparsa», ripeteva anni fa Paolo Barnard, ricostruendo – nel saggio “Il più grande crimine” – la genesi dell’Eurozona in chiave economico-finanziaria ma soprattutto criminologica.

L’accusa: una élite feudale pre-moderna e pre-democratica, travolta per due secoli dai progressivi successi della democrazia industriale, si sta semplicemente riprendendo tutto: in Europa ha rifondato una sorta di Sacro Romano Impero dove comandano politici non-eletti, a loro volta manovrati da una oligarchia finanziaria che ha imposto una moneta “privatizzata”, l’euro, con l’unico scopo di impoverire le popolazioni, trasferendo ricchezza dal basso verso l’alto.

I politici che potevano opporsi sono stati eliminati (come Olof Palme) o più semplicemente “comprati”, cooptati, perché tradissero il loro mandato, il loro elettorato, i loro sindacati di riferimento.

Applicarono alla lettera lo storico memorandum di Lewis Powell, adottato dalla Commissione Trilaterale per abbattere la sinistra sociale dei diritti, usando come clava il dogma del neoliberismo: il welfare deve finire, il potere deve tornare in mani neo-feudali come quelle che pilotano l’ordoliberismo germanico.

Nel suo libro uscito nel 2014, “Massoni, società a responsabilità illimitata”, Magaldi (che cita spesso Barnard) completa il quadro: i “campioni” dell’attuale élite, dalla Merkel a Draghi, sono tutti supermassoni affiliati a 36 Ur-Lodges internazionali.

«Non sono veri massoni», precisa Carpeoro, «visto che hanno tradito i principi progressisti della massoneria».

Magaldi preferisce chiamarli contro-iniziati.

Ma ricorda che proprio alla libera muratoria si devono le istituzioni-cardine della modernità: democrazia, elezioni,

Stato laico, suffragio universale.

Il dono della Rivoluzione Francese, ispirata proprio da massoni.

«Solo che poi siamo arrivati a Monti, a Napolitano.

Anche Renzi ha bussato a quei circoli, ma non gli hanno aperto.

In alternativa ci sarebbero i 5 Stelle, ma non hanno ancora spiegato cosa farebbero, una volta al governo».

Sicché, torna in campo la suggestione del “partito che non c’è”, ma sarebbe tanto utile se ci fosse.

Un partito che, ad esempio, avesse come frontman un economista di primissimo piano come Nino Galloni, allievo del professor Federico Caffè (come lo stesso Draghi, che però si laureò con una tesi sull’insostenibilità di una moneta unica europea).

Galloni ha le idee chiarissime: sbattere la porta in faccia all’Ue, se non accetta di rivedere tutti i trattati-capestro, da Maastricht in poi. Un sogno? Certo, per ora sì: è il sogno del “partito che non c’è”.
Negli anni ‘80, quando Olof Palme era ancora vivo, una corrente (non populista) scosse l’Europa: quella del movimento ambientalista, che poi crebbe velocemente “grazie” al disastro nucleare di Chernobyl.

Nemmeno i Verdi della prima ora intendevano abbattere il capitalismo, ma solo “tagliargli le unghie”, precisamente quelle più “velenose”, in nome della salute di cittadini e lavoratori.

Fu una piccola rivoluzione, anche culturale: prima di degradarsi, il movimento costrinse i paesi europei a dotarsi di legislazioni più “verdi”, più attente alla tutela dell’ambiente.

Ma a prendere il sopravvento, in Italia, fu il ciclone Tangentopoli, che solo oggi – dopo oltre vent’anni – si vede cosa ha prodotto: da quella colossale “distrazione di massa” venne fuori il nuovo conio dell’Unione Europea, quella che ha ridotto la Grecia a paese del terzo mondo e ha privato l’Italia del 25% della sua produzione industriale, facendo ricomparire ovunque lo spettro della povertà.

E i ruggenti 5 Stelle?

Molti si sono stupiti del loro silenzio tombale sul decreto-monstre della ministra Lorenzin sui 12 vaccini obbligatori.

Non Carpeoro: «L’unica speranza sta nella base dei 5 Stelle, che è fatta di persone pulite.

Vedremo se avranno la forza di prevalere sugli attuali vertici, che sono collusi con il potere».

Chiedetevi perché non ci sono più i politici di una volta, insiste Barnard.

«Un minuto dopo l’istituzione dell’euro – aggiunge Carpeoro – lo stesso Craxi “profetizzò” che sarebbe stato l’inizio della fine, per l’Italia.

Con lui, se lo potevano sognare di fare quel tasso di cambio, rispetto alla lira».

Galloni, all’epoca, era in trincea: era stato chiamato nientemeno che da Giulio Andreotti, per tentare di limitare i danni attraverso una “guerra” da condurre al coperto, nel palazzo.

«Telefonò l’allora cancelliere Kohl – ricorda – per chiedere che fossi rimosso: lottavo, per cercare di impedire la deindustrializzazione dell’Italia».

Ma il piano era partito, inesorabilmente, ed era potentissimo.

Banche, grande industria, think-tanks, lobby euro-atlantiche, élite franco-tedesche con frotte di politici, tecnocrati ed economisti di complemento.

Morti e feriti, alla distanza: rigore, austerity, Monti e Napolitano, la Fornero.

Barnard accusa anche D’Alema, uomo-record nelle privatizzazioni, come il suo alleato Romano Prodi, advisor della Goldman Sachs, e personaggi del calibro di Tommaso Padoa Schioppa e dello stesso Carlo Azeglio Ciampi, l’uomo che chiuse il “bancomat” statale di Bankitalia prima ancora dell’avvento dell’euro, costringendo il paese a dipendere, di colpo, dal credito della finanza privata internazionale, trasformando il debito pubblico in un dramma.

Gioele Magaldi segnala che, dal fronte progressista di quella stessa élite neo-massonica, provengono anche segnali di risveglio.

Carpeoro “legge” l’inquietudine dell’élite “terrorista” che ora colpisce Londra e Manchester, temendo che il Regno Unito post-Brexit possa smarcarsi dal vertice neocon ultraliberista.

Ma se qualcuno ha palpitato per le elezioni francesi, sognando una vittoria “sovranista” di Marine Le Pen, si è dovuto arrendere all’evidenza del supermassone Macron, protetto dal supermassone reazionario Jacques Attali (storico sodale di D’Alema, secondo Barnard).

Quanto all’Italia, «rido per non piangere», chiosa Magaldi, tra gli inchini di Gentiloni ai potenti del G7: «I nostri partiti cianciano di legge elettorale “alla tedesca” per ingessare in eterno il sistema con un bell’abbraccio tra Renzi e Berlusconi, che pare piaccia anche a Grillo, dato che porrebbe di fronte alla comoda prospettiva di una nuova stagione di opposizione da “duro e puro”».

Tutto ciò, senza una sola parola – da parte di nessuno – su come uscire dalla trappola di questa Ue.

Servirebbe, appunto, il “partito che non c’è”.


Quelli che ci sono, infatti, servono solo a lasciare l’Italia in letargo, in mezzo alle sue “irrisolvibili” tragedie economiche, che il mainstream si guarda bene dall’approfondire: Barnard (cofondatore di “Report”) è trattato come un appestato, e il libro di Magaldi (decine di migliaia di copie vendute) non ha avuto sinora spazi in tv.

Il mainstream preferisce registrare gli slogan di Salvini, fotografare l’anziano Silvio che allatta agnellini, filmare l’ectoplasma di Renzi che si riprende l’ectoplasma del Pd.

Il mainstream riesce a stare ancora ad ascoltare persino la controfigura di Bersani che straparla di sinistra dimenticando l’altro Bersani, quello vero, che militarizzò il Parlamento per far votare il pareggio di bilancio imposto dall’élite per tramite dei suoi commissari, Monti e Napolitano.

Forse, il “partito che non c’è” è quello degli italiani, che ancora stazionano davanti al televisore godendosi questo spettacolo, mentre altrove i veri capi – gli unici – decidono, ancora e sempre, sulla testa di tutti.
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da UncleTom »

DAVIGO OGGI....



Dalla prima pagina del "Falco Quotidiano":


PARLANO LE TOGHE Convegno alla Camera voluto da Di Maio, c’è anche Cantone
Davigo: i governi Pd peggio di B.
E Di Matteo apre ai Cinque Stelle
cielo 70
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da cielo 70 »

Il brutto è che non so se i 5 stelle sono meglio dei democratici.
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da UncleTom »

......MA LA DEMOCRAZIA NON CONTA PIU' DA MO'.......



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Foa: perdiamo tutti, se la nostra democrazia non conta più


Scritto il 07/6/17 • nella Categoria: idee Condividi




Viviamo in uno strano mondo, in cui un genitore insegna ai propri figli quelli che considera valori sani e inviolabili: il rispetto della Costituzione, della democrazia come espressione della sovranità. Gli spiega che quando avrà 18 anni potrà votare, scegliere il partito che più lo rappresenta. Gli racconta che in Parlamento si approvano le leggi e gli spiega cos’è un paese. A scuola, questo bambino studia i confini e la storia, coltiva un’identità e scopre le proprie radici familiari e nazionali. Cose normalissime. Un tempo. Già, perché quando compirà 18 anni si accorgerà improvvisamente che quella realtà e quei valori, costati milioni di vite ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, non valgono più e se proverà a rivendicarli verrà trattato come un eretico, anzi come un pericoloso populista. Non capirà più nulla o forse capirà fin troppo bene cosa significano il conformismo, le pressioni sociali, l’omologazione. Quel mondo, purtroppo, non è ipotetico ma sempre più reale, un mondo in cui principi elementari, anzi fondamentali, come democrazia e sovranità popolare sono considerati scomodi o vengono ridotti a feticci sull’altare della mondializzazione.

E questo dovrebbe farci riflettere. Perché le differenze culturali, identitarie e politiche non devono più valere? Perché tutti i popoli devono assomigliarsi? Perché la famiglia tradizionale non va più bene e deve essere svuotata di significato? Ci rendiamo conto che la società che si delinea assomiglia sempre di più nella sua forma più ludica a quella descritta da Huxley nel romanzo “Mondo nuovo” e a quella più opprimente del citatissimo “1984” di Orwell? Io credo profondamente nella democrazia, mi scorre nelle vene e non riesco a reprimere l’impulso di parlare, di non tacere. E’ il dovere morale non di fare una rivoluzione ma di difendere quei valori e di contestare l’ineluttabilità della globalizzazione, soprattutto della sua omologazione, che si manifesta anche attraverso il continuo trasferimento di poteri a organismi sovranazionali, talvolta totalmente privi di qualunque legittimità popolare (Ocse, Nato, Oms, eccetera), talaltra diluiti in Parlamenti o altre forme di governance, poco efficaci, di rappresentanza, ridotti ad alibi morali, com’è stato fino ad oggi il Parlamento Europeo.

Chiarisco subito che non si tratta di tornare a società autarchiche e dunque ottusamente protezionistiche, come lascia intendere certo pensiero mainstream; bensì di impostare una nuova forma di convivenza internazionale, in cui l’interesse e i poteri nazionali tornino ad avere il loro peso naturale e in cui i trattati internazionali non siano più calati dall’alto ma siano frutto di negoziazioni tra paesi sovrani e con pari diritti. Non si tratta di fermare il mondo, né di bloccare i commerci, ma di tenere conto anche di interessi che non siano solo quelli sovranazionali, nella convinzione che le democrazie siano ancora oggi il miglior sistema politico e che debba essere preservato, come peraltro lo Stato di diritto (altro valore che i globalisti tendono a disconoscere e a sostituire con forme molto strane di giustizia privata, quali gli arbitrati internazionali senza possibilità di ricorso, contemplati nel Ttip).

Ecco perché le forme di protesta politica emerse recentemente in diversi paesi occidentali vanno salutate con favore. Testimoniano la capacità di resistenza di una parte importante della popolazione, l’attaccamento, talvolta istintivo, a quei valori e comunque a un sistema socioeconomico che negli ultimi 70 anni ha permesso un benessere senza precedenti e basato sull’ascensore sociale. La sfida, per chi ha il coraggio di definirsi sovranista, non è ovviamente di assecondare qualunque forma di protesta ma di contribuire alla nascita e allo sviluppo di movimenti culturali, civici e politici in grado di far maturare una risposta solida, concreta, credibile ai globalisti. E di denunciare ogni forma di insidia come quelle di chi prende a pretesto le fake news e le post-verità per imporre una censura alle opinioni scomode e spegnere sul nascere il contagio più pericoloso, quello delle idee. Non farlo significa rassegnarsi a società in cui sarà facilissimo privare ogni cittadino dei suoi diritti elementari e anche delle sue ricchezze personali. Un mondo che continuerà a dirsi democratico, perché la forma verrà rispettata, per trasformarsi nel suo esatto contrario. A voi quel mondo piace davvero?

(Marcello Foa, “A voi questo mondo piace davvero? Le ottime ragioni dei sovranisti”, dal blog di Foa sul “Giornale” del 1° giugno 2017; intervento anticipato a Milano in un convegno su sovranità e globalizzazione organizzato dalla rivista “Logos” e moderato dal giornalista Gianluca Savoini, con oratori del calibro di Ted Malloch – diplomatico e fedelissimo di Trump, in predicato di diventare ambasciatore Usa a Bruxelles – nonché Giulio Tremonti, il politologo Giuseppe Valditara e Thomas Williams, responsabile di “Breitbart Italia”).
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da UncleTom »

Non ho sbagliato 3D, questo articolo è solo una premessa.


INDOVINA, INDOVINELLO, IN QUALE SITO PUO’ ESSERE STATO PUBBLICATO QUESTO ARTICOLO??????????????????????




In Libia ci vorrebbe un nuovo Italo Balbo
29/06/2017 Giacomo Petrella Opinioni
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Italo Balbo, trasvolatore, eroe nazionale. Dopo la sterile polemica sollevata dall’ANPI – A Orbetello “una piazza per l’eroe Italo Balbo” - il grande trasvolatore italiano, di cui ieri ricorreva l’anniversario della morte, ci fa riflettere sugli uomini valorosi che oggi dovrebbero essere impiegati per contrastare questo clima di tensione mondiale.
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“Ammettiamolo, da quando si parla di diritti umani, si fa una vita da cani”.

Il giornalista Karl Kraus, noto autore di aforismi, non poteva sintetizzare meglio le contraddizioni della modernità occidentale.

Contraddizioni sempre più lampanti, se si osservano, da vicino, i grandi conflitti in atto nel Mediterraneo.

Le Primavere Arabe, esempio multiforme dell’esaltazione superficiale dell’umanitarismo, si sono trasformate infatti nell’incubo fondamentalista del Califfato, in una minaccia costante alle porte dell’Europa, esplosa concretamente tra le vie di Parigi e di Bruxelles.

In questo senso, l’avanzata dell’Is- Stato Islamico, in Libia tocca l’Italia sin troppo da vicino; in termini strategici certamente, ma soprattutto storico-politici.

Fu infatti Italo Balbo, nel 1934, unendo Tripolitania e Cirenaica a dare il via ad una storia di tradizioni e culture diverse fra loro, nel nome di un colonialismo assai differente da quello di matrice anglosassone; un colonialismo di sviluppo, di integrazione fra coloni e colonizzati, e di cittadinanza.

La via Balbia, più di 1800 km di litoranea, fu il simbolo di uno sforzo civilistico assai più profondo della già complessa creazione dei sistemi sanitari, scolastici e di sviluppo agricolo conosciuti dalla colonia. Italo Balbo, in qualità di Governatore della Libia, ebbe modo di mettere in pratica quell’idea di fascismo universale, di motore storico di un’Italia nuovamente imperiale, capace di integrare nel proprio progetto di cittadinanza il più ampio numero di nazioni.


Un’idea condivisa trasversalmente con gli animi più intelligenti e liberi del fascismo regime, quali appunto il direttore dell’Universale, Berto Ricci; non a caso, entrambi Italiani di pensiero ed azione, morti in armi sul fronte Libico.

Un fronte che per Balbo e Ricci venne a rappresentare qualcosa di più di un semplice scenario di guerra.

L’Italo Balbo governatore fu dunque emblema di un’Italia consapevole della propria identità e del proprio ruolo nel Mediterraneo: ostile al razzismo biologico hitleriano, ostile al razzismo ipocrita delle potenze alleate, Balbo mise in pratica un dialogo costante con il mondo musulmano, nella convinzione di poter ridare a Roma quel ruolo di potenza pacifica e di equilibrio avuto nel passato.

Fu proprio il carisma “romano” di Balbo a garantire a Mussolini la consegna della Spada dell’Islam, nel 1937, ed il seguente titolo di Protettore dell’Islam.

La Libia italiana fu dunque esperimento più alto dell’ottocentesco bisogno di espansione coloniale.

Fu la riaffermazione di una pace classica, diversamente intesa: la pace non come superficiale assenza di conflitto, dunque, ma come fondazione di Stati e Civiltà.

Insomma l’esatto contrario di quanto sta avvenendo oggi, a poche miglia da Lampedusa, dove la miopia utilitaristica di un Occidente privo di identità, ha ridestato il mostro storico della Tirannia fondamentalista.

In pratica quell’idea di fascismo universale, di motore storico di un’Italia nuovamente imperiale, capace di integrare nel proprio progetto di cittadinanza il più ampio numero di nazioni.
Un’idea condivisa trasversalmente con gli animi più intelligenti e liberi del fascismo regime, quali appunto il direttore dell’Universale, Berto Ricci; non a caso, entrambi Italiani di pensiero ed azione, morti in armi sul fronte Libico. Un fronte che per Balbo e Ricci venne a rappreentare qualcosa di più di un semplice scenario di guerra. L’Italo Balbo governatore fu dunque emblema di un’Italia consapevole della propria identità e del proprio ruolo nel Mediterraneo: ostile al razzismo biologico hitleriano, ostile al razzismo ipocrita delle potenze alleate, Balbo mise in pratica un dialogo costante con il mondo musulmano, nella convinzione di poter ridare a Roma quel ruolo di potenza pacifica e di equilibrio avuto nel passato.
Fu proprio il carisma “romano” di Balbo a garantire a Mussolini la consegna della Spada dell’Islam, nel 1937, ed il seguente titolo di Protettore dell’Islam. La Libia italiana fu dunque esperimento più alto dell’ottocentesco bisogno di espansione coloniale.

Fu la riaffermazione di una pace classica, diversamente intesa: la pace non come superficiale assenza di cnflitto, dunque, ma come fondazione di Stati e Civiltà. Insomma l’esatto contrario di quanto sta avvenendo oggi, a poche miglia da Lampedusa, dove la miopia utilitaristica di un Occidente privo di identità, ha ridestato il mostro storico della Tirannia fondamentalista.
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

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REPUBBLICA ITALIANA : ULTIMO ATTO



PROVE DI RESTAURAZIONE


I camerati delle brigate STRUMPTRUPPEN, nel caos della fine della Seconda Repubblica, incoraggiati anche dalla vittoria del centrodestra nei ballottaggi di domenica scorsa 25 giugno, hanno preso coraggio nel venire allo scoperto convinti che il futuro irriderà a loro.

Giacomo Petrella, sul sito de Il Giornale.it., il 28 giugno, si è spinto a magnificare le imprese di Italo Balbo, azzardando che in una fase caotica come questa, in Libia ci vorrebbe un personaggio come il quadrumviro di Ferrara caduto nei cieli di Tobruk per mano della stessa contraerea italiana.

Magnificando il “fascismo universale, motore storico di un’Italia nuovamente imperiale, capace di integrare nel proprio progetto di cittadinanza il più ampio numero di nazioni.”

E il camerata direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, gli ha dato spazio; ….fiato alle trombe e ai tromboni.

La mummia cinese restaurata, di Hardcore sente ancora il problema delle sue aziende e quindi ha una necessità estrema di riconquistare le posizioni perdute nel 2011, mettendosi a capo della coalizione di centro destra, malgrado gli ottantuno anni a settembre.

Il più giovane ed ambizioso Salvini, tramontata la possibilità di aggregarsi al carro della Le Pen, è stato costretto a venire a più miti consigli con Berlusconi pur di arrivare anche lui nella stanza dei bottoni, sapendo che prossimamente potrà ereditare la coalizione di centrodestra perché il boss è veramente troppo anziano per reggere allo stres.

Angelo Cannatà, ieri, sul sito del Fatto Quotidiano.it ha scritto:



IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Angelo Cannatà


Politica
Silvio Berlusconi, abbiamo dimenticato chi è. Questo è il punto
di Angelo Cannatà | 30 giugno 2017


Più informazioni su: Bruno Vespa, Corriere Della Sera, Il Caimano, M5S, Porta a Porta, Silvio Berlusconi

Angelo Cannatà
Docente di Storia e Filosofia
Post | Articoli
Le interviste a Berlusconi nel dopo-elezioni sono particolari e decisamente sdraiate: “Rieccomi” – dice al Corriere – “guiderò la campagna elettorale”. Vero. Osserviamo che era “scomparso” perché cacciato dal Parlamento italiano. Bisogna sempre ricordare chi è l’uomo che finge di amare i cani e porta in giro il “sosia” di Dudù. B. è tornato conquistando – col centro-destra unito – Genova, Pistoia, La Spezia, Piacenza, eccetera, e spargendo veleni: qualche giorno fa ha detto: “Grillo come comico era formidabile. Peccato che voleva sempre essere pagato in nero”. Colpisce l’uso delle parole: Grillo può fare “solo” il comico. C’è disprezzo. L’arte della politica, per il Caimano, appartiene agli uomini del fare. Vediamo da vicino dunque l’uomo del fare, nel dopo-elezioni che festeggia smemoratezza e malafede.
Innanzitutto: come ha fatto la sua fortuna il Caimano? La domanda è necessaria, visto che parliamo di un corruttore pluriprescritto e un frodatore condannato; necessaria proprio perché nei salotti televisivi e nelle interviste sdraiate, del “come” – quando si tratta di B. – non si discute mai, si scherza sulle sue battute, come ai tempi di Andreotti: viviamo in un eterno “Bagaglino”. Il pregiudicato fa il simpatico (“Di Trump mi piace la moglie”) e la tv amplifica: deve apparire amabile, in nome del Nazzareno. A questo siamo. La complicità (“dei-media-al-servizio”) ha pesato – insieme a molto altro – nell’ennesima rinascita elettorale dell’ex cavaliere. Abbiamo dimenticato chi è B. Questo è il punto.
Lui non si dimentica invece d’essere il Caimano ed usa contro Grillo la stessa potenza di fuoco e le stesse menzogne utilizzate contro la sinistra: “Il successo dei grillini è il fallimento della politica. Io considero pericolosissimi i Cinquestelle ma ho massimo rispetto per chi li vota (…) a quegli elettori abbiamo il dovere di proporre una diversa qualità dell’offerta politica, basata su persone oneste e credibili”. Proprio così. Il Caimano parla di onestà e credibilità. In un’altra intervista afferma: I grillini? “Sono loro i professionisti della politica, perché vivono dell’indennità parlamentare.” Demagogia. Eppure, quest’immondizia trova ascolto.
Frode fiscale, truffe, amicizie pericolose, festini perversi, ricatti, condanne, nipoti di Mubarak, eccetera, non contano niente. Berlusconi “ritorna in campo” perché una parte del Paese è smemorata. E’ così. Renzi minimizza la sconfitta e s’appresta – se non verrà defenestrato – alla santa alleanza contro i 5Stelle. Domanda: se il Caimano è quello che abbiamo descritto per anni, il Pd può davvero allearsi con lui?
Una compagine governativa deve avere un’anima: qual è quella del Renzusconi? Sul tema dell’identità non si scherza: le elezioni amministrative mostrano – non solo con l’astensionismo – che una comunità politica, per mobilitarsi, ha bisogno di qualcosa in cui credere (anche una comunità di lettori: Repubblica, per dire, sta subendo un’emorragia perché non ha più un’identità: è di destra? È di sinistra? Vuole l’alleanza con Berlusconi? Non la vuole?) E allora: solo la coerenza paga.
La morte di Rodotà ha scosso il Paese. Un difensore dei diritti. C’è bisogno di modelli e di riferimenti alti che mobilitino le energie migliori: possiamo dare (di nuovo) il Paese al Caimano? I fautori dell’inciucio si avvalgono di un’informazione drogata che occulta lo scandalo Consip e amplifica gli errori della sindaca Raggi. Intanto, nella situazione data, B. flirta con Renzi e Salvini (“Uniti si vince”), pronto a tradire l’uno o l’altro in base ai sondaggi.
Che fare? Urge che la società civile, democratica e di sinistra, nelle elezioni politiche del 2018 (davvero decisive) urli il suo “no” a un governo col Caimano; ma è necessario anche – ecco il punto – che il M5S si apra alla politica: pensi e progetti alleanze. Non serve dire che i partiti “schierano ammucchiate di finte liste civiche”. Il Movimento risponda costruendo alleanze vere, serie, alla luce del sole, sui programmi di fondo dei 5Stelle, con chi ci sta. Attenti al delirio d’onnipotenza (“Ogni maledetta elezione continuiamo a crescere”); se non si percorre la strada giusta ci si isola come nelle amministrative, e – paradossalmente – il Caimano su Grillo rischia di aver ragione nell’unico modo che in politica conta: il risultato elettorale.

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