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UncleTom ha scritto:IlFattoQuotidiano.it / Cronaca Fq MillenniuM in edicola – Confessionali e comunità di recupero per preti: qui muore la rivoluzione di Bergoglio
Nei confessionali e nei luoghi dove vengono ‘curati’ i preti accusati di pedofilia e altri reati gravi, come furto o consumo di droga. Per la prima volta, i giornalisti di Fq MillenniuM (terzo numero del mensile del Fatto Quotidiano, diretto da Peter Gomez, in edicola dall’8 luglio) sono entrati dove nessuno era mai entrato per raccontare la Chiesa dal basso, dove dovrebbe essere ancora più forte il messaggio di Papa Francesco. Ciò che emerso è stato per certi versi sorprendente. Il collega Ersilio Mattioni si è presentato nelle parrocchie come un fedele in crisi nei confronti di un pontefice troppo progressista. Nella maggior parte dei casi non solo è stato assolto, ma incoraggiato a non seguire le indicazioni di Papa Francesco. Che “non parla sul serio”, che “può anche sbagliare”. Significativa, per esempio, la risposta data da un sacerdote della parrocchia di Vanzaghello, piccolo comune a nord ovest di Milano, a proposito dell’affermazione di Bergoglio sui gay che sono “come noi”: “Il nostro pontefice provoca, ma non parla sul serio. È ovvio che i gay non sono come noi, ci mancherebbe”. Nella vicina Legnano, sullo stesso argomento, il prete si sfoga a proposito del bacio fra omosessuali: “Sono porcherie. Ormai nelle nostre città si vede di tutto, manca il rispetto per il prossimo, come è scritto nel Vangelo”. E l’accoglienza ai migranti? Il tema spacca l’opinione pubblica e la comunità dei credenti? Nel Duomo di Milano il confessore “tranquillizza” il fedele perplesso: “Quando il Papa parla di dottrine o di dogmi di fede, allora sì che è infallibile. Ma quando esprime un parere, come sulla politica, può anche sbagliare. Come tutti noi”. A Busto Garolfo l’argomento è liquidato dal lato pratico: “Siete stati costretti a prendere i neri?”. “Ho detto che non abbiamo posto, punto e basta” è la replica del religioso da dietro la grata del confessionale. Poi c’è il tema della legalità, della corruzione, dell’evasione fiscale, dei soldi in nero. Su questo, nella parrocchia di San Magno, ancora a Legnano, a confessare è il confessore: “Se nei nostri oratori non ci fosse chi fa qualche lavoretto o chi ci dà quattro soldi per tirare avanti, non so come faremmo. Forse saremmo costretti a chiuderli. Non è che si sta sempre a registrare tutto. Centesimo più centesimo meno, ci si arrangia. Ovvio, è fatto a fin di bene”. E così la “rivoluzione” di Jorge Mario Bergoglio si ferma sulla soglia di molte parrocchie.
Neanche si avvicina, invece, nei pressi delle comunità dove vengono nascosti i preti coinvolti in scandali e inchieste. Luoghi avvolti dal silenzio impenetrabile delle gerarchie ecclesiastiche, dove ogni giorno si consuma tra sveglia all’alba, preghiere, attività manuali e passeggiate. E soprattutto psicoterapie, individuali e di gruppo. Compresa la mindfulness, con la quale il paziente viene fatto rilassare e portato in una condizione di svuotamento mentale simile alla meditazione. “Se usata in modo improprio, la tecnica del mindfulness può portare a scompensi seri”, confida, dietro garanzia di anonimato, una psicologa che in passato ha seguito alcuni di questi preti. Per la prima volta Fq Millennium, è in grado di documentare come funzionano questi posti, da sempre contraddistinti da una cortina di silenzio impenetrabile. “Sono cose private, non ho intenzione di parlarne con voi”, ha replicato seccamente al nostro Luigi Franco il vescovo di Città di Castello Domenico Cancian. Il comune in provincia di Perugia ospita una delle più importanti strutture di questo tipo, Villa Sacro Cuore, gestita dai Figli dell’amore misericordioso. Nel centro vivono dieci-quindici preti, alcuni ai domiciliari, molti dei quali diventati nomi noti delle pagine di cronaca a causa delle accuse di abusi sessuali sui minorenni e festini a base di sesso. Villa Sacro Cuore “è una bolgia” ha detto a Fq MillenniuM un ex paziente. Che ha parlato di “un insieme di preti con patologie e disagi diversi, chiusi lì tutti insieme, in una situazione che rischia di accentuare i loro problemi”. La conferma dalle parole di un ex sacerdote sardo che ha scelto di uscire dal clero dopo che il suo superiore voleva inviarlo al “recupero” per la sua dichiarata omosessualità: “Ti subisci il tuo anno di terapia e te ne torni buono buonino facendo quello che facevi prima. Magari stando solo attento a scopare di nascosto, senza lasciare tracce”.
Sulla copertina del terzo numero di MillinniuM si legge:
I NEMICI DI PAPA FRANCESCO
ECCO CHI VUOL FARE DIMETTERE IL PONTEFICE
La Chiesa dei poveri che scomunica mafiosi e corrotti fa paura. Inchiesta sulle manovre
per fermare la rivoluzione, mentre nei confessionali chi è contro Bergoglio viene assolto.
La fede di Mancuso, la scienza di Malvaldi, la massoneria toscana vissuta da Teresa Ciabatti
Scritto sull’immagine dominante di una rielaborazione del martirio di San Sebastiano di Andrea Mantegna (1431-1506), in cui la testa è stata sostituita con quella di Francesco.
All’interno, sulla pagina bianca del foglio che funge da copertina, possiamo leggere:
“SE NON E’ RISPETTATA LA GIUSTIZIA,
CHE COSA SONO GLI STATI
SE NON DELLE GRANDI BANDE DI LADRI?” Sant’Agostino, De civitae Dei, IV
Camerati.. di cielo,..di mare.., di terra …….A chi la Chiesa Cattolica????
A NOI!!!!!!!!!
In questi giorni il Padreterno è un po’ incazzato. Continua a camminare in su e in giù chiedendosi in continuazione:
“MA DOVE HO SBAGLIATO??? MA DOVE HO SBAGLIATO??? MA DOVE HO SBAGLIATO NEL FARE L’ANIMALE UOMO??????????
E DIRE CHE AD UN CERTO PUNTO GLI HO ANCHE MANDATO MIO FIGLIO A MORIRE IN CROCE!!!!!!!
NIENTE!!!! NON E’ SERVITO A NIENTE. SONO SEMPRE GLI STESSI CAPRONI CRAPONI DI SEMPRE!!!!
MA DOVE HO SBAGLIATO??? MA DOVE HO SBAGLIATO???????????????????”
Difficile dargli torto dopo aver letto il finto cattolico, camerata Spirlì.
15lug 17 L’antipatico bergoglio
Sabato, 15 luglio 2017 – San Bonaventura (vigilia della festa della Madonna del Carmine) – a casa Spirlì, Calabria
Io, un Nonno Buono, fortunatamente, l’ho avuto. Anzi, due!
Di mio Nonno Nino, ricordo la proverbiale bontà e la generosità. Anche un suo dolore incarnato, ingoiato e mai rigettato dopo la morte di Nonna Serafina. Glielo si leggeva negli occhi. E sulla nuca. Sì, aveva la nuca piegata dalla riverenza verso il ricordo di una moglie persa troppo presto.
Di mio Nonno Rocco, non ho ricordi fisici: ero troppo piccolo quando Lui è passato nel mondo a fianco. Ma i racconti di un’intera famiglia me lo fanno respirare come esempio di dedizione a figli e moglie, al lavoro, e ai rapporti di amicizia e parentela. Tutti Lo ricordano come un uomo che ha saputo abbracciare cristianamente la sofferenza di una malattia che lo ha paralizzato e punito a letto per anni.
Di Entrambi mi arrivano perle di saggezza che io provvedo ad indossare e, quindi, a demandare. Il loro sapere contadino è così nobile e profondo che non ha necessità di essere rielaborato: è potente così com’è!
E non ha avuto necessità di entrare in seminario, diventare prete, vescovo, cardinale e vescovo di Roma, per prendere corpo. Non ha bisogno di essere vomitato da una finestra all’ultimo piano, né sputacchiato davanti ad un microfono acceso e trasportato da servi inutilmente riverenti davanti ad un vecchio qualsiasi.
Già! Bergoglio, un vecchio qualsiasi. Perché Papa non lo è mai diventato! E nonno non ce lo facciamo diventare.
Parla, si muove, si veste, mangia e favoleggia come qualsiasi scapolone pensionato, frustrato e parcheggiato all’angolo della piazzetta del quartiere. Non si eleva al Cielo e non accompagna il Divino sulla Terra: semplicemente, si muove, senza infamia e senza lode, fra le parole del Vangelo, fin troppo personalizzato. (C’è da chiedersi se, nascosto ai fotografi, vada a curiosare davanti ai cantieri dei lavori in corso fra i viali vaticani…)
Anzi! A volerla dire tutta, molto spesso loda il peggio e biasima il meglio.
Un signore banale in tonaca bianca che, fra l’altro, banalizza riti, liturgie, Misteri, Verità e Vie. Che non da risposte e non pone domande: si limita, come solo “i più vecchi” fra gli anziani sanno fare, a sputare sentenze coniate assieme a rubli staliniani fuori corso. Un comunista senza sensi di colpa, miracolosamente coperto dal manto della Misericordia Divina e che sta destabilizzando i Credenti Cristiani Cattolici e cancellando ben duemila anni di Fede, spesso incarnata fino al martirio in nome di Gesù Cristo. A volte, da umile credente in faticoso cammino, mi chiedo se mi serva la sua compagnia. Finora, ci ho rinunciato, preferendogli ben più corposi e sostanziosi predecessori. Papi veri. Difensori della Fede Cristiana. Della Parola di Dio. Dei dogmi salvifici.
Personalmente, lo trovo antipatico e respingente. Amico di tutti i nemici della Chiesa Cattolica. E separato dalla Chiesa di Roma dalla stessa distanza fisica che rende due mondi il nostro e il suo.
Eh, sì, viene dalla e per la “fine del mondo”. (parziale citazione argentina, con aggiunta calabra)
#frameeme #BenedettoXVIèPapa http://blog.ilgiornale.it/spirli/2017/0 ... bergoglio/
Naturalmente, il “devoto” camerata Spirlì, che sostiene:
Finora, ci ho rinunciato, preferendogli ben più corposi e sostanziosi predecessori. Papi veri. Difensori della Fede Cristiana. Della Parola di Dio. Dei dogmi salvifici.
Della segnalazione Ansa, farà finta di niente.
Noam Chomsky ha titolato il suo ultimo libro : Così va il mondo.
Purtroppo ha ragione.
COSI’ VA IL MONDO.
18 lug 2017 16:46 GERMANIA SOTTO CHOC! 547 BAMBINI VITTIME DI VIOLENZA NEL CORO DI RATISBONA: 67 DI LORO SUBIRONO ANCHE ABUSI SESSUALI
– IDENTIFICATI 49 COLPEVOLI – NEL RAPPORTO L'ATTO DI ACCUSA NEI CONFRONTI DI GEORG RATZINGER, FRATELLO DEL PAPA EMERITO, CHE HA DIRETTO IL CORO PER OLTRE 40 ANNI: "LUI SAPEVA MA FECE FINTA DI NON VEDERE E NON INTERVENNE"
1. PICCHIATI 231 MEMBRI DEL CORO DI RATISBONA
Da Dagospia del 9 gennaio 2016
(ANSA) Sono almeno 547 i bambini che, nel corso di decenni, hanno subito violenze nel coro del Duomo di Ratisbona. È il risultato emerso dal rapporto finale presentato dall'avvocato Ulrich Weber, e divulgato dai media tedeschi. Stando al documento, 500 bambini hanno subito violenze corporali, e 67 anche violenze sessuali. Secondo Weber 49 colpevoli sono stati identificati.
(ANSA) Il rapporto del legale Ulrich Weber sulle violenze subite dai bambini del Coro del Duomo di Ratisbona attribuisce anche a Georg Ratzinger, fratello del papa emerito Benedetto XYI, delle "corresponsabilità". In una conferenza stampa oggi a Ratisbona, in cui è stato presentato il rapporto, il legale, secondo la Dpa, ha affermato che all'ex direttore del coro va "rinfacciato di aver fatto finta di non vedere, e di non essere intervenuto nonostante sapesse". (ANSA).
La croce di FRANCESCO si è appesantita ulteriormente
Ce la farà a trascinarla ancora??????
“Abusi su 547 bambini del coro di Ratisbona”
Il ruolo di Georg Ratzinger e del cardinale Müller
Violenze e casi di pedofilia da parte di preti e insegnanti quando direttore era il fratello di Benedetto XVI
e vescovo della città il porporato silurato da Papa Francesco dopo esser stato promosso dal predecessore
Cronaca
I fratelli Ratzinger sono legati a doppio filo al coro considerato eccellenza mondiale. Padre Georg ne è stato il direttore dal 1964 al ’94, ovvero quando sono maturati gli abusi, anche sessuali: ha ammesso di essere a conoscenza degli schiaffi. Determinante, in questa storia, la gestione della diocesi: a dirigerla fino al 2012 è stato il cardinale Gerhard Ludwig Müller, poi nominato al vertice dell’ex Sant’Uffizio dal predecessore di Bergoglio. Quest’ultimo, però, qualche settimana fa lo ha silurato. Su di lui le accuse di non aver contribuito a far emergere la verità sui casi di pedofilia nella Chiesa di Francesco Antonio Grana
UncleTom ha scritto:Adesso non è più solamente una segnalazione Ansa.
La croce di FRANCESCO si è appesantita ulteriormente
Ce la farà a trascinarla ancora??????
“Abusi su 547 bambini del coro di Ratisbona”
Il ruolo di Georg Ratzinger e del cardinale Müller
Violenze e casi di pedofilia da parte di preti e insegnanti quando direttore era il fratello di Benedetto XVI
e vescovo della città il porporato silurato da Papa Francesco dopo esser stato promosso dal predecessore
Cronaca
I fratelli Ratzinger sono legati a doppio filo al coro considerato eccellenza mondiale. Padre Georg ne è stato il direttore dal 1964 al ’94, ovvero quando sono maturati gli abusi, anche sessuali: ha ammesso di essere a conoscenza degli schiaffi. Determinante, in questa storia, la gestione della diocesi: a dirigerla fino al 2012 è stato il cardinale Gerhard Ludwig Müller, poi nominato al vertice dell’ex Sant’Uffizio dal predecessore di Bergoglio. Quest’ultimo, però, qualche settimana fa lo ha silurato. Su di lui le accuse di non aver contribuito a far emergere la verità sui casi di pedofilia nella Chiesa di Francesco Antonio Grana
IlFattoQuotidiano.it / Cronaca
Coro del duomo di Ratisbona, report denuncia violenza sui bambini e pedofilia: “In 547 abusati da preti e insegnanti”
Cronaca Lo scandalo aveva sollevato negli anni scorsi molto interesse a livello internazionale dal momento che il fratello di Benedetto XVI, Georg Ratzinger, è stato il direttore del coro dei "Passeri del Duomo", tra il 1964 e il 1994
di F. Q. | 18 luglio 2017
Più informazioni su: Benedetto XVI, Joseph Ratzinger, Pedofilia
“Quella scuola era una prigione, un inferno, un campo di concentramento“. È un passaggio del rapporto che denuncia gli abusi subiti da almeno 547 bambini membri del coro maschile della Cattedrale di Ratisbona: sono stati vittime di abusi fisici e psicologici da parte di preti e insegnanti tra il 1945 e i primi anni ’90. Il Regensburg Domspatzen è il famoso coro della cattedrale cattolica della città tedesca e per arrivare al report presentato oggi dall’avvocato Ulrich Weber sono state raccolte denunce a partire dal 2010: stando al documento, 500 bambini hanno subito violenze corporali, e 67 anche violenze sessuali. Secondo Weber 49 colpevoli sono stati identificati.
Secondo il legale, molte delle vittime intervistate per il rapporto hanno descritto gli anni trascorsi nel coro “come i peggiori della loro vita, caratterizzati da paura, violenza e mancanza di aiuto”. Lo scandalo aveva sollevato negli anni scorsi molto interesse a livello internazionale dal momento che il fratello di Benedetto XVI, Georg Ratzinger, è stato il direttore del coro dei “Passeri del Duomo“, tra il 1964 e il 1994. Dopo le denunce degli anni scorsi, la diocesi ha iniziato a cooperare con l’inchiesta sugli abusi lo scorso anno e dovrà pagare un indennizzo di 20mila euro a ciascuna vittima, in maggioranza, alunni della terza e quarta elementare. Subito dopo le prime denunce sette anni fa, Georg Ratzinger chiese scusa affermando però di essere stato all’oscuro di quei fatti: “Se avessi saputo degli eccessi di violenza che avvenivano, avrei fatto qualcosa, chiedo perdono alle vittime” disse in un’intervista alla stampa tedesca, ammettendo comunque di aver anche lui dato qualche schiaffo durante i primi anni da direttore.
Nella conferenza stampa in cui è stato illustrato il report, l’avvocato Weber ha attribuito a Georg Ratzinger la responsabilità di “aver chiuso gli occhi e non aver preso misure a riguardo”. I principali responsabili delle violenze e degli abusi sono stati individuati nel direttore della scuola e del suo vice, ma nel rapporto si punta il dito contro una “cultura del silenzio” che ha spinto molti della gerarchia ecclesiastica a tacere sulle aggressioni nei confronti dei minori per difendere il nome dell’istituzione. Forti critiche, poi, nei confronti del modo in cui il cardinale Gerhard Ludwig Müller, che era vescovo di Ratisbona nel 2010, ha gestito la vicenda subito dopo le prime denunce, criticando in particolare il fatto di non aver cercato il dialogo con le vittime.
Nel mondo che crolla e nella società italiana dei non credenti Francesco rimane un punto di riferimento, piuttosto solido.
Riuscirà ad attuare quanto Marco Politi propone?????
IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Marco Politi
Cronaca Violenze sui bambini a Ratisbona, ora la Cei deve imparare la lezione
di Marco Politi | 23 luglio 2017
•
Più informazioni su: Cei, Pedofilia, Vaticano
Marco Politi
Scrittore e giornalista
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Gli abusi di Ratisbona interpellano la gerarchia ecclesiastica italiana. La Baviera non è una lontana landa esotica. Basterebbe ricordare per l’Italia le denunce di tanti allievi sordomuti dell’Istituto Antonio Provolo di Verona, che hanno reclamato giustizia per le sevizie subite, e la successiva scoperta che una catena di violenze sessuali era stata perpetrata anche in una “filiale” dell’Istituto Provolo a Lujan in Argentina.
Dunque le nostre autorità ecclesiastiche non hanno nessun motivo di arroccarsi in quella posizione di tenace passività, che fu scelta a suo tempo dalla Conferenza episcopale italiana, quando emanando le Linee-guida sulla materia non solo scelse di non impegnare categoricamente i vescovi a denunciare i crimini di cui fossero venuti a conoscenza, ma decise anche di non mettere in piedi strutture, che facilitassero l’emergere di crimini e monitorassero il fenomeno a livello centrale. C’è anche un altro modo, ampiamente praticato, di lasciare che le cose non cambino.
E’ quello a cui abbiamo assistito in questi giorni. Dichiarare che “bisogna andare avanti nel fare pulizia”, rimanendo poi fermi. La lezione di Ratisbona è di una chiarezza esemplare. Si rende giustizia alle vittime quando – avvertito di uno scandalo – il vescovo locale cerca attivamente la verità. Il cardinale Mueller prima di essere prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede (appena licenziato da papa Francesco) è stato vescovo di Ratisbona dal 2002 al 2012. Diffusesi le denunce sugli abusi nel coro dei ragazzi della cattedrale, se l’era cavata con la formazione di una commissione di esperti e una lettera pastorale in cui sollecitava le vittime a farsi avanti. I risultati non si erano visti.
La svolta è avvenuta con il nuovo vescovo Rudolf Voderholzer, che ha incaricato una personalità indipendente, l’avvocato Ulrich Weber, a fare un’indagine approfondita. Nell’arco di due anni, ricercando e ascoltando molti testimoni, Weber ha compilato un dossier documentatissimo con il risultato di provare (dal 1945 ai primi anni ’90) oltre cinquecento casi di maltrattamenti punitivi nel convitto aggregato al coro e 67 casi di violenze sessuali. Sono state individuati 49 responsabili.
Lezione nr.1: si trova la verità sugli abusi solo se l’autorità ecclesiastica si impegna a cercarla attivamente, non stando seduta ad aspettare che le vittime trovino la forza di superare il proprio trauma.
Lezione nr.2: l’indagine va affidata a una personalità indipendente, dal momento che decenni e secoli di omertà hanno segnato l’atteggiamento delle gerarchie ecclesiastiche rispetto a questi crimini.
Lezione nr. 3: le vittime vanno risarcite dalla diocesi, che non ha esercitato la giusta e necessaria vigilanza sul clero e sugli addetti laici, non trincerandosi (come fanno i vescovi italiani) dietro al fatto che la responsabilità penale è personale.
Lezione nr.4: l’operazione verità deve essere compiuta a prescindere dall’eventuale prescrizione dettata dalle leggi dello Stato e, se qualcuno dei responsabili ecclesiastici è ancora vivo (non sembra essere il caso di Ratisbona), va processato secondo la legge canonica e privato del sacerdozio.
Perché il punto fondamentale – come chiarì papa Ratzinger nel 2010 nella sua Lettera ai cattolici d’Irlanda – è che la preoccupazione centrale delle gerarchie ecclesiastiche deve essere rivolta alle vittime e non alla tutela del prestigio della Chiesa in nome del quale per secoli sono stati occultati crimini. Occuparsi delle vittime significa in concreto rendere loro giustizia, portando alla luce pubblicamente le responsabilità dei preti criminali e punendoli. Questo è il punto.
Recentemente è stato documentato che in Sicilia il prete Paolo Turturro, punito con il carcere per atti pedofili e salvatosi invece da un’altra condanna per una violenza provata, ma prescritta, continua tranquillamente a seguire, celebrando messa, una sua comunità frequentata da adulti e da minori.
La questione Ratisbona interpella dunque la Conferenza episcopale italiana perché se le tante vittime ancora nell’ombra hanno un sacrosanto diritto alla giustizia, allora è il momento che la nuova dirigenza della Cei – rafforzata dalle nuove nomine di vescovi che da Palermo a Bologna a Milano vengono citate per la loro sensibilità di parroci – prenda in mano la situazione con spirito nuovo. Non c’è bisogno di inventare nulla. Le Conferenze episcopali più concrete in Nord- Europa e nel Nord-America hanno già fissato una serie di prassi efficaci.
1. Creazione nelle diocesi di équipe di sacerdoti e psicologi a cui una vittima può rivolgersi.
2. Istituzione di un vescovo che a livello nazionale segua le diocesi per verificare che le linee-guida in tema di contrasto agli abusi siano applicate.
3. Messa in campo di un sistema di risarcimenti.
4. Pubblicazione di un rapporto annuale sulle azioni intraprese per tutelare e rendere giustizia alle vittime di violenze sessuali.
5. Apertura di indagini affidate a personalità indipendenti nel caso di denunce su catene di violenze in particolari comunità o istituzioni.
Non c’è nulla da inventare, solo da mettersi al lavoro. A suo modo è un’occasione storica per la Cei.
PERCHE' QUESTO PAPA NON PIACE AI CAMERATI DELLA DESTRA
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Società
Papa Francesco segreto, nelle omelie a Santa Marta il suo vero pensiero
di Marco Politi | 27 luglio 2017
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C’è un aspetto nascosto dell’impegno di papa Francesco, perché si svolge lontano dalle telecamere e dai giornalisti. Dunque non è “visibile” all’opinione pubblica. E’ uno spazio che Jorge Mario Bergoglio si è riservato per evitare che la sua attività di leader della Chiesa cattolica e di capo di Stato soffochi la sua dimensione di parroco. Si tratta delle messe mattutine, che celebra nella residenza Santa Marta dinanzi ad una trentina di persone, fedeli di parrocchie romane o pellegrini venuti dall’estero.
“Nascosto” non vuol dire segreto, perché le messe sono documentate. Ma rispetto alla cronaca quotidiana, basata sulle immagini, questo aspetto di Francesco rimane quasi nell’ombra.
E invece le sue omelie da parroco, meno altisonanti di quelle pronunciate davanti alle folle, sono estremamente interessanti per capire il nucleo del pensiero di Francesco e la visione che lo accompagna nel suo sforzo di riforma della Chiesa. I critici del pontefice tendono a dipingerlo come “poco teologo”, mentre in realtà le sue parole volutamente semplici e comprensibili ad un uditorio vasto sono sorrette da un pensiero complesso. Un pensiero orientato a cogliere le sfide, che il grande mutamento dovuto alla secolarizzazione pone alla vecchia “Chiesa del catechismo” e della tradizione fossilizzata. Questa Chiesa è diventata in larga parte estranea alle giovani generazioni, che silenziosamente – senza contestazioni – si pongono fuori campo, e il Papa, per usare un’immagine, è come un seminatore che lancia semi di riflessione.
Gianpiero Gamaleri, sociologo e docente di Scienze della comunicazione in università laiche ed ecclesiastiche (tra l’altro è membro del Cda del Centro Televisivo Vaticano), segue da tempo il Bergoglio delle celebrazioni mattutine e ad esse ha dedicato un attento monitoraggio, ricco di commenti, raccolto in un volume intitolato “Santa Marta – Omelie” (ed. Libreria Editrice Vaticana). “Papa Francesco – sottolinea – è sensibilissimo agli eventi”. E in questa capacità di tenere insieme l’attenzione ai fatti del mondo contemporanea, gli episodi del Vangelo e l’afflato religioso sta certamente il segreto della comunicatività dell’attuale papa. Si prenda solo la predica di una mattinata di marzo del 2016. “Tre giorni fa è morto uno, qui, sulla strada, un senzatetto: è morto di freddo. In piena Roma, una città con tutte le possibilità per aiutare. Perché, Signore? Neppure una carezza… Ma io mi affido, perché Tu non deludi. Signore non ti capisco. Questa è una bella preghiera. Ma senza capire mi affido nelle tue mani”. C’è tutto. L’esortazione a non chiudere gli occhi dinanzi alle tragedie quotidiane, la “teologia della non comprensione del silenzio di Dio”, l’affidamento in Cristo che viene dalla fede.
La Chiesa a cui pensa Francesco, anzi come dice lui il “Regno di Dio”, non si affida alla “religione dello spettacolo… sempre (alla ricerca di ) cose nuove, rivelazioni, messaggi… Fuochi d’artificio che illuminano per un momento”. (Per chi vuole capire è un’archiviazione delle multirivelazioni di Medjugorie). Il Regno di Dio non è una “struttura ben fatta, tutto in ordine, organigrammi ben fatti… ”. E’ qualcosa che si costruisce nella quotidianità, il prodotto di un cammino, una crescita. La rigidità non serve e nemmeno il “fissismo” (Bergoglio inventa spesso parole). Credere nello Spirito Santo significa “andare avanti”, mentre i Dottori della Legge “incantano” con le ideologie. E’ evidente che un simile approccio risulti destabilizzante per i fautori di una dottrina concepita come legge e ordine e di una Chiesa militarmente organizzata.
Emergono in queste omelie – in parte preparate, in parte sviluppate a braccio – molte esperienze dirette di Bergoglio. Come lo squarcio sulla “fila di mamme nelle carceri di Buenos Aires… donne (che) soffrivano non solo la vergogna di essere lì, ma anche le più brutte umiliazioni nelle perquisizioni che venivano fatte loro prima di entrare…”.
Molti altri impulsi si colgono in queste prediche. La ripulsa per la corruzione, la valorizzazione del dubbio (anche Giovanni il Battista, ricorda Francesco, ha dubitato), l’esigenza che il perdono sia totale e dunque comporti che gli altri dimentichino il peccato commesso, l’importanza che la fede cristiana sia caratterizzata da “gioia” e “stupore”, mai da routine. La denuncia definitiva che il terrorismo, che si ammanta di religione, è “satanico”. Il giorno della morte di padre Jacques Hamel, sgozzato in Francia da adepti dell’Isis, Francesco esclama da leader religioso (e geopolitico): “Quanto piacerebbe che tutte le confessioni religiose dicessero ‘Uccidere in nome di Dio è satanico!’. Gli input, che vengono dalle omelie di Santa Marta, vanno in tutte le direzioni. Gamaleri rileva che il messaggio di Francesco ha un richiamo universale. Di certo i sondaggi confermano che il papa argentino parla al di là di frontiere confessionali e filosofiche.
SENZA PUNTI DI RIFERIMENTO QUESTO MONDO VA ALLO SBANDO.
IlFattoQuotidiano.it / Cronaca
L’inviato nei confessionali: “Questo non è il mio Papa. Ti assolvo, tanto lui non fa sul serio”. Su Fq MillenniuM in edicola
Cronaca
Nel paesino lombardo il confessore annuisce davanti a chi detesta Bergoglio: "Lui provoca, ovvio che i gay non sono come noi. Non va preso alla lettera. Poi i giornali, si sa, scrivono quello che vogliono”. Gay, migranti, corruzione? Al duomo di milano sono convinti: “Il pontefice è infallibile solo sui dogmi e sulle questioni di dottrina. ma quando esprime un parere o parla di politica può sbagliare, come tutti noi, del resto”
di Ersilio Mattioni | 29 luglio 2017
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Più informazioni su: Chiesa, Confessioni, Jorge Mario Bergoglio, Papa
In attesa del nuovo Fq Millennium (il quarto numero del mensile diretto da Peter Gomez sarà in edicola dal 5 agosto), pubblichiamo l’articolo di Ersilio Mattioni sui preti e i parroci che nel segreto del confessionale remano contro la rivoluzione di Papa Francesco. Il reportage lo trovate in edicola (ancora per pochi giorni) all’interno del terzo numero di Fq Millenium, quello dedicato ai nemici di Jorge Mario Bergoglio.
La “rivoluzione” di Jorge Mario Bergoglio si ferma sulla soglia delle parrocchie. E l’idea di una Chiesa accogliente con gli immigrati, tollerante con gli omosessuali e severa con chi ruba, corrompe e non paga la tasse, perché danneggia il prossimo e ignora il cristianissimo concetto di solidarietà, corre il rischio di restare nella mente e nel cuore di un pontefice illuminato. Tanto che contestarlo, dentro un confessionale, non porta ad alcuna conseguenza. Neppure un buffetto, neppure un benevolo rimbrotto, neppure un invito a riflettere. Assoluzione garantita, giusto qualche Padre nostro da recitare davanti all’altare.
Di confessionali, tra Milano e provincia, ne abbiamo girati tanti, azzerando il contachilometri. Che alla fine si è fermato poco sotto i trecento. Andare a chiedere il perdono è cosa assai semplice, perché i siti web delle parrocchie forniscono indicazioni e dettagli su giorni e orari. Confessarsi piace, è avvertito come necessario, forse per scaricarsi la coscienza, forse per vivere in pace con se stessi, per dormire sonni più tranquilli pur senza smettere la consuetudine con parole, azioni, opere e omissioni non esattamente cristiane. Non ci è mai capitato di essere da soli dentro una basilica. Anzi, sovente è capitato di attendere. Intorno, sedute sulle panche, c’erano persone di ogni tipo: giovani, adulti, anziani. Qualcuno dall’aria trascurata, qualcuno vestito di tutto punto. C’è chi è concentrato e attende il turno guardando fisso il confessionale, chi prega a voce alta, chi ne approfitta per sbirciare sullo smartphone, tra mail di lavoro e un giretto su Facebook.
Quando tocca a noi, riversiamo sui sacerdoti che ci ascoltano tutta la nostra frustrazione per un Papa che parla di chiedere scusa agli omosessuali, perché li abbiamo offesi; di aiutare i profughi, quando gli italiani non ce la fanno ad arrivare a fine mese; di balzelli da pagare a uno Stato vessatore, che ti munge e in cambio nemmeno ti protegge. Sì, ci siamo finti un po’ leghisti e pure un po’ zotici. L’abbiamo premesso che siamo uomini di fede, che crediamo in Dio. Però non nella Chiesa, in questa Chiesa che Bergoglio rappresenta. Siamo stati insolenti, al limite dell’eretico, arrivando a sostenere di non riconoscerci nel Papa. Insomma, abbiamo incarnato il cattolico medio nel pieno di una crisi valoriale, preda di paure e bassi istinti.
Ma nel piccolo comune di Vanzaghello, ai confini tra le province di Milano e Varese, siamo stati confessati, perdonati e pure incoraggiati a non abbandonare certe posizioni estremiste, che il confessore in cuor suo condivideva. Conosciamo questo paesino di cinquemila abitanti, che da anni combatte la sua battaglia contro l’ampliamento dell’aeroporto di Malpensa e contro un vecchio inceneritore. Qui c’è un parroco che spesso fa parlare di sé e finisce sui giornali, perché diffonde attraverso il suo bollettino un’idea di Chiesa preconciliare: un po’ di revisionismo storico, che non guasta, unito alla pubblicazione di bizzarri pareri di sconosciuti criminologi. Uno di loro, per esempio, sostenne mesi fa che l’omosessualità è una patologia, uno scherzo della natura. E la definì, ammantando il tutto di valore scientifico, una “anormalità funzionale”.
Ci siamo adeguati alla linea della parrocchia: “Ma come si può sostenere che i gay sono come noi? Allora i valori cristiani, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, dove vanno a finire? Questo Papa alle volte parla a vanvera”. Il sacerdote che ci confessa non fa una piega: “Il nostro pontefice provoca, ma non parla sul serio. È ovvio che i gay non sono come noi, ci mancherebbe. È un modo di dire, una frase inserita in un contesto più grande. Poi i giornali, si sa, scrivono quello che vogliono”. Sollevati, chiediamo se possiamo sempre sentirci parte della Chiesa, pur continuando a pensare che Bergoglio sbagli con le sue esortazioni. Risposta da scolpire nel marmo: “Certo, la Chiesa è per chi crede in Dio e certi valori, anzi, vanno difesi. Oggi un po’ le mode un po’ la televisione un po’ internet ci fanno credere che sia tutto normale”.
“Bacio gay? porcheria”
A Legnano la musica non cambia. Nella città del Carroccio un anziano prete della parrocchia di Santa Teresa, dopo averci chiesto dove prendiamo queste notizie, ci rimprovera duramente. Per aver criticato il Papa? Macché, per i giornali che leggiamo: “Troppo schierati, non dicono la verità. Abbiamo la nostra stampa, la “buona” stampa, quella obiettiva”. Gli diciamo che l’altra mattina, passeggiando per il centro, abbiamo visto due uomini baciarsi e che ci ha fatto schifo. Eppure Francesco predica la tolleranza. Scuote il capo: “Sono porcherie. Ormai nelle nostre città si vede di tutto, manca il rispetto per il prossimo, come è scritto nel Vangelo”.
Proviamo a introdurre un tema più serio: “Dicono che a Legnano” dove la ‘ndrangheta controlla una parte rilevante dei locali notturni “c’è pure la mafia“. L’argomento, però, non lo appassiona: “Non saprei, non ho sentito nulla”. I boss non sono un problema, gli omosessuali sì. E pure i profughi. “Adesso arrivano tutti questi neri”, alziamo i toni “che ci rubano in casa, stuprano le donne e vogliono pure togliere i crocefissi dalle scuole. Eppure il Papa dice che dobbiamo aiutarli. Questi distruggeranno la nostra cultura, le nostre tradizioni”. Di nuovo, scuote il capo: «Noi dobbiamo difendere Cristo, è l’unica cosa importante». Ne spariamo una grossa: “Tanto i Papi, prima o poi, cambiano. Prima ce n’era uno, quello tedesco, che mi sembrava più rigido su certe cose e mi piaceva”. Chiosa il ministro di Dio: “Eh sì, ognuno è fatto a suo modo”.
Meno male che ci sono i Frati Minori di Busto Arsizio, nel basso Varesotto. Sono “famosi”, se vera fama è la loro, per essere tolleranti, soprattutto quando si confessano i peccati del corpo, la lussuria, i tradimenti coniugali. Sarà. Con noi non lo sono stati affatto, anzi hanno battuto sul tasto dell’intransigenza: “Il pontefice sta costruendo qualcosa di nuovo, che ci spaventa. Ma essere Chiesa vuol dire aprirsi al prossimo, dare è più bello che ricevere”.
L’assoluzione arriva anche stavolta, con un monito: “L’egoismo rende peggiori, l’egoismo non ha nulla di cristiano”. Con i frati bustocchi non attacca neppure la litania sui gay: “Il Papa è stato chiaro, basta rileggere ciò che ha detto: Cristo li accoglierebbe, come fa con tutti gli uomini, perché sono tutti figli suoi”. Tutti, proprio tutti, anche i diversi? “Non sta all’uomo giudicare, questo è un peccato”. E le tasse troppo alte? Diciamo di essere commercianti, strozzati dal fisco. Suvvia, che male c’è a fare una piccola cresta per guadagnare qualcosina in più? Niente, nessuna deroga: “Il cristiano non ruba. Tutti conosciamo i comandamenti a memoria, ma spesso non li mettiamo in pratica”. Se non ci piace il Paese in cui viviamo, abbiamo un’alternativa: “Fare politica, provare a cambiare. L’impegno civile è importante, soprattutto per chi, come i cristiani, è portatore di valori, di etica”. Lasciando la chiesa dei frati, per un attimo, abbiamo la sensazione che il confessore abbia fiutato il trappolone. Poi, confrontandoci con chi ci va spesso, cambiamo idea: sono entusiasti di questo Papa e non lo nascondono.
Ma sono un’anomalia nel nostro viaggio. In Duomo a Milano, dove ci si può confessare più volte nella stessa giornata, i toni non sono gli stessi della provincia, è vero, anche se nessun sacerdote ci redarguisce, quando definiamo il Papa «di sinistra», «comunista», «amico degli omosessuali e dei neri». Al più ci viene detto che Bergoglio “ogni tanto parla controcorrente, per farsi capire da tutti”. A Milano cambiamo tre confessionali, senza uscire dal Duomo. Tentiamo di citare a memoria, le parole esatte del capo della chiesa cattolica. “Ho accompagnato nella mia vita di sacerdote, vescovo e anche di Papa persone con tendenze e pratiche omosessuali. Le ho avvicinate al Signore. E mai le ho abbandonate”. E ancora: “Io credo che la Chiesa debba chiedere scusa ai gay che ha offeso”. Di più: “Una corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista hanno assunto dimensioni mondiali (…), negando la giustizia sociale”. Infine: “Spero che questa solidarietà (quella di chi accoglie i profughi, ndr) possa contagiare un po’ il mondo”.
“Infallibile? Mica tanto”
Recitata con diligenza la nostra parte, introduciamo il concetto dell’infallibilità ex cathedra. Ci sentiamo rispondere che non è questo il caso. Perplessi, chiediamo spiegazioni, perché siamo sicuri di averlo letto da qualche parte. La replica è spiazzante: “Quando il Papa parla di dottrine o di dogmi di fede, allora sì che è infallibile. Ma quando esprime un parere, come sulla politica, può anche sbagliare. Come tutti noi”. Curioso, a sentire la maggioranza dei sacerdoti si ricava l’immagine di un Papa opinionista, che si è liberi di ascoltare oppure no, di elogiare o criticare. Quasi fossimo dentro una sorta di talk show, dove ognuno dice la sua, si butta tutto in caciara e poi, quando il programma è finito, si spegne la tv e si va a letto.
Un po’ ovunque, dove ci siamo confessati, abbiamo ripetuto le stesse cose, sempre citando a memoria il pontefice. A Magenta, nella basilica di San Martino, sono stati più freddi: “Il Papa va ascoltato. Dice anche cose scomode, ma che fanno riflettere”. Nella vicina Marcallo con Casone – seimila anime, paese noto per essere un feudo leghista da quasi vent’anni – il sacerdote è invece più conciliante: “Essere perplessi di fronte a certe affermazioni è naturale, ma non devi mai prendere per oro colato quello che leggi, perché spesso è scritto apposta per far litigare e per dividere la comunità”.
Di rado, ascoltando i ministri di Dio, si ricava l’impressione di un papa che sia anche un pastore, una guida morale da seguire, un’autorità indiscussa per i cattolici. In confessionale, di fronte a un cristiano che sprizza intolleranza, la parola “carità” sembra non esistere. Né trovano ospitalità concetti come temperanza, prudenza e sobrietà. Al contrario, è concesso tutto o quasi. Se l’evasione fiscale, per il Papa, è anticristiana, per i parroci quasi non esiste.
Soldi in nero in oratorio
“Non si dovrebbe fare, meglio evitarla”, ammonisce blando un coadiutore di Legnano, nella centralissima parrocchia di San Magno, la più ricca della città, dove ci mettiamo mezz’ora solo per trovare parcheggio. Poi si lascia andare: “Se nei nostri oratori non ci fosse chi fa qualche lavoretto o chi ci dà quattro soldi per tirare avanti, non so come faremmo. Forse saremmo costretti a chiuderli. Non è che si sta sempre a registrare tutto. Centesimo più centesimo meno, ci si arrangia. Ovvio, è fatto a fin di bene”. Una concezione che piace agli italiani, cattolici compresi. In fondo, non pagare un po’ di tasse non è poi così grave. Lo si fa per la famiglia, per i figli.
Il Papa dice il contrario? “Lui deve dirlo, non può incoraggiare la gente a evadere. Poi i giornali lo prenderebbero di mira. La teoria è una cosa, la pratica un’altra». È un leitmotiv questo dei giornalisti utilizzati come parafulmine, una volta pronti a impallinare il pontefice se non parla e un’altra pronti a stravolgerne il pensiero «per fare i titoloni”. Da ciò un originale consiglio, che ci forniscono nella già citata parrocchia di Vanzaghello: “Leggere meno i quotidiani e di più la Bibbia“. Di quello che succede nel mondo, possiamo fare a meno.
Sorprende quanto il pensiero di Bergoglio risulti ostile a tanti sacerdoti. Eppure questi prelati appaiono in perfetta sintonia con i loro fedeli. Tanto che a Castano Primo, un comune alle porte di Malpensa, il parroco si è attirato le ire della comunità cristiana perché ha spalancato le porte della Chiesa ai musulmani durante il Ramadan: non avevano un posto per pregare. E anche perché, di fronte a un sindaco che ha risposto picche sull’accoglienza ai migranti, ha preso tre alloggi della Curia e li ha messi a disposizione dei profughi. Apriti cielo, i cattolici si sono sfogati sui social network. Per la verità fu il Papa, due anni fa, durante il Giubileo della misericordia, a lanciare un appello: “Parrocchie, monasteri e santuari d’Europa accolgano una famiglia di profughi, a iniziare da Roma e dal Vaticano”.
Le parole del pontefice sono chiare e l’occasione, per noi, è ghiotta: “Siete stati costretti a prendere i neri?”. Le risposte sono varie e variegate, sempre evasive. Ma un prete che parla chiaro c’è. Siamo a Busto Garolfo, cittadina di dodicimila abitanti, dove l’immigrazione è tra le più alte del territorio: “Ho detto che non abbiamo posto, punto e basta. Nessuno mi ha più chiesto niente”. Problema risolto. Per lui, per loro.
“Basta avere fede”
E per noi, che non abbiamo commesso nessun peccato nel rivolgere al pontefice e alle sue visioni “rivoluzionarie” aspre critiche e qualche invettiva. “L’importante è avere fede”, hanno insistito in Duomo. “E comportarsi bene”, ci hanno ripetuto in provincia. Tanto basta. La preoccupazione dei preti cattolici, incalzati dal Papa su questioni tanto vive quanto scomode, non pare quella di aprire un varco, in una Chiesa ancorata a vecchi schemi, per far fiorire le nuove idee del pontefice. Si rischierebbe di allontanare qualche fedele. Invece la Chiesa ha da sempre scopi contrari: includere e trattenere, espandersi e fare proseliti. Difficile spiegarlo meglio di Carl Schmitt, controverso giurista tedesco che, nel 1928, pubblicò Cattolicesimo romano e forma politica, introducendo un concetto decisivo: la Chiesa come complexio oppositorum, commistione di qualunque opposto vi sia dentro il reale.
Così coabitano Vecchio e Nuovo Testamento, corpo e anima, orgoglio e umiltà, ragione e superstizione, cultura e ignoranza, accoglienza e rifiuto. È il trionfo dell’et-et, sia questo sia quello. Il cattolicesimo romano è una pozione magica, che porta l’uomo dentro un confessionale e lo toglie dagli impicci, scioglie le sue lacerazioni. Lo fa con il perdono, che è appannaggio di chiunque. Basta chiederlo.
……Il cardinale brianzolo con l'aspetto del parroco di campagna sempre ritenuto "di sinistra", è stato spesso etichettato come "catto-comunista"…….
Ma se dopo 2000 anni, un sacerdote segue gli insegnamenti del fondatore di questa religione deve per forza essere bollato come "catto-comunista"???????
Ma questi sono matti!!!!!!
E' morto Dionigi Tettamanzi. L'ex arcivescovo di Milano dalla parte degli "ultimi" sempre pronto a sfidare la politica
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La Repubblica
di ZITA DAZZI3 ore fa
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Milano piange per la morte di Dionigi Tettamanzi, l'arcivescovo con il cuore da parroco che ha conquistato la città con le sue azioni a favore dei più deboli e con i suoi gesti spesso criticati dai palazzi della politica. Il cardinale è spirato alle 11, dopo tre giorni di agonia, ormai privo di coscienza e attaccato alle macchine che lo tenevano in vita artificialmente. Era malato da molti anni, era stato operato varie volte ma negli ultimi sei mesi le sue condizioni si erano aggravate definitivamente. Proprio ieri il cardinale Angelo Scola e il nuovo arcivescovo di MIlano monsignor Mario Delpini avevano invitato i fedeli ambrosiani a pregare per lui.
Nato a Renate, in Brianza, il 14 marzo 1934, Tettamanzi aveva 83 anni. Da tempo era affetto da una grave malattia, di quelle che non lasciano scampo né speranze. Ha comunque celebrato messa e lavorato fino a Natale, quando le forze hanno cominciato a venir meno e si è reso necessario un ricovero al San Raffaele di Milano. Al suo fianco fino all'ultimo la fedelissima Marina, la perpetua compagna di una vita. Fra gli ultimi a fargli visita, il cardinale Angelo Scola, che gli successe nel 2012, e che ha lasciato il suo incarico a Monsignor Mario Delpini, nominato arcivescovo da papa Francesco lo scorso 7 luglio.
Tettamanzi si era da diversi anni ritirato a vita privata nella Villa Sacro Cuore di Triuggio, una residenza ecclesiale dove ha continuato a portare avanti i suoi studi. Era infatti un teologo molto apprezzato in Vaticano, esperto dei temi della bioetica e della morale famigliare, problemi che seguì con grande attenzione fin dal 1991 quando venne nominato segretario della Conferenza episcopale italiana. Prima di venire a Milano, prendendo il posto di Carlo Maria Martini su nomina di Karol Wojtyla, Tettamanzi era stato vescovo di Ancona-Osimo e di Genova.
Quando ospitò i profughi nella sua dimora
Con Milano, il cardinale ebbe inizialmente un rapporto tiepido, anche perché era difficile colmare il vuoto lasciato da una figura come quella di Martini. Ma si fece in fretta conoscere come il vescovo degli "ultimi", attento ai problemi della casa e del lavoro, della povertà e delle minoranze, senza risparmiare critiche alle amministrazioni di centrodestra a Palazzo Marino e alla Regione.
Il cardinale brianzolo con l'aspetto del parroco di campagna sempre ritenuto "di sinistra", è stato spesso etichettato come "catto-comunista".
Sua caratteristica fondamentale è stata però la concretezza tutta "lombarda" con cui si esponeva in prima persona, mettendosi anche in contrapposizione con la politica. Celebre la sua visita al campo rom di via Triboniano, a Natale del 2010, e il giro nei campi profughi in Palestina, nel 2009. Il suo nome fu a lungo tra quelli dei cosiddetti "papabili", soprattutto alla morte di Giovanni Paolo II, tanto che a Milano nell'aprile 2005 tanti lo davano in partenza per il Vaticano. Nel marzo 2009, raggiunti i limiti d'età per la pensione, aveva scritto a Benedetto XVI mettendo a disposizione il mandato. Ma Ratzinger gli chiese di restare fino al 2011, quando venne nominato Scola.
La sua preoccupazione - racconta chi gli è stato vicino - è sempre stata quella per l'unità della Chiesa, minacciata da vari pericoli, la secolarizzazione, la scristianizzazione, il neopaganesimo, l'indifferenza religiosa. Nel 2008, alle prime avvisaglie della crisi economica, varò il Fondo famiglia lavoro, a cui donò di tasca sua un milione di euro, cifra che poi decuplicò in pochi anni e che venne distribuita alle famiglie dei disoccupati.
Questo gli valse l'amore del popolo, ma non bastò a far tacere le polemiche con il mondo politico. Tettamanzi infatti insistette da subito fortemente perché il Comune concedesse agli islamici di avere i propri luoghi di culto diffusi sul territorio: "Una moschea in ogni quartiere", chiese nel celebre discorso di Sant'Ambrogio, nel 2010. Salvini gli rispose: "La Curia ha i soldi, dia pure le moschee agli islamici, il Comune non lo farà". Lo attaccarono pesantemente il quotidiano la Padania, l'allora ministro Calderoli e l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Tettamanzi verrà ricordato anche per il "Nuovo lezionario Ambrosiano", presentato nel novembre 2008 a Benedetto XVI.