Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzione?
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
IlFattoQuotidiano.it / Politica
Minniti alla Festa del Fatto: “Esistono anche i diritti di chi accoglie. C’è rapporto terrorismo-mancata integrazione”
di F. Q. | 3 settembre 2017
Politica
Il titolare del Viminale ha parlato delle sue politiche in merito a quello che ha definito "un fenomeno epocale". E ha annunciato che presenterà nei prossimi giorni un "piano nazionale per l'integrazione", ma non è entrato nel merito. Sul palco anche la giornalista Milena Gabanelli che ha proposto il recupero degli spazi pubblici come le caserme. Duro il commento dell'editorialista del Fatto Furio Colombo: "Migranti bloccati in Libia sono la seconda Shoah"
di F. Q. | 3 settembre 2017
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Più informazioni su: Furio Colombo, Governo Gentiloni, Immigrati, Immigrazione, Marco Minniti, Migranti, Milena Gabanelli, Paolo Gentiloni
“Esistono i diritti di chi è accolto, ma anche quelli di chi accoglie”. “Non c’è un legame tra terrorismo e immigrazione, ma tra terrorismo e mancata integrazione”. Il ministro dell’Interno Marco Minniti, dal palco della Festa del Fatto Quotidiano in Versiliana, ha parlato delle sue politiche e della gestione di quello che definisce “un fenomeno epocale”. Ha esordito con una battuta (“Apprezzerete un certo sprezzo del pericolo nel venire qui”) e ha annunciato che sarà presentato un “piano di integrazione nazionale” nei prossimi giorni, di cui però non ha dato dettagli. A fianco del titolare del Viminale anche i giornalisti Milena Gabanelli e Furio Colombo. Ha moderato l’incontro dal titolo “Migranti a casa di chi?“, il vicedirettore del Fatto Stefano Feltri. “Nel 2017 gli sbarchi sono stati solo 99mila e 927”, ha detto Feltri introducendo gli ospiti, “c’è stato un notevole calo che si è manifestato nella stagione di picco. Il processo di ricollocazione va molto a rilento e il ministro Minniti ha affrontato in maniera drastica il tema”. Gabanelli ha presentato una serie di proposte per migliorare il sistema dell’accoglienza: ad esempio il recupero degli spazi pubblici come le caserme, ma anche gli interventi di scrematura prima di passare all’accoglienza diffusa sul territorio. Duro il giudizio dell’editorialista del Fatto Quotidiano Colombo: “Decisioni disumane. Così si vinceranno anche le elezioni, ma i migranti che restano in Libia sono la seconda Shoah“.
01:39
Furio Colombo: “Decisioni disumane sull’immigrazione”
Il primo a intervenire è stato l’editorialista del Fatto Furio Colombo che più volte nelle scorse settimane ha espresso le sue critiche contro le politiche promosse dal Viminale: “Non possiamo dire che ci sono meno sbarchi e meno morti”, ha esordito, “perché c’è qualcuno che è stato fermato da qualche parte. Sapete che sono rimasto, non in dissenso, ma costernato dal fatto che la parte del mondo in cui in generale appartengo e le persone di cui posso avere stima, prendono decisioni disumane. Perché rovesciano il senso fondamentale della civiltà a cui credevamo di appartenere”. Le sue parole sono state accolte da numerosi applausi: “La politica non è stare dalla parte di chi ha paura. Perché la paura molti se la sono fabbricata”.
Milena Gabanelli: “Perché non usiamo le caserme per l’accoglienza?”
La giornalista Milena Gabanelli ha preso la parola per illustrare le sue proposte per affrontare quello che per lei è un “problema strutturale” e ha fatto le sue valutazioni sui modi di accoglienza in Italia: “Io sono andata a vedere come funziona l’accoglienza, quindi come funzionano i sistemi che gestiscono le associazioni. Con le mie proposte ho trovato il favore di tutti i sindaci, e anche della popolazione che si ribellava quando ad esempio a Milano è stata aperta la Caserma Montello“. Gabanelli ha spiegato: “Io cerco di risolvere il problema, per quello che posso. Preoccupiamoci del fatto che entra acqua dal tetto: io non credo che questa situazione si fermerà. Quindi dobbiamo organizzarci ora”. Il quadro, ha spiegato, è quello di 15 conflitti a livello internazionale che fanno sì che ci sia una massa che sta premendo sull’Europa. “A questi si aggiungono i migranti economici, il 60 per cento del totale. Il progetto del governo sulla carta è fantastico: l’accoglienza diffusa gestita dai comuni che accolgono 20mila persone sui 200mila arrivi totali. Il resto sono centri straordinari”. Gabanelli ha quindi parlato dell’integrazione nel nord Europa, come naturalmente di un modello da seguire: “Lì i tempi massimi di attesa sono di sei mesi. Io propongo: perché non usiamo gli enormi spazi pubblici che abbiamo, ad esempio le caserme? A questo proposito il sottosegretario Manzione ha parlato di 27 locali. Io ho provato a fare un stima dei costi per rimettere a posto le caserme per gestire circa 200mila arrivi: qualcuno dice che le caserme sono dei lager, ma nelle caserme hanno vissuto i militari. Quelle che potrebbero essere pronte subito sono ad esempio a Bologna, Milano o Brescia. Ma spesso a gestirle sono le cooperative”. Inoltre, “queste persone devono essere tenute occupate per arrivare a una loro identificazione che deve essere fatta in sei mesi. Io penso che l’accoglienza diffusa sia un buon modello, ma solo dopo una scrematura fatta con corsi di lingua e programmi di integrazione”.
04:39
Il ministro Minniti e il blocco degli sbarchi: “Io devo tenere presente il diritto di chi è accolto, ma anche di chi accoglie”
Il titolare del Viminale ha esordito con una battuta: “Grazie dell’invito e spero che apprezzerete un certo sprezzo del pericolo nel venire qui alla Festa del Fatto”. Marco Minniti ha iniziato definendo l’immigrazione “un fenomeno epocale”: “Nessuno può pensare che la questione si risolva rapidamente. Il punto cruciale per me è che un grande Paese di fronte ai flussi migratori, non li subisce, ma cerca di governarli. Perché se un Paese li subisce finisce per introdurre un principio di tensione che magari mal si adatta con gli equilibri sociali che noi abbiamo costruito in questi anni”. Il ministro ha detto che quando parla con un sindaco deve tenere presente “il diritto di chi è accolto”: “L’Italia in questi anni ha dato prova straordinaria di accoglienza. Io sono molto d’accordo quando dicono che l’Italia ha difeso l’onore dell’Europa“. Ma non solo, ha detto Minniti, si può guardare a chi arriva ed è in difficoltà: “Bisogna tenere anche presente il diritto di accoglie”. Secondo il ministro, il primo punto è “investire in Africa”: “Investiamo economicamente e in classi dirigenti, perché è un continente ricco. E una parte significativa della sua povertà dipende dal tradimento della classe dirigente che si è impossessata di quella ricchezza”. Il titolare del Viminale ha anche detto che l’Africa “per i prossimi quindici anni” sarà lo specchio dell’Europa: “Se starà bene, l’Europa starà bene. Quando dico governiamo i processi, dico una cosa semplice: una grande democrazia non può limitarsi solo alla parola accoglienza. E’ una cosa che ci fa battere il cuore. Io sono uno di quelli che in tempi non sospetti ha sostenuto che non c’è un’equazione tra terrorismo e immigrazione. E tuttavia, se guardiamo agli attentati vediamo che i terroristi sono figli di una mancata integrazione. Quindi io dico che c’è un rapporto tra terrorismo e mancata integrazione”. Minniti ha poi rivendicato il fatto che l’Unhcr ha rimesso piede in Libia dopo gli ultimi accordi: “Io mi impegno davanti a voi e lo dico anche con un pizzico di onore personale. Io sui diritti e l’accoglienza farò una battaglia personale. Penso che bisogna governare i flussi migratori senza perdere l’umanità”. Minniti ha poi annunciato che “a metà settembre presenterà un piano per l’integrazione nazionale“. E poi: “Io mi sono posto un obiettivo: togliere la parola emergenza dalle politiche per l’immigrazione. Vi ho proposto quello che penso, ma penso anche che sia cruciale non agire sulla base dell’ansia”. Minniti è andato anche oltre e ha garantito che la sua non è una politica in chiave elettorale: “Questa mia idea non nasce da una ricerca pervicace del consenso. Su questi temi non si gioca un punto, due punti in più alle elezioni politiche, si giocano le prospettive di un Paese. E’ giusto che si discuta apertamente. Su questi temi non si deve lucrare, si deve pensare solo agli interessi della comunità. Io penso così di guardare agli interessi del mio Paese”. Per quanto riguarda il tema delicato degli appalti, il ministro ha parlato di un coinvolgimento di Cantone: “Appena sono arrivato al ministero dell’interno ho chiamato il presidente Cantone dell’Autorità anticorruzione e gli ho chiesto di fare un protocollo per la gestione degli appalti dell’accoglienza. In questo momento funziona quel protocollo. Io ho un dubbio sull’avere centri nazionali pubblici che gestiscano tutta l’accoglienza, insomma l’idea di un intervento pubblico. Io pensa che sia il pubblico che debba dare gli indirizzi e stabilire standard e poi sul concreto agiscono anche le ong”.
Colombo: “Si vinceranno le elezioni, ma i migranti che restano in Libia sono la seconda Shoah”
Al lungo intervento di Minniti, ha risposto per primo Furio Colombo. Che con parole molto dure ha voluto ricordare che la questione sul tavolo è molto diversa: come ricordato dalle pagine di Avvenire oggi e dalle inchieste dell’Associated press e della Reuters, gli accordi con la Libia hanno comportato il blocco dei migranti in centri di detenzione dove i diritti umani non sono rispettati. “Il modo con cui il ministro ha parlato è apprezzabile”, ha detto, “ma non fa i conti con un fatto. I migranti non ci sono più: sono in Libia. Quando si dice che abbiamo parlato con i sindaci, intendiamo dei capi tribù che hanno delle attese dopo le promesse. Come si può venire a raccontare che all’improvviso Medici senza frontiere sono le canaglie che hanno creato questo problema? Noi tutti siamo qui a domandarci: cosa hanno fatto le organizzazioni non governative che hanno portato tutta questa gente a riva. Ma tu, governo italiano, li vorrai salvare? O li salvi o li abbandoni a chi? Con questo approccio si vinceranno le elezioni, ma loro sono la seconda Shoah”. Colombo ha quindi concluso: “Non possiamo lasciar morire le persone nelle mani di persone che sono molto peggiori dei mercanti di esseri umani. La necessità è di salvare, non tacere, su questo io spero che potremo ritrovarci d’accordo”.
Minniti: “Il codice è un elemento di garanzia per le ong”
Il ministro, replicando a Colombo, ha parlato anche del codice di condotta per le ong, approvato nelle scorse settimane. “Credo che il codice per le ong sia un elemento di garanzia per le stesse organizzazioni”, ha detto, “perché hanno fatto e fanno un lavoro preziosissimo. Infatti l’hanno firmato cinque su sette”. Minniti si è quindi rivolto direttamente a Colombo: “Posso chiederti di essere severissimo, ma ancora di più se io non mi impegnerò su quello che ho detto? Cioè che per quanto mi riguarda, il rispetto dei diritti umani è fondamentale”. Quindi sugli accordi in Libia: “Io ho incontrato i sindaci delle città libiche, non sono dei capi tribù. Se uno di voi fosse venuto in quella sala e avesse ascoltato quei sindaci, non avrebbe pensato di essere a Tripoli. Il patto che abbiamo fatto è semplice: vi liberate dei trafficanti di esseri umani e noi vi aiutiamo a costruire un circuito economico alternativo. Io vorrei far capire ai libici che non possono fare lo Stato carogna”. Il titolare del Viminale ha anche detto di voler “coinvolgere i giovani libici nella costruzione di alternative sul posto”. Poi ha proposto di rafforzare la pratica dei “corridoi umanitari”: “Quelli che scappano dalla guerra, vengono direttamente in Italia e vengono gestiti dalle istituzioni”. “Basta guerre”, ha gridato una signora dal pubblico.
Gabanelli: “Il ministro Minniti si impegna a fare, non ho ben capito cosa”
A chiudere il dibattito è stato l’intervento di Milena Gabanelli, che ha espresso qualche perplessità sugli impegni presi da Minniti e ha ribadito i limiti del sistema di accoglienza italiano. “Io non voglio fare considerazioni astratte, sono concentrata sulla necessità della concretezza”, ha detto. “Il ministro Minniti si impegna a fare, non ho ben capito cosa. Certamente dobbiamo salvare, noi ci danniamo per salvare le vite umane. Ma non dimentichiamo che una volta sbarcati i salvati diventano carne da macello. L’integrazione non passa da un sistema come quello che è strutturato oggi”.
Minniti alla Festa del Fatto: “Esistono anche i diritti di chi accoglie. C’è rapporto terrorismo-mancata integrazione”
di F. Q. | 3 settembre 2017
Politica
Il titolare del Viminale ha parlato delle sue politiche in merito a quello che ha definito "un fenomeno epocale". E ha annunciato che presenterà nei prossimi giorni un "piano nazionale per l'integrazione", ma non è entrato nel merito. Sul palco anche la giornalista Milena Gabanelli che ha proposto il recupero degli spazi pubblici come le caserme. Duro il commento dell'editorialista del Fatto Furio Colombo: "Migranti bloccati in Libia sono la seconda Shoah"
di F. Q. | 3 settembre 2017
277
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Più informazioni su: Furio Colombo, Governo Gentiloni, Immigrati, Immigrazione, Marco Minniti, Migranti, Milena Gabanelli, Paolo Gentiloni
“Esistono i diritti di chi è accolto, ma anche quelli di chi accoglie”. “Non c’è un legame tra terrorismo e immigrazione, ma tra terrorismo e mancata integrazione”. Il ministro dell’Interno Marco Minniti, dal palco della Festa del Fatto Quotidiano in Versiliana, ha parlato delle sue politiche e della gestione di quello che definisce “un fenomeno epocale”. Ha esordito con una battuta (“Apprezzerete un certo sprezzo del pericolo nel venire qui”) e ha annunciato che sarà presentato un “piano di integrazione nazionale” nei prossimi giorni, di cui però non ha dato dettagli. A fianco del titolare del Viminale anche i giornalisti Milena Gabanelli e Furio Colombo. Ha moderato l’incontro dal titolo “Migranti a casa di chi?“, il vicedirettore del Fatto Stefano Feltri. “Nel 2017 gli sbarchi sono stati solo 99mila e 927”, ha detto Feltri introducendo gli ospiti, “c’è stato un notevole calo che si è manifestato nella stagione di picco. Il processo di ricollocazione va molto a rilento e il ministro Minniti ha affrontato in maniera drastica il tema”. Gabanelli ha presentato una serie di proposte per migliorare il sistema dell’accoglienza: ad esempio il recupero degli spazi pubblici come le caserme, ma anche gli interventi di scrematura prima di passare all’accoglienza diffusa sul territorio. Duro il giudizio dell’editorialista del Fatto Quotidiano Colombo: “Decisioni disumane. Così si vinceranno anche le elezioni, ma i migranti che restano in Libia sono la seconda Shoah“.
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Furio Colombo: “Decisioni disumane sull’immigrazione”
Il primo a intervenire è stato l’editorialista del Fatto Furio Colombo che più volte nelle scorse settimane ha espresso le sue critiche contro le politiche promosse dal Viminale: “Non possiamo dire che ci sono meno sbarchi e meno morti”, ha esordito, “perché c’è qualcuno che è stato fermato da qualche parte. Sapete che sono rimasto, non in dissenso, ma costernato dal fatto che la parte del mondo in cui in generale appartengo e le persone di cui posso avere stima, prendono decisioni disumane. Perché rovesciano il senso fondamentale della civiltà a cui credevamo di appartenere”. Le sue parole sono state accolte da numerosi applausi: “La politica non è stare dalla parte di chi ha paura. Perché la paura molti se la sono fabbricata”.
Milena Gabanelli: “Perché non usiamo le caserme per l’accoglienza?”
La giornalista Milena Gabanelli ha preso la parola per illustrare le sue proposte per affrontare quello che per lei è un “problema strutturale” e ha fatto le sue valutazioni sui modi di accoglienza in Italia: “Io sono andata a vedere come funziona l’accoglienza, quindi come funzionano i sistemi che gestiscono le associazioni. Con le mie proposte ho trovato il favore di tutti i sindaci, e anche della popolazione che si ribellava quando ad esempio a Milano è stata aperta la Caserma Montello“. Gabanelli ha spiegato: “Io cerco di risolvere il problema, per quello che posso. Preoccupiamoci del fatto che entra acqua dal tetto: io non credo che questa situazione si fermerà. Quindi dobbiamo organizzarci ora”. Il quadro, ha spiegato, è quello di 15 conflitti a livello internazionale che fanno sì che ci sia una massa che sta premendo sull’Europa. “A questi si aggiungono i migranti economici, il 60 per cento del totale. Il progetto del governo sulla carta è fantastico: l’accoglienza diffusa gestita dai comuni che accolgono 20mila persone sui 200mila arrivi totali. Il resto sono centri straordinari”. Gabanelli ha quindi parlato dell’integrazione nel nord Europa, come naturalmente di un modello da seguire: “Lì i tempi massimi di attesa sono di sei mesi. Io propongo: perché non usiamo gli enormi spazi pubblici che abbiamo, ad esempio le caserme? A questo proposito il sottosegretario Manzione ha parlato di 27 locali. Io ho provato a fare un stima dei costi per rimettere a posto le caserme per gestire circa 200mila arrivi: qualcuno dice che le caserme sono dei lager, ma nelle caserme hanno vissuto i militari. Quelle che potrebbero essere pronte subito sono ad esempio a Bologna, Milano o Brescia. Ma spesso a gestirle sono le cooperative”. Inoltre, “queste persone devono essere tenute occupate per arrivare a una loro identificazione che deve essere fatta in sei mesi. Io penso che l’accoglienza diffusa sia un buon modello, ma solo dopo una scrematura fatta con corsi di lingua e programmi di integrazione”.
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Il ministro Minniti e il blocco degli sbarchi: “Io devo tenere presente il diritto di chi è accolto, ma anche di chi accoglie”
Il titolare del Viminale ha esordito con una battuta: “Grazie dell’invito e spero che apprezzerete un certo sprezzo del pericolo nel venire qui alla Festa del Fatto”. Marco Minniti ha iniziato definendo l’immigrazione “un fenomeno epocale”: “Nessuno può pensare che la questione si risolva rapidamente. Il punto cruciale per me è che un grande Paese di fronte ai flussi migratori, non li subisce, ma cerca di governarli. Perché se un Paese li subisce finisce per introdurre un principio di tensione che magari mal si adatta con gli equilibri sociali che noi abbiamo costruito in questi anni”. Il ministro ha detto che quando parla con un sindaco deve tenere presente “il diritto di chi è accolto”: “L’Italia in questi anni ha dato prova straordinaria di accoglienza. Io sono molto d’accordo quando dicono che l’Italia ha difeso l’onore dell’Europa“. Ma non solo, ha detto Minniti, si può guardare a chi arriva ed è in difficoltà: “Bisogna tenere anche presente il diritto di accoglie”. Secondo il ministro, il primo punto è “investire in Africa”: “Investiamo economicamente e in classi dirigenti, perché è un continente ricco. E una parte significativa della sua povertà dipende dal tradimento della classe dirigente che si è impossessata di quella ricchezza”. Il titolare del Viminale ha anche detto che l’Africa “per i prossimi quindici anni” sarà lo specchio dell’Europa: “Se starà bene, l’Europa starà bene. Quando dico governiamo i processi, dico una cosa semplice: una grande democrazia non può limitarsi solo alla parola accoglienza. E’ una cosa che ci fa battere il cuore. Io sono uno di quelli che in tempi non sospetti ha sostenuto che non c’è un’equazione tra terrorismo e immigrazione. E tuttavia, se guardiamo agli attentati vediamo che i terroristi sono figli di una mancata integrazione. Quindi io dico che c’è un rapporto tra terrorismo e mancata integrazione”. Minniti ha poi rivendicato il fatto che l’Unhcr ha rimesso piede in Libia dopo gli ultimi accordi: “Io mi impegno davanti a voi e lo dico anche con un pizzico di onore personale. Io sui diritti e l’accoglienza farò una battaglia personale. Penso che bisogna governare i flussi migratori senza perdere l’umanità”. Minniti ha poi annunciato che “a metà settembre presenterà un piano per l’integrazione nazionale“. E poi: “Io mi sono posto un obiettivo: togliere la parola emergenza dalle politiche per l’immigrazione. Vi ho proposto quello che penso, ma penso anche che sia cruciale non agire sulla base dell’ansia”. Minniti è andato anche oltre e ha garantito che la sua non è una politica in chiave elettorale: “Questa mia idea non nasce da una ricerca pervicace del consenso. Su questi temi non si gioca un punto, due punti in più alle elezioni politiche, si giocano le prospettive di un Paese. E’ giusto che si discuta apertamente. Su questi temi non si deve lucrare, si deve pensare solo agli interessi della comunità. Io penso così di guardare agli interessi del mio Paese”. Per quanto riguarda il tema delicato degli appalti, il ministro ha parlato di un coinvolgimento di Cantone: “Appena sono arrivato al ministero dell’interno ho chiamato il presidente Cantone dell’Autorità anticorruzione e gli ho chiesto di fare un protocollo per la gestione degli appalti dell’accoglienza. In questo momento funziona quel protocollo. Io ho un dubbio sull’avere centri nazionali pubblici che gestiscano tutta l’accoglienza, insomma l’idea di un intervento pubblico. Io pensa che sia il pubblico che debba dare gli indirizzi e stabilire standard e poi sul concreto agiscono anche le ong”.
Colombo: “Si vinceranno le elezioni, ma i migranti che restano in Libia sono la seconda Shoah”
Al lungo intervento di Minniti, ha risposto per primo Furio Colombo. Che con parole molto dure ha voluto ricordare che la questione sul tavolo è molto diversa: come ricordato dalle pagine di Avvenire oggi e dalle inchieste dell’Associated press e della Reuters, gli accordi con la Libia hanno comportato il blocco dei migranti in centri di detenzione dove i diritti umani non sono rispettati. “Il modo con cui il ministro ha parlato è apprezzabile”, ha detto, “ma non fa i conti con un fatto. I migranti non ci sono più: sono in Libia. Quando si dice che abbiamo parlato con i sindaci, intendiamo dei capi tribù che hanno delle attese dopo le promesse. Come si può venire a raccontare che all’improvviso Medici senza frontiere sono le canaglie che hanno creato questo problema? Noi tutti siamo qui a domandarci: cosa hanno fatto le organizzazioni non governative che hanno portato tutta questa gente a riva. Ma tu, governo italiano, li vorrai salvare? O li salvi o li abbandoni a chi? Con questo approccio si vinceranno le elezioni, ma loro sono la seconda Shoah”. Colombo ha quindi concluso: “Non possiamo lasciar morire le persone nelle mani di persone che sono molto peggiori dei mercanti di esseri umani. La necessità è di salvare, non tacere, su questo io spero che potremo ritrovarci d’accordo”.
Minniti: “Il codice è un elemento di garanzia per le ong”
Il ministro, replicando a Colombo, ha parlato anche del codice di condotta per le ong, approvato nelle scorse settimane. “Credo che il codice per le ong sia un elemento di garanzia per le stesse organizzazioni”, ha detto, “perché hanno fatto e fanno un lavoro preziosissimo. Infatti l’hanno firmato cinque su sette”. Minniti si è quindi rivolto direttamente a Colombo: “Posso chiederti di essere severissimo, ma ancora di più se io non mi impegnerò su quello che ho detto? Cioè che per quanto mi riguarda, il rispetto dei diritti umani è fondamentale”. Quindi sugli accordi in Libia: “Io ho incontrato i sindaci delle città libiche, non sono dei capi tribù. Se uno di voi fosse venuto in quella sala e avesse ascoltato quei sindaci, non avrebbe pensato di essere a Tripoli. Il patto che abbiamo fatto è semplice: vi liberate dei trafficanti di esseri umani e noi vi aiutiamo a costruire un circuito economico alternativo. Io vorrei far capire ai libici che non possono fare lo Stato carogna”. Il titolare del Viminale ha anche detto di voler “coinvolgere i giovani libici nella costruzione di alternative sul posto”. Poi ha proposto di rafforzare la pratica dei “corridoi umanitari”: “Quelli che scappano dalla guerra, vengono direttamente in Italia e vengono gestiti dalle istituzioni”. “Basta guerre”, ha gridato una signora dal pubblico.
Gabanelli: “Il ministro Minniti si impegna a fare, non ho ben capito cosa”
A chiudere il dibattito è stato l’intervento di Milena Gabanelli, che ha espresso qualche perplessità sugli impegni presi da Minniti e ha ribadito i limiti del sistema di accoglienza italiano. “Io non voglio fare considerazioni astratte, sono concentrata sulla necessità della concretezza”, ha detto. “Il ministro Minniti si impegna a fare, non ho ben capito cosa. Certamente dobbiamo salvare, noi ci danniamo per salvare le vite umane. Ma non dimentichiamo che una volta sbarcati i salvati diventano carne da macello. L’integrazione non passa da un sistema come quello che è strutturato oggi”.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Soros e la CIA avevano visto giusto, con il progetto di spingere le popolazioni africane verso l’Europa per abbatterla.
Prima o poi i continentali avrebbero iniziato a litigare tra di loro.
Il “Dividi et impera” non è una loro scoperta. Conoscono solo la storia.
IlFattoQuotidiano.it / Diritti
Migranti, Gino Strada contro “lo sbirro” Minniti: “Dichiara guerra ai poveracci pagando qualche capobanda in Libia”
di Alessandro Sarcinelli | 5 settembre 2017
VIDEO
02:32
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... o/3838130/
229
• 4,3 mila
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Più informazioni su: Gino Strada, Migranti
“Gli accordi con la Libia e il decreto fatto dal ministero dell’Interno è niente di più e niente di meno che un atto di guerra contro i migranti”. Lo ha detto il fondatore di Emergency Gino Strada a Milano, a margine della conferenza stampa di presentazione di “Casa Emergency”, dove è intervenuto insieme al sindaco Giuseppe Sala. “Noi siamo già oggi responsabili di diverse morti e di torture, di centinaia o migliaia di violazioni dei diritti umani – ha continuato Strada – e per soddisfare il nostro egoismo e gli interessi di una politica di livello infimo non esitiamo a ributtare queste persone in mano a torturatori e assassini. Non potremo dire “non lo sapevamo””. Strada ha poi sottolineato il suo giudizio sull’attuale ministro degli Interni, Marco Minniti: “Ha una storia da sbirro e va avanti su quella strada lì. Per lui far finire donne e bambini morti ammazzati nelle carceri libiche è una cosa compatibile con i suoi valori. Con i miei no”
Prima o poi i continentali avrebbero iniziato a litigare tra di loro.
Il “Dividi et impera” non è una loro scoperta. Conoscono solo la storia.
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Migranti, Gino Strada contro “lo sbirro” Minniti: “Dichiara guerra ai poveracci pagando qualche capobanda in Libia”
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“Gli accordi con la Libia e il decreto fatto dal ministero dell’Interno è niente di più e niente di meno che un atto di guerra contro i migranti”. Lo ha detto il fondatore di Emergency Gino Strada a Milano, a margine della conferenza stampa di presentazione di “Casa Emergency”, dove è intervenuto insieme al sindaco Giuseppe Sala. “Noi siamo già oggi responsabili di diverse morti e di torture, di centinaia o migliaia di violazioni dei diritti umani – ha continuato Strada – e per soddisfare il nostro egoismo e gli interessi di una politica di livello infimo non esitiamo a ributtare queste persone in mano a torturatori e assassini. Non potremo dire “non lo sapevamo””. Strada ha poi sottolineato il suo giudizio sull’attuale ministro degli Interni, Marco Minniti: “Ha una storia da sbirro e va avanti su quella strada lì. Per lui far finire donne e bambini morti ammazzati nelle carceri libiche è una cosa compatibile con i suoi valori. Con i miei no”
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
erding ha scritto:Il “senso della vita?” Questa non è una semplice domanda ma... è LA DOMANDA!
Penso che il senso della vita è dato dal valore che ciascuno da alla vita propria non disgiunto dal valore che attribuisce alla vita degli altri.
Il Manifesto di oggi:https://ilmanifesto.it/
con il titolo:“ A CASA LORO”
e l'articolo:"Il nostro «aiuto» sono le armi “ https://ilmanifesto.it/il-nostro-aiuto- ... a-di-armi/
chissà perché, mi ha fatto tornare in mente vecchio film con Alberto Sordi.
Una bellissima scena del suddetto film: https://www.youtube.com/watch?v=To92ty_ ... ture=share
Un saluto erding
Sms per erding
A fronte di queste due notizie di oggi, mi è venuta in mente la tua definizione del senso della vita.
Che senso potrebbe avere avuto per questa piccola di 4 anni e della ragazza di 21, decedute troppo prematuramente?
Corriere del Trentino
Milano, 5 settembre 2017 - 07:41
Bimba di 4 anni si ammala di malaria «autoctona» in Trentino e muore. «Primo caso che vediamo in 30 anni»
La piccola aveva contratto la malattia senza essere mai stata in zone tropicali. Il primario di malattie infettive all’ospedale Santa Chiara di Trento: «Mai visto un caso simile»
di Simone Casalini, Valentina Santarpia
TRENTO - Una bambina di quattro anni, Sofia Zago, di Trento, è morta nella notte tra domenica e lunedì per malaria agli Spedali Civili di Brescia. Non aveva frequentato alcun Paese a rischio, di aree tropicali o subtropicali, nelle scorse settimane. Era reduce, anzi, da un vacanza al mare a Bibione insieme ai genitori. E ora il caso divide la comunità scientifica. «È la prima volta in trent’anni di carriera che assisto ad un caso di malaria autoctona in Trentino», commenta sconvolto Claudio Paternoster, il primario di malattie infettive all’ospedale Santa Chiara di Trento.
^^^^^^^^^^
Giulia, morta a 21 anni nella notte Dolore social: «Questa vita è bastarda»
1/53
Corriere Adriatico
10 minuti fa
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© Social (Facebook etc) Giulia Fiorilli
http://www.msn.com/it-it/notizie/italia ... spartanntp
NETTUNO - Giulia Fiorilli aveva 21 anni, la ragazza è morta stanotte agli ospedali "Riuniti" di Anzio e Nettuno dopo un incidente tra la Smart su cui viaggiava con un'amica e l'auto, una Fiat Bravo, di due giovani calabresi in vacanza sul litorale romano. Non sembra dubbia la dinamica dell'incidente: l'auto dei ragazzi, rimasti illesi, ha preso in pieno la Smart. Il conducente dovrà rispondere di omicidio stradale.
Lo scontro è avvenuto poco prima di mezzanotte all'altezza del bar "Olimpico" a Nettuno, le ragazze sono state trasportate in ospedale in gravissime condizioni: l'amica di Giulia ha subito l'asportazione della milza. Una folla di parenti e conoscenti si è riunita per dare conforto alla famiglia Fiorilli, e tanti sono i messaggi increduli sui social di quanti salutano per l'ultima volta la ragazza.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.
Primo Levi
Ci risiamo un'altra volta, non hanno il coraggio di dire che bisogna tornare ai campi di sterminio e ripristinare i forni crematori, altrimenti perdono voti.
Allora si limitano a questo:
4 ore
556
Migranti, proposta di Calderoli
'Castriamoli finché sono da noi'
Luca Romano
NON A CASO FURIO COLOMBO ALLA VERSILIANA HA DENUNCIATO CHE SIAMO DI FRONTE ALLA SECONDA SHOAH
Primo Levi
Ci risiamo un'altra volta, non hanno il coraggio di dire che bisogna tornare ai campi di sterminio e ripristinare i forni crematori, altrimenti perdono voti.
Allora si limitano a questo:
4 ore
556
Migranti, proposta di Calderoli
'Castriamoli finché sono da noi'
Luca Romano
NON A CASO FURIO COLOMBO ALLA VERSILIANA HA DENUNCIATO CHE SIAMO DI FRONTE ALLA SECONDA SHOAH
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
I PRINCIPALI SOSTENITORI DELLA TEORIA DELLA NON ESISTENZA DI DIO, SONO I FALSI CRISTIANI STRUMPTRUPPEN.
PIU' DI SESSANT'ANNI FA, NEGLI AMBIENTI CATTOLICI E NELL'ORA DI RELIGIONE NELLE SCUOLE TRICOLORI, I PRETI INSEGNAVANO CHE TUTTO L'ESISTENTE DIPENDEVA DALLA VOLONTA' DI DIO.
MA GLI STRUMPTRUPPEN, CHE SI SPACCIANO PER CRISTIANI AUTENTICI, LI STANNO SMENTENDO CLAMOROSAMENTE.
SEGUENDO A RIGOR DI LOGICA IL CREDO CATTOLICO, LA NOSTRA ESISTENZA ATTUALE DIPENDEREBBE DALLA VOLONTA DEL CREATORE.
MA SEMPRE SEGUENDO LA LOGICA, RIFIUTANDO IL SOLITO GIOCHETTO DI MILAN-INTER O JUVE-TORO, CHE SI FA SPESSO NEI BAR, SE ESISTE UN UNICO CREATORE ANCHE GLI ALTRI ESSERI UMANI ESISTONO PER LA VOLONTA' DI DIO.
MA RIPETO, .... GLI STRUMPTRUPPEN SMENTISCONO:
[/b]Trump abroga il piano Obama
che tutela i figli di clandestini
Trump dà il benservito a 800mila immigrati arrivati negli Stati Uniti illegalmente da bimbi: "Siamo un Paese di leggi
di Sergio Rame
poco fa
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
SHOAH 2.0
Quando gli uomini perdono il senso di appartenza al genere umano e diventano peggio delle bestie.
Gli animali, pur dotati di intelligenza limitata, e solo dotati di istinto di sopravvivenza, certe cose non le fanno.
L'uomo, invece sì.
A partire da chi fa businnes a tutti i livelli approfittando della situazione, ai politici che s'ingegnano nella narrazione solo per conservare il cadreghino, e non affrontano la gestione si sul piano nazionale a tutti i livelli.
Sul piano europeo ci siamo già sputtanati abbastanza e a sufficienza con Pinocchio Mussoloni, che in cambio del denaro necessario per cercare di consolidare la sua immagine politica, si è compromesso e ci ha compromessi con la Ue.
Adesso non siamo più credibili, qualsiasi richiesta avanziamo.
A livello internazionale, meno che meno.
Sappiamo solo avanzare ipotesi fantasiose, ipotesi del tipo "Aiutiamoli a casa loro", solo a scopo di propaganda elettorale presentando una faccia umanitaria di comodo, come fanno Salvini e il suo socio di Hardcore, mentre in realtà si fregano le mani per la situazione di malessere interno che gli permette di acquisire voti, altrimenti, non avrebbero altri argomenti a sufficienza per affrontare questa lunga campagna elettorale.
Prova dello sciacallaggio politico viene anche da Pinocchio Mussoloni che è passato dall'accoglienza a piene mani, quando gli faceva comodo, al rispingimento di adesso, solo cercare voti nella campagna elettorale in atto.
Mai che questi super tromboni professionisti, alzassero le chiappe per andare a reclamare interventi adeguati nei luoghi deputati, come l'Onu.
Mentre gli "italiani brava gente", si stanno comportando come quei tedeschi che criticavano e che criticano ancora, che vivevano in prossimità dei campi di sterminio, e vedevano uscire il fumo dei camini dei forni crematori, e avevano capito la causa della puzza tremenda conseguente.
Occhio non vede, cuore non duole, recita un vecchio detto italiano.
Così basta che la Libia crei campi di concentramento ad hoc.
Queste sono proposte odierne, ma anche già attuate con gli accordi Berlusconi-Gheddafi.
Tu passerai per il camino, dicevano allora.
Qui muoiono in mezzo al mare, lungo una ferrovia, o in un campo di concentramento.
Che differenza c'è tra allora ed oggi?
Ci voleva un vecchio giornalista come Furio Colombo, per spaccare il velo dell'ipocrisia.
Siamo partecipi della Shoah 2.0.
IlFattoQuotidiano.it / Cronaca
Migranti, “quando capita a due passi da te è diverso”. Storia di Rawda e degli italiani che l’hanno restituita a sua figlia
http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/pi ... /articoli/
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00:59
06:16
di Pietro Barabino | 5 settembre 2017
251
450
Più informazioni su: Brennero, Frontiere, Libia, Marco Minniti, Migranti
Non solo vittime del viaggio nel deserto e della traversata del Mediterraneo, la chiusura delle frontiere interne dell’Europa sta rendendo sempre più pericoloso il viaggio dei migranti intenzionati a chiedere asilo fuori dall’Italia. Da un anno a questa parte, 21 persone sono morte nel tentativo di passare in Francia, Svizzera e Austria. Quattordici i morti nella zona di Ventimiglia, due tra Como e Chiasso e cinque sulla tratta del Brennero. Rawda Abdu è una di queste vittime. Partita dall’Etiopia all’età di 23 anni, già madre di una bambina nata da una violenza in un sobborgo di Addis Abeba, dopo sei anni di lavori precari in Egitto e Libia lo scorso anno decide di rischiare la traversata in mare, verso l’Europa. Si imbarca a Tripoli e arriva a Palermo l’8 novembre 2016. Identificata a Reggio Calabria il giorno successivo, viene trasferita ad un centro di accoglienza di Milano il 14 novembre. Due giorni dopo un treno la travolge mentre percorre i binari , all’altezza di Avio, provincia di Trento.
A ricostruire la vicenda è Sara Ballardini di Antenne Migranti, progetto che insieme alla Fondazione Alexander Langer monitora la tratta del Brennero per dare informazioni e supporto legale ai migranti. “Respinta dalla polizia di frontiera in base al trattato di Dublino, viene caricata su un treno regionale che dal confine la riporta a sud, direzione Verona”. Senza biglietto, Rawda viene fatta scendere intorno alle 22 alla piccola stazione di Borghetto. Spaesata inizia a camminare a lato della linea ferroviaria. Non si accorge del treno che arriva alle sue spalle e la sbalza sulla massicciata. “Il suo corpo sarebbe rimasto senza nome – racconta Valentina Sega, che vive a Trento ma è originaria di Avio e ha voluto seguire la vicenda da subito – la Polfer si era infatti limitata a prendere le impronte digitali, anche se nella borsetta che la ragazza aveva con sé c’era un foglio con i numeri di tutta la sua famiglia”. Sarà poi Zebenay Jabe Daka, cittadino italiano presidente dell’associazione trentina “Amici dell’Etiopia”, a informare i parenti di Rawda e a ricostruire la sua storia. Di famiglia poverissima, con le sue rimesse manteneva l’intero nucleo familiare: i genitori e la figlia. “La famiglia di Rawda era distrutta, l’unico desiderio che sono riusciti a esprimere è stato quello di poter riavere la salma”, racconta Zebenay.
Ma il sindaco di Avio Federico Secchi, eletto con Lega e Forza Italia e noto per i saluti romani in onore di un combattente della Repubblica di Salò, non aveva intenzione di contribuire alle spese per il rimpatrio. “Per fortuna altre persone nella giunta comunale ci hanno dato una mano, ma soprattutto il parroco e tante associazioni solidali. In poche settimane siamo riusciti a raccogliere 11mila euro, cifra sufficiente al rimpatrio della salma e all’avviamento di un progetto di sostegno a distanza per la figlia rimasta orfana”, ricorda Zebenay. “Una colletta a cui ha partecipato l’intero paese, una mobilitazione solidale enorme che conferma come, davanti a casi concreti, le persone comuni riescano a superare pregiudizi e chiusure”. Molti dei cittadini solidali, infatti, pochi mesi prima si erano espressi contrariamente all’accoglienza di alcuni richiedenti asilo in paese. “Al momento dell’ultimo saluto al cimitero di Avio, prima del rimpatrio della salma, c’era tutto il paese e anche la vicesindaco: in tanti hanno cambiato il proprio sguardo sulla problematica dei migranti”.
Folgorati o travolti da treni mentre camminano sulle rotaie, investiti lungo l’autostrada o sui sentieri di montagna. Le vittime delle frontiere sono quasi sempre molto giovani. Tra i pochi a cui si è riusciti a dare un nome ci sono diversi minorenni, che avrebbero potuto attraversare legalmente la frontiera, se solo qualcuno li avesse correttamente informati dei loro diritti e i governi di Francia, Svizzera e Austria non respingessero indiscriminatamente chi chiede loro asilo dopo essere passato dall’Italia.
di Pietro Barabino | 5 settembre 2017
Quando gli uomini perdono il senso di appartenza al genere umano e diventano peggio delle bestie.
Gli animali, pur dotati di intelligenza limitata, e solo dotati di istinto di sopravvivenza, certe cose non le fanno.
L'uomo, invece sì.
A partire da chi fa businnes a tutti i livelli approfittando della situazione, ai politici che s'ingegnano nella narrazione solo per conservare il cadreghino, e non affrontano la gestione si sul piano nazionale a tutti i livelli.
Sul piano europeo ci siamo già sputtanati abbastanza e a sufficienza con Pinocchio Mussoloni, che in cambio del denaro necessario per cercare di consolidare la sua immagine politica, si è compromesso e ci ha compromessi con la Ue.
Adesso non siamo più credibili, qualsiasi richiesta avanziamo.
A livello internazionale, meno che meno.
Sappiamo solo avanzare ipotesi fantasiose, ipotesi del tipo "Aiutiamoli a casa loro", solo a scopo di propaganda elettorale presentando una faccia umanitaria di comodo, come fanno Salvini e il suo socio di Hardcore, mentre in realtà si fregano le mani per la situazione di malessere interno che gli permette di acquisire voti, altrimenti, non avrebbero altri argomenti a sufficienza per affrontare questa lunga campagna elettorale.
Prova dello sciacallaggio politico viene anche da Pinocchio Mussoloni che è passato dall'accoglienza a piene mani, quando gli faceva comodo, al rispingimento di adesso, solo cercare voti nella campagna elettorale in atto.
Mai che questi super tromboni professionisti, alzassero le chiappe per andare a reclamare interventi adeguati nei luoghi deputati, come l'Onu.
Mentre gli "italiani brava gente", si stanno comportando come quei tedeschi che criticavano e che criticano ancora, che vivevano in prossimità dei campi di sterminio, e vedevano uscire il fumo dei camini dei forni crematori, e avevano capito la causa della puzza tremenda conseguente.
Occhio non vede, cuore non duole, recita un vecchio detto italiano.
Così basta che la Libia crei campi di concentramento ad hoc.
Queste sono proposte odierne, ma anche già attuate con gli accordi Berlusconi-Gheddafi.
Tu passerai per il camino, dicevano allora.
Qui muoiono in mezzo al mare, lungo una ferrovia, o in un campo di concentramento.
Che differenza c'è tra allora ed oggi?
Ci voleva un vecchio giornalista come Furio Colombo, per spaccare il velo dell'ipocrisia.
Siamo partecipi della Shoah 2.0.
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Migranti, “quando capita a due passi da te è diverso”. Storia di Rawda e degli italiani che l’hanno restituita a sua figlia
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Non solo vittime del viaggio nel deserto e della traversata del Mediterraneo, la chiusura delle frontiere interne dell’Europa sta rendendo sempre più pericoloso il viaggio dei migranti intenzionati a chiedere asilo fuori dall’Italia. Da un anno a questa parte, 21 persone sono morte nel tentativo di passare in Francia, Svizzera e Austria. Quattordici i morti nella zona di Ventimiglia, due tra Como e Chiasso e cinque sulla tratta del Brennero. Rawda Abdu è una di queste vittime. Partita dall’Etiopia all’età di 23 anni, già madre di una bambina nata da una violenza in un sobborgo di Addis Abeba, dopo sei anni di lavori precari in Egitto e Libia lo scorso anno decide di rischiare la traversata in mare, verso l’Europa. Si imbarca a Tripoli e arriva a Palermo l’8 novembre 2016. Identificata a Reggio Calabria il giorno successivo, viene trasferita ad un centro di accoglienza di Milano il 14 novembre. Due giorni dopo un treno la travolge mentre percorre i binari , all’altezza di Avio, provincia di Trento.
A ricostruire la vicenda è Sara Ballardini di Antenne Migranti, progetto che insieme alla Fondazione Alexander Langer monitora la tratta del Brennero per dare informazioni e supporto legale ai migranti. “Respinta dalla polizia di frontiera in base al trattato di Dublino, viene caricata su un treno regionale che dal confine la riporta a sud, direzione Verona”. Senza biglietto, Rawda viene fatta scendere intorno alle 22 alla piccola stazione di Borghetto. Spaesata inizia a camminare a lato della linea ferroviaria. Non si accorge del treno che arriva alle sue spalle e la sbalza sulla massicciata. “Il suo corpo sarebbe rimasto senza nome – racconta Valentina Sega, che vive a Trento ma è originaria di Avio e ha voluto seguire la vicenda da subito – la Polfer si era infatti limitata a prendere le impronte digitali, anche se nella borsetta che la ragazza aveva con sé c’era un foglio con i numeri di tutta la sua famiglia”. Sarà poi Zebenay Jabe Daka, cittadino italiano presidente dell’associazione trentina “Amici dell’Etiopia”, a informare i parenti di Rawda e a ricostruire la sua storia. Di famiglia poverissima, con le sue rimesse manteneva l’intero nucleo familiare: i genitori e la figlia. “La famiglia di Rawda era distrutta, l’unico desiderio che sono riusciti a esprimere è stato quello di poter riavere la salma”, racconta Zebenay.
Ma il sindaco di Avio Federico Secchi, eletto con Lega e Forza Italia e noto per i saluti romani in onore di un combattente della Repubblica di Salò, non aveva intenzione di contribuire alle spese per il rimpatrio. “Per fortuna altre persone nella giunta comunale ci hanno dato una mano, ma soprattutto il parroco e tante associazioni solidali. In poche settimane siamo riusciti a raccogliere 11mila euro, cifra sufficiente al rimpatrio della salma e all’avviamento di un progetto di sostegno a distanza per la figlia rimasta orfana”, ricorda Zebenay. “Una colletta a cui ha partecipato l’intero paese, una mobilitazione solidale enorme che conferma come, davanti a casi concreti, le persone comuni riescano a superare pregiudizi e chiusure”. Molti dei cittadini solidali, infatti, pochi mesi prima si erano espressi contrariamente all’accoglienza di alcuni richiedenti asilo in paese. “Al momento dell’ultimo saluto al cimitero di Avio, prima del rimpatrio della salma, c’era tutto il paese e anche la vicesindaco: in tanti hanno cambiato il proprio sguardo sulla problematica dei migranti”.
Folgorati o travolti da treni mentre camminano sulle rotaie, investiti lungo l’autostrada o sui sentieri di montagna. Le vittime delle frontiere sono quasi sempre molto giovani. Tra i pochi a cui si è riusciti a dare un nome ci sono diversi minorenni, che avrebbero potuto attraversare legalmente la frontiera, se solo qualcuno li avesse correttamente informati dei loro diritti e i governi di Francia, Svizzera e Austria non respingessero indiscriminatamente chi chiede loro asilo dopo essere passato dall’Italia.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
UncleTom ha scritto:SHOAH 2.0
Quando gli uomini perdono il senso di appartenza al genere umano e diventano peggio delle bestie.
Gli animali, pur dotati di intelligenza limitata, e solo dotati di istinto di sopravvivenza, certe cose non le fanno.
L'uomo, invece sì.
A partire da chi fa businnes a tutti i livelli approfittando della situazione, ai politici che s'ingegnano nella narrazione solo per conservare il cadreghino, e non affrontano la gestione si sul piano nazionale a tutti i livelli.
Sul piano europeo ci siamo già sputtanati abbastanza e a sufficienza con Pinocchio Mussoloni, che in cambio del denaro necessario per cercare di consolidare la sua immagine politica, si è compromesso e ci ha compromessi con la Ue.
Adesso non siamo più credibili, qualsiasi richiesta avanziamo.
A livello internazionale, meno che meno.
Sappiamo solo avanzare ipotesi fantasiose, ipotesi del tipo "Aiutiamoli a casa loro", solo a scopo di propaganda elettorale presentando una faccia umanitaria di comodo, come fanno Salvini e il suo socio di Hardcore, mentre in realtà si fregano le mani per la situazione di malessere interno che gli permette di acquisire voti, altrimenti, non avrebbero altri argomenti a sufficienza per affrontare questa lunga campagna elettorale.
Prova dello sciacallaggio politico viene anche da Pinocchio Mussoloni che è passato dall'accoglienza a piene mani, quando gli faceva comodo, al rispingimento di adesso, solo cercare voti nella campagna elettorale in atto.
Mai che questi super tromboni professionisti, alzassero le chiappe per andare a reclamare interventi adeguati nei luoghi deputati, come l'Onu.
Mentre gli "italiani brava gente", si stanno comportando come quei tedeschi che criticavano e che criticano ancora, che vivevano in prossimità dei campi di sterminio, e vedevano uscire il fumo dei camini dei forni crematori, e avevano capito la causa della puzza tremenda conseguente.
Occhio non vede, cuore non duole, recita un vecchio detto italiano.
Così basta che la Libia crei campi di concentramento ad hoc.
Queste sono proposte odierne, ma anche già attuate con gli accordi Berlusconi-Gheddafi.
Tu passerai per il camino, dicevano allora.
Qui muoiono in mezzo al mare, lungo una ferrovia, o in un campo di concentramento.
Che differenza c'è tra allora ed oggi?
Ci voleva un vecchio giornalista come Furio Colombo, per spaccare il velo dell'ipocrisia.
Siamo partecipi della Shoah 2.0.
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Non solo vittime del viaggio nel deserto e della traversata del Mediterraneo, la chiusura delle frontiere interne dell’Europa sta rendendo sempre più pericoloso il viaggio dei migranti intenzionati a chiedere asilo fuori dall’Italia. Da un anno a questa parte, 21 persone sono morte nel tentativo di passare in Francia, Svizzera e Austria. Quattordici i morti nella zona di Ventimiglia, due tra Como e Chiasso e cinque sulla tratta del Brennero. Rawda Abdu è una di queste vittime. Partita dall’Etiopia all’età di 23 anni, già madre di una bambina nata da una violenza in un sobborgo di Addis Abeba, dopo sei anni di lavori precari in Egitto e Libia lo scorso anno decide di rischiare la traversata in mare, verso l’Europa. Si imbarca a Tripoli e arriva a Palermo l’8 novembre 2016. Identificata a Reggio Calabria il giorno successivo, viene trasferita ad un centro di accoglienza di Milano il 14 novembre. Due giorni dopo un treno la travolge mentre percorre i binari , all’altezza di Avio, provincia di Trento.
A ricostruire la vicenda è Sara Ballardini di Antenne Migranti, progetto che insieme alla Fondazione Alexander Langer monitora la tratta del Brennero per dare informazioni e supporto legale ai migranti. “Respinta dalla polizia di frontiera in base al trattato di Dublino, viene caricata su un treno regionale che dal confine la riporta a sud, direzione Verona”. Senza biglietto, Rawda viene fatta scendere intorno alle 22 alla piccola stazione di Borghetto. Spaesata inizia a camminare a lato della linea ferroviaria. Non si accorge del treno che arriva alle sue spalle e la sbalza sulla massicciata. “Il suo corpo sarebbe rimasto senza nome – racconta Valentina Sega, che vive a Trento ma è originaria di Avio e ha voluto seguire la vicenda da subito – la Polfer si era infatti limitata a prendere le impronte digitali, anche se nella borsetta che la ragazza aveva con sé c’era un foglio con i numeri di tutta la sua famiglia”. Sarà poi Zebenay Jabe Daka, cittadino italiano presidente dell’associazione trentina “Amici dell’Etiopia”, a informare i parenti di Rawda e a ricostruire la sua storia. Di famiglia poverissima, con le sue rimesse manteneva l’intero nucleo familiare: i genitori e la figlia. “La famiglia di Rawda era distrutta, l’unico desiderio che sono riusciti a esprimere è stato quello di poter riavere la salma”, racconta Zebenay.
Ma il sindaco di Avio Federico Secchi, eletto con Lega e Forza Italia e noto per i saluti romani in onore di un combattente della Repubblica di Salò, non aveva intenzione di contribuire alle spese per il rimpatrio. “Per fortuna altre persone nella giunta comunale ci hanno dato una mano, ma soprattutto il parroco e tante associazioni solidali. In poche settimane siamo riusciti a raccogliere 11mila euro, cifra sufficiente al rimpatrio della salma e all’avviamento di un progetto di sostegno a distanza per la figlia rimasta orfana”, ricorda Zebenay. “Una colletta a cui ha partecipato l’intero paese, una mobilitazione solidale enorme che conferma come, davanti a casi concreti, le persone comuni riescano a superare pregiudizi e chiusure”. Molti dei cittadini solidali, infatti, pochi mesi prima si erano espressi contrariamente all’accoglienza di alcuni richiedenti asilo in paese. “Al momento dell’ultimo saluto al cimitero di Avio, prima del rimpatrio della salma, c’era tutto il paese e anche la vicesindaco: in tanti hanno cambiato il proprio sguardo sulla problematica dei migranti”.
Folgorati o travolti da treni mentre camminano sulle rotaie, investiti lungo l’autostrada o sui sentieri di montagna. Le vittime delle frontiere sono quasi sempre molto giovani. Tra i pochi a cui si è riusciti a dare un nome ci sono diversi minorenni, che avrebbero potuto attraversare legalmente la frontiera, se solo qualcuno li avesse correttamente informati dei loro diritti e i governi di Francia, Svizzera e Austria non respingessero indiscriminatamente chi chiede loro asilo dopo essere passato dall’Italia.
di Pietro Barabino | 5 settembre 2017
SHOAH 2.0
Da L’Avvenire di martedì 29 agosto 2017, prima e quinta pagina, cartaceo.
Di Daniela Fassini
La denuncia
<<Profughi uccisi e gettati nelle buche>>
<<In Libia le guardie carcerarie uccidono le persone e le gettano nelle buche>>
Quello che raccontano i migranti soccorsi dalla nave “Acquarius” è terribile.
E conferma, ancora una volta, la situazione “infernale” nel Paese nordafricano.
Le testimonianze raccolte dalla Ong Medici senza frontiere e dalla Sos Mediterranee è dalla nave Acquarius,
attiva nei soccorsi in Mediterraneo, sono drammatiche.
…….omissis….
Quello che raccontano i migranti soccorsi domenica e lunedì dalla nave di Sos Mediterrane è terribile.
<<La frusta, mattina, pomeriggio e sera. Questo è il nostro pasto>>, ha raccontato a una volontaria di Sos Mediterranee un giovane camerunense di una ventina d’anni che ha trascorso 6 mesi in stato di detenzione in Libia.
<<I libici ci hanno picchiato tutto il tempo senza motivo.
Ci hanno messo in prigione senza motivo.
Le guardie carcerarie uccidono la gente e la gettano in una buca.
Chiudono la buca soltanto quando è piena di corpi>>
<<Abbiamo tutti sofferto così tanto.
Tutte le persone che vedete qui, sono passate attraverso tante prove, sono morte dentro da tanto tempo, anche le loro famiglie devono credere che siano morti.
Oggi è come una resurrezione ha continuato il giovane camerunense, che ha detto di aver assistito ad una scena di tortura in cui guardie libiche hanno colpito la testa di un prigioniero a testa in giù <<come una palla>>
<<Ognuno di loro - ripete margherita Colarullo, operatore di Medici senza frontiere, a bordo della Acquarius- ha una storia di tortura, rapimento, sofferenza e privazione della dignità umana>>
Questa è solo la metà dell'articolo, troppo lungo da ricopiare.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
SHOAH 2.0
IlFattoQuotidiano.it / Politica
Migranti, Bonino: “Nessuno si chiede dove li stiamo mandando. Facciamo accordi con gli aguzzini pur di non vedere straccioni”
di Angela Gennaro | 6 settembre 2017
38
2,4 mila
Più informazioni su: Emma Bonino, Libia, Marco Minniti, Migranti
“Gli stupri sono solo degli immigrati.
La zanzara della malaria è arrivata con un barcone – peraltro fino a Trento.
Qualunque cosa accada in questo paese, il capro espiatorio sono sempre loro, i migranti”.
Emma Bonino, a margine dell’anteprima in Senato del film di Andrea Segre “L’Ordine delle cose”, non si risparmia.
“Tutta la questione è stata politicamente manipolata, anche dall’uso di termini come ‘invasione‘. Se anche il ministro dice che ha ‘temuto per la tenuta democratica del paese’ gli animi non si calmano di certo”, dice l’ex ministra degli Esteri.
“Minniti dice che si gioca tutto sui diritti umani?
Auguri, come inizio non mi pare promettente”, chiosa Bonino.
“Per il momento paghiamo gli scafisti di ieri, che adesso per un periodo faranno gli antiscafisti.
Per loro è solo una questione di soldi: prima li pagavano i migranti, ora li paghiamo noi”.
E dell’inchiesta dell’Associated Press, in Italia, “non si parla perché questo silenzio aiuta il senso di liberazione.
Finalmente abbiamo allontanato gli straccioni!”, conclude la leader radicale.
“C’è convenienza a tacere su dove li rimandiamo: nell’inferno libico fatto di stupri e violenze”.
di Angela Gennaro | 6 settembre 2017
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... i/3840884/
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Migranti, Bonino: “Nessuno si chiede dove li stiamo mandando. Facciamo accordi con gli aguzzini pur di non vedere straccioni”
di Angela Gennaro | 6 settembre 2017
38
2,4 mila
Più informazioni su: Emma Bonino, Libia, Marco Minniti, Migranti
“Gli stupri sono solo degli immigrati.
La zanzara della malaria è arrivata con un barcone – peraltro fino a Trento.
Qualunque cosa accada in questo paese, il capro espiatorio sono sempre loro, i migranti”.
Emma Bonino, a margine dell’anteprima in Senato del film di Andrea Segre “L’Ordine delle cose”, non si risparmia.
“Tutta la questione è stata politicamente manipolata, anche dall’uso di termini come ‘invasione‘. Se anche il ministro dice che ha ‘temuto per la tenuta democratica del paese’ gli animi non si calmano di certo”, dice l’ex ministra degli Esteri.
“Minniti dice che si gioca tutto sui diritti umani?
Auguri, come inizio non mi pare promettente”, chiosa Bonino.
“Per il momento paghiamo gli scafisti di ieri, che adesso per un periodo faranno gli antiscafisti.
Per loro è solo una questione di soldi: prima li pagavano i migranti, ora li paghiamo noi”.
E dell’inchiesta dell’Associated Press, in Italia, “non si parla perché questo silenzio aiuta il senso di liberazione.
Finalmente abbiamo allontanato gli straccioni!”, conclude la leader radicale.
“C’è convenienza a tacere su dove li rimandiamo: nell’inferno libico fatto di stupri e violenze”.
di Angela Gennaro | 6 settembre 2017
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IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Marco Pasciuti
Diritti
Libia, migranti rispediti a morire nei lager. Cattolici, dove siete?
di Marco Pasciuti | 6 settembre 2017
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Più informazioni su: Biotestamento, Cattolici, Family Day, Libia, Marco Minniti, Migranti, Trattato Italia-Libia
Marco Pasciuti
Giornalista
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A parte qualche sparuto sussulto di coscienza di alcuni che nel Pd si definiscono ancora cattolici, l’accordo stretto dal governo con la Libia per fermare i gommoni diretti verso l’Italia e rimandare i migranti nei lager di Tripoli è stato accolto con grida di giubilo da tutta la classe dirigente.
“Abbiamo dimostrato che possiamo ridurre i flussi migratori senza rinunciare ai principi di umanità e di solidarietà“, diceva ancora il 2 settembre il cattolico Paolo Gentiloni, toccando vette inesplorate di ipocrisia e sorvolando sui reportage dei giornalisti che raccontano le condizioni da bestie in cui vengono tenute le persone fermate dalla cosiddetta “Guardia costiera libica” (bande di miliziani convertitisi per soldi alla caccia di uomini in mare) nei cosiddetti “centri di accoglienza” gestiti dalle milizie in Libia.
Parole che, nel generale coro di osanna che segue Marco Minniti ovunque vada come fosse il Cristo alle porte di Gerusalemme, sono calate come pietre tombali sulle proteste dei vari Mario Giro e Graziano Delrio, i pochi timidi rivoluzionari che nel governo avevano osato porre il tema dei diritti umani.
Ma se quella parte della classe dirigente che quando le conviene cita Papa Francesco ora tace e si adegua, dov’è la cosiddetta “base cattolica” della società?
Quelli, per intenderci, del “no all’aborto perché è contro la vita“, no al biotestamento “perché è eutanasia” e quindi contro la vita.
Quelli che riempiono i pullman per andare al Family Day perché sono “per la vita”, quelli che come il Comitato Verità e Vita nel 2009 denunciarono per omicidio volontario Beppino Englaro che aveva trovato il coraggio sovrumano di battersi per garantire una morte dignitosa alla propria figlia.
Quelli che puntano il dito contro i malati terminali che non ce la fanno più a vivere e decidono di andare a farla finita in una clinica svizzera perché in Italia non hanno libertà di scelta.
A quale “vita” e quali “vite” si riferiscono questi signori?
Al di là della evidente necessità di regolare il fenomeno (che significa anche accoglienza, che l’Italia fa male, e integrazione, che l’Italia non fa) e del risultato pratico ottenuto dal ministro dell’Interno, sarebbe il caso che i cattolici di destra e di sinistra si ponessero il problema della dimensione etica della scelta politica cui spesso plaudono: se non provate neanche un barlume di pietas – umana, cristiana o chiamatela come volete – di fronte a chi racconta di essere stato violentato e torturato in quelle carceri in cui ora l’Italia rimanda i migranti, una domanda dovete farvela.
Delle due l’una: o ammettete che anni di propaganda fascistoide orchestrata da Salvini&Co
subdolamente imperniata sulla crisi e a cui la sinistra si è accodata hanno demolito le vostre strutture morali evidentemente fragili in partenza, oppure non siete cattolici e vi fregiate del titolo per pura tradizione, convenienza o bisogno di identità.
La stampa cattolica, dal settimanale Vita ad Avvenire, lancia richiami sui diritti di chi in spregio a tutte le basilari norme del diritto internazionale viene rispedito in Libia a morire, ma i suoi lettori sembrano risucchiati in quello schieramento trasversale che fa dei migranti il grimaldello per calamitare voti e va dal Pd alla Lega e Forza Nuova, passando per il M5s.
In questa rimozione collettiva del riconoscimento dei diritti altrui operata silenziosamente in base al principio vigliacco che se l’occhio non vede, cuore non duole, i cattolici di destra e di sinistra una risposta la devono.
A se stessi prima di tutto (ma il discorso vale anche per ciò che rimane della sinistra, Pd in primis).
Altrimenti daranno l’ennesima dimostrazione di un fatto che le loro sensibili coscienze dovrebbero giudicare mortificante: che sono pronti a mobilitarsi soltanto quando sono sollecitati dal politico di turno (i campioni dei diritti Quagliariello, Buttiglione e Giovanardi, che però su quelli degli africani nel migliore dei casi non dicono una parola) che li chiama alla “lotta per la vita” perché ha bisogno di loro solo quando si va alle urne.
di Marco Pasciuti | 6 settembre 2017
Diritti
Libia, migranti rispediti a morire nei lager. Cattolici, dove siete?
di Marco Pasciuti | 6 settembre 2017
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Più informazioni su: Biotestamento, Cattolici, Family Day, Libia, Marco Minniti, Migranti, Trattato Italia-Libia
Marco Pasciuti
Giornalista
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A parte qualche sparuto sussulto di coscienza di alcuni che nel Pd si definiscono ancora cattolici, l’accordo stretto dal governo con la Libia per fermare i gommoni diretti verso l’Italia e rimandare i migranti nei lager di Tripoli è stato accolto con grida di giubilo da tutta la classe dirigente.
“Abbiamo dimostrato che possiamo ridurre i flussi migratori senza rinunciare ai principi di umanità e di solidarietà“, diceva ancora il 2 settembre il cattolico Paolo Gentiloni, toccando vette inesplorate di ipocrisia e sorvolando sui reportage dei giornalisti che raccontano le condizioni da bestie in cui vengono tenute le persone fermate dalla cosiddetta “Guardia costiera libica” (bande di miliziani convertitisi per soldi alla caccia di uomini in mare) nei cosiddetti “centri di accoglienza” gestiti dalle milizie in Libia.
Parole che, nel generale coro di osanna che segue Marco Minniti ovunque vada come fosse il Cristo alle porte di Gerusalemme, sono calate come pietre tombali sulle proteste dei vari Mario Giro e Graziano Delrio, i pochi timidi rivoluzionari che nel governo avevano osato porre il tema dei diritti umani.
Ma se quella parte della classe dirigente che quando le conviene cita Papa Francesco ora tace e si adegua, dov’è la cosiddetta “base cattolica” della società?
Quelli, per intenderci, del “no all’aborto perché è contro la vita“, no al biotestamento “perché è eutanasia” e quindi contro la vita.
Quelli che riempiono i pullman per andare al Family Day perché sono “per la vita”, quelli che come il Comitato Verità e Vita nel 2009 denunciarono per omicidio volontario Beppino Englaro che aveva trovato il coraggio sovrumano di battersi per garantire una morte dignitosa alla propria figlia.
Quelli che puntano il dito contro i malati terminali che non ce la fanno più a vivere e decidono di andare a farla finita in una clinica svizzera perché in Italia non hanno libertà di scelta.
A quale “vita” e quali “vite” si riferiscono questi signori?
Al di là della evidente necessità di regolare il fenomeno (che significa anche accoglienza, che l’Italia fa male, e integrazione, che l’Italia non fa) e del risultato pratico ottenuto dal ministro dell’Interno, sarebbe il caso che i cattolici di destra e di sinistra si ponessero il problema della dimensione etica della scelta politica cui spesso plaudono: se non provate neanche un barlume di pietas – umana, cristiana o chiamatela come volete – di fronte a chi racconta di essere stato violentato e torturato in quelle carceri in cui ora l’Italia rimanda i migranti, una domanda dovete farvela.
Delle due l’una: o ammettete che anni di propaganda fascistoide orchestrata da Salvini&Co
subdolamente imperniata sulla crisi e a cui la sinistra si è accodata hanno demolito le vostre strutture morali evidentemente fragili in partenza, oppure non siete cattolici e vi fregiate del titolo per pura tradizione, convenienza o bisogno di identità.
La stampa cattolica, dal settimanale Vita ad Avvenire, lancia richiami sui diritti di chi in spregio a tutte le basilari norme del diritto internazionale viene rispedito in Libia a morire, ma i suoi lettori sembrano risucchiati in quello schieramento trasversale che fa dei migranti il grimaldello per calamitare voti e va dal Pd alla Lega e Forza Nuova, passando per il M5s.
In questa rimozione collettiva del riconoscimento dei diritti altrui operata silenziosamente in base al principio vigliacco che se l’occhio non vede, cuore non duole, i cattolici di destra e di sinistra una risposta la devono.
A se stessi prima di tutto (ma il discorso vale anche per ciò che rimane della sinistra, Pd in primis).
Altrimenti daranno l’ennesima dimostrazione di un fatto che le loro sensibili coscienze dovrebbero giudicare mortificante: che sono pronti a mobilitarsi soltanto quando sono sollecitati dal politico di turno (i campioni dei diritti Quagliariello, Buttiglione e Giovanardi, che però su quelli degli africani nel migliore dei casi non dicono una parola) che li chiama alla “lotta per la vita” perché ha bisogno di loro solo quando si va alle urne.
di Marco Pasciuti | 6 settembre 2017
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
OVRA IN AZIONE
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In nome del dio più potente di questo pianeta, il dio denaro.
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Diritti
Migranti, quattro motivi per cui ‘Aiutiamoli a casa loro’ è una balla spaziale
di Vittorio Agnoletto | 6 settembre 2017
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Vittorio Agnoletto
Medico, professore presso l'Università degli Studi di Milano
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“Aiutarli a casa loro” per anni è stato lo slogan della destra.
Ora è diventato il mantra di quasi tutte le forze politiche da Renzi al M5S.
Uno slogan carino da pronunciare, ma che ha come unico obiettivo il tacitare la coscienza di chi lo declama e di chi, compiaciuto, lo ascolta: non siamo cattivi, né egoisti, anzi rispettiamo gli insegnamenti evangelici dell’aiutare il prossimo, solo che decidiamo noi dove e come.
Ma la realtà è ben diversa: nonostante gli accordi internazionali sottoscritti prevedano di destinare all’aiuto pubblico allo sviluppo almeno lo 0,7% del Pil, il nostro Paese nel 2015 ha stanziato solo lo 0,22% del Pil, nel quale sono compresi pure i fondi rimasti sul nostro territorio destinati a gestire il fenomeno migratorio.
1. Vendiamo armi
La principale preoccupazione dei nostri governi è stata quella di incentivare la vendita di armi in Africa.
Tra il 2013 e il 2014 è stata organizzata la circumnavigazione dell’Africa della portaerei Cavour, trasformata in un’enorme vetrina delle armi prodotte dalle nostre industrie; per tale missione i vertici militari avevano perfino cercato l’appoggio dei missionari italiani presenti nell’Africa Sub-Sahariana, ricevendone ovviamente un netto diniego come mi è stato personalmente raccontato in un colloquio a lato dell’incontro dei Movimenti popolari organizzato da papa Francesco in Vaticano lo scorso novembre.
Come spesso ricorda Francesco Vignarca, uno dei massimi esperti sul mercato delle armi, i risultati non si sono fatti attendere e nel 2016 sono state autorizzate vendite verso Angola, Congo, Kenia, Sud Africa, Algeria, Marocco, Ciad, Mali, Namibia ed Etiopia facendo carta straccia della legge 185/90 che vieta le armi a Paesi in conflitto e a quelli che non rispettano i diritti umani.
Facilitatori in questi accordi sono stati i viaggi nel continente africano della ministra Roberta Pinotti e dello stesso Matteo Renzi.
2. Distruggiamo l’agricoltura locale
Mentre si vendono le armi si distrugge l’agricoltura dei Paesi Sub- Sahariani.
La distruzione di una parte importante dell’agricoltura sub sahariana è diretta conseguenza degli accordi di Partenariato economico (Epa) che l’Ue, in accordo con l’Organizzazione mondiale del commercio, ha imposto all’Africa Subsahariana.
Gli obiettivi degli Epa sono: rimozione delle barriere tariffarie, difesa degli investimenti delle imprese estere, liberalizzazione del settore dei servizi, protezione dei diritti di proprietà intellettuale.
Ancor prima che gli Epa entrassero in vigore, il Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (l’Undp), aveva ammonito l’Ue che tali accordi avrebbero provocato il crollo del Pil delle nazioni africane (in parte significativa sostenuto dai dazi doganali) e il collasso di ampi settori dell’agricoltura africana non in grado di competere con le grandi multinazionali europee sostenute dai sussidi che ogni anno la Commissione europea elargisce loro.
Tutto ciò si è drammaticamente realizzato e i mercati delle grandi metropoli africane, a cominciare da Nairobi, sono invasi da prodotti agricoli europei.
Decine di migliaia di contadini sono così rimasti senza lavoro, costretti ad abbandonare la terra.
3. Ci impadroniamo delle loro terre
Contemporaneamente, nell’Africa Sub Sahariana e non solo, si è sviluppato il fenomeno del land grabbing, l’accaparramento delle terre fertili da parte di grandi multinazionali o di Stati quali la Cina.
Al 2015, considerando solo gli accordi stipulati dopo il 2000 – e solo quelli relativi ad appezzamenti di terra superiori ai 200/ettari (ha) e con un acquirente finale internazionale – erano oltre 44 milioni gli ettari oggetto di land grabbing.
Di questi 44 milioni di ettari circa il 50% sono collocati in Africa.
Di questi, solo l’8% è rimasto destinato totalmente a colture alimentari; il restante 82% è destinato, almeno in parte, ad altro, ad esempio alla produzione di biocarburanti eccetera.
Le industrie italiane partecipano al fenomeno del land grabbing per un totale di 1.000.000/ha quasi tutti in Africa.
Il fenomeno del land grabbing quindi produce: espropriazione delle terre, cacciata dei contadini e delle loro famiglie, sostituzione della produzione di cibo fino ad ora destinato al consumo locale con prodotti non finalizzati all’alimentazione umana e con produzioni agricole fondate su monoculture destinate a mercati globali, lontani dalle zone di coltivazione.
Ne consegue un grave impoverimento delle popolazioni ivi residenti, abbandono della propria regione con fenomeni migratori inizialmente interni al proprio Paese e in seguito con migrazioni internazionali rivolte verso il Mediterraneo.
4. Follia e ignoranza preparano la tragedia
Potrei dilungarmi sull’accaparramento delle ricchezze del sottosuolo, fenomeno alla base di molte delle guerre per procura oggi in atto nel continente africano.
E’ sufficiente ricordare il conflitto che in Congo in vent’anni ha prodotto milioni di morti.
Una guerra che ha le sue ragioni nelle ricchezze del Paese: coltan e cassiterite stanno alla base dell’industria hightech mondiale.
Un esempio di come evolve il colonialismo nell’era della globalizzazione.
Ecco come “li stiamo aiutando a casa loro”.
Nessuno, fra i tanti leader politici che quotidianamente ripetono in modo ossessivo tale slogan, ha mai avanzato proposte precise sui temi qui indicati.
Ammesso che sappiano di cosa si sta parlando.
Il fenomeno delle migrazioni è strutturale e trova le proprie ragioni nell’enorme divario della distribuzione della ricchezza e nelle feroci politiche di saccheggio.
O si ha il coraggio di intervenire con trasformazioni radicali che modifichino in profondità le attuali politiche, oppure andremo incontro nel prossimo futuro ad una tragedia collettiva di dimensioni inimmaginabili.
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Migranti, quattro motivi per cui ‘Aiutiamoli a casa loro’ è una balla spaziale
di Vittorio Agnoletto | 6 settembre 2017
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“Aiutarli a casa loro” per anni è stato lo slogan della destra.
Ora è diventato il mantra di quasi tutte le forze politiche da Renzi al M5S.
Uno slogan carino da pronunciare, ma che ha come unico obiettivo il tacitare la coscienza di chi lo declama e di chi, compiaciuto, lo ascolta: non siamo cattivi, né egoisti, anzi rispettiamo gli insegnamenti evangelici dell’aiutare il prossimo, solo che decidiamo noi dove e come.
Ma la realtà è ben diversa: nonostante gli accordi internazionali sottoscritti prevedano di destinare all’aiuto pubblico allo sviluppo almeno lo 0,7% del Pil, il nostro Paese nel 2015 ha stanziato solo lo 0,22% del Pil, nel quale sono compresi pure i fondi rimasti sul nostro territorio destinati a gestire il fenomeno migratorio.
1. Vendiamo armi
La principale preoccupazione dei nostri governi è stata quella di incentivare la vendita di armi in Africa.
Tra il 2013 e il 2014 è stata organizzata la circumnavigazione dell’Africa della portaerei Cavour, trasformata in un’enorme vetrina delle armi prodotte dalle nostre industrie; per tale missione i vertici militari avevano perfino cercato l’appoggio dei missionari italiani presenti nell’Africa Sub-Sahariana, ricevendone ovviamente un netto diniego come mi è stato personalmente raccontato in un colloquio a lato dell’incontro dei Movimenti popolari organizzato da papa Francesco in Vaticano lo scorso novembre.
Come spesso ricorda Francesco Vignarca, uno dei massimi esperti sul mercato delle armi, i risultati non si sono fatti attendere e nel 2016 sono state autorizzate vendite verso Angola, Congo, Kenia, Sud Africa, Algeria, Marocco, Ciad, Mali, Namibia ed Etiopia facendo carta straccia della legge 185/90 che vieta le armi a Paesi in conflitto e a quelli che non rispettano i diritti umani.
Facilitatori in questi accordi sono stati i viaggi nel continente africano della ministra Roberta Pinotti e dello stesso Matteo Renzi.
2. Distruggiamo l’agricoltura locale
Mentre si vendono le armi si distrugge l’agricoltura dei Paesi Sub- Sahariani.
La distruzione di una parte importante dell’agricoltura sub sahariana è diretta conseguenza degli accordi di Partenariato economico (Epa) che l’Ue, in accordo con l’Organizzazione mondiale del commercio, ha imposto all’Africa Subsahariana.
Gli obiettivi degli Epa sono: rimozione delle barriere tariffarie, difesa degli investimenti delle imprese estere, liberalizzazione del settore dei servizi, protezione dei diritti di proprietà intellettuale.
Ancor prima che gli Epa entrassero in vigore, il Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (l’Undp), aveva ammonito l’Ue che tali accordi avrebbero provocato il crollo del Pil delle nazioni africane (in parte significativa sostenuto dai dazi doganali) e il collasso di ampi settori dell’agricoltura africana non in grado di competere con le grandi multinazionali europee sostenute dai sussidi che ogni anno la Commissione europea elargisce loro.
Tutto ciò si è drammaticamente realizzato e i mercati delle grandi metropoli africane, a cominciare da Nairobi, sono invasi da prodotti agricoli europei.
Decine di migliaia di contadini sono così rimasti senza lavoro, costretti ad abbandonare la terra.
3. Ci impadroniamo delle loro terre
Contemporaneamente, nell’Africa Sub Sahariana e non solo, si è sviluppato il fenomeno del land grabbing, l’accaparramento delle terre fertili da parte di grandi multinazionali o di Stati quali la Cina.
Al 2015, considerando solo gli accordi stipulati dopo il 2000 – e solo quelli relativi ad appezzamenti di terra superiori ai 200/ettari (ha) e con un acquirente finale internazionale – erano oltre 44 milioni gli ettari oggetto di land grabbing.
Di questi 44 milioni di ettari circa il 50% sono collocati in Africa.
Di questi, solo l’8% è rimasto destinato totalmente a colture alimentari; il restante 82% è destinato, almeno in parte, ad altro, ad esempio alla produzione di biocarburanti eccetera.
Le industrie italiane partecipano al fenomeno del land grabbing per un totale di 1.000.000/ha quasi tutti in Africa.
Il fenomeno del land grabbing quindi produce: espropriazione delle terre, cacciata dei contadini e delle loro famiglie, sostituzione della produzione di cibo fino ad ora destinato al consumo locale con prodotti non finalizzati all’alimentazione umana e con produzioni agricole fondate su monoculture destinate a mercati globali, lontani dalle zone di coltivazione.
Ne consegue un grave impoverimento delle popolazioni ivi residenti, abbandono della propria regione con fenomeni migratori inizialmente interni al proprio Paese e in seguito con migrazioni internazionali rivolte verso il Mediterraneo.
4. Follia e ignoranza preparano la tragedia
Potrei dilungarmi sull’accaparramento delle ricchezze del sottosuolo, fenomeno alla base di molte delle guerre per procura oggi in atto nel continente africano.
E’ sufficiente ricordare il conflitto che in Congo in vent’anni ha prodotto milioni di morti.
Una guerra che ha le sue ragioni nelle ricchezze del Paese: coltan e cassiterite stanno alla base dell’industria hightech mondiale.
Un esempio di come evolve il colonialismo nell’era della globalizzazione.
Ecco come “li stiamo aiutando a casa loro”.
Nessuno, fra i tanti leader politici che quotidianamente ripetono in modo ossessivo tale slogan, ha mai avanzato proposte precise sui temi qui indicati.
Ammesso che sappiano di cosa si sta parlando.
Il fenomeno delle migrazioni è strutturale e trova le proprie ragioni nell’enorme divario della distribuzione della ricchezza e nelle feroci politiche di saccheggio.
O si ha il coraggio di intervenire con trasformazioni radicali che modifichino in profondità le attuali politiche, oppure andremo incontro nel prossimo futuro ad una tragedia collettiva di dimensioni inimmaginabili.
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