MACAO
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MACAO
dAL BLOG DI RAVELLI
“Il Comune ci tratta con paternalismo: ci ha offerto l’Ansaldo per farci stare buoni e non disturbare più”. Emanuele del collettivo Macao spiega così il rifiuto opposto all’offerta di Pisapia. Ugo Mattei, in assemblea, ha detto: “Bisogna scegliere un posto che possiamo difendere e non così facile da liberare”. Confesso di non capire. Negarsi la chance di poter utilizzare i 3 mila metri quadri dell’Ansaldo, uno degli spazi più interessanti di Milano, e solo per non cedere a un presunto paternalismo, mi sembra francamente un atteggiamento infantile. La città è piena di associazioni artistiche e culturali che farebbero salti di gioia se potessero avere l’Ansaldo. Se il punto dei “lavoratori dell’arte” è avere un luogo per la loro attività, il rifiuto è incomprensibile. Se invece è dimostrare una inattaccabile propensione all’antagonismo, come valore in sè, allora andrebbe dichiarato che solo un’occupazione “illegale” avrebbe significato per il collettivo. In questo caso, pare perfettamente inutile rivolgersi al Comune perché risolva le loro esigenze. E la frase di Mattei, sul “difendere un posto non così facile da liberare” va chiaramente in questa direzione. La mia opinione è che l’arte sia adattissima a “mettere a nudo le contraddizioni sociali e politiche”. Ma uno spazio occupato è un contenitore per questo lavoro, e non necessariamente un contenuto. Sergio Escobar ha ricordato che il Piccolo Teatro nacque 65 anni sfondando la porta di un luogo abbandonato. Ma la storia del Piccolo non si è certo accontentata di quel gesto.
“Il Comune ci tratta con paternalismo: ci ha offerto l’Ansaldo per farci stare buoni e non disturbare più”. Emanuele del collettivo Macao spiega così il rifiuto opposto all’offerta di Pisapia. Ugo Mattei, in assemblea, ha detto: “Bisogna scegliere un posto che possiamo difendere e non così facile da liberare”. Confesso di non capire. Negarsi la chance di poter utilizzare i 3 mila metri quadri dell’Ansaldo, uno degli spazi più interessanti di Milano, e solo per non cedere a un presunto paternalismo, mi sembra francamente un atteggiamento infantile. La città è piena di associazioni artistiche e culturali che farebbero salti di gioia se potessero avere l’Ansaldo. Se il punto dei “lavoratori dell’arte” è avere un luogo per la loro attività, il rifiuto è incomprensibile. Se invece è dimostrare una inattaccabile propensione all’antagonismo, come valore in sè, allora andrebbe dichiarato che solo un’occupazione “illegale” avrebbe significato per il collettivo. In questo caso, pare perfettamente inutile rivolgersi al Comune perché risolva le loro esigenze. E la frase di Mattei, sul “difendere un posto non così facile da liberare” va chiaramente in questa direzione. La mia opinione è che l’arte sia adattissima a “mettere a nudo le contraddizioni sociali e politiche”. Ma uno spazio occupato è un contenitore per questo lavoro, e non necessariamente un contenuto. Sergio Escobar ha ricordato che il Piccolo Teatro nacque 65 anni sfondando la porta di un luogo abbandonato. Ma la storia del Piccolo non si è certo accontentata di quel gesto.
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